Report LAB Gal Territori attivi 07.03.14

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PON GOVERNANCE E AZIONI DI SISTEMA ASSE E Capacità Istituzionale - Obiettivo Specifico 5.1

Report

Laboratorio

GAL Territori Attivi Opportunità e strategie verso Europa 2020 Il nuovo scenario della Programmazione Europa 2020 e le priorità dei GAl 7 marzo 2014 – Sede del GAL Terra dei Messapi, Mesagne



REPORT Laboratorio “GAL Territori Attivi – Opportunità e strategie verso Europa 2020” Il nuovo scenario della programmazione Europa 2020 e le priorità dei GAL 7 marzo 2014 – Sede del GAL Terra dei Messapi, Mesagne (BR) SOMMARIO PREMESSA.......................................................................................................................................................... 1 1 - GAL Territori Attivi: opportunità e strategie verso Europa 2020 ................................................................. 2 1.1 - Note introduttive .................................................................................................................................. 2 1.2 - Raffaele Colaizzo: La programmazione 2014-2020 per lo sviluppo e la coesione territoriale ............. 4 1.3 - Pierpaolo Pallara: Sviluppo rurale e approccio LEADER nella Programmazione 2014-2020 ……………21 1.4 - Federico Bussi. Definizione partecipata dei macro ambiti di politiche su cui sviluppare sperimentazione durante il percorso.……………… ....................................................................................... 33 2 - Conclusioni ................................................................................................................................................. 37 3 - Le immagini della visualizzazione cognitiva…………………………………………………………………………………………..37 ALLEGATO I - Elenco dei partecipanti .............................................................................................................. 47

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PREMESSA Capacity SUD è un progetto realizzato da Formez PA su incarico del Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) e finanziato dal Programma Operativo Nazionale "Governance e Azioni di Sistema" (PON GAS). Ha la finalità di migliorare la capacità istituzionale delle amministrazioni delle Regioni dell’Obiettivo Convergenza supportandole nella programmazione di interventi che rispondano alle loro esigenze prioritarie e nel rafforzamento delle competenze necessarie per la loro efficace attuazione. La Capacità Istituzionale, Asse del Programma, oltre a fornire un supporto strategico per una gestione maggiormente efficiente dei Programmi Operativi, assume un rilievo fondamentale in prospettiva della programmazione comunitaria nel quadro di Europa 2020. La linea PROGETTARE di Capacity SUD ha l’obiettivo di sviluppare le competenze delle amministrazioni pubbliche per realizzare politiche di qualità e per attuare un miglioramento organizzativo e gestionale. Le attività aiutano le persone impegnate nelle amministrazioni a disegnare strategie per la programmazione europea 2014-2020, a progettare nuovi interventi, a realizzare azioni efficaci all’interno delle organizzazioni, a partire da obiettivi condivisi e da risultati attesi. Tutte le attività si fondano su processi collaborativi che includono diversi attori e che si realizzano con metodologie partecipative. Il lavoro viene co-progettato con le amministrazioni in base alle loro specificità e calibrato in corso d’opera a seconda delle esigenze che emergono e dei contributi che lo arricchiscono.

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1 - GAL Territori Attivi: opportunità e strategie verso Europa 2020. Il nuovo scenario della programmazione Europa 2020 e le priorità dei GAL 1.1 - Note introduttive Il Laboratorio “GAL Territori Attivi: opportunità e Strategie verso Europa 2020” si rivolge ai GAL presenti nel territorio del Sud della Puglia, in modo particolare di quelli presenti nella provincia di Brindisi, Taranto e Lecce. Il 27 novembre 2013, presso la sede del GAL Terre dei Messapi a Mesagne, si è tenuto un primo incontro di co-progettazione, con una riflessione di avvio sul ruolo dei GAL nell’attuale programmazione, sulle opportunità e sulle strategie in vista della nuova programmazione, per un coinvolgimento attivo degli stakeholder, attori centrali del territorio, utile a focalizzare le priorità. Di conseguenza, è stato inviato ai partecipanti il report con gli elementi emersi. Questo lavoro di coprogettazione ha determinato una proposta di percorso laboratoriale in tre moduli, fondata sull’acquisizione preliminare di conoscenze relative alla nuova programmazione Europea 20142020. La prima parte della giornata del 7 marzo 2014 è stata dedicata agli interventi di Raffaele Colaizzo (FormezPA) e di Pierpaolo Pallara (INEA), finalizzati ad illustrare il quadro di riferimento generale delle politiche e delle strategie di Europa 2020 e del contesto specifico, quello rurale, in cui hanno operato i GAL. Tutti i contenuti sono stati trasferiti in tempo reale in un’unica mappa visuale di rappresentazione cognitiva. Nel pomeriggio Federico Bussi, alla luce dello scenario delineato, ha facilitato il confronto tra i partecipanti per definire le priorità di intervento su cui far agire la sperimentazione del percorso. Per l’elenco dei partecipanti si veda l’allegato I. Le immagini dell’incontro sono disponibili in uno specifico set fotografico di CapacitySUD, a questo collegamento.

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Damiano Franco, Presidente del GAL Terra dei Messapi, ha introdotto i lavori: Un saluto a tutti, in particolare ai rappresentanti dei GAL e dei comuni e ai relatori che daranno un contributo notevole a questa giornata. Abbiamo fatto in modo che ognuno dei Comuni del GAL fosse qui oggi con almeno un proprio rappresentante per svolgere poi, all'interno della propria struttura, un ruolo di riferimento. Lo stesso si può dire dei GAL. Devo ringraziare FormezPA che ha accettato questa nostra richiesta ed ha profuso tutto il suo impegno all'organizzazione di questo laboratorio. L'Assessore Regionale alle Risorse Alimentari della Regione Puglia Fabrizio Nardone ha fatto pervenire una nota: "Sopravvenuti impegni istituzionali non mi consentono di partecipare all'incontro sul nuovo scenario della Programmazione europea 2020, così come avevo programmato. Ne sono dispiaciuto. Desidero inviare i miei auguri personali per lo svolgimento dei lavori e per il contributo alla scelte strategiche di programmazione territoriale. La programmazione europea 20142020 intende dare risposte concrete per una crescita intelligente sostenibile e inclusiva, rafforzando e agevolando iniziative di sviluppo locale partecipativo ed assegnando ai Gruppi di Azione Locale la responsabilità di formulazione e di attivazione di strategie bottom up. Con la valorizzazione di capacità e di energie esistenti sul territorio, rafforzando ricerca e innovazione, promuovendo competitività imprenditoriale, tutelando l'ambiente e le risorse naturali. È proprio in quest’ottica di proficuo confronto, che si costituisce la priorità del fare sistema, attraverso formule di partecipazione attiva e di collaborazione partenariale. Nel ringraziare ancora del cortese invito, invio le mie più cordiali espressioni di saluto, rinnovando la mia disponibilità, personale ed istituzionale, per futuri altri incontri". Vi auguro buon lavoro. 3


1.2 - Raffaele Colaizzo: La programmazione 2014-2020 per lo sviluppo e la coesione territoriale Le slide dell’intervento sono disponibili nello spazio slideshare di Capacity SUD, qui. Questa è l'agenda dell'impostazione del processo di programmazione. Come prima tappa abbiamo l'adozione dei regolamenti comunitari rilevanti delle politiche strutturali di investimento europeo, con l'approvazione avvenuta a dicembre. Il 20 dicembre 2013 sono stati pubblicati i regolamenti essenziali che appunto regolano la fase di programmazione che si sta aprendo. Questi regolamenti si riferiscono alle disposizioni generali sui Fondi Strutturali di Investimento Europei (SIE) e ai regolamenti dei singoli fondi. In questa fase, il principio d’integrazione è molto richiamato dall'Unione Europea, in particolare fra i Fondi Strutturali, FESR e Fondo Sociale, e i Fondi di Investimento Europei, che insieme ai Fondi Strutturali agiscono: il FEASR per lo sviluppo rurale e il FEAMP per lo sviluppo, la ristrutturazione della pesca e delle aree costiere. La Commissione Europea richiama molto la necessità che la programmazione e l'attuazione di questi fondi sia integrata e coordinata. La pubblicazione in Gazzetta Europea di fatto avvia il processo di programmazione: senza regolamenti, il 2014-2020 non potrebbe iniziare ad essere programmato. Il Regolamento (UE) n.1303/2013 reca le disposizioni comuni, il n.1301 è relativo al FESR, il regolamento n.1304 è relativo al Fondo Sociale Europeo, il Regolamento n.1305 è relativo al FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale). Insieme a questi regolamenti ne sono stati pubblicati altri rilevanti, ma rispetto alla nostra discussione, questi sono quelli realmente più importanti. In questa fase, soprattutto il regolamento delle disposizioni generali è da conoscere attentamente perché è un documento complesso necessario per lavorare con i fondi. Insieme ai regolamenti e alle disposizioni comuni, è stato pubblicato il Quadro Strategico Comune: il quadro di riferimento strategico che l'Unione Europea offre ai Paesi membri, per impostare le loro programmazioni, per lo sviluppo e per la coesione. È un documento molto breve, con orientamenti a maglia abbastanza larga, ma ovviamente è vincolante, nel senso che le singole programmazioni, nazionali e regionali, devono risultare coerenti con questo quadro strategico.

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Gli elementi essenziali del Quadro Strategico Comune (QSC): - identificare alcuni grandi obiettivi tematici attorno a cui articolare l'intervento per la coesione e per lo sviluppo rurale e della pesca - stabilire un forte collegamento fra queste politiche e la cosiddetta "Strategia di Europa 2020". Non bisogna confondere la strategia di Europa 2020 con le politiche di coesione e le politiche di sviluppo rurale. La prima è una strategia generale, che riguarda tutte le azioni dell'Unione Europea: la coesione, lo sviluppo rurale, lo sviluppo della pesca, tutte le altre politiche europee, dalla ricerca, all'innovazione e alla sicurezza. Ed è una strategia articolata attorno al motto dell'Europa intelligente, sostenibile e inclusiva: un sistema di paesi membri che cerca di accrescere il ritmo dell'innovazione, di far diventare il meccanismo sociale e produttivo più innovativo, con l'applicazione del progresso tecnico e della ricerca scientifica, con le soluzioni necessarie a salvaguardare l'ambiente, con la finalità di riduzione delle disparità sociali all'interno del territorio europeo. Tutte le politiche di coesione, di sviluppo rurale, della pesca, e tutte le altre, sono finalizzate a questa strategia di trasformazione dell'Europa. Il Quadro Strategico Comune è pubblicato in allegato al regolamento recante le disposizioni comuni. Dalla pubblicazione dei regolamenti, inizia un percorso che commentiamo brevemente. In particolare, il regolamento generale stabilisce una data precisa: entro il 22 aprile 2014 gli stati membri devono trasmettere alla Commissione Europea l'Accordo di Partenariato. È il documento nazionale con cui i singoli membri programmano i fondi SIE, le proprie politiche di coesione, di sviluppo rurale e della pesca, in coerenza con i regolamenti comunitari e con il QSC. Anche il nostro Paese sta lavorando sull'Accordo di Partenariato. In questo momento ne esiste una versione provvisoria del 9 dicembre 2013 ed è in corso di revisione, di rielaborazione e soprattutto di negoziato con le regioni, con le amministrazioni centrali e con i partner rilevanti. Entro questa data l'Italia, attraverso l'Autorità coordinatrice dei Fondi, il Dipartimento delle Politiche di Coesione presso il Ministero dello Sviluppo Economico, trasmetterà alla Commissione Europea l'Accordo di Partenariato, che è oggetto di negoziato con la stessa. Il Regolamento prescrive che entro tre mesi dalla trasmissione, dunque entro il 22 luglio del 2014, la Commissione Europea formuli delle osservazioni allo stato membro sull'AdP 1. La commissione ha la facoltà di chiedere delle revisioni dell'AdP, in particolare per assicurare la coerenza rispetto ai regolamenti, al QSC ed alle linee e strategiche che la stessa Commissione elabora per ciascuno stato membro. È il caso del famoso Position Paper della CE sull'Italia per la programmazione dei fondi SIE. Nel Position Paper la Commissione ha dato al nostro Paese una serie di indirizzi strategici per sviluppare la programmazione. Il negoziato verterà anche su questo, cioè sull'accoglimento, o meno, degli indirizzi del Position Paper nella programmazione dell'Accordo di Partenariato.

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Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio ha ricevuto il 10.3.2014 le Osservazioni della Commissione Europea alla Bozza di Accordo di Partenariato.

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Entro 4 mesi dalla presentazione, il Regolamento stabilisce che ci debba essere la decisione sull'Accordo di Partenariato. La fase temporale vale al netto del cosiddetto "periodo di interruzione": quando la Commissione produce le osservazioni, si interrompono i tempi; lo Stato membro risponde alle osservazioni e da quel momento decorrono trenta giorni per arrivare alla decisione sull'Accordo di Partenariato. Se tutto va bene, dovrebbe essere approvato con decisione della Commissione Europea entro settembre 2014. L'Accordo di Partenariato è dunque la cornice generale. A valle dell'accordo, ci sono i Programmi Operativi, delle regioni e delle amministrazioni centrali. La commissione stabilisce che entro tre mesi dalla trasmissione dell'Accordo di Partenariato (22.7.2014) le singole autorità titolate, regionali e nazionali, debbano presentare il proprio Programma Operativo. Ovviamente, esso deve essere coerente, nei suoi profili di definizione e nel dettaglio, con l'Accordo di Partenariato. Entro il 22 luglio, ad esempio, la Regione Puglia, come il Ministro della Pubblica Istruzione, dovrà presentare il proprio Programma Operativo coerente con l'Accordo di Partenariato alla Commissione Europea. Da quel momento, vi saranno ulteriori tre mesi perché la Commissione Europea formuli le proprie osservazioni, che dunque dovrebbero giungere nel tardo autunno 2014. Esse si inseriranno all'interno di un negoziato: le osservazioni non sono camere chiuse, ma vengono formulate nell'ambito di un processo negoziale, in cui le parti si vedono e concertano. Entro ulteriori tre mesi, al netto del periodo di interruzione, la Commissione Europea pubblicherà la decisione di approvazione del PO. Considerando questi tempi ed il minimo di interruzione, i Programmi Operativi non saranno approvati prima di gennaio 2015. Partirà, di seguito, la vera e propria attuazione degli interventi, sulla base del Programma definito. Al di la della logica temporale, c'è il livello dell'Unione Europea, con il pacchetto legislativo dei regolamenti, del QSC e dei fondi SIE (FESR, FSE, FEASR, FEAMP). Il livello nazionale è quello dell'Accordo di Partenariato. I Programmi Operativi sono parte del livello nazionale e regionale. Nel 2014-2020 le amministrazioni hanno la possibilità di optare fra due programmi monofondo, FESR o FSE, e un programma a due fondi FESR e FSE. Non è più come nel 2000-2006, quando avevamo i programmi plurifondo che tenevano insieme tutti i fondi. In questa fase di programmazione si ritorna ad una forma di integrazione , superando il 2007-2013, limitatamente al FESR e l FSE. Potremmo avere dei programmi a due fondi (FERS e FSE), ma nessuna regione si sta muovendo in questa direzione. Ci sono poi i Programmi di Sviluppo Rurale del FEASR e il Programma Operativo del FEAMP. La questione del programma monofondo e bifondo vale sia per i programmi regionali, sia per i programmi nazionali. Parecchi di questi ultimi saranno a due fondi. 6


Il Quadro Strategico Comune è, come abbiamo detto, il documento con cui la Commissione definisce la strategia generale valida per tutti i Paesi dell'Unione, centrata su poche cose essenziali, larghe ma vincolanti (Strategie di Europa 2020 e grandi Obiettivi Tematici). L'Accordo di Partenariato declina a livello nazionale gli obiettivi tematici e offre indicazioni alle regioni per lo sviluppo della propria programmazione. I programmi: FESR, FSE, FEASR, FEAMP. La questione di Europa 2020 è importante per orientarci rispetto a quello che nell'ambito della nuova programmazione è possibile fare. In sostanza, secondo l'Unione Europea, abbiamo cinque grandi ambiti in cui ricercare ed attuare il concetto dell'Europa intelligente, sostenibile ed inclusiva: l'abito dell'occupazione, l’ambito della ricerca e sviluppo e dell'innovazione, l'abito dei cambiamenti climatici e dell'energia, l’ambito dell'istruzione, l’ambito della povertà e dell'emarginazione. Questi sono i grandi temi prioritari che la Commissione chiede agli stati membri di affrontare nelle proprie politiche. Gli obiettivi sono quantificati, per l'Unione Europea nel suo complesso e per i singoli Stati nazionali. Ad esempio, per l’UE nel suo complesso, l'obiettivo al 2020 è che il tasso di occupazione, nella fascia di età fra i 20 e i 64 anni, cresca al 75%. Gli obiettivi al livello nazionale sono ovviamente diversificati in base alla situazione di partenza. Su ricerca e sviluppo e innovazione, l'obiettivo è l'accrescimento della spesa di R&S sul PIL, in particolare delle imprese private, per rendere più intensiva nel campo la dinamica produttiva. Sui cambiamenti climatici, gli obiettivi riguardano la riduzione di gas serra, l'aumento del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili, l'aumento dell'efficienza energetica: quello che in sostanza consente di rendere sostenibili i processi produttivi ed il funzionamento delle città. Sull'istruzione abbiamo l'obiettivo di ridurre gli abbandoni scolastici e di aumentare la numerosità delle persone con una formazione universitaria. Su povertà ed emarginazione, l'obiettivo è ridurre consistentemente il numero di persone a rischio di povertà o già in situazione di emarginazione. Sono questi i grandi obiettivi che l'Unione chiede agli stati membri di appoggiare attraverso le proprie politiche. Anche le politiche di coesione e quelle di sviluppo rurale devono essere 7


formulate in modo da contribuire nel perseguirli. Per fare questo, l'Unione Europea stabilisce dei principi di concentrazione tematica: per alcuni obiettivi nelle programmazioni ci sono delle soglie di spesa che vanno rispettate ed implementate. La strategia di Europa 2020 riguarda la politica di coesione e di sviluppo rurale, ma è generale. Tutte le altre politiche dell'Unione, ciascuna nel proprio ambito, contribuiscono ad attuarla. Il QSC e i regolamenti, in particolare quello recante le disposizioni generali, stabiliscono undici grandi obiettivi tematici (OT). Essi si riferiscono ai quatto fondi SIE. La loro lettura è utile per capire il perimetro delle attività che possiamo immaginare di sviluppare all'interno delle nostre programmazioni e, su base più locale, all'interno delle nostre politiche. Dalla dichiarazione di questi obiettivi è evidente la coerenza con le questioni di Europa 2020. I fondi SIE devono rimanere nel loro perimetro, per quanto ampio, per contribuire alla strategia. Gli obiettivi tematici, nei singoli fondi, vengono declinati a livello di priorità. Per esempio, nel FERS, troviamo che l'OT1 (rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione) viene disaggregato in una serie di priorità. Stiamo parlando di Fondi Strutturali, dunque non di SIE, ma di FESR e del FSE. Abbiamo una semplificazione rispetto al 2007-2013 e dunque due grandi obiettivi: - gli investimenti a favore della crescita e dell'occupazione negli stati membri e nelle regioni, con il sostegno di tutti i fondi; - la cooperazione territoriale europea, che viene specificamente sostenuta dal FESR. In sostanza, rimane la cooperazione territoriale europea così come la conosciamo, nelle grandi componenti transfrontaliera, transnazionale e interregionale, tutto il resto riguarda investimenti a favore della crescita e dell'occupazione. La copertura territoriale riguarda l'intera Unione e non ci sono Stati esclusi da FESR e FSE: - le regioni meno sviluppate, il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'Unione a 27 (adesso l'Unione è a 28: i calcoli si riferiscono al periodo in cui l'Unione era ancora a 27; qui 8


nulla cambia rispetto alla soluzione che noi conosciamo e la regola è la stessa delle regioni della convergenza); - le regioni in transizione (è una novità rispetto al 2007-2013) il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% e il 90% della media del PIL dell'Unione; - le regioni più sviluppate, il cui PIL pro capite è superiore al 90% della media del PIL dell'Unione. Nella nostra situazione ci sono le 4 regioni della convergenza del 2007-2013: Puglia, Campania, Sicilia e Calabria sono fra le regioni meno sviluppate e ad esse si è aggiunta la Basilicata. Le regioni in transizione sono l'Abbruzzo, il Molise e la Sardegna. Tutte le altre sono le più sviluppate. Ovviamente questo conta da due punti di vista: - in termini di risorse finanziare c'è maggiore proporzionalità, perché maggiori sono i problemi da risolvere, maggiore sostegno viene dall'Unione Europea; - in termini di concentrazione tematica, perché più una regione è sviluppata, più deve essere grande il suo contributo a Europa 2020, in particolare in R&S e in innovazione. Mi colpisce sempre guardare questa mappa. Nel 2000 le aree rosse erano anche ad occidente. Adesso c'è stata una ritrazione del rosso, da cui purtroppo noi non riusciamo a venire fuori. È una mappa abbastanza scoraggiante. Negli ultimi 10 anni, la nostra performance come Paese è andata a picco e all'interno di questa prestazione negativa, il mezzogiorno è andato ulteriormente peggio. Leggendo la situazione al positivo possiamo dire che questa è l'ultima chance che abbiamo per salvare il nostro povero Paese. Se volessimo leggerla al negativo, dovremmo dire che non c'è più nulla da fare, perché i fondi li abbiamo avuti nel 2000-2006, nel 2007-2013 e questo è il risultato che abbiamo. E quindi ci si chiede: servono? Servono le politiche di sviluppo? La concentrazione tematica non è una regola che ha impatto solo sulle programmazioni nazionali e regionali, ma orienta anche i nostri ragionamenti locali. Per effetto di questa forte sintonia che ci deve essere rispetto ad Europa 2020, il Regolamento stabilisce dunque le regole di concentrazione tematica. Ci sono delle soglie di spesa programmata da destinare necessariamente ai primi quattro obiettivi: Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione, Tecnologie Informatiche e 9


Comunicazione, competitività, economia a basse emissioni di carbonio. A questi obiettivi deve andare almeno l'80% nelle regioni sviluppate (RS), almeno il 60% nelle regioni in ritardo di sviluppo (RiT) e almeno il 50% nelle regioni meno sviluppate (RmS). Ciò piega abbastanza la programmazione. Pensate ad esempio all'obiettivo 7 (sistemi di trasporto sostenibile) e a quanto le nostre regioni ne avrebbero bisogno, ma il principio della concentrazione tematica è che con i fondi SIE si deve soprattutto perseguire i primi 4 obiettivi. Chiaramente, nelle regioni meno sviluppate, la soglia della concentrazione è minore. Inoltre, almeno il 20% nelle RS, almeno il 15% nelle RIT, almeno il 12% nelle RmS, deve andare all'obiettivo dell'economia a basse emissioni di carbonio. Ciò significa efficienza energetica, energie sostenibili e, generalmente, sostenibilità dei processi di produzione. Sul fondo sociale, almeno il 20% al livello di stato membro, ma non a livello di regioni, deve essere destinato alla tematica dell'inclusione sociale e della lotta alla povertà. Per il resto ci deve essere un forte principio di concentrazione. Per questo è necessario che ciascuno stato membro e le varie tipologie di regioni si concentrino solo su quattro priorità, individuate dal regolamento del Fondo Sociale nell'ambito degli obiettivi tematici, dunque scendendo al di sotto di essi. In questo caso la logica è: la concentrazione rende più efficaci gli interventi. Piuttosto che disperderli in una quantità di assi e di linee programmatiche, ci si concentra su alcune questioni ritenute essenziali per la propria regione. In questo quadro generale si innesta la questione che riguarda, in modo più specifico, gli interventi di sviluppo territoriale. I regolamenti, segnando una certa innovazione regolamentare, specificamente fanno riferimento a strumenti di intervento territoriale. In particolare, gli strumenti di integrazione vengono identificati nello Sviluppo Locale Partecipativo (SLOP) e negli Investimenti Territoriali Integrati (ITI). Lo SLOP sostanzialmente è un'estensione del l'approccio Leader, nel senso che non è confinato soltanto allo sviluppo rurale e al FEASR, ma può coinvolgere altri fondi. Non necessariamente, deve. Per il FEASR rimane obbligatorio. In particolare, possiamo immaginare, sia che rispetto alle tradizionali politiche Leader ci sia un'aggiunta di fondi, per esempio del FESR e del Fondo Sociale, sia che ci sia lo sviluppo di iniziative di tipo Leader, anche soltanto con il FESR o con il Fondo Sociale. Un ambito tipico, da questo punto di vista, è quello dell'Intervento nelle Città, dove progetti per l'inclusione sociale e per la valorizzazione urbana, potrebbero essere attuati attraverso le 10


metodologie proprie del Leader, che propriamente sono quelle di sviluppo locale. I quattro fondi SIE possono, non devono, essere coinvolti, con un'estensione dell'approccio Leader. Dall'altra parte, abbiamo lo strumento degli ITI, che si riferiscono prioritariamente a FESR e Fondo Sociale, ma possono anche essere accompagnati da iniziative riguardanti il FESR e il FEAMP. Gli Investimenti Territoriali Integrati sono sostanzialmente dei PIT, Progetti Integrati Territoriali complessi di territorio, con un obiettivo di sviluppo e con un pacchetto di iniziative che possono stare su assi diversi di un Programma Operativo o anche su Programmi Operativi diversi. Gli ITI possono avere, come organismo gestore, un organismo intermedio. Per lo SLOP l'organizzazione è quella di tipo Leader, con la costituzione di un Gruppo di Azione Locale, che potrebbe anche essere estrapolato dal contesto delle politiche di sviluppo rurale in cui adesso lo collochiamo. La Commissione per la prima volta ha inserito questa storia degli ITI nel Regolamento, perché c'è stato l'obiettivo di coesione territoriale aggiunto al trattato di funzionamento dell'Unione Europea, intendendo che un cittadino europeo, dovunque viva, anche su un'isola o in un territorio montano, in un'area di difficile accessibilità, ha diritto ad un accesso ai servizi, paragonabile a quello degli altri cittadini dell'Unione. L'obiettivo di coesione territoriale significa che l'approccio delle politiche deve essere integrato, per un territorio multidimensionale. E questo spiega perché ora abbiamo nei Regolamenti (art.32 e 36) gli strumenti di integrazione SLOP e ITI. L'approccio Leader viene effettivamente trasferito nella nuova regolamentazione con questa estensione. Le caratteristiche dello SLOP sono: - la concentrazione su territori subregionali specifici; - la costituzione e la presenza di Gruppi di Azione Locale, composti da rappresentanti locali pubblici e privati, in cui né il settore pubblico, né un singolo gruppo di interesse ha più del 49% di diritti di voto (la rappresentanza degli interessi del tessuto produttivo deve essere molto alta nel gruppo di azione locale); - la formulazione di una strategia territoriale di sviluppo locale, integrata e multisettoriale; - la risposta a bisogni e potenzialità locali con la capacità di introdurre innovazioni nel contesto locale, di istituire reti, di fare cooperazione con altri territori. Il Regolamento (art. 32-35) esplicita in questo modo l'estensione del l'approccio Leader: "La strategia di tipo partecipativo è un insieme coerente di operazioni rispondenti a obiettivi e a bisogni locali; contribuisce alla realizzazione della strategia dell'Unione, per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; è concepito ed eseguito da un gruppo di azione locale".

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Il regolamento stabilisce che la popolazione del territorio deve essere compresa fra 10.000 e 50.000 abitanti, ma prevede la possibilità che vi siano eccezioni motivate rispetto a queste soglie. Possiamo immaginare il tema dello sviluppo locale partecipativo (CLLD) esteso rispetto all'approccio tradizionale. Ad esempio, nelle aree urbane può favorire interventi integrati che devono essere basati sull'approccio partecipativo, come per il recupero di un'area degradata che avviene con la partecipazione dal basso e con la mobilitazione del tessuto produttivo locale. Può essere riferito ad occupazione ed inclusione, in particolare nelle iniziative di Patto Territoriale per l'Occupazione. Rafforza o conferma l'approccio esistente per quanto riguarda le aree rurali, le filiere della pesca e la diversificazione economica. Il Regolamento stabilisce che si può designare un fondo capofila per sostenere i costi di gestione e di animazione, che sono ammissibili nell'ambito dei programmi Leader. Il CLLD è realizzato nell'ambito di un programma o di più programmi pertinenti: ha un aspetto di pervasività. Per essere realizzato, può pescare in vari assi e programmi. È possibile riferire il CLLD ad ambiti urbani. Nelle regioni non c'è attualmente un grande entusiasmo rispetto all’estrapolazione dell'approccio Leader al di fuori del l'approccio tradizionale. Probabilmente vi sarà un rafforzamento delle politiche Leader dello sviluppo rurale con il FESR. Nell'ambito dei regolamenti, dal punto di vista attuativo può essere interessante ricordare che le strategie di sviluppo locale sono selezionate da un Comitato istituito dall'Autorità di Gestione dei Programmi, dunque la Regione Puglia istituirà un comitato regionale che selezionerà le aree Leader sulla base dei criteri già visti. Il primo ciclo della selezione della strategia va completato entro due anni dall'approvazione dell'Accordo di Partenariato. Le strategie aggiuntive devono essere completate entro il 31 dicembre 2017. In sostanza, il Regolamento tende a prevenire la dilatazione dei tempi di definizione delle strategie di sviluppo locale. La decisone che approva una strategia di sviluppo locale deve stabilire la dotazione a titolo di ciascun fondo SIE e i ruoli delle autorità responsabili. 12


Il Regolamento ripropone le disposizioni tipiche dell'approccio Leader, stabilendo i compiti dei Gruppi di Azione Locale i modo analogo a quanto oggi è noto.

È possibile che i fondi supportino le attività di sostegno preparatorio, l'esecuzione delle operazione nell'ambito della strategia di sviluppo locale partecipativo, i costi di esercizio connessi all'attuazione della strategia, l'animazione della strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo per agevolare gli scambi fra le parti. L'ambito delle regole è quello noto. L'unica differenza è che si possa immaginare la strategia estrapolata dallo sviluppo rurale o integrata nello sviluppo rurale con i fondi strutturali. L’ITI è un programma dedicato al territorio: può mettere insieme, sulla base di una strategia unitaria, delle operazioni che si riferiscono a vari assi di un PO, ad esempio ad assi di un Pprogramma Regionale del FESR, a un Programma Operativo del Fondo Sociale o anche a Programmi Operativi Nazionali. A livello di territorio, si identifica un insieme complesso di progetti che corrispondono ad una strategia unitaria e si vanno a finanziare su assi diversi del PO, su assi di un altro programma operativo, ad esempio del Fondo Sociale o del Programma Nazionale. Lo Sviluppo Locale Partecipativo è un approccio di sviluppo locale, dal basso verso l'alto, con un gruppo che stabilisce le strategie e le operazioni soggette a finanziamento. Gli ITI non necessariamente hanno questo percorso.

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Possono esservi degli ITI realizzati dalla Regione, con la concertazione locale, oppure realizzati da un'amministrazione centrale. Non ci sono le regole del CLLD. Non esiste un Gruppo di Azione Locale, dunque non ci sono regole che si riferiscono alla composizione del Gruppo di Azione Locale. Ci sono degli interventi che sono integrati, strettamente coerenti e coordinati, che vengono realizzati per favorire lo sviluppo e la trasformazione di un territorio. Gli ITI possono, ma non necessariamente debbono, avere degli organismi intermedi. Questi, nell'accezione comunitaria, hanno funzioni tipiche dell'Autorità di Gestione, dunque curano la gestione delle risorse finanziarie, il monitoraggio, la selezione dei progetti, nell'ambito del progetto di cui devono occuparsi. L'Accordo di Partenariato è il documento nazionale di programmazione delle strategie per i fondi SIE. È in corso di elaborazione. Ne abbiamo una versione provvisoria, al 9 dicembre 2013 ed alcune importati elaborazioni successive. Tutto questo dovrà completarsi con la presentazione che si avrà entro il 22.4.2914. Com'è fatto. C'è il quadro di riferimento: la situazione del contesto e la strategia generale e c'è la parte che riguarda gli Obiettivi Tematici. Per ciascuno degli 11 Obiettivi Tematici identificati dai Regolamenti e dal QSC, l'Accordo di Partenariato, in sostanza, dice quali sono le linee generali di indirizzo strategico, quali sono i risultati attesi che si intende conseguire. Al di sotto dell'Obiettivo Tematico, c'è un'identificazione del modo in cui quel determinato Obiettivo Tematico è destinato a produrre risultati, in termini di trasformazione e di sviluppo. I risultati attesi sono associati a indicatori quantificabili. Ad esempio, se il risultato atteso è quello di aumentare il tasso di occupazione, si dice qual è, in termini quantitativi, l'incremento che si intende conseguire. Inoltre, l'Accordo di Partenariato specificherà delle azioni: al disotto dei risultati attesi, dirà quali sono gli interventi, le misure che si intende realizzare per conseguire quel risultato atteso. L'Accordo di Partenariato, e questo è un aspetto importante, ripartisce le risorse finanziarie per risultato atteso: a livello nazionale, al perseguimento di un certo risultato atteso, ad esempio incrementare la ricerca e lo sviluppo delle imprese private, è associata una percentuale delle risorse finanziarie. Al di sotto dei risultati attesi, il DPS sta specificando le singole azioni (voucher industriali, acquisizione di servizi di ricerca scientifica e tecnologica, banda larga nelle aree interne...), interventi specifici utili a conseguire i risultati attesi. Nel negoziato attuale che il DPS sta facendo con le regioni, questo passaggio è molto delicato: il DPS interpreta le azioni come un binario su cui necessariamente le singole programmazioni devono rimanere. E quindi nei singoli programmi non potranno che esserci precisamente quelle azioni definite dal DPS nell'Accordo di Partenariato in concertazione con le regioni. 14


Ci sono delle elaborazioni che riguardano il peso finanziario delle singole azioni. Il che renderebbe ancora più stretta questa gabbia. Se il DPS esprime in questo modo, le regioni cercano un'interpretazione più flessibile. Dalle regioni ci si aspetterebbe una declinazione di azioni, stabilite nell'Accordo di Partenariato fra DPS, regioni ed altre amministrazioni centrali, secondo le proprie chiavi identitarie. La sensazione generale è quella dell'ingabbiamento della programmazione, che l'Accordo di Partenariato darà indirizzi stringenti a cui necessariamente le regioni, nella loro programmazione, dovranno attenersi. Le azioni sono determinate in ogni caso da un processo negoziale, ma il metodo è quello di un binario molto ben tracciato. Le azioni sono riferite, di volta in volta, ai Fondi. Un'azione si finanzia ad esempio con il FESR, con il FS, con il FEASR o con il FEAMP. Alcune azioni possono essere finanziate da più fondi, ovviamente con degli elementi di demarcazione che andranno definiti. La terza parte dell'Accordo di Partenariato, molto importante, è quella che riguarda gli aspetti territoriali. In particolare, l'accordo di Partenariato focalizza soprattutto due questioni: - la strategia per le città e per lo sviluppo urbano sostenibile - la strategia per le aree interne. Nell'accordo, ovviamente ci sono degli aspetti che riguardano la distribuzione dei fondi per risultato atteso, forse per azione, gli elementi di attuazione e coordinamento, lo stato delle condizionalità. La nuova regolamentazione dei fondi prevede che le varie amministrazioni centrali e nazionali, per poter implementare le loro politiche, devono rispettare delle condizionalità ex-ante, cioè devono dimostrare di aver conseguito dei criteri che la Commissione ritiene fondamentali per poter attuare i Programmi Operativi. Questi criteri, nella maggior parte si riferiscono all'esistenza di pianificazioni: il programma Operativo lo si utilizza nell'ambito di una programmazione generale e dunque in maniera coordinata agli altri strumenti in fase di attivazione. Ad esempio, è impossibile usare bene il POR se non si ha un Piano della Ricerca e dell'Innovazione, o un Piano Regionale dei Trasporti, o un Piano della Logistica e così via. Le condizionalità sono soprattutto legate all'esistenza di strategie generali di settore e all'adozione di direttive comunitarie. L'Accordo di Partenariato ripartisce le risorse per Obiettivo Tematico e, al disotto di questo, per risultato atteso. Nell'ambito della concentrazione tematica, l'asse 3, quello della competitività, ha un rilievo molto importante. Così pure accade per gli Obiettivi Tematici 8, 9, 10, che si riferiscono alla formazione, all'occupazione e all'inclusione sociale.

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Nelle slide sono riportati i risultati attesi per obiettivo tematico. A titolo esemplificativo, per avvicinarci all'Accordo di Partenariato, si può commentare l'OT1. Esso adotta 3 risultati attesi: 1.1 - l'incremento dell'attività innovazione delle imprese;

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1.2 - il rafforzamento del sistema innovativo regionale attraverso l'incremento della collaborazione fra imprese/reti di imprese e strutture di ricerca, e la valorizzazione di queste ultime; 1.3 - la promozione di nuovi mercati per l'innovazione attraverso la qualificazione della domanda pubblica, la promozione di standard di qualità, le competizioni tecnologiche orientate a premiare la capacità di soluzione di specifici problemi di rilevanza sociale. In sostanza, i risultati attesi declinano gli obiettivi tematici, con un'innovazione semantica abbastanza utile: i risultati attesi raffigurano il modo perseguito del cambiamento del territorio di riferimento, nell'ambito di ciascun obiettivo. Così è per tutti gli obiettivi tematici.

Per Agenda Digitale, i risultati attesi sono: 2.1 - riduzione dei divari digitali nei territori e diffusione di connettività in banda larga e ultra larga, coerentemente con gli obiettivi fissati al 2020 dalla "Digital Agenda" europea; 2.2 - digitalizzazione dei processi amministrativi e diffusione dei servizi digitali interamente interoperabili della PA offerti ai cittadini e imprese. 2.3 - Potenziamento della domanda di ICT dei cittadini in termini di utilizzo dei servizi online, inclusione digitale e partecipazione in rete. Sotto i risultati attesi, vi saranno quelle che impropriamente definisco "misure": le singole azioni che permettono di conseguire i risultati attesi. Questa traccia è utile anche nella prospettiva della programmazione del territorio, nel senso che quello che lì si può immaginare, deve risalire verso le azioni che sono state definite per questi risultati attesi. 16


Nella nuova Programmazione ci sarà un ricorso importante ai Programmi Operativi Nazionali, nella percentuale di 1/3 delle risorse disponibili. Vi sono 11 Programmi Operativi. Tutti riguardano le regioni meno sviluppate. In alcuni casi i programmi saranno destinati all'interno territorio nazionale. Istruzione, occupazione, inclusione, città metropolitane, governance, il programma IOG per l'occupazione giovanile direttamente promosso dall'unione europea in forma di PON, interesseranno tutte le regioni. Parlare di PON non significa che le risorse finanziate da questi programmi abbiamo una destinazione indistinta. Le regioni sanno in generale quali sono le risorse che dovranno essere destinate al loro territorio e questo vale anche per i PON.

Dal punto di vista della programmazione territoriale dal basso è molto importante considerare gli obiettivi tematici: sono la griglia di riferimento per le nostre programmazioni. L'AdP identifica due ambiti territoriali prioritari in cui intervenire: le città e le aree interne. Per le prime si fa riferimento ad un concetto di città funzionale, che serve anche rispetto ai fabbisogni del territorio e che offre servizi in generale per il sviluppo territoriale, non necessariamente per lo specifico centro urbano. Gli interventi nelle città sono aggregati attorno ai "driver", degli ambiti prioritari di intervento: 1. ridisegno e modernizzazione dei servizi urbani per i residenti e gli utilizzatori delle città; 2. inclusione e miglioramento della coesione sociale in ambito urbano; 3. rafforzamento della capacità delle città di potenziale segmenti locali pregiati di filiere produttive globali, di attrarre la localizzazione di centri di ricerca e istituzioni promotrici di sviluppo. In sostanza, migliori servizi , più inclusione sociale, capacità di attrarre segmenti, pregiati e innovativi di attività ad alto valore aggiunto. C'è un quarto ambito di intervento che verrà identificato dalle regioni direttamente nei programmi operativi. 17


Abbiamo un PON Aree Metropolitane che è composto da 14 città metropolitane, fra cui Bari. A queste aree è destinato un PON nazionale che è come se mettesse in rete le grandi città italiane promuovendo interventi omogenei, tipici della grande area metropolitana. L'intervento riguarda anche città medie e poli urbani metropolitani a servizio di aree vaste significative. In questo caso gli interventi sono organizzati a scala di programma operativo regionale. Non necessariamente gli interventi del Programma Nazionale esauriscono quelli delle città metropolitane. Per esse ci può anche essere un'integrazione degli interventi regionali e nazionali.

Il tema è stato molto sponsorizzato dal DPS, che da molto tempo ha lanciato, nell'ambito della politica di coesione, la strategia nazionale delle aree interne. Gran parte del territorio italiano è rappresentato da aree interne che hanno un ruolo fondamentale nel mantenere i livelli demografici, evitando lo spopolamento, contenendo il degrado del territorio ed il suo dissesto.

Il DPS ha in sostanza costruito una mappa delle aree interne classificando i territori italiani in base alla distanza dai centri di offerta dei servizi di base, considerando ad esempio, la presenza di scuole secondarie superiori, di un ospedale sede di Dipartimento d'Emergenza e Accettazione, di una stazione ferroviaria di tipo almeno "Silver". Le aree interne sono dunque quelle che sono più distanti da questi centri di servizi.

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La mappa su scala italiana conseguente evidenzia che il 35,7% della popolazione è nelle aree di polo, il 4,1% è in poli intercomunali, il 37,4% è nelle cinture, il 15,1% in ambito intermedio, il 6,2% in aree periferiche, 1,5% in ambito ultra periferico. Le superfici sono molto importanti. Le aree interne sono circa il 60% della superficie italiana. Ci sono le elaborazioni che riguardano le singole regioni, nel caso della Puglia, le aree in verde scuro segnalano le aree periferiche e ultra periferiche. L'Accordo di Partenariato propone una sperimentazione sulle aree interne. Ogni regione candida un'area a partecipare alla strategia nazionale per le aree interne. Sulla base dell'esito della sperimentazione, la strategia sarà proseguita o abbandonata. Le politiche per le aree interne non necessariamente si limitano alla strategia nazionale. Anche i Programmi Operativi Regionali possono attuarla in aree diverse da quelle di sperimentazione. La sperimentazione avviene soprattutto su due ambiti: l'adeguamento dei servizi essenziali e la realizzazione di progetti di sviluppo locale. Sui servizi essenziali c'è un'azione specifica e mirata al miglioramento della qualità e della quantità dei servizi per l'istruzione, per la salute e per la mobilità. Questi interventi vengono attuati per l'assestamento dell'accessibilità ai servizi, anche attraverso fondi ordinari nazionali, nella Strategia Nazionale per le Aree Interne (in particolare vi sono 90 milioni di euro stanziati dalla Legge di stabilità del 2014) e prevedono l'intervento diretto dei relativi ministeri. I Progetti di Sviluppo Locale sono basati su cinque "fattori latenti di sviluppo": tutela del territorio, valorizzazione delle risorse naturali, culturali e turistiche, sistemi agroalimentari e sviluppo locale, risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile, saper fare e artigianato.

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È dunque una sperimentazione limitata ad un'area per regione. La selezione dei territori avviene in concertazione fra le regioni e il DPS. In queste aree, per l'attuazione dei Progetti di Sviluppo locale, ci saranno degli Accordi di Programma Quadro fra la regione, gli enti locali che compongono il territorio sovracomunale target a carattere di contiguità, l'amministrazione centrale di coordinamento (il DPS) e gli altri ministeri. Per ogni area oggetto della policy, si forma questo accordo quadro in cui le varie amministrazioni cooperano per attuare le politiche ed ottenere migliori profili demografici (contrastando lo spopolamento) e innestare processi di sviluppo. In aree come queste non è necessario immaginare grandi dinamiche di sviluppo, ma l'innesco di attività economiche che permettano la sostenibilità della vita, la durevolezza del lavoro, la tutela ed il presidio demografico in quelle medesime aree. La sperimentazione è molto limitata. Il mancato riconoscimento della sua validità chiuderebbe la strategia nazionale, ma non necessariamente la politica per le aree interne si riduce alla SNAI. È invece possibile, al livello dei Programmi Operativi Regionali, se le regioni lo ritengono, organizzare degli interventi che abbiano come focus territoriale specifico le aree interne. La sperimentazione, di cui ora si parla molto, dovrebbe partire subito, ancora prima dei Programmi Operativi, con gli Accordi di Programma Quadro e con inizio dell'intervento riguardante i servizi essenziali, che sono finanziati da fondi ordinari e non da Fondi Strutturali.

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1.3 - Pierpaolo Pallara: Sviluppo rurale e approccio LEADER nella Programmazione 2014-2020 Le slide dell’intervento sono disponibili nello spazio slideshare di Capacity SUD, qui. Mentre ci si muove sugli 11 Obiettivi Tematici, il Programma di Sviluppo Rurale parla di 6 Priorità, che non sono la fotocopia, né un sottoinsieme degli 11 Obiettivi Tematici: abbiamo avuto qualche piccola esigenza di definire una corrispondenza biunivoca fra obiettivo e priorità. In talune circostanze ci sono dei contenitori che potrebbero essere anche plurimi, ovvero una priorità potrebbe corrispondere a più obiettivi tematici. È storicizzato il fatto che lo sviluppo rurale sia un mondo a se stante nel grande disegno comunitario. Le nostre priorità: 1. Promuovere il trasferimento di conoscenze e l'innovazione nel settore agricolo, forestale e nelle zone rurali, 2. Potenziare la competitività dell'agricoltura in tutte le sue forme e la redditività delle aziende agricole, 3. Promuovere l'organizzazione della filiera agroalimentare e la gestione dei rischi nel settore agricolo, 4. Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi dipendenti dall'agricoltura e dalle foreste, 5. Incentivare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio ad un'economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima, 6. Promuovere l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali.

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La sesta priorità si sovrappone molto bene ad un Obiettivo Tematico. Anche la prima è abbastanza affine al concetto di innovazione e ricerca presente nel primo Obiettivo Tematico. La seconda e la terza priorità sono siamesi, hanno difficoltà a riconoscersi alla nascita. Similmente accade per la quarta e per la quinta: stiamo faticando non poco per comprendere quale strumentazione sia afferente all'una o all'altra. Vorrei evidenziare a tutti coloro che hanno un'esperienza storica che queste priorità non sono gli assi che ben conosciamo all'interno del nostro Programma. L'asse, come sapete, era una contenitore abbastanza stagno rispetto agli altri. Gli assi, nell'attuale Programmazione, hanno una dotazione finanziaria minima decodificata dai regolamenti. La mancanza di assi nella logica di priorità dovrebbe essere in linea di principio l'apertura verso un mondo di flessibilità d'azione. È evidente che laddove si ragiona su obiettivo tematico, priorità, dotazione di risorse, probabilmente si reintroduce la logica delle griglie-gabbie. All'interno delle sei priorità il Regolamento comunitario di riferimento, il 1305, già indica alcune delle misure che ritiene fondamentali per poter dare corpo alle specifiche priorità. Sotto questo punto di vista, vi sono alcuni problemi. Ad esempio la priorità 3 parla di associazioni di produttori e di miglioramento della qualità, ma è nella priorità 2 che il regolamento comunitario definisce come fondamentale la misura per la qualità alimentare. Ci sono dunque degli elementi di distonia molto robusti. Quelle indicazioni regolamentari che dicono "preferibilmente", in realtà sono obblighi sostanziali e in sede negoziale diventano contenuto di fatto. La priorità è un obiettivo macro, la focus area è un obiettivo specifico. Non abbiamo l'obbligo nella nostra programmazione di declinare tutte le sei priorità, ne possiamo declinare di meno giustificando la scelta. Così pure possiamo scegliere delle focus area che sono obiettivi più specifici fra quelli disponibili regolamentarmente. Le priorità sono una griglia specifica in cui un GAL si dovrebbe interfacciare. La priorità 1 - promuovere il trasferimento di conoscenze e innovazione - è trasversale e "non ha misure". Vi sono articoli specifici che consentono di raggiungere questa priorità, tant'è che nei regolamenti applicativi che si stanno maturando 22


compare con dotazione finanziaria zero e questo è un elemento di complessità nel giochino del peso percentuale. È una priorità che improvvisamente sparisce alla vista. Queste focus area (innovazione e conoscenze di base nelle aree rurali, i nessi fra agricoltura ricerca e innovazione, l'apprendimento durante tutto l'arco di vita) significano ragionevolmente ma non obbligatoriamente, conoscenze di base, formazione, consulenze, formazione continua da parte degli operatori, progetti d'innovazione similari all'attuale esperienza della 124, sia pure robustamente riveduta e corretta. La seconda focus area, classicamente topica dello Sviluppo Rurale è quella della competitività e degli investimenti aziendali, anche se si sta cercando di modificare sensibilmente a livello regionale questa visione riguardando per la competitività le condizioni di sistema e di contesto che la determinano, senza fossilizzare misura e priorità in una corrispondenza biunivoca vincolante. Di fatto, la ristrutturazione delle aziende con problemi, di quelle orientate al mercato in particolari settori o richiedenti una diversificazione delle attività, assieme al ricambio generazionale, recuperano il primo insediamento giovani agricoltori. Nel caso del ricambio generazionale non stiamo fotografando solo il giovane al posto dell'anziano, ma consideriamo anche il ricambio di esseri umani, ad esempio il cinquantenne escluso dal mondo del lavoro, con una competenza imprenditoriale tale da divenire strumento di reale innovazione nel sistema agricolo. La dinamica giovane-anziano molto spesso ha generato un asse ereditario elementare. La statistica ci dimostra come aziende di più ettari sono state frammentate in realtà più piccole, a seguito di una trasmissione ereditaria a più soggetti. Qui abbiamo una visione più direttamente collegata ai vari attori della filiera. In questa focus area entrano i vari approcci che dovrebbero premiare la trasformazione: gli accordi, la commercializzazione dei prodotti. Qui ci sono i regimi di qualità, ma la misura della qualità nel regolamento 1305 è di fatto obbligatoria. C'è un intervento molto importante: la gestione del rischio. Il FEASR ha recentemente definito nell'accordo nazionale i PON: la rete rurale storica strumento di accompagnamento ai processi all'interno delle varie regioni (come scambi delle buone prassi, forniture di competenze concrete necessarie all'attuazione), la gestione del rischio (tutto quello che può aiutare gli agricoltori in casi di fluttuazione di mercati e in problematiche di ogni genere e tipo), la biodiversità animale, l'acqua. Sono questi i grandi quattro temi dei PON.

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La Regione Puglia, nel prossimo periodo di programmazione, avrà risorse pubbliche complessive sul PSR pari a 1.639 milioni di euro: 22 milioni di euro in più rispetto all'attuale disponibilità, con una quota di cofinanziamento comunitario che passa da 57,5 al 60,5%. Priorità 4: preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi dipendenti da agricolture e foreste. Parliamo di biodiversità. Abbiamo già degli strumenti a questo dedicati. Salvaguardare l'agricoltura ad alto valore naturalistico, migliorare la gestione del sistema delle acque, migliorare la gestione del suolo. La declinazione di queste cose non è sempre facile e agevole.

Priorità 5: incoraggiare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio ad un'economia a basse emissioni di CO2. Parliamo di soggetti che producono e realizzano, in una dimensione meno territoriale e più di impresa. Questi approcci aiutano ad esempio ad un diverso uso delle acque all'interno di un'impresa agricola, ad un diverso approccio all'uso dell'energia, ad utilizzare dinamiche produttive con una minore emissione di CO2. Le statistiche evidenziano che l'agricoltura partecipa all'emissione di CO2 in modo assolutamente residuale e ciò determina difficoltà nel definire modalità di ulteriori riduzioni. La capacità di cattura e isolamento del carbonio nel settore agricolo e forestale apre un altro grande scenario di interesse, il tema delle foreste. La Puglia è una delle regioni meno boscata di Europa. L'esperienza attuale, con grandi finanziamenti a favore delle foreste, è stata meno efficace del previsto. L'altra grande metà del cielo che ci interessa è quella del "primo pilastro": il sostegno pubblico diretto agli agricoltori, che ha regole, condizionalità e principi che determinano molto le scelte della singola impresa agricola. Riuscire a capire gli equilibri sul primo pilastro, soprattutto per il tema foreste, può diventare realmente importante per riuscire a indirizzare delle politiche di maggiore efficacia in questo contenitore.

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Priorità 6: inclusione sociale riduzione della povertà e sviluppo economico delle zone rurali. È il nostro mondo, riguarda la stimolazione dello sviluppo locale nelle zone rurali. La priorità "inclusione sociale e lotta alla povertà" aiuta molto a capire la declinazione rispetto, ad esempio, al GAL urbano. Per l'Unione, il territorio rurale è tutto quello dell'UE, poi noi giochiamo a colorarlo di urbano, di periurbano, di agricoltura intensiva e specializzata. Ogni stato membro ha un suo modo. Ma noi, in quei territori, i poli urbani, li mettiamo. Anche questa logica segna un salto significativo. Questa focus area è singolare. Dentro c'è la diversificazione, la creazione di nuove piccole imprese e l'occupazione. Per noi questa non è né inclusione sociale, né lotta alla povertà. È sostegno allo sviluppo. Sino ad oggi lo abbiamo declinato come diversificazione e servizi (asse 3): parliamo di fabbri, di artigiani. Poi abbiamo il problema della banda larga (promuovere l'accessibilità, l'uso e la qualità delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nelle zone rurali) e abbiamo, nel centro di una focus area ondulatoria, i GAL (stimolare lo sviluppo locale nelle zone rurali). Il vero argomento importante è che al GAL oggi sono formalmente date in mano le chiavi del PSR. Parlare di cassetta degli attrezzi non è così stupido. La mia sensazione è che i GAL lavoreranno solo su FEASR, in Puglia almeno lavoreranno solo sul PSR. ITI è uno strumento non a dominio FEASR. Le aree interne, in questa regione, saranno sicuramente il campo di sperimentazione di un intervento plurisettore. Dubito che riusciremo a fare un GAL plurifondo: il GAL urbano è cosa abbastanza improbabile concettualmente e rischiosa, considerata l'esperienza delle aree vaste. Questa condivisione di risorse, inoltre, non significa condivisione di responsabilità e di gestione. E questa non è una partita facile da giocare, perché parliamo di integrazione fra fondi, facciamo un accordo di partenariato, costruiamo anche strumenti di programmazione regionali onnicomprensivi o contenitivi di queste varie differenze, ma nella sostanza dei fatti procediamo sempre con dinamiche parallele, se non divergenti. Intravedo per questo, l'improbabilità di un GAL plurifondo. Sarebbe in ogni caso centrale l'impegno FEASR che diventerebbe l'asse portante. Per questo è importante ragionare sul contenuto della nostra cassetta degli attrezzi. 25


Qui c'è un parallelismo che può aiutare a comprendere la corrispondenza quasi biunivoca, ad esempio per il trasferimento di conoscenze e informazioni fra la misura 111 nel PSR 2007-2013 e l'Articolo 14 del Regolamento 1305/2013. Gli strumenti ora a nostra disposizione, in termini di misure, si sono fortemente asciugati. Quelle che un tempo erano strutture di principio molto differenti, nel Regolamento diventano un unico macro-contenitore. Possiamo ripristinare il potenziale agricolo danneggiato da eventi e calamità atmosferiche (art.18), curare lo sviluppo delle aziende agricole e delle imprese (art. 19: qui è inserita la logica della misura 311 per la diversificazione). I servizi di base in articolo 20 corrispondono all'asse 3. I pagamenti agro-climatico-ambientali sono importanti. Corrispondono ad una taglia significativa con cui relazionarsi, non solo per la disponibilità finanziaria. Già nella bozza dell'Accordo di Partenariato c'è in nuce l'idea di uno sviluppo locale tonico e concentrato su un argomento pregnante per il territorio. L'agricoltura biologica (art. 29) è un contenitore molto interessante per un GAL: potrebbe essere un processo di qualificazione di un distretto-bio in senso lato.

Stiamo utilizzando questo modello di programmazione ed è quello che è stato proposto e che si sta attuando all'interno del mondo regionale e del partenariato. Nelle tre grandi azioni, conoscere, partecipare, decidere, mappiamo il nostro mondo analizziamo il contesto, ci confrontiamo, primariamente per sapere chi siamo, senza pregiudizi. Scriviamo una SWOT, scegliendo, fra gli n-punti di forza, debolezze, minacce e opportunità, i topici (adesso abbiamo maturato formalmente un'analisi SWOT per le sei priorità e in realtà dovremmo fare un'analisi SWOT del programma, senza una specifica delle priorità), fino ad arrivare, all'interno delle singole focus area, alla definizione dei fabbisogni di intervento nel box dedicato alla nuova Programmazione del sito svilupporurale.regione.puglia.it/ è presente la bozza dei fabbisogni PSR identificati. I fabbisogni, in questo circuito di programmazione, non sono i desiderata a prescindere. L'analisi dei fabbisogni porta sostanzialmente ad identificare obiettivi e strategie d'intervento per poi declinare, nella fase decisionale, un programma di sviluppo rurale condiviso. Questo è un contenitore in cui il ruolo GAL, nella sua specificità di azione, diventa assolutamente fondamentale.

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Ricordiamo dove siamo arrivati, per capire dove potremmo arrivare. Siamo partiti con questa storia 23 anni fa. Era una sovvenzione globale. Si parlava direttamente comunità Europea.

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Eravamo agli albori della programmazione su base territoriale. La nostra prima esperienza dei progetti integrati mediterranei, nel 1985, era assolutamente sperimentale. Nel 1988 l'Unione Europea ha scritto un documento che fa parte ormai della storia, "Il futuro del mondo rurale", con cui si esce da una dimensione settoriale e si entra in una dimensione territoriale. Il Leader I è stata la prima sperimentazione. Quello storico, Santa Maria di Leuca, già da allora bastonava sull'argomento, ve n'è stato uno nel foggiano che ha avuto una storia più controversa. È stata un'assoluta sperimentazione, ma solo pochi ricordano ancora qualcosa. Siamo passati nella fase successiva. L’approccio Leader è diventato un’iniziativa comunitaria. Era ancora fuori dalla Programmazione, era di fonte Commissione. Abbiamo sperimentato un plurifondo che si esplicava come possibilità di utilizzare gli strumenti normati dagli altri fondi. Avevamo FEOGA, FESR, Fondo Sociale, che partecipavano al programma con una quota appostata, con risorse veramente contenute. All'interno di quelli, ci si dava la possibilità di giocare a fare formazione sotto l'egida della formazione professionale. Abbiamo sperimentato da noi 14 GAL e 3 Operatori Collettivi monotematici. Allora avevamo già un soggetto tematico (adesso cerchiamo di riprendercelo con quei tematismi). L'operatore collettivo e il GAL si distinguevano, perché questo era un misto pubblico-privato, l'operatore collettivo era un soggetto di fatto privato che intercettava un tematismo molto specifico. In tutto abbiamo giocato 43 milioni su questa partita. Abbiamo lavorato su turismo, formazione, piccole medie imprese, artigianato, valorizzazione dei prodotti agricoli, tutela ambientale. Le parole chiave di allora erano: trasferibilità, dimostratività, carattere pilota, integrazione di strumenti d'intervento.

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Nel 2000-2006 siamo sempre un'iniziativa comunitaria: un monofondo che in realtà attua più fondi, con un Programma operativo e Complemento di Programmazione, in assoluto parallelismo con i Fondi Strutturali. Abbiamo avuto 9 GAL, con una partita di 53 milioni di euro, abbiamo ragionato su temi unificanti: strategie di sviluppo, miglioramento della vita, che nel loro generalismo, hanno contenuto un sistema variegato. Con una logica di partenariato a prevalenza privata, nella convinzione che la mano pubblica fosse ingessante e che il privato, lanciato e pieno di entusiasmo, si potesse portare pienamente su questa iniziativa.

2007-2013. Entriamo in un programma di sviluppo, viviamo le regole comuni e il cambiamento dello sviluppo rurale, che da fratellino povero dei Fondi Strutturali, si isola e diviene uno spazio autonomo di programmazione, che si integra, parla, ha relazioni, ma non è più in quel grande mondo dei Programmi Operativi. È un momento di passaggio di regole molto importanti, con una macchina amministrativa regionale che con l'Autorità di Gestione deve gestire un Programma, deve programmare e si deve interfacciare con un cassiere che è un soggetto terzo, per pagare attività di investimento. Ci sono 25 GAL, 292 milioni di euro, circa il 20% dell'intera dotazione del Programma di Sviluppo Rurale. È riconosciuta l'importanza dei GAL, ma la loro azione è limitata a diversificazione delle aziende agricole e servizi alla popolazione, per il miglioramento della qualità della vita: una ricetta e tanti commensali, con gusti differenti. È diventato un meccanismo parallelo a ciò che è successo con i PIT agricoli, che sono stati i soggetti attuatori di politiche predeterminate, con un manuale Cencelli millimetrico delle risorse finanziate, fino a divenire quasi delle strutture di monitoraggio. Ciò è evidentemente tesaurizzazione dell'esperienza fatta. Soprattutto ci siamo trovati in una complessità importante. Il GAL è un soggetto sub-regionale, la Regione parla con la Comunità Europea, con l'organismo pagatore e con il Ministero: non era esattamente un filotto elementare, così come prima avveniva. 28


Improvvisamente un soggetto che sperimentava, provava, verificava, si è trovato con un carico di responsabilità amministrativofinanziaria e di obiettivi molto importante, pur non avendo avuto in mano le chiavi dei grandi motori di sviluppo. L'approccio Leader è cresciuto come tale, i GAL sono cresciuti con un ruolo differente, hanno avuto diversi strumenti di intervento, risorse e aree: in Puglia ci sono 18 comuni su 258 che non sono area GAL. Un mandato a fare totale. Non solo dunque una crescita di possibilità, ma anche di responsabilità, regole, obiettivi da raggiungere. Vi è poi l'equivoco "svantaggiato-avanzato" sulla ruralità: il mix settore-territorio. Il GAL 2014-2020, potenzialmente plurifondo, con un ruolo importante, con potenzialità già sviluppate e cresciute, può essere un dominus del territorio? Può definire una strategia di sviluppo locale integrato di lungo periodo? Potrebbe essere Über alles? Un soggetto dominante in un'area popolata da molte istituzioni, molte rappresentanze, molte competenze e da più obblighi formali di decisione? Il GAL, se va bene, si solidifica; non è una struttura da accordo di programma, ma di procedura concorsuale. Ha titolo a definire lo sviluppo di un territorio in nome e per conto di altri soggetti che hanno una potestà istituzionale a farlo? Può fare un lavoro del genere, sapendo che fra qualche anno potrebbe non esserci più a seguito di qualche avvenuto cambiamento? È opportuno su questo riflettere, laddove il GAL non è un delegato assoluto dei soggetti istituzionalmente competenti a fare sviluppo, fermo restando che vi sono non solo diversi soggetti locali a fare sviluppo: il PON sull'Istruzione non può essere che nazionale. Abbiamo dei punti decisionali molto diversi fra di loro, abbiamo politiche territorialmente definibili, ma molte altre che non lo sono, con il GAL che dovrebbe intercettare tutto questo, divincolandosi fra mille possibilità e scelte, trovando una strada di sviluppo locale complessivo. Può essere il GAL un soggetto che si siede al tavolo con gli altri proponendo complementarietà fra strumenti differenti?

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Può servire un GAL che sia esclusivamente un esecutore secondo il modello PIT o il modello 2007-2013, attuatore di una misura, con bandi per legge preconfezionati in un comitato di sorveglianza regionale e poi realizzati in un territorio? Sono queste le tre vision possibili dei GAL? La prima, se vogliamo, è un desiderata abbastanza diffuso (dateci le chiavi e ci pensiamo noi); la seconda è l'integrazione; la terza è la storia. Vi è poi l'altro grande dubbio: se un GAL debba fare solo sostegno agli investimenti o debba fare delle azioni di creazione di rete. Sono due visioni abbastanza diversificate. Ora, permettetemi di ricordare un'esperienza che abbiamo fatto proprio con i GAL e con INEA, nel tentativo di riuscire a capire dove fare i GAL, e cosa fare con essi. Abbiamo fatto un world cafè: sei gruppi attorno a sei tavoli sulle sei priorità. Abbiamo chiesto ai GAL perché si dovesse fare qualcosa sulla competitività, come e dove si dovrebbe fare. Sul come è stato molto interessante: in moltissimi hanno detto basta alla creazione di strutture e agli investimenti materiali, manifestando l'esigenza di una messa a sistema del fatto e del già esistente, per un nuovo ruolo di rete di soggetti. Questo implica certamente molta concretezza di azione, azioni di sistema, un collegamento come "fatto" che appunto colleghi attività distinte e separate. Nell'ultimo periodo abbiamo mancato completamente sul collegamento: molti agriturismi, molte micro imprese, ma la rete non è esistita come must. Non avevamo lo strumento giuridico, non avremmo saputo come farlo. Avevamo l'obbligo di fare integrazione con il collegamento fra azioni, ma sostanzialmente ci mancava la benzina nel motore. Occorre poi ragionare su cosa dovrebbe fare il GAL. Specializzato (più settore, meno territorio)? Un GAL agricolo? Un GAL impresa? Un GAL a servizi? Una dimensione meno attenta al territorio pluribisogno, ma orientata verso il settore, che potrebbe anche non coprire il territorio. O un GAL interessato a molti campi differenti? L'esperienza pratica ci ha insegnato che ci vuole più competenza, intesa come delega a fare. (Chi di voi ha avuto esperienza, sa che per lavorare sui servizi, occorre interfacciarsi con tutto il sistema dei Piani Sociali di Zona). Per poter fare un passo robusto su questo, occorre avere più competenza e anche competenze tecniche, non facili e costose, che per tale natura potrebbero diventare elemento di freno. Agricoltura o resto del mondo? Non dimentichiamo che sino ad oggi abbiamo venduto una politica territoriale attraverso una forma strutturalmente settoriale. Lo sviluppo rurale è un sottoinsieme dello sviluppo agricolo, ma ha l'ambizione di essere il contenitore dell'intervento agricolo. Rimane nei fatti un sottoinsieme, concettualmente, formalmente e nei fatti. Ogni volta che parliamo di programmazione per lo sviluppo rurale, si richiama la destinazione dei fondi al campo esclusivo dell'agricoltura. È questo il problema: stiamo facendo un'azione territoriale all'interno di uno strumento che è settoriale. Certo, la logica di un GAL plurifondo lo svincolerebbe, ma esso rimane legato al ceppo del FEASR, al ceppo dello sviluppo rurale. Questi non sono giudizi di valore, ma riflessioni in libertà. 30


Dove. La logica più elementare è dovunque. Ma siamo sicuri che tutti hanno un bisogno che il GAL può soddisfare? O ci sono territori maturi che necessitano, ad esempio, di un sostegno agli investimenti delle imprese diretto o di organizzare esclusivamente una filiera di produttori? Occorre ragionare anche su questo. Territori grandi o piccoli? Se un GAL è dominus, deve muoversi su numeri importanti: è un'opinione che alcuni hanno. Una grande massa critica significa mixare bisogni differenti. Diversamente, c'è l'ipotesi di un GAL a piccola massa, non dispersivo, con una maggiore incisività di azione, ma il GAL rimane uno dei componenti del territorio che spesso ha realizzato molte cose già dimenticate, perché piccole e distribuite. ITI, Aree Interne. In competizione con le altre politiche? Una politica di filiera, in questa regione, può essere fortemente territorializzata. Se ci sono dei luoghi in cui aggredire le problematiche di sviluppo, fondandoci sull'elemento di competitività principale, che potrebbe essere l'agricoltura, dobbiamo riuscire a capire se il GAL può avere un senso come intervento in quella tipologia di territorio. La questione è dove realmente intervenire. Significa identificare le aree realmente rurali: ciò introduce un problema non agevole di zonizzazione e di definizione della ruralità. Questi i miei liberissimi pensieri sull'argomento, che recuperano il molto detto dai GAL e di qualcosa che c'è già nell'Accordo di Partenariato. Privilegiamo le azioni di rete, collegando le cose già fatte? Ci concentriamo su tematismi molto specifici e territoriali, laddove esistono, evitando azioni generaliste? In questa ipotesi, in alcuni luoghi privi di specificità non ha senso farlo. Anche questo si dovrebbe considerare, non mancando altri strumenti e altre politiche di sviluppo. Forse, cercare un'azione e un approccio plurifondo, che tuttavia non appare in cima alla lista della volontà pubblica, per azioni di sistema. Forse, sperimentare nuovi processi e nuovi modelli di sviluppo. I molteplici che abbiamo provato, hanno funzionato? Un processo partecipativo, un modello di sviluppo nuovo, che possa essere differente da quanto pensato, che guardi alla qualità della vita in senso lato come fenomeno di attrattività sociale, un qualcosa di visibile come modello efficace. 31


Forse, anche il consolidamento. Forse il GAL, indipendentemente dall'acronimo identificativo, dovrebbe diventare una struttura che si solidifica, per essere non il soggetto decisore, ma il luogo, la piazza aperta dove le persone possono esercitare una partecipazione vera e costante nel tempo, per affermare una propria volontà di azione. Ciò significa una programmazione come processo stabile, secondo una logica che appartenga alla collettività, in modo che il GAL diventi del territorio. Forse, in questo modo si avvierebbe la corresponsabilità, nella logica dei tematismi. Per fare questo, è necessario coinvolgere tutti i soggetti con competenza territoriale. Se la Regione, la Provincia, i Comuni, gli Ambiti, fossero nel GAL nella veste di portatori di idee, lo stesso GAL potrebbe avere una dimensione anche maggiormente condivisa. Per certi versi, è tutto molto utopico, ma il problema è: raggiungiamo l'obiettivo perseguendo delle dichiarazioni di principio? Se proviamo a giocare una partita in un modo diverso, potremmo forse raggiungerlo. In definitiva, occorre osare. Osare molto. Scendere dal carro della gestione della risorsa, del sostegno agli investimenti, per appropriarsi di un ruolo molto più efficace, probabilmente in termini di sviluppo. Infine, un cenno a quello che sta maturando. Uno dei principi lanciati è che probabilmente l'esperienza dei 25 GAL in questa regione è troppo robusta, che 300 milioni di euro forse sono stati tanti, che occorrerebbe concentrare luoghi ed azione (siamo lontanissimi dal dire dove e chi), ma se questi mai fossero gli scenari, perché figli di una decisione a monte, causata da esperienze non troppo felici, probabilmente questo approccio potrebbe seguire questo orizzonte, anziché rimanere nella forma storicizzata, che significa molto conflitto e molta competizione e risultato contenuto. C'è ancora molto da ragionare attorno a cosa farà il Leader. Inoltre, i regolamenti madre come quello sullo Sviluppo Rurale, hanno bisogno dei regolamenti di esecuzione. Siamo ancora in evoluzione. Il cronoprogramma evidenziato da Raffaele Colaizzo è un cronoprogramma di lettura regolamentare abbastanza forte. L'Accordo di Partenariato, che non è contenitore obbligato dei Programmi Operativi, ma che è maturato in un contesto partenariale nazionale che comprende anche le regioni, dovrebbe essere lo specchio ragionevole dei Programmi Operativi, ma se le due operazioni, come spesso avviene, non vanno di pari passo, potremmo avere dei PO che non sono coerenti con l'Accordo di Partenariato, a causa di una scrittura eseguita da soggetti completamente differenti. Su quella tempistica, dunque, maturo qualche perplessità in più. Non dimentichiamo che questa volta la base giuridica è nata molto dopo. I tempi previsti per l'approvazione di fatto dei PSL sono di vecchissima memoria: due anni. È come se ogni volta resettassimo tornando indietro. In realtà, mi auguro che quei tempi qui diventino due o tre mesi, non due anni. Quella è una cosa che potrebbe andar bene per i neoaderenti, per il mondo che si allarga, che sarà facilitato da una maggiore semplificazione del quadro economico e produttivo. 32


1.4 - Federico Bussi. Definizione partecipata dei macro ambiti di politiche su cui sviluppare sperimentazione durante il percorso L’obiettivo del lavoro è stato identificare le priorità di intervento dei GAL nel prossimo periodo di programmazione, alla luce del quadro presentato dai relatori Raffaele Colaizzo e Pierpaolo Pallara durante la mattina. Il facilitatore ha chiesto a ogni GAL di indicare, sugli specifici supporti per la visualizzazione, al massimo tre ambiti o priorità di intervento. Ognuna di queste priorità è stata chiarita nel corso della discussione e successivamente il gruppo, col supporto del facilitatore, ha raggruppato l’insieme delle priorità in nove aree tematiche e in cinque ambiti di intervento trasversali, non riguardanti, questi ultimi, specifiche aree di intervento ma processi gestionali tipici e critici degli interventi di sviluppo integrato promossi dai GAL. A questo proposito è necessario tenere conto che l’ultimo intervento della sessione mattutina si è incentrato sul ruolo dei GAL nell’ambito della futura programmazione territoriale regionale.

Tabella 1 - Ambiti di intervento prioritari dei GAL: le 9 aree tematiche

Tabella 2 - Ambiti di attività trasversali

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Per quanto riguarda le aree tematiche, il gruppo dei GAL ha identificato nove diversi ambiti di intervento, sebbene sia emerso in modo chiaro che questi ambiti non potranno essere, in linea di massima, trattati singolarmente dai GAL nel loro intervento di sviluppo territoriale ma in modo integrato. Gli ambiti di intervento tematico identificati dai GAL sono i seguenti: 1. DISOCCUPAZIONE GIOVANILE. Questo aspetto, più che un ambito di intervento a sé stante, rappresenta l’impatto auspicato che ogni progetto di sviluppo dei GAL dovrebbe produrre; è noto quanto sia elevato in Puglia questo fenomeno, testimoniato dagli stessi partecipanti quando hanno affermato che fenomeni di spopolamento dovuti alla mancanza di opportunità lavorative, soprattutto nelle aree interne, si sono in anni recenti ulteriormente aggravati (con l’osservazione tuttavia di come le persone che hanno lasciato questo territorio mantengano un forte legame con la loro terra d’origine); l’agricoltura, il turismo e l’artigianato sono i settori, secondo i GAL, maggiormente suscettibili di accogliere nuovi posti di lavoro nel territorio. 2. AMBIENTE E PAESAGGIO. Un esempio di ambito prioritario di un GAL è il progetto ambientale integrato in provincia di Taranto (denominato Green Road): data la particolare situazione di inquinamento ambientale causata dall’Ilva e il negativo impatto mediatico che questa provoca al territorio, il GAL si propone di sviluppare un progetto di sviluppo che abbia nella qualità dell’ambiente il proprio punto di forza e carattere distintivo. Lo sviluppo turistico è il cuore di questa progettualità, sebbene qualità dell’ambiente significhi anche sviluppo dei prodotti enogastronomici tipici (il progetto prevede anche la costruzione di piattaforme logistiche per l’esportazione dei prodotti tipici), delle tradizioni artigianali e interventi di salvaguardia dell’ambiente tout court. La sfida è passare da un modello di sviluppo monoindustriale a un modello di sviluppo diffuso che valorizzi le risorse ambientali e territoriali in senso lato. Per quanto riguarda l’agricoltura di produzione, i rappresentanti dei GAL hanno sostenuto che essa può rappresentare un ambito di sviluppo occupazionale a condizione che i giovani, spesso figli dei “coltivatori diretti” della generazione precedente, acquisiscano le capacità di gestire in modo innovativo le aziende agricole. Le aziende agricole, tra l’altro, possono svolgere un ruolo attivo nella salvaguardia del territorio, e questa richiesta, a detta dei GAL, proviene proprio dalle stesse aziende, soprattutto da quelle gestite da giovani imprenditori. Alcuni partecipanti hanno sostenuto che il prodotto enogastronomico tipico rappresenta un tratto culturale distintivo del territorio: determinati vini o prodotti agroalimentari esprimono la tipicità, l’anima di un territorio e l’obiettivo dei GAL dev’essere di valorizzarli. Anche per quanto riguarda l’artigianato, esistono alcune specificità ed eccellenze (esempio il settore delle ceramiche) che possono costituire un adeguato volano ai processi di sviluppo integrato di quest’area; un ulteriore elemento da definire è il ruolo dei GAL nel prossimo piano paesaggistico regionale: fino a oggi i GAL hanno svolto un ruolo fondamentale nella salvaguardia del paesaggio come elemento definente l’identità di un territorio. 34


3. TURISMO. Un aspetto fondamentale e ineludibile per lo sviluppo turistico è la presenza di rifiuti soldi urbani nel territorio: secondo i GAL, per migliorare la qualità del territorio e liberarlo dai rifiuti è necessario agire, da un lato, sulla cultura degli abitanti e, dall’altro, sulle scelte non sempre oculate delle Amministrazioni locali (es. la costruzione di un inceneritore in un’area destinata allo sviluppo turistico di tipo ambientale); un aspetto importante per lo sviluppo turistico è la cultura dell’accoglienza: gli operatori devono comprendere che una maggiore professionalità e consapevolezza delle risorse del territorio nell’offrire servizi è condizione imprescindibile per il successo. 4. INCLUSIONE SOCIALE. L’intervento ipotizzato dai GAL in questo settore sono le “masserie sociali” vale a dire aziende agricole, funzionanti anche spesso come fattorie didattiche, in cui i soggetti più deboli sul mercato del lavoro (diversamente abili, giovani con svantaggio sociale) possono incontrare occasioni di inserimento lavorativo; tuttavia l’attenzione dei GAL al sociale si sostanzia anche nell’offerta di asili nido infantili a supporto delle istanze di conciliazione tra tempi di cura e tempi di lavoro soprattutto in favore dell’utenza femminile. 5. ITC (TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE). L’adozione di un ambiente tecnologicamente friendly nell’area rappresenta una doppia valenza: da un lato come elemento di attrazione turistica, dall’altro in termini di dotazione infrastrutturale a supporto degli operatori. Non secondario a questo proposito è il tema del “digital divide”, vale a dire il rafforzamento delle competenze, delle capacità e delle possibilità di accesso alla rete e alle nuove tecnologie da parte di segmenti della popolazione che rischiano di restare esclusi dai benefici che queste offrono. 6. ENERGIE ALTERNATIVE. L’adozione di soluzioni energetiche sostenibili è fondamentale per lo sviluppo del territorio, e alcuni partecipanti hanno sostenuto che le Amministrazioni locali dovrebbero dare l’esempio, portando a efficienza energetica gli stabili in loro possesso. Un GAL ha citato l’esempio virtuoso di un’azienda agricola che utilizza le biomasse generate dal ciclo produttivo ai fini energetici, risparmiando sui costi e salvaguardando la qualità dell’ambiente circostante. 7. LOGISTICA E INFRASTRUTTURE. La logistica e le infrastrutture diventeranno sempre più importanti per i GAL: l’importanza strategica delle infrastrutture, legata ai “big players” localizzati in alcune aree (l’Alenia in provincia di Taranto, per esempio), determinano la necessità di coinvolgere anche questi ultimi nei processi di sviluppo partecipativo del territorio. 8. MOBILITA’ SOSTENIBILE. La possibilità di offrire sistemi di trasporto sostenibile è visto dai GAL in una duplice accezione: da un lato un contributo di tipo generale alla qualità dell’ambiente e dall’altro la possibilità di offrire strumenti di mobilità “dolce” anche all’utenza turistica per i suoi spostamenti in loco.

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9. SERVIZI AI CITTADINI. Il concetto fondamentale a questo proposito è che l’amministrazione deve porre il cittadino e non il proprio ente al centro della programmazione: questo produrrà benefici sia per i cittadini dell’area sia per i turisti. Per quanto riguarda invece le aree problematiche di tipo trasversale, queste riguardano: BUROCRAZIA. La elevata farraginosità delle procedure amministrative costituisce un ostacolo importante in vista della predisposizione dei progetti di sviluppo: alcuni partecipanti hanno sostenuto che un approccio burocratico rischia di essere adottato anche dagli stessi GAL nei confronti dei beneficiari degli interventi (“virus burocratico”). ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. Alcuni partecipanti hanno identificato nell’eccessiva presenza della politica (“troppi sindaci”) uno degli ostacoli a un funzionamento più snello ed efficace dei GAL; le esigenze della politica, è stato sostenuto, devono prestare attenzione a specifici interessi locali e mancano di una dimensione temporale di più lungo periodo, incentrate invece sulla richiesta di consenso in occasione del rinnovo dei mandati. COMPETENZE DEI BENEFICIARI. Per quanto riguarda i soggetti beneficiari, è stata rilevata una generale carenza di cultura imprenditoriale e di cultura “del progetto”. GOVERNANCE. I GAL sostengono che non sempre è facile aggregare i diversi soggetti e che manca quella cultura collaborativa (“troppo individualismo”) che può favorire lo sviluppo integrato ed equilibrato di un’area; secondo alcuni GAL questa scarsa tendenza all’associazionismo può essere vinta se si offre agli operatori del territorio una “vision” chiara dello sviluppo del territorio, con obiettivi specifici e mirati. Altro elemento in quest’area è la governance interistituzionale, necessaria laddove, e ciò si presenta spesso nell’attività dei GAL, amministrazioni diverse devono convergere in decisioni complesse attinenti i diversi soggetti del territorio. Un ulteriore aspetto portato all’attenzione della discussione è la scarsa tempestività con cui l’informazione raggiunge i GAL da parte degli organi sovraordinati. ACCESSO AL CREDITO. Molti Comuni e imprenditori privati non hanno potuto partecipare agli interventi di sviluppo promossi dai GAL perché non sono in condizione di fare fronte alle quote di cofinanziamento dei progetti previste dalle regole finanziarie: i Comuni devono sottostare ai vincoli del patto di stabilità, nel caso dei privati invece il vincolo è rappresentato dal difficile accesso al credito offerto oggi dagli Istituti bancari e in generale dalla riluttanza del sistema bancario a prendere parte attiva nei processi di sviluppo.

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2 - Conclusioni Al termine della sessione partecipativa, Raffaele Colaizzo ha ribadito ai GAL le necessità di concentrare le scelte strategiche di sviluppo su un numero ridotto di priorità., secondo i riferimenti della nuova Programmazione. Sono inoltre state date indicazioni per il coinvolgimento, durante il percorso, degli stakeholder ritenuti centrali rispetto alle tematiche che si potranno approfondire. La sessione è stata chiusa da Andrea Gelao, referente della Task Force Puglia per Capacity SUD: dopo una verifica da parte di FormezPA, le aree prioritarie identificate in modo partecipato in questa sessione costituiranno i temi di svolgimento del prossimo laboratorio di progettazione, previsto a Mesagne nei giorni 10 e 11 aprile 2014.

3 – Le immagini della visualizzazione cognitiva La prima parte della giornata è stata accompagnata da una restituzione visuale dei contenuti, eseguita in tempo reale da Fedele Congedo, per l’emersione, in un muro nomade, dell’intero flusso discorsivo.

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In questa pagina e nelle seguenti: il Muro Nomade di restituzione visuale istantanea

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ALLEGATO I - Elenco dei partecipanti 1. Maurizio Giuseppe Antonazzo 2. Daniela Bentivoglio 3. Alessandro Capodieci 4. Antonio Castellano 5. Tommaso Cavallo 6. Emiliano Cazzato 7. Riccardo D’Amato 8. Simonetta Dellomonaco 9. Francesco Donatelli 10. Damiano Franco 11. Francesco Galasso 12. Antonio Legittimo 13. Cristiano Legittimo 14. Fabio Lovaglio 15. Paolo Macchiarulo 16. Cosimo Marrocco 17. Rita Mazzolani 18. Pasquale Angelo Metrangolo 19. Antonio Perrone 20. Felicia Punzi 21. Antonio Rizzo 22. Carla Sannicola 23. Cosimo Paride Santoro 24. Pasquale Scivitiaro 25. Antonio Stea 26. Stefania Taurino 27. Daniele Taurisano 28. Grazia Tagliente 29. Gianluca Zurlo

Animatore Ufficio Comunicazione GAL Capo S. Maria di Leuca Impiegata Ufficio Finanziamenti europei per lo sviluppo rurale GAL Terre del Primitivo Impiegato Ufficio Marketing e Comunicazione GAL Valle della Cupa Impiegato Ufficio amministrativo GAL Isola Salento Assessore Comune di Latiano Impiegato Ufficio Animazione GAL Capo S. Maria di Leuca Responsabile Amministrazione GAL Terra d’Arneo Consulente GAL Terra dei Messapi Vicepresidente GAL Colline joniche Presidente GAL Terra dei Messapi Impiegato Ufficio Attività produttive Comune di Mesagne Direttore GAL Terra dei Messapi Responsabile Ufficio Animazione Comunicazione e Cooperazione GAL Terra dei Messapi Responsabile di Misura Gal Conca barese GAL Fior di Olivi Presidente GAL Isola Salento Direttrice GAL Terre del Primitivo Animatore Ufficio sviluppo locale GAL Terra d’Arneo Direttore GAL Valle della Cupa Impiegata GAL Luoghi del Mito Consulente GaL Terra dei Messapi Animatrice Ufficio Comunicazione e Ricerca GAL Colline joniche Impiegato Settore finanziario Comune di Mesagne Responsabile Ufficio Comunicazione GAL Fior di Olivi Direttore GAL Piana del Tavoliere Responsabile Amministrativo Finanziario GAL Terra dei Messapi Responsabile Ufficio LL.PP. Automazione e Innovazione tecnologica Comune di Francavilla Fontana Responsabile di Misura GAL Luoghi del Mito Consigliere comunale Comune di Sandonaci

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Riferimenti STAFF DI LINEA Elena Tropeano

responsabile di Linea

070 67956202

etropeano@formez.it

Donatella Spiga

staff di progetto

070 67956246

dspiga@formez.it

TASK FORCE PUGLIA Rosa Carlone

rosacarlone68@gmail.com

Fedele Congedo

fedelecongedo@gmail.com

Andrea Gelao

andrea.gelao@conetica.it

Nicola Recchia

nic.recchia@gmail.com

Ornella Cirilli

ornella.cirilli@hotmail.it

Renata Brandimarte

r_brandimarte@yahoo.it

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