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OSSIER VENETO L’INTERVENTO ..........................................9

ECONOMIA E FINANZA

Guido Carella Carlo Sangalli Giorgio Guerrini Walter Cretella Lombardo

STRATEGIE ............................................42 Massimo Pavin Gian Domenico Cappellaro

PRIMO PIANO

RICERCA E SVILUPPO ......................50 Renato Ugo Alessandro Vardanega Luigi Brugnaro

IN COPERTINA.......................................18 Lucio Fedele POLITICA ECONOMICA .....................24 Andrea Tomat Alessandro Bianchi DAL DISTRETTO ALLE RETI ...........30 Enzo Rullani Giuseppe Tripoli Valter Taranzano FEDERALISMO .....................................38 Luca Zaia

IMPRESA E SVILUPPO......................60 Roberto Snaidero Federico e Cristina Cozza Francesco Canella INTERNAZIONALIZZAZIONE ...........72 Paolo Mason e Morena Bragagnolo EXPORT ...................................................76 Renzo Pajaro e Antonio Raffaldi Luca Antonello e Lorenzo Campaner MODELLI D’IMPRESA........................82 Renato Randon, Renzo Bertolini e Remigio Guandalini, Giuseppe Berlato, Raimondo e Nicola Mattiuzzo, Francesco Napolitano, Davide Besnati, Renzo, Pasqualino e Patrizio Comacchio, Alessandro Barbierato, Franco Bellio, Eles Ghidotti, Mauro Moretti e Marcello Di Giacomo, Roberto Remonato , Sandro Destro e Carlo Stoppa, Mirco Stefan, Lorenzo Racca, Mario Casato, Candido Nuopi, Vittorino Pavinato, Giorgio Riolfi, Mattia Andrighetti, Bruno Vallarsa TECNOLOGIE.......................................130 Leone Nardon, Eugenio Schiarante e Marco Zuffolato, Marco Novelli, Stefano Moretto, Federico Tecchio, Silvestro Semenzato, Daniele Carraro, Enrico Speggiorin INNOVAZIONE.....................................148 Massimo Bianchi Vittorino Manfro Carlo Geromin Luigi Amoretti Ivo Fiorese

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MERCATO DELL’AUTO....................160 Massimo Mazza FOCUS VICENZA................................163 Achille Variati Vittorio Mincato Sergio Rebecca POLITICHE AGRICOLE .....................174 Mario Catania Mario Guidi

AMBIENTE SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO...............................180 Giovanni Artico e Guerrino Cravin ENERGIA................................................184 Diego Marani Paola Ferroli Franco Castelli GESTIONE RIFIUTI ............................192 Roberto Alibardi Claudio Caglioni Francesca Zordan Simone Filippi


Sommario TERRITORIO

GIUSTIZIA

LOGISTICA ..........................................202 Gianni Valle

DIRITTO DEL LAVORO....................240 Adalberto Perulli Franca Porto Luigi Perina

TRASPORTI.........................................204 Gianantonio e Marianna Migliorini EDIL VENETO .....................................207 Paolo Buzzetti Paolo Savona Luigi Schiavo Giuseppe Spagnol EDILIZIA.................................................218 Fausto Bonacin Stefano Perini Sergio Frattin Guglielmo Chinellato STRUTTURE........................................228 Fiorenzo Sartor MATERIALI ..........................................230 Eugenio Schiavon e Marco Lazzaro Alessandro Faedo INTERNI ................................................234 Massimo Luca Dario Bertolozzo

SANITÀ POLITICHE SANITARIE...................250 Luca Coletto PROCREAZIONE ASSISTITA........254 Roberto Laganara FARMACI..............................................256 Cesare Benedetti STRUMENTI SANITARI...................260 Gabriele Giovanelli APPROCCIO OLISTICO...................264 Poliambulatorio S. Polo ELETTROMEDICALI .........................266 Gianantonio Pozzato DISPOSITIVI MEDICALI ..................268 Martino Marcolin

ARREDI .................................................238 Gianantonio Segala

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L’INTERVENTO

Per superare il gap produttivo di Guido Carella, presidente Manageritalia

roduttività, questa è la parola che ci perseguita. Sono decenni che in Italia la produttività è in discesa e, più di recente, è crollata. Secondo la Commissione Europea, nel secondo trimestre 2012 l’Italia ha registrato la caduta di produttività più forte nella Ue: -2,1 per cento, dopo lo -0,8 per cento nel primo trimestre. Allora che fare? La produttività aumenta se migliorano le capacità dei fattori produttivi e il loro mix. Più istruzione e conoscenza per le persone, innovazione per i macchinari e organizzazione dei processi. Ma non basta, a tutto questo si deve aggiungere un’organizzazione del lavoro e una gestione sempre più manageriale. Ma per mille motivi nel nostro Paese questa indispensabile modernizzazione è rimasta a metà strada. Abbiamo aziende piccolissime (il 90 per cento ha meno di 5 addetti, il 95 meno di 10 e il 99,9 meno di 250) che non fanno ricerca e innovazione, che non hanno dimensione per fare economie di scala e di scopo, che hanno scarsissima o nulla presenza, competenza e gestione manageriale e quindi capacità organizzativa e gestionale. Abbiamo gap vistosi nella formazione, soprattutto nella sua capacità di sfornare persone con conoscenze allineate a quelle richieste dal mercato. Abbiamo un costo del lavoro e del fare impresa altissimo. A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi decenni siamo stati incapaci di restare o spostare la nostra economia e le nostre aziende nei business a più alto valore aggiunto, dove la produttività e il successo sono meno legati a meri fattori di costo. L’aumento della produttività e del benessere di persone e aziende passano sicuramente per una ridefinizione dei modelli e delle culture del lavoro, in primis

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delle relazioni industriali e del ruolo delle cosiddette parti sociali. Per un forte aumento di presenza, competenza e gestione manageriale in gran parte delle imprese italiane. Ma, e ne è una conseguenza, passano soprattutto dalla diffusione di modelli organizzativi e strumenti volti a migliorare la vita dei singoli e delle imprese. Un cambiamento che per la grande maggioranza di manager e lavoratori italiani (intervistati per Manageritalia da AstraRicerche e Duepuntozero Doxa nel 2012) passa per: valutazione delle persone su merito e risultati (per il 96 per cento dei manager; 88 per cento degli italiani), gestione delle persone per obiettivi (93 e 81 per cento), più formazione (93 e 91 per cento), più gestione manageriale (92 e 72 per cento), più collaborazione e meno gerarchia (87 per cento per entrambi), maggior conciliazione tra vita professionale e personale (85 per cento) e introduzione di programmi di welfare aziendale (77 e 81 per cento). Insomma, il lavoro e il mondo del lavoro che ci servono e meritiamo richiedono una profonda rivisitazione, per non dire rottamazione. Merito, gestione per obiettivi, collaborazione, innovazione, conciliazione tra vita privata e professionale, managerialità e formazione continua sono alcune delle parole chiave per ripartire e raggiungere produttività e benessere. VENETO 2012 • DOSSIER • 9



Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Il valore della legalità di Walter Cretella Lombardo, comandante generale della Guardia di Finanza del Veneto

ombattere l’evasione fiscale è l’obiettivo prioritario della missione di polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza. Il fenomeno danneggia non solo il bilancio pubblico ma anche quelle imprese che, rispettando con correttezza le regole, subiscono la concorrenza sleale di chi sovverte l’etica di mercato. Per questa ragione, l’azione della Guardia di Finanza mira, secondo l’indirizzo dato dal governo, a prevenire e reprimere l’elusione e l’evasione fiscale mediante attività ispettive che puntino a concentrare l’attività sui fenomeni più gravi e pericolosi, come l’economia sommersa, i reati tributari, le frodi fiscali e l’evasione internazionale. Fenomeni che, per caratteristiche e insidiosità, richiedono una più spiccata azione d’intelligence, analisi di rischio e tecniche d’intervento più penetranti e incisive, tipiche di una forza di polizia a competenza generale quale la Guardia di Finanza. In tale contesto uno spazio prioritario viene riservato al contrasto dell’evasione internazionale, mediante il controllo di quei soggetti che trasferiscono occultamente capitali all’estero, delle persone fisiche e delle società che fissano “fittiziamente” la residenza o la propria sede in Paesi a fiscalità privilegiata o che intrattengono rapporti commerciali con società controllate o collegate con soggetti localizzati in centri off-shore. Per perseguire questi obiettivi, la strategia del Corpo si fonda su due direttrici principali, entrambe destinate ad aggredire i patrimoni indebitamente accumulati e a recuperare i tributi evasi: qualità degli interventi e ap-

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proccio trasversale, sulla base di un dispositivo di contrasto basato su modelli di intervento operativo resi più flessibili ed elastici. Nel corso dei primi 10 mesi del 2012, in materia di evasione fiscale internazionale, la Guardia di Finanza del Veneto ha scoperto una base imponibile sottratta a tassazione per oltre 1,8 miliardi di euro. Nel medesimo periodo, ha constatato violazioni alle imposte dirette per una base imponibile di oltre 3,6 miliardi di euro e all’Iva per oltre 262 milioni di euro, individuando, tra l’altro, 577 evasori totali ovvero soggetti completamente sconosciuti al fisco che avevano occultato redditi per oltre 2,6 miliardi di euro. È giusto ricordare però che la lotta all’evasione, in un Paese importante e sviluppato come l’Italia, può e deve essere condotta anche a livello preventivo, diffondendo la cultura della legalità insieme a quella economica. In quest’ottica, è stato di recente varato dal comando generale del Corpo, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il progetto “Educazione alla legalità economica”, finalizzato a promuovere e coinvolgere, nell’ambito dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, un programma di attività a favore degli studenti della scuola primaria e secondaria dove creare e fortificare le radici dell’etica istituzionale. VENETO 2012 • DOSSIER • 15




Š Roberto Broggi

In piedi, al centro, Lucio Fedele, amministratore delegato di Ambre Italia Srl. La societĂ ha sede a Verona e ad Agrate Brianza (MB)


Lucio Fedele

UNO STILE INTERNAZIONALE Quali strategie garantiscono la conquista dei mercati esteri? Nel mondo del lusso e dello stile, l’imperativo è intercettare le tendenze su bacini commerciali tanto diversi quanto distanti tra loro. Il caso della Ambre Italia dalle parole di Lucio Fedele Andrea Moscariello

l lusso genera, nel mondo, un giro d’affari che sfiora i 750 miliardi di euro. Un trend in crescita del 9 per cento rispetto al 2011. A conferma di come il settore rappresenti un concreto volano di sviluppo per un’economia atrofizzata dalla recessione. Ma come si muove, su questo scacchiere, l’Italia? Certo, dagli anni Ottanta, epoca in cui si sono consacrati i grandi nomi dello stile sullo scenario globale, il quadro è mutato notevolmente. Oggi non si tratta più, semplicemente, di espor-

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tare un prodotto. A fare da traino sono le logiche dell’internazionalizzazione e del multi-brand. A confermarlo è anche Lucio Fedele, amministratore delegato di Ambre Italia, la società, con sede a Verona, leader nel campo dell’accessoristica, in particolare degli orologi, cui fanno capo marchi come Yonger & Bresson, Kookai, Zadig & Voltaire e Alviero Martini 1A Classe. Il 2013 di Ambre Italia si aprirà in positivo, forte di un importante ampliamento della rete distributiva, con 1500 negozi clienti, un fatturato di circa 30 milioni a li-

vello retail Italia e di ulteriori 15 sul retail estero. «Un risultato ottenuto grazie a una strategia che ci ha portato a controllare direttamente la nostra distribuzione sui mercati internazionali» sottolinea Lucio Fedele. Perché questo punto è così rilevante? «Essere direttamente presenti sui mercati strategici è il modo migliore per intercettare le tendenze e, di conseguenza, i gusti degli acquirenti. Internazionalizzare non significa esportare, significa presidiare un territorio, con uffici stile, VENETO 2012 • DOSSIER • 19


IN COPERTINA

UN MARCHIO IN CRESCITA na caratterizzazione grafica unica l’ha resa un simbolo dello stile italiano nel mondo. Alviero Martini 1A Classe è un brand che continua a crescere, innovandosi e aprendosi a nuovi mercati. «Questo brand si rivolge all’uomo e alla donna contemporanei - spiega Lucio Fedele, amministratore delegato di Ambre Italia, la società veneta che distribuisce il brand -. Soggetti alla ricerca di nuovi scenari urbani. Questo è l’incipit». Da sempre, Alviero Martini 1A Classe è uno dei marchi su cui il gruppo Ambre Italia investe maggiormente. «Il nostro ufficio stile è in perenne confronto con il team di stilisti di Alviero Martini. Un interscambio di esperienze finalizzate alla creazione di nuove proposte che non devono però tradire l’idea originaria». www.ambreitalia.it

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sedi commerciali, produttive e ge- «Gli imprenditori hanno portato Cina, Brasile e Medio Oriente. In stionali. Avere il controllo diretto delle distribuzioni è la chiave per essere pronti al cambiamento». Come si riflette la congiuntura negativa sulle vostre strategie? «Nonostante il gruppo sia in crescita, la congiuntura ha impattato fortemente sul nostro modus operandi. In Italia si sono accumunate più crisi: dei consumi, di fiducia, creditizia e finanziaria. Da circa due anni, il nostro tessuto imprenditoriale ha assunto un ruolo non proprio, quello di finanziatore del trade. Ma questo è un compito che spetta agli enti creditizi». A cosa si riferisce?

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avanti il sistema dilazionando i pagamenti, rivedendo i margini relativi al retail, facendo sconti alla clientela finale. L’aumento Iva è stato quasi interamente assorbito dalle aziende. Tutto questo non può più funzionare. Occorre ristrutturare le strategie ponendo una maggiore attenzione alle dilazioni che si applicano al retail e contenendo i costi di gestione e produzione». Gli accessori di alta moda, però, crescono. E lo fanno grazie ai mercati emergenti. Lo riscontra anche con i vostri brand? «Assolutamente. A cominciare da

particolare la Cina, negli ultimi dodici mesi, ha sostenuto l’intero comparto. Nel nostro settore, oggi, non ci si può esimere dall’internazionalizzare, dall’avere partner locali con cui strutturare un piano di produzione e distribuzione». Dunque agire direttamente dall’estero? «Certo. Abbiamo aperto filiali a Dubai, Hong Kong, Mauritius, in Francia e in Svizzera. Da Hong Kong, chiaramente, controlliamo e ci adoperiamo per la crescita sul mercato cinese. La sede di Dubai, invece, è rivolta al Medio Oriente. Le Mauritius sono il nostro avam-


Lucio Fedele

80 MLN

IL FATTURATO IN EURO REGISTRATO DAL GRUPPO MONTRES AMBRE SA RELATIVO AL 2011. IN PARTICOLARE, DAI RISULTATI RACCOLTI, EMERGE UNA CRESCITA SUI MERCATI ESTERI

posto per il mondo indiano. Mentre in Francia e Italia controlliamo i mercati tradizionali. In Svizzera, cuore dell’orologeria moderna, manteniamo il fulcro del nostro laboratorio tecnico. Abbiamo veri e propri uffici stile decentrati, sparsi per il mondo, grazie ai quali intercettiamo e interpretiamo i feedback che ci arrivano dai singoli mercati. Portare avanti questa strategia comporta un enorme investimento, abbiamo oltre cinquanta unità soltanto nel nostro staff di designer, ma ci garantisce importanti margini di competitività». Da quali brand attende i migliori riscontri nei prossimi mesi?

«Oltre al brand principale, Alviero Martini 1A Classe, stiamo ottenendo importanti risultati con Zadig & Voltaire, un marchio che in Francia, Germania e Inghilterra è letteralmente esploso. Anche con Yonger & Bresson stiamo registrando un trend positivo. A fare da traino è in particolare la crescita del mercato maschile. L’uomo contemporaneo è sempre più interessato all’accessorio di moda». Due anni fa avete investito 2 milioni di euro per sviluppare un movimento automatico da applicare ai vostri orologi. «La decisione è avvenuta per svincolarci da una società svizzera che vantava, da anni, il monopolio degli automatismi per gli orologi. Creando una nostra automazione ci apriamo anzitutto a nuovi presupposti produttivi, solo per il 2013 abbiamo in portafoglio ordini per oltre 80mila pezzi. In secondo luogo potremo vendere questa nostra innovazione anche ad altri produttori». Il Veneto cosa rappresenta per un gruppo che, oramai, ha un’anima prettamente internazionale? «Resta la nostra casa madre. È qui che abbiamo scelto di insediarci quando abbiamo deciso di aprire in

Italia. Il valore e il potenziale di questo tessuto produttivo è impagabile. Basti pensare ai distretti di Vicenza e di Bassano del Grappa, dove troviamo, ad esempio, ottime maestranze nella realizzazione dei gioielli e degli strumenti di scrittura. A differenza che all’estero, qui in Veneto vige maggiormente la logica dell’indotto. A Verona lavorano per noi, direttamente, una quindicina di persone. Ma sono molte le imprese, e di conseguenza i lavoratori, legate alla nostra attività». Quale ruolo potranno ricoprire gli imprenditori per la ripresa del sistema economico veneto e, in generale, italiano? «Sarà fondamentale. Ma non dipende unicamente da noi imprenditori. La politica, in tal senso, influisce notevolmente. Più si palesano le incertezze e le instabilità a livello governativo, più si bloccano gli investimenti e si inibisce la fiducia nei consumatori. L’auspicio è che nei prossimi mesi la classe politica dirigente possa dimostrare al Paese di avere idee concrete oltre che la volontà di attuare piani utili al risanamento del sistema economico e produttivo. Se ciò avverrà, allora vedrete come i nostri imprenditori sapranno riagganciarsi alla ripresa». VENETO 2012 • DOSSIER • 21




POLITICA ECONOMICA

La strada obbligata dell’export Apertura ai mercati internazionali, innovazione, aggregazione, revisione dell’assetto di governance in senso federalista. Il presidente degli industriali veneti Andrea Tomat identifica gli asset per il rilancio del Veneto e del Nord Est Francesca Druidi

edizione 2012 del Rapporto “L’Italia delle imprese”, realizzato dalla Fondazione Nord Est, offre uno spaccato del sistema produttivo italiano che appare ancora fortemente provato dalla crisi, ma nel quale si intravedono alcuni elementi di positività. Le prospettive dell’economia veneta sono esaminate dal presidente degli industriali della regione Andrea Tomat. L’export resta l’unica ancora di salvezza? «Il 2012 è stato sicuramente l’anno più difficile dall’inizio della crisi. La ricerca ha evidenziato le grandi difficoltà che stanno attraversando gli imprenditori veneti, ma ha anche messo in luce il notevole sforzo che molte aziende stanno compiendo, dimostrando elasticità, velocità e capacità di reazione di fronte a un’economia in continua evoluzione. Sono diverse le imprese che stanno individuando strategie di successo per far fronte alla situazione, riuscendo da sole o “in gruppo” a uscire dalla crisi attraverso processi di innovazione di prodotto e di processo, l’apertura

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verso i mercati esteri e con forme di aggregazione come consorzi, joint venture, network informali e contratti di rete. L’export rimane sicuramente la leva principale per lo sviluppo e la crescita delle aziende. È una fase molto difficile in cui convivono preoccupazione e ottimismo. Per il 2013 i segnali non sono incoraggianti ed è molto difficile fare previsioni. La proiezione sui mercati esteri rimane sicuramente la strada obbligata per mantenere competitività e rispondere a una domanda interna debole, che non riesce a ripartire. Dobbiamo prepararci a resistere a oltranza, impegnandoci a non demordere per difendere quanto siamo stati capaci di costruire in tutti questi anni». Da quali settori e leve il Veneto può ripartire? «Ci troviamo in mezzo a una trasformazione epocale. Le imprese dovranno mettere al centro il capitale umano, per far fronte a un mondo nuovo, che la crisi ha cambiato per sempre. Per il rilancio della nostra economia, occorrerà anche puntare su nuove strategie di

mercato, creando opportunità di investimento soprattutto nei paesi dell’Europa allargata e dei nuovi mercati emergenti. Si stanno ridisegnando le mappe della competizione e l’Italia, e l’Ue, dovranno ricollocarsi all’interno dei nuovi equilibri. Di pari passo, le aziende dovranno adattare le proprie strategie per mitigare l’aggressività competitiva dei nuovi territori e massimizzare le specificità nei nuovi mercati che si verranno a creare. La principale vocazione economica della nostra regione continuerà a essere quella manifatturiera, orientata soprattutto ai mercati internazionali. Innovazione, dimensione d’impresa, internazionalizzazione, filiere, ruolo del web e delle nuove tecnologie: sono queste le leve competitive su cui gli imprenditori devono puntare». Quali sarebbero le principali opportunità di un’eventuale macroregione del Nord Est? «Il Nord Est è già oggi una macroregione, fortemente interconnessa, al di là dei confini geografici delle singole aree. Non si tratta, quindi, di disegnare nuove strutture, ma


Andrea Tomat

Andrea Tomat, presidente di Confindustria Veneto e della Fondazione Nord Est

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ONE BOTUPOLITICA ECONOMICA

L’Europa del futuro sarà sempre più l’Europa delle regioni, o meglio, delle macroregioni che superano i confini amministrativi

di far dialogare più intensamente nalmente stiamo avviando una riquelle esistenti, individuando le piattaforme di interesse prioritario. I sistemi infrastrutturali e logistici, quelli finanziari, la formazione universitaria e i centri di ricerca, il mercato del lavoro, vanno visti secondo un’ottica integrata e vanno gestiti sempre più con l’obiettivo della composizione degli interessi comuni. Quest’area è centrale e strategica per lo sviluppo della nuova Europa; si tratta di una cerniera tra est e ovest, tra nord e sud rilevante per volumi di Pil e per la specificità della propria cultura industriale: la grande concentrazione di piccole medie aziende e lo spirito di impresa, una diffusa vocazione manifatturiera». Autonomia e riordino delle province restano temi caldi. Quale assetto per il futuro? «Dopo trent’anni che se ne parla, fi26 • DOSSIER • VENETO 2012

forma di amministrazione degli enti locali, cogliendo la sollecitazione europea per un’amministrazione moderna, evoluta, poco costosa e molto più efficiente. L’attuale sistema non è sicuramente funzionale alle esigenze di cittadini e imprese: è inutilmente costoso e pletorico e disperde risorse. Se vogliamo elevare ulteriormente la qualità dei servizi, migliorare l’efficienza nella loro erogazione, assicurare una rapida e agile rappresentanza, serve una ristrutturazione intelligente, in chiave federalista, con un rapporto diretto tra cittadini e governance locale, che consenta un maggiore controllo e una gestione delle risorse ancora più efficiente. L’Europa del futuro sarà sempre più l’Europa delle regioni, meglio, delle macroregioni, che superano i confini amministrativi, ottimizzando servizi e

opportunità, sottraendo molte risposte e decisioni ai lunghissimi iter di approvazione a livello centrale, ai veti incrociati e alle sovrapposizioni di competenze. La crisi economica porterà profondi mutamenti nei mercati e negli scambi, accentuando la competizione tra sistemi territoriali». In questo scenario come si colloca il Nord Est? «Auspichiamo la creazione di un polo che coinvolga tutto il Nord Est, una grande macroregione che si presenti con il nome di Venezia, una città con un forte appeal a livello internazionale. In questo senso, il processo di riordino delle Province proposto in Veneto è un grande pasticcio che il governo ci poteva risparmiare. Seguendolo, perderemo tempo e sprecheremo inutilmente risorse. Ci vuole più coraggio. Bisogna abolire le Province, commissariarle per due o tre anni per portarle alla chiusura, trasferendo le competenze a Regione e Comuni e accompagnando il processo con la creazione di Comuni di maggiori dimensioni per diminuirne il numero a un terzo di quelli attuali. Diversamente, tanto vale tenere l’attuale assetto».


Alessandro Bianchi

Nord Est crocevia di sviluppo In uno scenario condizionato da una profonda crisi economica e da un lento riassestamento del sistema regionale migliorano lievemente le previsioni degli imprenditori. Ad analizzare l’andamento della produzione industriale è il presidente di Unioncamere Veneto Alessandro Bianchi Francesca Druidi

l Nord Est si è pressoché sempre rivelato un precursore della situazione economica italiana, nonché un laboratorio per le strategie aziendali più virtuose e innovative. Oggi il territorio continua a risentire degli effetti della crisi: il mercato interno soffre, mentre più rosea è la situazione per quanto riguarda gli ordinativi dall’estero delle imprese di medie dimensioni. Tornano a prendere forma e ad affacciarsi sul dibattito politico istanze legate a temi quali federalismo, autonomia, opposizione al centralismo. L’esigenza di superare l’assetto istituzionale odierno, visto come una direttrice per il recupero di competitività del Veneto, e in generale del Nord Est, è commentata dal presidente di Unioncamere Veneto, Alessandro Bianchi. Come commenta l’andamento del sistema produttivo veneto? «Nel terzo trimestre dell’anno abbiamo assistito a una nuova flessione dei livelli produttivi, -4,9 per cento su base annua, ma la variazione congiunturale (-1,1 per cento il dato destagionalizzato) rappresenta un segnale di decelerazione della contrazione. In una situazione ancora difficile per il settore manifatturiero, è

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Alessandro Bianchi, presidente di Unioncamere Veneto

importante saper cogliere alcuni sintomi che potrebbero portare a un’inversione di tendenza nei prossimi mesi, come le previsioni degli stessi imprenditori, che lasciano intravedere una fioca luce in fondo al tunnel. Dopo una lunga serie di saldi decrescenti, infatti, le aspettative degli imprenditori presentano un lieve miglioramento sia per la produzione che per la domanda, soprattutto quella estera, seppur ancora in terreno negativo, mentre mantengono un trend

decrescente per l’occupazione». Il Veneto vuole tornare a essere la locomotiva del Nord Est e del Paese. Quali sono le prospettive di crescita e di sviluppo nei prossimi mesi? «Per concretizzare questi pallidi segnali di recupero è necessaria la ripresa della congiuntura internazionale. Purtroppo le previsioni rischiano una nuova revisione verso il basso a causa della crisi dell’euro, delle elezioni americane e VENETO 2012 • DOSSIER • 27


POLITICA ECONOMICA

Le aspettative degli imprenditori presentano un lieve miglioramento sia per la produzione che per la domanda

delle prospettive di crescita dei Est potrebbe essere la dimensione economico regionale? paesi emergenti. È il caso dell’economia italiana che, stando alle previsioni diffuse di recente dall’Istat, dovrebbe accusare una flessione del 2,3 per cento nel 2012 e dello 0,5 nel 2013, con ricadute negative anche per il Veneto: il Pil regionale, infatti, subirà una contrazione del 2,1 per cento nel 2012 e resterà piatto nel 2013». Sarebbe favorevole alla creazione di un’eventuale macro regione del Nord Est, con il Friuli Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e Bolzano? E quali scenari si aprirebbero? «Con un bacino di 7,2 milioni di abitanti la macroregione del Nord

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necessaria per fare massa critica, oltre a rappresentare un’importante opportunità di crescita e motore di sviluppo a servizio dell’intero Paese. Con il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige ci sono molti aspetti di omogeneità. Dobbiamo capire che il futuro dell’Italia dipende strettamente dalle condizioni di sviluppo del Nord Est del Paese: non farlo sarebbe un errore, che non ci possiamo permettere in questo momento di crisi». Secondo il governatore Zaia, autonomia e federalismo rappresentano gli antidoti al centralismo. Lei cosa ne pensa? Sono leve irrinunciabili per il sistema produttivo ed

«Il federalismo è essenziale per noi perché premia le regioni che risparmiano denaro pubblico e che sono virtuose; perché permette alle imprese delle aree produttive di avere sviluppo e di non chiudere; perché permette una forte crescita del Pil nelle regioni produttive, che può andare a beneficio di quelle più povere. I dati del debito pubblico e del calo del Pil lo dimostrano. Pertanto chiediamo la veloce attuazione dei costi standard di cui al federalismo fiscale oggi al palo, l’attuazione urgente della riforma titolo V con riferimento agli articoli 116 sul federalismo differenziato e 118, che concerne il federalismo amministrativo».



XXXXXXXXXXX DAI DISTRETTI ALLE RETI

I grandi spazi del mercato estero Lo scenario dei distretti è cambiato e oggi deve fare i conti non solo con il mercato globale ma anche con la crisi economica. Enzo Rullani spiega perché le reti possono essere di supporto ai distretti Nicolò Mulas Marcello

a globalizzazione è ormai un dato di fatto e per questo abbiamo a che fare con un sistema in movimento, formato da reti estese e distretti localizzati. «Quello che era locale – sottolinea Enzo Rullani, docente di Economia della conoscenza e di Strategie di impresa presso la Venice International University – oggi deve essere riposizionato nelle filiere globali; e quello che era materiale, centrato sulla fabbricazione, deve arricchirsi di significati immateriali, uscendo dal sistema locale, troppo focalizzato sulla cultura della fabbrica e troppo lontano dalle grandi aree metropolitane del mondo. Le reti servono a questo». Come sono cambiati i distretti produttivi negli ultimi anni? «In Italia i distretti industriali hanno

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negli anni settanta e ottanta colmato il vuoto che si era creato per effetto della crisi del paradigma di produzione fordista (grande fabbrica, Stato del welfare). Il distretto era, infatti, una forma moderna di produzione, anche se alcuni di essi sono nati da preesistenti attività artigianali: con l’addensamento di centinaia di piccole e medie imprese dello stesso settore nel raggio di pochi chilometri, intorno al “campanile” di questo o quel paese, si realizzavano due vantaggi decisivi. In primo luogo, il distretto, nato spesso dall’outsourcing o dalla crisi di grandi imprese in via di ridimensionamento, mobilitava una forma di imprenditorialità diffusa basata sulle persone e su un’organizzazione assolutamente informale della produzione. È vero che le grandi imprese avevano un vantaggio di scala, ma - secondo fattore de-

cisivo - l’organizzazione distrettuale permetteva ai suoi operatori di conseguire, nonostante le ridotte dimensioni, rilevanti economia di scala in due modi: diffondendo per imitazione le innovazioni e il saper fare tra le imprese distrettuali che operano in campi simili; facendo crescere in loco un sistema di specialisti delle singole lavorazioni e delle singole funzioni della filiera». Oggi qual è la situazione? «Dal 1970 al 1990 il distretto ha dimostrato che anche il capitalismo di piccola impresa poteva crescere in produttività e in produzione, in competizione con altri capitalismi nazionali assai più concentrati e tecnologicamente evoluti, come Germania e Stati Uniti. Ma dal 1990 al 2000 tutto è cambiato e le fortune del capitalismo distrettuale


Enzo Rullani

In apertura, Enzo Rullani, docente di Economia della conoscenza e di Strategie di impresa presso la Venice International University

La globalizzazione dei mercati, ha reso palesi i limiti della forma chiusa del sistema distrettuale

hanno cominciato a tramontare per effetto di due grandi cambiamenti nello scenario competitivo. La globalizzazione dei mercati ha reso palesi i limiti della forma “chiusa”, locale, del sistema distrettuale, salvo che per la vendita del prodotto finito (rivolta all’esterno e spesso all’estero). A sua volta, la smaterializzazione del valore ha legato la qualità dei beni materiali sempre di più al loro significato (innovatività, natura simbolica, esperienze emozionali, imprinting identitario)». In Veneto, dove sono presenti numerosi e importanti distretti, come si inseriscono le reti d’impresa? «Nel Veneto il cuore pulsante del sistema produttivo è rap-

presentato da medie imprese che derivano dalla crescita delle piccole. Si tratta di imprese capo-filiera. In media, i dati di Mediobanca-Unioncamere per l’Italia, ci dicono che le medie imprese “decentrano” fuori dei loro confini proprietari qualcosa come l’80 per cento del valore della produzione che vendono ai loro clienti: lo fanno attraverso acquisti di materie prime, energia, lavorazioni conto terzi, semilavorati, componenti, conoscenze, servizi. Questa rete che si protende dalle medie imprese verso l'esterno - sia per acquistare che per vendere - è solo in parte racchiusa nel sistema locale: in realtà essa si estende sempre di più verso i grandi spazi del mercato esterno, guardando al mercato globale. Del resto anche le imprese minori che vogliono innovare seguono la loro traiettoria». VENETO 2012 • DOSSIER • 31


RETIDISTRETTI DAI D’IMPRESA ALLE RETI

Strumenti per le pmi Le piccole e medie imprese vanno agevolate sul piano burocratico e incentivate a fare rete. A sostenerlo è Giuseppe Tripoli, il quale illustra come le pubbliche amministrazioni e le associazioni di categoria debbano continuare a collaborare Nicolò Mulas Marcello

ul piano della semplificazione burocratica per le piccole e medie imprese qualcosa si sta muovendo: «A breve – spiega Giuseppe Tripoli, garante per le micro, piccole e medie imprese – prenderà il via l’Agenzia per le imprese, che certificherà molte pratiche amministrative evitando in questo modo una parte significativa dei controlli pubblici come avviene per l’amministrazione finanziaria nel caso dei Caaf». Burocrazia e crisi economica rendono ancora più difficile l’esistenza delle pmi. Cosa si sta facendo a riguardo? «Sappiamo bene che la burocrazia è il primo nemico delle pmi. Gli oneri amministrativi ammontano a 23 miliardi di euro l’anno, mediamente 5.200 per impresa. Anche l’Ue ha messo questo aspetto in primo piano, promuovendo un sondaggio pubblico per individuare i 10 atti legislativi europei più onerosi per le pmi e intervenire per modificarli. In questi mesi il governo ha fatto diverse cose: ha introdotto la possibilità di costituire una Srl a capitale ridotto o semplificata con costi decisa-

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mente inferiori, ha esteso l’uso della posta elettronica certificata a tutte le società; dal prossimo anno anche le imprese individuali saranno dotate di questo strumento

per potersi relazionare velocemente con la pubblica amministrazione azzerando i costi. In questo modo utilizzare la firma digitale sarà più facile sia per sotto-

Giuseppe Tripoli, garante per le micro, piccole e medie imprese


Giuseppe Tripoli

scrivere atti e documenti da inviare alla Pa sia nelle transazioni commerciali per la costituzione di una rete di imprese. La decertificazione, cioè l’obbligo di non produrre più alla Pa certificati rilasciati da un’altra amministrazione, come ad esempio il certificato antimafia o quello di iscrizione al registro delle imprese, facilita l’impresa attraverso l’interoperabilità della pubblica amministrazione». Qual è attualmente la situazione italiana per quanto riguarda i contratti di rete?

«Sono 464 i contratti formalizzati per oltre 2.500 imprese partecipanti; dunque 30 nuovi contratti di rete registrati nell’ultimo anno. Dai dati del nostro ultimo monitoraggio di fine ottobre emerge chiara l’attenzione con cui le imprese guardano al contratto di rete. Abbiamo pensato che lo strumento del contratto di rete fosse quello giusto per “invogliare” a dare continuità strategica alla miriade di collaborazioni informali che già caratterizzano la vita quotidiana delle nostre pmi. Mettersi insieme significa restare competi-

tive, penetrare maggiormente nel mercato italiano ed estero, promuovere assieme un marchio comune, poter acquisire assieme managerialità - si pensi alle figure dell’export manager o del responsabile finanza aziendale - altrimenti troppo costose. Più del 70% delle imprese dichiara che l’avervi aderito ha comportato il mantenimento o la crescita dei propri livelli di fatturato, elemento certamente non trascurabile in una fase di difficile congiuntura come quella che stiamo vivendo». Le reti d’impresa stanno superando i distretti? «Le reti non superano, ma contribuiscono all’evoluzione in corso nei distretti. La rete tra imprese è una delle modalità con cui i distretti possono aprirsi alle necessarie collaborazioni extraterritoriali a fronte di dinamiche di produzione e subfornitura di beni e servizi che abbediscono a logiche e traiettorie sempre più globali, o “glocali” come spesso si dice. Le reti di impresa stanno avendo una buona diffusione anche all’interno dei distretti, dove è storicamente presente un ricco tessuto di relazioni reticolari informali tra i diversi attori delle filiere produttive VENETO 2012 • DOSSIER • 33


RETIDISTRETTI DAI D’IMPRESA ALLE RETI

464 I CONTRATTI DI RETE FORMALIZZATI FINO A OGGI PER OLTRE 2.500 IMPRESE PARTECIPANTI

locali. Tra le imprese manifatturiere nei rapporti con le banche? che partecipano a reti di impresa, poco più di un quinto appartiene a uno dei 139 distretti industriali mappati dal servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. Le imprese dei distretti hanno stipulato contratti di rete con imprese locali, ma anche con imprese localizzate in altre province, o addirittura esterne alla regione, superando la dimensione distrettuale e ponendo le basi per la costruzione di solide collaborazioni a livello nazionale: non a caso, oltre 1/3 delle reti a cui partecipano le imprese distrettuali sono pluriregionali». Le reti riescono a superare in maniera più efficace le difficoltà

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«Non ancora. Sono poche le banche che considerano un plus di merito la partecipazione dell’impresa al contratto di rete, o hanno proposto strumenti finanziari ad hoc per le imprese in rete. Infatti, il 60% delle imprese ritiene che la banca dovrebbe valorizzare maggiormente la partecipazione dell’impresa alla rete. Il sistema bancario deve svolgere, a mio avviso, un ruolo attivo nel favorire lo sviluppo di nuove reti e, soprattutto, nel sostenere e nell’accompagnare le imprese lungo tutto il percorso di collaborazione in rete, partendo dalla fase pre-costitutiva, soste-

nendone l’avvio e fornendo supporto nella realizzazione del progetto in rete. Per tante piccole e medie imprese la banca è ancora vista come il principale partner con cui pianificare, non solo finanziarimente, l’accesso ai mercati esteri o l’accelerazione dei processi di internazionalizzazione e di innovazione. Questa richiesta di partenariato è più marcata tra le imprese di piccole dimensioni e meno strutturate. Peraltro, le attese di efficacia della rete aumentano significativamente soprattutto per le imprese che vedono nella banca un possibile promotore e facilitatore dei processi di internazionalizzazione e innovazione».



DAI DISTRETTI ALLE RETI

L’arma vincente dell’aggregazione La crisi continua a mordere le imprese ma sul piano della competitività internazionale i distretti italiani continuano a fare scuola. Valter Taranzano spiega come le realtà distrettuali cercano di reagire alla recessione Nicolò Mulas Marcello

distretti restano lo zoccolo duro dell’Italia imprenditoriale. Sul piano della competitività, a livello internazionale questo sistema ha prodotto importanti risultati negli ultimi anni. «I nostri – spiega Valter Taranzano, presidente della Federazione dei distretti Italiani – dimostrano ancora una volta non solo di resistere a una fase recessiva, ma anche di anticipare le tendenze e di rappresentare un modello di riferimento. Un esempio per le modalità di interazione e collaborazione tra imprese, per la propensione a investire, per l’accesso a nuovi mercati, per la capacità di amalgamare ruoli differenti e generare nel contempo processi produttivi e organizzativi con un elevato grado di innovazione e, infine, per la vocazione alla sostenibilità».

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Valter Taranzano, presidente Federazione Distretti Italiani

È possibile trarre un bilancio del sistema dei distretti nell’ultimo anno? «È ancora presto per stilare un bilancio sul 2012. In linea di massima possiamo anticipare che l’andamento è stato lo stesso dell’anno precedente: si è registrata una crescita, che però non ha avuto il conforto della continuità. Inoltre, sebbene l’export abbia ormai un ruolo determinante, è una variabile che da sola non è in grado di innescare un’inversione del ciclo. Così per i distretti permane una situazione in bilico. Vi è poi un secondo aspetto, quello finanziario: mezzi liquidi insufficienti,

difficoltà di recupero dei crediti commerciali, difficoltà a ottenere finanziamenti dalle banche a causa della crisi finanziaria. Tutti elementi che non rendono sereni i nostri imprenditori». Lo svilupparsi dei contratti di rete ha influito in qualche modo sulla salute dei distretti? «Certo, l’aggregazione è ormai una chiave di volta dello sviluppo dei distretti e i contratti di rete hanno dato forma giuridica a questa strategia. In futuro i distretti dovranno sempre di più fare gruppo se vogliono competere con i mercati globalizzati. Gruppi sinergici tra loro, collabora-


Valter Taranzano

I distretti dovranno sempre di più fare gruppo se vogliono competere con i mercati globalizzati

tivi, destinati a creare una filiera del territorio. I contratti di rete sono uno strumento idoneo per finalizzare queste intenzioni». Il Veneto è una delle regioni italiane con la più alta concentrazione di distretti industriali. La crisi economica ha influito in maniera significativa anche qui? «Certo che sì. La crisi sta influendo negativamente dappertutto, quindi Veneto compreso, dove distretti come quello dell’oro, della scarpa, del mobile o della meccanica stanno vivendo momenti turbolenti. In compenso c’è quello del food che sta andando molto bene, grazie soprattutto alla vocazione all’export di questo tipo di realtà». Ogni anno l’Osservatorio nazionale sui distretti italiani produce un rapporto che aggiorna sullo scenario distrettuale.

«Sì, stiamo lavorando sulla quarta edizione del nostro rapporto, la cui presentazione è prevista per marzo 2013. I distretti rappresentano una peculiarità organizzativa del sistema industriale italiano che il mondo ci invidia, un sistema che esiste da molto prima delle definizioni normative. L’Osservatorio nazionale sui distretti italiani è nato tre anni fa per diventare la banca dati delle realtà distrettuali presenti nel nostro territorio, reti in continua mutazione che si sviluppano e si modellano con l’evolversi della situazione economica. Dalla prossima edizione, inoltre, potremo contare sulla collaborazione di Unionfiliere, l’associazione delle Camere di Commercio per la valorizzazione delle filiere del made in Italy, che ha avviato con Federdistretti un percorso destinato alla fusione». VENETO 2012 • DOSSIER • 37


XXXXXXXXXXX FEDERALISMO

Il Veneto punta al federalismo differenziato Il governatore Luca Zaia la definisce «una rivoluzione pacifica che avviene nell’alveo della Costituzione». È il progetto sul federalismo a costo zero lanciato dalla Regione Veneto e articolato in tre disegni di legge Francesca Druidi

n federalismo “a geometria variabile” è l’oggetto della proposta della Regione Veneto. Il governatore Luca Zaia ha presentato, lo scorso 13 novembre, i risultati del gruppo di lavoro sul federalismo costituito dalla giunta regionale nel 2010 e guidato da Luca Antonini. Quali i punti salienti e quale il piano di attuazione del provvedimento? «Con la legge si chiede in sostanza allo Stato che conceda l’autonomia a quelle Regioni che già sono pronte a governare virtuosamente le proprie risorse, superando le strutture centraliste e trasferendo alcune competenze, funzioni legislative e amministrative. Una richiesta di autonomia “differenziata” che parte dalla presa di coscienza, molto realistica e pragmatica, di un fortissimo divario tuttora esistente tra Nord e Sud. Il Veneto è pronto a governare autonomamente il territorio, perché è virtuoso: chiede, dunque, che questa realtà di fatto abbia un riconoscimento legislativo che gli dia la possibilità di farlo. Il tutto senza stra-

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volgere alcunché e a costo invariato, semplicemente applicando fino in fondo la Costituzione. Avanziamo questa richiesta attraverso tre disegni di legge che devono essere prima vagliati del consiglio regionale per poi passare all’esame del Parlamento». Cosa e come dovrebbe cambiare l’assetto di governance del territorio veneto? «Il primo disegno di legge si focalizza sull’attuazione dell’articolo 116

della Costituzione, attraverso il quale possono essere attribuite nuove competenze legislative per il Veneto. Questo riassetto delle competenze, peraltro, è stato elaborato ripensando i nostri obiettivi strategici. Per intenderci: oggi non ci interessa tanto avere i giudici di pace, quanto piuttosto poter decidere come e con quali risorse governare il nostro sistema di istruzione, in particolare quello universitario. Noi sappiamo cosa serve a


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Luca Zaia, presidente della Regione Veneto

questo territorio in termini di formazione e ricerca e vogliamo collegarlo maggiormente al suo sviluppo sociale, economico, culturale. Per poterlo fare abbiamo bisogno di autonomia. Naturalmente, uno dei punti chiave di questo decentramento ruota attorno al federalismo fiscale, che consente il finanziamento delle nuove competenze legislative: non bisogna dimenticare che l’Italia ha già legiferato in materia, si tratta ora di dare piena attuazione alla riforma. E la nostra proposta vuol essere anche uno stimolo in questa direzione, ma applicando appunto la “geometria variabile”: lo fanno le regioni che sono pronte, le altre lo faranno quando saranno altrettanto preparate». Per quanto riguarda gli altri due disegni di legge? «Uno riguarda le funzioni amministrative e tocca l’articolo 118 della Costituzione. Il principio e la conditio sine qua non federali-

sta sono gli stessi: potremmo governare meglio di quanto non succede adesso con la gestione centralista. Una delle funzioni che potremmo gestire noi, ad esempio, è quella attualmente in capo alla Sovrintendenza per i beni culturali, cioè a un organo dello Stato. Regionalizzare le funzioni amministrative significa snellire notevolmente la burocrazia: è paradossale che una terra come il Veneto debba essere rallentata proprio dal gravame burocratico, uno dei fattori che incidono più pesantemente sullo sviluppo. Infine, c’è la terza proposta, sulle norme per la tutela dei lavoratori veneti e il potenziamento dei servizi sociali sul territorio. Rientra nel percorso che ho appena delineato e riguarda più da vicino quel residuo fiscale, veneto e delle altre regioni virtuose, che si perde nei rivoli

delle contribuzioni statali con la cosiddetta “solidarietà occulta”, realizzata attraverso numerosi interventi di protezione sociale. Si tratta, quindi, di applicare il principio della territorialità anche in materia previdenziale e sociale». L’autonomia resta un tema portante per il Veneto, sostenuto da istituzioni e associazioni imprenditoriali. Si era parlato, a questo proposito, di referendum popolare. Questa iniziativa legislativa è, dunque, la strada da intraprendere per “prendersela” l’autonomia, come lei stesso ha dichiarato? «La scelta fatta dal Veneto con la proposta di federalismo a geometria variabile è certamente lo strumento più efficace, anche se i tempi non sono brevissimi. È una rivoluzione, ma pacifica perché avviene nell’alveo della Costituzione». Lei è attendista nei confronti del- VENETO 2012 • DOSSIER • 39


FEDERALISMO XXXXXXXXX

Regionalizzare le funzioni amministrative significa snellire notevolmente la burocrazia, uno dei fattori che incidono più pesantemente sullo sviluppo

l’esito finale della riforma delle Province, sulla quale però si è espresso con parole decisamente contrarie. Quali i suoi auspici nei confronti del futuro profilo istituzionale? «Credo che un’operazione del genere richieda molto tempo e non ci si debba limitare a un intervento contabile relativo alle sole province. È un discorso ben più grande, che riguarda il modo in cui si vuole gestire e governare i territori. In ogni caso, bisogna agire in modo da non creare suddivisioni da cui emergano cittadini di serie A e cittadini di serie B. Tra l’altro, la Regione ha presentato ricorso alla Corte costituzionale per conto delle Province. Bisognerebbe aspettare cosa dice la Consulta, 40 • DOSSIER • VENETO 2012

perché se una legge viene bocciata da quest’ultima deve essere annullata. Ci si ritroverebbe nella situazione assurda di portare a compimento una legge che verrebbe poi sconfessata da una sentenza costituzionale. Senza contare che le Province non sono soltanto una suddivisione amministrativa, ma rispecchiano l’identità di intere comunità e territori».



STRATEGIE

Le imprese si affidano ai facilitatori di rete Per gli industriali, l’uscita dalla crisi è ancora lunga. Secondo Massimo Pavin è necessario agire sul cuneo fiscale, sulla produttività e sull’internazionalizzazione come leva per competere sui mercati globali. E Confindustria Padova punta adesso sui “facilitatori” Elisa Fiocchi

Sotto, Massimo Pavin, presidente di Confindustria Padova Nella pagina a fianco “Big5 show”, la più grande fiera del settore edile dell’area del Golfo Persico

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Massimo Pavin

In un anno difficile come questo ci siamo focalizzati su India, paesi Asean e sull’area del Golfo Persico

offre ancora il comparto industriale padovano che nel terzo trimestre del 2012 ha visto scendere l’indice della produzione industriale del 7 per cento su base annua. Nonostante i segnali di vitalità di qualche settore o di alcuni segmenti di mercato, anche le vendite all’estero arretrano e marcano un fenomeno che non accadeva sul territorio dal 2009. «L’affaticamento dell’export, per mesi unico traino della domanda, è l’inevitabile effetto della recessione europea e di una congiuntura internazionale meno tonica» dichiara Massimo Pavin, al vertice di Confindustria Padova. Ma critico è anche il giudizio da parte degli imprenditori che sulla durezza del clima congiunturale non vede tracce di attenuazione. «L’accelerazione negativa del terzo trimestre e le aspettative per la fine dell’anno confermano che la luce è ancora distante e che l’uscita dalla crisi sarà lunga». E non si scorgono segnali di risveglio neppure dal mercato interno. Uno scenario piatto e poco incoraggiante. Come rovesciarlo? «Lo scenario economico è certamente complesso, gravato da forti incognite sul piano politico per il dopo Monti. Un contesto nel quale gli imprenditori chiedono certezze e un intervento che dia sostegno congiunturale e strutturale alla domanda. Lo ripetiamo da tempo:

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quello della crescita è il nodo essenziale in questa fase, almeno quanto gli obiettivi di finanza pubblica. La legge di stabilità può segnare un punto di svolta se abbasserà le tasse sul lavoro, dando più competitività alle imprese e più soldi in tasca ai lavoratori. Ma diluire l’azione non serve, tutte le risorse disponibili vanno destinate a produttività e cuneo fiscale». Temi su cui lo stesso Giorgio Squinzi è stato molto chiaro, denunciando il rischio che le aziende muoiano di fisco. «Questo è vero, è ciò che sta avvenendo nel nostro Paese, perciò crediamo che i tagli fiscali vadano concentrati lì dove servono davvero al rilancio dell’economia, quindi sulla produttività e sulla riduzione del cuneo fiscale, causa primaria dell’abisso tra salario netto e costo del lavoro, che vale il triste record del 53 per cento, contro una media Ocse del 35,4. Sappiamo che la coperta è corta, ma andrebbe assestato un colpo deciso, con la riduzione dell’Irap sulle imprese e degli oneri sul lavoro dipendente, se si vuole avere effetti sulle aspettative, quindi sull’occupazione e sulle scelte di investimento». Come si distribuiscono equamente le risorse? «Abbiamo già detto che siamo pronti a rinunciare a qualsiasi forma di incentivo in cambio di una riduzione netta del carico fiscale. A fronte di ogni euro di sussidio elimi- VENETO 2012 • DOSSIER • 43


STRATEGIE

L’accordo firmato da Confindustria Padova e Banca Antonveneta, per sbloccare i crediti verso la Pa

53% LA DIFFERENZA TRA SALARIO NETTO E COSTO DEL LAVORO IN ITALIA. LA MEDIA OCSE È DEL 35,4%

nato, il governo garantisca una riduzione di dici aziende del comparto edilizio alla più pari importo del cuneo fiscale che beneficerebbe tutte le imprese e i lavoratori». Quali strumenti e processi di internazionalizzazione saranno attivati in futuro per sostenere la competitività delle pmi sui mercati? «Le aziende che battono la crisi sono quelle capaci di proiettarsi all’estero, di allargare i confini oltre l’orizzonte del mercato europeo, eroso dalla recessione, per intercettare la domanda potenziale dei nuovi mercati emersi o emergenti. Per l’associazione questo vuol dire impegno a favorire la presenza del maggior numero di imprese in queste aree, a rafforzare le filiere, a favorire le aggregazioni intorno a medie imprese globali che trascinano l’intera catena del valore. In questo modo si dà una risposta e si aprono opportunità anche alle piccole imprese della subfornitura industriale, oggi in difficoltà perché operano prevalentemente sul mercato interno». Quali mercati si dimostrano particolarmente interessanti per favorire la crescita? «In un anno difficile come questo, ci siamo focalizzati su India, paesi Asean e sull’area del Golfo Persico. Abbiamo da poco accompagnato una decina di aziende di beni strumentali e alimentari in incontri d’affari in Indonesia e Thailandia e siamo appena rientrati da Dubai, dove abbiamo accompagnato quin44 • DOSSIER • VENETO 2012

grande fiera di settore dell’area». Secondo l’indagine di Confindustria Padova, il 42,8 per cento delle imprese già in rete non rileva svantaggi. Quali opportunità garantisce oggi un sistema di aggregazione? «La crisi ha alzato l’asticella competitiva e stare sui mercati richiede dimensione adeguata, investimenti, offerte integrate. Il 97 per cento delle nostre imprese ha fino a 50 addetti, una dimensione spesso insufficiente per affrontare i processi di innovazione e internazionalizzazione necessari per competere. Dobbiamo unirci e lavorare insieme. Ma bisogna partire con il piede giusto, avere chiare le finalità e gli strumenti, i limiti e i punti di forza della rete. È nata da qui la decisione di Confindustria Padova di mettere direttamente in campo attività di supporto alle aggregazioni con il progetto “FaRETEam”. Un piano biennale articolato in una prima fase di formazione rivolta alla struttura interna, a imprenditori e manager con l’obiettivo di creare un team di “facilitatori di rete” e un luogo di confronto dove cogliere i fabbisogni di aggregazione e stimolare le collaborazioni tra imprese. Il progetto prevede anche la clusterizzazione della struttura produttiva provinciale per identificare i possibili ambiti di aggregazione. Quindi la fase proattiva della promozione di reti e network di imprese».



STRATEGIE

La predisposizione all’export resta alta Nonostante la crisi, le imprese bellunesi non hanno perso la loro vocazione al commercio estero. Gian Domenico Cappellaro spiega come sono cambiate le abitudini degli imprenditori Nicolò Mulas Marcello

l mercato globale è diventato sempre più articolato e complesso, ma le imprese della provincia di Belluno hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi economica sui mercati esteri. Anche la solida tradizione imprenditoriale del territorio, però, deve fare i conti con i problemi dell’accesso al credito: «Le piccole e medie imprese venete – spiega Gian Domenico Cappellaro, a capo degli industriali della provincia di Belluno – continuano poi a registrare difficoltà nei confronti del sistema bancario; la loro richiesta di credito aumenta mentre l’offerta si fa più selettiva. A questo fine Confindustria, sia a livello nazionale che regionale, ha avviato accordi con i maggiori istituti di credito al fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti».

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Parliamo di internazionalizzazione. Qual è l’attitudine al commercio estero da parte delle imprese del territorio? «La provincia di Belluno conta di tante piccole e medie imprese, capaci di competere a livello mondiale anche nei settori più tecnologicamente avanzati. L’indice di propensione all’export nel 2010 è risultato pari al 43,3 per cento, valore nettamente superiore a quello medio veneto, 34,6 per cento, e nazionale, pari al 24,3 per cento. Siamo anche la patria di uno dei distretti industriali più conosciuti e ammirati a livello internazionale: quello dell’occhialeria, le cui esportazioni rappresentano, in valore, oltre il 60 per cento del totale provinciale. I nostri imprenditori hanno saputo col tempo trasformare la fortissima vo-


Gian Domenico Cappellaro

cazione all’export in un reale processo di internazionalizzazione. Senza contare il fatto che oggi essere presenti sui mercati esteri, soprattutto quelli emergenti, è una delle poche strade per sopravvivere a questa durissima crisi. Purtroppo le nostre pmi scontano ancora il gap delle infrastrutture immateriali. Solo recentemente sono stati sbloccati i primi finan-

ziamenti a favore della banda larga. Ora più che mai il digitale rappresenta un reale strumento per agganciare la ripresa, un moltiplicatore del potenziale produttivo e creativo». La crisi economica ha modificato le abitudini delle aziende bellunesi a rapportarsi con i mercati esteri? «La vocazione all’internazionalizzazione è nel nostro dna. Certamente il quadro competitivo si è fatto più articolato e complesso, ma Gian Domenico le nostre produzioni hanno retto meglio di al- Cappellaro, tre l’impatto della crisi grazie alla maggior ca- presidente di Confindustria Belluno pacità di penetrazione sui mercati internazionali: nel 2009 l’export provinciale è calato del 17,1 per cento, a fronte di più elevate contrazioni accusate sia a livello regionale (21,5%) che nazionale (20,9%). Ma già nel 2010 la ripresa delle esportazioni è stata più intensa a Belluno (+19,7 per cento) che in Veneto, +16,2 per cento, e in Italia, +15,8 per cento. Sicuramente l’economia globalizzata ha reso più evidente a tutti che la consapevolezza che il modello di piccolissima im-

60% LA QUOTA DI EXPORT, SUL TOTALE PROVINCIALE, DETENUTA DAL DISTRETTO DELL’OCCHIALERIA

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STRATEGIE

presa autonoma e autosufficiente, che ha con- missioni commerciali, con incontri b2b nei connotato con grande successo la storia imprenditoriale del Nordest, non è più realistica. Nuove opportunità nascono con l’aggregazione di imprese e di competenze, creando network flessibili ed elaborando strategie di filiera condivise».

Essere presenti sui mercati esteri, soprattutto quelli emergenti, è una delle poche strade per sopravvivere a questa durissima crisi

Per quanto riguarda Confindustria, qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Mettiamo in campo iniziative utili ad agevolare la penetrazione delle nostre aziende nei mercati esteri: dal coordinamento di partecipazioni collettive a fiere in tutto il mondo - spesso affiancate dal sostegno di contributi pubblici che andiamo a intercettare -, dalla pianificazione e gestione di 48 • DOSSIER • VENETO 2012

tinenti e nei Paesi di maggiore interesse, alla realizzazione di “schede Paese” per la migliore comprensione dei relativi mercati. Organizziamo, inoltre, innumerevoli incontri e contatti con esperti commerciali, legali, doganali, finanziari e con ogni altro operatore specializzato nelle diverse problematiche che le aziende associate incontrano nel loro rapportarsi con i mercati internazionali. Ma non basta, oltre a ciò stiamo organizzando una serie di incontri per raccogliere istanze, idee e proposte dai nostri associati. Dai primi appuntamenti risulta chiara la necessità di sviluppare la propensione alla concentrazione. Il rischio che vogliamo evitare è quello che una piccola impresa finisca dentro strutture troppo burocratizzate e poco flessibili. Per questo è necessario mettere ordine e razionalizzare il sistema promozionale italiano all’estero». Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia bellunese? «La situazione è ancora estremamente incerta. Contrazione dei mercati, inefficienza e bassissima competitività nel confronto internazionale del sistema pubblico e delle reti infrastrutturali rimangono i principali problemi che in questo momento penalizzano le imprese. La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni, perché strutturandosi è più facile fare ricerca e innovazione e divenire globali. Inoltre, le ultime rilevazioni congiunturali disegnano una trasformazione del tessuto produttivo che senza perdere di vista il manifatturiero si sta orientando verso un maggior sviluppo del terziario avanzato. Le aziende hanno bisogno di servizi nuovi e flessibili: professionisti dell’import/export, di diritto internazionale, di reti digitali, nonché di esperti di piattaforme mobili di lavoro che rappresentano oggi un importante strumento competitivo per le piccole imprese».



RICERCA E SVILUPPO

Il barometro della ricerca italiana In due presentazioni effettuate nel 2009 in audizione alla Camera dei deputati, Airi ha sottolineato lo scenario duale dell’industria italiana. Da qui la necessità, secondo il presidente Renato Ugo, di politiche modulate per sostenere la ricerca industriale Renata Gualtieri

ello scenario italiano troviamo alcune medie-grandi imprese che sostengono la maggior parte dell’investimento della ricerca industriale italiana, mantenendo masse critiche tali da poter competere a livello globale. Vi sono poi moltissime pmi che di necessità seguono una diversa logica per le loro attività di R&S, essendo carenti in termini di risorse e competenze. «Questo scenario – commenta il presidente dell’Associazione italiana per la ricerca industriale Renato Ugo – è molto diverso da quello della Germania, della Francia e di altri Paesi dove le mediegrandi imprese non solo sono diffuse, ma crescono». Un’indagine svolta da Airi nel 2011 ha indicato che la spesa in ricerca e sviluppo intra-muros e il numero degli addetti delle imprese italiane, pur essendo diminuiti rispetto al picco del 2008, mantengono oggi, i valori raggiunti nel 2007. «È di buon auspicio che, pur in un quadro di crisi, emergano in questi ultimi anni aree di innovazione significative in alcune parti dell’industria italiana. Tuttavia rispetto a Germania, Francia, Regno Unito e Giappone l’impegno finanziario globale rimane sempre insufficiente e non si vedono per il futuro le condizioni per adeguarsi». Qual è il ruolo del Veneto in questo campo? «Quello che caratterizza l’industria veneta è la capacità di sfruttare le innovazioni tecno-

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Renato Ugo, presidente dell’Associazione italiana per la ricerca industriale

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Renato Ugo

logiche nel senso più ampio. Ad esempio nel settore dell’occhialeria, le aziende sono leader mondiali poiché hanno saputo cogliere il meglio dei materiali più avanzati, arricchendoli con l’eccellenza nello styling e con un approccio globale al mercato. È auspicabile che nel Veneto crescano le medie aziende e che si colgano sempre di più le opportunità che vengono dalle biotecnologie e dalle nanotecnologie, anche tramite la collaborazione con università, enti pubblici di ricerca, distretti tecnologici e parchi scientifici, che in Veneto sono di eccellente livello». Come giudica in Italia le sinergie fra scienza e tecnica, tra università, centri di ricerca e industria? E qual è il ruolo di Airi per facilitare la comunicazione tra questi soggetti? «In Italia, a differenza di altri Paesi come la Germania, queste sinergie si sono sviluppate nel passato, tramite rapporti molto persona-

Nell’occhialeria le aziende venete sono leader mondiali poiché hanno saputo cogliere il meglio dei materiali più avanzati

lizzati e meno in termini istituzionali. La situazione sta cambiando poiché molte università e il Cnr si stanno sempre più attrezzando per rispondere alle richieste d’innovazione delle aziende e per creare start-up. Airi da tempo si è attivata per facilitare questa comunicazione tra pubblico e privato: ha creato Nanotec It, dove si incontrano aziende e strutture pubbliche che operano nel settore delle nanotecnologie. Inoltre, ha fra i suoi soci enti pubblici di eccellenza come il Cnr, l’Enea, la Scuola S. Anna di Pisa e l’Instm, consorzio universitario VENETO 2012 • DOSSIER • 51


RICERCA E SVILUPPO

che opera nel settore dei materiali avanzati, per strategiche e da un marketing aggressivo e di licui il rapporto tra pubblico e privato è istituzionale e continuo». Quali sono gli sforzi richiesti al sistema produttivo per raggiungere livelli di innovazione sempre più avanzati? E con quali strumenti si potrebbe stimolare l’attività di ricerca nelle imprese italiane? «Si deve stimolare la crescita di un maggior numero di medie-grandi aziende di dimensione tale che possano essere considerate, in settori spesso molto specifici, delle mini-multinazionali. Una linea di sviluppo tipica dell’attuale “quarto capitalismo”. Le aziende potrebbero così dotarsi di masse critiche di competenza, di strutture, di ricercatori e di risorse per poter affrontare con successo innovazioni significative a livello globale. È ovvio che ciò non basta per il successo, se il tutto non è sostenuto dalle necessarie visioni

vello internazionale. Lo slogan “piccole-medie aziende crescono” sta divenendo in molti casi una realtà. Lo strumento più efficace è un credito d’imposta significativo e continuativo». Quali gli spunti più interessanti emersi nella Giornata Airi per l’innovazione industriale di quest’anno? «Si è discusso sul sostegno pubblico alla ricerca industriale. Pur apprezzando la volontà del governo di adeguare il Paese alle nuove tecnologie digitali per diminuire il digital divide di cui soffre l’Italia, i soci di Airi hanno ribadito l’importanza di sostenere anche il settore manifatturiero, che è quello che attualmente è alla base di gran parte dell’esportazione e che richiede un’innovazione tecnologica continua per essere competitivo sui mercati internazionali». All’evento è abbinata la consegna del Premio Oscar Masi. Quale caratteristiche Le università e il Cnr si stanno attrezzando sono state premiate in queper rispondere alle richieste d’innovazione sta edizione? «Si tratta di un riconoscimento delle aziende e creare start up importante che viene attribuito a una significativa innovazione di processo e di prodotto presentata da un socio, che sia pronta per entrare sul mercato. Nell’ultima edizione è stata premiata un’innovazione di Vinavil che permette di ottenere una gomma da masticare che non si appiccica. Sembra cosa da poco, ma si rivolge a un mercato rilevante e, inoltre, risolve un problema ricorrente di carattere “ambientale”».

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RICERCA E SVILUPPO

Innovare è vitale oggi più che mai nindustria Treviso ha attivato da circa due anni la società Unir, dedicata a promuovere e sviluppare la ricerca e l’innovazione nelle aziende associate con un servizio completo su tutte le fasi di sviluppo dei progetti. Unir si propone di essere un interlocutore che nasce dalle imprese e capace di dialogare con le imprese, individuandone innanzitutto le esigenze e i problemi per poi tradurli in iniziative d’innovazione, di prodotto, processo e servizi. «Vengono così sviluppate – spiega il presidente degli industriali trevigiani Alessandro Vardanega – grazie all’appartenenza all’associazione, le opportunità di fare rete e di collaborare tra imprese, delle relazioni con i

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Nonostante le imprese siano prudenti negli investimenti, vi è sul territorio una percentuale significativa di aziende che sviluppa interessanti iniziative d’innovazione. Ne parla il presidente di Confindustria Treviso Alessandro Vardanega Renata Gualtieri

centri di ricerca in Italia e all’estero e viene facilitato l’accesso ad agevolazioni e strumenti finanziari per lo sviluppo di attività di R&S, che le nostre pmi spesso non conosco o non riescono ad approcciare con successo». Che importanza riveste la ricerca industriale per le imprese e quali sono i settori del tessuto produttivo veneto che più ne necessitano per accrescere la loro competitività? «Consideriamo l’innovazione, in tutte le sue


Alessandro Vardanega

forme, come uno dei driver che possono aiutare il sistema industriale veneto e italiano ad affrontare, e superare, questa fase di prolungata e profonda crisi. Una difficoltà che non è solo congiunturale - come avveniva in passato - ma che è effetto di una trasformazione storica negli equilibri economici mondiali e nelle stesse modalità del fare imprese. È chiaro quindi che innovare diventa, se possibile, ancor più vitale rispetto al passato. Altri driver fondamentali per le imprese sono l’aumentata capacità di internazionalizzazione e lo sviluppo di forme di aggregazione per affrontare meglio le rinnovate sfide competitive che arrivano da mercati a dimensione globale». Qual è a oggi la percentuale delle imprese trevigiane che investono in ricerca? «Il grave momento di recessione rende naturalmente prudenti le imprese negli investimenti, ma in ogni caso vi è una percentuale significativa di nostre aziende, anche di piccola dimensione, che continua a sviluppare interessanti iniziative di innovazione. Occorre pensare a un approccio che non veda l’innovazione solo come invenzione originale o ricerca pura - che non sempre è alla portata delle pmi quanto piuttosto come “innovazione d’uso”. Grazie alla rete possiamo disporre agevolmente di conoscenze “originali”, anche se sviluppate in contesti lontani a costi molto inferiori rispetto a prima. La possibilità di accedere a questi saperi è quindi essenziale, per le imprese e la comunità. Anche per questo la banda larga è un’infrastruttura altrettanto strategica di un’autostrada se non di più».

L’università privilegia la ricerca pura mentre l’impresa guarda alla ricerca applicata

Come giudica il trasferimento tecnolo- In apertura, gico tra università, istituti di ricerca e im- il presidente di Unindustria Treviso prese locali? Alessandro Vardanega «È un processo che si è intensificato, anche se persistono delle difficoltà di dialogo e nella possibilità di condividere iniziative in comune dove l’università tende in genere a privilegiare la ricerca pura - che è certamente essenziale mentre l’impresa guarda di più alla ricerca applicata e con ricadute nel breve termine. È opportuno affrontare e superare questi problemi e, in ogni caso, vi sono molti esempi positivi in tale direzione. Una via potrebbe essere nella collaborazione con gli spin-off che na- VENETO 2012 • DOSSIER • 55


RICERCA E SVILUPPO

Driver fondamentale per le imprese è lo sviluppo di forme di aggregazione per affrontare le sfide competitive del mercato globale

scono nelle Università, anche a Nord Est, promossi da giovani laureati e docenti per lo sviluppo applicativo di qualche invenzione. Si potrebbe in questo modo creare una nuova generazione imprenditoriale attraverso le startup con il sostegno delle imprese industriali già consolidate che avrebbero un apporto d’innovazione qualificata necessaria alla trasformazione competitiva». Sono attivi sul territorio locale progetti di ricerca industriale particolarmente interessanti? «Sono molteplici e spesso, come si dice, fa più rumore un albero che cade rispetto ai mille fili d’erba che crescono. Pur nella crisi che attraversiamo, ho molto spesso l’occasione di intervenire alle cerimonia di inaugurazione di 56 • DOSSIER • VENETO 2012

nuove sedi produttive di imprese associate della provincia di Treviso e in ogni situazione, in tutti i settori merceologici di cui è ricco il nostro territorio, trovo iniziative d’innovazione, nella produzione come nella gestione organizzativa, che rendono queste imprese capaci di competere con successo nei mercati internazionali, anche i più lontani». Quali gli strumenti che andrebbero più sfruttati per sviluppare una cultura di impresa orientata all’innovazione e quale il personale contributo di Unindustria Treviso? «Certamente è essenziale la leva fiscale, come la nostra associazione ha più volte sostenuto pubblicamente e così come hanno fatto e fanno numerosi Paesi con ottimi risultati. La pressione fiscale sulle imprese e sui cittadini è sicuramente eccessiva e per questo penalizzante sugli investimenti e sui consumi. Sappiamo che una sua riduzione a livelli più accettabili non sarà a breve ma se vogliamo rilanciare lo sviluppo nel nostro Paese occorre adottare almeno degli strumenti che possano promuovere la crescita e le nuove iniziative. Riteniamo, ad esempio, che il meccanismo del credito d’imposta potrebbe essere un efficace strumento di politica industriale proprio per incentivare le iniziative d’innovazione del sistema industriale italiano, valorizzandone le eccellenze, guidarne la trasformazione e così ridargli competitività in ambito europeo e mondiale».


Luigi Brugnaro

La ricerca migliora la qualità della vita «Il nostro standard di vita futuro - dichiara il presidente degli industriali veneziani Luigi Brugnaro - dipende dalla capacità di stimolare l’innovazione. Ed è per questo che è stata posta al centro della strategia Europa 2020» Renata Gualtieri

l vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani, presentando i dati di una recente ricerca che ha messo a confronto diverse regioni europee, ha sottolineato come, su quattro gradi di merito decrescenti, il Veneto e altre cinque regioni del Nord Italia si posizionino al secondo livello e che le pmi, quelle venete assieme a quelle di Lombardia e Piemonte, meritino il gradino più alto della classifica. «A innovare, quindi, siamo bravi – commenta il presidente di Confindustria Venezia Luigi Brugnaro – ma la concorrenza è una scommessa continua che una volta accettata non consente di allentare mai la tensione competitiva». L’ultimo dato disponibile, tratto dall’Annuario statistico della Regione Veneto 2012, che risale al 2009, ci dice che le imprese venete hanno speso 981 milioni di euro in ricerca: circa 1.200 imprese, ciascuna delle quali ha investito un po’ di più di 750.000 euro. Con quali strumenti Confindustria Venezia favorisce le imprese che puntano su ricerca e innovazione? «Gli esempi sarebbero molti, ma mi soffermo solo sulle iniziative più recenti. Abbiamo lavorato assieme alle altre categorie economiche

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per sostenere, attraverso la Camera di Com- Il presidente di mercio, progetti delle aziende di innovazione Confindustria Venezia Luigi Brugnaro nell’Ict, nel risparmio ed efficienza energetica e indetto un bando per la trasformazione delle imbarcazioni che solcano la laguna con motorizzazione ibrida». L’innovazione non è esclusiva della produzione manifatturiera ma riguarda anche servizi, beni o processi di natura diversa. «Sì. Pensiamo al design e come questo sia frutto di uno strano e raro mix di abitudine VENETO 2012 • DOSSIER • 57


RICERCA E SVILUPPO

Stiamo sperimentando, in accordo con l’ateneo veneziano, dottorati di ricerca su progetti da svolgere in azienda

al bello e propensione al nuovo. Il valore ag-

giunto che apporta funzionalità e significati a un oggetto lo trasforma e ne condiziona l’acquisto prevalentemente per il carattere comunicativo. È il segreto alla base del made in Italy, che è diventato tratto distintivo di un intero stile di vita. L’innovazione è, quindi, una leva fondamentale per tutte i settori. Le nuove tecnologie sono talmente pervasive che permettono di fare molte delle cose che ci circondano, meglio o impiegando meno risorse. Basti pensare a cosa significa per una città come Venezia, in termini di attrattività turistica, la fruibilità del suo patrimonio artistico e culturale e quanto questo possa essere favorito con i nuovi mezzi della comunicazione. Il dialogo con i produttori della conoscenza sta alla radice di queste sfide, ma serve 58 • DOSSIER • VENETO 2012

uno sforzo reciproco di condivisione degli obiettivi: da una parte, occorrono convinzione e investimenti e, dall’altra, un’ottica di rimuneratività della ricerca e di tempi adeguati al ritorno dei capitali. Un po’ come quello che succede nelle grandi università americane che ottengono finanziamenti dalle imprese su obiettivi triennali e con regole assolutamente chiare». Quali progetti di ricerca industriale si sono distinti per la loro eccellenza? «Un vanto della ricerca è sicuramente Veneto Nanotech, una struttura di ricerca sulle nanotecnologie che qui a Venezia, nel Parco scientifico Vega, ha i suoi principali laboratori. So che hanno in corso una ricerca particolarmente interessante nel campo del green building: un sistema modulare per coperture edilizie portanti con caratteristiche antisismiche e ignifughe, con proprietà isolanti e con integrato un sistema fotovoltaico, tutto in uno grazie ai prodigi delle nanoparticelle». Come è possibile diffondere una cultura d’impresa volta all’innovazione? «Come associazione stiamo sperimentando, in accordo con l’Università di Venezia, lo svolgimento di dottorati di ricerca su progetti aziendali da svolgersi prevalentemente in azienda. In pratica, l’azienda assume il dottorando in qualità di apprendista e gli affida un progetto, concorda i contenuti con la facoltà di riferimento, si va da ingegneria a biotecnologie. Il laureato porta avanti la ricerca in azienda, ma in stretto collegamento con l’università. Al momento sono una cinquantina i dottorati, ma sono certo che il sistema darà buoni risultati e andrà esteso».



Legno Arredo, un richiamo al Governo “distratto” Il crollo dei consumi ha investito anche questo segmento “dimenticato” dalle istituzioni. Ma FederlegnoArredo non ha nessuna intenzione di stare a guardare. E chiama il confronto con Monti: «Faremo la nostra proposta» Renato Ferretti

umeri da settore trainante e fama da made in Italy affermato non bastano. Il legno arredo rimane una sezione dell’economia italiana di cui si parla poco, se non si tengono in considerazione le eccezioni fornite dagli eventi come il Salone Internazionale del Mobile. È quanto denunciano i più importanti attori del comparto, impegnati a far fronte all’emergenza del crollo dei consumi. Uno di questi è la FederlegnoArredo, cui dà voce il Presidente Roberto Snaidero. «Se consideriamo i numeri della filiera legno arredo – dice Snaidero – salta immediatamente al-

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Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it

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Roberto Snaidero

Giovanni Anzani, presidente di Assarredo

A SCUOLA DI MADE IN ITALY l prossimo settembre 2013, a Lentate sul Seveso (MB), nascerà il nuovo Polo Formativo per i mestieri del legno arredo, un progetto voluto da FederlegnoArredo per rispondere all’urgente bisogno di collaboratori qualificati e aggiornati dalle imprese del distretto brianzolo. Un investimento sui giovani per il recupero di un’artigianalità che ha determinato l’eccellenza italiana nel mercato di riferimento. «Sono soddisfatto – dice Giovanni Anzani, presidente di Assarredo – che la sfida partita quattro anni fa dalle esigenze delle nostre aziende sia finalmente diventata realtà. Grazie alla scuola riusciremo a mettere insieme il mondo del lavoro e quello educativo, aspetti che rappresentano la base del successo del Made in Italy, ma che devono essere rafforzati per vincere le prossime sfide. Per questo avremo sempre più bisogno di tecnici preparati e di esperti commerciali in grado di andare in giro per il mondo a cogliere le grandi opportunità che il mercato offre».

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l’occhio l’importanza che questa rappresenta per il Paese e per il suo tessuto sociale: oltre 70mila aziende, 382mila addetti, oltre 32 miliardi di euro di fatturato di cui 12,3 di esportazioni. Cifre che fanno esigere il massimo rispetto e la massima attenzione. Le istituzioni e il mondo della politica, invece, spesso si dimostrano distratti da altri settori produttivi forse più accattivanti mediaticamente, ma sicuramente meno importanti del nostro». In particolare quale andamento sta registrando il settore e quali le criticità maggiori? «Il “Termometro Vendite”, elaborato a settembre dal Centro Studi FederlegnoArredo, ha rilevato per il 2013 un netto miglioramento del clima di fiducia delle imprese, sostenuto soprattutto dall’export. Ma la situazione del mercato interno è decisamente grave, con una perdita superiore al 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Fino a quando non saranno adottate misure serie a sostegno dei consumi interni penso che sarà difficile operare con l’efficacia che ha sempre contraddistinto le nostre imprese». Quale valore aggiunto offre la Federa-

zione? «La nostra federazione è forse l’unica al mondo che racchiude in sé tutti gli attori della filiera, dalla foresta al prodotto finito. Questo consente alle imprese associate di tenere sotto controllo le eventuali criticità e, quindi, di risolverle in tempi rapidi e con efficacia. Ultimamente stiamo proferendo grandi sforzi per crescere in numeri. Solo con una federazione sempre più forte, infatti, le aziende potranno sfruttare pienamente le grandi opportunità offerte dalla filiera. A questo proposito, aggiungerei che la federazione è intensamente impegnata a sviluppare reti di impresa efficaci affinché le aziende che vi aderiranno potranno operare con sempre maggiore efficacia sui mercati mondiali. È un progetto sicuramente ambizioso, ma sono certo che ce la faremo». In che modo avete agito finora? «La nostra mission consiste nel sostenere il desiderio di fare impresa e lo sviluppo delle realtà associate. Per renderla concreta ci stiamo muovendo su più fronti, nel tentativo di offrire reali opportunità di business in Italia e all’estero. Per quanto riguarda le politiche interne, recentemente abbiamo siglato un accordo con il Gruppo Autogrill, per pro- VENETO 2012 • DOSSIER • 61


IMPRESA E SVILUPPO

Claudio Luti, nuovo presidente di Cosmit www.cosmit.it

32 MLD

IL FATTURATO COMPLESSIVO DELL’INTERO SETTORE LEGNO ARREDO, CON 70MILA AZIENDE E 382MILA ADDETTI

SALONI DI MILANO, CAMBIO AL VERTICE il più importante evento fieristico del mondo per il settore casa e arredo. Il Salone Internazionale del Mobile, che si tiene a Milano da cinquantuno anni, è uno di quegli eventi che rende orgoglioso il Bel Paese. Lo scorso ottobre, l’assemblea di Cosmit, società controllata da FederlegnoArredo che organizza il Salone del Mobile, ha nominato nuovo presidente Claudio Luti che succede a Carlo Guglielmi. «La società – dice Luti – negli ultimi anni ha rafforzato il successo dei Saloni in Italia e nel mondo. Le iniziative di comunicazione e le diverse strategie di marketing attuate hanno rafforzato la presenza di operatori specializzati in fiera. Ora a noi, spetta il compito di dare seguito al successo di questi cinquantun anni di storia dei Saloni e adeguare le scelte strategiche di Cosmit alle esigenze delle imprese espositrici, che si trovano a far fronte ad una crisi ancora troppo difficile».

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muovere sul territorio nazionale l’utilizzo di sistemi costruttivi di legno per la realizzazione e ristrutturazione dei propri punti vendita, mentre sull’estero ci stiamo muovendo con grande determinazione sui mercati più promettenti, tra cui Stati Uniti e Russia. Dall’11 al 16 novembre abbiamo organizzato la terza missione negli Usa con incontri B2B tra dodici aziende italiane ed esponenti dei principali studi di architettura degli Stati Uniti: un’iniziativa che ha permesso di confrontarsi con i maggiori operatori americani». Che tipo di interventi chiedete alle istituzioni e quali sono le urgenze su cui adoperarsi? «In questo momento la priorità è sicuramente il rilancio dei consumi interni. Ecco perché in occasione della conferenza stampa di fine anno (11 dicembre presso il Palazzo delle Stelline, ndr) lanceremo una proposta concreta al Governo per includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento. Questa misura, che parte dal presupposto che l’arredamento è parte integrante e sostanziale della riqualificazione edilizia e del benessere abitativo delle famiglie, non comporterebbe nessun incremento aggiuntivo dei costi per lo Stato già previsti dal decreto. E stimiamo che genererebbe un incremento dei consumi nazionali d’arredamento valutabile nell’ordine del 20 per cento (circa 1,5 miliardi di euro) consentendo un recupero del crollo registrato nel 2011 da questa importante industria del made in Italy».



IMPRESE E SVILUPPO

Innovazione, il vero ingrediente della produttività L’occasione di generare nuovamente produttività è legata inscindibilmente all’innovazione tecnologica, di prodotto e di processo e a moduli di formazione e arricchimento professionale. L’analisi di Federico e Cristina Cozza Nicoletta Bucciarelli 64 • DOSSIER • VENETO 2012


Federico e Cristina Cozza Cristina e Federico Cozza sono amministratori delegati dell’azienda Leaderform di Sona (Verona) www.leaderform.com

iScrivito è un’App che consente di inviare vere cartoline postali personalizzate in tutto il mondo. Unisce l’aspetto social alla stampa e quindi alla nostra esperienza

Italia non genera produttività da 20 anni, ma è il Paese dove il peso del fisco sulle imprese è da record mondiale, al 68 per cento. Sono questi i dati che sono emersi dal recente incontro tenutosi a Palazzo Chigi tra rappresentanti d’imprese, sindacati e Governo. Come ha spiegato Mario Monti oggi il problema è la produttività (da gestire sui luoghi di lavoro) come lo era, prima dell’ingresso nell’euro, l’inflazione (da gestire a livello nazionale). Quello che è emerso dalla recente riunione è come la possibilità di alzare i salari sia molto legata a fasi d’innovazione e di collegamento tra retribuzioni e risultati d’impresa centrati su innovazione tecnologica, di prodotto e di processo e su moduli di formazione e arricchimento professionale. Un altro dato, l’e-Intensity index dimostra quanto ciò sia cruciale se è vero che l’Italia è ferma a meno della metà nella classifica mondiale nel superamento del cosiddetto digital divide. L’intesa diventa quindi un modo per tentare di risalire la china che ha visto l’Italia in arretramento – in termini medi – proprio rispetto all’investimento in innova-

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zione, componente essenziale della stessa produttività di sistema. Ed è proprio sull’innovazione che Leaderform, realtà veneta impegnata nel campo del direct marketing e della business communication, ha da anni deciso di puntare. «Tra ottobre 2011 e giugno 2012 – spiegano Cristina e Federico Cozza, amministratori delegati dell’azienda di Sona (Verona) sono stati investiti circa 5 milioni di euro in tecnologia ed è in costruzione un ampliamento del sito produttivo di Verona che porterà la superficie totale a 15.000 mq per continuare a lavorare tenendo alta l’attenzione su obiettivi, costi, innovazioni e clientela». In che modo le tecnologie sono fondamentali? FEDERICO COZZA: «Le tecnologie sono più che altro delle commodity. A fare la differenza competitiva sono la corretta definizione e la gestione dei processi. Per questo dedichiamo un nuovo servizio con personale specializzato nel favorire questa evoluzione con l’apporto di competenze e la fornitura di servizi avanzati e personalizzati, quali la gestione documentale e la conservazione sostitutiva. I servizi sono erogati in full outsourcing, e permettono fin da subito di raggiungere obiettivi che generano valore, senza farsi carico nel tempo dei rischi e degli investimenti connessi all’acquisto di soluzioni fai-da-te. L’utilizzo di sistemi di gestione documentale necessita infatti di un’attenta analisi dei processi visti come un insieme di attività interconnesse che portano a un ri- VENETO 2012 • DOSSIER • 65


IMPRESE E SVILUPPO

UN MEETING NEL VERONESE PER PARLARE DEI MERCATI DI DOMANI i è concluso da poco il 16° meeting internazionale delle aziende membri del CPX-GROUP. L’edizione autunnale è stata organizzata dalla Leaderform. All’incontro hanno partecipato tutte le 10 aziende (una per Nazione) del Gruppo: Giappone-ISETO Corporation, United StatesDST Output US, Finlandia-HANSAPRINT, Francia-DATA ONE, Thailandia-TKS SIAM PRESS, Spagna-SERVINFORM, Israele-BE'ERI, MaroccoTRAGEM, Gran Bretagna-DST Output UK ed Italia- LEADERFORM. «Nell’incontro – racconta Federico Cozza – si è parlato di stampa digitale evoluta, di comunicazione multicanale e d’innovazione tecnologica. Un momento di condivisione tra le imprese partner che compongono il gruppo, ognuna delle quali è rappresentante per la propria nazione di appartenenza. Noi abbiamo organizzato tre giorni che hanno visto l’avvicendarsi di sessioni estremamente tecniche ad altre che, con uno sguardo concreto al futuro, hanno trattato l’importante tema dell’innovazione e dello sviluppo di nuovi mercati».

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sultato finale di contribuzione alla formazione

di valore per l’azienda». Cosa avete sviluppato nel campo digitale? CRISTINA COZZA: «Per essere competitivi nell’era digitale abbiamo sviluppato un nuovo portale che consente di realizzare e gestire in autonomia una serie di comunicazioni che possono essere inoltrate ai destinatari utilizzando vari canali di recapito. Oltre alle comunicazioni “postalizzate” è possibile realizzare e ordinare

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una serie di documenti generici anche in quantità minime superando il vincolo storico che rendeva poco economica la realizzazione di prodotti tipografici in piccole quantità». E per quanto riguarda iScrivito? F.C: «iScrivito è un’App che consente di inviare vere cartoline postali personalizzate in tutto il mondo, unendo l’aspetto social di questa tecnologia alla stampa e quindi alla nostra esperienza. L’App per Iphone, Ipad e Android sta riscuotendo un notevole successo. La cartolina è personalizzabile anche con sfondi ed effetti ed è scaricabile gratuitamente, pagando esclusivamente la cartolina postale». Quali sono le esigenze che vanno soddisfatte nel campo del direct marketing e della stampa digitale? C.C.: «Le nuove idee che fanno nascere un progetto studiato appositamente con e per il cliente. Identificarsi con il cliente è infatti il fattore determinante e non sottovalutiamo nessuna sua richiesta ed esigenza. Anche se la possibile soluzione non è ancora parte integrante del nostro core business svolgiamo un’attività di analisi e di realizzazione sia per soddisfare la richiesta del cliente che per aggiungere nuovi prodotti e servizi nella nostra offerta commer-


Federico e Cristina Cozza

ciale. Il rapporto con i nostri clienti è dunque costantemente improntato su un piano di proattività indispensabile a entrambe per crescere ed evolversi». Anche i servizi di consulenza sono oggi fondamentali. Quali i più richiesti? F.C.: «Sicuramente la consulenza postale e la personalizzazione estrema della comunicazione su carta e su altri canali di comunicazione. Collaborando con i nostri partner del Cpx Group, con cui abbiamo da poco terminato un meeting importante qui nel veronese, ci siamo resi conto che tante imprese italiane sono ancora piuttosto indietro sotto il profilo della comunicazione e del marketing. Le maggiori criticità su cui intervenire sono la formazione ai clienti sulle nuove tecnologie e possibilità di stampa». Cosa hanno rappresentato gli ultimi mesi per la vostra impresa? C.C.: «Possiamo parlare di un bilancio positivo, con un aumento del fatturato rispetto al 2010 del 7,5 per cento, anche se in termini di fatturato e volumi non abbiamo raggiunto le aspettative d’inizio anno. Dall’inizio del 2012 invece il fatturato è in crescita del 9 per cento, un trend dunque soddisfacente rispetto all’anda-

mento generale del mercato». Dal vostro punto di osservazione quale impatto crede stia avendo la crisi sul settore? F.C.: «Il nostro settore ha risentito molto della crisi ma quello che ci ha consentito di continuare con un andamento positivo, nonostante l’aumento delle tasse, se pur necessarie, che non stanno certo aiutando gli imprenditori, come dimostrato dal recente summit di Palazzo Chigi, è stato l’inserimento di nuovi mercati, come quello delle comunicazioni transazionali per banche, assicurazioni e utilities». Questi nuovi mercati vi hanno permesso di essere maggiormente competitivi. Come ci siete riusciti? C.C.: «Sono le idee che hanno fatto la differenza. Da sempre ci siamo distinti per la forte spinta verso l’innovazione, ora più di prima. Abbiamo aperto un ufficio progetti che studia ed elabora nuove idee e nuovi mercati come quello delle tecnologie mobili e lo studio di nuove applicazioni sulla stampa. Abbiamo instaurato la collaborazione internazionale con Cpx Group. Questo ci permette di scambiare informazioni tecnologiche sull’installazione di nuovi macchinari e ci offre la possibilità di collaborare in caso di richieste da parte di grandi gruppi internazionali vista la potenzialità produttiva del Gruppo. Investiamo molto anche in risorse umane specializzate e sul commerciale che riteniamo sia l’ingranaggio senza il quale non ci sarebbe tutto il resto. Siamo orgogliosi di rientrare tra le poche aziende del nostro settore in Italia ad aver ottenuto, il 27 Giugno, la Certificazione sicurezza informatica Iso 27001:2005 rilasciata da Dnv che insieme alla Iso 9001:2008 e alla Fsc-Coc ci permettono di avere tutti gli accreditamenti per il trattamento di informazioni altamente personalizzate e sensibili». VENETO 2012 • DOSSIER • 67


IMPRESE E SVILUPPO

Gdo, l’importanza della territorialità

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onostante i forti venti di crisi che toccano anche la Gdo, la catena padovana dei supermercati Alì e Alìper si pone in controtendenza raggiungendo, in Veneto, una quota di mercato pari al 14 per cento. Ogni anno vede l’apertura di tre o quattro punti vendita e solo nel 2012 ha creato 370 posti di lavoro. «Questo novembre – afferma Francesco Canella, patròn del gruppo Alì – abbiamo inaugurato il centesimo punto vendita giungendo a un totale di 2.900 dipendenti». In termini di fatturato, qual è stato l’andamento del vostro business nel corso dell’ultimo biennio? «Nel 2011 abbiamo registrato un fatturato di quasi 800 milioni di euro, con una crescita rispetto all’anno precedente del 4,4 per cento a parità di strutture e dell’8,3 per cento in generale. Con oltre due milioni di scontrini emessi in media al mese, la nostra quota di mercato in Veneto è in costante crescita. Questo è dovuto

«Convenienza, qualità e collaborazione con le pmi del territorio sono i tre fattori indispensabili per il rilancio del settore della grande distribuzione». Questo è quanto afferma Francesco Canella di fronte a una situazione critica Valeria Garuti

principalmente all’alta qualità e convenienza dei nostri prodotti e alle politiche territoriali che abbiamo adottato». In che modo avete deciso di puntare sulla territorialità? «La collaborazione con le aziende locali è da sempre il nostro punto cardine. Siamo stati tra i primi a collaborare con Valfrutta e Lattebusche. La nostra filosofia mira a restituire i successi ottenuti alla comunità locale in termini di occupazione e responsabilità sociale. Per combattere la crisi promuoviamo infatti l’offerta dei prodotti italiani e locali, ecosostenibili e che garantiscono sicurezza e rispetto dei valori


Francesco Canella

Francesco Canella, patròn del gruppo Alì Supermercati di Padova www.alisupermercati.it

370 POSTI DI LAVORO CREATI SOLO NEL 2012 DA ALÌ SUPERMERCATI. NEI 100 PUNTI VENDITA DELLA CATENA PADOVANA LAVORANO IN TOTALE 2900 DIPENDENTI

aziendali di professionalità e cortesia. Inoltre siamo radicati nel territorio per il sostegno di iniziative benefiche, sportive e culturali e per le azioni di responsabilità sociale, in cui da sempre interveniamo coinvolgendo anche dipendenti e clienti. Con il concorso a premi 2011-2012 abbiamo raccolto 311.288 euro a favore di iniziative benefiche e 4.955 kit alimentari, consegnati al Banco Alimentare del Veneto Onlus. A questi si sono aggiunti oltre 500.000 euro di sponsorizzazioni a sostegno di associazioni che operano in campo umanitario e sociale». Quanto sono importanti le politiche ecosostenibili per il vostro gruppo? «Nel corso degli anni siamo riusciti a mettere in atto una serie di iniziative che pongono particolare riguardo alla tutela dell’ambiente, di cui siamo molto fieri. La nuova apertura è particolarmente significativa anche perché va a riqualificare e a restituire alla comunità lo spazio di una ex fabbrica di elettrodomestici, che dal 1990 versava in condizioni di forte degrado. Il nostro intervento ha compreso anche la bonifica dell’area dall’amianto presente nella vecchia struttura industriale, oltre alla realizzazione di una rotonda e di una pista ciclabile. Da anni adottiamo concrete scelte ecosostenibili nei nostri punti vendita e nei territori in cui siamo insediati. Per esempio, da settembre

2010 abbiamo messo a dimora 1.876 alberi grazie al progetto “We Love Trees”. Inoltre in tutti i nostri supermercati è attiva la raccolta differenziata per gli imballaggi; utilizziamo lampade a basso consumo; frigoriferi a bassa dispersione di energia; cassette ortofrutticole riutilizzabili e sacchetti per il pane ecocompatibili». Quali sono le criticità che hanno caratterizzato il vostro settore negli ultimi anni? «Le lungaggini burocratiche sono il primo punto critico. Per aprire il centesimo stabile, che ho acquistato negli anni 80, ho dovuto attendere trent’anni per ottenere i permessi. Anche solo per posizionare una cabina elettrica. Molto spesso abbiamo inaugurato i punti vendita servendoci di un gruppo elettrogeno. Inoltre mi spaventa la disoccupazione che dilaga negli ultimi tempi. Lo Stato italiano concede agevolazioni fino all’età di trent’anni, poi più nulla. A mio parere bisognerebbe intervenire con altri sgravi fiscali dai trenta ai sessant’anni». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Vorremmo aprire un altro punto vendita prima della fine del 2012. Per il nuovo anno i propositi sono buoni. Ci auguriamo di riuscire a incrementare la presenza dei nostri supermercati anche in Emilia Romagna». VENETO 2012 • DOSSIER • 69




INTERNAZIONALIZZAZIONE

Moda made in Italy: Brics nel mirino Da piccola azienda a conduzione famigliare alla conquista del mercato internazionale. Paolo Mason racconta l’avventura imprenditoriale con la moglie Morena Bragagnolo: il loro marchio d’abbigliamento ora fa il giro del mondo Remo Monreale

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Paolo Mason e Morena Bragagnolo

Nella pagina a fianco Paolo Mason con la moglie Morena Bragagnolo, titolari di Plissè Spa la cui sede si trova a Piombino Dese (PD) www.plissespa.it

erché non tentare di conquistare i conquistatori? La sensazione sempre più frequente è di essere invasi dai mercati emergenti, come quello cinese: restituire il favore è sicuramente un desiderio di molti imprenditori italiani. E l’obiettivo, nonostante le evidenti difficoltà, non è impossibile come appare a molte aziende che provano i primi approcci al Far East. Lo testimoniano molti imprenditori che di affari ne hanno fatti e continuano la loro espansione non solo in Cina, ma anche in Russia o in Brasile. Tra questi un ottimo esempio è rappresentato da Paolo Mason e la stilista Morena Bragagnolo, che insieme, nella vita privata marito e moglie, hanno creato Plissè, azienda d’abbigliamento che negli anni è riuscita a imporsi in patria con le proprie linee. «Poi – spiega Mason – abbiamo deciso di girare le spalle al così critico e difficile momento economico del nostro Paese. Con molto impegno da parte di tutti i nostri collaboratori, ci siamo proiettati verso i Paesi esteri più strategici, così abbiamo cominciato ad esportare in Francia, Germania, Regno Unito, Usa, Giappone, Spagna, Grecia, Belgio, Russia e quasi tutti i Paesi dell’Estremo Oriente». Ma è davvero così difficile mantenere un mercato in Italia? «Il momento non è dei migliori qui, ma non

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per questo abbiamo disertato il nostro paese. Anzi, per cercare di aiutare i clienti italiani ci siamo inventati di tutto: dagli eventi alle sfilate, fino alla merce invenduta ripresa da noi e trasformata in modo da abbassare al minimo le perdite. Per quanto ci è possibile, quindi, facciamo fronte comune. Ma non potevamo fermarci al mercato nazionale». E che risultati avete ottenuto finora? «Stiamo aumentando il nostro fatturato con un più 20 per cento e abbiamo già dei dati positivi per quanto riguarda la primavera estate, che rispetto all’anno scorso presenta un più 27 per cento. Malgrado tutte le difficoltà, quindi, stiamo reagendo bene sia all’estero sia in Italia. Per questo motivo non abbiamo nessuna intenzione di fermare la nostra espansione». Quali sono i mercati in cui avete registrato i risultati migliori? «Il nostro mercato di riferimento adesso è sicuramente in Russia: da tre anni ad ora siamo a tre milioni di “consegnato”. Ora il prossimo obiettivo è il Brasile, per cui abbiamo dei contatti interessanti e ci stiamo già muovendo grazie alla collaborazione con una export manager e un distributore locale. Un’ottima performance l’abbiamo riscontrata negli Stati Uniti tanto che abbiamo deciso di aprire Plissè Usa. Una scelta maturata dopo anni di presenza a Los Angeles e poi New York. Ab- VENETO 2012 • DOSSIER • 73


INTERNAZIONALIZZAZIONE

biamo capito che il mercato americano (ma

vale anche per molte altre aree) non solo ci chiede la qualità, il made in Italy, vogliono anche sentire l’azienda vicina. Essere vicini vuol dire dare un servizio in più e riuscire a far fronte comune con il cliente in modo più efficace. Possiamo puntare al raddoppio del mercato americano. E poi c’è la Cina». Cina che non è alla portata di tutte le imprese. «Noi riserviamo sempre un budget per fare programmazione per il futuro. Questo ci è servito per dare seguito a un pensiero che ave-

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vamo da quattro anni: è vero che i nostri prezzi sono più alti rispetto a quelli cinesi, ma perché non provare? Abbiamo iniziato a fare fiere e prendere contatti per introdurre i nostri campionari. Finché l’anno scorso siamo riusciti a fare una sfilata durante il periodo della fiera made in Italy a Shangai, coinvolgendo il distributore che avevamo puntato. Da quel momento in poi è stato tutto in discesa, con i primi accordi di budget a disposizione fino al 2015». Quali pensa che siano stati i punti di forza che vi hanno permesso un’espansione di queste proporzioni? «Il fatto stesso di proporre un prodotto italiano è importantissimo. All’estero, ma non solo, capita spesso che chi è colpito da un capo vada inevitabilmente a cercare l’etichetta made in Italy. Da circa quattro stagioni stiamo facendo solo made in Italy e questo ci sta premiando: il gusto e l’accuratezza che ci contraddistinguono a un prezzo giusto ci porta a essere più incisivi all’estero. Sicuramente questo è un altro valore aggiunto, in quanto la nostra strategia non è stata quella di ridurre i prezzi ma di offrire un prodotto migliore e direttamente proporzionato con il prezzo di acquisto». Quali sono le differenze tra l’una e l’altra linea che proponete? «Il giusto prezzo è sicuramente attribuibile a entrambe. Nel 1988 siamo nati con la linea Sfizio che si rivolge a una donna moderna, dinamica, in un’ampia fascia d’età; Beatrice.b si rivolge, invece, a una donna più sofisticata che vuole apparire, ma comunque essere a suo agio in ogni situazione». Quali sono ora i programmi per continuare a incrementare la vostra attività?


Paolo Mason e Morena Bragagnolo

All’estero capita spesso che chi è colpito da un capo vada inevitabilmente a cercare l’etichetta made in Italy

«Riguardo la Cina, quest’anno con la collezione primavera/estate si è registrato un incremento di ordini di quasi il 20 per cento rispetto all’anno precedente, e gli obiettivi per la nuova stagione sono particolarmente ambiziosi. Il distributore della linea Beatrice.b aprirà direttamente un nostro negozio monomarca a Shanghai entro il 2012, mentre per il 2013 sono previste altre due aperture sempre in Cina. Abbiamo progetti ambiziosi anche per la linea Sfizio, per la quale si stanno concludendo degli accordi per l’apertura di corner all’interno di grossi centri commerciali. Inoltre stiamo rafforzando la nostra presenza nelle fiere nazionali e internazionali con entrambi i marchi: Milano Pret à Porter, Who’s Next (Parigi), Cpm (Mosca), Mode Shanghai, Cotery (New York). Inoltre negli USA quest’anno si prevede la presenza del Gruppo anche a Dallas, S.Francisco, Los Angeles e Las Vegas, per dare ulteriore forza e dinamicità al mercato americano. In Russia, invece, sono già aperti tre monomarca Beatrice.b e uno showroom direzionale nel centro di Mosca, mentre sono già attivi due monomarca Sfizio ed entro Marzo 2013 verrà aperto il terzo, all’interno di un centro commerciale inserito in un contesto elitario: un

nuovo concept store di 100 mq, dove il lusso e la freschezza dell’ambiente si mescolano alla figura della donna contemporanea e glam di Sfizio. Infine in Brasile abbiamo progetti di distribuzione delle linee e di apertura di negozi monomarca da definire, oltre alla partecipazione alla fiera Minas Trend Preview». E in Italia? «A Jesolo è stato il primo monomarca, ed è stato un importante banco di prova. In seguito abbiamo iniziato ad aprire altri monomarca, come quello di Caserta, Napoli, Savona, Milano, Terracina, Cagliari e altri». VENETO 2012 • DOSSIER • 75


EXPORT

Nuove iniziative sui mercati esteri La situazione che si registra nelle zone colpite dalla crisi e la contemporanea crescita delle economie di alcuni paesi emergenti porta le imprese a guardare verso nuovi mercati. La parola a Renzo Pajaro e Antonio Raffaldi Viviana Dasara

e linee strategiche del governo per riorganizzare il sistema industriale italiano fanno leva sulla capacità di orientare il sistema produttivo verso assetti compatibili con l’evoluzione degli scenari competitivi in una prospettiva futura. Tra gli strumenti di intervento individuati dal disegno di legge Industria 2015 rientrano il Fondo per la Finanza d’impresa, con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito e lo sviluppo di nuove tecnologie per il made in Italy,

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76 • DOSSIER • VENETO 2012

quindi prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree strategiche per lo sviluppo del Paese. Il raggiungimento di questi obiettivi prevede la mobilitazione da parte di una pluralità di attori e uno stretto coordinamento tra i fondi per la ricerca e quelli per lo sviluppo gestiti dai singoli ministeri. Il ridisegno dell’intervento pubblico per il sostegno finanziario alle imprese dovrebbe far pensare a un nuovo concetto di industria, eppure «considerando la deindustrializzazione – afferma Antonio Raffaldi, direttore commerciale della I.T.E. Srl,- da alcuni anni il nostro Paese sta riscontrando una serie di difficoltà su tre diversi livelli: innanzitutto la fortissima riduzione di investimenti industriali a causa della pesante tassazione, l’ipertrofia della burocrazia e la mancanza di interesse da parte delle istituzioni politiche. Purtroppo, in Italia c’è anche un diffuso concetto di esterofilia specialmente nelle grandi società pubbliche o a capitale straniero e vengono privilegiati i nostri concorrenti soprattutto americani, tedeschi, inglesi e giapponesi con la conseguente assenza di sponsorizzazione dei prodotti di qualità italiani, normalmente più competitivi. Ultimo ma non per importanza, nelle gare internazionali sono in crescita prodotti importati da paesi extra europei e acquisiti a basso costo, anche di qualità sensibilmente inferiore». La


Renzo Pajaro e Antonio Raffaldi

Nella pagina accanto, uno dei prodotti marcati con il laser della I.T.E. Srl di Fossò (VE). Sotto, il prelievo dal magazzino automatico www.ite-srl.com

I.T.E. Srl costruisce valvole e raccordi utilizzati per l’installazione degli strumenti industriali, nello specifico per la gestione automatica di impianti oil e gas, quali pozzi di estrazione, oleodotti, gasdotti, raffinerie, impianti chimici, dissalatori, grandi caldaie per centrali termiche. «I nostri prodotti – prosegue Renzo Pajaro, responsabile tecnico – sono costantemente sottoposti a procedure di controllo della qualità sofisticate, come comprovato da importanti certificazioni internazionali oltre a referenze di forniture eseguite a grandi gruppi esteri. Inoltre, la nostra società da alcuni anni dedica tempo e risorse per aprire nuovi mercati esteri, come nord Africa e Medio Oriente. Stiamo monitorando anche altre aree di sviluppo dove poter trovare significativi sbocchi di crescita, quali Marocco, Nigeria, Congo o repubbliche asiatiche ed ex sovietiche, molto legate ai giacimenti petroliferi e di gas naturale». Le iniziative sui nuovi mercati all’estero, possono dare risultati più lenti delle aspettative, anche perché la presenza di concorrenti internazionali è consolidata da decenni. Tuttavia, nonostante la crisi economica, molti im-

Le iniziative sui nuovi mercati all’estero, possono dare risultati più lenti delle aspettative, anche perché la presenza di concorrenti internazionali è consolidata da decenni

prenditori italiani si trovano ad affrontare un processo di internazionalizzazione della propria attività e nell’ottica di aiutare il made in Italy, mettono a disposizione la loro esperienza imprenditoriale illustrando le strategie e i sistemi organizzativi adottati per competere con successo sui mercati internazionali. L’investimento in tecnologie e macchinari rende certamente più competetivi e rappresenta un valore aggiunto anche per il livello di professionalità su centri di lavoro complessi e in uno scenario economico-produttivo futuro. «Riteniamo il 2013 – continua Pajaro – un altro anno contrassegnato dalla crisi, ma noi puntiamo sempre sulla qualità e sul dinamismo commerciale, riponendo anche la massima attenzione per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti». VENETO 2012 • DOSSIER • 77


EXPORT

Packaging, un settore in crescita Bottiglie, barattoli e contenitori. È uno dei pochi comparti che la crisi globale ha solo sfiorato spingendo al massimo la ricerca e l’innovazione. Ora le previsioni di Luca Antonello e Lorenzo Campaner sono ottime

ottiglie di plastica, contenitori per olio, birra, detergenti e cosmetica: confezioni di largo consumo cui spesso non si dà troppa importanza. Eppure è anche in queste che si trova la chiave per la riuscita commerciale di un prodotto, per non parlare del ruolo che hanno per la Olivia Carli conservazione dello stesso. Forse proprio l’uso massiccio di packaging spiega il minore impatto che la crisi economica ha avuto nel settore. Ma di certo non basta a determinare cifre come quelle che i trevigiani Luca Antonello e Lorenzo Campaner sono riusciti ad ottenere con la loro Meccanica Italiana: incremento della produttività del 40 per cento, nuove assunzioni, crescita del fatturato e previsioni di un aumento del 20-25 per cento per il 2013. «Sicuramente – spiegano i due imprenditori – non si può sottovalutare l’esperienza ventennale che abbiamo maturato nella nostra attività».

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Da sinistra, Luca Antonello e Lorenzo Campaner, soci della Meccanica Italiana Srl di Badoere di Morgano (TV) www.meccanicaitaliana.it

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Luca Antonello e Lorenzo Campaner

40% L’INCREMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ DELLA MECCANICA ITALIANA SRL PREVISTO PER IL PROSSIMO ANNO

In che misura la crisi vi ha colpito e come l’avete affrontata? LORENZO CAMPANER: «La maggior difficoltà è stata quella di sfondare le barriere poste all’accesso al credito, di per sé problematica per un’azienda di recente costituzione e che può solo diventare più complicata in periodi come questo. Per quanto riguarda la strategia noi abbiamo fatto una scelta radicale, portare al massimo livello sia la qualità del prodotto che quella del servizio». Quali sono le ultime innovazioni tecnologiche introdotte? L. C.: «Meccanica Italiana nasce con il preciso intento di avere un occhio costantemente rivolto alle nuove tecnologie. Nell’ultimo anno abbiamo introdotto l’uso della tecnologia laser per la realizzazione di piccole features e sistemi Cmm (macchina di misura a coordinate) per il controllo qualità. Ora stiamo introducendo macchinari di ultima generazione nel campo dell’asportazione truciolo a cinque assi e stiamo valutando nuovi software per l’ottimizzazione delle lavorazioni». Quali sono stati i risultati più significativi? LUCA ANTONELLO: «Quest’anno prevediamo un incremento del fatturato del 15-18 per cento. Ciò grazie al consolidamento dei rapporti con i nostri clienti, a investimenti orientati alla riduzione dei tempi di produzione e, come detto prima, all'adozione di nuove tecnologie».

Dai paesi come Marocco, Algeria e Tunisia, ma anche in Senegal, potremmo avere dei buoni riscontri nei prossimi 12 mesi

Tra i committenti stranieri da quali mercati stanno derivando le migliori risposte in termini commerciali? L. C.: «La maggior parte della nostra produzione finisce direttamente o tramite intermediari all’estero, principalmente all’Est e in alcuni paesi africani. Proprio nei paesi del Nord Africa come Marocco, Algeria e Tunisia, ma anche in Senegal, potremmo avere dei buoni riscontri nei prossimi 12 mesi». Quali le prospettive dell’azienda per il 2013? L. A.: «Per il 2013 ci aspettiamo una decisa crescita del fatturato (20-25 per cento) e quindi del carico di lavoro, a fronte del quale abbiamo già programmato delle assunzioni. La sfida più importante e decisiva sarà quella di far conoscere Meccanica Italiana agli operatori del mercato, facendo correttamente percepire il livello di eccellenza che siamo in grado di esprimere». VENETO 2012 • DOSSIER • 79




Tiene la refrigerazione, trainata dall’export l mercato della refrigerazione e del condizionamento rappresenta una nicchia specialistica e difficile, nella quale si incontrano la componente artigianale e le logiche industriali. Nonostante le difficoltà strutturali di un settore così esigente, unite alla situazione di crisi economica, c’è chi è riuscito a sfruttare la situazione per evolversi. La Cfi di Alonte, azienda che produce componenti per il settore della refrige-

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«La Germania rimane la locomotiva europea nel nostro settore. Puntiamo anche verso altri mercati nell’Est europeo e verso il Medio Oriente». Renato Randon, titolare della Cfi, fa il punto su dinamismo e sostenibilità di questo settore Lorenzo Brenna


Renato Randon

Renato Randon, titolare della Cfi Refrigerazione di Alonte (VI) www.cfi-refrigerazione.it

Sviluppiamo un forte impegno sul lato ambientale ed etico, scegliendo materiali a norma e rispettando i parametri ambientali

razione e del condizionamento «ha saputo reagire rinnovandosi e ridisegnandosi per andare incontro alle esigenze del mercato, grazie a importanti investimenti in macchinari, ricerca e sviluppo. La nostra azienda non vuole essere solo un fornitore, ma un partner affidabile, pronto ad aiutare il cliente e, se necessario, ad appoggiarlo nei suoi processi evolutivi», garantisce Renato Randon, titolare della Cfi. Oltre a bilanci e strategie di espansione un altro elemento è entrato nei consigli di amministrazione: quello della sostenibilità. Cfi è attenta alle tematiche di sostenibilità, lo attestano le importanti certificazioni ambientali e di sicurezza ottenute. Nel dettaglio qual è la vostra posizione in merito? «Il nostro impegno non è solo produttivo e finalizzato all’utile. La nostra, prima che essere azienda, è un insieme di famiglie e di persone. Forse un po’ in controtendenza con l’andamento generale delle imprese, sviluppiamo un forte impegno sul lato ambientale ed etico, senza slogan o campagne, ma nel lavoro quotidiano e nei fatti, scegliendo materiali a norma e rispettando i parametri ambientali». Quali sono le novità in programma per la produzione e per le strategie di espansione?

«Gli indici percentuali dei tempi di consegna sono molto buoni, la qualità del prodotto è riconosciuta dal mercato e il lead time è il top del settore. Ma l’evoluzione non si ferma e ora si punta ad un affinamento amministrativo e commerciale, per offrire un servizio pre e post vendita ai massimi livelli». Che risultati ha prodotto l’allestimento del sito web? «Il sito web è ancora in fase di elaborazione. Entro il primo semestre del 2013 ci saranno importanti novità. Vorremmo che il nostro sito non fosse solo una vetrina di presentazione, ma un vero e proprio luogo virtuale di interazione con clienti, fornitori e dipendenti». Quali sono i vostri mercati più importanti all’estero e qual è la situazione nel mercato interno? Avete in progetto di ampliare il raggio di azione? «La Germania rimane la locomotiva europea anche nel nostro settore. Puntiamo anche verso altri mercati nell’est europeo e verso il Medio Oriente, nei quali però i dazi doganali e le procedure burocratiche di esportazione riducono la competitività del prodotto. Di rientro dalla fiera biennale internazionale Chillventa di Norimberga ci aspettiamo nuove opportunità e nuovi contatti fuori dall’Italia. Sul mercato interno la crisi ha avuto i suoi ef- VENETO 2012 • DOSSIER • 83


MODELLI D’IMPRESA

La Germania rimane la locomotiva europea anche nel nostro settore. Puntiamo anche verso altri mercati nell’est europeo e verso il Medio Oriente

fetti, ma rinnovandoci e ridisegnandoci ci

siamo adeguati alle richieste del mercato». Quali sono i prodotti che hanno ottenuto le performance migliori? «Il nostro mix è composto prevalentemente da collettori (50 per cento), curvette per batterie (27 per cento) e tubazioni (11 per cento). Il materiale più richiesto è il rame, seguito da acciaio inox, ferro e alluminio. I tempi di consegna di tutti i prodotti si sono notevolmente ridotti e la rintracciabilità dei materiali è totale». Le previsioni per il 2012 erano ottimistiche: come si profila l’andamento finora?

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«Le previsioni per il 2012 erano certamente ottimistiche, visto l’andamento dell’anno precedente. È stata una buona annata, ma al di sotto delle previsioni iniziali. Purtroppo il rallentamento economico non è stato di aiuto per i mercati nel nostro settore e l’incertezza pesa gravemente sulle scelte dei clienti. Il trend di crescita permane comunque e ci aspettiamo di strappare ancora qualche punto percentuale sul 2011. Per prossimo anno è ancora presto per fare previsioni. Siamo cresciuti in un periodo di crisi generale, quindi un rilancio dell’economia non può che gonfiare le nostre vele e farci, forse, tirare il fiato».



MODELLI D’IMPRESA

Il mercato dell’acciaio si specializza I Il 2012 ha registrato un calo complessivo dei prodotti di acciaio, specialmente in Europa. Qual è la situazione del settore in Italia? Il 2013 sarà l’anno della ripresa? Ne parliamo con Giuseppe Berlato della Techmetal di Schio Lorenzo Brenna

Momenti del ciclo produttivo della Techmetal Srl di Schio (VI) www.techmetal.it

l settore dell’acciaio è stato investito duramente dalla crisi del 2008 e da allora sta cercando di risollevarsi. I consumi stanno frenando non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Perfino la Cina ha rallentato il ritmo di crescita. Le difficoltà più gravi riguardano comunque il Vecchio continente. In Italia nel 2012 il calo dei consumi è stato del 12 per cento. Le stime prevedono comunque una crescita, anche se modesta, per il metallo in Europa nel 2013. Le difficoltà del settore hanno comportato un aumento della specializzazione, meno prodotti per l’edilizia e più acciai speciali legati alla meccanica. È il caso di Techmetal, azienda specializzata nella costruzione di manufatti in acciaio inossidabile e leghe speciali con particolare indirizzo nella lavorazione di tubi. «In seguito alle oscillazioni del settore - dichiara Giuseppe Berlato della Techmetal - abbiamo sviluppato l’attitudine a lavorare in campi specialistici focalizzandoci sopratutto nel settore del food & beverage, divenuto una peculiarità della nostra produzione». Per l’azienda veneta la tecnologia e la professionalità rivestono un ruolo centrale. «Quanto finora ottenuto è stato raggiunto investendo molto nella tecnologia delle attrezzature e dei macchinari usati, senza i quali l’accesso a determinati mercati non ci sarebbe stato consentito. La particolarità e la delicatezza del lavoro che svolgiamo richiedono, però, anche e so-


Giuseppe Berlato

prattutto un grado di professionalità e manualità molto elevato. Molta attenzione è stata posta anche nel mantenimento e messa in sicurezza delle macchine e degli impianti in uso e nella creazione di un ambiente di lavoro ordinato e pulito, rispettoso della salute delle persone». La tecnologia non è però volta solo al profitto, ma anche alla sostenibilità ambientale. «L’attenzione verso l’ambiente fa parte della filosofia della nostra azienda da sempre - spiega Giuseppe Berlato - perché crediamo sia realizzabile l’idea di lavorare nel rispetto della natura e dell’ambiente che ci circonda per lasciare lo stesso quanto più inalterato possibile per le future generazioni. A garanzia di ciò abbiamo investito molto nel raggiungimento della Certificazione Iso 14001-2004». Vista la congiuntura economica sfavorevole Techmetal ha ottimizzato i processi produttivi per migliorare i risultati. «Per adeguarci il più possibile alle nuove esigenze ci siamo imposti alcuni obiettivi da perseguire e raggiungere. Primo fra tutti il consolidamento dei rapporti con i clienti storici, garantendo loro quegli standard qualitativi e quei livelli di servizio richiesti. Questo risultato è stato ottenuto lavorando nel riassetto organizzativo interno, aumentando il coinvolgimento dei collaboratori e dei fornitori esterni, rinnovando la tecnologia delle attrezzature, dei macchinari e degli impianti e attuando il sistema organizzativo Iso 9001-2008. Abbiamo ottenuto anche maggiore fiducia e stima da parte

Le difficoltà del settore hanno comportato un aumento della specializzazione, meno prodotti per l’edilizia e più acciai speciali legati alla meccanica

dei clienti che, in alcuni casi, ci hanno commissionato parti molto significative e critiche dei loro impianti. Ad esempio sistemi completi di sterilizzazione e riempimento anche asettico per il filling in bottiglia e il packaging». Techmetal, oltre a lavorare in tutta la penisola, collabora con aziende estere. «I risultati ottenuti ci hanno incoraggiato nella ricerca di nuovi mercati e nuovi settori di interesse. Ci siamo rivolti in particolare ai paesi dell’Europa centrosettentrionale. Queste diverse opportunità rappresentano per noi una nuova sfida per migliorare il livello di qualità e servizio e, nello stesso tempo, arricchire la nostra esperienza». Abbiamo chiesto a Giuseppe Berlato cosa si aspetta dal futuro. «Puntiamo a continuare ad affiancare i nostri clienti fino a diventare possibilmente parte integrante del loro sistema produttivo, proponendoci con processi tecnologici all’avanguardia e suggerimenti che siano di supporto per la soluzione delle problematiche. Inoltre vogliamo proseguire nella ricerca di un mercato più ampio che ci porti a diversificare la produzione». VENETO 2012 • DOSSIER • 89


MODELLI D’IMPRESA

Chi sceglie di non delocalizzare Attualmente numerose imprese italiane scelgono la delocalizzazione, tuttavia esistono solide realtà imprenditoriali che vanno in controtendenza e che mantengono l’attività nel nostro Paese. L’esperienza di Raimondo e Nicola Mattiuzzo Viviana Dasara

attuale crisi economica spinge sempre più le aziende a guardare fuori dai confini del territorio, dove la qualità e la competitività delle nostre realtà imprenditoriali sono riconosciute e apprezzate. Tuttavia, la sfida a cui non vogliono sottrarsi molte piccole e medie imprese italiane è continuare ad investire in Italia, riuscendo così a creare valore aggiunto in tutto il sistema produttivo e mettendo in atto strategie che sono in grado di sostenere le sfide di un mercato sempre più complesso. Tra le aziende che detengono la posizione di leadership a livello nazionale nel settore della stampa serigrafica e del promozionale, Raxy Line ha scelto di investire su persone, impresa e territorio per la salvaguardia del know how di prodotto e di processo attraverso una permanenza in Italia degli stabilimenti produttivi. In particolar modo, lo sviluppo tecnico-grafico svolto internamente permette alla società di avere un controllo maggiore sulla qualità dei processi e dei prodotti offerti, così da creare quel valore aggiunto difficile da replicare altrove. Eppure, il nostro sistema imprenditoriale sta vivendo un momento di forte destabilizzazione, e di certo lo sbilanciamento normativo tra chi produce in Europa e chi sceglie di investire all’estero rende più ardua

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Raimondo Mattiuzzo e Nicola Mattiuzzo, titolari di Raxy Line con sede a Spresiano (TV) www.raxyline.com

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ogni attività d’impresa. «Nel nostro caso – afferma Raimondo Mattiuzzo – la discrepanza tra i costi sostenuti dalle imprese europee rispetto a quelle che producono in Oriente rende il mercato non più un sistema economico basato sulla competizione a vantaggio del consumatore, ma un ambiente aperto anche a gravi fattori di rischio per la salute dei cittadini se i prodotti non sono certificati e qualificati». Raimondo e Nicola Mattiuzzo, titolari di Raxy Line, sono stati i primi in Europa a sviluppare la stampa sublimatica su nastro all’insegna del made in Italy. Il processo consiste nello stampare un nastro di carta con un inchiostro particolare che, attraverso la combinazione di pressione e temperatura, trasforma il pigmento in gas che si diffonde sul tessuto grezzo fissandosi definitivamente. I vantaggi di questa tecnica di stampa consistono in una tenuta assoluta ai lavaggi domestici e industriali dell’inchiostro trasferito sul tessuto, l’immediata stabilità e l’elevata qualità di stampa in grado di riprodurre qualunque gradazione tonale, sfumatura e dettaglio anche fotografico. «Noi stessi – prosegue Nicola Mattiuzzo – abbiamo creato joint venture con partner cinesi, essi stessi fornitori di garanzie eticoqualitative certificate e da noi costantemente monitorate. Facciamo leva sull’utilizzo di


Raimondo e Nicola Mattiuzzo

Ci concentriamo sull’investimento continuo che ci consente di avere una realtà produttiva all’avanguardia anche all’estero

prodotti atossici certificati, di inchiostri privi di sostanze nocive e abbiamo sviluppato un’intera linea di prodotti realizzati con materiali completamente riciclati». L’Italia è oggi il quinto partner commerciale cinese e il secondo paese europeo (dopo la Germania e a pari merito con la Francia) in cui le aziende cinesi sarebbero interessate ad investire. L’aumento del grado di internazionalizzazione della nostra economia continua quindi ad essere l’obiettivo unificante delle molteplici attività nelle quali si dipana ogni anno la politica promozionale. Un obiettivo strategico, sintesi di un processo articolato, finalizzato a incrementare l’interscambio, a favorire il radicamento delle imprese sui mercati esteri e ad attrarre turismo ed investimenti in Italia. Nell’affrontare mercati aperti però deve essere necessariamente rafforzata la politica di promozione e di tutela del made in Italy anche

sul territorio, soprattutto per difendere le nostre produzioni dalla concorrenza sleale. Una risposta positiva alle nuove esigenze del mercato, senza timore di perdere certezze, per trovarsi più preparati. «Quest’anno – continua Raimondo Mattiuzzo – abbiamo registrato un decremento della produzione a partire dalla seconda metà dell’anno, dovuto principalmente alla contrazione del mercato interno. Pertanto, ci concentriamo sull’investimento continuo in macchine da stampa di ultima generazione che ci consente di avere una realtà produttiva all’avanguardia, molto versatile e in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze del mercato anche estero. Per questa ragione la nostra parola d’ordine per il 2013 è “efficienza” che vede coinvolto l’intero sviluppo di prodotto e di processo, sia attraverso una riduzione degli sprechi sia con un’ottimizzazione dei processi». VENETO 2012 • DOSSIER • 91


MODELLI D’IMPRESA

Più efficienza nel controllo del microclima Responsabilità verso i consumatori e l’ambiente. Mcs Italia, che produce riscaldatori professionali portatili esportando il 95 per cento della produzione, spiega perché alta qualità e risparmio energetico sono fattori decisivi per mantenere alto il livello di competitività nel mondo Valeria Garuti

U

n’impresa responsabile e sostenibile può coniugare crescita economica, occupazione e benessere; può competere sui mercati di tutto il mondo conservando però un forte legame col territorio e con la comunità in cui opera. In un mercato fortemente internazionalizzato, attuare scelte positive per l’ambiente è un aspetto riconosciuto dai consumatori e può costituire un vantaggio competitivo. In quest’ottica Mcs Italia, leader nella produzione di riscaldatori professionali portatili ha

orientato l’offerta verso prodotti che permettono di risparmiare e di salvaguardare l’ambiente. «I nostri riscaldatori portatili professionali Master scaldano ampi volumi in tempi brevissimi – afferma Stefano Verani, amministratore delegato della società di Pastrengo –. Per questo è possibile accenderli solo quando serve l’aumento di temperatura, permettendo un risparmio di energia del 30 per cento rispetto a un sistema fisso convenzionale che va invece acceso molto prima. I nostri riscaldatori portatili a raggi infrarossi a


Davide Besnati

gasolio permettono invece di riscaldare aree delimitate, garantendo risparmi sino al 50 per cento rispetto a sistemi fissi a convezione che disperdono il calore in volumi più ampi e indefiniti. Ne consegue una notevole riduzione dei consumi, ovvero risparmio economico e rispetto dell’ambiente. Tutti i nostri riscaldatori portatili, inoltre, non richiedono installazione: basta caricare il combustibile e collegare la presa elettrica; il cliente risparmia pertanto circa l’80 per cento rispetto a un sistema con installazione, che richiede invece la realizzazione di un impianto fisso dedicato. Un altro vantaggio è che la messa in funzione è immediata e non servono autorizzazioni: il cliente può dunque rimandare l’investimento nel riscaldatore sino all’ultimo momento e solo quando è davvero indispensabile». Verani spiega che, a tutela dell’ambiente, i riscaldatori a gasolio di Mcs raggiungono un’altissima efficienza, persino del 100 per cento, spremendo ogni possibile caloria dal combustibile. Nei riscaldatori a infrarosso, inoltre, le temperature di combustione sono talmente elevate da bruciare gran parte delle polveri. I riscaldatori possono essere collegati a termostati remoti, funzionando solo il tempo necessario a mantenere la temperatura desiderata. Ne consegue che l’impatto ambientale è il minimo possibile. Msc rispetta l’ambiente anche durante il processo produttivo: gli stabilimenti veronesi utilizzano solo elettricità verde, prodotta da fonti energetiche rinnovabili. «Abbiamo scelto Verona come base produttiva perché la provincia offre una subfornitura flessibile e competente nel campo termotecnico. Il personale veronese, inoltre, è molto valido, con grandi capacità di risoluzione dei problemi e una spiccata attitudine al lavoro di squadra, che è per noi un valore prio-

I riscaldatori portatili ad aria forzata Master scaldano ampi volumi in tempi brevissimi: per questo è possibile accenderli solo quando serve, permettendo un risparmio di energia del 30 per cento

ritario. La nostra scelta si è rivelata giusta e Verona è davvero il miglior sito produttivo del gruppo Mcs Italia, che possiede anche stabilimenti in Cina e Polonia. Siamo invece sconcertati dall’attitudine dello stato italiano che sembra ostacolare le attività industriali creando complicazioni e costi anziché aiutarle». In questo settore, così come in molti altri, la concorrenza internazionale è alta. «Le imprese asiatiche hanno copiato i prodotti di successo. L’alta qualità e il rispetto dell’ambiente sono fattori fondamentali per mantenere alta la nostra competitività: Produciamo riscaldatori molto robusti, che hanno una durata di circa tre volte superiore a quella dei prodotti cinesi. Secondo la nostra esperienza Cina e Corea sono concorrenti temibili in quanto danneggiano il mercato offrendo prodotti copiati a un prezzo molto inferiore. La differenza è che queste copie funzionano male, inquinano e consumano molto di più; addirittura, se fa molto freddo, non funzionano per niente. Inoltre non si possono riparare. Per questo motivi esportiamo anche in Cina, dove siamo leader di mercato».

Sopra, riscaldatori Master portatili a gasolio, uno dei prodotti di punta di Mcs Italia Spa www.mcsworld.com

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Renzo, Pasqualino e Patrizio Comacchio

La qualità è “su misura” L’eccellenza nel settore delle perforazioni non è nella standardizzazione. I fratelli Comacchio raccontano la loro sfida quotidiana del costruire giganti su misura Renato Ferretti

iù il campo si fa delicato più la standardizzazione delle produzioni perde terreno. La qualità dei prodotti, soprattutto quelli ad alto tasso tecnologico, non risiede solo nelle competenze e nella realizzazione, ma anche nella capacità di “customizzare” l’offerta in base alle singole domande. Questo sta alla base dell’idea di eccellenza con cui i fratelli Renzo, Pasqualino e Patrizio Comacchio hanno deciso di gestire la propria azienda. Le loro sono macchine impiegate nel settore delle perforazioni. «Più precisamente – spiega Renzo Comacchio – nell’esecuzione di opere specializzate di ingegneria civile quali micropali, ancoraggi, jet grounting, consolidamenti in genere, nonché sondaggi geognostici-ambientali, perforazioni atte all’inserimento nel terreno di scambiatori geotermici, carotaggi e pozzi acquiferi. Tutte operazioni per cui la standardizzazione del prodotto in questa azienda risulta rara: è la personalizzazione e la stretta collaborazione con il cliente che attribuisce al prodotto Comacchio un elevato valore aggiunto in termini di esclusività e prestazione della macchina stessa. A dimostrazione di ciò, il 35-40 per cento delle macchine sono costruite su specifiche richieste da parte del cliente».

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MODELLI D’IMPRESA

Nella pagina a fianco, i fratelli Renzo, Pasqualino e Patrizio Comacchio, della Comacchio Srl con sede a Riese Pio X (TV) www.comacchio-industries.it

Qual è la piattaforma di prodotti che ha registrato le performance migliori e quali novità avete in mente? PASQUALINO COMACCHIO: «Ogni macchina è progettata e studiata per raggiungere le migliori performance richieste. Una delle macchine gioiello Comacchio è la MC 1200: una perforatrice idraulica cingolata a elevate prestazioni caratterizzate dall’ampia gamma di movimenti in grado di affrontare severe condizioni di lavoro e accessi in spazi angusti garantendo allo stesso tempo elevate produzioni. Per il 2013 ci sono allo studio alcune novità che al momento riteniamo opportuno mantenere riservate». Qual è la strategia che avete in mente per il futuro? Finora quali strategie vi hanno premiato all’estero? RENZO COMACCHIO: «Quest’anno l’azienda supererà i 37 milioni di fatturato, con un export che raggiunge circa il 98 per cento del fatturato. Una delle fondamentali strategie di successo è basata sulla continua attenzione e ricerca della qualità, innovazione, servizio post vendita e “customizzazione”, come si diceva. Il 2013 sarà un anno molto importante per l’azienda, soprattutto sotto il profilo commerciale, infatti ci si aspetta in alcuni mercati un ulteriore incremento (vedi Stati Uniti, Canada ed America Latina) e quindi un consolidamento del prodotto Comacchio, ed è in progetto una penetrazione commerciale aggressiva nel Far East, dove oggi si privilegia il prezzo del prodotto alla qualità. Al momento siamo ancora in una fase di studio, in quanto il mercato asiatico è caratterizzato da una politica di prezzi bassi giustificata anche dalla mancanza di una tecnologia all’avanguardia».

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Quali sono, nel dettaglio, le caratteristiche che una perforatrice di qualità deve senz’altro possedere e quali sono le maggiori difficoltà nella produzione di perforatrici? PATRIZIO COMACCHIO: «Innanzitutto la perforatrice di qualità deve avere un’elevata performance in linea con i risultati richiesti. Più precisamente deve raggiungere la profondità di perforazione prevista, ottimizzando i tempi e agevolando l’attività dell’operatore. Quindi, la perforatrice deve essere progettata con la tecnologia necessaria per rendere la macchina sicura e facile da manovrare in qualsiasi condizione di lavoro, ecco la ragione per la quale l’affidabilità e la sicurezza delle nostre mac-


Renzo, Pasqualino e Patrizio Comacchio

Il 35-40 per cento delle macchine sono costruite su specifiche richieste da parte del cliente

chine sono garantite dall’impiego di componentistica di alta qualità. Le sfide che affrontiamo solitamente sono le tempistiche di sviluppo dei progetti affidatici dai clienti. Molto spesso sono progetti di macchine che richiedono una laboriosa progettazione e pianificazione degli approvvigionamenti». Quali sono gli aspetti che vi distinguono dai vostri concorrenti? PATRIZIO COMACCHIO: «Da un punto di vista prettamente professionale e tecnico la nostra filosofia ha sempre ritenuto che la vendita di una perforatrice non riguarda solo una macchina, ma un servizio a 360 gradi. Questo comprende lo studio pre-costruzione, il contatto costante con il cliente durante la pro-

gettazione e la costruzione, l’avviamento in cantiere e il servizio post-vendita che porta i tecnici, in caso di necessità, a intervenire in quarantotto ore in qualsiasi parte del mondo. Inoltre la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni tecniche sia migliorative delle macchine esistenti che la formazione del personale è pari a circa il 2 per cento del fatturato annuo, con punte al 4 per cento in presenza di progetti di nuove attrezzature complesse». La vostra azienda tiene in particolar modo alla formazione dei dipendenti. In cosa consiste la formazione cui li sottoponete e quanto vi costa? PASQUALINO COMACCHIO: «Da sempre abbiamo considerato il fattore risorse umane come essenziale per lo sviluppo dell’azienda, e quindi si è sempre ritenuto fondamentale l’aspetto delle relazioni interpersonali tra la proprietà e i dipendenti nonché la formazione professionale degli stessi. A riguardo della formazione i dipendenti seguono corsi relativi alle innovazioni tecniche e del settore, alle normative fiscali e amministrative, corsi dedicati alla sicurezza e corsi in lingua sono frequentemente attivi in azienda per essere sempre aggiornati». VENETO 2012 • DOSSIER • 99


MODELLI D’IMPRESA

Produzioni eco green per la coiffure e l’estetica

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Ridurre l’impatto ambientale è oggi una prerogativa di molte aziende che operano nel settore della cura del corpo. Franco Bellio illustra come ridurre le emissioni di anidride carbonica nei prodotti professionali

a crisi economica che sta attraversando il nostro paese e le scelte politiche italiane ed europee non facilitano lo sviluppo delle Pmi. Soprattutto nell’ultimo periodo, le nostre aziende riscontrano una sostanziale riduzione dei fatturati, affiancata all’aumento dei costi, che portano a mar- Valeria Garuti gini di guadagno ridotti al minimo. A ciò si aggiunge la difficoltà di accesso al credito, dovuta alla chiusura pressoché totale delle banche. Questa situazione tende a limitare le possibilità di nuovi investimenti, che in questo mo- paesi dell’Est Asiatico i quali, con i loro promento sarebbero più che mai necessari per far dotti a basso costo e di qualità scadente, riefronte alla concorrenza, soprattutto quella dei scono a mettere in ginocchio anche il meglio del made in Italy. Per far fronte a questo momento difficile, i due titolari dell’Artecno S.r.l. di Marcon (VE) Franco Bellio e Fabrizio Conte, azienda leader nel settore dei complementi d’arredo per i saloni di estetica e strumenti professionali per parrucchieri, hanno puntato sull’innovazione della loro produzione, inserendo materiali eco green. «Da sempre fornitori delle più famose firme del settore del beauty care - afferma il Sig. Franco Bellio -, forniamo prodotti originali e in linea con le tendenze dettate dal tempo. Affiancando le novità all’estetica e alla funzionalità del prodotto riusciamo a restare sul mercato. La nostra produzione varia dai carrelli tecnici multifunzione ai portariviste, fino alle poltrone apposite, includendo tutta la componentistica per centri estetici, le vetrine e un’ampia gamma di accessori. Utilizziamo materiali plastici, ma anche in legno naturale, acciaio e vetro per un maggior rispetto dell’ambiente. Inoltre, da un paio d’anni stiamo proponendo una linea eco green di prodotti 102 • DOSSIER • VENETO 2012


Franco Bellio

Franco Bellio, titolare insieme a Fabrizio Conte della Artecno Srl. L’azienda si trova a Marcon (VE) www.artecno.net

professionali per parrucchieri utilizzando una nota tipologia di bio-plastica, chiamata Ingeo PLA. Si tratta di un materiale a basso impatto ambientale in quanto proveniente da fonti rinnovabili e sostenibili». Dopo molti anni di esperienza nella produzione di articoli professionali, Artecno si impegna quindi a proteggere l’ambiente riducendo le emissioni di anidride carbonica. «Per il momento - aggiunge Bellio - è possibile adottare questo nuovo elemento solo su alcuni modelli della nostra produzione, in quanto le sue caratteristiche non sono sempre compatibili con l’uso a cui è destinato il prodotto. Anche il suo costo funge purtroppo da deterrente in un momento come questo. Ciò nonostante vogliamo proseguire su questa strada affiancando e sostenendo le aziende che già producono linee ecologiche per capelli». Dopo i primi anni passati in una sede di dimensioni più piccole, grazie a sacrifici e fiducia nel proprio lavoro i due imprenditori di Artecno hanno optato per la realizzazione di una nuova struttura, più adeguata alle esigenze produttive, al numero delle maestranze e con uffici di rappresentanza in cui accogliere la clientela. Un ampio show room permette di

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Proponiamo una linea di prodotti per parrucchieri a basso impatto ambientale utilizzando un materiale proveniente da fonti rinnovabili e sostenibili

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esporre al meglio i prodotti, offrendo una maggiore visibilità. L’azienda veneziana, già presente da molti anni sul mercato europeo, porta avanti con tenacia e caparbietà la qualità e il design italiano, proponendo le sue idee anche ai paesi Arabi, in Russia, India, Giappone e America Latina. L’obiettivo che si pone per i prossimi anni è quello di incrementare la presenza su questi mercati, perseguendo su nuove strade, oltre a quella dell’ecologia, ma restando sempre fedele ai principi di qualità, design e funzionalità che hanno contraddistinto l’azienda fino ad oggi. «Crediamo nella forza del made in Italy - conclude il titolare - che siamo disposti a sostenere e ad esportare anche grazie a possibili partnership con altre aziende italiane, al fine di essere più forti ed aggredire in modo più efficace i mercati». VENETO 2012 • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

L’innovazione chiede supporto li imprenditori italiani non sanno più come dirlo: se le forze politiche non iniziano a finanziare l’industria nazionale, sarà impossibile risollevare l’economia del nostro paese. Tantissime sono infatti le criticità che impediscono al ramo industriale e imprenditoriale di mantenersi competitivo. Ad attestarsi come ostacoli maggiormente insormontabili sono i ritardi dei pagamenti, o addirittura i mancati pagamenti, che causano alle imprese perdite di guadagni e scarsa liquidità; il mantenimento dei posti di lavoro degli operai, sempre più difficile non avendo abbastanza risorse; e la condotta piuttosto discutibile della banche. In mezzo alle tante società che quotidianamente combattono per rimanere sul mercato nonostante queste difficoltà troviamo la veronese Focus. «Anche se nell’ultimo biennio ab-

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Eles Ghidotti, fondatore della Focus Srl con sede a Isola della Scala (VR) www.focus.vr.it

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Nonostante le criticità che affliggono il comparto imprenditoriale italiano siano ben note ormai da svariati anni, continuano a non intravedersi iniziative volte a risolverle. Eles Ghidotti fa il punto su diversi settori industriali Emanuela Caruso

biamo maturato un trend positivo – commenta Eles Ghidotti, fondatore dell’impresa – ciò che abbiamo fatturato ci è servito per pagare gli operai, così facendo però i nostri utili sono diminuiti e, di conseguenza, non abbiamo soldi per affrontare investimenti. E nessuno ci finanzia. Solo le piccole banche, che operando territorialmente cercano di andare incontro alle esigenze degli imprenditori». La Focus è nata dalla confluenza delle esperienze dirigenziali e imprenditoriali dei due soci, operanti in due settori convergenti tra loro. Quali sono questi settori e come si è evoluta negli anni l’attività? «L’azienda è nata alla fine degli anni 90 grazie alla trentennale esperienza maturata da me e dal mio socio nel comparto metalmeccanico – in particolare costruzione di componenti per l’arredamento di carrozze ferroviarie – e nel settore della trasformazione del poliuretano espanso. Abbiamo deciso di unire le nostre sinergie e più di una volta questo ci ha per-


Eles Ghidotti

messo di mettere a punto nuove e interessanti tecnologie, così come nuovi materiali e innovativi sistemi di lavorazione. Ovviamente, tutto ciò ha comportato notevoli investimenti, volti soprattutto ad abbattere i costi e aumentare la competitività e la qualità: fattori che, data la concorrenza cinese, sono più importanti che mai». Nello specifico, in quali settori operate attualmente e in quali mercati siete presenti? «Oggi siamo impegnati in svariati comparti, tra cui l’arredamento, il contract, lo sport, i parchi divertimento, l’allestimento di interni per carrozze ferroviarie e la realizzazione di sedili per veicoli industriali. Il nostro spazio operativo è quindi molto vasto, e il metodo migliore per farci conoscere rimane il passaparola. Oltre che sul mercato nazionale, operiamo anche all’estero grazie ad alcuni contatti italiani che ci indirizzano in terra straniera o ci portano clienti. In Germania e Svizzera lavoriamo anche in modo diretto, ma questo tipo di scambio commerciale rappresenta soltanto il 10 per cento del fatturato complessivo». Per la vostra attività inerente al settore ferroviario, vi avvalete dell’utilizzo del Glasfen. Di cosa si tratta? «Il Glasfen è una schiuma rigida, ottenuta

45mila I PEZZI FINITI REALIZZATI OGNI MESE DALLA FOCUS SRL ATTRAVERSO LA TRASFORMAZIONE DI 30 TONNELLATE DI POLIURETANO

per espansione a caldo e rinforzata con fibre di vetro lunghe, che viene messa nei pannelli, nelle porte o nelle pareti di un treno perché ignifuga. Oltre alla resistenza al fuoco, presenta un’altra importante caratteristica, quella di isolamento termico. Il Glasfen rappresenta l’alternativa ai pannelli in poliuretano espanso». Quali sono gli obiettivi della Focus per l’immediato futuro? «L’obiettivo primario sarebbe quello di portare i 4 milioni di fatturato dell’azienda ad almeno 20 milioni. Certo questo è possibile solo se chi di dovere inizierà a finanziare l’imprenditoria e l’industria. Di per sé, infatti, non è così complicato far crescere i profitti del 30 o 40 per cento, però ci vuole un aiuto che ci permetta di iniziare a farlo e pagamenti più regolari. C’è bisogno di una legge simile a quella svizzera: pagamenti netti a 30 giorni e pagamenti al 3 per cento di sconto a 15 giorni». VENETO 2012 • DOSSIER • 105


MODELLI D’IMPRESA

Cartario, servono investimenti concreti L’andamento dell’industria cartaria italiana evidenziato da Marcello Di Giacomo, alla guida di un’azienda che da anni rappresenta il bench marking per trasformatori ed end users per i settori consumer goods e autoadesivo Viviana Dasara

ttualmente l’industria cartaria italiana registra una riduzione della produzione del 6,5 per cento circa. Il calo è strettamente legato a una contrazione del consumo interno di carta, flessione che caratterizza l’intero continente europeo, deludendo le attese di crescita. L’industria del packaging, settore del comparto cartario, oltre al calo dei consumi e alle conseguenti difficoltà commerciali, si trova, poi, fra l’incudine e il martello di un mercato che non perdona un ritardo nelle consegne né fluttuazioni nella qualità del prodotto e un quadro normativo sempre più complesso. Quali sono gli effetti? Una risposta la dà Marcello Di Giacomo, amministratore delegato di Cham Paper Group Italia Spa, realtà specializzata in packaging per prodotti alimentari: «È chiaro che, in un momento di contrazione del mercato, l’innovazione passa in secondo piano rispetto a esigenze più importanti: mantenere alto il livello di occupazione e saldi i conti dell’azienda». E aggiunge Mauro Moretti, responsabile ricerca e sviluppo: «Continuiamo comunque a investire in ricerca e sviluppo, dato che le nostre innovazioni tecnologiche hanno un respiro mediolungo». Quale situazione si sta delineando nel settore in cui operate? Quali strategie attuate per affrontare eventuali criticità?

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Marcello Di Giacomo, amministratore delegato, e Mauro Moretti, responsabile ricerca e sviluppo, della Cham Paper Group Italia Spa di Carmignano di Brenta (PD) www.cham-group.com

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Marcello Di Giacomo e Mauro Moretti

«Oltre a un’elevata contrazione dei consumi di prodotto cartaceo in Europa che ha portato a una riorganizzazione del settore, un altro problema è stato l’incremento dei costi energetici, che rispetto agli altri paesi europei in Italia è superiore di un 30 per cento insieme a quello delle materie prime pari al 20 per cento in più. Anche il processo di digitalizzazione in qualche modo ha inciso sulla carta. Di conseguenza, questo ha ridotto i profitti per le aziende cartarie e quindi l’impossibilità di fare investimenti su nuovi impianti e sulla ricerca. La strategia con cui affrontare queste criticità è sicuramente quella di una politica di miglioramento continuo a livello di gestione e ottimizzazione dei costi, mantenendo sempre una qualità elevata e allargando di più la nostra presenza nei paesi cosiddetti emergenti come Asia ed Estremo Oriente». Quanto investite in tecnologia e quali innovazioni avete introdotto di recente, all’interno dell’azienda? MAURO MORETTI: «In questo momento stiamo sviluppando dei prodotti monomateriale destinati al packaging del tabacco. L’obiettivo è quello di sostituire all’accoppiato in alluminio – presente all’interno dei pacchetti di sigarette – con una carta metallizzata sottovuoto. Questa innovazione porterebbe a un duplice vantaggio: renderebbe l’intero pacchetto riciclabile; contribuirebbe a ridurre il consumo di alluminio, nonché MARCELLO DI GIACOMO:

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Puntiamo sullo sviluppo futuro di un packaging compatibile con l’ambiente e che possa essere completamente biodegradabile

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i relativi costi. Abbiamo già introdotto la sostituzione di questo accoppiato per Philip Morris, il produttore più noto in Europa e pensiamo di poter estendere questa applicazione anche agli altri produttori. Inoltre, abbiamo iniziato a sviluppare un legante di origine naturale per sostituire quelli sintetici – in genere derivati dell’industria del petrolio – utilizzati per dare resistenza alle carte patinate. Abbiamo anche prodotto una carta completamente biodegradabile e compostabile». Rispetto agli obiettivi futuri, cosa intendete concretizzare nel breve e medio termine? MARCELLO DI GIACOMO: «Siamo pronti e preparati alle nuove sfide del mercato. Per il nostro settore dell’imballaggio flessibile puntiamo molto sullo sviluppo futuro di un packaging compatibile con l’ambiente, biodegradabile e recuperabile insieme ai rifiuti cartacei, così da ridurre i volumi di materiale secco non riciclabile. A breve, inoltre, otterremo la certificazione di sistema gestione igiene negli ambienti di lavoro (Haccp), vista la nostra marcata presenza nei settori del packaging alimentare e farmaceutico».

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MODELLI D’IMPRESA

Materie plastiche innovative Un sistema informatizzato di controllo della produzione è la novità che segue ai sistemi di “Genius”. Per una realtà orientata alla continua ricerca dell’innovazione è fondamentale competere e crescere sul mercato, come spiega Roberto Remonato Anastasia Martini

n paese di “Inseguitori dell’innovazione”: è stata così classificata l’Italia, in un recente studio promosso dalla Commissione Europea (“Regional Innovation Scoreboard 2012”), che analizza 190 aree industriali dell’Unione Europea, più Croazia, Norvegia e Svizzera. Dalla ricerca è emerso che 41 sono “leader nell’innovazione”, 58 “inseguitrici di innovazione” - e tra queste le aree industriali del Nord Italia, Emilia Romagna e Lazio -, mentre 39 sono i “moderati innovatori” - con il resto del Belpaese, ad eccezione della Calabria e del Molise – e 52 i “modesti innovatori”. Del resto nell’innovazione sta la chiave per mantenere la competitività sul mercato e il caso della Peter Pan Plast lo esemplifica. La società, che sviluppa e commercializza materie plastiche da oltre trent’anni, dopo aver brevettato l’innovativo “Genius”, ora sta lavorando su un’altra novità. «Nel 2012 – spiega Roberto Remonato, nella direzione del consiglio di amministrazione, insieme a Bruna Seraglio – ci siamo concentrati sull’implementazione di un sistema informatizzato di controllo della produzione e di rintrac-

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ciabilità dei prodotti realizzati che ci porteranno a rispondere in maniera sempre più accurata alle richieste del mercato, con particolare attenzione alla soddisfazione del consumatore». Tale novità è stata preceduta da Genius, che come spiega l’interpellato «Si tratta di un distributore di sacchetti che ha rappresentato, dal nostro punto di vista, una svolta nel settore dei sacchi per la congelazione e la conservazione degli alimenti. Questo articolo consente di maneggiare solo il sacco utilizzato garantendo una maggiore igienicità e praticità di utilizzo rispetto a quanto sino a oggi presente sul mercato. Inoltre abbiamo introdotto l’evoluzione del “Genius” destinato al settore del catering». La storia dell’azienda è stata caratterizzata da una serie di tappe, avvenuta in particolare negli anni Novanta. «I mercati, sempre più competitivi, – rileva Remonato – hanno indotto il management a creare una struttura aziendale organizzata, flessibile, attenta alle tendenze della clientela, aperta alla ricerca e alle innovazioni tecnologiche e pronta per il passaggio generazionale. La crescita ha portato la società a guardare anche ai mercati esteri, tanto che per far fronte a nuovi ordinativi,


Roberto Remonato

La nuova versione del Genius, con ricarica pronta per l’utilizzo, ha un minimo impatto ambientale

è stata fondata la Rem Plast, gestita da mio figlio Christian; contemporaneamente è stata rafforzata la rete distributiva, in particolare in riferimento ai grossi distributori. Nel 2004 abbiamo inaugurato la nuova sede della RemPlast, costruita con particolare attenzione all’ambiente e alla sicurezza dei lavoratori». La Peter Pan Plast continua a crescere, come confermano anche i numeri: il fatturato nel

Il dispenser di sacchetti Genius brevettato dalla Peter Pan Plast che ha sede a Rosà (VI) www.peterpanplast.com

2011 ha avuto un incremento del 26 per cento, portando al raddoppio il già ragguardevole volume d’affari nell’arco di sei anni. Oltre alla ricerca tecnologica, un altro aspetto importante della produzione, è l’attenzione all’ambiente. «La nuova versione del Genius, – continua l’amministratore – con ricarica pronta per l’utilizzo, ha un minimo impatto ambientale, ma tutti i nostri prodotti sono realizzati con materiali riciclabili quali il polietilene e il Pet che, se correttamente differenziati, a fine vita possono rientrare nel ciclo produttivo. Inoltre, in tutta la nostra produzione, stiamo riducendo il peso delle confezioni e promuovendo l’utilizzo di materiali biodegradabili. Siamo infatti concessionari di licenza di utilizzo del marchio Mater-bi® della Novamont con licenza nr° 7». Per la Peter Pan Plast, forte di una storia aziendale in cui qualità, innovazione e originalità si compenetrano, la sfida del futuro si gioca su un nuovo campo. «Prevediamo – conclude Remonato – la fusione con RemPlast, per poter meglio aggredire il mercato nazionale e internazionale». VENETO 2012 • DOSSIER • 109


MODELLI D’IMPRESA

L’investimento paga Investire significa accollarsi rischi importanti, per affrontare le sfide del mercato, proiettandosi verso scenari e situazioni non sempre prevedibili. E il rischio diventa anche occasione per formulare obiettivi di crescita, descritti da Mirco Stefan Anastasia Martini

uando si pensava che la crisi sarebbe terminata in tempi brevi, abbiamo investito in maniera consistente su un nuovo stabilimento, finalizzato a ospitare anche la seconda attività, che ha affiancato quella per cui siamo nati». Investimenti effettuati dalla Wlf, società operante nei campi delle verniciature e delle recinzioni, che, come chiarisce il titolare, Mirco Stefan, ha accettato di accollarsi rischi importanti, in tempi “non sospetti”. «Abbiamo iniziato a operare nel campo delle verniciature industriali a polveri; per alcuni anni il fatturato ha registrato un aumento a due cifre, un esito corrispondente all’ottima posizione guadagnata sul mercato di riferimento. Tuttavia, a seguito di un’attenta analisi in cui abbiamo eviden-

«Q La Wlf Srl ha sede a Camposasampiero (PD) www.wlfverniciatura.it www.fences.it

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ziato un parco clienti e un’area di riferimento alquanto limitati, per ampliare ulteriormente gli affari, abbiamo iniziato a valutare altre possibilità che potessero consentirmi di estendere l’attività a tutto il territorio nazionale. Con la verniciatura, ciò non era possibile, a causa degli elevati costi dei trasporti; inoltre era necessario puntare su qualcosa, che fosse di traino anche sui mercati esteri e per la cui realizzazione fosse possibile sfruttare gli impianti già in possesso. Così è nata l’altra business area: Pratika, adibita alla realizzazione di recinzioni, che con il tempo è diventata il nostro core-business». Le recinzioni prodotte dalla Wlf sono soluzioni brevettate, destinate sia all’uso industriale, che a quello pubblico e civile. Sono state concepite per realizzare un rapporto ottimale qualità-prezzo e per durare nel tempo, tanto che non richiedono interventi di manutenzione. L’ampliamento ha riguardato anche gli edifici dell’azienda. «Quando la crisi era allo stadio iniziale – rileva Stefan – in concomitanza all’avvio di Pratika, abbiamo investito in un nuovo stabilimento, realizzato per ospitare entrambe le nostre business unit. Come azienda di vernici, siamo arrivati così a ottenere il più grande impianto presente in Italia. Visto con gli occhi di oggi, in un contesto ancora critico, si è trattato di un passo azzardato, in quanto ha comportato l’impiego consistente di risorse. Investire in tempi di crisi è conveniente, perché consente di prepararsi in vista della ripresa; d’altro canto, però, ci siamo trovati ad affrontare un investimento azzardato, nel contesto di una situazione che si è


Mirco Stefan

+100%

L’AUMENTO DI FATTURATO CONSEGUITO DALLA WLF NEGLI ANNI, GRAZIE A UNA POLITICA DI DIVERSIFICAZIONE

prolungata ben oltre le prospettive e che qualche difficoltà ci ha portato». Malgrado ciò, l’azienda ha registrato negli anni un aumento di fatturato del 100 per cento, frutto di questa e di altre mosse effettuate sulla “scacchiera aziendale”, che hanno riguardato anche la parte commerciale. «Prima – continua Stefan – avevamo un rivenditore per ogni provincia, ma siccome le vendite si basavano sul venduto, spesso venivano erogati servizi inadeguati o incompleti, specie nei casi di ordini urgenti. Pertanto, abbiamo optato per eliminare questa rete vendita, indirizzando tutto sul web. In questo modo si ha un filo diretto con i clienti, cui si può offrire un servizio completo». Attualmente la Wlf è presente soprattutto sul mercato italiano e ha realizzato alcune commissioni anche in Svizzera e Austria. Uno degli obiettivi che la società intende concretiz-

zare per il futuro, è proprio la penetrazione di queste aree, dove la richiesta riguarda una tipologia di prodotti di qualità, cui l’azienda può andare incontro. Molto diversi sono i trend dell’est europeo, dove, come nota il titolare «Viene valutato soltanto l’aspetto economico, scelta questa che ci penalizza, come ci hanno confermato alcuni tentativi di penetrazione, non andati a buon fine. In altri mercati, in particolare quelli del Centro Europa, la qualità, invece, è fondamentale e, infatti, da parte dei committenti abbiamo ricevuto ottimi riscontri. Accanto a questo obiettivo di espansione, intendiamo per il futuro continuare a fare innovazione di prodotto, garantendo al cliente un servizio completo, accorgimento questo che consente di essere competitivi. Il tutto, cercando le tutele che consentano di evitare le insolvenze, altra spina nel fianco per molte aziende». VENETO 2012 • DOSSIER • 113


MODELLI D’IMPRESA

Chimica eco-compatibile Nuove soluzioni a basso impatto ambientale e ad alto contenuto tecnologico, sono le novità nel settore dei prodotti chimici per il cuoio, come spiega Lorenzo Racca Anastasia Martini

abbattimento dell’impatto ambientale è uno degli aspetti fondamentali nella messa a punto di ausiliari e coloranti per il cuoio. Oltre all’aspetto ecologico, un nodo focale per aziende attive in questo ambito è anche quello della salute, con l’attenzione sempre maggiore alla tossicità delle sostanze. La Real Color è una società che ha sempre lavorato per elaborare soluzioni ottimali, avvalendosi di una tecnologia che riconosce come un sicuro motore, nel quadro di un’economia statica. Da trent’anni sul mercato, è un esempio di azienda a conduzione familiare: nata come attività commerciale dall’iniziativa di Andrea Racca, Presidente, e del nipote, Giuseppe Priante, chimico, con il coinvolgimento anche della professionalità di Giuliana, attiva presso il servizio clienti della società. In seguito, sulla base delle esigenze di un mercato sempre più globalizzato, è passata alla produzione dei prodotti. A dare impulso all’attività, la competenza di Lorenzo Racca, che già ricco di un grosso bagaglio professionale ha perfezionato la propria formazione con corsi e master, ha iniziato a esplorare nuove strategie, vincenti per poter competere con “colossi” del settore. Innovazione ed ecosostenibilità: come siete pervenuti a queste strategie, per mantenervi competitivi sul mercato? «Indubbiamente non è un momento facile per l’economia, anche per quanto riguarda il nostro

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Lorenzo Racca, titolare della Real Color Arzignano (VI) www.real-color.com

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settore. Dal canto nostro, l’abbiamo affrontata ricorrendo alla messa a punto di prodotti innovativi, che hanno incontrato subito le esigenze del cliente. Si tratta di una strategia adottata negli anni Novanta, quando abbiamo deciso di passare dalla commercializzazione alla produzione. A quel tempo l’economia si stava globalizzando, e la presenza delle multinazionali ha costituito un problema per piccole e medie aziende. Noi, invece, abbiamo affrontato le sfide dei mercati, introducendo prodotti all’avanguardia, che riuscivano a competere con gli articoli proposti dal mercato, in virtù del valore aggiunto riscontrato dal cliente. Nella logica dell’innovazione abbiamo operato anche una serie di scelte, di ottimizzazione dei processi produttivi, abbattendo anche i costi, senza mai sminuire la qualità del prodotto anzi aumen-


Lorenzo Racca

tandola. D’altro canto, questa è una crisi selettiva: sopravvivono solo le aziende che producono tecnologia, mentre altre che puntano al low cost, vengono colpite dalla concorrenza di altri paesi che vanno nella medesima direzione». A proposito di qualità dei prodotti: come sono cambiate le applicazioni chimiche? «Nella realizzazione dei nostri prodotti dobbiamo seguire dei capitolati tecnici proposti dai clienti, al fine di conseguire la conformità, prevista dalle normative vigenti. Tali capitolati sono strettamente connessi a metodi e articoli che rispettino l’ambiente e la persona. Devono quindi avere, per esempio, un bassissimo valore fogging, per le pelli usate nella carrozzeria auto dove le richieste tecniche sono strettamente vincolanti. Stesso discorso vale per gli ingrassi idrorepellenti oppure per prodotti che abbattono la formazione di cromo esavalente, che è cancerogeno». Le vostre scelte, come si sono tradotte in termini di fatturato? «Proprio in virtù delle scelte operate, che ci consentono di fornire al cliente prodotti realizzati secondo le specifiche e in conformità alle loro esigenze, malgrado la crisi siamo riusciti a mantenere la nostra posizione sul mercato». Chi sono i vostri committenti? «La nostra attività spazia da una committenza di piccole dimensioni a quella di dimensioni più rilevanti. Realizziamo duecento prodotti, e na-

Stiamo vivendo una crisi selettiva: sopravvivono solo le aziende che producono tecnologia

turalmente, con l’obiettivo di acquisire nuovi clienti». Chi sono i vostri principali competitor? «Le multinazionali e Pmi del settore, ma per noi il problema della concorrenza si affronta instaurando un rapporto costruttivo e leale con i clienti». E ora, proiettati verso il futuro, quali passi state realizzando? «Abbiamo ampliato la gamma dei prodotti, innestandoci nel settore del metal-working, con esteri lubrificanti che, a differenza di quelli in uso, hanno un più basso impatto ambientale. Inoltre abbiamo messo a punto dei detergenti industriali, ad alta biodegradabilità e a bassa tossicità. E naturalmente, la ricerca di soluzioni innovative, non termina qui». VENETO 2012 • DOSSIER • 115


MODELLI D’IMPRESA

Acciaio Inox, un mercato imprevedibile Da un mese all’altro il prezzo dell’inox, uno dei materiali più impiegati in molti comparti produttivi, può variare tanto da creare scompensi considerevoli nel mercato. Mario Casato spiega come ha affrontato le oscillazioni Renato Ferretti

e l’acciaio avesse il prezzo che aveva nel 2008 adesso il nostro fatturato sarebbe almeno raddoppiato». Parola di Mario Casato, che in fatto di acciaio può dire la sua. Casato è infatti a capo della Ecor Spa, azienda di Schio (VI) che si occupa di distribuzione di prodotti in acciaio inossidabile, in crescita di bilancio fin dal lontano 1976, nonostante l’imprevedibilità di fondo che caratterizza il settore. Le fluttuazioni del prezzo di questo materiale sempre più usato possono essere decisamente ampie e repentine, cosa che rende difficile qualsiasi previsione. La diretta conseguenza è l’altrettanto difficile scelta di una strategia per affrontare i periodi più difficili. Come questo. «Negli ultimi due anni c’è stato sicuramente un calo della domanda – dice Casato –, i consumi si sono abbassati notevolmente. Ciononostante l’azienda ha registrato un’espansione regolare, con un aumento graduale delle quantità. Inoltre siamo cresciuti anche in termini di presenza, riuscendo a offrire un servizio sempre più capillare nel mercato, anche dal punto di vista di espansione sul territorio, assumendo una dimensione più nazionale e internazionale, sia europea sia nordafricana». La voce export sta diventando via via più rilevante per la Ecor. «La nostra è un’attività specializzata in un servizio di pronta consegna con una vasta gamma. Tra i nostri prodotti maggiormente com-

«S

La Ecor Spa ha sede a Schio (VI) www.ecor.com

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mercializzati troviamo lamiere, tubi, barrame e raccorderia, tutti in acciaio inox, per l’industria alimentare, meccanica, impiantistica, chimicafarmaceutica, petrolchimica, arredamento, carpenteria e costruzioni varie. In altre parole siamo un supermercato dell’acciaio inossidabile». Riuscire a mantenere costante la crescita, nonostante il calo dei consumi, è un compito improbo, soprattutto considerando l’imprevedibilità del mercato dell’acciaio inox. «Questo materiale – spiega Casato – è caratterizzato dalla presenza del nichel, che è soggetto a variazioni anche molto brusche. Tempo fa, per fare un esempio, in pochi mesi è passato da 54mila dollari a meno di 10mila dollari/ton. Lascio immaginare cosa abbia potuto significare in termini di scompensi nel mercato di riferimento. Quest’anno siamo attorno a un valore di circa 16mila dollari/ton, quindi un valore piuttosto basso. Ma data l’imprevedibilità che contraddistingue il settore risulta molto difficile fare previsioni e quindi elaborare una strategia». Tuttavia, la politica d’investimenti che la Ecor ha portato avanti negli ultimi anni sembra averla premiata. «Abbiamo fatto un cambiamento di


Mario Casato

Il valore del nichel, presente nell’inox, dipende da fondi speculativi con forti oscillazioni: si è passato anche da 54 mila dollari a meno di 10 mila a tonnellata

sede nel 2010, passando dai 5mila metri quadrati coperti ai 15mila di oggi. Abbiamo automatizzato molto il sistema di preparazione e di distribuzione delle commesse con magazzini automatici, che ci ha permesso una gestione controllata delle scorte e dei consumi in modo da avere sempre tutta la gamma disponibile». Ma la capienza elevata dei magazzini non è rimasta l’unica preoccupazione della dirigenza Ecor. «L’attenzione al territorio rappresenta qualcosa che ci sta molto a cuore – dice Casato – per questo motivo abbiamo voluto integrare la nostra struttura industriale al contesto intorno, realizzando le coperture dei nostri edifici in modo consono all’ambiente, senza così impattare in modo negativo sul paesaggio». Un’altra caratteristica che Casato rileva riguarda la flessibilità dei servizi offerti. «Il nostro è un servizio a misura di cliente, valutiamo le sue esigenze

specifiche e soddisfiamo svariate richieste fuori standard, sviluppando un servizio di personalizzazione all’avanguardia. Da noi il cliente trova la pronta consegna e il servizio, questo è il nostro valore aggiunto. Con l’automazione apportata abbiamo raggiunto un elevatissimo stoccaggio di quantità considerevoli: siamo in grado di evadere le commesse entro quattro ore dal ricevimento dell’ordine. Una cosa che ci distingue dai nostri competitor è che abbiamo un centro logistico interno con una decina di camion, attraverso i quali consegniamo la merce direttamente al cliente anche in giornata. Siamo tra le poche realtà che hanno investito nel picking, con un così elevato grado di automazione. Quindi siamo preparati, ottimisti e prevediamo di continuare l’espansione: confidiamo che il nostro trend sarà positivo e graduale nei prossimi cinque anni». VENETO 2012 • DOSSIER • 117


MODELLI D’IMPRESA

L’automazione dal colore green Studi di fattibilità, abbassamento dei costi di vendita e risparmio energetico. Candido Nuopi fa il punto sui nuovi motori di sviluppo del settore dell’automazione industriale Valeria Garuti

a coscienza ecologista si fa largo nelle abitudini e la green economy si afferma come motore di iniziative imprenditoriali. Secondo l’attuale rilevazione di Confartigianato sono aumentate di 4.854 unità (+6 per cento) le imprese verdi che si occupano di disinquinamento, pulizia di aree pubbliche, creazione e manutenzione di giardini e spazi verdi. In questo settore è il Veneto a detenere il primato regionale per il tasso di sviluppo: +9,7 per cento. A-Zeta Automazioni è un esempio di tale processo innovativo. Il direttore dell’azienda vicentina, produttrice di macchinari per il largo consumo, Candido Nuopi ha infatti rivolto le sue

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forze in direzione di ricerca di mercato, ottimo rapporto qualità prezzo e rispetto dell’ambiente. Quali sono le ultime novità che avete introdotto in termini di ricerca e tecnologia? «Ricerca è un termine un po’ generico, preferisco chiamare il nostro valore aggiunto “studio di fattibilità”. Questo perché teniamo in considerazione tanti fattori prima di progettare una macchina tra i quali le esigenze del cliente, l’abbassamento dei costi di vendita e il risparmio energetico. Abbiamo da poco progettato un nuovo macchinario che considero rappresentativo del nostro percorso innovativo». Di cosa si tratta? «È una macchina ad azionamento generativo con


Candido Nuopi

A fianco, Candido Nuopi, titolare di A-Zeta Automazioi s.r.l. di Montecchio Maggiore (VI). A sinistra, un macchinario per la saldatura di A-Zeta www.azetaautomazioni.it

un motore molto potente che fermandosi istantaneamente non disperde energia, ma la incanala nuovamente sia nell’azienda che nel processo di produzione. Ciò crea un vantaggio importante in termini di risparmio elettrico e in più ci permette di usufruire di agevolazioni fiscali grazie a fondi italiani ed europei messi a disposizione per quelle imprese che contribuiscono alla salvaguardia l’ambiente. Uno studio di fattibilità viene sempre effettuato anche per contenere i costi di vendita, cosa estremamente difficile nel nostro settore perché può risultare semplice produrre un macchinario utilizzando grandi somme di denaro per poi rivenderlo ad un prezzo ancora più alto. La vera sfida sta nel contenere i costi e mantenere allo stesso tempo un livello di qualità elevato. Questo comporta sforzi incredibili ma è uno dei motivi per i quali siamo riusciti a sopravvivere alla crisi». In che modo la crisi influisce nel vostro settore? «La crisi tocca le aziende che operano nel largo consumo e di riflesso influisce anche sul nostro fatturato. Le imprese che lavorano nel settore dell’automazione industriale come la nostra sono le prime ad avvertire un disagio economico e le ultime ad uscirne. Questo accade perché i nostri clienti attendono che il mercato migliori prima di fare investimenti su nuovi macchinari, e sono costretti a recuperare o sistemare quelli già in loro possesso. Per questi motivi il calo di fatturato del 2009-2010 è stato drammatico. Questo periodo ci ha dato però il tempo di costruire un piano di ricerca preciso che abbiamo messo in pratica nel 2011-2012 e stiamo ottenendo grandi risultati». In quali settori e su quali territori state lavorando principalmente? «Non solo diversificando la produzione in settori diversi, da quello fotovoltaico a quello automobilistico riusciamo ad ottenere buoni risultati,

La vera sfida sta nel contenere i costi e allo stesso tempo mantenere un livello di qualità elevato: ciò comporta sforzi incredibili ma è uno dei metodi più efficaci per superare la crisi economica

ma soprattutto realizzando macchinari personalizzati in base alle esigenze del cliente. Produciamo e distribuiamo in Italia, per ditte italiane che a loro volta vendono in Italia e all’estero. I clienti che si rivolgono al mercato internazionale assemblano il prodotto all’estero per evitare i dazi, un risparmio consistente di denaro che spesso permette di investire nell’acquisto delle nostre macchine». Quali sono gli obiettivi che vi proponente in futuro e che progetti avete in serbo per il prossimo anno? «Ci auguriamo di lavorare in maniera sempre più stabile; questo porta alla possibilità di inserire giovani nel nostro contesto lavorativo. Quando la nostra azienda assume una persona si impegna a garantire il lavoro per la stessa. Se l’economia migliora e la produzione aumenta si creano automaticamente le situazioni ideali per poter assumere e formare e trasmettere la nostra esperienza al nuovo personale».

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Palletways, la soluzione veloce e sicura per spedire in Italia ed Europa Un modello di trasporto che unisce la velocità del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Albino Quaglia spiega i vantaggi e le ragioni del successo del pallet network

recento aziende di autotrasporto consorziate. Un Network internazionale che abbraccia undici Paesi Europei e che, lungo lo Stivale, può contare su una rete di 86 Concessioni, distribuite capillarmente su tutto il territorio nazionale e capace di movimentare, in Italia, oltre 5000 pallet al giorno, anche in aree remote, dove è difficile effettuare spedizioni con altri corrieri. Sono i numeri di Palletways, società leader nel trasporto espresso di merce su pallet, nata nel 1994 nel Regno Unito, da un’idea al tempo stesso semplice e rivoluzionaria: trasferire le logiche tipiche delle spedizioni tramite corriere espresso alla movimentazione di merci pesanti, per garantire anche al trasporto di bancali fino a

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una tonnellata di peso e oltre, i tempi di consegna previsti per un pacco. A costi competitivi. «Dopo il mercato britannico, l’Italia è stata il primo Paese, nel 2001, ad adottare il nuovo sistema per le spedizioni veloci con ottimi risultati, perché la società continua a crescere, in termini di volumi, a un ritmo del 15/20 per cento l'anno», ricorda Albino Quaglia, amministratore delegato di Palletways Italia al quale abbiamo posto alcune domande. Quali sono i vostri punti di forza, in un mercato così difficile? «Prima di tutto la qualità del servizio, poi la flessibilità. A disposizione dei nostri Clienti mettiamo sei differenti tipologie di bancali: dal Mini Quarter, ideale per piccole

Palletways Italia Spa - Via Pradazzo, 7 - 40012 Calderara di Reno (Bologna)


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spedizioni, con peso inferiore ai 150 Kg; al Full pallet, per merce fino a una tonnellata di peso, passando per quattro bancali di formato intermedio: Quarter, Extra Light, Half e Light. Questo ci permette di offrire tariffe semplici e competitive, calcolate in base al numero e alla tipologia di pallet da spedire, senza passare per la tradizionale conversione peso/volume». A quali settori merceologici vi rivolgete? «Abbiamo Clienti che provengono da tutti i settori, con il vitivinicolo in pole position con il 30 per cento dei volumi; quindi dai materiali per l'edilizia ai prodotti per la casa e la persona, dai casalinghi all’agroalimentare. Il nostro sistema, infatti, ci consente di rispondere a esigenze molto diverse ma è particolarmente competitivo per spedizioni frazionate verso destinazioni multiple». Quali garanzie offrite sui tempi di spedizione? «I nostri Clienti possono scegliere tra due servizi: Economy, con consegna entro 48/72/96 ore, a secondo del-

www.palletways.com

l’Hub e del destino, oppure Premium, per spedizioni urgenti, entro 24/48 ore: in questo caso, se si verifica un ritardo sui tempi di consegna, offriamo la garanzia di rimborso delle spese di spedizione – anche per le merci ADR. In Italia, siamo l'unica azienda di trasporto espresso a proporre standard di servizio così elevato». Come riuscite a proporre un servizio altamente qualitativo pur tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione dei costi avanzate dalle imprese? «La competitività, economica e di servizio, della nostra offerta, la frammentazione dei carichi e il ridimensionamento delle reti captive di distribuzione, aumenta la nostra penetrazione di mercato, creando volumi elevati nel Network; siamo in questi ultimi mesi a +25% / 30% al disopra delle scorso anno. Creando economie di scala, questo modello permette ai Concessionari di ottimizzare i carichi e di garantire tempi di consegna competitivi offrendo un livello di servizio eccellente, il circolo virtuoso è avviato!». Quali altri vantaggi offre il vostro network? «Facciamo parte di un network internazionale e quindi i Clienti possono inviare facilmente le spedizioni anche verso altri Paesi Europei, in particolare Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Palletways si differenzia inoltre per l’innovazione continua: abbiamo recentemente esteso il Servizio Garantito anche alle merci ADR e siamo sempre al lavoro per migliorare i nostri indicatori di performance».

Concessionario per il Veneto: Zanardo VE - STI VR - Samogin Trasporti BL/TV CFT Consorzio Ferrara Trasporti FE/RO Poletto Girmo Spedizioni & Trasporti PD Pizeta Express VI - Savit Spedizioni VI


MODELLI D’IMPRESA

L’espansione frena la recessione L’avanguardia in fatto di impianti e macchinari è l’unica scelta all’interno di un mercato come quello metallurgico in cui la concorrenza è sempre più agguerrita e le esigenze, in termini di qualità, aumentano continuamente. L’analisi di Vittorino Pavinato Serena Tudisco

costi energetici aumentano, accedere ai finanziamenti è diventato un miraggio, e riscuotere i crediti diventa difficile. Il mondo della pressofusione può farcela solo se si punta sulla qualità, nonostante la crisi. Ne è convinto Vittorino Pavinato, titolare dal 1963 della Fonderia Pavinato Spa. Crede fortemente che essere all’avanguardia in fatto di impianti e macchinari sia l’unico modo per sopravvivere all’interno di un mercato in cui la concorrenza è sempre più agguerrita e le esigenze, in termini di qualità, aumentano continuamente. «La crisi imperversa sul settore dal 2008, e ci ha dato tregua solo nel 2010, anno in cui abbiamo registrato risultati in controtendenza con la situazione economica generale – racconta –. Il trend si è invertito nuovamente nel 2011 poiché abbiamo risentito di un leggero rallentamento degli ordinativi, che si è acuito ulteriormente nel corso del 2012. Di qui, però, l’esigenza di continuare a investire, e di ampliare il servizio attivando un reparto di lavorazioni meccaniche». Ed è proprio questo il punto: Pavinato ha attivato il nuovo stabilimento sul quale sono state trasferite tutte le lavorazioni successive alla fusione del getto proprio nel 2011. Un azzardo? Sembra proprio di no, visto che la decisione punta pro-

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Vittorino Pavinato

In apertura, macchina sabbiatrice. A destra, reparto di lavorazioni meccaniche. La Fonderia Pavinato Spa ha sede a Thiene (VI) www.pavinato.it

prio a sconfiggere la crisi, di petto. Meglio dunque «proseguire nell’espansione della fonderia e avere gli spazi per sviluppare i reparti di finitura dei getti e lavorazioni meccaniche, servizi che sempre più spesso sono richiesti dai nostri clienti. A questo aspetto abbiamo sempre dedicato una buona parte dei risultati aziendali; questo ci permette oggi di avere una struttura all’avanguardia a livello di tecnologie. Questa scelta ha avuto un riscontro molto positivo, sia in termini di immagine, sia in termini pratici in quanto sono aumentate in modo consistente le richieste per lavorazioni di finitura ottenendo così una maggior fidelizzazione del cliente» spiega Pavinato. La fidelizzazione avviene alimentando costantemente i rapporti di lavoro, mantenendoli vivi e dinamici: all’inizio di ogni nuovo progetto è bene organizzare vari incontri tecnici con il cliente, assicura Pavinato, per capire le esigenze e definire caratteristiche e criticità del prodotto, solo dopo aver stabilito questi punti è possibile sviluppare il progetto da presentare al cliente per il benestare, e infine è d’obbligo verificarne la funzionalità e individuare eventuali punti deboli che devono essere sistemati prima dell’inizio della produzione evitando così fastidiosi ritardi rispetto alle date concordate con il cliente. Un lavoro ben fatto si ottiene attraverso piccoli accorgimenti grazie ai quali è possibile operare al meglio, con la collaborazione del cliente, risparmiando in tempi e costi superflui. La flessibilità produttiva diventa quindi indispensabile per poter evadere ordini in tempi ristretti, l’informatizzazione di tutto il processo produttivo tramite software personalizzato produce una buona organizzazione interna e la possibilità di ridurre al minimo i tempi improduttivi. La scommessa per resistere e magari crescere an-

Per crescere abbiamo la necessità di sviluppare la parte commerciale anche verso l’estero. Ecco uno degli obiettivi che ci siamo posti nel breve periodo

cora, è quella di aprirsi al mercato europeo assicurando un servizio sempre più completo con qualità ineccepibile, e dal lato organizzativo cercare di ridurre i costi e i consumi energetici. D’altronde, gli obiettivi e le prospettive future dell’azienda prevedono una continua espansione. «In 65 anni di attività l’azienda è cresciuta per passaparola, con aziende del territorio circostante. Ad oggi i nostri principali clienti – produttori di cavalletti per macchine fotografiche, automazioni per cancelli, motoriduttori, e meccanica in generale ma lavoriamo per molti altri settori quali ciclo, motociclo, illuminazione, arredamento, hobbistica – sono prevalentemente italiani, anche se molti di questi sono esportatori abituali. Oggi abbiamo raggiunto una dimensione dove, per crescere, c’è la necessità di sviluppare la parte commerciale anche verso l’estero che è uno degli obiettivi che ci siamo posti nel breve periodo».

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MODELLI D’IMPRESA

Innovazioni per l’elettromeccanica no sguardo preoccupato al 2013, anno in cui non si prospettano sostanziali risalite di china per l’economia, ma in cui si delineano le sicurezze consolidate da scelte aziendali ben ponderate. Per l’Elettromeccanica Veneta, attiva sul mercato da oltre trent’anni, la scelta vincente è stata quella di non specializzarsi in un solo ambito, ma di operare sia nell’impiantistica di distribuzione, che nell’automazione industriale. Fondata da Giorgio Riolfi, è una realtà a conduzione famigliare in cui operano, oltre alla moglie, anche i figli Elena e Matteo, entrambi ingegneri, che si occupano della parte tecnica e commerciale. Negli anni la società si è fortemente ampliata sia in termini strutturali e di risorse umane,

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Il titolare, Giorgio Riolfi, insieme al figlio Matteo. Nell’altra pagina, alcuni impianti realizzati dall’Elettromeccanica Veneta, sita a Negrar (VR) www.elettromeccanicaveneta.it

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Diversificare l’attività, rivolgendosi sia all’impiantistica di distribuzione, che all’automazione industriale. Giorgio Riolfi spiega come mantenere posizioni sicure in un mercato in affanno Anastasia Martini

che in termini di capacità produttiva, rivolgendosi a diversi settori: dall’industriale all’ospedaliero, passando per l’alimentare, la molitoria e mangimistica, la bioconversione, il tabacco e le centrali di pompaggio. Secondo Giorgio Riolfi i punti di forza dell’azienda, sono «La fiducia dei clienti con alcuni dei quali collaboriamo da oltre vent’anni e la dedizione al lavoro». Nel vostro settore, quali sono le principali criticità e come le affrontate? «Il nostro settore di riferimento si pone tra l’impiantistica elettrica di distribuzione e l’automazione industriale, ed è stata proprio questa sinergia a consentirci di distinguerci negli anni. Sul mercato si trovano aziende che sono più orientate a una o all’altra area, mentre noi siamo riusciti negli anni a implementare entrambe le competenze e a proporci ai clienti come unico interlocutore o come fornitore indistinto sia nell’uno che nell’altro ambito. Le principali criticità cui dobbiamo far fronte sono quelle di tante aziende: l’incertezza dei mercati e la difficoltà dei pagamenti. Quest’ultima questione, però, non ci


Giorgio Riolfi

Nel 2012 abbiamo investito nelle più avanzate tecnologie di programmazione plc di processi industriali

preoccupa, poiché, grazie alla selezione dei clienti solvibili e alla capitalizzazione dell’azienda, riusciamo a concentrarci sui nostri progetti senza dedicare risorse per il credito». Che quota del vostro business rappresenta l’export e quale valore aggiunto rappresenta per voi la diversificazione, negli anni della crisi globale? «Operiamo in tutto il mondo, grazie alle collaborazioni storiche con importanti aziende dell’Italia del nord; la percentuale del fatturato che imputiamo all’estero è del 30 per cento circa, mentre il rimanente viene fatto in Italia, principalmente a Verona, dove abbiamo costruito collaborazioni con importanti realtà territoriali. Nello specifico queste realtà sono aziende che nel tempo si sono internazionalizzate e hanno aumentato le loro capacità produttive qui sul territorio. Noi insieme a loro siamo cresciuti, mettendo in campo le nostre competenze, che sono state perfezionate proprio grazie a uno scambio reciproco e costruttivo». Quali sono le ultime innovazioni tecnologiche introdotte? «Nel 2012 abbiamo investito nelle più avanzate tecnologie di programmazione plc di processi

industriali (circa 6.000 ore) mettendo a punto una soluzione che, pur rimanendo nell’ambito commerciale, esprime una versatilità applicativa a 360 gradi. Riteniamo che questo prodotto sarà un valore aggiunto importante per il nostro business anche nei prossimi 3-4 anni». Avete intenzione di percorrere nuove strade professionali? «Le nuove strade permettono di esplorare luoghi sconosciuti e di aprire nuovi orizzonti. Chiaramente ciò implica qualche difficoltà in più legata alle energie che si devono impiegare per acquisire nuove competenze. Siamo attratti e ricerchiamo il nuovo, che ci permette di mettere a frutto competenze in cui l’innovazione nasce dalle solide radici su cui siamo cresciuti, realizzando sempre il connubio tra la manualità e l’inventiva, caratteristiche necessarie che richiede il “fare impresa”». Quali prospettive avete per il 2013? «Il 2013 sarà un anno difficile: anche se a oggi abbiamo una copertura ordini pari al 50 per cento della nostra forza produttiva, siamo comunque preoccupati. Perciò ci stiamo rivolgendo ad altri settori, con particolare attenzione all’estero». VENETO 2012 • DOSSIER • 125


TECNOLOGIE

Sinergie tecnologiche La fusione di competenze elettroniche e soluzioni meccaniche permette alle imprese costruttrici di macchine da stampa flexografica di ottenere grandi prestazioni. L’ingegnere Leone Nardon fa il punto sulle nuove potenzialità di questo settore Valeria Garuti

l giorno d’oggi i fornitori di macchine flessografiche e per il converting cercano di concepire macchinari con prestazioni tecnologiche sempre più avanzate. L’interazione al meglio tra funzionamento meccanico ed elettronico è il segreto per la realizzazione di macchine ad elevate prestazioni. Con l’avvento di una tecnologia avanzata, il consolidamento delle reti aziendali e la crescente sensibilità verso le problematiche di integrazione e globalizzazione, si sono venute a creare le condizioni tecnologiche necessarie per la realizzazione di un sistema integrato che soddisfa le richieste di mercato. È su questi aspetti che l’imprenditore valdagnese Nardon, direttore della

A Immagini relative alle produzioni di Expert Srl di S. Martino B.A. (VR) www.expert-srl.com

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Expert, che produce macchinari per la stampa flexografica, ha investito attenzioni e risorse, sviluppando una collaborazione ottimale tra due aziende dalle competenze apparentemente distanti tra loro. «La collaborazione tra Sitec ed Expert - spiega Nardon - consiste nel coniugare al meglio la parte elettrica con la parte meccanica per la realizzazione delle macchine a marchio Expert. Sitec realizza automazioni complesse sfruttando prodotti di mercato di notevoli caratteristiche tecniche che applica alla meccanica di Expert al meglio delle possibilità. Le nuove soluzioni scaturiscono da un intenso lavoro di studio, ipotesi e prove in modo da ottenere un prodotto di grandi pre-


Leone Nardon

stazioni, di qualità e innovativo». Expert Srl nasce nel 2004, quando un gruppo di esperti del settore flexografico, i soci attuali Bonizzato Michele e Arduini Natalino, iniziano a realizzare macchine su specifiche esigenze dei clienti. Sitec, socio di Expert dal 2007, è un system integrator in grado di automatizzare macchine ed impianti in vari settori tra i quali le applicazioni per la stampa e il converting, il packaging, il legno, il ferro-lamiera, la carta e l’informatizzazione dei magazzini. In questo senso le competenze delle due aziende si sposano tra loro al fine di potenziare la realizzazione del prodotto finale. Ciò nonostante, a causa della grave situazione economica in cui il nostro paese si trova, anche il settore della stampa flexografica, come altri, ne risente. «La nostra è un’area - continua Nardon - estremamente in difficoltà a causa dell’attuale diminuzione della richiesta di prodotti stampati e della difficoltà di fondi riscontrata dalle aziende che vogliono investire sui macchinari». Comunque, si parla di una crescita di fatturato nel 2012 del 54 per cento per Expert, dovuto principalmente alle vendite all’estero (Europa e Sud America) e dell’8 per cento per Sitec, realtà invece più presente sul mercato italiano. «L’aspetto per noi decisivo - aggiunge l’ingegnere - è l’investimento importante e costante nelle attività commerciali e di marketing. La ricerca di nuovi contatti a livello di rappresentanze, agenti e venditori è un punto fondamentale per nostra attività aziendale». Expert ha infatti partecipato a fiere di set-

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Grazie ai lavori di studio e prove fatti in collaborazione con due aziende dalle competenze apparentemente distanti tra loro sono scaturite interessanti soluzioni

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tore tra cui la più importante, quella di Drupa 2012, a Dusseldorf, in Germania. In termini di ricerca e innovazione, il settore dell’automazione industriale è uno dei primi che dovrebbe investire per proporre macchinari sempre più tecnologici e innovativi. «Da piccola impresa quale che siamo - conclude Nardon - decidiamo di investire a seconda dell’importanza dell’innovazione e del momento. In linea di massima ogni anno investiamo circa il 3 per cento del fatturato in ricerca e il 5 per cento in innovazione tecnologica, punto fondamentale per le nostre macchine. Posso dire senza esagerare che ogni nostra macchina riporta qualche innovazione tecnologica rispetto alla precedente e prevede un’ottimizzazione dell’utilizzo dell’energia con recupero della stessa per ricavarne il massimo rendimento. Forniamo anche sistemi di cogenerazione adatti alle macchine da stampa in modo tale da sfruttare appieno la generazione di corrente elettrica e dell’energia di riscaldamento necessaria per l’asciugatura della stampa. In più la progettazione e realizzazione della macchina per inchiostri ad acqua è un passo importante verso l’utilizzo di tecnologie pulite». VENETO 2012 • DOSSIER • 131


TECNOLOGIE

Creare innovazione n tempo di crisi l’utilizzo dei computer può dare una svolta a svecchiare i normali canali di vendita e a pianificare in modo più oculato le scarse risorse finanziare delle aziende. Gli sviluppi che contraddistinguono l’Information Technology sono improntati su un’evoluzione sempre più raffinata e specifica, a vantaggio di diversi ambiti. Negli anni l’It si è trasformata da semplice espediente per le operazioni contabili e finanziarie a vero e proprio mezzo per la soluzione di molteplici problemi. «È chiaro che un’impresa come la nostra - sostengono Eugenio Schiarante e Marco Zuffolato, gli amministratori della Nsb di Altavilla (VI), azienda che si occupa di sviluppare e realizzare progetti nell’ambito delle applicazioni It e dell’informatica applicata - non può e non deve misurarsi solo con progetti di It tradizionali, ma deve estendere i propri servizi nei settori dell’automazione industriale, dei sistemi elettromedicali per l’elaborazione delle

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A lato, Eugenio Schiarante, amministratore, insieme a Marco Zuffolato, della Nsb di Altavilla (VI) www.nsbusiness.it

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In tempi di crisi l’It può configurarsi come un’alleata delle aziende, e non solo. Lo sostengono con forza Eugenio Schiarante e Marco Zuffolato, realizzatori di progetti nell’ambito delle applicazioni informatiche Valeria Garuti

immagini e dei sistemi di calcolo per simulazione. Del resto, chi ha vissuto il decennio della partenza della moderna It, all’inizio del 1980 non avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare lo scenario attuale. In futuro le strade più promettenti riguarderanno la nuova branca dell’intelligenza artificiale, lo sviluppo del computer quantistico e la completa sovrapposizione di internet, telefono e televisione con un hardware che avrà dimensioni variabili secondo l’uso che ne faremo». Network Solution for Business, operativa dal 2000, nasce dalla fusione di due società preesistenti nel territorio vicentino: la Network Computer for Business e la Network Solutions. Entrambe le aziende lavoravano all’interno di due importanti settori dell’informatica. In particolare, la prima si occupava della gestione di reti aziendali con attenzione al cablaggio e alla certificazione di impianti di rete, mentre la seconda ha seguito i primi progetti di archiviazione ottica, oggi molto diffusi. In termini di fatturato, l’azienda vicentina ha rilevato un aumento del 35 per cento nel biennio 2010-2011. Questo è stato possibile grazie ad investimenti in ricerca e sviluppo e alla diversificazione dei campi applicativi. Infatti, dalla gestione sistemistica di impianti informatici, ai sistemi gestionali per la produzione e per la gestione di Groupware, arrivando ai sistemi di diagnostica, i settori in cui opera l’azienda sono molteplici e diversi.


Eugenio Schiarante e Marco Zuffolato

«I sistemi di diagnostica per immagini - continuano i titolari - e quelli per l’analisi finanziaria sono sicuramente i più remunerativi. Va anche detto che la sezione data-center ci sta dando grandi soddisfazioni. Abbiamo infatti acquisito alcuni contratti per lo sviluppo di sistemi intelligenti per la logistica». Per quanto riguarda ricerca e sviluppo, il 60 per cento del fatturato di Nsb di quest’anno deriva proprio da alcuni prodotti realizzati all’interno di questo laboratorio. A proposito l’impresa ha stretto collaborazioni anche con enti pubblici. Un programma molto serrato con le principali università del territorio ha portato alla redazione di tesi di laurea orientate alla realizzazione di prodotti che successivamente sono stati utilizzati nell’ambito di progetti dei clienti. «L’ultimo progetto - aggiungono Schiarante e Zuffolato - ci ha visti a fianco del professore Carlo Scarpa del dipartimento di anatomia patologica dell’università di Verona per il piano chiamato ARCNet sullo studio del tumore al pancreas. Assieme abbiamo realizzato un sistema di catalogazione dei reperti istologici e una banca dati in grado di analizzare con un lin-

Estendere i servizi in vari settori aziendali, da quello dall’automazione industriale all’elettromedicale, ci permette di contribuire allo sviluppo tecnologico di molte imprese

guaggio naturale i dati che i ricercatori inseriscono attraverso il sistema computazionale da noi progettato e messo in atto. Un algoritmo particolare è poi in grado di sottoporre al ricercatore i campioni che possono dare i migliori risultati in termini di eliminazione dell’errore. Tale sistema ha fatto sì che ARCnet diventasse il riferimento mondiale per i sistemi di catalogazione per banche dati istologiche. Questo metodo verrà utilizzato come standard in tutto il mondo». Per quanto riguarda le prospettive future, l’azienda si muoverà sempre tentando di anticipare il mercato e le esigenze dell’It. Tra gli obiettivi c’è anche quello di cogliere le novità tecnologiche che si stanno affacciando, per poi essere in grado di tradurle in prodotti di alta gamma che possano soddisfare la clientela professionale. VENETO 2012 • DOSSIER • 133


TECNOLOGIE

Automazione, i vantaggi dell’outsourcing L’outsourcing è un importante strumento manageriale con il quale le imprese hanno la possibilità di aumentare la competitività sul mercato. Marco Novelli spiega in che modo le aziende possono sfruttare questa risorsa nel campo dell’automazione industriale Valeria Garuti

outsourcing è uno degli strumenti manageriali, di carattere strategico, che ha conosciuto la maggiore espansione nel corso degli ultimi 30 anni e che continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come una via obbligata per lo sviluppo e il consolidamento delle imprese, senza alcuna distinzione di settore e dimensione. La capacità di ridisegnare i processi produttivi e l’architettura organizza-

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tiva e l’abilità di sviluppare il proprio patrimonio di conoscenze diventano gli elementi fondamentali per conseguire un vantaggio competitivo sostenibile. In tale logica vanno inquadrate le decisioni di trasferimento all’esterno delle attività per le quali le imprese non dispongono delle competenze necessarie. «Lavorare per grandi aziende - afferma Marco Novelli, amministratore della SC di Bussolengo (VR) - che ci assegnano particolari commis-


Marco Novelli

sioni, e svolgere un lavoro di qualità a parità di costi ridotti è uno dei motivi di successo della nostra impresa». Operate in outsourcing per grandi nomi dell’industria. Nello specifico, sulla base di quali metodiche vi rapportate ai vostri clienti? «È bene diversificare la tipologia del cliente in due categorie, il costruttore e l’utilizzatore finale. Per i primi partiamo da specifiche di progetto quasi sempre prestabilite, mentre per gli utilizzatori finali siamo noi, con i relativi uffici tecnici a redigere le specifiche di funzionamento. Occorre considerare che progettare l’automazione di un impianto di processo oppure eseguire uno schema elettrico, un software o cablare un quadro elettrico comporta una diversità nel tempo d’esecuzione ma non deve cambiare il metodo d’approccio, è importante quindi essere a conoscenza delle normative e seguire procedure standard per ottenere la tracciabilità di quanto fatto (ad esempio l’applicazione del sistema di qualità Iso 9001-2008) e ovviamente disporre di personale all’altezza per trovare soluzioni in linea con le esigenze e un buon rapporto qualità-prezzo». Quali sono le criticità cui dovete far fronte e quali strategie mettete in campo per affrontarle?

2,5 MLN IL FATTURATO DELLA SC NEL 2011, A UN ANNO DALL’APERTURA. IL 70 PER CENTO DOVUTO ALL’AUTOMAZIONE E IL RESTANTE 30 PER CENTO DOVUTO ALLE ENERGIE ALTERNATIVE

«Le difficoltà che riscontriamo riguardano principalmente i progetti nei mercati Ce e Nord Americano, oltre agli ultimi paesi emergenti come Sud America, Cina e tutto il Sud Est asiatico dove per quest’ultimi la materia normativa per l’automazione attualmente non risulta ben chiara. Le maggiori problematiche a cui dobbiamo far fronte per il mercato CE sono spesso e volentieri rappresentate dalla poca conoscenza delle normative di riferimento. La nostra azienda interviene aiutando costruttori e utilizzatori finali mettendo a disposizione il nostro personale in maniera tale che il risultato sia consono alle aspettative del cliente stesso. Ad esempio siamo in possesso dell’abilitazione necessaria per la progettazione e la costruzione di quadri elettrici per il mercato nord americano (certificazioni UL e CSA) che ci consente di fornire il supporto necessario affinché il pro- Nella pagina dotto dei nostri clienti risponda alle esigenze precedente, un addetto della SC Srl al cablaggio degli enti preposti. La nostra dei quadri elettrici. tipologia di lavoro-consulenza A fianco, Marco Novelli, ci porta ovviamente a lavorare Ad della società di Bussolengo (VR) in tutto il mondo. In via priwww.sc-srl.eu maria lavoriamo nei paesi della com@sc-srl.eu Comunità Europea, Stati info@sc-srl.eu Uniti, Canada, Regno Unito e Cina in subappalto ai nostri clienti; inoltre disponiamo di commesse gestite direttamente da clienti in Svizzera, Messico e Nord Africa. Per quanto riguarda il territorio nazionale lavoriamo in quasi tutte le regioni del centro-nord». VENETO 2012 • DOSSIER • 135


TECNOLOGIE

Tecnici SC in fase di collaudo di un Manipolatore

tive rappresentate dagli impianti fotovoltaici. Vista questa tendenza e l’incertezza che regna nel campo delle energie alternative, per l’anno in corso SC ha deciso di puntare fortemente sul settore dell’automazione; la proiezione ci sta indicando un incremento in valore economico di circa il 35 per cento di questo settore sul precedente esercizio». Quanto è importante e come viene effettuato l’agal 2011 Sc collabora con il gruppo Colussi e dopo il grave incendio subito dall’azienda giornamento del personale? alimentare lo scorso giugno gli sono state commissionate diverse attività: dal completo «Sono dell’idea che le persone rifacimento dell’automazione alla rimessa a nuovo dell’impiantistica elettrica. Nell’arco di un mese formano l’azienda e non il condall’incendio la SC ha eseguito sopraluoghi, fatto rilievi tecnici, progettato e costruito quadri trario. Con i miei dipendenti il elettrici, il tutto con lo scarso aiuto della documentazione originale in quanto parzialmente distrutta rapporto non è quello di padall’incendio. Occorre fare una precisazione per dare merito agli ingegneri della Colussi di Perugia drone-dipendente ma rientra che grazie alla tenacia messa in atto per rimettere in funzione l’intero stabilimento, hanno permesso il raggiungimento dell’obiettivo prefisso: il ritorno in produzione dello stabilimento in piuttosto nella definizione di meno di due mesi e mezzo dall’incendio con il conseguente reintegro di tutto il personale. un’associazione di professionisti che assieme lavorano per il bene comune. Per ottenere Nel contesto dell’attuale congiuntura ecoquesto risultato investiamo costantemente sul nomica, quali condizioni stanno caratteriz- l’aggiornamento del personale in modo che i zando l’automazione industriale? nostri dipendenti si sentano in grado di affron«Attualmente non ci sono fondi sufficienti per tare nel miglior modo possibile le problematil’acquisto di nuove attrezzature e quindi si pre- che che i clienti ci sottopongono». ferisce fare revamping, ovvero rimodernare e Quali obiettivi vi siete posti per il futuro? rinnovare quelle già esistenti rivolgendosi ad «Seguiamo progetti di collaborazione con alcuni aziende specializzate come la nostra». clienti che comportano il nostro impegno anSC è una realtà imprenditoriale molto gio- che nella progettazione meccanica e nello stuvane, costituita nel luglio del 2010. In ter- dio di nuove soluzioni utilizzando principi di mine di fatturato, quale andamento avete re- meccatronica. Inoltre valutiamo di proporci in gistrato in oltre due anni di lavoro? maniera diretta sui mercati emergenti strin«Siamo in costante crescita e ciò viene monito- gendo sinergie con società di rappresentanza che rato in base a due macro fattori di business quali siano all’altezza di presentare i nostri servizi in l’automazione industriale e le energie alterna- queste parti del mondo».

COMMISSIONI IMPORTANTI: IL CASO COLUSSI

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TECNOLOGIE

La domotica con un click Con un click e attraverso interfacce diverse è possibile gestire l’impiantistica di una casa sicura, funzionale e in cui vengono abbattuti anche gli sprechi energetici. Tra security, safety e automation, gli sviluppi della domotica, descritti da Stefano Moretto Roberta De Tomi

uilding “intelligenti”, gestibili con un semplice click: dalle evoluzioni della domotica nasce l’attitudine delle aziende del settore di “fare squadra” per edifici, residenziali e non. Una sinergia che si è rivelata vincente per due società, Italsicurezza e Life3, autrici di un progetto che si è aggiudicato il prestigioso H d’Oro, assegnato ogni anno dalla fondazione Enzo Hruby alle migliori realizzazioni di sicurezza. Il progetto, un impianto per una villa vicentina, coniuga l’esperienza delle due società, entrambe amministrate da Stefano Moretto e ciascuna nata con finalità diverse, ma connesse: Italsicurezza (gestita in società con il fratello Giovanni), operante nella security e safety, e Life3, specializzata nella building automation. Quali caratteristiche ha il progetto premiato con l’H d’Oro? «Questa realizzazione ci è stata affidata da un cliente che ci ha richiesto una gestione centralizzata di tutti gli impianti della casa. Si è trattato di una realizzazione molto complessa, in quanto l’abitazione ha anche una piscina interna ed è in classe A; pertanto abbiamo dovuto operare ponendoci in linea con gli standard previsti per questo tipo di building. In particolare, la parte più complessa è stata quella legata alla regolazione del microclima, sulla base dell’umidità e della CO2. Con i nostri ingegneri, in circa sei mesi, abbiamo steso il progetto, concretizzato in un anno». Come sono state integrate in questo progetto e, in generale, come si integrano le competenze di Italsicurezza e di Life3? «Italsicurezza è nata nel 1993 e si è occupata sin

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Stefano Moretto, socio e amministratore di Italsicurezza Srl e di Life3 www.italsicurezza.it www.life3.it

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da subito di impianti per la security e la safety: antintrusione, controllo degli accessi, videosorveglianza e rivelazione incendio. In seguito, è stato sviluppato anche il know-how nell’ambito dell’automazione degli edifici, che ha portato alla costituzione di Life3. Dall’integrazione tra la safety, security e building automation, nasce la possibilità di elaborare soluzioni complete, “on demand”». A proposito di integrazione, un software innovativo di Life3 è LifeCUBE. Come nasce e in cosa consiste? «Chi gestisce un building deve apprendere la funzionalità di diversi impianti con il risultato di una gestione spesso caotica e dispersiva. Con LifeCUBE è possibile gestire impianti di allarme, illuminazione, climatizzazione, irrigazione, automazioni e sistemi audio/video in modalità totalmente personalizzabili, anche attraverso ta-


Stefano Moretto

Dall’integrazione tra safety, security, e building automation, nasce la possibilità di elaborare soluzioni complete e personalizzate

blet o smartphone. Alcuni esempi di funzioni interconnesse: l’impianto di allarme controlla anche le finestre di uffici, dalla cui apertura o chiusura dipende anche il riscaldamento: se infatti ho 22 gradi all’interno e una temperatura inferiore all’esterno, se si apre la finestra, si blocca il riscaldamento. LifeCUBE costituisce l’evoluzione di una domotica diretta al risparmio energetico e alla semplicità di gestione». Quali criticità rilevate nell’esecuzione dei progetti? «Indubbiamente non è facile gestire e coordinare le varie figure professionali, ma ci da modo di ampliare le nostre competenze». Mi parli della vostra politica commerciale. «È basata fortemente sulla partnership con altre realtà di settori affini e non: tra queste anche studi di progettazione, contractor, impiantisti. Tra le collaborazioni più significative vi è anche quella recente con Arredoluce di Verona». Difficoltà a parte, in termini di fatturato,

come si è tradotto il vostro lavoro? «Grazie alla nostra modalità di lavoro, nel 2011 abbiamo registrato una crescita del 20 per cento, un trend confermato anche alla fine di ottobre del 2012». Lavorate prevalentemente in Italia, ma avete intenzione di penetrare anche in altri mercati? «Siamo intenzionati a rivolgerci all’est Europeo, in particolare in paesi come la Croazia e la Slovenia. Inoltre, stiamo sviluppando un progetto nel sociale a Medjugorje». Quali altri progetti avete in cantiere? «In particolare stiamo seguendo la sicurezza degli edifici di un importante gruppo del settore abbigliamento e stiamo lavorando su un importante progetto per la gestione degli accessi in un centro logistico. Life3 sta sviluppando software oltre che nell’ambito della building automation, anche nel campo della multimedialità e del marketing basati su analisi video. Inoltre stiamo realizzando un sistema rivolto a un building direzionale, con particolare attenzione al risparmio energetico, che presenteremo al concorso H d’Oro 2013. Altri progetti basati sull’applicazione della norma europea EN 15232 sono in fase di sviluppo». VENETO 2012 • DOSSIER • 139


TECNOLOGIE

L’Italia esporta sostenibilità Grazie alla ricerca l’Italia riesce ad esportare, in Europa e nel mondo, le tecnologie per il ripristino del territorio e la tutela dell’ambiente. È il caso di Full Service. Ne parliamo con il titolare, Federico Tecchio Lorenzo Brenna

l tema dell’erosione rappresenta una problematica vasta e attuale. Questo fenomeno può essere causato da diversi fattori, sia naturali, come l’azione delle piogge o del vento, che di origine antropica, ad esempio la progressiva riduzione della copertura boschiva o la costruzione di nuove infrastrutture. Le conseguenze causano problemi di varia natura, tra cui la destabilizzazione dei versanti, l’incremento del trasporto solido dei corsi d’acqua e il rallentamento dei processi di rinaturalizzazione. «Full Service è stata tra le prime aziende ad entrare nel settore del controllo erosione circa venti anni fa – afferma il titolare dell’azienda Federico Tecchio - per cui abbiamo vissuto le varie fasi di sviluppo che si sono succedute. Il nostro mercato di riferimento è stato inizialmente quello italiano. Agli inizi si parlava molto poco di attenzione all’ambiente e il mercato e il momento erano favorevoli per l’introduzione di nuove tecnologie. Man mano si è sviluppata una maggiore coscienza e sensibilità per i problemi ambientali. Attualmente il mercato risente di questa lunga crisi, specie considerando che il nostro settore dipende in maniera preponderante dagli investimenti su grandi infrastrutture. Da parte nostra abbiamo cer-

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cato di ridurre l’impatto della crisi ampliando la nostra proposta con nuovi prodotti e anche entrando in altri settori sempre legati all’ambiente, come il controllo della polvere e le pavimentazioni naturali quale alternativa all’asfalto e cemento in determinati contesti ambientali». Per trovare soluzioni innovative che consentano di aumentare la produttività e di ridurre consumi e impatto è fondamentale investire in ricerca e sviluppo. Federico Tecchio ci illustra le ultime innovazioni tecnologiche introdotte dalla sua azienda. «Full Service è sempre stata attenta all’innovazione, grazie alla quale siamo stati i primi ad introdurre in Italia e poi anche in altri paesi europei delle nuove tecniche per il controllo dell’erosione, come le Matrici Fibre Legate, almeno dieci anni prima dei nostri concorrenti. Attualmente abbiamo una gamma di prodotti tra le più complete in assoluto e questo ci permette di poter offrire ad una clientela molto diversificata la soluzione più adatta. In questi venti anni ci siamo evoluti: da azienda commerciale pura e semplice siamo diventati “curiosi sperimentatori”. Ultimamente stiamo sperimentando dei nuovi prodotti per il controllo dell’erosione che sono una combinazione di diversi tipi di materiali».


Federico Tecchio

Sotto, risultati ottenuti dopo due mesi grazie all’applicazione di Hydromat M.F.L. A destra, Hydromat M.F.L. applicato alla scarpata (GRA – Roma) www.fullservice-it.com

Full Service, oltre al controllo dell’erosione, si occupa di idrosemina, ripristini ambientali e pavimentazioni naturali e, pur privilegiando il territorio nazionale, opera in tutto il mondo. «Da subito abbiamo cercato di ampliare la nostra visuale operativa. Inizialmente ci siamo limitati ad alcuni paesi limitrofi per poi spostarci man mano in quasi tutti i paesi dell’est Europa. Quest’area infatti è quella che ha visto la maggior crescita di infrastrutture in questo ultimo decennio. In particolar modo, siamo presenti in Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria, passando per i paesi dell’ex Jugoslavia e l’Albania, per arrivare a toccare ultimamente paesi come la Turchia, il Turkmenistan e la Russia. Nel prossimo futuro l’idea è di consolidare questi mercati senza perdere di vista naturalmente le opportunità che si presenteranno e che pensiamo possano venire dal continente africano, dove grazie anche all’esperienza e al know how che possiamo portare, siamo presenti in alcuni stati dell’Africa centro occidentale come Cameroun, Guinea e Angola». Nonostante l’attuale insicurezza dei mercati, l’azienda è riuscita a confermare il fatturato e può guardare al prossimo anno con fiducia. «Gli obiettivi per l’anno prossimo sono quelli

Siamo stati i primi ad introdurre in Italia e poi anche in altri paesi europei delle nuove tecniche per il controllo dell’erosione

di consolidare i nostri mercati cercando di ampliare la partecipazione soprattutto in quelli con le maggiori prospettive di crescita, che con rammarico dobbiamo dire non comprende l’Italia. Le prospettive purtroppo non sono delle migliori; riteniamo che questa crisi non abbia ancora finito di far sentire i suoi effetti, ma proprio per far fronte a questa situazione stiamo cercando di effettuare degli investimenti che ci permettano di ridurre i costi, aumentare la nostra marginalità e quindi poter essere più competitivi anche in nuovi e più lontani mercati. Pensiamo però che la sfida più grande in questo momento per un’azienda sia quella di riuscire a passare indenni, o quasi, questa delicata fase che coinvolge tutti i settori, cercando di riorganizzarsi per essere pronta quando la situazione si sarà stabilizzata». VENETO 2012 • DOSSIER • 141


Il pane tra tecnologia e tradizione La produzione di pane si avvale sia di tecniche tradizionali che di lavorazioni tecnologiche, che non vanno però a scalfirne il sapore autentico. L’esperienza di Silvestro Semenzato Emanuela Caruso

all’8 al 12 ottobre 2011 si è tenuta a Colonia, in Germania, la fiera internazionale Anuga, una delle più grandi del settore alimenti e bevande. Vi hanno preso parte ben 6500 espositori, aziende di tutto il mondo, con il preciso intento di sfruttare al meglio la visibilità di questo evento, la possibilità di allargare il proprio giro d’affari e stabilire nuovi rapporti con imprese di altri Paesi, e l’opportunità di presentare all’intero mercato di riferimento le ultime tendenze del settore, le innovazioni più importanti e la qualità dei processi produttivi. Tra le varie società italiane del settore alimentare che hanno partecipato alla fiera Anuga, troviamo la veneziana Semenzato Pane, impresa artigianale di antica tradizione che sin dal lontano 1800 si è specializzata nella produzione di pane. «L’aver potuto esporre i nostri prodotti a una fiera internazionale come quella di Colonia – spiega Silvestro Semenzato, titolare dell’attività –, è stato di grande rilevanza per il marketing della nostra azienda, perché prendendo parte ad Anuga

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abbiamo ampliato ancor di più il nostro bacino d’utenza». Quella della Semenzato Pane è una storia lunga e importante, fatta di pazienza, duro lavoro e giuste intuizioni, e che ha preso il via con un solo, piccolo forno a legna. «L’attività dell’azienda è cominciata in modo semplice ed è riuscita a svilupparsi soltanto quando abbiamo capito che servire Porto Marghera ci avrebbe permesso di aumentare i nostri affari. Ecco allora che ci siamo forniti di un grande forno per la cottura del pane da portare e distribuire nelle mense delle imprese chimiche di Marghera. In questo modo ci siamo fatti conoscere e abbiamo gettato basi più solide, che ci hanno consentito di rimanere a galla anche quando le industrie chimiche della zona hanno chiuso e siamo passati da una produzione di 40 quintali di pane a soli 4-5 quintali». Proprio a fronte della situazione di quegli anni, la Semenzato Pane ha cominciato a innovare l’attività e il settore, specializzandosi prima nei grissini e poi nei tramezzini. «Abbiamo studiato le esi-


Silvestro Semenzato

Semenzato Pane ha la sede a Martellago (VE) www.semenzatopane.com

genze del mercato, finché ci siamo resi conto che i clienti richiedevano grissini fatti a mano e in particolar modo tramezzini. Per riuscire a essere competitivi anche con questi prodotti, abbiamo dovuto cambiare gli impianti, passare ai multiforno, allargare la nostra cultura e rivolgerci ai buyer della grande distribuzione, novità assoluta per la nostra azienda. Anche in quell’occasione l’intuito e lo sprint imprenditoriale hanno pagato e oggi siamo una realtà importante nel settore della grande distribuzione e da ben nove anni serviamo tutti i supermercati Conad a livello nazionale». Il raggio d’azione della Semenzato Pane non si è però fermato ai confini nazionali, ma li ha oltrepassati, maturando un buon 20 per cento del fatturato in Spagna, Germania, Francia e Belgio. «A catturare l’attenzione e i gusti dei Paesi europei

sono stati i particolari tramezzini prodotti e commercializzati negli ultimi anni, ovvero il tramezzino rosso al pomodoro, quello verde agli spinaci, il tramezzino al pane integrale e infine quello ai cinque cereali, tutti sapori che il mercato estero ha ampiamente apprezzato». La Semenzato Pane può vantare alcuni importanti primati italiani, tra cui quello per la prima azienda produttrice di pane ad aver richiesto la certificazione Iso 9001, ancora per essere la prima realtà italiana a realizzare alimenti con il fotovoltaico e infine in quanto prima impresa che produce alimenti da forno con un impianto di lievito naturale, oltretutto il più grande d’Italia. «Con questo impianto siamo in grado di produrre 20 quintali di lievito naturale ogni 4 ore e di garantire alla clientela un prodotto naturale e tradizionale. A tale impianto affianchiamo poi due linee di produzione molto tecnologiche di cui si occupano otto persone per ogni turno, tre in totale, e con cui riusciamo a realizzare 40 quintali di pane all’ora, dall’impasto al prodotto finito pronto a partire sui bancali. Non ancora pienamente soddisfatti dei numeri così ottenuti, dal gennaio 2012 partiremo con una terza linea che sarà pronta entro sei mesi e con cui potremo soddisfare le incessanti richieste del mercato, la produzione sarà infatti portata a 80 quintali di pane all’ora». VENETO 2012 • DOSSIER • 143


TECNOLOGIE

Tecnologie in ascesa Gli ascensori elettrici di ultima generazione si stanno moltiplicando in un mercato forte ed esigente come quello nostrano. L’ingegnere Daniele Carraro spiega le ragioni di un primato tutto italiano Sebastiano Vinti

Italia è uno dei Paesi con il maggior numero di ascensori al mondo. Si stimano circa 900 mila esemplari, più che in Cina e negli Stati Uniti e ogni hanno ci sono dalle 15 mila alle 20 mila nuove installazioni. «Il fatto che la popolazione del nostro paese è sempre più anziana – spiega l’ingegnere Daniele Carraro, direttore tecnico della Carraro Ascensori di Villorba - influisce molto sul

L’ La Carraro Ascensori Srl ha sede a Villorba (TV) www.carraroascensori.it

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mercato, perché si crea la necessità di installare impianti per il superamento delle barriere architettoniche. Il settore nel quale operiamo, comunque, è un settore sempre attivo. Fino a qualche anno fa i nostri maggiori clienti erano ditte di costruzione, mentre negli ultimi anni sempre più condomini e privati sono interessati e necessitano dei nostri prodotti». Ma non è questo l’unico fattore che incide sulla forte richiesta di nuovi ascensori, «tenendo conto che il parco impianti italiano è il più grande del mondo nasce anche la necessità di andare a sostituire vecchi impianti ormai vetusti e non adeguati alle normative vigenti». Le leggi europee e italiane, infatti, sono molto esigenti in materia di sicurezza e «le tecnologie si sono evolute sia per l’adeguamento alle normative europee di riferimento (95/16/CE, Uni En 81), sia per richieste sempre maggiori di impianti a ad alto risparmio energetico da realizzare in particolare in condomini esistenti ed edifici privati». L’ingegnere Daniele Carraro offre un esempio delle innovazioni più recenti: «la nuova linea di ascensori elettrici di ultima generazione è l’ideale per la sostituzione di vecchi impianti oppure per l’inserimento in edifici esistenti privi di ascensore. Questi nuovi prodotti infatti garantiscono sicurezza e conformità agli standard previsti dalla Direttiva En 81-80, una sensibile riduzione dei consumi energetici rispetto a impianti con tecnologia meno evoluta e un miglior comfort di marcia: silenziosità, velocità e precisione di fermata. Grazie agli ingombri inferiori che consentono un re-


Daniele Carraro

cupero degli spazi, non è stata trascurata nemmeno la maggiore accessibilità e fruibilità anche da parte di persone con difficoltà motorie. Inoltre, sono impianti con un minor impatto sull’ambiente grazie all’assenza di oli inquinanti e all’utilizzo di materiali rigenerabili e possono essere facilmente installati recuperando spazi precedentemente destinati al locale macchine». Un dato interessante è che l’Italia sembra essere perfettamente in grado di soddisfare la grande richiesta del mercato e di fornire una tecnologia conforme a tutti gli obblighi di legge: «il gruppo Sele Srl, di cui anche Carraro Ascensori fa parte, è oggi una realtà consolidata, indipendente da gruppi multinazionali e presente su tutto il territorio Italiano tramite la propria rete capillare. Sele ha sempre perseguito l’obiettivo di creare un prodotto italiano studiato e realizzato interamente in proprio. Il risultato è che a oggi l’azienda è autonoma in tutta la fase produttiva». Oltre alla garanzia di avere un prodotto interamente italiano, questo offre anche la sicurezza di poter trovare assistenza in ogni momento di necessità, fin dalla fase di progettazione. Ne è un esempio il fatto che grazie alla Carraro Ascensori Srl «il cliente è libero di scegliere tra un’ampia gamma di materiali, colori e accessori, la soluzione che meglio si adatta ai propri gusti e alle esigenze

Le tecnologie si sono evolute per richieste sempre maggiori di impianti ad alto risparmio energetico

architettoniche e strutturali, sicuro di poter sempre contare su di un supporto tecnico di alto livello, che lo segue costantemente, dalle fasi iniziali di progettazione sino alla realizzazione finale degli impianti. Inoltre, manutenzione, riparazioni e ammodernamenti di impianti esistenti, sono eseguiti avvalendosi esclusivamente di personale altamente qualificato, dotato di regolare patentino di abilitazione e mettendo a disposizione un servizio d’emergenza attivo 24 ore su 24 collegato ad un centro di soccorso continuamente presidiato con numero verde». Possiamo proprio dire che ci sono aziende che hanno saputo rispondere prontamente alla forte richiesta di ascensori, contribuendo a questo insolito primato italiano. VENETO 2012 • DOSSIER • 145


INNOVAZIONE

Le chiavi del futuro Le chiavi per automobili sono in grado di lanciare sfide tecnologiche sempre più interessanti al comparto della sicurezza. L’esperienza di Massimo Bianchi, presidente della storica azienda Keyline Emanuela Caruso

hiavi meccaniche nel funzionamento, ma dotate di un microchip installato nella testa in grado di comunicare con la centralina elettronica, vero punto nevralgico del sistema di controllo di un’automobile. È proprio questa, la chiave auto con trasponder, la tecnologia che ha rappresentato una delle sfide più grandi da affrontare per le aziende del settore della sicurezza impegnate nella produzione di chiavi di ricambio. Lo sa bene la Keyline, società storica del comparto, che da sempre offre soluzioni innovative e chiavi capaci di clonare quelle originali. Una delle prime a realizzare le chiavi auto con transponder, e una delle prime a essere già pronta per la nuova sfida del mercato: le chiavi proximity. Come racconta il presidente della Keyline, Massimo Bianchi: «La produzione di chiavi per auto si divide in tre fasce. La prima è quella della chiave con transponder normale, ovvero la chiave meccanica da inserire nel cruscotto. Poi, c’è la fascia del keyless system, nella quale rientrano le chiavi di ricambio costituite solo da un guscio elettronico che si innesta direttamente sul cruscotto. È una chiave senza la parte metallica e siamo l’unica azienda a produrla. Infine, abbiamo le chiavi proximity, l’evoluzione futura del settore. Sono chiavi dotate di un’antenna e di un transponder più potente, si tengono in tasca e non devono essere inserite nella serratura; è infatti sufficiente trovarsi a una certa distanza per consentire il disinnesco del sistema di sicurezza e aprire la portiera». Come ha reagito il vostro particolare set-

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Massimo Bianchi, presidente della Keyline Spa di Conegliano (TV) www.keyline.it

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tore alla crisi economica e quali sono state le difficoltà maggiori a cui la Keyline ha dovuto far fronte? «Il settore della sicurezza non è stato vittima di fenomeni di regressione e lo dimostra il fatto che il consumo di chiavi è rimasto invariato. Anche storicamente il comparto della ferramenta è sempre stato solido e in salute, senza contare che la chiave è un prodotto internazionale, di cui tutti hanno bisogno. Questo non significa che come azienda non abbiamo dovuto affrontare alcune difficoltà, tra cui la più difficile da contrastare è stata sicuramente quella del credit crunch. Avendo acquisito una posizione di leadership sull’alta gamma grazie ai nostri prodotti molto tecnologici, infatti, abbiamo dovuto impegnarci in enormi investimenti in materia di


FORMAZIONE E SICUREZZA erto, in territorio americano e asiatico, la Keyline sta portando avanti una redditizia attività di distribuzione dei prodotti e assistenza al cliente, ma sta anche investendo nella creazione dei suoi prossimi clienti. Attraverso training e corsi formativi, infatti, la società della famiglia Bianchi sta sponsorizzando scuole di formazione professionale che fanno conoscere ai giovani il mondo della sicurezza. Come spiega Massimo Bianchi: «Questi studenti utilizzano le nostre duplicatrici per fare pratica e quindi un domani quando apriranno le loro attività, continueranno a impiegare i macchinari Keyline».

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risorse umane, ricerche, sviluppo, attrezzature e noleggio di computer per lavorare sul sistema di calcolo che decripta i codici delle chiavi. È facile capire come la stretta creditizia abbia rappresentato un limite per una piccola azienda familiare smaniosa di procedere nell’attività. Abbiamo deciso di affrontare la situazione da famiglia, investendo i risparmi e il patrimonio nell’azienda. Uno sforzo che, insieme all’essere protesi verso l’estero, ci ha ripagati». Il vostro interesse per l’internazionalizzazione lo avete dimostrato dopo soli due anni dalla partenza della Keyline, aprendo negli Stati Uniti la Bianchi Usa. Com’è nato questo progetto?

«Il tutto è partito come un investimento molto coraggioso. Abbiamo scelto di aprire una filiale negli Stati Uniti perché sapevamo che per quanto riguarda i prodotti di un settore d’alta tecnologia come quello della sicurezza il cliente americano esige sul territorio un servizio di assistenza tecnica 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. La sede americana, quindi, è stata aperta con l’obiettivo di rispondere a varie esigenze del mercato locale: fare magazzino di prodotti di ricambio, promuovere le vendite, organizzare dimostrazioni, fare assistenza ai distributori e so- VENETO 2012 • DOSSIER • 149


INNOVAZIONE

90% QUOTA DI FATTURATO MATURATA OGNI ANNO DALLA KEYLINE SPA ATTRAVERSO LA DISTRIBUZIONE DI CHIAVI AUTO E DUPLICATRICI NEI MERCATI AMERICANI E ASIATICI

prattutto garantire l’assistenza post-vendita».

Viene spontaneo chiedersi quanto incida l’export sull’attività della Keyline. «L’export di chiavi auto e duplicatrici elettroniche rappresenta il 90 per cento del fatturato della nostra attività. Abbiamo due importanti realtà distributive: quella americana, appunto, e quella cinese. In Cina abbiamo un ufficio che si occupa di vendere più che nel proprio territorio – quello cinese è un mercato molto difficile, dove non è ancora stato sviluppato un comparto di specialisti della sicurezza – in tutto il resto d’Oriente». Al mondo ci sono solo altre due aziende che producono macchinari come i vostri. Non avete paura che altre imprese inizino a clonare i vostri prodotti? «Noi chiamiamo le nostre chiavi e duplicatrici organismi viventi. Questo perché una volta prodotte hanno bisogno di un costante aggiornamento a seconda delle nuove automobili in commercio, dei nuovi codici e dei nuovi manuali. Oltre a parti meccaniche ed elettroniche, inoltre, le nostre chiavi hanno anche una parte digitale

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concentrata in un touchscreen, grazie al quale è possibile governare tutte le funzioni della macchina. Per la parte digitale, sviluppiamo e personalizziamo in collaborazione con un partner industriale strategico sofisticati software, che a loro volta devono essere aggiornati. In definitiva, sarebbe troppo difficile per altre società clonare i nostri prodotti». Con le forze di polizia di alcuni paesi avete formalizzato una partnership per la duplicazione delle chiavi. Come ci siete riusciti? «Siamo stati contattati perché conosciuti. La nostra azienda deriva da un’attività familiare con 240 anni di storia alle spalle e, di conseguenza, il nostro cognome è diventato sinonimo di competenza plurisecolare nella produzione di chiavi e duplicatrici. Attualmente, forniamo macchine duplicatrici elettroniche al corpo di polizia di Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Cina, in particolare di Shanghai e Pechino. Le nostre apparecchiature vengono utilizzate anche dai servizi di sicurezza per duplicare le chiavi e quindi penetrare senza lasciare traccia nelle automobili usate dai terroristi».



INNOVAZIONE

L’innovazione sostiene lo sviluppo Ad oggi quasi la metà delle imprese innovatrici italiane ha apportato un cambiamento sia dei prodotti sia dei processi produttivi. Il punto di Vittorino Manfro nel settore delle costruzioni e lavorazioni meccaniche Valerio Germanico

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el triennio 2008-2010, il 31,5 per cento delle imprese italiane con più di dieci addetti ha introdotto almeno un’innovazione nel proprio processo produttivo, investendo, nel solo 2010, 28 miliardi di euro (fonte: Istat). Di questi, l’85 per cento è confluito in attività di R&s e in investimenti in nuovi macchinari, investimenti che si sono tradotti in un’evoluzione sia dei prodotti che dei processi produttivi. Fra queste aziende virtuose si colloca la Lmt di Sossano (VI), specializzata nelle lavorazioni e costruzioni meccaniche per conto terzi, in particolari per il settore alimentare, eolico e delle trasmissioni. «Ricerca e sviluppo rivestono un ruolo molto importante 152 • DOSSIER • VENETO 2012

per la nostra realtà – spiega l’amministratore Vittorino Manfro –. Nel 2011 abbiamo effettuato considerevoli investimenti di carattere tecnologico e continueremo a investire anche nei prossimi anni in nuovi impianti e macchinari e nella ricerca continua di nuovi soluzioni organizzative e operative. Senza tralasciare però l’investimento per la crescita delle risorse umane – anche puntando su collaborazioni con gli istituti tecnici e professionali, alla scoperta di nuovi talenti – e il consolidamento e l’avvio di nuovi rapporti di partnership con fornitori strategici e altre imprese». Questi sforzi hanno permesso all’azienda di affrontare, nonostante le dimensioni di piccola impresa, un processo di internazionalizzazione –


Vittorino Manfro

alla ricerca di nuovi interlocutori esteri – e di delocalizzazione produttiva. «Da un punto di vista strategico, abbiamo scelto di acquisire il controllo di due società: la lituana Uab “Reversa” e la bulgara Vega 03. Queste, forti di un’elevata specializzazione, ci hanno consentito di ottimizzare il processo produttivo, concentrando lavorazioni particolari in siti specifici. Infatti, Uab “Reversa” è specializzata nel settore alimentare, mentre Vega 03 nelle fusioni in ghisa e in bronzo. Oltre all’eccellenza dal punto di vista qualitativo, riusciamo così a offrire prezzi difficilmente possibili in Italia». L’elevata qualità delle lavorazioni di Lmt è garantita dall’utilizzo di un apparato completo di strumenti di misura e controllo, radunati in una sala metrologica dedicata, e inoltre all’impiego del sistema di gestione della qualità, certificato in conformità alla norma Iso 9001:2008. Naturalmente, in tempi di crisi, non sono mancate delle difficoltà oggettive. Quelle maggiori sono state riscontrate, soprattutto negli ultimi tempi, nei rapporti con le banche e gli istituti di credito, sempre meno disponibili a concedere finanziamenti. «La nostra necessità è quella di mantenere un rapporto fiduciario banca-impresa che valorizzi i progetti imprenditoriali. Anche perché l’allungamento dei termini di pagamento rappresenta un problema crescente, in particolare un’azienda che opera in conto terzi come la nostra. Sotto questo profilo riteniamo che sarebbe utile un intervento normativo che regolamenti il mercato e stabilisca un tetto massimo di dilazione del pagamento – questo comporterebbe un vantaggio sia per le aziende sia per le banche». Le difficoltà non hanno però bloccato la progettualità e la visione di lungo periodo di Manfro. «Il passo fondamentale per formulare una strategia di innovazione è consistito nel valutare la posizione attuale dell’impresa, delineando i punti di forza e di debolezza e le capacità-chiave da sviluppare per raggiungere obiettivi a lungo termine. Le caratteristiche della nostra azienda sono

28 MLD GLI INVESTIMENTI NELL’INNOVAZIONE EFFETTUATI DALLE IMPRESE ITALIANE NEL 2010 (FONTE: DATI ISTAT)

dinamismo, elevata qualità garantita dall’utilizzo di tutti gli strumenti necessari alla misura e al controllo dei prodotti, grande attenzione alle esigenze dei partner e produzione di particolari ricavati da fusione di produzioni italiane ed estere. Intendiamo usare queste nostre competenze, supportandole con investimenti mirati, per rafforzare la fidelizzazione dei clienti attuali e individuarne di nuovi, soprattutto all’estero. Di pari passo proseguiremo il percorso verso la razionalizzazione produttiva e l’evoluzione delle lavorazioni meccaniche e lo sviluppo commerciale. Fra gli investimenti già realizzati, c’è l’acquisto di un innovativo macchinario per le lavorazioni destinate al settore alimentare, con applicazione nell’ambito dei preparati di carne».

Sopra, una parte del processo di produzione nella sede centrale della Lmt di Sossano (VI) www.llmmtt.it

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INNOVAZIONE

Nuovi spazi per il benessere Creare prodotti facilmente fruibili e dall’utilizzo immediato. È qui che si nasconde la chiave per una nuova idea di wellness finalmente accessibile e che sfida la congiuntura del settore. Ne parliamo con Carlo Geromin Marco Tedeschi

timidi segnali positivi registrati nel 2010 e nella prima parte del 2011 hanno prospettato per le imprese dell’arredo-bagno una ripresa. Nonostante l’anno scorso si sia chiuso con un calo del fatturato del 4,4 per cento, non mancano nuovi segnali di incoraggiamento: secondo una ricerca condotta da FederlegnoArredo, il bagno è la stanza della casa su cui gli italiani desiderano investire di più. Si vanno così diffondendo prodotti e arredi che puntano a fare del bagno un luogo del benessere e della cura della persona. Ed è proprio questa

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l’idea che fa da sfondo alla visione del Gruppo Geromin. «Il wellness – spiega Carlo Geromin – deve diventare un concetto comune a tutti, compreso e condiviso. Il corpo diverrà sempre più tempio da custodire, curare e amare». L’innovazione del prodotto è il vero fulcro attorno al quale ruota il vostro operato. «Sì, anche se l’innovazione, deve essere intesa a 360 gradi. Un prodotto per essere competitivo deve essere bello, funzionale e qualitativamente adeguato. Ed è quando alla funzionalità si unisce una sempre maggiore richiesta di design,


Carlo Geromin

+10% Carlo Geromin è titolare del Gruppo Geromin

L’AUMENTO DI FATTURATO CON CUI SI È CHIUSO IL 2011 RISPETTO AL 2010. MERITO DI UNA NUOVA IDEA DI WELLNESS DIFFUSA DAL GRUPPO

www.gruppogeromin.com

comfort e qualità che entra in gioco, come attore principale, il gruppo Geromin. Certo, innovare è un must, ma non è sufficiente presentare prodotti dal design esteticamente accattivante. Il cliente finale ha capito che l’immagine è molto importante, ma lo sono, allo stesso modo se non di più, funzionalità e affidabilità del prodotto acquistato. L’innovazione deve quindi fondarsi su solide basi qualitative e funzionali». A quali applicazioni vi ha permesso di pervenire la filosofia del wellness? «Gli effetti benefici di un ciclo idromassaggio, di un bagno turco o della sauna finlandese sono molteplici (purificazione della pelle, eliminazione delle tossine e rinforzo delle difese immunitarie) e consentono di migliorare la qualità della vita. La routine quotidiana toglie tempo prezioso alla cura del corpo. La domanda è di prodotti facilmente fruibili e dall’utilizzo immediato, è per questo che il gruppo Geromin li propone in misure personalizzabili e con allestimenti diversificati. Ciò permette di ottimizzare il tempo a disposizione e rendere il prodotto maggiormente accessibile». Ma in questo periodo di congiuntura economica, che spazio viene dato al wellness? «Nonostante la congiuntura economica non sia rosea per il nostro settore, il trend del gruppo è in continua crescita. Ciò è possibile grazie a un’attenta analisi di mercato e allo sviluppo di prodotti sempre più vicini alle necessità dell’utente finale. Inoltre, crediamo molto nel marketing e nella campagna di comunica-

zione che ogni anno arricchiamo con nuovi progetti e strumenti che permettono di incrementare la brand awareness». Qual è stato l’andamento registrato nell’ultimo biennio? «Il 2011 si è chiuso con un risultato di Gruppo lusinghiero: più 10 per cento rispetto al fatturato 2010. Un incremento di tale portata (trend registrato anche negli anni antecedenti), vista anche la negativa congiuntura di mercato, dimostra come gli investimenti fatti dal gruppo negli ultimi anni, abbiano portato i frutti sperati». Che quota rappresenta l’export nel vostro business, e in quali mercati siete particolarmente presenti? «Il gruppo Geromin, nel 2012, ha dato una spinta alla propria crescita ampliando il settore commerciale estero, creando una fitta rete distributiva in Europa, Russia, Medio Oriente, India e America Latina. Puntiamo ai Paesi emergenti, le ragioni sono chiare: sviluppo industriale, boom edilizio, bassi livelli di debito e classe dirigente solida». VENETO 2012 • DOSSIER • 155


INNOVAZIONE

Brevettare l’unicità Anche il settore della fabbricazione di elettrodomestici italiani è in difficoltà e resiste alla crisi solo proponendo ogni anno brevetti internazionali. Ne parla Luigi Amoretti, inventore di sistemi per la pulizia Valeria Garuti

uando la progettazione, il design e la produzione sono interamente realizzati in Italia da personale altamente specializzato e in grado di applicare, a ogni singolo progetto, tutta la professionalità necessaria, si parla del vero marchio made in Italy. La crisi economica che sta caratterizzando il nostro paese ha messo in ginocchio tante piccole e medie imprese, e non solo. Per restare sul mercato, in questo momento più che mai, occorrono idee innovative da proporre sui mercati interni e, soprattutto, su quelli esteri. Un’azienda che è riuscita a mantenere solida la quota di mercato acquisita in venticinque anni dalla sua fondazione è la società per azioni vicentina T.p.a. Impex, produttrice di elettrodomestici. Ha firmato un totale di centoventi brevetti internazionali, e ne registra in continuazione, al ritmo di sette o otto all’anno. «I miei concorrenti possono copiare quello che vedono - afferma il titolare di T.p.a. Impex Luigi Amoretti -, ma non quello che ho in testa; anzi, la competizione con altre aziende mi è di stimolo per soluzioni sempre nuove. Considerando la crisi che ha invaso anche il settore, per la nostra azienda è un vanto aver mantenuto una certa stabilità di mercato. Da sempre proponiamo prodotti ad alta tecnologia, idee innovative e design all’avanguardia. Stiamo immettendo a livello internazionale altri quattro brevetti nel settore macchine industriali. Tali macchinari sono stati presentati alle fiere di Amsterdam e Mosca e hanno ricevuto elogi

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dalla concorrenza». L’avventura imprenditoriale di Luigi Amoretti è iniziata nel 1987 quando, assieme a tre soci, rilevò una fabbrica di ferri da stiro. Due anni dopo assunse l’intero controllo dell’azienda. Affrontando ritmi di lavoro estenuanti, Amoretti ha portato in pochi anni il fatturato della T.p.a Impex alla soglia dei 55 miliardi, esportando in molti Paesi. «Ormai da tempo ci affacciamo su quei mercati dove l’alta tecnologia italiana è più apprezzata - specifica il titolare -, quali Stati Uniti, Germania, Svizzera, Austria e Francia. Ci sono poi le nazioni emergenti, come India, Russia e Mongolia che, stanche dei prodotti cinesi di scarsa qualità, apprezzano il nostro prodotto


Luigi Amoretti

Alta tecnologia, idee innovative e design all’avanguardia ci hanno permesso di firmare un totale di centoventi brevetti, circa sette all’anno da 25 anni

made in Italy». La T.p.a Impex segue una logica ben precisa: reinveste gli utili in nuovi prodotti e brevetti per circa il 15 per cento del fatturato. La serie di future proposte innovative riguarda prodotti professionali a filtro ciclonico che permette di abbattere i batteri grazie ai raggi ultravioletti. I sistemi di pulizia firmati T.p.a. Impex sono studiati e brevettati in maniera tale da consentire a chi li utilizza di ottenere il massimo risultato con il minor sforzo. Vaschette leggere e pratiche da riempire e svuotare, filtri concepiti per trattenere lo sporco e depurare l’aria, allarmi luminosi e sonori, sono solo alcuni della vasta gamma di prodotti dell’azienda vicentina. «Tra i sistemi brevettati da noi - aggiunge - sono presenti il Rain System, che permette di abbattere lo sporco aspirandolo dentro una campana inondata d’acqua, permettendo così all’aria di uscirne depurata al 99,9 per cento, lo Slalom System rende invece possibile e semplice il mo-

vimento negli ambienti da pulire, e l’Easy Clean System, facilita la pulizia del sistema di filtraggio dell’elettrodomestico». Oltre alla grande curiosità per l’innovazione, filosofia che alimenta il team aziendale, questa realtà non poteva non avvalersi degli ultimi strumenti tecnologici che le hanno permesso di accelerare la creatività e l’innovazione. «Con grande sforzo e con notevoli investimenti di questo genere - continua Amoretti - oggi siamo in grado di conciliare competenza e rapidità di esecuzione. L’introduzione di “workstations”, ovvero macchinari computerizzati di ultima generazione, hanno segnato la nostra svolta tecnologica». Il titolare conclude affermando che: «fino a quando avremo idee nuove, la crisi e la concorrenza non ci spaventeranno. Per il 2013 e gli anni a venire ci riproponiamo di aumentare il nostro fatturato, forti della produzione di sistemi unici a livello mondiale».

Sotto, sala produzione di T.p.a. Impex Spa di Romano d’Ezzelino (VI) www.tpaimpex.it

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INNOVAZIONE

Lubrificanti e rifiuti speciali, cresce l’innovazione Investire sullo sviluppo di soluzioni innovative come motore di crescita e di produttività è la strategia per rendere l’Italia più competitiva nei settori chiave come l’industria e i servizi ambientali. Il punto di Ivo Fiorese Viviana Dasara

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l contesto in cui si muoveranno le imprese italiane nei prossimi anni sarà contrassegnato da una domanda debole sia sul mercato interno che su quelli esteri. Le economie dell’eurozona continueranno, infatti, a essere penalizzate dalla tensione tra pressione fiscale ed esigenze di crescita. Tuttavia, il calo di oltre duecento punti percentuali dello spread dell’Italia è abbastanza importante ma come ha dichiarato il segretario generale Ocse, Miguel Angel Gurria, in un’intervista all’Ansa sui colloqui al vertice del G20, l’Europa deve “più che accelerare” i suoi sforzi

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per venire a capo della crisi. In questo scenario ognuno dovrà fare la sua parte e, Italia compresa, essere in grado di puntare di più sulla capacità di recuperare competitività, cogliendo le opportunità che continueranno ad essere presenti sia su alcune nicchie del mercato interno che, soprattutto, sui mercati mondiali. Anche nell’ultimo complicato triennio molte imprese sono riuscite a cogliere e interpretare al meglio gli eventi per trarre delle risposte positive, riuscendo così ad assecondare nuovi bisogni e a puntare in maggior misura sull’internazionalizzazione. Tuttavia accanto ad aziende di successo convive un numero considerevole di imprese in difficoltà, sul cui futuro peseranno in modo significativo la debolezza strategica della domanda europea e politiche creditizie più selettive. La maggior propensione all’investimento si riflette necessariamente sulla capacità e sull’efficienza produttiva delle imprese industriali italiane come dimostra Ivo Fiorese, presidente


Ivo Fiorese

In apertura, prodotti commercializzati dalla Fiorese Group di Rossano Veneto (VI), Mobil Authorized Distributor. Sotto, mezzo per la raccolta degli oli lubrificanti www.fioresebernardino.it

della Fiorese Group, fra le prime cento aziende della provincia di Vicenza. «L’attuale congiuntura economica – sostiene – ha alzato il grado di competitività del mercato. In questo contesto, il fattore chiave è poter offrire un servizio di elevata professionalità che coniughi competenza ed esperienza». Le società a capo di Fiorese Group sono aziende attive da parecchi decenni nei rispettivi settori: distribuzione di carburanti e commercializzazione di luSostenibilità ambientale e rispetto brificanti (Fiorese Bernardino) e per le generazioni future sono i valori per recupero, smaltimento di rifiuti speciali (Fiorese Ecologia). Una consegnare ai nostri figli un mondo migliore storia imprenditoriale che racconta oltre mezzo secolo di costante crescita e boratori terzi. L’attenzione alla sostenibilità di soluzioni innovative. Dall’ultima indagine ambientale, relativa alle dotazioni aziendali e a cura del Servizo statistiche economiche e fi- alle modalità di trattamento dei rifiuti è nanziarie della Banca d’Italia sull’andamento molto importante: recuperare materiali, ricidelle imprese nel settore industriale e dei ser- clarli e dare loro una seconda vita è un convizi, nei giudizi sulla spesa per gli investimenti tributo che deve rendere orgogliose le imdell’anno prossimo continuano a prevalere prese del settore. «Il nostro impianto – opinioni di cautela: a fronte del 14,9 per cento prosegue Fiorese – è uno stabilimento per la di imprese che prospetta valori superiori ri- raccolta e il conferimento di batterie al spetto a quelli del 2012, il 28,7 per cento ri- piombo, stracci, plastica, metalli ferrosi e nuporta ancora un calo. «Siamo una realtà in merosi altri codici rifiuti (Cer). Oltre ad essere crescita, anche se il mercato dei carburanti muniti della certificazione Iso 14001 per la vive profondi mutamenti: se da una parte i gestione ambientale e un impianto di depuprezzi del greggio salgono, dall’altra il potere di razione per le acque di scarico, è di quest’anno acquisto dei clienti diminuisce. Per questo, la dotazione di un impianto fotovoltaico della fornire un servizio di altissima qualità è la superficie di 2784 metri quadri che permette strada da percorrere per vincere le sfide di la produzione di energia elettrica per autooggi». consumo fino al 87 per cento del fabbisogno L’azienda si avvale inoltre di analisi chimiche totale. Sostenibilità ambientale e rispetto per per il controllo a campioni di gasolio e lubri- le generazioni future sono i valori che riteficanti, sia attraverso dotazioni interne, come niamo importanti per consegnare ai nostri fila divisione specializzata Fiorese Power, che la- gli un mondo più vivibile».

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MERCATO DELL’AUTO

Si riaccende il mercato dell’auto «Da quando il 10 novembre scorso è stata presentata sul mercato italiano, ha riacceso quell’interesse per l’automobile che si era sopito in tempo di crisi». Il punto di Massimo Mazza Sebastiano Vinti

l crollo del mercato dell’auto non accenna a frenare la sua corsa. I dati dell’Acea (Associazione europea dei costruttori di automobili) continuano a essere preoccupanti: si parla del 10,8 per cento di auto registrate in meno, rispetto al mese di settembre dello scorso anno. Inoltre da inizio anno a fine settembre, il numero di nuove auto immatricolate è sceso del 7,6 per cento. Per i grandi costruttori europei non c’è strategia che tenga: provare in tutti i modi. E la Volkswagen “cala l’asso”. «Lo slogan che accompagna il lancio pubblicitario della nuova Volkswagen Golf è: “Golf, Das Auto” che, in italiano, suonerebbe: “Golf, L’Automobile”». Esordisce così Massimo Mazza, direttore generale della Vicentini spa, concessionaria con 38 anni di esperienza a fianco della casa automobilistica tedesca. «È certamente un’affermazione importante – ammette Mazza – ma, d’altra parte, è un’auto che forse se lo può permettere data la sua storia». Mazza ha fatto tutte le prove del caso e si dimostra entusiasta. «Gli inserti luminosi – dice – nei pannelli delle porte, le particolari luci di lettura nella parte anteriore e posteriore, la retroilluminazione bianca dei comandi conferiscono un’incredibile eleganza. Inoltre, come

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Nell’immagine, la concessionaria Volkswagen - Vicentini Auto (Verona) www.vicentini.it

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ogni nuova versione delle Golf, anche la numero 7 mantiene tutte le caratteristiche che l’hanno fatta grande ma con radicali cambiamenti sia estetici che tecnologici». Forse è proprio il tentativo di coniugare innovazione e tradizione a spiegare il progetto che ovviamente ha dedicato grande attenzione all’incerta situazione del mercato. «Questa Golf – continua Mazza – è l’auto per chi vuole fare un investimento sicuro: da quando il 10 novembre scorso è stata presentata sul mercato italiano, ha subito riacceso quell’interesse per l’automobile che si era sopito negli ultimi tempi. La crisi c’è, ma la nuova Golf è una chiara risposta: affidabilità, durata, valore nel tempo, costi di esercizio limitati sono i temi


Massimo Mazza

La crisi c’è ma la nuova Golf è una chiara risposta: affidabilità, valore nel tempo e costi di esercizio limitati per combatterla

per combatterla». Le novità sono molte. «Il passo allungato – spiega il direttore generale della Vicentini –, gli elementi trasversali di frontale e posteriore, il caratteristico montante posteriore e le linee ancora più scolpite e precise conferiscono a nuova Golf dinamicità ed eleganza. Il passo allungato, inoltre, migliora l’abitabilità interna offrendo più spazio anche per i passeggeri posteriori. La rinnovata consolle centrale è ora orientata verso il conducente ed è decisamente avvolgente per una gestione ottimale delle sue funzioni. Grazie a materiali di pregio gli interni risultano estremamente piacevoli al tatto oltre che gradevoli alla vista. E ancora: sedili ergonomici e bagagliaio più capiente sono ele-

menti che fissano nuovi standard in materia di comfort». Forse non basterà l’uscita del nuovo modello a rivoluzionare il settore, ma la Vicentini ha voluto impegnarsi al massimo per esaltare le innovazioni della Golf VII e valorizzarne il lancio: «all’esposizione dei nuovi modelli era affiancata la collezione delle 6 versioni precedenti, dalla prima del 1974 alla sesta prodotta dal 2008 all’agosto di questo anno. La Golf è stata sin qui prodotta in oltre 29 milioni di esemplari. E la Vicentini, nel corso dei suoi 38 anni di attività ne ha consegnate oltre 40.000 unità. Sono record non da poco e la nuova Golf VII si prepara a confermare il successo di tutte le versioni precedenti». VENETO 2012 • DOSSIER • 161



FOCUS VICENZA Una mobilità più smart in centro e un’espansione misurata, supportata da servizi ben distribuiti, intorno alla città. Così Vicenza guarda avanti, dandosi un’immagine meno manifatturiera e più “fotogenica” sotto il profilo turistico

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FOCUS VICENZA

PENSIAMO IN “METROPOLITANO” 27.870 20 mln BENESSERE

INVESTIMENTI

Il valore, in migliaia di euro, del prodotto pro capite stimato nel 2012 a Vicenza, il 20% di quello nazionale. Fonte Unioncamere-Prometeia

La somma che il Comune di Vicenza ha destinato quest’anno al finanziamento di cantieri pubblici


Achille Variati

Sviluppo urbano nel segno della sostenibilità e della promozione turistica, ma anche nuovi ambiti industriali, ricavati per lo più attraverso operazioni di riconversione produttiva. Sono i propositi per la nuova Vicenza di Achille Variati, che ritiene sia tempo di ampliare gli orizzonti Giacomo Govoni

4mila POPOLAZIONE I nuovi abitanti che, secondo il Piano degli interventi, s’insedieranno nel vicentino nei prossimi 5 anni

icenza rimane la locomotiva economica del Veneto. Anche in un 2012 in cui le stime del Pil regionale elaborate da UnioncamerePrometeia calcolano una contrazione dello 0,3 per cento, la provincia berica non abbandona i piani alti della produttività italiana, superando del 20 per cento la media di valore aggiunto prodotto pro capite nazionale e sistemandosi subito alle spalle di Belluno a livello regionale. Facile comprendere, pertanto, perché nella vasta operazione di accorpamento delle Province, quella di Vicenza non sia mai stata messa in discussione. Ciò non toglie, osserva il sindaco Achille Variati, che ora serva «un’alleanza tra istituzioni locali per avere maggiore “potere contrattuale”, in modo da offrire ai cittadini servizi migliori a costi minori». Alleanza che rientra nel cosiddetto “polo Ovest”. Se andasse in porto il progetto, quali ricadute positive ne trarrebbe Vicenza? «Sul riordino delle Province la Regione Veneto ha

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deciso di non decidere. Io, con i sindaci di Verona e Rovigo, penso che un polo Ovest possa essere il giusto contrappeso al polo Est che gravita intorno a Venezia, Padova e Treviso. Ci sembra una bella idea, e ha anche un bel nome: “Vivrò”, acronimo delle sigle provinciali di Vicenza, Verona e Rovigo». Intanto, però, sulle imprese vicentine gravano alcuni macigni, come i ritardati pagamenti delle Pa. Come vi state muovendo su questo binario? «Questo credo sia un problema enorme in Italia, dove le aziende finiscono nel mirino di Equitalia perché non vengono pagate dagli enti pubblici. A Vicenza, ad esempio, ci sono imprese che hanno realizzato importanti lavori per porre rimedio ai danni dell’alluvione del 2010 e non sono ancora state pagate dalla Regione Veneto, nonostante ci sia un commissario incaricato di gestire l’emergenza. Come amministrazione comunale quest’anno abbiamo scelto di vendere le quote societarie che detenevamo nelle autostrade per investire circa 20 milioni di euro in opere per

Achille Variati, sindaco di Vicenza

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FOCUS VICENZA

tutta la città: pagamenti che, per non incorrere sente di ricavare altri posti auto nelle vicinanze e, nei vincoli del patto di stabilità, devono essere definiti entro l’anno. In questo modo stiamo rimettendo a posto la città e dando ossigeno a molte imprese con pagamenti quasi immediati». Ossigeno invocato anche dai commercianti cittadini, in polemica contro un piano urbano della mobilità che, a detta loro, ne penalizzerebbe le attività. Come risponde? E quali sono invece i risvolti economici positivi di questo piano? «Il piano urbano della mobilità prevede investi-

menti molto importanti per completare la rete comunale ribattezzata “ciclopolitana”. Stiamo iniziando a concretizzarlo, in particolare con la realizzazione di piste ciclabili e corsie preferenziali per i bus. Ed è qui che sono nate le poteste dei commercianti, perché in alcuni casi gli spazi per biciclette e autobus ci costringono a eliminare posti auto abitualmente utilizzati dai clienti dei negozi. Poche decine di posti, su un totale di 16.600 parcheggi in città, da sacrificare in cambio di una mobilità sostenibile anche per bici e bus. In ogni caso abbiamo trovato una soluzione che ci con166 • DOSSIER • VENETO 2012

quindi, la protesta dei commercianti è finita». Sul fronte della pianificazione di aree produttive, a quali sviluppi è atteso a breve il tessuto economico vicentino? «Abbiamo appena dato vita al Piano degli interventi che disegna la città del futuro e, per i prossimi cinque anni, dispone che il riuso delle aree esistenti prevalga di gran lunga su nuove espansioni. Nella zona industriale verranno creati ambiti dove, con equità, si potrà trasformare il settore manifatturiero in terziario avanzato e inserire i necessari servizi. In questa fase di crisi, è indispensabile che anche il nostro territorio, una delle locomotive del sistema produttivo nazionale, ragioni in termini di riconversione e trasformazione. La nostra amministrazione sta gettando le basi per convertire parte dell’economia vicentina al turismo: stiamo valorizzando le bellezze architettoniche e artistiche della nostra città tutelate dall’Unesco, con particolare attenzione per la Basilica Palladiana, che dopo un lungo restauro ora ospita la grande mostra “Raffaello verso Picasso”, fra le tre più viste in Italia». Chiudiamo con l’economia “domestica”, su cui incideranno anche le nuove aliquote Imu. Secondo quali criteri le avete fissate e quanto peseranno sulle tasche delle famiglie vicentine? «Le aliquote Imu, tassa che riscuotono i Comuni ma che va a finire quasi interamente a Roma, inizialmente erano state fissate in fotocopia con le principali amministrazioni comunali della provincia. Nella successiva ridefinizione abbiamo scelto di privilegiare chi subisce di più gli effetti della crisi economica esentando dall’Imu sulla prima casa le famiglie con almeno quattro figli a carico fino a 26 anni di età e le famiglie con un disabile grave in casa. Si tratta in tutto di circa mille famiglie completamente esentate. Inoltre, abbiamo abbassato allo 0,76% l’aliquota per le seconde case date in comodato d’uso gratuito a parenti di primo e secondo grado. Per compensare queste scelte, abbiamo previsto un leggero aumento dell’imposta, da 0,96 a 0,98 per cento per le seconde case».


Vittorio Mincato

CONFIDI, LEVA DELLA RIPRESA Sono di medie dimensioni e protese verso l’estero le imprese vicentine che stanno traghettando le rispettive filiere fuori dalla crisi. Comprese le pmi, a cui le attività camerali, rimarca Vittorio Mincato, dedicano particolare riguardo Giacomo Govoni

na moderata ma costante crescita fino all’estate dell’anno scorso, poi una graduale flessione coincisa con il calo dei volumi produttivi registrato anche nel primo semestre del 2012. Il quadro di sintesi dell’economia vicentina delineato dalla Camera di Commercio sparla chiaro: nell’ultimo anno abbondante la realtà economica locale è stata tenuta in piedi principalmente dai risultati ottenuti sui mercati esteri. «Il problema – osserva Vittorio Mincato, presidente dell’ente camerale di Vicenza – è che larga parte delle nostre 80mila imprese e più sono troppo piccole per affrontarli». Da quali settori sono arrivate le migliori performance in questi mesi? E verso quali rivolgerete la vostra attenzione nel prossimo futuro? «Non sono tanto specifici settori produttivi a registrare performance migliori di altri, anche se la concia, la meccanica e l’alimentare vanno decisamente meglio di altri. In realtà, a “performare”

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Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio di Trieste e della società Trieste Terminal Passeggeri

meglio sono le imprese di medie dimensioni, con una struttura organizzativa consolidata, non indebitate e presenti con prodotti e servizi direttamente sui mercati esteri. Queste imprese trainano tutta la filiera a cui appartengono, comprese le pmi. Dal canto nostro, ci stiamo concentrando soprattutto su questo universo di imprese piccole e piccolissime: attraverso l’azienda speciale Made in Vicenza le aiutiamo a crescere, le assistiamo nelle missioni all’estero e nella partecipazione alle grandi fiere internazionali». VENETO 2012 • DOSSIER • 167


FOCUS VICENZA

Discrete notizie giungono dal commercio con l’estero, riassestatosi l’anno scorso su livelli di scambi pre-crisi. A quali mercati stanno puntando le imprese locali? «L’anno scorso l’incremento delle esportazioni vicentine, +10,9 rispetto al 2010, è stato superiore di mezzo punto al +10,4% delle esportazioni venete. Nei primi sei mesi del 2012 la crescita dell'export vicentino, pur rallentando, è continuata attestandosi al +3,9%. Due terzi delle esportazioni vicentine sono rivolte all’Europa, principalmente a Germania e Francia, ma stanno crescendo le esportazioni verso Paesi che a inizio secolo erano a malapena presenti nelle nostre statistiche: Cina, Russia e Polonia, ma anche Turchia, Brasile e India. Le quote di export verso questi Paesi sono in valore assoluto ancora contenute, ma la crescita è continua». Nella relazione programmatica 2013 spicca l’intenzione di tenere vivo il flusso del credito fra istituti finanziari e imprese

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locali. Attraverso quali iniziative concrete lo sosterrete? «Nel favorire l’erogazione del credito alle imprese, la Camera di Commercio attribuisce importanza fondamentale ai Confidi. Già le gestioni che ci hanno preceduto hanno erogato contributi annui non marginali agli organismi di garanzia. Dal 2009 questi contributi sono stati più che raddoppiati e hanno raggiunto 1,2 milioni di euro l’anno. È stato possibile farlo sopprimendo tutta una serie di contributi che erano erogati a pioggia a piccole iniziative di scarsa o nessuna importanza. Così sarà anche nel 2013. Attraverso questo flusso di denaro i Confidi aumentano la loro capacità di garantire i crediti che le banche erogano alle imprese vicentine». Tuttavia, siete alle prese con perdite consistenti del Centro interscambio merci e servizi, di cui siete soci. Come le state arginando e come stanno condizionando le


Vittorio Mincato

+3,9% 1,2 mln EXPORT

EURO

La crescita fatta segnare dall’export vicentino nel primo trimestre di quest’anno

La cifra che ogni anno la Camera di Commercio vicentina eroga ai Confidi territoriali

vostre strategie d’intervento sul territorio? «La partita del Centro d’interscambio è del tutto estranea al nostro rapporto con gli organismi di garanzia. È una vicenda nata male tanti anni fa, e sviluppatasi ancora peggio, nella quale la Camera di Commercio non avrebbe mai dovuto entrare. Invece, ci ha messo molti soldi e ha garantito tanti debiti per acquistare terreni, fra l’altro sottratti all’agricoltura, rimasti incolti per anni. È un brutto esempio di ciò che accade quando gli enti pubblici si mettono a “fare affari”. Le perdite che ne sono derivate non condizioneranno le nostre strategie di intervento sul territorio perché sono coperte dal patrimonio accumulato nel passato, non soltanto quello risultante dal bilancio, ma anche quello implicito nel valore della partecipazione nell’autostrada Brescia-Padova che stiamo vendendo». In tema di riassetto delle istituzioni pubbliche, ha dichiarato che «le Camera di Commercio dovrebbero essere oggetto di

una riforma radicale». Qual è la sua proposta? «Io sono convinto che occorra allargare la loro area di competenza e farla coincidere con il territorio regionale, riducendole dalle attuali 100 a meno di 50. Andrebbero soppresse le Unioncamere regionali, che spesso sono un inutile diaframma tra gli enti camerali provinciali e Unioncamere nazionale e non sempre sono in grado di soddisfare i bisogni dei primi, che tra l’altro provvedono al loro finanziamento. Ne deriverebbero economie di scala, miglioramenti qualitativi dei servizi alle imprese e riduzione dei diritti che le imprese pagano annualmente alle Camera di Commercio. Ma le resistenze sono tante: in Veneto perderebbero il posto più di 150 consiglieri camerali, 6 presidenti, 6 vicepresidenti e 18 revisori, senza contare la riduzione del fabbisogno di personale che ora la legge impone, compromettendo la qualità dei servizi, senza incidere sull’assetto organizzativo. Prima o poi qualcuno ci riuscirà». VENETO 2012 • DOSSIER • 169


FOCUS VICENZA

UNA NUOVA LEGGE PER REGOLARE IL MERCATO Secondo Sergio Rebecca, la spinta al commercio territoriale passa per una pianificazione che «preservi le attività di vicinato e recuperi spazi degradati senza ulteriore consumo di suolo». Abbinata a una mobilità che non penalizzi i negozi Giacomo Govoni

n nuovo pacchetto di regole, improntate a restituire centralità al tessuto commerciale della regione non solo dentro al perimetro dei centri storici, ma anche nelle aree periferiche. È quanto prevede il disegno di legge per lo sviluppo del sistema commerciale del Veneto, adottato dalla giunta regionale a inizio ottobre. Un provvedimento al quale il presidente di Confcommercio Vicenza Sergio Rebecca riconosce una «maggior attenzione al recupero dei nuclei urbani, in particolare delle aree storiche» ma in cui rintraccia anche «un’eccessiva apertura a nuove cementificazioni del territorio».

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In che modo vi siete attivati per allineare il testo alle vostre istanze? «Con tutte le Confcommercio venete, abbiamo avanzato la richiesta di rivedere il testo originario, specificando i criteri per l’insediamento delle nuove strutture distributive, soprattutto delle grandi superfici. Altro punto critico è la mancata eliminazione del famoso articolo 38 del Piano territoriale regionale di coordinamento, che lascia carta bianca alla Regione sulle aree, considerate strategiche, comprese nel raggio di 2 km dai caselli autostradali. Se, come affermano il governatore Zaia e l’assessore Coppola, tra i princìpi della nuova legge c’è quello di non consumare più

territorio, per coerenza la suddetta norma andrebbe eliminata. Altra questione da correggere è l’apertura di nuovi esercizi commerciali di media dimensione in aree e strutture dismesse o degradate, prevista non solo recuperando capannoni in disuso, ma anche costruendo su terreni con altre destinazioni d’uso». I commercianti vicentini hanno espresso un vibrante dissenso sul piano di mobilità varato dal Comune. Cosa lamentano gli esercenti e quali soluzioni alternative caldeggiate? «La protesta è servita a far sentire all’amministrazione cittadina la contrarietà dei commercianti vicentini rispetto all’applicazione, senza alcuna


Sergio Rebecca

-18,2% VENDITE

Il calo registrato nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2011

preventiva verifica, delle linee guida del Pum. Quello che si voleva, e in parte è stato ottenuto, è che fosse salvaguardata l’accessibilità ai negozi, preservando gran parte dei posti di sosta, essenziali alla sopravvivenza delle attività di vicinato in città. Quindi, sì a piste ciclabili e corsie preferenziali per i bus ma senza compromettere il commercio. Una città sostenibile si misura anche sull’esistenza di una rete distributiva di prossimità, che consente a tutti i cittadini di non rivolgersi per forza ai centri commerciali di periferia». All’orizzonte incombe un aumento dell’Iva. Come hanno reagito i commercianti locali e quali catego-

rie temono i contraccolpi più significativi? «Il Ddl stabilità ha confermato l’aumento dell’aliquota dal 21 al 22%, mantenendo invariata quella al 10. È una scelta che va nella direzione sbagliata perché alimenta una pressione fiscale non più sopportabile per un Paese che ha l’urgenza di proiettarsi verso la crescita. La gente avrà sempre meno soldi in tasca e i consumi interni continueranno a scendere. Ma è proprio la debolezza della domanda interna che spiega, in gran parte, il divario di crescita tra l’Italia e altri paesi dell’Eurozona, Germania in primis. Dunque, se non si rimettono in moto i consumi, intervenendo proprio sulla fiscalità, l’Italia non può ripartire,

quando invece è proprio questo ciò che serve». Quali supporti offre oggi la vostra associazione agli operatori in balìa di un momento economico tanto difficile? «Confcommercio Vicenza ha da qualche anno investito sulla formazione, costruendo da zero una struttura all’avanguardia, con aule e strumentazioni dedicate a percorsi didattici di qualità, sia in ambito aziendale che food. Con il centro formazione Esac abbiamo voluto offrire alle nostre imprese, e ai cittadini in generale, uno strumento per guardare oltre la crisi: questo è anche il momento di investire nella crescita personale e professionale. E non lo sosteniamo per “dogma”, ma guardando agli ultimi dati, che confermano come affermarsi siano proprio le aziende che si rinnovano e che puntano sulla formazione o con strategie più efficaci per affrontare le difficoltà».

In apertura, Sergio Rebecca, presidente di Confcommercio Vicenza

VENETO 2012 • DOSSIER • 171




Un progetto di disinquinamento per la laguna

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a Laguna di Venezia è una delle aree umide più importanti del mondo per le sue caratteristiche morfologiche, idrogeologiche e ambientali. È inoltre una zona densamente urbanizzata con oltre 1.000.000 di abitanti, oltre ad essere una delle principali aree industriali italiane. Gli effetti derivanti dall’attività umana su un territorio così delicato hanno un forte impatto sull’equilibrio ambientale, con innegabili ripercussioni sull’intera area e i suoi abitanti. Si tratta pertanto di un’area in cui è assolutamente indispensabile intervenire con progetti di politica ambientale, per evitare ripercussioni pericolose sull’intero territorio e i suoi abitanti. È per questo

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Una sinergia d’intenti che ha lo scopo di salvaguardare una delle aree umide più importanti al mondo. Con Giovanni Artico e Guerrino Cravin parliamo del Progetto Integrato Fusina, nato per tutelare la Laguna di Venezia Nicoletta Bucciarelli

scopo che è nato il Progetto Integrato Fusina (PIF), un’evoluzione del preesistente impianto di depurazione di Fusina in “Piattaforma Multifunzionale”, ammodernando i processi biologici e introducendo trattamenti primari chimico-fisici seguiti da un sistema di fito-depurazione nell’area umida denominata “Cassa di Colmata A”. Ne abbiamo discusso con Giovanni Artico, a capo della Direzione Regionale Progetto Venezia, Commissario Straordinario per il Recupero Territoriale e Ambientale di Venezia Porto Marghera e Responsabile Unico per la Concessione del

PIF e con Guerrino Cravin, amministratore delegato di SIFA – Concessionario della Regione Veneto per il PIF. Come è nato il “Progetto Integrato Fusina”? GIOVANNI ARTICO: «Il progetto nasce da esigenze condivise e sinergie d’intenti fortemente connesse alle necessità di salvaguardia e tutela del territorio. Queste necessità hanno portato a raccogliere una grande sfida di politica ambientale, culminata con l’adozione da parte della Regione Veneto del “Piano per la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento delle acque del bacino idrografico immedia-


Giovanni Artico e Guerrino Cravin

tamente sversante nella Laguna di Venezia – Piano Direttore 2000”. Il Piano individua alcuni obiettivi il cui raggiungimento è imprescindibile per il mantenimento dell’equilibrio del delicato sistema della Laguna di Venezia; tra questi, la diminuzione di sostanze nutrienti quali azoto e fosforo sversati nel Bacino Scolante nella Laguna di Venezia e la riduzione di sostanze microinquinanti attraverso l’adozione di tecniche industriali all’avanguardia per la depurazione. Queste le premesse che hanno portato la Giunta della Regione Veneto ad adottare il progetto dell’opera denominata “Progetto Integrato Fusina” quale evoluzione dell’allora impianto di depurazione di Fusina in “Piattaforma Multifunzionale”, ammodernando i processi biologici e introducendo trattamenti primari chimico-fisici e un sistema di fito-depurazione nell’area umida denominata “Cassa di Colmata A”, con il successivo allontanamento a mare dei reflui trattati». Quali sono i vantaggi portati dal PIF per l’area interessata? G.A.: «Il PIF è la più grande opera pubblica di disinquinamento mai realizzata nella zona di Venezia. Ne consegue che il vantaggio di maggior rilievo sia ridurre lo sversamento di sostanze inquinanti nella Laguna di Venezia, con

Il PIF è la più grande opera pubblica di disinquinamento mai realizzata nella zona di Venezia. Con essa si ridurrà lo sversamento di sostanze inquinanti nella Laguna

una progressiva opera di disinquinamento di tutto il territorio veneziano e un controllo centralizzato delle rese depurative. Con questa struttura offriamo inoltre un servizio importante alle attività produttive insediate nel sito d’interesse Nazionale di Venezia – Porto Marghera nell’ambito di uno sviluppo sostenibile». Quali le tempistiche e i costi complessivi? GUERRINO CRAVIN: «Le sezioni

impiantistiche sono state già ultimate nel 2012 e dopo l’opportuno avviamento propedeutico, con il primo gennaio 2013 verrà avviata la gestione. L’intera opera è stata finanziata per il tramite di un’operazione di project financing del valore di 200 milioni di euro nel quale Regione del Veneto e privati hanno concorso in parti uguali». Quali sono le motivazioni più importanti che hanno VENETO 2012 • DOSSIER • 181


SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO

spinto alla realizzazione di razione di risanamento amquesto progetto? G.A.: «La Regione Veneto ha assunto l’impegno di investire su un sistema ingegneristico molto complesso e altamente all’avanguardia, i cui risultati conferiscono quotidianamente ulteriori motivazioni nella prosecuzione dello stesso, con la consapevolezza di agire per il bene del territorio. Un progetto in cui si coniugano gli obiettivi della Pubblica amministrazione con gli strumenti dell’imprenditoria in una finalità legata al bene comune, un’ope-

182 • DOSSIER • VENETO 2012

bientale che non ha eguali nel territorio veneziano». In che modo l’“Impianto polifunzionale integrato” è in grado di tutelare l’ambiente coinvolto? G.C.: «L’impianto polifunzionale integrato è un vero e proprio filtro in grado di trattare le acque di prima pioggia dell’area di Marghera, i reflui industriali prodotti dalle attività degli stabilimenti produttivi insediati nell’area, le acque di falda inquinate derivanti dai lavori di messa in sicurezza del Sito di Interesse

Nazionale di Venezia – Porto Marghera. Notevole rilievo ricopre la Cassa di Colmata, un’area naturalistica deputata all’affinamento dei reflui di origine civile, ad oggi uno dei più grandi siti europei di fitodepurazione, che in un non lontano futuro diverrà liberamente fruibile ad usi ricreativi e scientifici (si pensi al birdwatching). I reflui trattati vengono poi avviati al riuso, consentendo la riduzione di utilizzo di risorse idriche per scopi industriali. La parte di reflui trattati e non riutilizzati verrà poi avviata fuori dalla laguna. Il PIF è risultato vincitore della sezione “Industriale” del premio “Pianeta Acqua 2011”». Quali ostacoli avete dovuto superare per la realiz-


Giovanni Artico e Guerrino Cravin

200 mln IL COSTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PIF. L’INTERA OPERA È STATA FINANZIATA ATTRAVERSO UN’OPERAZIONE DI PROJECT FINANCING DALLA REGIONE DEL VENETO E DA PRIVATI

zazione del PIF? G.A.: «Gli ostacoli principali che abbiamo dovuto affrontare sono da imputare alla complessità dell’opera, che ci ha seriamente impegnati in tutte le fasi della realizzazione, e alla recessione industriale che ha fatto venire meno molte realtà produttive insediate all’interno del Sito di Interesse Nazionale di Venezia – Porto Marghera. Il confronto con il mutato scenario socio-economico industriale ci ha portato, in progress, a un adeguamento del progetto che ne tenesse conto». In futuro quali nuovi progetti avete in serbo per SIFA? G.A.: «Una maggiore ottimizzazione della gestione e delle risorse, il potenziamento delle attività in essere al fine di fornire

un servizio sempre più sostenibile per gli utenti e per il territorio, ed eventualmente il potenziamento della piattaforma». La crisi tocca da vicino, ovviamente, gli investimenti nelle opere pubbliche. Sulla base della vostra esperienza, la formula del Project Financing potrebbe agevolare la ripresa dell’economia? G.A.: «L’intervento del pubblico ha da sempre rappresentato un importante fattore di crescita economica e di impatto sociale. Le motivazioni che hanno generato in Italia l’esigenza di guardare al project financing quale mezzo non più alternativo nella realizzazione di opere di pubblica utilità sono determinate proprio dalla minore possibilità d’indebitamento pubblico e dai

vincoli imposti dal Patto di stabilità. Oggi la finanza di progetto, per il tramite della quale si riescono a contemperare gli interessi pubblici con la realizzazione di opere aventi finalità collettive e gli interessi imprenditoriali del privato, può rappresentare un importante volano di crescita per l’economia italiana». Dove si orienteranno i prossimi investimenti? G.C.: «Essendo una società di scopo per l’attuazione di un project financing, tutti i nostri sforzi saranno orientati a migliorare la resa e il potenziamento delle attività, ad esempio attraverso l’integrazione della rete di adduzione, nonché la potenzialità dell’impianto polifunzionale integrato esistente».

Da sinistra, Giovanni Artico, Responsabile Unico per la Concessione del PIF, e Guerrino Cravin, amministratore delegato di SIFA www.regione.veneto.it

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ENERGIA

Alternative, serve più stabilità negli incentivi er essere veramente efficace, il sistema di incentivazione delle energie alternative dovrebbe essere posto in un’ottica di continuità. L’ attuale modalità di erogazione è inadeguata». Lo afferma Diego Marani, amministratore della Marani G, società veronese che produce apparecchiature idrotermiche per la produzione e l’accumulo di acqua calda, attiva soprattutto nel panorama delle energie alternative e protagonista quest’anno del cambiamento della ragione sociale da Srl a Spa: cambiamento che rientra in una strategia oculata e

«P

Diego Marani, amministratore della Maranig Spa, con il padre Giovanni. L’azienda ha sede a Villafontana di Bovolone (VR) www.maranig.it

184 • DOSSIER • VENETO 2012

Nel settore della produzione di bollitori, importanti investimenti possono rappresentare una strategia per accrescere la competitività, all’interno di un sistema in cui gli incentivi economici e fiscali per l’energia sostenibile sono troppo frammentati. L’analisi di Diego Marani Anastasia Martini

finalizzata a consolidare l’immagine nel settore di riferimento. In un momento cruciale come quello attuale, che cosa vi ha portato a diventare una Spa? «A 35 anni e dopo quasi 15 di lavoro nel settore, il patrimonio dell’azienda ci ha consentito di mantenere un rapporto di elevata fiducia dai fornitori e dagli istituti di credito. Gli utili annualmente conseguiti sono sempre stati reinvestiti integralmente nell’azienda o accantonati come riserve. Infatti, avevamo un capitale sociale di 95mila euro e circa 3,5milioni di riserve. Per dare un messaggio chiaro di affidabilità e serietà, sia a fornitori che a banche, e in una logica di potenziamento dell’immagine aziendale, abbiamo deciso di aumentare il capitale sociale a 2 milioni di euro». In termini di fatturato, quali sono stati i risultati re-

gistrati nell’ultimo biennio? «Anche se siamo riusciti a mantenere il fatturato in linea con gli anni precedenti, non abbiamo ancora conseguito gli obiettivi prefissati; abbiamo invece dovuto registrare un lieve calo della marginalità». La vostra azienda è presente sul mercato dal 1969. Come vi ha permesso, la vostra esperienza, di sostenere la crisi? «Cerchiamo di proporre prodotti sempre nuovi, in cui il prezzo non sia l’aspetto preminente. Inoltre un tema ricorrente e molto spesso ridotto a mera retorica è quello della fiducia nelle imprese. Noi abbiamo puntato molto su questo aspetto, come dimostra l’aumento del capitale sociale e la trasformazione in Spa». Come siete approdati al settore delle energie alterna-


Diego Marani

tive, centrali per la vostra attività? «Inizialmente la nostra produzione era legata al riscaldamento tradizionale; in seguito ci siamo orientati verso le energie alternative, rivolgendoci al mercato del solare termico. Con il tempo ci siamo resi conto che questo settore era di difficile gestione, caratterizzato da annate positive, alternate ad altre quasi catastrofiche. Abbiamo così ampliato il nostro mercato anche ad altri segmenti. La scelta si è rivelata infatti vincente: negli ultimi due anni il solare termico ha avuto una flessione a due cifre». Qual è la sua posizione rispetto agli incentivi legati al

settore? «Ritengo che tale sistema, se strutturato in maniera continuativa, possa essere di reale efficacia. In Italia ciò non avviene: gli incentivi vengono frequentemente modificati, creando incertezza al consumatore e dunque inficiando i benefici che dovrebbero emergere in un’ottica di maggior impiego delle energie alternative, rinnovabili e cosiddette pulite». Solare Termico: in questo ambito il mercato tedesco rappresenta il 70 per cento del vostro business. Come riuscite a mantenere la vostra competitività? «Occorre sottolineare che i vantaggi che avevamo fino a qualche anno fa sono spariti. Se prima potevamo garantire elevati standard qualitativi a un prezzo vantaggioso, con gli attuali costi della manodopera, energia e non ultima la pressione fiscale, abbiamo perso competitività con gli

2 MLN

È IL CAPITALE SOCIALE DELLA MARANI G, CHE NEL 2012, FAVORITA ANCHE DA UNA SOLIDA SITUAZIONE PATRIMONIALE, HA SCELTO DI PASSARE DA SRL A SPA

stessi tedeschi e con altri europei. Puntiamo perciò a sviluppare frequentemente prodotti innovativi e originali e investiamo costantemente in innovazione e automazione». Quanto avete investito e quanto contate di investire nel 2013 in innovazione? «Nella prospettiva della trasformazione in Spa, abbiamo investito nel corso del 2011 circa 700mila euro in nuovi impianti; nel 2012 abbiamo potenziato alcuni reparti per quasi 300mila euro e la stessa cifra è stata destinata allo sviluppo e certificazione di nuovi prodotti. Con questi investimenti contiamo di aumentare ulteriormente la nostra quota di mercato». VENETO 2012 • DOSSIER • 185


EFFICIENZA ENERGETICA

Nuove risorse nel settore energia e stime adottate dal Piano di azione nazionale per le fonti rinnovabili dell’Italia indicano una sostanziale stabilizzazione nel miglioramento dell’efficienza, con un tasso di crescita dello 0,37 per cento annuo (registrato già a partire dal 2010), relativamente agli usi finali di energia, quali ad esempio quelli nei sistemi di distribuzione e stoccaggio del calore ed efficienza negli involucri degli edifici. Nei consumi per riscaldamento e raffreddamento sono prevalentemente le decisioni dei singoli attori della domanda, ovvero famiglie e im-

L Paola Ferroli, consigliere di amministrazione e direttore marketing del Gruppo Ferroli con sede a San Bonifacio (VR) www.ferroli.it

Impiego di nuove tecnologie e di fonti rinnovabili termiche nel rispetto delle politiche di efficienza energetica indicate per il 2020. Il punto di Paola Ferroli sul mercato dell’energia Viviana Dasara

prese, a determinare la penetrazione delle fonti energetiche rinnovabili termiche, a differenza dei consumi energetici nel settore elettrico e dei trasporti. L’impiego delle fonti energetiche rinnovabili è dunque collegato ad interventi realizzati dal lato dell’offerta. In questa direzione il Gruppo Ferroli, fondato dall’attuale presidente e Cavaliere del Lavoro Dante Ferroli, sostiene lo sviluppo dell’industria termotecnica e lo sforzo per il risparmio energetico con una gamma di prodotti per uso civile e un’offerta di sistemi alimentati con le più svariate fonti di energia: gas, gasolio ma anche solare, biomasse ed elettricità. «La nostra – afferma Paola Ferroli, consigliere di amministrazione e direttore marketing strategico –, è un’azienda leader nel settore del riscaldamento, del condizionamento e delle energie alternative, in grado di offrire una vasta gamma di prodotti tecnologicamente evoluti e affidabili, garantiti da un sistema di qualità

certificata». La storia del gruppo inizia subito dopo la prima metà degli anni Cinquanta, con la produzione di caldaie a basamento, per poi estendere l’offerta ai radiatori, quindi alle caldaie murali, agli impianti di climatizzazione, alle caldaie industriali e alle caldaie centralizzate con sistemi di contabilizzazione autonoma, fino ai sistemi solari termici per la produzione di acqua calda. In questo contesto, come avviene lo sviluppo del prodotto? «Concentriamo la nostra produzione su sistemi integrati di riscaldamento civile e professionale preconfigurati, flessibili, integrabili con le fonti di energia più convenienti localmente, in funzione dei vari mercati e della richiesta. Inoltre, la maggior parte di queste produzioni, oltre che la progettazione, è realizzata in Italia, a differenza di molti competitors che acquistano intere gamme di prodotto finito o affidano a sub-fornitori la gran parte delle realizzazioni


Paola Ferroli

514 MLN intermedie, anche dei componenti più tecnologici e di pregio. Secondo la nostra filosofia deve essere sempre garantita l’affidabilità, la semplicità di gestione e di esercizio, la flessibilità e la velocità di installazione». Quanta attenzione ponete, e quanto si investe, in ricerca, innovazione e sviluppo? «Negli ultimi due anni ci stiamo concentrando principalmente sui prodotti a condensazione in acciaio per unità

mono/pluri abitative legate a impianti ad energie rinnovabili. Al momento, la nostra azienda è molto impegnata nella promozione delle migliori e più efficienti tecnologie: solare termico, pompe di calore, caldaie a condensazione. Anche i progettisti sono seguiti da un team dedicato di consulenti professionisti e da strumenti informatici a loro dedicati». Quali prospettive per il 2013? Quali nuovi settori, target e mercati potreste con-

Concentriamo la nostra produzione su sistemi integrati con le fonti di energia più convenienti localmente

FATTURATO REGISTRATO DAL GRUPPO FERROLI NEL CORSO DEL 2011. LA CHIUSURA DEL 2012 SI PREVEDE SARÀ INFLUENZATA POSITIVAMENTE

quistare in futuro? «Per la nostra società l’apertura verso i mercati esteri si realizza attraverso importanti partnership commerciali e acquisizioni di storici marchi di produzione, consolidando negli anni la strategica posizione del gruppo a livello internazionale. Il gruppo si è sempre distinto impegnando le proprie risorse anche sui mercati esteri emergenti, prima nell’Europa Occidentale per arrivare oggi a coprire, anche con produzioni “domestiche”, mercati importanti come Cina, Vietnam e Corea, non per delocalizzare, ma per conquistare nuovi mercati locali». VENETO 2012 • DOSSIER • 187


ENERGIA

Verso l’efficienza energetica Soluzioni per impianti a biogas, bulding automation, impianti fotovoltaici e impianti tecnologici. L’idea del risparmio energetico si sta espandendo sempre a nuovi settori. Dal pubblico al privato, dall’agricolo al terziario. Ne parliamo con Franco Castelli Marco Tedeschi

l biogas può rappresentare una grande opportunità di sviluppo per l’agricoltura. Come tutte le attività produttive agricole, anche la costruzione di un impianto di biogas deve essere valutata in considerazione dell’area in cui s’intende svilupparla. Vogliamo però ribadire che gli impianti di biogas gestiti bene non creano problemi ambientali di nessun genere». A pronunciare queste parole è il presidente del Cib, il Consorzio Italiano Biogas, Piero Gattoni, alla luce di alcune polemiche scatenatesi

«I

Franco Castelli è titolare della Sinectra di San Bonifacio (VR) www.sinectra.it

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sull’installazione di un impianto di biogas, proposto da un’azienda agricola. Per questo l’installazione di un impianto a biogas deve essere realizzato con cura. «La nostra azienda – spiega Franco Castelli, titolare della Sinectra con il socio Germano Zeminian – avvalendosi di un team di collaboratori e partner qualificati, sviluppa soluzioni personalizzate per impianti biogas. Il biogas si ottiene dalla fermentazione di sostanze organiche complesse contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale: il metano in esso contenuto viene successivamente separato e utilizzato per produrre energia elettrica». In cosa consiste il lavoro di Sinectra nel campo del biogas? «I nostri servizi sono molteplici. Vanno dalla progettazione alle cabine MT/BT e trasformazione, dai quadri di potenza e controllo all’impianto in campo, dai sensori di processo all’impianto pneumatico, dal software di processo al sistema di supervisione. Ci occupiamo inoltre di formare gli addetti e di fornire manutenzione e assistenza».

Quali sono i materiali trattabili? «Si va dalle deiezioni animali di suini, bovini, avicunicoli alle colture energetiche come mais, o loietto; oppure si trattano i residui colturali (paglia, colletti barbabietole), gli scarti organici dell’agroindustria, gli scarti organici di macellazione, i fanghi di depurazione e la frazione umida rifiuti solidi urbani». Quanto siete presenti sul territorio nazionale? «Grazie a un’esperienza trentennale e alle sinergie di collaborazione sviluppate negli anni con i migliori professionisti e aziende, abbiamo consolidato una clientela territoriale di primaria rilevanza e importanti realizzazioni nazionali. Ne sono un esempio gli impianti biogas realizzati in Puglia, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Piemonte, Sicilia, Friuli, Lombardia e naturalmente nel Veneto». A quali settori vi rivolgete? «Al settore pubblico, industriale, agricolo, commerciale e terziario. Cerchiamo di cogliere sempre le nuove esigenze e necessità, riguardo tutti settori che copriamo e a cui ci rivolgiamo ovvero quello degli impianti tec-


Franco Castelli

Attraverso la building automation diminuiscono i costi di esercizio per luce e gas, si riducono gli sprechi, i costi di manutenzione e le emissioni di CO2

nologici, dell’automazione industriale e delle building automation, oltre al già citato comparto delle energie rinnovabili, il quale è stato rafforzato con una nuova realtà denominata SinectraEnergy e con tecnici specializzati. Gli impianti tecnologici sono realizzati per il settore industriale, commerciale, terziario e pubblico. La progettazione viene sviluppata in collaborazione con i migliori studi presenti sul territorio o internamente. Per offrire un pacchetto di servizi completo, abbiamo inoltre esteso la nostra offerta alla parte meccanica avvalendoci di professionisti selezionati e

preparati. Progettiamo inoltre sistemi per il comando e il controllo nel settore dell’automazione industriale, dalla gestione di macchine e linee, a sistemi di processo per impianti industriali a tecnologia avanzata. Tra le principali automazioni realizzate, ci sono le linee industriali per il settore alimentare, le applicazioni per il settore vitivinicolo, i forni di verniciatura e molte altre. Per quanto riguarda la building automation utilizziamo le migliori tecnologie per gestire in modo integrato gli impianti presenti nell’edificio (illuminazione, riscaldamento, allarmi, sicurezza, automatismi)». E quali sono i vantaggi che ne conseguono? «Diminuiscono sensibilmente

i costi di esercizio per luce e gas, anche del 40 per cento. Si riducono gli sprechi attraverso comportamenti proattivi da parte degli utilizzatori, diminuiscono i costi di manutenzione, si contribuisce al miglioramento della classe energetica dell’edificio. Inoltre si riducono le emissioni di CO2». Sinectra si occupa anche di fotovoltaico? «Crediamo che l’energia solare sia una delle migliori alternative energetiche per il futuro, in quanto pulita, inesauribile e rinnovabile. L’obiettivo è offrire un servizio consulenziale, finalizzato a proporre la migliore soluzione in termini di redditività dell’investimento e qualità del prodotto per i prossimi 20-25 anni». VENETO 2012 • DOSSIER • 189




192 • DOSSIER • VENETO 2012


Roberto Alibardi

Riciclo della plastica, serve una svolta consapevole Riuscire a ottimizzare la gestione della plastica, ottenendo il minor impatto ambientale possibile. Questo è quanto sta concretamente portando avanti Aliplast, sfidando le difficoltà date dal “sistema Italia”. Ne parliamo con Roberto Alibardi, fondatore di Aliplast e membro del consiglio direttivo di Unindustria Treviso Nicoletta Bucciarelli

econdo una direttiva della Commissione Europea gli Stati membri dovranno, entro il 2020, riciclare il 50 per cento dei rifiuti plastici raccolti. «Purtroppo oggi in Italia siamo solo al 25 per cento – spiega Roberto Alibardi, azionista di maggioranza della Aliplast –. Per questo su scala europea siamo promotori di un progetto che stiamo coordinando all’interno dell’associazione europea dei riciclatori EuPR; l’obiettivo è creare un’etichetta che identifichi la classe di riciclabilità degli imballaggi, innanzitutto, in modo simile a quanto avviene per le classi energetiche degli elettrodomestici. L’adozione di questo strumento consentirà al consumatore di sapere se un imballaggio è più riciclabile di un altro e permetterà ai progettisti d’imballaggi di orientarsi verso soluzioni più facilmente riciclabili». Aliplast inizia l’attività nel

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1982, come azienda di servizi di raccolta di materiali plastici. «Nel corso del tempo siamo diventati l’unica azienda italiana in grado di gestire unitariamente l’intero ciclo di vita degli imballaggi in plastica, dalla raccolta al riciclo, fino alla produzione di un’ampia gamma di nuovi materiali da imballaggio che possono essere nuovamente raccolti e riciclati sempre da noi. Si tratta di un’integrazione che rappresenta un caso unico in Europa, reso possibile unicamente dall’iniziativa privata senza l’aiuto di alcuna agevolazione o finanziamento da parte del settore pubblico». Oggi l’azienda di Ospedaletto d’Istrana è impegnata nello sviluppo di una filiera tracciabile della plastica che dia al consumatore la certezza dei flussi e Aliplast Spa ha la sede delle quantità realmente rici- a Ospedaletto clate. «È su questa strada che d’Istrana (TV) sono orientati anche gli obiettivi www.cosmit.it futuri, con l’impegno di riuscire a ottimizzare sempre più la ge- VENETO 2012 • DOSSIER • 193


GESTIONE RIFIUTI

CONSAPEVOLEZZA DEL CONSUMATORE n un momento di difficoltà generale come quello che stiamo vivendo, diminuire gli sprechi è sempre di più una priorità. «In tutto ciò la consapevolezza del consumatore è fondamentale. Non ha senso infatti – spiega Alibardi della Aliplast - che chi va a fare la spesa, pagando senza saperlo un contributo ambientale per gli imballaggi, una volta a casa separi questi imballaggi, credendo che tutti vengano riciclati. Una notevole parte degli imballaggi divisi viene infatti avviata a “recupero energetico”, cioè incenerita. Queste attività ottengono anche un contributo, il CIP6, che grava sulle bollette stesse. Il consumatore praticamente paga più volte per la stessa cosa. Credo che la consapevolezza di questo potrebbe cambiare molto gli scenari; possiamo chiedere sacrifici ai cittadini, ma dobbiamo essere seri nelle nostre azioni, cioè riciclare davvero».

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stione della plastica, per otte-

nerne il minor impatto ambientale possibile, anche tramite lo studio di nuovi materiali sempre più riciclabili che vadano a sostituire imballaggi non riciclabili nel settore alimentare». Con un fatturato che si attesta attorno agli 85 mln di euro, il bacino di operatività di Aliplast copre praticamente tutto il territorio europeo. «Tutti i processi produttivi sono stati certificati anche dal punto di vista delle emissioni di CO2, con un ri-

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sparmio in termini di emissioni pari a oltre 120.000 tonnellate annue, cioè quanto emettono in un anno oltre 31.500 auto di media cilindrata che percorrano 25.000 km l’anno». L’attività di riciclatore di materie plastiche è un’attività complessa, in Italia più che altrove. «I motivi delle difficoltà – prosegue Alibardi - sono diversi. Innanzitutto i costi energetici, che sono una parte determinante del conto economico, soprattutto legato al costo dell’energia elettrica che in Italia ha dei valori insostenibili rispetto a quanto pagano gli altri riciclatori europei nostri concorrenti; abbiamo calcolato in circa 6 milioni di euro all’anno questa differenza che pesa sulla competitività della nostra azienda. Il paradosso è che paghiamo in bolletta degli oneri per finanziare la termovalorizzazione che brucia anche materie plastiche che sono così sottratte al riciclo. In questo modo il riciclo è penalizzato due volte: paga di più l’energia e si vede sottratto del materiale che potrebbe essere riciclato. Non esistono, invece,

incentivi simili per chi ricicla, nonostante il risparmio di risorse garantito dal riciclo sia decisamente maggiore». Ai costi energetici si aggiungono le normative. «Le normative ambientali, cui i riciclatori sono sottoposti, sono giustamente severe ma purtroppo spesso poco chiare e coerenti. Questo impone all’azienda di riciclo una quantità di extra costi che altre imprese estere concorrenti non hanno». Un’altra difficoltà è legata al sistema di gestione nazionale. «L’Italia – prosegue Alibardi – ha adottato un sistema di responsabilità del produttore che ha istituito il “sistema Conai”, cioè dei consorzi di filiera, ciascuno dei quali gestisce gli imballaggi dei singoli materiali. Non sempre questo è il sistema più efficace, considerato che per ciò che riguarda la plastica tale sistema opera quasi esclusivamente sugli imballaggi domestici e non su quelli prodotti dalle imprese che vengono gestiti da operatori autonomi fuori dal sistema. Sempre nel caso della plastica, il CdA del consorzio di filiera per anni ha contenuto, per statuto, solo un membro dei riciclatori su dodici componenti. La spinta verso la massimizzazione delle quantità riciclate è stata ridotta dal peso maggiore in sede decisionale dei produttori di materia prima vergine, che hanno cinque membri in CdA e per i


Roberto Alibardi

quali il riciclo rappresenta un concorrente, in una palese forma di conflitto di interessi istituzionalizzato. Per ciò che riguarda il materiale raccolto e selezionato, il sistema si comporta da monopolista mettendo all’asta tale materiale per massimizzare gli incassi». Lo stesso tipo di comportamento non viene seguito dagli omologhi europei. «Per questo ci si trova in una situazione disallineata dove esistono ventisette mercati di acquisto, almeno uno per Stato membro, e un unico mercato di vendita rappresentato dal mercato europeo. Alcuni Paesi riservano quote di materiale ai riciclatori nazionali, creando delle turbative che si riflettono poi sulla competitività delle singole aziende». A tutto ciò si aggiunge la grande concorrenza del Far East. «Ciclicamente avvengono spostamenti di grosse quantità di rifiuti plastici che,

grazie ai bassi costi dei noli di ritorno e al basso costo della manodopera, vengono trasferiti in Paesi dell’Estremo Oriente. Questo sottrae materiale ai riciclatori nazionali». La posizione mantenuta da Aliplast all’interno dell’attuale sistema italiano resta comunque il più possibile collaborativa e costruttiva. «Siamo consapevoli di svolgere bene il nostro lavoro sul campo da parecchi anni e, quindi, ci sentiamo forti di poter dare un apporto al miglioramento del sistema, proprio attraverso la nostra esperienza. Chi ha la nostra esperienza può vedere gli spazi di miglioramento per le performance del sistema, il che significa sia aumentare le quantità raccolte che la percentuale di queste che viene riciclata, talvolta anche contribuendo a ridurre i costi totali per il sistema stesso. Al di là di semplici proclami, nelle diverse sedi stiamo portando avanti concretamente dei progetti reali per fare questo». A proposito di pianificazioni concrete, oltre al progetto all’interno dell’associazione europea dei riciclatori EuPR, Ali-

plast è tra i fondatori del consorzio CARPI che raccoglie la maggioranza dei riciclatori nazionali d’imballaggi secondari e terziari. «In questo modo – conclude Alibardi - puntiamo a creare un sistema autonomo di gestione degli imballaggi mostrando come sia possibile gestire il tutto con costi ridotti, creando un modello che potrebbe essere adottato anche da CONAI qualora volesse gestire il riciclo e parte della raccolta di questi flussi. Un altro esempio è dato dal risultato delle nostre ricerche; abbiamo infatti contribuito a mettere a punto un film plastico 100 per cento PET e 100 per cento riciclabile (lo stesso materiale di cui sono fatte le bottiglie dell’acqua) che consente di sostituire i poliaccoppiati non riciclabili con i quali attualmente si producono buona parte degli imballaggi alimentari per affettati, formaggi o carni. Nella nostra ottica l’adozione di questo materiale consentirà in futuro di aumentare le quantità d’imballaggi riciclati, diminuendo quelli che finiscono in discarica o in termovalorizzazione». VENETO 2012 • DOSSIER • 195


TRATTAMENTO RIFIUTI

La differenziata e il compost, vantaggi e criticità Tema sempre più attuale quello energetico e purtroppo sempre più in difficoltà. Gli incentivi calano, i problemi da risolvere sono ancora molti e la ricerca ne risente. Claudio Caglioni rivela alcuni punti deboli Olivia Carli

L

e società italiane che puntano alle rinnovabili, ma anche quelle europee, rischiano un colpo d’ascia sugli incentivi pubblici. La possibilità di una drastica revisione si fa sempre più incombente in un momento di grande difficoltà economica che ha portato piani di austerità in tutto il continente. Un taglio deciso agli aiuti, che per anni sono stati profusi senza

troppi problemi, è un’ipotesi molto concreta. L’idea quindi di passare alle fonti rinnovabili è per molte società una via sempre più difficile da intraprendere anche se i numeri dimostrano che lentamente l’adesione cresce. La carenza di fonti economiche purtroppo ha un peso rilevante nella produzione di energia pulita e del riciclo: la ricerca e lo sviluppo non sono semplice-

mente un’opzione o il modo per diventare più competitivi, ma sono il cuore stesso del settore. Ad oggi non si può ricoprire l’intero fabbisogno energetico e dunque investire nelle nuove tecnologie è d’obbligo. Ad affermarlo è anche Claudio Caglioni, presidente di Agrinord di Isola della Scala (Vr): «Si sta andando verso la riduzione, se non l’eliminazione, degli incentivi stessi e questo non facilita il


Claudio Caglioni

Claudio Caglioni, presidente della Agrinord Srl di Isola della Scala (Vr) info@agrinord.it

passaggio a fonti rinnovabili. Qui entra in gioco anche la sensibilità del singolo verso l’ambiente». La società veronese che si occupa di produrre compost, nonostante la carenza di risorse, sta guardando comunque alle rinnovabili. «Nel nostro settore non sono molti ad occuparsene anche se l’interesse sta crescendo – dichiara Caglioni –. Per quanto ci riguarda stiamo implementando la produzione di energia con l’obiettivo di arrivare a produrre tanta energia quanta ne consumiamo. Possiamo solo auspicarci che anche altri impianti si attivino in tal senso, seppur non sia facile». In effetti ridurre la dipendenza da fonti fossili è già un bel passo avanti verso l’ambiente, soprattutto quando si opera in un comparto come questo dove l’attenzione per il territorio è in primo piano. L'Agrinord si è mossa per fare investimenti in questo senso realizzando da prima un impianto anaerobico e poi installando un impianto fotovoltaico della potenza di 748 kW ed «è programmata l’installazione di un secondo motore per la conversione del biogas in energia». L’impresa di Caglioni si occupa, nello specifico, di trattare e riciclare rifiuti urbani per produrre ammendante, ossia compost. Dalla stabilizzazione anaerobica della matrice si ottiene appunto il biogas dal

Tra le maggiori difficoltà vi è la persistenza di impurità rappresentata da materiale non compostabile presente nella raccolta differenziata

quale è possibile produrre sia energia elettrica che termica. «Il conferimento delle matrici avviene fondamentalmente dagli enti pubblici e dalla raccolta differenziata quando si tratta di rifiuti urbani. Il prodotto finito viene invece distribuito nelle aziende agricole per l'utilizzo in pieno campo come ammendante». Con la raccolta differenziata si è diffusa, tra i cittadini che possiedono un orto, la pratica di ricavare compost per la propria terra: con un kit adeguato e la differenziazione dell’organico il gioco è fatto. Su larga scala le cose però si complicano. «Tra le maggiori difficoltà vi è la persistenza di impurità – spiega meglio il presidente di Agrinord – rappresentato da materiale non compostabile presente nella raccolta differenziata. A questo si aggiunge la carenza del verde materiale strutturante indispensabile al processo che è dovuta alla nascita di attività alternative. Altro ostacolo è rappresentato dalle norme,

spesso poco coerenti con la reale attività». Dunque le soluzioni che è possibile adottare «riguardano il materiale non compostabile, attraverso l’inserimento di macchinari specifici per la rimozione delle impurità, mentre per il resto tutto è affidato alle scelte politiche e quindi difficilmente affrontabile in prima persona». Le cifre che si aggirano intorno a questo business non sono facilmente prevedibili. «Essendo un’attività legata alle gare d’appalto risulta sempre difficile fare prospettive e stabilire obiettivi nel medio e lungo termine. In questi casi è chiaro che il fattore discriminante è il prezzo di conferimento che a sua volta è condizionato dalla qualità delle lavorazioni per l’ottenimento di un prodotto valido ai fini del suo impiego». Con circa ottantamila tonnellate annue di matrici in ingresso, il fatturato di Agrinord «si aggira intorno ai cinque milioni di euro ed è ipotizzabile che venga mantenuto anche per tutto il 2012».

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GESTIONE RIFIUTI

Nuova vita ai rifiuti I rifiuti possono diventare una materia prima fondamentale per la realizzazione di nuovi prodotti o di energia. A questo scopo, è necessario un corretto processo di gestione e recupero. Il punto di Francesca Zordan Lucrezia Gennari

rifiuti possono divenire il punto di partenza di nuove vite grazie all’utilizzo di adeguate attrezzature». Francesca Zordan, legale rappresentante della Usvardi Srl, del gruppo Usvardi - Eco Way con sede a Oppeano (VR), è certa della funzione non solo economica che il recupero può comportare. Quel “pensare pulito”, che campeggia come slogan a lato del logo, riassume un’etica oltre che l’ambito d’attività della sua azienda, in una zona d’Italia particolarmente sensibile in materia. Il Veneto è infatti la prima regione per percentuale di differenziata con il 58 per cento di media, nonostante la crisi abbia

«I

Il gruppo Usvardi Eco Way ha sede a Oppeano (VR) www.usvardi.it

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diminuito gli scarti di rifiuti da produzione e da post-consumo. L’idea alla base dell’attività del gruppo Usvardi - Eco Way è quella di promuovere la “demolizione selettiva”, pianificando cioè a monte l’abbattimento di un manufatto, in modo di consentire una gestione corretta dello scarto, affrontando un esempio d’impresa in cui la tematica ecologica come imperativo sociale diventa sprone per ottenere il massimo dal punto di vista commerciale, arrivando ad esportare in paesi europei ed extra europei. «Quando un oggetto finisce di svolgere la funzione per la quale è stato prodotto diviene rifiuto. Ma non si deve fare l’errore di considerare gli scarti materia inutilizzabile: i rifiuti sono materia prima fondamentale per realizzare nuovi prodotti, come avviene per il riciclo, oppure energia, come nel caso del recupero energetico» afferma Francesca Zordan. Una più corretta gestione dei rifiuti è un’esigenza che ormai è al centro dell’attenzione da più anni, eppure l’opportunità offerta dal settore, Gino Usvardi la

colse fin dagli anni sessanta. «Ora ci occupiamo del trasporto e recupero della carta da macero, rifiuti industriali, raccolte differenziate e dello smaltimento dei rifiuti urbani, industriali e pericolosi». Alla base del lavoro messo in piedi dal team Usvardi – Eco Way ci sono valori da loro considerati imprescindibili. «Il principio della responsabilità condivisa e della cooperazione – spiega l’amministratrice – è al primo posto. I nostri professionisti operano secondo questo principio proprio come dovrebbero


Gruppo Usvardi - Eco Way

Ci occupiamo del trasporto e recupero della carta da macero, rifiuti industriali, raccolte differenziate e dello smaltimento dei rifiuti urbani, industriali e pericolosi

tutti i soggetti coinvolti nella produzione e nel recupero di beni da cui originano i rifiuti. Per questo motivo abbiamo moltiplicato le possibilità di intervento offrendo più servizi, da quello con automezzi dotati di gru per i materiali sfusi o lo svuotamento delle campane, ai servizi con ceste metalliche, containers, presscontainers o presse stazionarie posizionati presso i produttori per la raccolta di scarti recuperabili e non. Oltre a questi, possiamo triturare materiali riservati e archivi provenienti da enti e ammini-

strazioni pubbliche, ma anche da istituti di credito o studi privati: garantiamo la distruzione di documentazione riservata. In un contesto molto delicato per le imprese italiane, una delle caratteristiche che garantisce più probabilità di successo è spesso tirata in ballo con il nome di diversificazione». Il gruppo Usvardi – Eco Way ha tentato di coprire tutti gli ambiti di mercato possibili all’interno del settore di competenza. «Ad oggi siamo autorizzati dall’Amministrazione provinciale di Verona a gestire

un impianto per lo stoccaggio e il trattamento di rifiuti in procedura ordinaria, e dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali della regione Veneto per la raccolta e il trasporto di rifiuti da avviare al recupero o smaltimento, di rifiuti urbani, di rifiuti non pericolosi e pericolosi». Il gruppo è inoltre certificato Iso 14001 e Iso18001 ed è in fase di certificazione Iso 9001, garantendosi così una continua collaborazione con grandi aziende nel settore alimentare, dolciario, automobilistico e della grande distribuzione. VENETO 2012 • DOSSIER • 199


LOGISTICA

Logistica, nuovi sviluppi Diversificare è diventato un imperativo strategico. «In Italia siamo stati i primi a inventare e mettere in pratica quello che in gergo tecnico chiamiamo technical courier». Gianni Valle spiega di cosa si tratta Valeria Garuti

Sopra, mezzo attrezzato per consegne nella laguna di Venezia Nella pagina accanto, tecnico specializzato nell’istallazione di macchinari multifunzione www.vallesrl.com

e aziende di trasporto tradizionali si occupano principalmente di spedizione, consegna e logistica, ma in questo periodo di grave difficoltà economica si sta verificando un radicale cambiamento che porta questo tipo di imprese a proporre ulteriori servizi. È il caso dell’azienda Autotrasporti Valle, attiva dal 1872, che da

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circa 30 anni si è specializzata nel sistema del technical courier, ovvero nel trasporto di apparecchiature tecnologiche comprensivo di installazione delle stesse, formazione della clientela, assistenza tecnica, ritiro e smaltimento dei macchinari obsoleti. «Nonostante l’autotrasporto sia il nostro core business – afferma Gianni Valle –, ci siamo

diversificati in vari ambiti. Non ci occupiamo solo di trasporto e consegna, ma siamo stati formati e addestrati da alcune grandi aziende come Ibm e Xerox negli anni 70 al fine di ampliare le nostre competenze. Trasportiamo stampanti multifunzione, macchinari per la sterilizzazione e altre apparecchiature elettroniche per uffici e aziende ospedaliere, dalla


Gianni Valle

fonte di approvvigionamento al cliente finale, occupandoci della preinstallazione nei nostri laboratori, dell’istallazione presso gli stessi e dell’addestramento all’utente finale per il primo utilizzo. In Italia siamo stati i primi a inventare e mettere in pratica questo tipo di attività, che in gergo tecnico chiamiamo technical courier». Da anni l’azienda ha ampliato ulteriormente la gamma dei servizi includendo il ritiro e le operazioni di scrap, ovvero di smaltimento dei macchinari obsoleti, che vengono effettuate con uno smaltitore specializzato di cui l’azienda è parte integrante in quanto socia. In questo modo tutti i materiali delle vecchie apparecchiature vengono riciclati e utilizzati per ottenere nuovi prodotti. Inoltre l’azienda è certificata Iso 9001/2008 per la qualità e Iso 14001/2004 per l’ambiente. «Siamo stati i primi a importare e utilizzare l’attrezzatura cingolata denominata “gatto delle scale” per la sopraelevazione delle apparecchiature a qualsiasi piano ottenendo l’esclusiva della rivendita dalla casa produttrice delle stesse a livello nazionale. In più ci occupiamo del trasporto e dell’istallazione di frigo vetrine per grandi aziende che operano

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L’autotrasporto è il nostro core business ma abbiamo puntato sulla diversificazione dei servizi sviluppando il sistema techincal courier

nel settore della ristorazione». A questo proposito Valle annovera clienti di fama mondiale ai quali propone una vasta gamma di servizi diversificati che permette all’azienda di difendersi bene dalla crisi. Ma non è tutto. Gli importanti investimenti nella formazione di personale specializzato hanno contribuito a rendere concorrenziale l’azienda. «All’interno delle nostre strutture – spiega Valle – disponiamo di laboratori tecnici nei quali formiamo i dipendenti in modo da fornire al cliente assistenza tecnica mirata. Andiamo controcorrente perché il nostro personale non è di cooperativa (con tutto il rispetto per queste organizzazioni), ma alle nostre dipendenze dirette. Le nostre maestranze conoscono perfettamente il loro lavoro e grazie a questo

know how ci permettono di risparmiare tempo e denaro. Inoltre alcuni frequentano corsi di aggiornamento all’estero imparando il funzionamento delle nuove apparecchiature che trasportiamo, in modo tale da essere sempre aggiornati sulle ultime innovazioni». Valle ha in serbo per il futuro diversi progetti tra i quali entrare in società con aziende dello stesso settore che si trovano in difficoltà economica, in modo da unire le forze e superare questo periodo difficile. Anche l’outsourcing rientra tra gli obiettivi futuri, in quanto l’azienda investirà su alcune imprese della zona di Vicenza che si occupano di assistenza tecnico-informatica al fine di dare inizio a una collaborazione mirata questo grazie alle nuove leve del cambio generazionale.

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TRASPORTI

L’autotrasporto si rinnova Dotare il proprio parco macchine di mezzi diversi tra loro e sempre più tecnologici. È questa la risposta degli operatori nazionali dell’autotrasporto alla perdita di quote registrata quest’anno. L’analisi di Gianantonio e Marianna Migliorini Emanuela Caruso

dati raccolti nel primo semestre del 2012 sull’andamento del settore degli autotrasporti hanno confermato un trend negativo sia in termini di volume che in termini di fatturato. Tali risultati negativi hanno riguardato in particolar modo gli operatori nazionali, che hanno visto calare del 4 per cento le quote di traffico e del 5 per cento quelle del fatturato. Ormai quasi al termine del-

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l’anno, la situazione non è migliorata, e anche per i resoconti del secondo semestre 2012 non si attendono valori molto diversi da quelli appena citati. A correre ai ripari e a cercare di rimanere a galla sono molte realtà italiane del comparto, un comparto composto da aziende anche molto diverse le une dalle altre – questo a seconda della tipologia di merce che si intende trasportare – e che hanno reagito alla perdita di quote attra-

verso differenti strategie. Chi ha saputo ben studiare lo scenario attuale del mercato e mettere in pratica una soluzione interessante è la Migliorini Autotrasporti, nel settore dai primi anni 90. Come spiega il titolare della società, Gianantonio Migliorini: «Volendo raggiungere un livello di competitività superiore a quello delle altre aziende anche in una situazione difficile come quella odierna, abbiamo deciso di puntare sul costante rinnovo


Gianantonio e Marianna Migliorini

Gianantonio Migliorini con la figlia Marianna. La Migliorini Autotrasporti Srl ha sede a Terrazzo (VR) migliorinisrl@libero.it

del parco macchine e, inoltre, sulla varietà degli automezzi a nostra disposizione. Nel corso degli anni, abbiamo aggiunto ai mezzi furgonati quelli telonati, dotandoli di sponda idraulica, per servire i clienti sprovvisti di carrello elevatore o pedane di carico e scarico, sistema satellitare e sistema di localizzazione». Potendo contare su un ampio parche macchine, la Migliorini Autotrasporti è passata da azienda di trasporto di capi d’abbigliamento appesi ad azienda di trasporto capace di movimentare qualsiasi tipo di merce, compresa la granvolume. «Attualmente – commenta ancora Gianantonio Migliorini – siamo in grado di trasportare anche merci pericolose in regime Adr. Il nostro obiettivo primario è quello di garantire un servizio di trasporto completo, puntuale e affidabile proprio attraverso la varietà dei mezzi, la continua innovazione tecnologica degli stessi e la professionalità e preparazione dei nostri autisti specializzati». Proprio la volontà di aumentare in maniera costante la competitività aziendale e di assicurare al

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Combattiamo la crisi del settore attraverso la varietà di mezzi di trasporto a nostra disposizione e la capacità di movimentare qualsiasi tipo di merce

bacino d’utenza un servizio tra i più efficienti ha spinto la Migliorini Autotrasporti a maturare una spiccata sensibilità nei confronti della tematica ambientale e del risparmio energetico, sensibilità che oggi si esprime nelle nuove politiche aziendali della società e nella ricerca di soluzioni volte all’ottimizzazione delle performance in ogni fase del servizio. «Il nostro parco macchine – continua Gianantonio Migliorini – si compone di automezzi euro 5 che garantiscono basse emissioni di CO2, e tutti sono dotati di un sistema satellitare che consente di monitorare ogni singola posizione dei mezzi sui nostri terminali, oltre che fungere da dispositivo antirapina». La Migliorini Autotrasporti opera in tutta Italia, in particolar modo nel Nord e Centro Italia, e la sua sede operativa si

trova a Terrazzo, in provincia di Verona. L’impresa sorge su un’area di 15mila metri quadrati, dove sono collocati sia gli uffici amministrativi e logistici sia i magazzini con i locali adibiti allo stoccaggio delle merci. Come conclude Marianna Migliorini: «La nostra struttura aziendale è flessibile e dinamica; possiamo vantare uno standard qualitativo tra i più alti nel settore dell’autotrasporto, e quindi possiamo assicurare una gestione logistica professionale e puntuale a qualunque cliente decida di rivolgersi a noi». Per il futuro, la Migliorini Autotrasporti spera di poter incrementare ancor più il proprio bagaglio di esperienze e continuare sulla strada dell’innovazione tecnologica, così da crescere ulteriormente e sfidare in maniera forte e competitiva il mercato.

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EDIL VENETO

Nuove energie per l’immobiliare Imu e crisi economica frenano la compravendita delle case. Intanto, in Veneto, al secondo posto in Italia per cementificazione, i costruttori studiano nuove proposte urbanistiche per le città del futuro, partendo dai centri storici. Il punto di Luigi Schiavo Teresa Bellemo

uali sono i fattori che concorrono a rendere il 2012 uno dei peggiori momenti per il mercato immobiliare? La crisi economica è sicuramente uno dei punti più pesanti, ma è la sua coniugazione nell’economia reale a paralizzare maggiormente venditori e potenziali acquirenti. I primi, per bisogno di liquidità, per evitare di pagare l’Imu ma anche per acquistarne una nuova più moderna ed efficiente, cercano di vendere; i secondi, invece, vorrebbero acquistare il loro primo immobile ma a causa del credit crunch e della maggiore diffidenza delle banche sono impossibilitati a farlo. Per questo Ance Veneto punta a studiare soluzioni integrative al mutuo bancario. Un’idea potrebbe essere rispolverare, evolvendolo, il modello delle cartelle fondiarie affidando alla Cassa depositi e prestiti un ruolo centrale perché la Cdp può

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Il presidente di Ance Veneto Luigi Schiavo

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approvvigionarsi sul mercato a lungo termine con costi minori anche del 30 per cento rispetto a una grande banca. Con il supporto di altri investitori istituzionali ci sarebbero quindi le risorse da utilizzare per acquistare tranche senior di cartolarizzazioni o obbligazioni garantite da mutui residenziali. In alternativa, o accanto a questo strumento, si potrebbe pensare alla creazione di un fondo di garanzia statale che protegga i mutui erogati dalle banche a vantaggio delle categorie disagiate. Lo spiega meglio il presidente della sezione veneta dell’Associazione nazionale costruttori edili, Luigi Schiavo. Gli immobili invenduti si stanno trasformando in “emergenza edilizia”. Quanto questa situazione è reale e come poterla risolvere? «Il problema è reale ed è legato non tanto a una mancanza di richieste di abitazione, quanto alla difficoltà delle famiglie di accedere al mutuo. Mettendo insieme i


Luigi Schiavo

dati delle costruzioni in cantiere, ormai ridotte all’osso, e le esigenze delle famiglie si può vedere che c’è un saldo, e quindi un fabbisogno potenziale, di 595mila case. Sebbene, per difficoltà di rilevazione, nessuno sia riuscito ancora a stimare a quanto ammonti l’invenduto italiano, si può certamente affermare che la nostra situazione è ben diversa da quella spagnola o da quella che caratterizzava gli Stati Uniti nel contesto della crisi dei sub-prime. Il settore immobiliare, tra il 1995 e il 2005, ha vissuto senza dubbio un’epoca di grande espansione, ma non parlerei di bolla immobiliare. Il saldo

Per gli imprenditori la situazione dell’Imu è paradossale: è come aver imposto il bollo alle auto ferme in concessionaria

negativo tra nuove abitazioni e nuove famiglie in parte lo conferma. La soluzione è agevolare l’accesso al credito per quelle famiglie che più hanno bisogno di acquistare casa: le nuove coppie e le fasce medio-basse». Quanto e come l’Imu ha inciso sull’andamento del settore e sulle compravendite? «Certamente l’Imu non rappresenta un incentivo alla ripresa del settore. Nessuno contesta la legittimità di una

tassa sulle proprietà immobiliari, che esiste in quasi tutti i paesi occidentali, ma l’entità degli aumenti è stata davvero impressionante. Oltretutto la nuova imposta si inserisce in un contesto di forte difficoltà per le compravendite immobiliari. Chi non riesce a vendere si ritrova con un fardello pesante sulle spalle. Per gli imprenditori la situazione è paradossale: è come aver imposto il bollo alle automobili VENETO 2012 • DOSSIER • 213


EDIL VENETO

ferme in concessionaria».

Il Veneto è la seconda regione d’Italia più cementificata, l’11 per cento del suo suolo è impermeabile. Come far conciliare la ripresa del settore edile con la consapevolezza che oltre un certo limite non si può andare? «C’è un punto fermo, ampiamente condiviso, che dovrà contraddistinguere i

45.355

LE DOMANDE PRESENTATE IN VENETO, AD AGOSTO 2012, PER GLI AMPLIAMENTI E LE OPERE DI MANUTENZIONE RESI POSSIBILI DALLA LEGGE SUL PIANO CASA

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piani urbanistici del futuro: il recupero dell’esistente. I centri si svuotano perché le case sono vecchie e non più confortevoli ed è costoso rimetterle in sesto. Ma non si può pensare di continuare a costruire in periferia: i costi legati alla mobilità urbana, all’impatto sull’ambiente, agli standard di socialità sarebbero gravosi e non convenienti tanto per chi costruisce quanto per l’utenza. Per questo l’Ance ha promosso il Piano per le città, programmi di recupero organico di interi quartieri o di zone produttive dismesse. Il governo l’ha fatto subito suo con il recente decreto sviluppo. I fondi stanziati sono ancora

pochi rispetto alle esigenze e alle richieste dei Comuni, ma l’approccio e la vision sono quelli giusti. Serve però anche molta meno burocrazia e il coraggio di intervenire anche in aree urbane più delicate. Con il recupero a fini residenziali dei loro dock portuali dismessi, Amstedam, Parigi e Berlino sono esempi da seguire». Ad agosto in Veneto sono state presentate 45.355 pratiche per il piano casa. Questo provvedimento ha comportato un miglioramento della situazione del comparto? Quali sono state le tipologie di richiesta più frequenti? «Si è trattato per lo più di piccoli interventi di manutenzione. La mole di lavoro ha consentito soprattutto ai piccoli artigiani di affrontare con più tranquillità il periodo di magra. È stato un bene sia perché è stato un primo tentativo di ampliare la possibilità di intervento sul parco immobiliare esistente sia per salvaguardare il know how delle maestranze locali. La vera sfida è il recupero strutturale di interi edifici attraverso la demolizione e ricostruzione, non ancora sufficientemente incentivata dalla legislazione e dalla mancanza di una burocrazia snella ed efficiente».


Giuseppe Spagnol

Troppe tasse affossano il mercato La crisi economica attacca anche il più tradizionale bene rifugio delle famiglie italiane, il mattone. Per rilanciarlo è necessaria una politica di incentivi per la ristrutturazione e un’Imu calibrata sulle classi energetiche Teresa Bellemo

l mercato immobiliare veneto negli ultimi trimestri ha mostrato una forte flessione. Quello che sta per concludersi, infatti, è uno degli anni peggiori che il comparto abbia conosciuto. Dalla relazione annuale della Fiaip, che conta circa 1.300 associati a livello regionale, la situazione fotografata mostra come la crisi morda il settore della casa, le cui compravendite stanno registrando un calo medio regionale di oltre il 7 per cento. Negozi e uffici registrano addirittura cali di circa il 7 per cento sull’anno precedente, quando già si era registrato un calo notevole. L’attuale incertezza sta spingendo le famiglie verso la scelta dell’affitto piuttosto che verso l’acquisto. Anche per questa tendenza, la fascia di mercato che risente maggiormente della crisi è quella più bassa, dove chi

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cerca di vendere la casa, risalente magari agli anni 60 o 70, trova molte difficoltà perché i potenziali acquirenti non sono più in grado di fornire le garanzie necessarie per accendere un mutuo, sopratutto se dopo l’acquisto si devono occupare anche della ristrutturazione. I mutamenti economici e sociali, assieme alle scelte di carattere urbanistico hanno fortemente influenzato il mercato. A questo proposito, Giuseppe Spagnol, segretario Fiaip Veneto, sottolinea la situazione della città di Treviso: «Molte attività e istituzioni si sono trasferite dal centro storico alla prima periferia. Il risultato, soprattutto per quanto riguarda le abitazioni e i negozi, è una sensibile diminuzione delle compravendite a fronte di un ulteriore, anche se meno consistente rispetto all’anno precedente, aumento degli im-

mobili offerti sul mercato». Nel terzo trimestre il credit crunch e la difficoltà di ac- Giuseppe Spagnol, cesso al credito hanno con- segretario Fiaip Veneto e presidente Fiaip tribuito a ridurre del 42 per per la provincia cento la richiesta di mutui. di Treviso Come ha reagito il settore edilizio e immobiliare? «La crisi economica, l’incertezza del sistema produttivo, il passaggio del finanziamento dal 100 per cento al 60 per cento, anche in presenza di redditi certi, stanno frenando il mercato. A questo poi si aggiungono le nuove imposte, Imu in testa. Riferendoci a specifiche realtà territoriali sarebbero necessari interventi strutturali di rivitalizzazione dei centri storici cittadini; il credito dovrebbe essere in linea con gli altri paesi europei e andrebbero incentivate le riqualificazioni urbane: vendendo l’usato si innesca il processo virtuoso. Il recupero dell’esistente dovrebbe essere una VENETO 2012 • DOSSIER • 215


EDIL VENETO

Andrebbero incentivate le riqualificazioni urbane: vendendo l’usato si innesca un processo virtuoso

delle priorità, perché se vo-

gliamo veder vivere le nostre città, il patrimonio esistente non deve andare disperso». Nonostante la situazione non sia rosea, il prezzo delle case non è calato in maniera proporzionale alla difficoltà di vendita. Quali sono i motivi principali di questa resistenza? «Si è verificata una diminuzione sostanziale dei prezzi per quanto concerne gli immobili vetusti con impianti obsoleti e collocati in zone di scarso pregio. Per questi immobili si riscontra una vera e propria difficoltà nella vendita con tempi che superano di gran lunga l’anno. Una riduzione c’è stata anche per quanto concerne immobili di maggior pregio, magari anche nuovi e una riduzione più importante va sottolineata sul fronte degli immobili collocati in zone scarsamente servite. C’è anche da considerare che rispetto ad altre realtà qui c’è una proprietà diffusa che molto spesso deve effettuare una vendita finalizzata a reperire parte delle risorse finanziarie per l'acquisto

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di una nuova abitazione. Questo determina una resistenza psicologica all'abbassamento del prezzo in considerazione anche della difficoltà nel reperire finanziamenti». Quali le direttrici per una ripresa? «È auspicabile un intervento degli enti locali a sostegno dell’acquisto e della ristrutturazione degli immobili, sulla scia dell’esperienza di altre regioni come in Friuli Venezia Giulia. Andrebbero introdotte misure di sostegno delle locazioni di immobili vetusti ristrutturati, come ad esempio l’applicazione di un’Imu ridotta. Non ha senso ripetere lo sviluppo urbanistico degli anni precedenti

in cui il fiorire di nuove lottizzazioni era indipendente da effettive esigenze e dall’esistenza di servizi preesistenti o di futura creazione. Spesso i permessi di costruire sono stati concessi per far cassa o per convertire gli oneri in opere pubbliche, senza tener conto delle conseguenze. I dati, infine, dimostrano che il segmento degli edifici ecocompatibili è uno dei più dinamici. Iter amministrativi veloci e snelli, abbattimento degli oneri di urbanizzazione, differenziazione dell’Imu per classe energetica, una mirata politica dei costi di accesso al credito sarebbero incentivi fondamentali per un valido percorso di sviluppo sostenibile».



EDILIZIA

Pianificare gli spazi direzionali Poter condividere informazioni e progetti è un elemento indispensabile per la riuscita ottimale di un lavoro. Fausto Bonacin illustra la pianificazione delle attività aziendali attraverso la nuova informatica Serena Tudisco

a Engeco Synergies Spa è un’azienda che opera nel settore dell’edilizia direzionale, commerciale e industriale. Ha saputo adeguarsi alle trasformazioni del mondo dell’ufficio, alle sempre più complesse necessità operative aziendali e all’impatto delle nuove tecnologie. Il segreto per ottimizzare investimenti e migliorare la produzione? Potrebbe risiedere nell’innovazione informatica, ma anche nella flessibilità della struttura e nelle competenze professionali specifiche. Fausto Bonacin, amministratore dell’azienda, spiega che «negli ultimi anni la certificazione di qualità dei servizi è impostata su un sistema di procedure e di modalità informatiche innovative e di ultima generazione il cui scopo principale è quello di garantire, in ogni fase del processo, il controllo e la gestione integrata dei documenti e delle indicazioni inerenti lo sviluppo del progetto e della sua esecuzione;

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Nelle immagini, alcuni progetti seguiti dalla Engeco Synergies Spa di Rubano (PD) www.engecosynergies.it

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inoltre, per assicurare la piena condivisione di tutte le informazioni, il sistema è a disposizione dell’intero team di lavoro (committente, professionisti, fornitori), tramite interfaccia web dedicata, con accesso regolamentato mediante l’utilizzo di credenziali di autenticazione personalizzate». Questo approccio, che accompagna l’intero iter lavorativo, permette all’azienda di crescere nonostante il difficile momento

che sta attraversando il settore di riferimento. Il segreto per crescere in gruppo, insomma, potrebbe risiedere proprio nella condivisione. E i ricavi? «Ci riteniamo soddisfatti del lavoro fatto in questo biennio che si è concretizzato in un consolidamento in termini di ricavi di fatturato – continua Bonacin – in linea con i precedenti esercizi; i positivi risultati ottenuti sono stati resi possibili in quanto la strategia condivisa a


Fausto Bonacin

La certificazione di qualità dei servizi è impostata su un sistema di procedure e di modalità informatiche innovative e di ultima generazione

livello aziendale ha previsto di investire molte energie nella fase iniziale correlata all’analisi puntuale delle esigenze del cliente, capace di chiarire e tradurre in direttive certe un brief di progetto, sviluppare affidabili studi di fattibilità, affrontare seriamente la stesura di una progettazione integrata nel rispetto di un budget condiviso. La sfida consiste nella nostra disponibilità sostanziale a un confronto aperto e continuo con la

committente sull’applicazione di potenziali premi e penali, nel rispetto di impegni e traguardi contrattuali concordati in via preventiva». L’azienda tende a proporsi come leader nell’office space planning, nell’analisi del valore, nella building automation, nei servizi intesi quale attenta e razionale pianificazione degli spazi nel rispetto del comfort ambientale, con precise scelte progettuali basate sull’impiego di materiali e sull’esecuzione di impianti rispettosi del tema “risparmio energetico”. Per il futuro Bonacin prevede di «far convergere l’operatività di tutte le figure coinvolte nel progetto in un’unica piattaforma che permetta una gestione completa, creando un sistema che in-

globi la praticità di lavorare in simultanea su argomenti multi relazionali e la concretezza di rapportarsi avendo a disposizione la documentazione più aggiornata. In altre parole, consolidare un polo di “Construction Management” in stile anglosassone mirato a salvaguardare un costante monitoraggio e una verifica totale di tutte le funzioni e attività che costituiscono l’iter classico delle nostre commesse per pianificare, organizzare, controllare e presentarsi al mercato con soluzioni di qualità nel rispetto di tempi e costi certi; aiutare dunque la committente a raggiungere l’obiettivo, utilizzando risorse preparate e soluzioni tecnologicamente avanzate secondo la filosofia del “less but more”». VENETO 2012 • DOSSIER • 219


EDILIZIA

Materiali per costruzioni, gestire le criticità Non si ferma la contrazione del settore edile in Italia e il consecutivo calo degli investimenti pesa soprattutto sulla nuova edilizia abitativa. Cresce però l’attenzione all’ambiente come conferma Stefano Perini Viviana Dasara 220 • DOSSIER • VENETO 2012


Stefano Perini

100 mln METRI QUADRI DI PRODOTTO ALL’ANNO VENDUTI IN ITALIA MALGRADO LA CRISI DELL’EDILIZIA

edilizia è uno dei settori maggiormente colpito dalla crisi economica e i dati sui pagamenti sono lo specchio di questa situazione. Nel terzo trimestre 2012 solo il 44,4 per cento delle imprese attive nel settore edile ha pagato alla scadenza i fornitori, contro una media italiana del 47,3 per cento. Dato in miglioramento rispetto alle rilevazioni del 2011, quando le aziende puntuali erano state il 41,3 per cento del totale. Entrando nel dettaglio, a livello regionale il Veneto si distingue in positivo con una percentuale di pagamento alla scadenza pari al 53,7 per cento dei casi rispetto a Sud e isole. E proprio in Veneto tra le imprese più virtuose nel mercato dei materiali per costruzione spicca la Nord Bitumi Spa, azienda che offre soluzioni per impermeabilizzare e isolare gli ambienti. «La crisi del settore edile – spiega Stefano Perini, direttore gene-

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rale – ha colpito in modo pesantissimo anche noi che produciamo prodotti chimici per l’edilizia. Il mercato interno è fortemente in crisi, tutti siamo al corrente del preoccupante calo d’affari che il settore ha registrato negli ultimi anni e in questa filiera si posiziona anche la nostra produzione che non poteva non risentirne. Tuttavia, stiamo cercando di reagire ampliando la gamma di prodotti e rafforzando la rete di vendita per un più capillare servizio ai clienti». La crisi economica generale sta avendo effetti dirompenti per il mondo dell’edilizia. Le difficoltà che colpiscono gli operatori della filiera nascono con la mancanza di Stefano Perini, commesse e si sviluppano direttore generale di Nord Bitumi Spa con problemi nei flussi mo- con sede a Sona (VR) netari delle aziende. «Il www.nordbitumi.it mondo bancario – prosegue – svolge un ruolo importante e, per quanto ci riguarda, di sostegno. Eppure, la diffusa mancanza di lavoro crea molteplici difficoltà che possiamo risolvere solo con VENETO 2012 • DOSSIER • 221


EDILIZIA

La copertura con manto bituminoso è ancora la più performante in termini di rapporto qualità-prezzo

estrema attenzione ai costi e presenza all’estero in grado di alle efficienze aziendali, la ricerca di materie prime performanti a costi contenuti, l’ampliamento della gamma di prodotti per cogliere anche le più piccole nicchie di mercato, il potenziamento della rete di vendita domestica e una forte e crescente

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bilanciare la mancanza di commesse nazionali». Non a caso, oltre il venti per cento di tutti i fallimenti registrati in Italia nei primi nove mesi del 2012 riguarda proprio l’edilizia. Le imprese che operano in questo settore, come Nord Bitumi Spa,

hanno fiducia che il peggioramento delle condizioni generali stia volgendo verso una stabilità e che si prospetti per i prossimi anni una lenta ma stabile inversione di tendenza. Negli ultimi due anni la realizzazione di nuove costruzioni è quasi cessata, sia a uso industriale che di civile abitazione. Permane una certa domanda nel campo del rifacimento, della riparazione e del restauro: prodotti specifici quali gli autoadesivi, gli alleggeriti e gli insonorizzanti per il recupero dei sottotetti hanno sofferto meno e anche il mercato del fotovoltaico, in grande turbolenza negli ultimi anni, ha influenzato il sistema isolante/impermeabilizzante che copre i tetti al di sotto dei pannelli fotovoltaici. Parte della ricerca si indirizza perciò anche verso prodotti più duraturi nel tempo, data la difficoltà di eventuali interventi di rifacimento ad installazione avvenuta dell’impianto fotovoltaico, con migliore resistenza al fuoco per soddisfare le sempre più elevate richieste dei mercati internazionali. «La copertura con manto bituminoso – sostiene Perini – è ancora la più performante in termini di rapporto qualità-prezzo: la convenienza e la facilità di intervento con


Stefano Perini

nostri prodotti è testimoniata dalla quantità di membrane bituminose annualmente utilizzata in Italia. Pur in presenza dell’enorme calo legato alla terribile crisi dell’edilizia in atto, in Italia si vendono ancora ben oltre cento milioni di metri quadri di prodotto all’anno: questa è la più valida conferma del contributo alla gestione economica del costruire, per quanto complesso esso sia, che il nostro prodotto garantisce». Nord Bitumi Spa ha infatti sviluppato prodotti preaccoppiati con isolanti termici e acustici che consentono una riduzione del numero di interventi sequenziali necessari a coibentazione, fonoisolamento e impermeabilizzazione dei tetti. Per quanto riguarda il ciclo produttivo è sempre stata attenta all’impatto ambientale,

come sottolinea il direttore generale: «I nostri impianti sono tutti dotati di efficaci sistemi di captazione e i nostri scrubber di abbattimento fumi presentano un sovradimensionamento di sicurezza. Inoltre, sono concordati con le amministrazioni locali controlli periodici da parte di istituti universitari specializzati, a tutela della comunità nella quale siamo inseriti e con cui collaboriamo». In merito, peraltro, al valore del prodotto impermeabilizzante a vantaggio del miglior vivere, indagini statistiche sulla vulnerabilità e il deterioramento degli edifici rilevano che la maggior parte dei danni proviene da infiltrazioni di acque meteoriche. La corretta ed efficace realizzazione dell’impermeabilizzazione con prodotti di qualità possibilmente certificata

unita ad una periodica manutenzione da affidare a operatori qualificati è l’unica garanzia possibile contro l’insorgere di problemi di tale natura. «Ogni anno, a seconda dei progetti in corso, l’investimento in ricerca applicata varia. Grazie a questa, peraltro, il risultato del 2012 si manterrà costante in virtù di un forte incremento delle esportazioni a fronte di un mercato domestico ancora cedente per oltre il 15 per cento anno su anno. Purtroppo, si registra una permanente e consistente riduzione della marginalità causata soprattutto da forti oscillazioni, con tendenza di fondo all’aumento, dei costi dei prodotti derivati dal petrolio, che costituiscono la quasi totalità delle nostre materie prime». VENETO 2012 • DOSSIER • 223


EDILIZIA

L’immobiliare cambia target Il settore immobiliare, ormai da anni preda della crisi economica e delle organizzazioni che ne ostacolano la ripresa, fa delle seconde case al mare la sua ancora di salvezza. Mentre per il futuro punta sulla qualità. Il commento di Sergio Frattin Emanuela Caruso

nche il terzo trimestre del 2012 si è chiuso con un crollo spaventoso delle compravendite di abitazioni. Registrando il peggior risultato dal 2004 a oggi, infatti, il settore immobiliare ha fatto segnare un meno 25 per cento, valore che cresce al meno 26,8 per cento se si considera in particolare il settore residenziale. Data la situazione, le previsioni per l’ultimo trimestre non sono di certo delle più rosee, e c’è già

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Sergio Frattin, titolare della Frattin Costruzioni Srl di Castelfranco Veneto (TV) frattincostruzioni@libero.it

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qualcuno che afferma che se il mercato continuerà di questo passo, allora nel 2012 le compravendite di case scenderanno sotto quota 500mila, numero che in Italia non si toccava dagli anni 80. Le cause di questo scenario tanto negativo quanto stagnante sono molteplici, ma le più evidenti, come spiega Sergio Frattin, titolare della Frattin Costruzioni, impresa del trevigiano che dagli anni 70 costruisce e vende edifici, «sono l’incremento esagerato

della tassazione e la difficoltà di accesso al credito. Il settore immobiliare è stato quello maggiormente colpito dalla crisi economica italiana e mondiale, molte aziende hanno dovuto chiudere i battenti e molte altre versano in condizioni pessime perché non hanno i mezzi finanziari per sostenersi. Con un rischio così alto di non veder tornare indietro le somme prestate, con noi del settore immobiliare le banche sono ancora più restie a concedere


Sergio Frattin

finanziamenti. Il problema sta nel fatto che se proprio le banche non agevolano le piccole imprese e non facilitano l’accesso al credito – cosa che invece fanno per le grandi realtà del nostro paese – noi non saremo mai in grado di riprenderci e ricostruire il tessuto dell’economia italiana». La sensazione provata dalle aziende come la Frattin Costruzioni è quella di essere state abbandonate da Stato e sistema bancario, di essere state lasciate in totale balia degli eventi e di un mercato assai volubile. Continua infatti Sergio Frattin: «Le dinamiche del mercato immobiliare cambiano in continuazione; se prima a causa della bolla speculativa era importante costruire sempre e comunque, anche a scapito della qualità dell’edificio realizzato, adesso siamo di fronte alla situazione inversa: nulla è costruito come dovrebbe e quindi i nuovi edifici devono poter essere conformi a svariati parametri. Come se questo non bastasse, oggi siamo costretti ad aver a che fare con clienti che non pagano, ma cercano di barattare. Quello che un tempo era il mercato cardine dell’economia nazionale è diventato un mercato rionale». Per riuscire a sopravvivere agli influssi negativi di questo difficile momento, la Frattin Costruzioni ha deciso di puntare sulle seconde case e sulla qua-

Attualmente stiamo lavorando nelle zone di mare, dove il mercato immobiliare delle seconde case ci permette di contrastare gli effetti della crisi

lità. «Le vendite sono calate del 50 per cento e le prospettive per il breve periodo non sono buone. Consapevoli di questo, negli ultimi tempi abbiamo fatto affidamento sul mercato delle vacanze, che nonostante sia anch’esso ai limiti della stagnazione, riesce comunque a garantire il potere d’acquisto del capitale delle famiglie che ancora optano per l’investimento immobiliare. Stiamo lavorando nelle zone di mare, in particolare a Jesolo, scelta che molte imprese del territorio trevigiano hanno condiviso e intrapreso. Per quanto riguarda la qualità, essa sarà il punto di riferimento per il mercato del futuro, ragion per cui la nostra società si sta impegnando nella realizzazione di case in classe A, dove

affianchiamo domotica e risparmio energetico. Certo, questi edifici hanno un costo più elevato rispetto agli altri, ma nel tempo saranno anche quelli che terranno meglio il mercato, potendo vantare su un valore e un potere d’acquisto nettamente superiori». Per il nuovo anno che sta per cominciare, la Frattin Costruzioni si augura di recuperare la fiducia persa nei confronti di istituzioni e banche, di veder riconosciuti gli sforzi di quelle aziende che nonostante le circostanze continuano a stare in piedi e a costruire prodotti d’eccellenza, e di poter finalmente contare su quei finanziamenti necessari per rilanciare non soltanto il settore immobilare, ma anche l’economia italiana.

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STRUTTURE

Si “eleva” la tecnologia dei ponteggi Dal momento in cui sono stati inventati a oggi, i ponteggi autosollevanti hanno saputo imporsi sul mercato, evolvendo e migliorando al contempo le prestazioni. Ne parliamo con Fiorenzo Sartor, inventore del sistema nel lontano 1961 Emanuela Caruso inquant’anni fa veniva realizzato in Italia il primo ponteggio auto sollevante al mondo, una tecnologia che in verticale combinava l’effetto di una cremagliera fissa e il ruotare di un ingranaggio. Una vera e propria innovazione che nel tempo ha saputo dimostrasi altamente funzionale e versatile, tanto da trovare applicazione nelle situazioni più complesse da risolvere: salire ad altezze vertiginose lungo i pilastri dei viadotti, le pareti delle dighe, le facciate dei grattacieli; e ancora, contribuire alla manutenzione di complessi architettonici e al montaggio di facciate continue nei cantieri navali. A inventare i ponteggi autosollevanti fu Fiorenzo Sartor, allora come oggi alla guida della società Safi di Cornuda, in provincia di Treviso. Come racconta lo stesso Sartor: «Con cinquant’anni di esperienza alle spalle, oggi siamo in grado di

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Il Cavalier Fiorenzo Sartor, titolare della Safi Srl di Cornuda (TV) www.safi.it

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mettere a disposizione del bacino d’utenza un’ampia gamma di ponteggi autosollevanti, piattaforme di trasporto per materiali e persone, montacarichi da cantiere, e ascensori da cantiere, tutti con sistemi a pignone e cremagliera mossi da motoriduttori elettrici». A risentire positivamente delle competenze acquisite dal gruppo Safi, però, non è solo la vastità di prodotti, ma anche la possibilità di usufruire di molteplici soluzioni standard, diverse per lunghezza, altezza e portata. «Possiamo soddisfare qualsiasi tipo di richiesta, anche nel caso in cui sia necessario uno studio più attento e approfondito della soluzione da adottare e, di conseguenza, si

debba costruire una macchina adatta solo a un determinato tipo di lavoro o installazione». Un know-how, quello della Safi, che si è fatto conoscere in tutto il mondo e che l’ha portato alla scoperta di vari mercati esteri, in particolar modo quello di Medio ed Estremo Oriente e del Sud America. «Volendo internazionalizzare l’azienda – spiega ancora Fiorenzo Sartor – abbiamo svolto un lavoro piuttosto accurato sull’assistenza tecnica da fornire ai clienti sparsi nel mondo. Abbiamo fatto in modo che le distanze non rappresentassero un problema organizzando corsi di addestramento “sul campo”, preparando il personale preposto all’utilizzo


Fiorenzo Sartor

Per la commessa negli Emirati Arabi, siamo riusciti a mettere a punto particolari piattaforme a cremagliera dalla forma circolare

e creando una nostra rete commerciale e di assistenza. Le commissioni derivanti dall’estero stanno aumentando in modo esponenziale e, oltre a permetterci di farci conoscere in zone nuove, ci consentono anche di affrontare in maniera positiva il duro periodo di regressione che ha colpito il mercato italiano». Tra i lavori più importanti svolti in territorio internazionale va menzionato quello per gli impianti petrolchimici a Dabhol, in India, zona in cui la Safi è intervenuta anche per la ristrutturazione della facciata del famoso Hotel Oberoi di Bombay. Tra gli ultimi progetti svolti, invece, di rilevante portata è quello che ha condotto l’azienda

di Cornuda negli Emirati Arabi. «Nel Golfo Persico – conclude l’imprenditore Fiorenzo Sartor – abbiamo contribuito alla realizzazione di quattro ciminiere in acciaio alte 120 metri fornendo al cliente finale le nostre piattaforme circolari a cremagliera, e dimostrando così che le macchine Safi sono in grado di adattarsi a ogni tipo di forma della struttura. L’aspetto cruciale del progetto ha senza dubbio riguardato la differenza dei diametri delle torri, problema che abbiamo risolto attraverso l’utilizzo di un’estensione automatica della piattaforma. Così facendo, abbiamo permesso ai tecnici di raggiungere la ciminiera premendo un pulsante e

di concludere le operazioni con facilità e in breve tempo. Tra i più importanti lavori svolti in Italia, invece, abbiamo effettuato il restauro del Fregio sulle celebri tele del Sartorio all’interno dell’aula parlamentare di Montecitorio, nonché il difficile lavoro per l’Enel svolto in Piemonte, a Usseglio, dove abbiamo realizzato, all’interno della galleria di condotta forzata, lunga 350 m e con 45gradi di inclinazione, un sistema autosollevante che è servito per mettere in sicurezza la galleria stessa, montare la condotta e che, al termine dell’opera, è rimasto come ascensore industriale per raggiungere il bacino soprastante». VENETO 2012 • DOSSIER • 229


MATERIALI

Sperimentare l’innovazione Circa 800 metri quadri di facciata che uniscono design, funzionalità e risparmio energetico. Eugenio Schiavon e Marco Lazzaro descrivono il progetto Lamborghini Protoshop Viviana Dasara

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attuale crisi dell’edilizia, nello specifico in Veneto, secondo un’indagine di Unioncamere ha fatto registrare nel secondo trimestre del 2012 un calo del 4,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La ripartenza del Paese passa principalmente dalla ripresa del mondo delle costruzioni. Le recenti decisioni del governo, tra cui la conferma delle detrazioni del 55 per

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cento per gli interventi di riqualificazione energetica e l’aumento al 50 per cento per quelli di ristrutturazione edilizia rappresentano un impegno di ampio respiro e che guarda al futuro. Il progetto Lamborghini Protoshop lanciato di recente dalla Lazzaro è ormai sinonimo di edilizia moderna per un’azienda leader e all’avanguardia in questo campo. La società ha infatti intrapreso un’importante sfida progettuale con la rea-

lizzazione della facciata del nuovo palazzo Lamborghini, costruito presso la sede della casa automobilistica a Sant’Agata Bolognese, destinato allo studio dei nuovi prototipi e della preserie. Lamborghini Protoshop, circa 800 metri quadri di facciata che uniscono design, funzionalità e risparmio energetico. Grazie a questa nuova applicazione delle lastre in policarbonato, non solo il design ma anche le prestazioni e la sostenibilità


Eugenio Schiavon e Marco Lazzaro

Il Protoshop è la vera icona dell’innovazione e della tecnologia, principi leader della famosa casa automobilistica bolognese

eco-compatibile diventano punti di forza dando vita al primo edificio industriale multipiano italiano certificato classe A. Lazzaro è da sempre all’avanguardia nel settore dei materiali per l’edilizia come testimonia l’ambito premio internazionale Epse (European Polycarbonate Sheet Extruders) dedicato a realizzazioni in policarbonato che si distinguono per tecnologia, funzionalità e design. Questo importante riconoscimento conseguito nel 2011 da Eugenio Schiavon e Marco Lazzaro, alla guida di una tra le eccellenze imprenditoriali presenti in Veneto, conferma lo sperimentalismo che questa azienda realizza sui prodotti più innovativi dell’edilizia. «Nel 1986 – racconta Eugenio Schiavon –, su progetto

dell’ingegner Nicolino Brunello e su esecuzione della Permasteelisa Spa, abbiamo realizzato la prima facciata con vetro strutturale a cellule del nostro territorio per la sede della Lotto Spa a Montebelluna: questa ha aperto nuove prospettive progettuali che si sono poi concretizzate negli anni, imponendosi nel mondo come plus fondamentali di duttilità ed eleganza. Oggi, nel 2012, la storia si ripete con l’innovativo metodo di applicazione delle lastre in policarbonato per il Protoshop Lamborghini, destinato a cambiare il concetto di prestazionalità dei materiali sia in ambito tecnico ed energetico che nel design». L’estensione della facciata del nuovo palazzo Lamborghini è stata realizzata dal gruppo Lazzaro per conseguire gli obiettivi precisi indicati dall’ingegner Luca Bernardoni dello studio modenese Prospazio e dalla casa madre: il-

luminazione interna ottimale per gli operatori senza visibilità dall’esterno, isolamento termico, comfort acustico e design esclusivo. «Per raggiungere lo scopo, abbiamo progettato pareti speciali in policarbonato a triplo strato con doppia camera, con filtri di abbattimento di rifrazione solare sui fronti più esposti. Il rivestimento è stato applicato secondo criteri innovativi e i risultati hanno raggiunto un livello qualitativo tale da portare l’edificio ad ottenere addirittura la prima certificazione energetica in classe A in Italia di uno stabile multipiano industriale. Inoltre la resa estetica, totalmente diversa a quella del vetro per mancanza di struttura esterna a vista, ha offerto una soluzione di design raffinata e originale così da rendere il Protoshop la vera icona dell’innovazione e della tecnologia, principi leader della famosa casa automobilistica bolognese».

A sinistra, Eugenio Schiavon e Marco Lazzaro amministratori della Lazzaro Srl con sede a Robegano di Salzano (VE) www.lazzaro.it

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INTERNI

Arredamento, esportazioni in crescita Nonostante i consumi interni siano in calo, la competitività italiana nel settore arredamento sui mercati esteri fa registrare una leggera flessione della produzione. Secondo Massimo Luca solo nel 2013 si potrà avvistare un timido segnale di ripresa Viviana Dasara

dati del Rapporto di previsione sul settore dell’arredamento in Italia nel biennio 2012/2013 stimati dal Csil (Centro studi industria leggera) con riferimento a produzione, consumo, commercio estero, prezzi, competitività e domanda estera riflettono le turbolenze derivanti principalmente dai problemi dell’area euro e la decrescita dell’economia mondiale per il resto dell’anno in corso.

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Il quadro macroeconomico segnala un rischio elevato di ulteriori peggioramenti della situazione, dovuti alla crisi dei titoli del debito pubblico in Europa e alle possibili conseguenze di perseguire improbabili politiche di stimolo. Ritmi di crescita più sostenuti dell’economia si potranno registrare non prima del 2013, anno in cui l’Italia si è impegnata a raggiungere il pareggio di bilancio e il Pil tornerà a presentare un tasso di crescita positivo dello 0,6 per cento. La scelta competitiva deve senza dubbio puntare sull’aumento degli investimenti, senza perdere di vista l’obiettivo della qualità e della flessibilità. Lo sa bene Massimo Luca, titolare di Adielle, che da oltre vent’anni opera nel settore dell’arredamento, con prodotti di design e di alta tecnologia dove protagonista assoluta è la porta. «Visto il periodo di grave crisi – afferma –, il primo obiettivo per il 2013 sarà quello di rima-

nere sul mercato, proponendo prodotti sempre più personalizzabili e di forte impatto estetico, con soluzioni e applicazioni innovative, tali da catturare l’interesse anche di altri protagonisti del mercato, come gli studi di progettazione e di interior design. Non si vince però questa sfida senza riuscire ad offrire una maggiore qualità che presupponga anche un investimento continuo in ricerca e innovazione». Quali le ultime tendenze dettate dalle richieste di mercato? «Le nostre porte, coniugando design, materiali preziosi, colori e decori, arredano gli ambienti. Siamo presenti sul mercato con prodotti di alta tecnologia che nascono dopo anni spesi in ambito progettuale e caratterizzati da grande capacità nella valorizzazione di legno e alluminio. Ci piace sperimentare e quasi sempre un nuovo prodotto nasce dal confronto tra rete vendita e


Massimo Luca

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Specializzarsi nel settore contract significa garantire flessibilità e adattamento nei paesi in cui si opera

progettista, dalle esigenze dei clienti che stimolano l’inventiva e dalla profonda conoscenza del mercato. Inoltre, sempre maggiore è l’attenzione alla qualità, alla ricerca tecnologica che garantisce sicurezza e praticità, alla scelta di materiali unici, come i decori dei vetri personalizzati o l’uso di materiali innovativi per creare trame e figure». Quanta attenzione viene riposta, e quanto si investe, in ricerca, innovazione e sviluppo? «Noi, come Adielle, operando anche nel settore dell’edilizia, sia per quanto riguarda le nuove costruzioni che le ristrutturazioni di pregio, ci stiamo focalizzando sull’innovazione tecnologica e dal prossimo anno contiamo di avere un nuovo programma

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gestionale con integrato un configuratore grafico capace di interagire anche via web con tutti i clienti e i rivenditori della rete commerciale italiana ed estera». L’azienda si sta specializzando nel settore contract, soprattutto rivolgendosi al mercato estero. Quali nuovi settori, target e mercati potreste conquistare in futuro? «Specializzarsi nel settore

contract significa essere in grado di garantire flessibilità e adattamento in situazioni che a volte possono rivelarsi complesse per le diversità culturali dei paesi in cui si opera. La flessibilità è da intendersi anche dal punto di vista della capacità di ideare e realizzare un progetto che cambia a seconda del paese o della tipologia di fornitura, come ad esempio la progettazione di spazi per hotel. Oggi siamo presenti nel mercato europeo oltre che in quello al di fuori dell’Unione Europea, come Russia, Turchia, Stati Uniti e Marocco. Altri paesi su cui puntiamo, anche per implementare la rete di contatti, e che rappresentano il futuro nelle relazioni commerciali, sono l’India, il Brasile, il resto del nord Africa e Israele».

Massimo Luca, titolare di Adielle Srl con sede a Zanè (VI) www.adielleporte.it

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DIRITTO DEL LAVORO

Il reintegro che non c’è Dalla riforma Fornero l’articolo 18 è stato fortemente ridimensionato. Inoltre, i quattro punti della legge lasciano un’ampia discrezionalità al giudice. Così, i tempi in tribunale si allungano Teresa Bellemo

egli ultimi anni uno dei punti più delicati per i lavoratori si è dimostrato essere l’articolo 18. Oggetto di un referendum nel 2003 e di una raccolta firme anche in questi giorni, il diciottesimo articolo dello Statuto dei lavoratori è stato spesso lo snodo di molte battaglie e contenziosi tra governi, organizzazioni imprenditoriali e sindacati. Con le nuove regole introdotte dalla riforma Fornero, entrata in vigore nello scorso luglio, l’articolo 18 è stato modificato più in profondità di quanto non possa sembrare a prima vista. Attraverso una modulazione delle conseguenze sanzionatorie in caso di licenziamento illegittimo, il legislatore ha, infatti, reso la reintegrazione del lavoratore licenziato senza giusta causa un evento quasi eccezionale, spostando decisamente le sanzioni sul piano dell’indennizzo. Si può quindi affermare che l’articolo 18 è stato indebolito, dato che la sua forza dissuasiva stava proprio nella reintegrazione che il legislatore dello Statuto aveva introdotto per attuare i principi costituzionali di tutela del lavoro. La di-

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namica delle sanzioni deve però passare attraverso l’interpretazione del giudice, proprio a causa della formula scelta. Adalberto Perulli, professore di diritto del lavoro all’Università Ca’ Foscari di Venezia dubita che questo forte ridimensionamento sia scontato. «Lasciando ampio spazio alla discrezionalità del giudice, la riforma ha creato una situazione di forte incertezza, che andrà riducendosi solo dopo i primi orientamenti giurisprudenziali. Come sempre sono le decisioni dei giudici, che interpretano la legge e non la applicano solo meccanicamente, a determinare il quadro normativo». Qual è il suo giudizio in merito alla recente riforma del lavoro? «La riforma Fornero è sostanzialmente un compromesso tra quanti chiedevano maggiore flessibilità in uscita - una riduzione cioè delle tutele in caso di licenziamento illegittimo - e quanti auspicavano invece un ridimensionamento della flessibilità in entrata, quindi una riduzione delle tipologie contrattuali introdotte dalla precedente riforma


Adalberto Perulli

La legge Fornero ha finito per scontentare un po’ tutti, sia in ambito sindacale che confindustriale

Biagi. Si è trattato, tuttavia, di uno scambio squilibrato: a fronte della riforma dell’articolo 18, la legge non ha affatto ridotto i contratti flessibili, concentrandosi soprattutto sul contrasto al lavoro autonomo coordinato (contratto a progetto e partite Iva, usciti troppo penalizzati dalla riforma). Il disegno è ispirato inoltre a una visione universalistica della tutela del reddito in caso di disoccupazione, si veda la riforma degli ammortizzatori

sociali, e alla promozione delle politiche at- Adalberto Perulli, tive del lavoro. Su questi due fronti, tuttavia, professore ordinario di diritto del lavoro la riforma è del tutto insufficiente, anche per all’Univesità Ca’ Foscari evidenti ragioni di scarsità di risorse. Per que- e avvocato ste ragioni la Legge Fornero ha finito per del foro di Venezia scontentare un po’ tutti, sia in ambito sindacale che confindustriale». Una delle modifiche principali è l’introduzione della sanzione in caso di licenziamento ingiustificato. Quanto questo punto può rallentare e rendere confuso il lavoro dei giudici nei tribunali del lavoro? «In caso di licenziamento ingiustificato il nuovo sistema prevede ben quattro diversi tipi di sanzione: la reintegrazione forte in caso di licenziamento discriminatorio, rarissimo nella prassi; una reintegrazione attenuata in caso di “manifesta insussistenza” del fatto contestato al lavoratore; una tutela indennitaria forte negli altri casi di insussistenza del giustificato motivo, soggettivo e oggettivo; infine, una tutela debole per le violazioni di regole formali. Un sistema molto complesso, che crea incertezza circa gli VENETO 2012 • DOSSIER • 241


SFVWVWWRW DIRITTO DEL LAVORO

esiti del contenzioso: se fino a ieri era certo che cato come il contratto “dominante”, ma poi nei la sanzione fosse la reintegrazione, oggi è difficile stabilire ex ante quale sarà l’esito del processo. In qualche modo la riforma rallenta anche il processo del lavoro, perché impone al giudice una doppia valutazione: prima sulla sussistenza delle circostanze di fatto, poi una rivalutazione di quelle circostanze per decidere che tipo di sanzione adottare». I contratti a termine sono, ai fatti, l’unico modo per entrare nel mondo del lavoro ma spesso si rivelano essere anche l’unico modo per rimanerci. La riforma che voleva disincentivarli e disciplinarli maggiormente sembra non essere riuscita a farlo concretamente. Qual è la sua opinione a riguardo? «I contratti a termine sono diventati il canale di accesso principale al mercato del lavoro. Secondo i dati del Ministero del lavoro, nel 2012, 7 contratti su 10 sono a tempo determinato. La riforma sul punto è contraddittoria perché da un lato intende promuovere il contratto di lavoro a tempo indeterminato, che viene qualifi-

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fatti incentiva la flessibilità in entrata, consentendo la stipula del primo contratto a termine della durata di un anno senza causale, cioè anche per coprire esigenze non temporanee. È vero, tuttavia, che per evitare l’abuso, cioè la reiterazione dei contratti a termine, la riforma ha allungato gli intervalli temporali tra un contratto e l’altro, ma il datore di lavoro può sempre ricorrere ad altre tipologie contrattuali o sostituire il lavoratore con un altro. Il vero problema dei contratti a termine è il rischio, molto concreto, soprattutto per i giovani, di rimanere intrappolati in una situazione di precarietà senza uscita. Ecco perché la Commissione europea aveva indicato, per i paesi che presentano un mercato del lavoro duale e segmentato come il nostro, la via del contratto unico: un contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti nel tempo. Tuttavia il nostro legislatore, dopo un primo avvicinamento al tema, ha preferito optare per il mantenimento dello status quo con una mera manutenzione dell’esistente».


Franca Porto

Più forza ai contratti stabili La riforma Fornero ha bisogno di tempo per mostrare le sue ripercussioni sul mondo del lavoro. Per ora ci pensa la crisi economica a sfiancare il Veneto, che per la prima volta vede ridursi il numero degli occupati Teresa Bellemo

na riforma con un iter non facile, entrata davvero a regime solo a settembre e per questo, secondo Franca Porto, segretaria della Cisl Veneto, è ancora troppo presto per poter tirare le somme. È possibile però già analizzarne gli intenti e i primi effetti. Innanzitutto la riforma prevede ampie deroghe alle nuove regole sui contratti a termine, purché previste nei contratti nazionali di lavoro e concordate nelle singole aziende con accordi sindacali. Segnali positivi, inoltre, arrivano dall’applicazione delle nuove regole, anche queste più restrittive, dei contratti di collaborazione. «Nella scuola privata – ricorda Porto – abbiamo stipulato accordi che hanno dato vita a contratti di lavoro dipendente, a tempo indeterminato o determinato. Infine, è di questi giorni un primo dettagliato rapporto dell’agenzia Veneto Lavoro sul contratto di lavoro intermittente, protagonista negli ultimi anni di un boom che, sinceramente, ci preoccupava. Ebbene, il numero si è ridotto di molto e al contempo le imprese hanno assunto con contratti a tempo determinato e anche indeterminato». La riforma Fornero, infatti, ha introdotto regole che tendono a ostacolare l’uso del contratto di lavoro a chiamata o a progetto in modo da occupare in modo più continuativo il lavoratore. Per

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questo sono diventati 90 i giorni d’intervallo tra una assunzione e l’altra con contratto a progetto e la conferma a tempo indeterminato viene incoraggiata per mezzo dei nuovi sgravi contributivi. Il rischio, però, in questo modo è quello di favorire il ricambio del personale assunto a tempo determinato. Se per gli effetti massivi della riforma, come si diceva all’inizio, si deve ancora attendere, per il Veneto il problema rimane la crisi economica. «Gli effetti della riforma sul mercato del lavoro reale non saranno immediati, dato che nella nostra regione quest’ultimo è influenzato, purtroppo, soprattutto dall’appesantirsi della crisi in quasi tutti i settori». Ne parliamo con Franca Porto. Per i datori di lavoro la riforma è apparsa macchinosa e in realtà più onerosa. Qual è la

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SFVWVWWRW DIRITTO DEL LAVORO

Franca Porto, segretario della Cisl Veneto

Non si possono cancellare gli adempimenti e i controlli perché fanno perdere tempo, la via però deve essere quella dell’efficienza

visione dal punto di vista opposto, del sindacato e dei lavoratori? «Rimaniamo nel campo delle tipologie di contratto di lavoro anche perché una valutazione seria sulla parte che riguarda la riorganizzazione degli ammortizzatori sociali richiede più tempo. Dunque: ci sono due tipi di onerosità. La prima è quella dovuta al contrasto di tipologie di assunzione abusive che sfruttano i minori oneri previdenziali o retributivi previsti. Parliamo, ad esempio, di lavoro dipendente vero e proprio mascherato da lavoro autonomo. Questa è un’onerosità giusta. Poi c’è quella dovuta agli adempimenti burocratici e al costo del lavoro in sé. Non si possono cancellare gli adempimenti e i controlli perché fanno perdere tempo, il risultato che si otterrebbe sarebbe quello di incentivare il lavoro irregolare e quindi una scorretta concorrenza tra le imprese. La via 244 • DOSSIER • VENETO 2012

deve essere quella dell’efficienza: l’informatica deve diventare il veicolo principe nelle relazioni tra Stato e imprese. Infine, non c’è dubbio che il costo del lavoro va ridotto, lasciando di più ai lavoratori, togliendo di meno alle imprese. Ma qui si apre un discorso che va oltre questa riforma». Nella riforma si punta molto sull’apprendistato e sul lavoro a tempo indeterminato. Nonostante l’applicazione sia molto recente, quali sono i primi risultati dal suo osservatorio? «Apprendistato come modo con cui si entra nel mondo del lavoro e lavoro a tempo indeterminato come principale forma contrattuale con cui ci si rimane sono i punti di forza di qualsiasi mercato del lavoro in un paese sviluppato. Giustamente la riforma gira attorno a questi due perni. Non abbiamo però ancora elementi concreti per valutarne l’impatto. Torniamo, però, sempre al primo punto: dalla fine del 2008 le quantità di assunzioni in Veneto sono, nel complesso, inferiori a quelle delle cessazioni. Solo pochi settori, come l’agricoltura, l’agroindustria e alcune tipologie di servizi che si rivolgono alla persona, registrano un segno positivo e così, dall’inizio della crisi, abbiamo perso circa 90mila posti di lavoro. La situazione è così precaria che molte aziende se devono assumere preferiscono farlo con contratti a termine. Per la prima volta nella sua storia occupazionale recente il Veneto ha visto restringersi il cerchio dell’occupazione. Possiamo dire che la riforma ha tracciato i percorsi sui quali si incanalerà il lavoro quando si tornerà a crescere. Si tratta di canali più regolari, meno soggetti alla tracimazione della precarietà. Ma serve tornare a crescere».



DIRITTO DEL LAVORO

Parola alla giurisprudenza Dopo l’approvazione dello scorso luglio, la riforma Fornero entra nelle aule di giustizia. È ancora presto per valutarne l’impatto, ma in Veneto, dove molte aziende non superano i 15 dipendenti, potrebbe cambiare poco Teresa Bellemo

uove regole, nuove prassi. La riforma Fornero ha modificato il mercato e oggi consulenti del lavoro e tribunali devono adeguarsi alle nuove normative. Il testo, composto di quattro articoli, cerca di limitare l’abuso dei contratti a termine e tenta di favorire i contratti a tempo indeterminato ma, soprattutto, modifica l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, introducendo il licenziamento per motivi economici e una serie di indennizzi in sostituzione al reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa. Ai fatti, il nuovo articolo 18 non semplifica la risoluzione giudiziale delle controversie di licenziamento, ma impone al giudice classificazioni e distinzioni ulteriori rispetto al passato, con maggiori questioni dibattute nel processo e più incertezza sull’esito della lite. Attenzione però, non diventerà più complicato valutare se la giusta causa o il giustificato motivo esistono. Da questo punto di vista nulla cambia, ma il nuovo articolo 18 rispetto al passato aggiunge una valutazione ulteriore sulla sanzione, necessaria a decidere se al lavoratore spetta la reintegrazione, forte o attenuata, o l’indennizzo, forte o attenuato. Il punto di Luigi Perina, presidente della sezione lavoro del Tribunale di Venezia, che aggiunge: «L’intento perseguito con la riforma era quello di alleggerire la tutela contro il licenziamento in tutela reale, tutela che è stata senz’altro alleggerita a favore però dell’impresa». La riforma è stata approvata. Quali le conseguenze per i tribunali?

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«Oggi, anche per la forte incidenza della situazione economica sui rapporti di forza in campo, la riforma dell’articolo 18 è stata possibile, anche se la sua realizzazione ha reso necessario un compromesso. Solo nei casi più gravi di licenziamento illegittimo, infatti, il giudice ordina la reintegra - peraltro, con un differente regime risarcitorio tra i casi più gravi e quelli gravissimi - mentre negli altri la reintegra è stata sostituita dall’indennizzo. Le conseguenze saranno quelle di un maggior contenzioso nei tribunali, sia per le suddette ragioni di incertezza interpretativa, sia perché è prevista la doppia fase - sommaria e ordinaria - per ogni licenziamento, da definire rapidamente in quanto si vuole che il datore di lavoro e il lavoratore sappiano quanto prima se il rapporto va ripristinato o meno». Pare che per ammorbidire i cambiamenti dovuti alla riforma, quest’ultima venga applicata in maniera meno rigida. «È ancora presto per dire che vi siano applicazioni meno rigide per ammorbidire gli effetti e i cambiamenti; certo alcune pronunce, quale quella nota del tribunale di Bologna, possono essere lette nell’ottica che nulla è cambiato». L’articolo 18 è sempre stato, soprattutto in questi ultimi dieci anni, un simbolo della lotta tra lavoratori e i governi che hanno provato a eliminarlo o modificarlo. Quanto questo diritto si è trovato al centro di contenziosi nel Tribunale di Venezia? «A Venezia, come in tutto il Nordest, le cause che riguardano l’ex articolo 18 sono poche. Il


Luigi Perina

L’incertezza interpretativa e la doppia fase prevista per ogni licenziamento creeranno un maggior contenzioso nei tribunali

tessuto produttivo veneto è composto da aziende che per la gran parte non superano i 15 dipendenti, dunque escluse dalla reintegra. Tuttavia, queste cause sono le più importanti e sensibili: la tutela reintegratoria forte funge anche da deterrente a condotte datoriali non sempre corrette esaminate dal tribunale». La normativa sul licenziamento è di interpretazione chiara? «La volontà del legislatore è chiara, ma l’uso di formule come “manifesta insussistenza del fatto” nel giustificato motivo oggettivo, o il “fatto non sussiste” nel giustificato motivo soggettivo daranno origine a contrasti di giurisprudenza. A fronte di provata crisi aziendale e in caso di mancata prova dell’obbligo

del “repechage” non si sa se il licenziamento sia infondato ai fini della reintegra; a fronte della prova che il dipendente ha commesso il fatto materiale ma vi è sproporzione tra esso e la sanzione del licenziamento si può affermare che il fatto sussiste o no ai fini della reintegra? Se le risposte a questi due quesiti sono positive si arriva alla reintegra come prima e l’utilità della legge Fornero diviene marginale. Se le risposte sono negative si applica la modulazione delle sanzioni sopra indicata, secondo la volontà del legislatore. Anche lo Statuto dei lavoratori, ritenuta da tutti una legge ben scritta, ha dato origine a notevoli contrasti interpretativi non ancora superati dopo 40 anni».

Luigi Perina, presidente della sezione lavoro del Tribunale di Venezia

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POLITICHE SANITARIE

Il rischio è l’insostenibilità economica La riforma della sanità approda nelle regioni, già alle prese con le disposizioni e i tagli della spending review. Il Veneto nel suo piano ha già anticipato alcuni punti della legge, ma restano delle perplessità Teresa Bellemo

l Decreto Balduzzi non va giù alle amministrazioni regionali. Tra i motivi principali, la sensazione che lo Stato tenti l’invasione di campo in una materia, la sanità, di giurisdizione regionale. Sul tavolo, la riforma delle cure primarie e il conseguente maggior impegno per i medici di base e gli ambulatori per poter garantire un servizio più lungo che copra l’arco dell’intera giornata, l’attività intramoenia dei medici ospedalieri, la riorganizzazione dei servizi e delle strutture in base ai nuovi tagli previsti dalla precedente spending review e il conseguente taglio lineare di molti posti letto in

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gran parte delle regioni. In Veneto, regione virtuosa dal punto di vista sanitario, la riforma arriva tra le polemiche. Da una parte per l’autonomia regionale in materia, dall’altra perché il nuovo piano socio-sanitario regionale anticipa la riforma in molti punti. Ma il disappunto maggiore dell’assessore alla Sanità della Regione, Luca Coletto, è sui costi e sui finanziamenti che dovrebbero sorreggere la riforma. «Tra la spending review e i tagli al Fondo sanitario nazionale, c’è la concreta ipotesi che si vada verso l’insostenibilità economica, soprattutto se tutti gli oneri della riforma dovessero ricadere sulle regioni. Non è


Luca Coletto

pensabile che si possano caricare sulla popolazione ulteriori ticket o balzelli di altro genere. Prima di mettere la parola fine a questo processo occorre che il governo accetti un confronto serrato e concreto con le Regioni». Una delle perplessità più diffuse riguarda il merito della riforma, che va ad attaccare l’autonomia delle regioni. Come intendete comportarvi? «Nella riforma ci sono luci e ombre. Tra le ombre, ma è una tendenza generale non certo limitata alla sanità, la principale è sicuramente relativa al tentativo di far tornare centrale il governo di Roma in materie che ormai sono costituzionalmente di competenza delle regioni. Su questa strategia il nostro no è totale e non trattabile. Condivisibile invece, a mio parere, la riforma della medicina territoriale e il suo obiettivo di renderla fruibile 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. In Veneto, in accordo con le rappresentanze dei medici, è un’opera-

zione che è stata avviata ormai più di un anno Luca Coletto, fa e lo scorso luglio è partito un primo step assessore alla Sanità della Regione Veneto che si concluderà il prossimo 31 dicembre, anticipando di fatto il Decreto Balduzzi». Come far fronte alla riforma delle cure primarie senza un aumento delle risorse ma, anzi, con una diminuzione di quelle del Fondo sanitario nazionale a causa della spending review? «Così come stanno oggi le cose è davvero difficile. La riforma delle cure primarie, se attuata con serietà su tutto il territorio nazionale, porterà importanti economie di spesa, oltre a una forte razionalizzazione dell’assistenza e una sensibile diminuzione della massa di accessi impropri - costosi e forieri di allungamento dei tempi di attesa - nei pronto soccorsi. Questo dovrebbe spingere verso la creazione di fondi nazionali specifici per questo scopo, invece non si fa che parlare di tagli. Per quanto riguarda il Veneto, abbiamo dedicato alla riforma un primo stanziamento di 22 VENETO 2012 • DOSSIER • 251


POLITICHE SANITARIE

La riforma, attuata con serietà, deve spingere verso la creazione di fondi nazionali per l’efficienza. Invece non si fa che parlare di tagli

milioni di euro; abbiamo concordato i termini di ottimizzazione della spesa e di riorganizdel cammino con le rappresentanze dei medici e avviato la prima fase di realizzazione che avrà, come abbiamo già evidenziato, un primo step alla fine dell’anno in corso. Ciò dimostra che ci crediamo e cerchiamo di arrangiarci, come abbiamo sempre fatto. Di sicuro, se si cominciasse seriamente a tagliare gli sprechi dove davvero ci sono in giro per l’Italia, non solo salterebbero fuori i fondi per sostenere la riforma della medicina territoriale, ma anche per evitare i tagli indiscriminati che ci stanno venendo addosso». Da un primo bilancio pare che la riforma non coinvolgerà la sanità veneta in maniera pesante. Complice anche il nuovo piano socio-sanitario della Regione, però non ancora attuato. Quali tempistiche prevede su questo ambito? «La nostra spending review c’è già ed è virtuosa perché non prevede tagli, ma interventi

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zazione del sistema di assistenza e della rete ospedaliera ampiamente disegnati all’interno del nuovo piano socio-sanitario regionale approvato il 20 giugno scorso, in cui prevediamo un grande rafforzamento della medicina territoriale al fine di portare le cure più vicine al cittadino. Il piano prevede il completamento dell’informatizzazione, che semplifica la vita del cittadino e abbatte tanti costi; la revisione della rete ospedaliera per renderla più efficiente e più efficace nell’erogazione delle cure agli acuti e meno costosa con l’eliminazione di sovrapposizioni e doppioni. Rispetto al recente Decreto Balduzzi il Veneto è già molto avanti, ad esempio con l’informatizzazione, con il tasso di posti letto per mille abitanti e con la riorganizzazione della medicina territoriale».



PROCREAZIONE ASSISTITA

È in aumento la procreazione assistita In Italia un numero crescente di coppie si sottopone alla Procreazione Medicalmente Assistita, ambito che, negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante. Anche se, nota Roberto Laganara, restano “nodi” ancora da risolvere, da parte della ricerca Anastasia Martini

er la PMA (procreazione medicalmente assistita), è un vero e proprio boom in Italia. Secondo le relazioni del Ministero della Salute, le coppie che si sono sottoposte a questa pratica, nel 2003 sono state 17.000, mentre nel 2009 sono passate a quasi 64.000. Per quanto riguarda i nuovi nati attraverso la PMA, dai 5.000 del 2005, si è sfiorata quota 11.000 del 2009. Contestualmente, è aumentato il numero dei centri specializzati nell’ambito: dai 120 del 2003, si è passati ai 352, attualmente registrati presso l’Istituto Superiore di Sanità. Numeri che, secondo il dottor Roberto Laganara, che opera presso il centro Biotech PMA, non si collegano tanto a un aumento della sterilità – da dimostrare – quanto a un maggiore ricorso delle coppie a tecniche che consentono di aumentare le possibilità di concepimento. E su queste tecniche “i miscroscopi sono ancora puntati”, per colmare le zone d’ombra. Quali sono i nodi insoluti nelle pratiche di procreazione assistita? «In primo luogo, si sta ancora cercando di capire i meccanismi insiti nell’impianto dell’embrione nell’utero, affinché si possa proce-

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dere al trasferimento dei migliori, con risultati positivi, come invece spesso non avviene. Inoltre, sul fronte della FIVET (fecondazione in vitro e transfert di embrioni), si sta ancora lavorando sui protocolli di stimolazione ovarica, in modo da rendere il trattamento più accettabile e sostenibile da parte delle pazienti». A proposito della FIVET, quali problemi sono insiti in questa metodica e come vi rapportate alle pazienti che vi ricorrono? «Il rischio principale connesso a questa pratica, sono le gravidanze multiple. La legge 40 del 2004 favoriva il transfert di tre embrioni, per aumentare le possibilità di gravidanza sul singolo prelievo ovocitario, in controtendenza al resto del mondo che si sta orientando verso il transfert di un singolo embrione. Fortunatamente, nel 2009 il legislatore ha saggiamente pensato di rimettere ogni decisione riguardo il numero di ovociti da inseminare e di embrioni da trasferire in mano al medico, che ora è libero di programmare un trattamento “su


Roberto Laganara

64.000

COPPIE SI SONO SOTTOPOSTE NEL 2009

ALLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA, AMBITO CHE NEGLI ULTIMI ANNI SI STA EVOLVENDO RAPIDAMENTE

misura” in base alle caratteristiche della singola paziente, in modo da ottimizzare il risultato ottenibile con un singolo prelievo ovocitario e ridurre il numero di gravidanze gemellari, che costituiscono sempre un gruppo a elevato rischio ostetrico». Oltre a questa terapia, quali altre praticate e quali figure professionali sono coinvolte? «Oltre alla FIVET, il nostro programma include: la ICSI (fecondazione assistita dell’ovocita), la crioconservazione di ovociti, spermatozoi ed embrioni, l’inseminazione intrauterina e l’induzione all’ovulazione. Il nostro centro è strutturato in modo da poter pia-

nificare tutti i passi diagnostici e terapeutici, senza nessun tipo di attesa. Inoltre contiamo sulla consulenza scientifica di esperti del centro CPMA di Losanna (Svizzera), che ci consente di mantenere sempre aggiornato lo standard dei trattamenti proposti». A proposito di ICSI: come “funziona” e che cosa ha introdotto? «Questa metodica, che rappresenta un’importante tappa nell’evoluzione della PMA, ha permesso di trattare, dopo anni di ricerche, anche le forme gravi di sterilità maschile. Con la ICSI, infatti, basta iniettare uno spermatozoo nell’ovocita per la fecondazione, prelevandolo anche direttamente dal testicolo». A chi si rivolge la PMA e quali sono i limiti oggettivi di queste terapie? «La PMA è una pratica rivolta alle coppie che intendano aumentare le possibilità di concepimento. Un limite oggettivo, di cui però devono tenere conto, è l’età degli ovociti. Il loro invecchiamento, che subisce una forte accelerazione a partire dai 40 anni, diminuisce la fertilità. Contro questo fattore non è possibile fare nulla, salvo il ricorso agli ovociti di una donna più giovane, che è possibili in alcune nazioni, ma non in Italia».

Il dottor Roberto Laganara, ginecoloco ed esperto in PMA, lavora presso il centro Biotech Pma, che ha sede a Padova www.biotechpma.it

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FARMACI

Cesare Benedetti, titolare del gruppo Zeta con sede a Sandrigo (VI) www.zetafarmagroup.com

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Cesare Benedetti

Come è cambiato il mondo del farmaco La ricerca e la produzione dei medicinali e dei prodotti da banco. Cesare Benedetti descrive un percorso pieno di ostacoli, in cui non mancano i compromessi. «Ma la qualità e la sicurezza non sono mai in discussione» Renato Ferretti

reme, gel, beveroni dietetici, ricostituenti, boccette e pillole di tutti i colori e per tutti i gusti. Entrare in una farmacia è come fare un giro tra le mille possibilità che la scienza offre per affrontare non solo dei disturbi oggettivamente limitanti, ma anche per coccolarsi un po’, con la sensazione di prendersi cura del proprio benessere nonostante una salute di ferro. Ma cosa c’è dietro lo spettacolo offerto dai farmaci e dai loro cugini “da banco”? Che tipo di ricerca viene condotta, qual è il grado di sicurezza dei prodotti, e quante delle promesse fatte vengono realmente mantenute? L’Italia rimane uno dei paesi dove si spende di più in medicinali, dunque essendo assidui frequentatori di farmacie, quelli espressi sono probabilmente quesiti che molti italiani si saranno posti. Cesare Benedetti, titolare del gruppo Zeta con sede a Sandrigo (VI), è a capo di una delle industrie italiane dove si progettano, si realizzano e infine confezionano tutti i prodotti che servono a una farmacia. E risponde ai nostri dubbi. «È vero, il mondo del farmaco è completamente cambiato da qualche anno a questa parte. Adesso hanno il sopravvento i prodotti da banco, come cosmetici, integratori o medical devices, con i quali il farmacista ha un riscontro immediato su quello che è l’andamento della sua attività. Ma bisogna sempre considerarlo come un profes-

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sionista preparato, che pur non essendo un medico, può dare consigli utili». La sua azienda come ha reagito a questa trasformazione? «Noi siamo inseriti in tutti questi canali: il nostro obiettivo è dare un servizio completo alle farmacie, quindi produciamo tutto ciò di cui hanno bisogno. Per questo motivo le previsioni sul gruppo sono ottimistiche: possiamo parlare di aumenti a due cifre del nostro fatturato anche negli ultimi anni. Prima della crisi l’incremento era sicuramente maggiore, adesso con i nostri clienti bisogna scendere a patti, facendo sconti e cercando compromessi commerciali anche non troppo vantaggiosi». Ma questo non mette a rischio anche la qualità dei prodotti? «La qualità è assolutamente fuori discussione. Io non venderei mai qualcosa che non abbia una funzione riscontrabile concretamente e che non fosse sicuro. Fondamentale è il controllo. Adesso il ministero della salute pretende, e a ragione, che il direttore tecnico dell’azienda farmaceutica sia responsabile della qualità delle materie prime che arrivano in azienda. Noi da sempre controlliamo tutti i componenti in arrivo delle varie ricette che mettiamo, direttamente o tramite i nostri clienti, sul mercato. Procediamo facendo uno screening delle materie prime in modo tale da sapere che caratteristiche ha VENETO 2012 • DOSSIER • 257


FARMACI

20mila ANALISI ANNUALI EFFETTUATE DALLA ZETA FARMACEUTICI SU TUTTE LE MATERIE PRIME DEGLI 800 PRODOTTI, REALIZZATI 4 VOLTE ALL’ANNO

quando comincia la lavorazione».

Quello del controllo quindi rappresenta una fetta consistente del vostro lavoro. «Ci porta via molto tempo. Facendo un calcolo veloce, si parla di circa 700-800 prodotti, per una media approssimativa di 10 materie prime per prodotto, il quale viene realizzato 3 o 4 volte all’anno: quindi sono circa 20mila analisi annuali. Non si fanno tutte allo stesso modo perché abbiamo strumenti automatizzati con i quali riusciamo ad abbassare la mole di lavoro per il nostro personale, tuttavia quello che rimane da fare non è poco». Il resto dell’attività su cosa si concentra? «In realtà l’aspetto centrale, ancora più importante del controllo, sta nella ricerca e quindi nel lavoro fatto dalle risorse umane interne: tra Ctf (cioè laureati in chimica e tecnologie farmaceutiche) e farmacisti, sono dieci i professionisti che si dedicano a tempo pieno a quest’ambito e portano avanti i singoli progetti. Le molecole che noi riusciamo a sviluppare, e che poi sono registrate dal ministero della salute, sono molecole sempre estremamente attive, dunque si tratta di un lavoro tutt’altro che semplice. Parte della nostra attività comprende la cosmesi e in quel caso lo sforzo si può dire meno intenso perché

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non si tratta di farmaci veri e propri. Per quanto riguarda questi ultimi, invece, operiamo in modo da ottenere prodotti che siano in sintonia con le esigenze del mercato». Per esempio? «Poniamo il caso che ci chiedano di trasformare in gel una certa crema cortisonica: pur lasciando intatto il principio attivo, la tecnica farmaceutica è completamente diversa e quindi la ricerca si spinge verso questo obiettivo. In questo senso siamo molto attivi perché ci vengono richiesti farmaci da aziende come la Glaxo Smithkline, Pfizer, la ex Carlo Erba e molte altre. Per questi lavori utilizziamo le nostre linee di produzione, con le specifiche che servono per coprire il mercato di riferimento di queste grandi multinazionali. Così ci rendiamo conto anche noi di come si evolve il mercato e delle caratteristiche più richieste». Che tipo di rapporti intrattenete con gli altri istituti di ricerca come quelli universitari? «Oltre a uno scambio continuo con l’università di Vicenza, soprattutto per quanto riguarda i corsi di ingegneria gestionale, abbiamo rapporti molto stretti con le università di Padova e di Ferrara. Con Ferrara, in particolare, abbiamo lavorato molto bene sui filtri per i prodotti solari:


Cesare Benedetti Da sinistra, Cesare Benedetti, Marta Benedetti e Ida Filiaci

grazie a questo scambio ci possiamo dire all’avanguardia nell’ambito, tanto da aver superato l’esame fatto dalla Lega contro i tumori». Tra le vostre realizzazioni quali sono le teste d’ariete? «Il gruppo si compone di tre marchi, di cui due sono già consolidati, con cataloghi completamente diversi. Nel mercato possiamo dire di avere due grossi marchi: ci sono circa ottanta venditori che propongono il marchio Zeta farmaceutici e una sessantina che propone Marco Viti. Questi due hanno una piccola porzione di listino comune, ma uno è più orientato sulla cosmesi e l’altro più sugli integratori, per cui non si pestano i piedi a vicenda. Oggi puntiamo su Euphidra e su Prolife, che sono prodotti da banco molto semplici ma che hanno la loro connotazione farmaceutica». Quale tra gli ultimi nati vi ha dato più da fare? «L’ultimo che ha avuto un background di ricerca molto approfondito è il Prolife, un integratore probiotico in fermenti lattici vivi che aveva bisogno di una serie di parametri che rendessero il principio attivo, cioè il fermento lattico vivo, più longevo e quindi più sicuro. Per questo profilo abbiamo fatto dei

L’aspetto centrale, ancora più importante del controllo, è la ricerca e quindi il lavoro fatto dalle risorse umane interne

grandi investimenti sia sul packaging, per trovare delle plastiche che evitassero l’osmosi tra la parte liquida e quella in polvere, e fare in modo che i fermenti fossero protetti dalla temperatura, dall’umidità e da quant’altro tra gli agenti atmosferici potesse alterare il principio attivo. In caso contrario non sarebbe stato possibile per il consumatore finale portarlo comodamente in giro». Come guarda al futuro della sua azienda? «Con i nostri marchi serviamo circa 12mila farmacie: vogliamo arrivare servire tutte le 20mila italiane, perché pensiamo che i nostri prodotti possano essere davvero utili. Abbiamo fatto molti investimenti anche intellettuali per raggiungere il massimo grado di qualità: mi piace pensare che i nostri farmacisti acquistino da noi perché convinti della validità del nostro lavoro».

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STRUMENTI SANITARI

Più sicurezza per pazienti e operatori Innovazione e ricerca in campo sanitario aumentano l’efficienza a favore del paziente e riducono i rischi per gli operatori del settore. Ne è un esempio concreto il metodo Diana. Ne parliamo con Gabriele Giovanelli Marco Tedeschi

o Cuts on Research”, niente tagli alla ricerca. È questo l’appello lanciato alla Ue attraverso una petizione promossa da Ise (Initiative for Science in Europe) e Yae (Young Academy of Europe), rivolta ai presidenti e ai capi di Stato e di Governo in riunione a Bruxelles. Nella riunione viene deciso l’ammontare del budget europeo destinato alla ricerca per il periodo 2014-2020, il cosiddetto EU Framework Programme for Research and Innovation (Horizon 2020). Il 30 novembre 2011 la Commissione europea aveva proposto un finanziamento di 80 miliardi di euro, che ora però potrebbe subire un ulteriore taglio per l’opposizione di alcuni Stati che si appellano alla crisi economica in atto. I tagli alla ricerca andrebbero a incidere notevolmente sull’innovazione, protagonista indiscussa di molte realtà che hanno puntato sulla ricerca di prodotti sempre più innovativi in ambito sanitario. Ne è un esempio La Icu Medical Europe, realtà veronese impegnata nella creazione di prodotti per la manipolazione di farmaci chemioterapici, prodotti per la terapia infusionale e prodotti specifici per terapia intensiva. Nel 1984 Icu Medical, presentando ClickLock, ha introdotto il mercato degli accessi vascolari senza utilizzo di aghi. Nel

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1993 ha nuovamente trasformato il settore con Clave, il primo connettore per accesso vascolare meccanicamente e microbiologicamente chiuso, che tuttora rimane il connettore di questo tipo più affidabile e utilizzato al mondo, con oltre 500 milioni di pezzi venduti in 70 paesi all’anno, e che permette di evitare, oltre alle punture accidentali, anche la contaminazione di malattie infettive all’interno degli ospedali. Oggi Icu Medical continua a sviluppare questa tecnologia, e ha introdotto prodotti come il Neutron, il primo accesso vascolare che evita l’occlusione degli accessi vascolari stessi e che quindi comporta una miglior qualità di vita per il paziente e una riduzione dei costi per il sistema sanitario, o il Nano, un connettore studiato per i più piccoli. «Le soluzioni Icu Medical per la terapia intensiva – spiega Gabriele Giovanelli, amministratore della Icu Medical - sono state sviluppate per migliorare gli esiti dei trattamenti fornendo ai medici un accesso preciso e in tempo reale allo stato


Gabriele Giovanelli

Icu Medical Europe si trova a Roncanova, (VR) www.icumedical.com

emodinamico e cardiovascolare dei pazienti e migliorando inoltre la sicurezza del paziente e dell’operatore sanitario. Queste soluzioni riguardano la conservazione dei prodotti ematici e la protezione dalle infezioni, la tecnologia avanzata di ossimetria e la realizzazione di dispositivi privi di lattice naturale. I prodotti Icu Medical sono stati sviluppati grazie alla collaborazione diretta con gli utilizzatori; questi prodotti hanno infatti il fine ultimo di limitare significativamente l’esposizione durante la manipolazione e la somministrazione dei farmaci oncologici, mettendo in sicurezza paziente e operatore dato che i farmaci citotossici impiegati sono molto nocivi per la salute». L’impegno profondo di Icu Medical va proprio nella direzione della sicurezza. «Sin dagli albori la mission di Icu Medical Europe si fonda sui valori di professionalità e concretezza, qualità e affidabilità del prodotto, ma anche di una capacità di partnership con i clienti e d’innovazione

continua. Migliorie testate clinicamente sono frutto di una cultura aziendale sostenuta da unità d’intenti fra le parti, a partire da product specialist altamente qualificati, dotati di background tecnico, incessantemente a stretto contatto con agenti di vendita selezionati e dall’esperienza pluriennale». Tra le caratteristiche preponderanti di Icu Medical c’è la creazione di prodotti personalizzati rispetto le singole esigenze. «Un fattore determinante in questo senso è stato la costruzione di una rete di specialisti multidisciplinari con esperienze specifiche in operazioni di ricerca, sviluppo e diversificazione VENETO 2012 • DOSSIER • 261


STRUMENTI SANITARI

Il sistema Diana consente di migliorare la sicurezza dell’operatore sanitario e del paziente e assicura la conformità alle procedure in essere

del prodotto pronti a rispondere alle necessità e

proporre rimedi per operatori sanitari a diversi livelli nell’azienda ospedaliera e a impiegare le tecnologie più avanzate». La crescita, negli anni, in termini di acquisizione del mercato è stata sempre positiva. «Il trend del fatturato europeo è passato da 1,8 milioni di dollari nel 2004 a 45 milioni di dollari nel 2011. Un andamento in controtendenza rispetto al settore, ma che nasce dalla capacità di instaurare una speciale sintonia col cliente mediante la soddisfazione dei suoi bisogni. Un obiettivo ambizioso è per noi raggiungere i 100 milioni entro il 2015, continuando a investire in risorse giovani e nuove idee. A Roncanova, Verona, a Lüdenscheid, in Germania, a Vrable, in Slovacchia».

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Una strategia importante per la Icu Medical è quella di puntare sulla creazione di veri e propri mercati, senza limitarsi alla fornitura di prodotti e servizi. «Notevole spessore viene dato al concetto di team, di cui fanno parte risorse creative, in grado di trasmettere energia positiva. I mutamenti vanno ricondotti a una sana competizione intesa in chiave costruttiva, nell’apprendimento di nuove competenze e nella loro rielaborazione tramite il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze». I giovani hanno priorità assoluta nell’azienda. «Qui – sottolinea Giovanelli – hanno la possibilità di lavorare in maniera dinamica e sviluppare un’interazione continua nell’approcciarsi a esigenze o opportunità presenti nel contesto». I tempi di produzione media per


Gabriele Giovanelli

45 mln TREND DEL FATTURATO EUROPEO, IN DOLLARI, REGISTRATO DA ICU MEDICAL EUROPE NEL 2011. L’OBIETTIVO È RAGGIUNGERE I 100 MLN ENTRO IL 2015

custom set corrispondono a un massimo di 7 giorni, «tempi che possono essere ridotti a 24 ore in caso di urgenza, grazie all’uso di una sterilizzatrice a irraggiamento interna allo stabilimento per la quale l’azienda ha investito 6 milioni di dollari». Tra le ultime sfide di Icu Medical troviamo il Sistema Diana. «La dottoressa Diana Kostyra Lopez era una premurosa pediatra, moglie dell’amministratore delegato di ICU Medical Inc., il dottor George Lopez. Nel 2006 Diana ha perso la sua lotta con il cancro. Partendo da questo tragico evento, George Lopez ha trovato il modo di onorare la memoria della moglie e di adempiere una promessa a lei fatta nel corso dei sui trattamenti. Durante la chemioterapia, Diana udì le

infermiere lamentare un gusto metallico all’interno della bocca, e discutere relativamente a eventuali rischi per la salute dovuti all’esposizione a farmaci chemioterapici. Lei chiese dunque al marito di creare una soluzione che tenesse gli operatori al sicuro, il risultato è la linea oncologia di Icu Medical e il sistema Diana». L’intero sistema riduce l’esposizione ad aerosol pericolosi e agli spandimenti durante la preparazione dei farmaci. «Quello su cui puntiamo – precisa Giovanelli – è la precisione, sicurezza e affidabilità anche nel corso della ricostituzione e diluizione di farmaci pericolosi. Il sistema è studiato per essere perfettamente inserito negli ambienti di lavoro standard già esistenti e nella corrente pratica clinica, consente a farmacisti e tecnici di mantenere il controllo del processo di preparazione dall’inizio alla fine fornendo maggiori mezzi per il controllo di quella che è la fase più delicata della filiera della preparazione della terapia chemioterapica. Diana assicura efficienza nel flusso di lavoro, tracciabilità e possibilità di limitare gli errori di dosaggio che spesso causano conseguenze fatali per i pazienti, contribuendo a ridurre lo spreco di farmaco con l’estrazione di tutto il liquido contenuto nei recipienti. L’utilizzo di Diana diminuisce, per gli operatori sanitari, anche le sollecitazioni delle articolazioni coinvolte durante preparazione della chemioterapia, che possono causare possibili danni fisici e invalidità da lavoro. Inoltre il sistema Diana comprende set di preparazione e somministrazione specifici e dispositivi semplici, sicuri, protetti grazie all’utilizzo del sistema a circuito chiuso needle-free ChemoClave, che consente di migliorare la sicurezza dell’operatore sanitario e del paziente ed assicura la conformità alle procedure in essere».

Esempio dell’utilizzo dei dispositivi Medici ICU Medical per terapia infusionale

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universitari di fama internazionale, due allergologi (di cui una dottoressa pediatra), un angiologo, tre cardiologi, un dermatologo, due specialisti in chirurgia plastica, estetica e della mano, un dietologo, una laserista, due ecografisti, un endocrinologo, due fisiatri, un ortopedico, un podologo, un flebologo, un foniatra, una gastroenterologa internista, cinque ginecologi, due neurologi, due neurochirurghi, una neurologa pediatra, due psicologhe, due psichiatri, un reumatologo, un oncologo, un ematologo, un otorinolaringoiatra, un urologo. È operativo anche un servizio per la prevenzione, diagnosi e cura dell’osteoporosi e delle alterazioni meta-


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boliche e biochimiche dell’osso. Tra le specialità del Poliambulatorio vi è anche l’Oculistica, cui numerosi medici specialisti gestiscono un reparto dotatosi recentemente di due importanti e nuovi strumenti: - il campo visivo computerizzato utilizzato per lo studio della sensibilità luminosa della retina e del nervo ottico: una metodica fondamentale per lo studio della patologia glaucomatosa e per il monitoraggio della sua eventuale progressione subclinica. L’esame è di facile esecuzione e non invasivo; - l’OCT (Tomografia Coerenza Ottica), una delle più recenti tecniche diagnostiche, che permette di ricostruire l’anatomia della retina nella regione maculare senza effettuare prelievo anatomico. Inoltre, un ambulatorio di odontoiatria gestito personalmente da un noto chirurgo maxillo-facciale, offre un servizio di chirurgia orale e implantologia, pro-

tesi fissa e mobile,conservativa, ortodonzia adulti e bambini, estetica del sorriso. Nello stesso stabile si trova anche un’altra società, il Poliambulatorio Arcella Sas che, per comodità del paziente, esegue esami strumentali di diagnostica per immagini quali radiografie, risonanza magnetica, mammografie, TAC, anche con software per Dental Scan 3D. Presso la medesima struttura opera un importante e qualificato centro di terapie fisiche e riabilitative utilizzando anche apparecchiature all’avanguardia come le onde d’urto per la dissoluzione delle calcificazioni. Vi è inoltre la possibilità di eseguire esami diagnostici di laboratorio clinico completi, essendoci al piano terra la Società Arcella Analisi Mediche Biolab Srl, che da oltre trent’anni opera nel settore.

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