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OSSIER LOMBARDIA L’INTERVENTO .......................................09

ECONOMIA E FINANZA

A

Roberto Pedretti Paolo Giuggioli Guido Carella

IMPRESA E SVILUPPO......................54 Roberto Snaidero

AGROALIMENTARE ..........................104 Aristide Soldi Paolo Raimondi Paola Pagani

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................14 Andrea Ferrari e Gabriele Melgari EFFICIENZA ENERGETICA................18 Paola Ferroli POLITICA ECONOMICA .....................22 Alberto Ribolla Francesco Bettoni Michele Verna Roberto Maroni Carlo Maria Oliva Carlo Sangalli Alvise Biffi CROWDFUNDING................................40 Stefano Venturi Umberto Piattelli MERCATI ................................................46 Riccardo Monti Ivan Malavasi Bernhard Scholz

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MECCANICA...........................................58 Il settore in cifre Fabio Storchi TECNOLOGIE ........................................62 Luigi Meregalli Massimo Cremonesi Marco Fanton Pedrotti Maurizio Leimer Saglio Marco Steffano Gianluigi Monti MODELLI D’IMPRESA ........................74 Claudio De Val Giampietro Trapletti Marco Monti Mario Moretti e Giorgio Panzeri Massimo Valtorta Daniele Dalmasio e Armando Belfanti Tomaso Morandini Silvio Manca IMPRESA E LAVORO..........................90 Angelin Velaj EXPORT...................................................92 Francesco Tripepi Luca Bianchi Luciano Scropetta Edoardo Pedrali Gianpaolo Frigo Marco Discacciati

PRODOTTI ALIMENTARI..................110 Mauro Bandirali Michele Marrocchelli RISTORAZIONE ...................................114 Antonio Cancello MODA ......................................................116 I numeri del made in Italy Pier Andrea Chevallard Lauro e Cristina Novati BENI DI LUSSO...................................122 Rodolfo Corazzo e Carlo Orsingher MANAGEMENT ..................................126 Alessandro Solidoro Ezio Lattanzio


Sommario A

TERRITORIO

SANITÀ

PROPRIETÀ INTELLETTUALE ................................130 Claudia Strola

EDILIZIA ................................................150 Claudio De Albertis MERCATO IMMOBILIARE ..............154 Valerio Angeletti

POLITICHE SANITARIE....................182 Enrico Garaci Elio Borgonovi Mario Mantovani Mauro Lovisari

RIQUALIFICAZIONE...........................158 Antonio Rossi

PARKINSON ........................................194 La terapia Fms

INTERNI .................................................162 Gianfranco, Giovanni e Luisa Morino

FARMACI ..............................................196 Giuseppe Banfi Giorgio Pisani

PROPRIETÀ INDUSTRIALE .....................................134 Leonardo Jaumann CONSULENZA ....................................138 Erika Leonardi SERVIZI ALL’IMPRESA....................140 Mauro Viaro MERCATI FINANZIARI......................142 Claudio Tebaldi Fabio Pioli

TURISMO...............................................164 Giulio Giumelli

GIUSTIZIA DIRITTO DEL LAVORO.....................168 Salvatore Trifirò SICUREZZA SUL LAVORO..............172 Studio Bana RAPPORTI DI LAVORO ...................174 Marco De Bellis PIANIFICAZIONE URBANISTICA ....................................178 Luigi Decio

STRUTTURE SANITARIE ..............202 Gianfranco Provenzi DISFUNZIONI DELLA SPALLA ................................208 Mario Randelli OTORINOLARINGOIATRIA .............210 Claudio Lambertoni MEDICINA ESTETICA ......................212 Angelo Trivisonno ORTODONZIA .....................................214 Riccardo Scaringi ODONTOIATRIA .................................216 Marco Toia Antonio Norcini Luigi Mario Daleffe BENESSERE ......................................222 Giulio Goisis

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L’INTERVENTO

Strategie vincenti di Roberto Pedretti, amministratore delegato di Nielsen Italia e, da un lato, il perdurare della crisi costituisce un fattore di vulnerabilità per le politiche di marketing delle aziende, dall’altro, può essere colto come un’opportunità per ridefinire la concezione del consumatore. Quest’ultimo - perché possa costituire un’autentica leva di sviluppo per l’azienda - deve essere inteso come cittadino di una comunità sociale condizionato da esigenze non più riconducibili solo all’area del consumo strettamente inteso, ma anzi arricchito da un bagaglio di conoscenze sempre meno dominabili. Oggi non si può leggere il comportamento d’acquisto esclusivamente attraverso il profilo sociodemografico, è invece necessario muoversi su target molto più differenziati, ad esempio per comportamenti di acquisto o di consumo. Dal 2004, l’esplosione dell’offerta e della domanda di socialità, abilitata anche dalla diffusione dei connected device, ha avuto degli impatti straordinari, cambiando la fruizione dei media. Il consumatore ha a disposizione molti più strumenti per informarsi e per giudicare la qualità di un prodotto o di un servizio, quindi più potere. La relazione tra azienda e cliente è dunque cambiata radicalmente, favorendo una customer experience più lunga e complessa rispetto al passato recente. Saper gestire, analizzare e sfruttare le informazioni che scaturiscono da questo nuovo rapporto rappresenta

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un elemento di differenziazione decisivo per competere e vincere nel mercato. Negli ultimi dieci anni sono state lanciate piattaforme che raccolgono milioni di utenti e rappresentano ormai un passaggio importante nel processo d’acquisto di un consumatore. È fondamentale identificare un vero bisogno, introducendo qualcosa di unico e distintivo. Due esempi da recenti ricerche Nielsen. Gli italiani, che rientrano tra i consumatori più preparati nel confrontare e valutare i possibili acquisti, sono maggiormente disposti a pagare un prezzo superiore per prodotti innovativi rispetto agli europei e per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili. Le nuove strategie di marketing non possono più ignorare gli strumenti di monitoraggio di tutti gli step del nuovo processo d’acquisto all’interno di una società sempre più frammentata. Senza di-

menticare la nuova dimensione multiculturale del contesto sociale italiano. È quindi importante perseguire politiche di diversity che permettano di avvicinarsi sempre più all’acquirente. Non è un caso che proprio i format che stanno performando meglio tra i punti di vendita siano quelli di prossimità. Il nostro è un invito alle aziende a reimpostare le campagne di vendita, il marketing e la comunicazione e a trovare il giusto equilibrio e la necessaria sinergia fra l’impatto di una strategia globale e l’implementazione locale della stessa. È inoltre fondamentale sfruttare le nuove piattaforme digitali senza dimenticare la centralità dei media tradizionali. Tutto questo - anche in un contesto di perdurante fase recessiva - può essere vincente per conquistare nuove fette di mercato in Italia e all’estero, dove l’appeal del made in Italy è ancora la chiave per imporsi. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 9



L’INTERVENTO

Una giustizia efficiente a garanzia dei cittadini di Paolo Giuggioli, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano e dell’Unione lombarda degli ordini forensi

a giustizia è un servizio essenziale che l’ordinamento deve garantire ai cittadini e alle imprese affinché siano salvaguardate le condizioni minime per una convivenza civile e uno sviluppo effettivo della società. In particolare, il buon funzionamento del processo civile rappresenta un fulcro insostituibile per il corretto svolgersi delle dinamiche economiche e delle attività imprenditoriali. Purtroppo, per quanto riguarda il nostro Paese, l’incidenza della giustizia sull’economia assume ormai da troppo tempo connotati negativi legati all’eccessiva durata dei processi che, sappiamo, rischia di vanificare il valore e l’utilità della tutela giudiziaria. Ciò lo si sta rilevando, in modo particolarmente drammatico, in questi anni segnati dalla pesante crisi che ha investito l’economia, nel corso dei quali l’inefficienza del sistema giudiziario ha contribuito ad alimentare il clima di generale sfiducia che, da un lato, sta allontanando gli investimenti provenienti dall’estero e, dall’altro, favorisce - insieme a fisco, burocrazia, carenza di infrastrutture - l’abbandono del

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territorio nazionale da parte delle aziende più competitive. Il recupero di efficienza per la giustizia civile rappresenta, dunque, un obiettivo vitale rispetto al quale, tuttavia, non si può non osservare che, nonostante i sempre più insistenti allarmi lanciati anche da vari organismi internazionali, le risposte offerte dal legislatore si sono rivelate il più delle volte scarsamente efficaci. Addirittura, in taluni casi, i provvedimenti normativi adottati, anziché essere destinati a correggere le criticità presenti nella procedura o nell’organizzazione giudiziaria, hanno perseguito il solo fine di limitare l’accesso del cittadino alla giustizia, anche attraverso il reiterato incremento degli oneri economici dovuti (contributo unificato). Le strade da seguire sono altre e, tra queste, va segnalata innanzitutto la necessità di portare a compimento il percorso di informatizzazione del processo civile che ha avuto inizio ormai più di un decennio fa e che nelle sedi giudiziarie come quella di Milano, dove i progressi sono stati più veloci, ha già potuto dimostrare il suo impatto in termine di tempi abbattuti e risparmio di costi. Per brevità basti qui rammentare che con l’av-

vento della telematica nella giustizia il tempo occorrente per l’ottenimento di un decreto ingiuntivo presso il Tribunale di Milano è passato da alcuni mesi a dieci giorni circa, a tutto vantaggio delle aziende che devono recuperare i propri crediti. Di fondamentale importanza, specie nel momento attuale, sono in secondo luogo gli strumenti per il superamento delle situazioni di crisi aziendale che di recente sono stati contemplati da alcuni interventi legislativi volti a semplificare e razionalizzare le procedure e, soprattutto, a consentire la continuità aziendale. È essenziale che si proceda in tale direzione, sia pur garantendo sempre un corretto equilibrio con il migliore soddisfacimento dei creditori. Un importante contributo al miglioramento della giustizia può pervenire infine dall’attribuzione all’avvocatura, in chiave di sussidiarietà, di un ruolo nella giurisdizione per lo smaltimento del contenzioso arretrato o, ad esempio, per l’emissione dei decreti ingiuntivi. Si tratta evidentemente di soluzioni che consentirebbero di affrontare e definire l’ormai consolidata mole di cause in giacenza e di liberare risorse preziose per gli uffici giudiziari. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 11



L’INTERVENTO

Le imprese devono fare rete e anche squadra di Guido Carella, presidente Manageritalia

na recente indagine realizzata su un migliaio di dirigenti da AstraRicerche per Manageritalia e Fondir (Fondo Paritetico Interprofessionale per la Formazione Continua dei Dirigenti del Terziario), ci aiuta a capire cosa le aziende stiano facendo per competere al meglio. Emerge che quasi tutte puntano su aumento dei ricavi (91,4 per cento), contenimento dei costi (85,2 per cento) e produttività (83,3 per cento). Elevato anche il numero di chi punta su aspetti di innovazione di processo (67,9 per cento) e organizzativa (66,7 per cento). Grave è, invece, che solo un terzo punti su export (34,9 per cento) e internazionalizzazione e apertura di sedi all’estero (32,4 per cento). In Italia l’andare all’estero è direttamente proporzionale alla crescita dimensionale delle aziende. Soprattutto, le nostre aziende nazionali e multinazionali ci vanno molto meno delle multinazionali estere. Come fare per superare questo gap? Non saremo mai un’economia di grandi imprese, non sarebbe né possibile né logico. Oggi anche la più grande corporate del mondo è vincente solo se è capace di essere parte di una catena del valore nella quale deve per forza collaborare, al meglio, con fornitori, clienti e anche con gli stessi concorrenti. Gli esempi sono tanti. Ferrero e Mars hanno collaborato per innovare logistica e distribuzione dei prodotti. Boeing ha costruito il 787 Dreamliner che ha il 70-80 per cento dei suoi componenti progettati e prodotti da partner esterni dislocati nell’intero pianeta. Insomma, chi non è in rete e non collabora è destinato a

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scomparire. Allora potremmo prendere i famosi “due piccioni con una fava”, anzi una rete. Quella costituita da una serie di aziende che condividono tutti o alcuni aspetti del loro processo produttivo e commerciale, che diventa il luogo dove condividere e sviluppare gestione, innovazione e tanto altro. Diventa l’unico modo per chi, piccolo, vuole andare sui mercati globali ed entrare nelle catene del valore che sono l’asse portante dei vari settori e business. Certo bisogna cambiare mentalità, cultura, strategia e approccio al business. Serve mettere a capo della rete un manager che ragioni e faccia ragionare, in modo strategico e operativo, tutte le imprese come una squadra coesa e compatta. Serve che questo manager abbia esperienza e visione e che, fatta la squadra, sappia guidarla sui mercati internazionali. Basta che sia chiaro che andare oltreconfine a vendere, anche solo esportando, implica entrare a pieno titolo, con diritti e doveri, in una o più catene del valore. Non è più il tempo del commesso con la valigia. Il valore si crea e si mantiene se si riesce a essere una vera rete di imprese, che opera come un grande gruppo per diventare un anello indispensabile di una o più catene globali. E a guidare, sviluppare e mantenere il tutto ci vogliono imprenditori brillanti, manager intelligenti e capaci di consolidare le maglie di questa rete, agganciandosi agli anelli delle catene del business globali. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 13


IN COPERTINA

L’ENERGIA CHE GENERA SVILUPPO Arriva dal mercato del termico un modello improntato su diversificazione, sostenibilità ambientale e, soprattutto, su una precisa strategia di conquista dei mercati esteri. Il caso della Caldaie Melgari Andrea Moscariello rescita, nel linguaggio d’impresa, è spesso sinonimo di cambiamento. Lo sanno bene gli americani, che hanno fatto della diversificazione uno dei loro mantra economici. E lo hanno capito anche i nostri “cugini” d’Oltralpe. Talvolta faticano, invece, a comprenderlo gli imprenditori italiani. Ma non per ottusità mentale, i nostri capitani d’azienda sono abili e ammirati in tutto il mondo. Semplicemente per un innegabile dato storico: l’Italia ha spesso cercato nella tradizione, nella metodica, talvolta anche nel mantenimento ostinato di obsolete peculiarità artigianali i suoi punti di forza. Ma i tempi cambiano. Specie in ambiti, come quello energetico, in cui la tecnologia fa la differenza. Lo conferma il caso della Caldaie Melgari, l’azienda cremonese, con sede a Pieve Delmona, che vanta il più ampio parco caldaie d’Italia e che oggi si conferma uno tra i principali attori sul segmento delle centrali termiche. Un’azienda che ha saputo affrontare i mutamenti del comparto, aprendosi alle rinnovabili, e che, no-

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nostante una posizione consolidata sul mercato interno, ha scelto di proporsi con decisione sullo scenario internazionale. A spiegarne le strategie sono due dei suoi dirigenti, Andrea Ferrari e Gabriele Melgari. «Stiamo attraversando un periodo di importanti cambiamenti e di crescita. Abbiamo consolidato i progetti in essere, accresciuto il personale, ma anche gli spazi a nostra disposizione, aggiungendo un nuovo capannone in cui stoccare ulteriori caldaie. Tutto questo per far fronte a una domanda sempre crescente» spiega Ferrari. Soprattutto le grandi imprese, afferenti al settore energetico, stanno fornendo ottimi feedback all’azienda lombarda. Dunque stanno cambiando i vostri asset strategici? ANDREA FERRARI: «Nell’ambiente del marketing, da sempre, avviene una grande distinzione: i mercati al consumo, o b2c, e i mercati industriali, o b2b. Noi, che apparteniamo alla seconda categoria, siamo considerati i “creativi repressi” del settore, quelli che possono ricorrere solo a strategie di prezzo e poco

altro. Questo perché, per noi, sono in buona parte inapplicabili tutte quelle attività “emozionali” che solleticano aspetti non strettamente economici nel consumatore. Ma sbaglia chi crede che la nostra azienda pensi solo a noleggiare caldaie. Sono convinto che a poco a poco avremo la nostra rivincita». Come? A. F. : «A partire dai rapporti tra aziende diventa ogni giorno più importante la presenza di un brand forte, la conquista della fiducia tramite la relazione e la personalizzazione della comunicazione. Per rispondere alle esigenze del mercato, quindi, dovremo saper investire in formazione, specializzandoci in ambiti professionalmente avanzati e soprattutto saper modificare la nostra offerta, rendendola ancora più customizzabile. C'è poco da fare, al giorno d’oggi ciascuno è disposto a pagare solo per quello di cui ha davvero bisogno. Ogni prodotto o servizio che distribuiremo, quindi, dovrà contenere esattamente il valore per cui il cliente è disposto a pagare, non un euro in più, non un euro in meno».


Andrea Ferrari e Gabriele Melgari

Da sinistra, Andrea Ferrari e Gabriele Melgari


IN COPERTINA

Questo vale anche su scala europea? A. F. : «Il Centro Europa è molto forte nel metalmeccanico, ma la loro è principalmente efficienza tecnica. Nella gestione del calore e, più in generale, dell’energia occorre avere anche altri fattori critici di successo, soprattutto la flessibilità e la capacità di essere “consiglieri” oltre che consulenti delle imprese, aiutandole a individuare le soluzioni migliori. La parola chiave è, quindi, co-creazione». Una parola chiave nell’ambito della green economy. È su questo che vi state concentrando? GABRIELE MELGARI : «La green economy rappresenta un percorso che porta a risultati solo nel lungo termine. Per questo richiede ingenti investimenti e pazienza. Per quanto ci riguarda, il nostro reparto di ricerca e sviluppo si sta concentrando da un lato sull’applicazione di fonti d’energia alternative ai generatori di vapore, da sempre legati al mondo dei combustibili fossili, e, dall’altro, a sofisticate strumentazioni con cui accessoriare le nostre caldaie. Il 16 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

Il gruppo dirigente di Caldaie Melgari: Andrea Ferrari, Sonia Cantarelli, Gabriele Melgari e Michele Melgari


Andrea Ferrari e Gabriele Melgari

Dalla crisi abbiamo imparato che è possibile crescere a patto di implementare una maniacale cura dei dettagli, non solo tecnici ma anche legati alla più generale amministrazione aziendale

fine è il recupero energetico, il contenimento delle dispersioni di calore, la riduzione dei consumi e, non da ultimo, l’abbattimento delle emissioni nocive». In particolare sul biogas in Italia è prevista una crescita del 25 per cento, in linea con il resto d’Europa. Anche se è lontano il traguardo tedesco, in Germania si contano già 3800 impianti. G. M. : «Io credo in una grande crescita, anche se rallentata dalla stretta sugli incentivi. A oggi il biogas è davvero conveniente solo per gli impianti di piccole dimensioni, inferiori a 300 Kw, in particolare se integrano sottoprodotti della zootecnia con le biomasse. La nuova normativa prevede bonus premianti in luogo della precedente e indifferenziata percentuale sull’energia autoprodotta. Il problema, certamente non nuovo a noi italiani, è che si sono individuati bonus spesso inap-

plicabili, in quanto inadatti alla tipologia di sfruttamento delle biomasse esistente nel nostro paese. E qui viene il sospetto di una “scopiazzata” dalla normativa tedesca. Oltretutto, non sono stati individuati sistemi per misurare, a campione, l’effettiva congruità delle aziende “premiate” con i criteri di merito necessari per accedere agli incentivi». I vostri obiettivi, oggi, vanno ben oltre l’Europa. A. F. : «Abbiamo da poco aperto una joint venture in Nord Africa, un mercato in fortissima espansione. Ammetto che le turbolenze politiche degli ultimi mesi hanno inevitabilmente rallentato il ritmo dell’attività economica. Ciò nonostante ci possiamo ritenere soddisfatti dell'andamento oltre Mediterraneo. Il nostro intento è partire dall'Egitto per aprirci a poco a poco ai paesi limitrofi, attraverso una solida rete commerciale. Lavorando

in simili realtà è fondamentale conoscere e inserirsi nella cultura locale, saper educare il cliente alla qualità tecnica dei macchinari italiani e al loro funzionamento. In effetti, una delle attività accessorie più importanti nella vendita delle nostre caldaie è proprio la formazione del personale tecnico del cliente». Quale lezione avete colto dalla crisi economica? A. F. :«Napoleone diceva che ci vuole più carattere nell’amministrare che nel fare la guerra, non aveva tutti i torti. Dalla crisi abbiamo imparato che è possibile rimanere a galla, se non addirittura crescere, come è stato per noi, a patto di implementare una maniacale cura dei dettagli, non solo tecnici ma anche legati alla più generale amministrazione aziendale. È qui che si dimostra la bravura imprenditoriale, quando il mare è mosso. Nel mare tranquillo, tutti sono bravi a navigare». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 17




POLITICA ECONOMICA

Un clima di rinnovata fiducia Rappresentare le imprese, specie in una regione come la Lombardia così colpita dalla crisi, è un compito difficile. Il presidente Alberto Ribolla ricorda, però, che «gli imprenditori hanno una sorta di “dovere dell’ottimismo” per sostenere le aziende sui mercati e incoraggiare l’inversione di tendenza del ciclo economico» Renata Gualtieri avvicendamento tra Alberto Barcella e Alberto Ribolla alla presidenza di Confindustria Lombardia è avvenuto lo scorso ottobre. Sono molti gli aspetti che legano l’attuale presidente al suo predecessore. Entrambi, infatti, provengono dall’industria manifatturiera e da due province, quella bergamasca e quella varesina, che incidono in maniera rilevante sull’economia lombarda. Insieme hanno condiviso l’esperienza di partecipazione all’interno del Consiglio regionale di Confindustria Lombardia negli anni in cui erano presidenti delle

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rispettive associazioni provinciali: «Un’esperienza comune molto importante - spiega Ribolla - che ci ha permesso di comprendere al meglio il ruolo della Federazione regionale come luogo di condivisione e comprensione dei problemi e delle esigenze dei diversi territori. Un ruolo che è stato certamente ben interpretato da Alberto Barcella». In questo senso, assicura il numero uno degli imprenditori lombardi, ci sarà continuità rispetto al suo predecessore: «Da parte mia, cercherò con sempre maggiore impegno di coordinare le posizioni, di esercitare una posi-

tiva attività di lobby nei confronti di Regione Lombardia, di catalizzare e valorizzare le nicchie di eccellenza così numerose in Lombardia, aumentando il trasferimento trasversale di competenze tra i diversi settori». Al momento della sua elezione ha dichiarato «Confindustria Lombardia è chiamata a cambiare pelle». Come vuole procedere in questo percorso? E quali i motivi alla base di questa affermazione? «Il particolare momento storico che le nostre imprese stanno vivendo, dopo una crisi durata anni e della quale solo ora si inizia timi-


Alberto Ribolla

Dobbiamo rendere il nostro territorio più attrattivo per gli investimenti produttivi e rimettere la manifattura al centro delle scelte politiche ed economiche

damente a intravedere la fine, ha imposto un cambiamento all’interno dell’intero sistema confindustriale: un’esigenza che il presidente Giorgio Squinzi ha immediatamente colto dando l’avvio alla Riforma Pesenti. La mia elezione, avvenuta nelle stesse settimane in cui la giunta nazionale ne approvava il testo, è stata considerata un’opportunità per cogliere immediatamente lo spirito e le indicazioni della riforma per quanto riguarda il ruolo delle federazioni regionali. Citando liberamente, le “Confindustrie regionali devono essere efficaci dal punto di vista funzionale e snelle nella governance, dotate di risorse, competenze e autorità per compiere al meglio la loro funzione”: una definizione che trova sia me, sia i colleghi presidenti che mi hanno eletto, perfettamente concordi. Le consultazioni dei saggi che hanno preceduto la mia elezione hanno identificato nella semplificazione della governance,

nella costruzione di sempre nuove sinergie e in un rapporto sempre più forte e propositivo con Regione Lombardia e sempre più stretto con l’Europa, le linee guida del mio mandato. Nel corso di queste prime settimane ho posto le basi per avviare questo processo di rinnovamento e per rispondere adeguatamente alle sempre nuove esigenze delle imprese che rappresentiamo». I dati della congiuntura lombarda del terzo trimestre 2013 segnano un lieve miglioramento del quadro congiunturale ma non rassicurano fino in fondo. Quali i fattori che potranno influenzare una definitiva inversione di tendenza del ciclo economico e le principali leve di sviluppo su cui puntare? «Come ho ricordato in occasione della presentazione dei dati, dobbiamo rendere il nostro territorio più attrattivo per gli investimenti produttivi e rimettere la manifattura al centro delle scelte politiche ed economiche: un posto nel manifatturiero ne genera ben quattro nei servizi, contribuendo a formare figure professionali ad alto valore aggiunto capaci di inserirsi con più facilità nel mercato del lavoro. Do-

vremo poi necessariamente presidiare tutti quegli strumenti utili ad agganciare crescita e innovazione, come ad esempio i cluster tecnologici. Questi strumenti saranno efficaci solo se si svilupperanno con un approccio bottom-up, con un ampio coinvolgimento delle imprese lombarde per orientare l’attività verso progetti di reale interesse per l’innovazione del sistema produttivo, evitando il rischio di diventare palestre di esercizi accademici di minimo appeal per le imprese. Sarà, infine, nostro dovere presidiare i temi della spesa pubblica, dell’accesso al credito, dello sviluppo dei progetti sulle infrastrutture e, infine, del mercato del lavoro: imprese e lavoratori hanno bisogno di iniziative a salvaguardia della coesione sociale». Quali i settori che registrano incrementi tendenziali positivi e quali quelli in sofferenza? «Il sostanziale miglioramento del quadro congiunturale ci viene confermato dai tanti segni più registrati dai settori che la nostra indagine trimestrale analizza. Bisogna soffermarsi in particolare su quelli che nel terzo trimestre, tradizionalmente il più debole dell’anno, hanno fortemente incrementato i loro livelli produttivi, ovvero il set- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 23


POLITICA ECONOMICA

Tra i settori che hanno risentito più di altri della lieve contrazione dei livelli produttivi ci sono quelli legati all’edilizia

tore delle pelli e calzature - con un ottimo aumento del 4,1 per cento sul terzo trimestre 2012 - e i settori dell’abbigliamento e dei mezzi di trasporto, che si attestano al +2,3 per cento. Non dobbiamo dimenticare i settori che hanno risentito più di altri della lieve contrazione dei livelli produttivi, come quelli legati all’edilizia, o quelli dipendenti dai ridotti consumi delle famiglie, come le industrie varie. Segnalo, infine, un lieve calo del settore chimico e della siderurgia». Cosa dicono i dati sul commercio estero? «In una situazione di totale stagnazione del mercato interno, la capacità delle nostre imprese di affrontare i mercati internazionali e di riuscire a cogliere nuove opportu24 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

nità non rappresenta più solo un surplus, ma in molti casi è diventata cruciale per la loro stessa sopravvivenza. Dalla nostra ultima indagine sull’internazionalizzazione delle imprese lombarde, la presenza sui mercati esteri ha permesso al 15 per cento delle imprese campione di bilanciare le ridotte performance nazionali e a un ulteriore 10 per cento di chiudere il 2012 con un fatturato totale in crescita». Come è possibile rendere il territorio lombardo più attrattivo per gli investimenti produttivi anche dall’estero? «Dobbiamo puntare a rendere la Lombardia attrattiva agli occhi degli investitori esteri. Sappiamo che il nostro territorio, nonostante il suo tradizionale ruolo di traino del-

l’economia nazionale ed europea, sta pagando negli ultimi anni un prezzo molto alto in termini di attrattività: sono sotto gli occhi di tutti i casi di numerose realtà produttive che scelgono di spostarsi in territori esteri limitrofi, nei quali possono trovare condizioni più favorevoli. Abbiamo avanzato numerose proposte, tra cui la definizione di un contratto di insediamento, un accordo cioè tra amministratori pubblici e imprese anche partendo sperimentazioni in determinati territori che garantisca tempi limite di autorizzazione, semplificazione amministrativa, incentivi l’arrivo di produzioni e di servizi brain e tech intensive, con aiuti sul versante della ricerca e dell’innovazione e con un catalogo pubblico


Alberto Ribolla

delle aree e degli insediamenti: uno strumento che rassicuri e garantisca l’imprenditore che vuole investire nel nostro Paese». Quali le riforme e gli interventi

necessari perché la Lombardia possa tornare a essere competitiva? «La Giunta regionale e l’Assessore Melazzini hanno colto il carattere strategico del tema attrattività per l’economia lombarda e lo spirito essenziale della nostra proposta. Il progetto di legge sulla competitività approvato alla fine del mese di ottobre e all’esame del Consiglio regionale contiene infatti una serie di proposte molto interessanti per facilitare e promuovere l’insediamento delle attività produttive, grazie all’introduzione dell’Accordo per la competitività, che riprende in buona parte i contenuti della nostra proposta di contratto d’insediamento. Nella proposta si riscontrano anche interessanti iniziative in termini di semplificazione nei rapporti con la Pubblica amministrazione, temi cruciali per permettere alle imprese lombarde di tornare competitive. Ci auguriamo che queste misure vengano attuate nel più breve tempo possibile e che tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte abbraccino questo nuovo tipo di approccio orientato alla collaborazione con le imprese per lo sviluppo del territorio». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 25


POLITICA ECONOMICA

La domanda interna fa ben sperare L'economia regionale arresta la discesa. Una ripartenza non roboante, ma che per Francesco Bettoni segna il cambio di rotta, interrompendo una stagione di flessione lunga diciotto mesi. Primi sorrisi persino dal mercato interno Giacomo Govoni

Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia

engono i livelli produttivi, rallenta dal -1,5 per cento di luglio al -1,2 di inizio ottobre la caduta del Pil regionale e, quel che più conta, fra le fila degli imprenditori lombardi si torna a respirare un clima di fiducia. La fotografia relativa alla produzione industriale regionale scattata da Unioncamere Lombardia nel terzo trimestre lancia segnali di risveglio. Malgrado l’andamento risulti ancora differenziato a livello settoriale, migliorano il fatturato e il volume di commesse. Non solo di provenienza estera ma, dopo un’assenza che durava dall’inizio del 2011, ri-

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spunta il segno più anche sul fronte della domanda interna. Un dato, quest’ultimo, che a detta del presidente di Unioncamere Lombardia Francesco Bettoni «sancisce l’inversione di tendenza». E per di più legittima la previsione formulata da Prometeia, secondo cui la fuoriuscita della Lombardia dalla recessione nel 2014 sarà più veloce (1, 2 per cento contro lo o,7 per cento) rispetto a quella nazionale. Ma restiamo sui dati della congiuntura trimestrale. Quali i rilievi più confortanti? «I pur timidi segnali del terzo trimestre, con un incremento della produzione industriale su base an-

nua dello 0,6 per cento e una sostanziale stazionarietà del dato sul trimestre precedente hanno comunque il pregio di confermare l’inversione di rotta in corso e di sommarsi ad altri segnali pure orientati positivamente come il fatturato, gli ordinativi o la produzione assicurata. Ma la vera novità che mi piace sottolineare ancora riguarda appunto gli ordini interni, per la prima volta in crescita rispetto all’inizio della crisi, sia rispetto al trimestre scorso che rispetto a un anno fa». Quali sono i settori che registrano le performance migliori? «In termini tendenziali, mostrano


Francesco Bettoni

In tempo di crisi, i prodotti lombardi hanno mantenuto competitività sui mercati internazionali, compensando la scarsa domanda interna

buone dinamiche quei settori che risentono della ripresa della domanda interna. Penso ad abbigliamento e calzature, anche se il confronto avviene con livelli produttivi del 2012 decisamente bassi, e degli investimenti come la meccanica. Critica rimane invece la situazione per i settori legati all’edilizia e, in parte, per la chimica». Le note liete riguardano in misura preponderante le commesse internazionali. Quanto pesa la domanda estera nella tenuta del sistema produttivo lombardo? «È fuori di dubbio che l’industria lombarda abbia tamponato la lunga crisi degli ultimi anni proprio grazie

alle esportazioni. La quota di esportazioni rispetto al fatturato nelle industrie manifatturiere è costantemente salita in questi anni fino al 40 per cento attuale. Un dato che dimostra come i prodotti lombardi, dalla meccanica all’agroalimentare, siano competitivi sui mercati internazionali e sappiano in momenti di crisi compensare la scarsa domanda interna». Come si sta sviluppando la vocazione all’internazionalizzazione delle imprese locali? «In un mercato globale che si evolve a velocità incredibili, accrescere o anche solo conservare le quote di mercato richiede continua attenzione all’innovazione.

Non solo di prodotto, ma anche organizzativa e di marketing. La nostra capacità di internazionalizzazione è legata anche alla capacità delle piccole imprese di muoversi “in rete”, supplendo ai limiti della piccola dimensione e sfruttandone invece la dinamicità e flessibilità». Tra gli indicatori che tardano a risollevarsi c’è quello relativo all’occupazione. Che andamento si prevede nei prossimi mesi su questo fronte e quali strategie serviranno per stimolarla? «Il dato occupazione resta il più dolente del quadro congiunturale. Le imprese ricominciano ad assumere solo una volta accertata una certa sta- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 27


POLITICA ECONOMICA

PRODUZIONE

+0,6% L’INCREMENTO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE SU BASE ANNUA DELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA LOMBARDA NEL TERZO TRIMESTRE

VENDITE

40% L'INCIDENZA DELLA QUOTA EXPORT SUL FATTURATO DELLE INDUSTRIE MANIFATTURIERE LOMBARDE

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bilità della ripresa, per cui gli effetti della positiva inversione di tendenza in corso nella produzione si sentiranno in ritardo sull’occupazione. E con ogni probabilità in misura inferiore all’incremento della produzione, perché restare competitive impone alle imprese di recuperare produttività. Servono, dunque, tassi di crescita superiori allo “zero virgola” per avere ricadute sensibili sull’occupazione , la strategia fondamentale per rilanciarla resta quella di ridare fiato alla domanda interna oltre che a quella estera. Solo così si realizza quel circolo virtuoso che incide positivamente anche sull’occupazione». I lievi progressi congiunturali contribuiscono a migliorare le aspettative degli imprenditori lombardi. Con quali misure di sostegno andranno alimentate in futuro? «Innanzitutto che le aspettative degli imprenditori ritornino in terreno positivo è un dato importante. Molte decisioni in materia di investimenti e di occupazione per il medio-lungo periodo, infatti, sono condizionate proprio dalle aspettative. Il prevalere di attese positive tende poi ad allargarsi anche ai settori più in crisi, spingendo le imprese a reagire positivamente. Ovviamente servono politiche industriali di supporto. Servono garanzie per l’accesso al credito, sia per gli investimenti che per la liquidità. Servono servizi per l’internazionalizzazione e per l’innovazione. Occorre, in sostanza, che la

politica e le istituzioni a tutti i livelli assumano davvero come priorità il rilancio dell’economia e della competitività delle imprese». Il manifatturiero lombardo realizza fatturati più vicini alla media dell’Unione che a quella italiana. Come esce la Lombardia dal confronto con le altre regioni-locomotiva continentali? «La Lombardia è tuttora una delle poche regioni “locomotiva” d’Europa. Magari con qualche difficoltà in più rispetto alle sorelle tedesche, ma con molti elementi di vantaggio sulle regioni forti degli altri paesi europei. Come già accennavo, queste posizioni sui mercati internazionali non sono acquisite una volta per sempre: solo la costante attenzione alla competitività e alle evoluzioni della domanda mondiale consente di tenere il ritmo delle regioni più avanzate». Quali politiche di sviluppo sono necessarie per rimanere agganciati al treno? «Dopo i lunghi anni di rigidi interventi tesi a ribilanciare i conti pubblici a scapito degli investimenti, non possiamo più fare a meno di politiche di sviluppo che facciano partire il circuito virtuoso di maggior domanda, maggiore occupazione, maggiore sviluppo. Le imprese lombarde sono pronte a lavorare e a competere a livello internazionale, ma a condizione che possano giocare con le stesse regole delle imprese dei paesi concorrenti».


Michele Verna

Il manifatturiero sente aria di ripresa Fino alla scorsa primavera fra gli imprenditori milanesi dominava lo scetticismo. Oggi torna a farsi largo un sentimento di fiducia, pur in uno scenario ancora velato d’incertezza. Lo spiega Michele Verna Giacomo Govoni

è Milano alla testa del sistema economico lombardo che inizia a gettarsi alle spalle le nubi della crisi, preannunciando uno scenario dai fatturati in crescita. Lo testimonia l’indagine sui preconsuntivi 2013 e sulle previsioni 2014 condotta da Assolombarda, che registra un moderato ottimismo tra gli imprenditori milanesi. «Dalle nostre imprese – osserva Michele Verna, direttore generale di Assolombarda – stiamo ricevendo alcuni segnali positivi. Due su tre si aspettano di chiudere il 2013 con un fatturato in crescita o in linea con il 2012. Solo sei mesi fa le loro attese erano ben peggiori, orientate nel 60 per cento dei casi a un calo del fatturato». Tra gli operatori di quali settori si percepisce maggior fiducia? «Nel manifatturiero, buona parte di chi si attende di chiudere il 2013 meglio del 2012 stima aumenti anche superiori al 5 per cento. Ed è in questo settore che si registra un vero cambio di rotta rispetto ad aprile, quando le imprese con aspettative di fatturato in calo

C’

Michele Verna, direttore generale di Assolombarda

erano il 54 per cento: ora si sono ridotte al 33. Più o meno in linea col manifatturiero si colloca la distribuzione industriale. Maggiore cautela, invece, si respira nel comparto dei servizi innovativi, dove per il 2013 si registra il 40 per cento di fatturato in calo (la percentuale più alta) e nella metà dei casi con scarti negativi rispetto all’anno precedente superiori al 5 per cento». Innovazione e internazionalizzazione: quanto stanno pesando questi asset nella ripresa dell’industria milanese? «Gli ultimi dati indicano che per quanto riguarda l’export abbiamo

recuperato i livelli pre-crisi: nel primo semestre di quest’anno nell’area milanese le esportazioni sono state del 3 per cento superiori a quelle del corrispondente periodo del 2008. Inoltre, rispetto all’Italia, Milano mostra una struttura dell’export maggiormente orientata verso i beni a più elevato contenuto tecnologico. Nel 2012 le vendite all’estero delle imprese locali nei settori ad alta e medio-alta tecnologia hanno rappresentato il 56 per cento del totale, contro il 47 per cento nazionale. Da considerare anche la significativa propensione alla creazione di reti di impresa, molte delle quali nate per LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 29


POLITICA ECONOMICA

l’accesso a nuovi mercati e lo sviluppo di attività innovative. Le aziende regionali coinvolte sono quasi 1.500, numero che è in costante crescita». Anche le previsioni degli imprenditori per il 2014 sono improntate all’ottimismo. Su quali versanti si attendono i miglioramenti più significativi? «Un moderato ottimismo per il 2014 caratterizza industria e servizi nella stessa misura, con una quota non irrilevante di imprenditori che si spinge a stimare crescite del fatturato superiori al 5 per cento. Si fa, dunque, strada la possibilità di una ripresa dell’attività economica, anche se le aziende continuano a esprimere prudenza e cautela in uno scenario ancora soggetto a elevata volatilità». Il nodo più complesso da sciogliere è quello dell’occupazione. Quale andamento si sta registrando nel Milanese? «Pur cogliendo incoraggianti segnali positivi del clima economico, 30 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

difficilmente avremo effetti in termini di creazione di posti di lavoro fino a quando la ripresa non avrà preso un certo vigore». Quali azioni state sollecitando in tal senso? «Servono, specie sul fronte dell’occupazione giovanile, azioni concrete e incisive per favorire l’employability e il placement. Prima di tutto, è necessario migliorare, innovandoli, i processi formativi in termini di contenuti e didattica, anche attraverso il partenariato formativo delle imprese. Bisogna rendere più agevole la transizione dalla scuola al lavoro, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di figure professionali che rispondano alle esigenze di crescita del sistema economico. Va, inoltre, considerato l’importante contributo derivante da un maggior utilizzo dell’apprendistato. Assolombarda ha fatto accordi con i sindacati, ma si può fare ancora molto per rendere lo strumento più interessante per i giovani e le imprese, puntando alla massima semplificazione».

In materia di contenimento della spesa pubblica, che potrebbe liberare nuove risorse per le imprese, resta centrale il tema dell’autonomia e dei costi standard. Quali criteri applicare? «Dalla “mano pubblica” le imprese non si aspettano risorse, quanto piuttosto regole semplici ed efficienza gestionale che possa portare a minor carico fiscale. A tal proposito, i temi di una revisione delle competenze tra Stato e Regioni e di un’autentica riforma della pubblica amministrazione sono fondamentali anche per razionalizzare e contenere la spesa pubblica». Da quali Paesi mutuare le buone pratiche? «In Germania qualche anno fa si è provveduto alla revisione delle responsabilità fra Lander e Stato centrale, rafforzando alcune competenze a livello federale, ma accrescendo l’autonomia dei Lander in molti campi. Questo è l’esempio che dobbiamo seguire. Dobbiamo rivedere profondamente il Titolo V della no-


Michele Verna

HI-TECH

56%

IL TASSO DI ESPORTAZIONI NEL 2012 DELLE AZIENDE MILANESI NEI SETTORI AD ALTA E MEDIO-ALTA TECNOLOGIA CONTRO IL 47% A LIVELLO NAZIONALE

Nel manifatturiero si registra un vero cambio di rotta, maggiore cautela, invece, si respira nel comparto dei servizi innovativi

stra Costituzione, centralizzando le sole competenze strategiche come quelle in materia di energia e infrastrutture, favorendo allo stesso tempo un decentramento vero in materie come sanità e istruzione. E dobbiamo rimettere al centro di tutto il criterio dei costi standard». Capitolo Expo 2015. Quali le prospettive per le imprese milanesi? «Expo 2015 rappresenta uno dei progetti più rilevanti degli ultimi 50 anni su scala nazionale, che produrrà un significativo impatto sul-

l’economia del Paese nei prossimi anni. L’evento sarà un’opportunità, non solo per le imprese milanesi, ma per tutto il mondo imprenditoriale italiano che potrà cogliere un’occasione unica di visibilità e promozione delle proprie eccellenze. Le imprese del nostro territorio potranno dare un contributo primario alla riuscita della manifestazione, che non vuol essere solo un’esposizione tradizionalmente intesa, ma si candida a costituire un momento di riflessione a livello glo-

bale sui grandi temi della sostenibilità e della tecnologia al servizio di un maggior benessere». Ad esempio? «Penso alle aziende appartenenti al nostro Green economy network, che sviluppano costantemente innovazione proprio nel rispetto del principio cardine della sostenibilità e che potranno trovare nei milioni di visitatori attesi un humus fertile per diffondere le best practice anche nelle parti più lontane e ancora in via di sviluppo del mondo». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 31


POLITICA ECONOMICA

Uniti per la competitività Aiuti fiscali per le aziende lombarde e accordi con le autorità per sgravarne il fardello amministrativo, anche attraverso esperimenti come le zone a burocrazia zero. Roberto Maroni illustra le strategie di una Regione che guarda allo sviluppo Giacomo Govoni n documento congiunto e condiviso sulla legge di stabilità e sulle politiche finanziarie, sottoscritto in un’ottica di «massima condivisione con chi opera sul territorio». In sede di presentazione del Patto per lo sviluppo per la Lombardia, avvenuta a fine ottobre, Roberto Maroni ha voluto sottolineare uno degli aspetti cardine che ha ispirato la stesura del testo: lo schieramento compatto di enti locali, parti sociali, associazioni imprenditoriali e sindacati nella battaglia per il rilancio del sistema produttivo e sociale lombardo. Come s’inserisce questo accordo nel quadro delle misure economiche adottate dalla Regione negli ultimi mesi e quale sostegno prevede per le attività produttive locali? «Con la firma del patto per lo sviluppo, la Lombardia manifesta la propria unità di intenti ed espone al governo le necessità di tutto il suo tessuto economico e sociale. I tagli previsti dallo Stato per le Regioni sono di 300 milioni di euro, tuttavia il governo lombardo vuole continuare a mettere in campo misure per la crescita, riducendo oneri burocratici e fiscali per le nostre aziende». Un esempio? «Stiamo sperimentando il programma che mette a disposizione 30

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milioni di euro per le nuove imprese e per quelle che realizzano un piano di rilancio. Grazie a questa misura azzeriamo l’Irap per le startup innovative. E questo rappresenta il primo passo di alleggerimento del carico fiscale da estendere anche ad altre tipologie d’impresa». Fresco di varo regionale è anche il progetto sulla competitività che, ad esempio, annuncia uno snellimento delle procedure burocratiche per avviare un’impresa. Cosa cambierà nel dettaglio? «Innanzitutto introduciamo la comunicazione unica di avvio delle attività, che permette all’imprenditore di autocertificare il possesso dei re-

quisiti di legge senza dover allegare alcun documento aggiuntivo. Tutta la documentazione è conservata dall’imprenditore e, in caso emergano difformità in sede di controllo, viene assicurato un tempo congruo per mettersi in regola senza incorrere in sanzioni. Il progetto di legge prevede anche la riorganizzazione degli sportelli unici per le imprese con piena valorizzazione del ruolo svolto dalle Camere di commercio. La Regione s’impegna anche a definire un sistema integrato dei controlli, coordinando quelli di competenza regionale e anche sovra regionale, per limitare gli impatti sull’attività quotidiana delle imprese».


Roberto Maroni Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia

AVANZO DI GESTIONE

8,5 mld

LE RISORSE ACCUMULATE DAI COMUNI LOMBARDI NEL 2012 PER VIA DEL PATTO DI STABILITÀ

Lo stesso documento contiene strategie per attrarre investimenti sul territorio lombardo. Su quali leve agirete in particolare? «Per rendere più appetibile il nostro territorio agli investimenti esteri, abbiamo previsto l’ipotesi di istituire “accordi per la competitività”, strumento negoziale con cui le autorità amministrative possono introdurre incentivi e agevolazioni, anche fiscali, a fronte di certezze sugli impatti occupazionali e sugli investimenti da parte delle imprese. Con l’attuazione di tali accordi, intendiamo avviare la sperimentazione di zone a burocrazia zero, prevedendo un minor carico fiscale per le nuove imprese, sulle imposte regionali e comunali, e nuove modalità per l'avvio dell’attività d’impresa. Venti milioni di euro sono le risorse che mettiamo a disposizione per le sperimentazioni».

Da tempo sta facendo pressing sul tema del patto di stabilità, sollecitando anche i parlamentari lombardi. Quali effetti produrrebbe lo sblocco sul tessuto industriale lombardo? «Nel 2012 i Comuni lombardi hanno accumulato un avanzo di gestione di 8,5 miliardi di euro, non spendibili a causa del patto di stabilità. Sono soldi già presenti nelle casse. Non è difficile immaginare quali vantaggi avrebbe il tessuto economico a fronte di investimenti da parte del settore pubblico: significherebbe poter avviare alcune opere fondamentali, concludere quelle in corso, pagare i fornitori, cioè le imprese. Un’immissione di liquidità indispensabile per aiutare la ripresa, soffocata da politiche di austerità troppo rigide. Non si tratta di rigettare tutti i limiti di finanza pubblica, ma di

liberare i Comuni virtuosi da gioghi inutili e dannosi». Come giudica i provvedimenti economici emanati finora dal governo e su quali capitoli attende azioni più incisive? «Con la crisi economica più grave dal dopoguerra, l’obiettivo prioritario deve essere agganciare la ripresa. Ma bisogna imparare innanzitutto a fidarsi degli imprenditori. Il primo provvedimento che mi aspetterei dal governo, perciò, è il taglio della pressione fiscale, affinché le imprese possano tornare a investire. Anche Confindustria continua a ripeterlo ma a Roma non lo capiscono. Almeno in Lombardia, invece, voglio creare un’alleanza fra chi governa e il mondo delle imprese e le misure che stiamo adottando vanno proprio in questa direzione. Sfido le altre Regioni e il Governo a fare altrettanto». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 33


POLITICA ECONOMICA

Il passo giusto per la svolta Un Paese in procinto di ritrovare la stabilità e che «ha predisposto un piano di riforme in grado di migliorare la sostenibilità sul lungo periodo». Carlo Maria Oliva delinea il profilo dell’Italia visto dalla prospettiva dell’Ocse Giacomo Govoni ià lo scorso maggio a Roma, in uscita dalla presentazione del nuovo rapporto Ocse sulla situazione economica dell’Italia, la sensazione era stata incoraggiante. Alla presenza dei massimi esponenti del nostro governo, il segretario generale Angel Gurria riconosceva a nome dell’organizzazione «gli sforzi intrapresi dal nostro Paese nel consolidamento delle finanze pubbliche e nell’avvio di un ambizioso programma di riforme». Alle soglie del 2014 il giudizio si è consolidato, come ribadisce Carlo Maria Oliva, rappresentante permanente presso l’Ocse a Parigi. «Le ultime previsioni – spiega l’ambasciatore – hanno confermato l’uscita dell’Italia dalla recessione e il prossimo ritorno a tassi di crescita positivi». Com’è cambiata in questi mesi la percezione del contesto italiano fra gli altri Paesi membri dell’Ocse? «Il quadro politico e la situazione economica italiana sono seguite con molta attenzione dall’Ocse e dai nostri partner. E, di recente, rilevo maggiore ottimismo. Il superindice Ocse da diversi mesi suggerisce l’imminenza di un punto di svolta. Gli ultimi dati congiunturali segnalano che l’attività economica si sta stabilizzando e che il Paese si sta avviando verso una graduale ripresa. Ma non è certo il momento di dormire sugli allori. La di-

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soccupazione rimane elevata, soprattutto tra i giovani, e ormai da troppo tempo. L’Italia deve continuare sul sentiero intrapreso e cogliere questa occasione per rilanciarsi, proseguendo sulla strada delle riforme e assicurare la loro piena attuazione». Quali Paesi dell’area stanno marciando in maniera più spedita fuori dalla crisi e grazie a che tipo di strategie? Quali invece fanno più fatica a ripartire? «La ripresa rimane nel complesso ancora moderata con andamenti divergenti sia tra le principali aree sia al loro interno. Rallentano i Paesi emergenti, mentre negli Stati Uniti, che hanno potuto contare su politiche straordinariamente espansive, le prospettive puntano verso una più decisa ripresa dell’attività economica. Il Giappone sta raccogliendo i primi frutti dell’“Abenomics”, ma occorre più coraggio nell’implementazione delle riforme strutturali necessarie ad aumentare il suo potenziale di crescita, anche in vista del non più procrastinabile consolidamento delle finanze pubbliche. La ripresa nell’area euro rimane fragile e non equamente distribuita. In paesi come la Germania, tuttavia, dove già prima della crisi erano state adottate

misure lungimiranti, le prospettive di crescita e quelle sul mercato del lavoro restano migliori». Diversi Paesi stanno intensificando le loro relazioni commerciali, anche attraverso accordi bilaterali. Tra i più recenti, quello tra Ue e Stati Uniti. Come vede queste strategie? «L’invito dell’Ocse alla liberalizzazione e al multilateralismo è motivato dalla consapevolezza che il commercio costituisce un gioco a somma positiva. In questa ottica, le recenti


Carlo Maria Oliva

Sotto, Carlo Maria Oliva, rappresentante permanente presso l’Ocse a Parigi

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La ripresa nell’area euro rimane fragile e non equamente distribuita. Migliori le prospettive di crescita in Germania

iniziative di accordi commerciali regionali o plurilaterali, quali l’Us-Eu Transatlantic trade agreement, sono viste come un’opportunità per promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro». Giudica positive le iniziative per creare opportunità di business e di lavoro da parte del nostro governo?

«Credo che un buon esempio sia la recente iniziativa lanciata dal governo, nota col nome di “Destinazione Italia”. È un piano completo e organico finalizzato all’attrazione di investimenti diretti verso il nostro Paese. Il progetto identifica ben 50 misure destinate a rendere l’Italia più appetibile per gli investitori stranieri e aumentare la competitività delle nostre imprese. In Italia abbiamo bisogno di iniziative come questa, e poi di metterle in pratica». A livello nazionale, quali provvedimenti economici potrebbero migliorare la “reputazione” italiana all’interno dell’Ocse e consentirle di agganciare più in fretta la ripresa? «Non direi che vi sono problemi di

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reputazione. E dall’ultimo rapporto sull’Italia emerge l’approvazione dell’Ocse nei confronti di un programma di riforme che ambisce a sostenere la crescita e migliorare la sostenibilità di lungo periodo. Permangono, d’altra parte, debolezze che affondano le radici indietro nel tempo: bassa produttività, insufficiente competitività, elevati costi amministrativi, lentezza della giustizia civile. Andrebbe rilanciato il capitale umano. Andrebbero ridotte le barriere alla competitività, rafforzate le politiche attive sul mercato del lavoro. Occorre riformare il nostro sistema fiscale verso un’ulteriore riduzione della tassazione sul lavoro. Su quest’ultimo aspetto, il messaggio dell’Ocse é chiarissimo». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 35


POLITICA ECONOMICA

Fare rete per crescere Nonostante anche il 2013 si stia chiudendo in negativo, la luce in fondo al tunnel si inizia a vedere. Internazionalizzazione, reti d’impresa, innovazione e startup sono le parole d’ordine di una ripresa sempre più vicina Teresa Bellemo

e piccole e medie aziende sono ancora in una fase di difficoltà, ma in quest’ultimo anno si assiste a un cammino, seppur difficile, verso il rilancio. Non manca, infatti, qualche timido segnale positivo, ma la situazione economica milanese continua a presentare forti criticità. Non a caso, nel 2012, a Milano e provincia il prodotto interno lordo è sceso dell’1 per cento e il reddito disponibile delle famiglie dell’1,5. Dall’altra parte, però, ci sono alcuni aspetti, come quello dell’internazionalizzazione, che hanno ulteriori margini di crescita soprattutto per quanto riguarda i mercati emergenti. In questo contesto ci si sono poi le attese per l’effetto Expo, che sta già iniziando ad avere ricadute positive sul territorio. Da questo punto di vista, la Camera di commercio di Milano cerca di accompagnare il più possibile le aziende nel percorso di ripresa. E il presidente Carlo Sangalli sottolinea che, c’è una particolare attenzione alle nuove imprese, alle reti, all’innovazione come valore aggiunto e all’internazionalizzazione per cogliere la domanda crescente che arriva dai nuovi mercati». Quali sono i vantaggi dei contratti di rete per le pmi? «Il progressivo successo delle reti

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Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano

d’impresa rafforza e dà nuove prospettive al sistema delle pmi. Le reti permettono di parlare con una sola voce alle banche, al mercato e alla pubblica amministrazione, ma anche di sviluppare una maggiore competitività, avviare processi innovativi e di crescita in modo congiunto, condividere e allo stesso tempo tutelare il know-how. Fare rete significa allearsi intorno a progetti precisi, condividendo strutture, processi, conoscenze e decisioni, senza rinunciare all’autonomia e all’identità della propria impresa». Quali i numeri delle reti? «Su circa 817 contratti di rete sti-

pulati in Italia, un terzo del totale riguardano la Lombardia, mentre su oltre 4.219 imprese italiane in rete, un quarto sono imprese lombarde. Milano è la provincia con più contratti di rete e con più imprese in rete e guida la statistica rispettivamente con 147 contratti e 305 imprese coinvolte. Sono numeri interessanti ma, per diffondersi sul territorio, le reti devono essere maggiormente incoraggiate». Dal punto di vista della tassazione, la dimensione di rete può dare giovamento alle imprese? «L’alleggerimento della tassazione sulle imprese e sul lavoro è il primo obiettivo da realizzare se si vuole ri-


Carlo Sangalli

Milano è la provincia con più contratti di rete e con più imprese aggregate

vedere la crescita economica. La costituzione di reti di impresa ha un effetto abbastanza positivo dal punto di vista fiscale, ma ci sono ampi margini di miglioramento. Se, ad esempio, nel contratto di rete viene definito anche un fondo patrimoniale comune, gli utili di esercizio godono di un regime di sospensione di imposta, a patto che questi vengano destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune. L’importo agevolabile non può, tuttavia, eccedere il limite di un milione di euro per singola impresa». In cosa consiste il progetto Dr Startupper? «Dr Startupper è un percorso innovativo che punta allo sviluppo di una nuova imprenditorialità. Questo progetto, che vede alleate la Camera di commercio e l’Università Cattolica, ha sostanzialmente due obiettivi: sensibilizzare e motivare i giovani a intraprendere sviluppando le loro competenze manageriali. Inoltre, intende favorire

la nascita e la crescita di imprese più competitive sul territorio milanese. È attraverso iniziative come Dr Startupper che si costruisce la strada per uscire dalla grande crisi, guardando con fiducia a un futuro sistema di imprenditorialità diffusa. Progetti come questo hanno un’importante ricaduta sociale, perché, grazie al loro contributo, oltre a creare nuovi posti di lavoro e a diffondere la cultura dell’innovazione a livello universitario, avvicinano anche il mondo accademico a quello imprenditoriale». Quali sono le realtà più interessanti sul fronte delle nuove imprese nel territorio lombardo? «Secondo i dati della Camera di commercio, sono 13mila le imprese iscritte a Milano nei primi sei mesi del 2013. Nonostante la crisi, dunque, la voglia di fare impresa è ancora l’asse portante e la speranza della nostra economia. I settori principali che vengono scelti per aprire un’attività in questi ultimi mesi sono il commercio, con

un’impresa su sei tra le nuove aperture. Le costruzioni con circa una impresa su dieci, ma anche i servizi professionali, la ristorazione e il manifatturiero, tutti e tre con circa una nuova impresa su venti. La costituzione di nuove imprese anche in un periodo di crisi rappresenta un elemento importante per la tenuta del tessuto delle imprese, anche se a volte si tratta di un’alternativa al lavoro dipendente. Un segnale positivo viene dall’interesse di donne e giovani, che stanno facendo crescere il proprio peso nell’economia». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 37


POLITICA ECONOMICA

Se la rampa di lancio è in salita Burocrazia, finanziatori e conoscenza del mercato. Sono questi i problemi principali per un aspirante startupper. Che, però, possono essere ridotti grazie al matrimonio con una pmi, che ci guadagna in innovazione Teresa Bellemo

rmai è noto, la vitalità imprenditoriale oggi si trova nelle startup. Magari è solo una definizione, ma è anche in questo gruppo di ideatori e aspiranti imprenditori che si punta per una ripresa dell’economia nazionale. 18months è una di queste realtà. L’azienda è nata nel 2011 e ha sviluppato 18tickets, un software pay per use di ticketing soprattutto per cinema, a cui sono associati i social network e un sistema di controllo accessi. Una startup che sta crescendo e che ha superato gli ostacoli iniziali soprattutto grazie al “matrimonio” con una pmi, la Secure network di Alvise Biffi e Stefano Zanero. Molto più degli investitori istituzionali, infatti, le pmi possono facilitare la fase iniziale delle start-up grazie alla loro esperienza e solidità finanziaria. Inoltre, questo matrimonio potrebbe rivelarsi un incentivo per i finanziatori istituzionali a investire. «Purtroppo nel modo comune di pensare non si vedono questi vantaggi, ma in realtà ci sono da entrambe le parti. Basti pensare all’entusiasmo e alla vitalità dello startupper per affrontare meglio i mercati internazionali da parte delle pmi». Quale il vantaggio di 18 tickets? «Oggi nel mondo del cinema non sanno chi c’è in sala, al di là dei pochi

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Alvise Biffi, ceo di Secure network e vicepresidente di Assolombarda

tesserati di cui si conoscono nome e cognome, con 18tickets si sapranno finalmente gusti e frequentazioni dei propri spettatori,una novità nel settore. I vantaggi sono molteplici, innanzitutto prendendo il biglietto direttamente da smartphone si va direttamente in sala, una volta inseriti i dati la prima volta, poi si può pagare con un click». Quali sono i risultati di 18tickets? «È stato presentato in giugno alle Giornate del cinema di Riccione. Per il momento abbiamo due istallazioni in Italia più altre due entro il 2013 e due in Svizzera. L’obiettivo 2014 è raggiungere il 10 per cento del mercato del cinema italiano: otto milioni di biglietti».

Secure network ha in qualche modo adottato quest’idea. «Possiamo definire 18months come uno spin-off di Secure network. Uno dei soci di 18months, colui che ha pensato al prodotto, era un nostro dipendente. Con Secure network abbiamo finanziato 18months come nuova startup anche se legalmente non c’è un contatto diretto». Perché? «Un anno e mezzo fa dal punto di vista fiscale non c’era convenienza di investire come azienda piuttosto che come persone. Adesso potremmo farlo direttamente come azienda, grazie alle nuove disposizioni sulle startup innovative». Quali i vantaggi di questo legame?


Alvise Biffi

«La pmi ha una visione di business, una presenza sul mercato - in Italia molto relazionale - che lo startupper non si è ancora costruito. E ha già una struttura per la gestione della burocrazia, che ha un peso notevole. Quindi per la startup il vantaggio è alleggerire il carico delle burocrazie e avere un inserimento più veloce nel mercato, oltre a una modalità di finanziamento sicuramente diverso. Per le pmi invece il vantaggio è “portarsi in casa” un naturale laboratorio di ricerca e sviluppo. In questo modo un’innovazione tecnologica

che può essere complementare, evolutiva o di differenziazione rispetto al proprio business può dare un vantaggio a livello competitivo o un allargamento di offerta rispetto al proprio mercato». Come sta cambiando lo scenario delle startup in Italia? «C’è una grandissima vivacità, ma penso ci sia sempre stato. Al di là della nomenclatura attuale che differenzia le startup come società prettamente tecnologiche, in Italia dal dopoguerra in avanti è stato un fiorire di imprese e imprenditori. Gli startupper ci sono

Gli startupper ci sono sempre stati, solo che non è mai stato un fenomeno con un’unica definizione

sempre stati, solo che non è mai stato un fenomeno con un’unica definizione. C’è una grande fertilità tra i più giovani ma anche tra i meno giovani. Ci sono infatti tantissimi professionisti che usciti per scelta o necessità dal mondo del lavoro si stanno inventando imprenditori. Nel mondo degli startupper il 30-40 per cento ha un’idea imprenditoriale e intende creare un’impresa stabile, mentre il 60-70 per cento ha il classico sogno americano alla Zuckerberg in un’ottica più speculativa. A mio parere si dovrà fare i conti con la realtà. In Italia una startup su un milione potrà avere successo in questo modo, bisognerebbe puntare invece a startup con un’ottica di crescita magari più lenta ma più a lungo termine». Quali i maggiori ostacoli per chi vuole fare un percorso simile? «Numero uno la burocrazia, perché è un enorme peso economico e organizzativo, soprattutto nella fase iniziale in cui devo focalizzare e sviluppare soprattutto la mia idea e il mio mercato. Devo avere un professionista che mi segue la parte di bilancio, un altro per le paghe. Poi ho bisogno di appoggio per le normative sul lavoro e di relazionarmi con gli istituti di credito. Tutto ciò quasi sempre non fa parte del core della mia attività, quindi è un grosso peso che grava sia sul tempo che sulle risorse. Un secondo problema italiano è il mercato in forte contrazione, per cui è ancora più difficile per uno startupper che ha questo come naturale mercato di riferimento. Tra l’altro è anche molto relazionale, per cui ha bisogno di una curva lunga di apprendimento». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 39


CROWDFUNDING

Raccolta fondi bottom-up Oggi il crowdfunding è uno strumento in mano a pochi, ma presto potrebbe diventare un vero e proprio canale per la raccolta di finanziamenti in tutti i modelli aziendali. Un’opportunità social, partecipata, liquida Teresa Bellemo

l crowdfunding rappresenta una grande opportunità, ma oggi in Italia le normative vigenti lo rendono accessibile solo alle startup innovative. Una dinamica che, invece, potrebbe essere potenzialmente rilevante anche per tutti i business più tradizionali e per l’intero segmento delle piccole e medie imprese, soprattutto in un periodo come questo, in cui la difficoltà dell’accesso al credito complica qualsiasi investimento. Si tratta, infatti, di uno strumento di finanziamento dal basso, che permette a micro e piccoli imprenditori di raccogliere capitali sul mercato attraverso canali alternativi o complementari ai tradizionali finanziamenti bancari o alle quotazioni sui mercati finanziari. Stefano Venturi, amministratore delegato del Gruppo Hp in Italia, è ottimista: «Si tratta di un processo democratico, fatto di microinvestimenti con un indice di rischio limitato. Auspico che la normativa possa indirizzare e prevenire eventuali distorsioni del meccanismo, salvaguardandone la positiva logica collaborativa, propria delle dinamiche social». Quali sono i settori produttivi che possono giovare maggiormente del crowfunding? «È auspicabile che l’attuale limite normativo, che oggi circoscrive il potenziale bacino alle circa mille start-up in-

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Stefano Venturi

Stefano Venturi, amministratore delegato del Gruppo Hp in Italia

Crowdfunding non è solo sinonimo di business digitale

novative iscritte alle sezioni speciali del registro delle imprese, possa essere presto superato, permettendo di poterne usufruire anche alle start-up operanti in settori più tradizionali ma strategici, oltre alle pmi con progetti innovativi. Sarebbe senza dubbio un segnale importante, soprattutto in questa fase di crisi, caratterizzata da una minor leva finanziaria per il mondo delle piccole e medie imprese. Come Hp siamo particolarmente attenti alle potenzialità di un fenomeno come il crowdfunding per il potenziale beneficio verso start-up e pmi. Queste rappresentano, infatti, un elemento centrale nel percorso di trasformazione dell’ecosistema imprenditoriale italiano, come portatrici di innovazione concreta e legata alle esigenze del territorio». In che modo questo processo può trasferirsi e portare benefici anche ai settori più tradizionali? «Penso che il crowdfunding possa avere un positivo impatto anche sui business model tradizionali, dal manifatturiero alle piccole realtà, ad esempio il salumiere sotto casa. Occorre, infatti, considerare che crowdfunding non è solo sinonimo di business digitale, ma rappresenta piuttosto una modalità nuova e digitale per ottenere finanziamenti relativi a un progetto utilizzando il fattore collabora-

tivo tipico delle dinamiche social 2.0. Queste possono contribuire ad abilitare la realizzazione di idee e modalità nuove per trasformare anche business tradizionali. Penso, ad esempio, al settore delle business crowd application e, in particolare, ad una app come “BeMyEye”. Si tratta di un sistema di geolocalizzazione/core business che permette alle aziende di controllare il posizionamento dei propri prodotti nei punti vendita dislocati nel mondo attraverso l’occhio di persone reclutate su web che rilevano e informano in tempo reale l’azienda committente, accumulando crediti che possono essere riscossi attraverso il sistema di pagamento PayPal». Il Festival del Giornalismo di Perugia, a corto di finanziamenti, sta tentando di organizzare la prossima edizione con il crowfunding. Cosa ne pensa? «Ritengo sia una strada complementare e perseguibile, in particolare per le iniziative di ampio respiro a sfondo etico, sociale, culturale e politico, nonché per quelle campagne benefiche - come ad esempio il progetto Telethon - dove può concretizzarsi in formule di donazioni a fondo perduto. C’è poi un aspetto generale su cui mi sto impegnando anche personalmente ed è il tema culturale. Credo che in questa fase sia molto importante fare infor-

mazione e cultura sul tema del crowdfunding perché esso rappresenta il modo migliore affinché questo strumento sia visibile e conosciuto per le sue potenzialità e possa così divenire una leva innovativa e di trasformazione, a vantaggio della nostra collettività». C’è il rischio di infiltrazioni criminali in questi processi? «Su questo tema il regolamento, rilasciato lo scorso luglio da Consob, disciplina alcuni importanti aspetti legati alla raccolta di capitali di rischio da parte delle start-up innovative tramite portali Internet, in primis quello della tutela dei piccoli investitori dal rischio di truffe e raggiri. Al tempo stesso definisce i doveri e i requisiti che devono essere rispettati dai gestori dei portali e indica i parametri di trasparenza e informazione che devono essere garantiti ai piccoli investitori. Il nostro è il primo Paese a dotarsi di una normativa ad hoc sul fenomeno, anticipando anche gli Stati Uniti, che ancora non hanno definito la disciplina in materia. Questa regolamentazione potrà senza dubbio essere ulteriormente affinata, anche in base alle esperienze concrete che si andranno a configurare nei prossimi mesi. Per certi versi, si può affermare che le norme hanno anticipato il pieno sviluppo del mercato che è, invece, ancora in una fase embrionale». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 41


CROWDFUNDING

Nuove piattaforme d’investimento Mentre i finanziamenti tardano o non vengono erogati dai canali classici, il crowdfunding si inserisce in questo vuoto, facendo leva su un fattore molto umano: la condivisione Teresa Bellemo

onostante si pensi che il nostro Paese arrivi sempre a ruota, soprattutto in ciò che è nuovo e figlio della modernità, l’Italia è invece arrivata prima nel dotarsi di una legge per regolare l’equity based crowdfunding, un modello di raccolta di fondi sotto forma di investimenti di capitale, a sostegno dello sviluppo delle startup innovative. Negli ultimi anni, l’evoluzione del crowdfunding sta dimostrando le sue reali potenzialità. Nel 2012 si sono stimate circa 536 piattaforme online e nel 2011 le campagne di raccolta fondi sono state oltre un milione. Per quanto riguarda l’anno in corso, si ritiene che il crowdfunding raddoppierà, superando i 5 miliardi di dollari a livello mondiale. A rendere questa crescita possibile è, oltre alla tecnologia, certamente la perdurante difficoltà di accesso al credito da parte di famiglie e piccole e medie imprese. Il crowdfunding, infatti, si è inserito in un contesto in cui la disponibilità di fondi e di finanziamenti si è drammaticamente ri-

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42 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

dotta e nel quale i governi dei paesi più industrializzati sono alla ricerca di soluzioni che consentano il ripristino della disponibilità di mezzi finanziari per individui e imprese. Ne parliamo con Umberto Piattelli, avvocato e autore del volume “Il crowdfunding in Italia: una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?”. Come si sta diffondendo questo

strumento in Italia? E quali i canali in cui ha trovato maggiore attecchimento? «In Italia sono attualmente attive 27 piattaforme e 14 sono in fase di lancio (nel 2010 erano 7). In termini di valore, l’ammontare più rilevante della raccolta è stato realizzato dalle due piattaforme che operano nel settore del lending crowdfunding (circa 18 milioni sui


Umberto Piattelli

Gli obiettivi del regolamento adottato dalla Consob sono molteplici, tra cui quello di tutelare gli investitori dal rischio di comportamenti scorretti

23 del 2012), anche perché i soggetti interessati a lanciare piattaforme di equity crowdfunding attendevano l’emanazione del regolamento Consob». Cosa prevedono, dunque, le normative e i regolamenti su questo fronte? «Di fronte a uno scenario economico-finanziario difficile e particolarmente deprimente per l’imprenditoria italiana, il legislatore ha cercato di escogitare soluzioni per creare delle opportunità di crescita e di sviluppo. Con questo obiettivo sono stati ideati una serie di strumenti legislativi finalizzati a favorire le imprese, come alcune norme del 2012 (il decreto legge 83/2012, convertito nella legge 134/2012 e il decreto legge 179/2012, convertito nella legge 221/2012), finalizzate a consentire alle piccole e medie imprese di raccogliere forme alterna-

tive di finanziamento. La funzione principale è dunque quella di introdurre nell’ordinamento “ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” e, nello specifico, per favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l’occupazione, in particolare giovanile, con riguardo alle imprese startup innovative. Il 26 giugno scorso, inoltre, la Consob ha adottato il regolamento “Raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali online”. Gli obiettivi sono molteplici, tra cui quello di tutelare gli investitori dal rischio di comportamenti opportunistici o conseguenti alla carenza di informazioni relative all’investimento anche dopo la conclusione dell’offerta». Esistono dei rischi per le aziende che scelgono questo canale di finanziamento? «Non parlerei di rischi, ma piuttosto

di opportunità di accedere a risorse economiche fino a oggi non disponibili. Certamente stimolare la raccolta di investimenti di capitale comporta delle responsabilità per le società, le quali dovranno fornire tutte le informazioni del caso agli investitori, in maniera chiara e completa. Dobbiamo, infine, ricordare che l’equity based crowdfunding, per il momento, è riservato alle sole “start-up innovative”, ovvero società costituite da non oltre 48 mesi, con la sede principale in Italia, che non distribuiscono utili per tutta la durata del regime agevolativo e che, a partire dal secondo anno di attività, la produzione annua non superi i 5 milioni di euro. Le società di questo tipo devono inoltre avere come oggetto sociale esclusivo o prevalente quello dello sviluppo, della produzione, della commercializzazione di prodotti o servizi ad alto valore tecnologico». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 43




MECCANICA

Fiore all’occhiello dell’export L’eccellenza produttiva italiana passa anche attraverso la meccanica. Il 57% dei prodotti manifatturieri legati a questo settore è riservato all’estero Nicolò Mulas Marcello l settore industriale metalmeccanico in Italia si compone di circa 260mila imprese, che occupano oltre due milioni di addetti. La dimensione media delle aziende - costituita da 27 dipendenti - evidenzia la forte presenza di imprese medio-piccole, che formano la struttura portante dell’economia italiana. Le imprese con meno di 200 dipendenti rappresentano il 98,3% del totale e occupano il 59% degli addetti complessivi. Il 37% delle imprese appartiene al comparto della fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo, dove è occupato circa il 24% della forza lavoro metalmeccanica. In termini di addetti, il comparto fabbricazione macchine e apparecchi meccanici, installazione e riparazione è quello più numeroso, con percentuali pari al 31%. L’occupazione metalmeccanica rappresenta circa il 10% dell’intera economia italiana e il 47,4% dell’industria manifatturiera.

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L’INDOTTO IN ITALIA E L’EXPORT

Secondo le stime di Anima, che riunisce le associazioni italiane dell’industria meccanica varia e affine, nel 2012 il valore della produzione di questo comparto è stato pari a 40,2 miliardi di euro. Le esportazioni rappresentano il 57% della produzione, pari a 23 miliardi. Di questi, il 59% è destinato ai Paesi dell’Unione europea e il restante 41% alle altre aree del mondo. «L’export, notoriamente valvola di salvezza per il settore è vitale per quelle imprese che possono permettersi ancora di investire all’estero» sottolinea Sandro Bonomi, presidente di Anima. Per la fine del 2013 è previsto un contributo positivo delle esportazioni che, nelle stime della federazione, dovrebbero registrare un incremento dell’1,1%, identico a quello segnato nel 2012. 58 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

LE ECCELLENZE

Le aziende italiane del settore meccanico sono apprezzate in tutto il mondo. E alto è il grado di innovazione tecnologica dei nostri prodotti rispetto ai concorrenti di altri paesi. L’Italia risulta il primo esportatore al mondo per 234 prodotti, con un valore complessivo di 58,7 miliardi di


Il settore in cifre

L’UNIONE È ANCORA IL MERCATO DI RIFERIMENTO na caratteristica distintiva dell’industria italiana costruttrice di beni strumentali è la forte propensione all’export. Sulla base dei dati di preconsuntivo 2012, le esportazioni del settore hanno raggiunto il 75% del fatturato delle aziende. Tutti i settori hanno registrato un rapporto tra esportazioni e fatturato superiore al 60%, con punte massime dell’80%. Il primo mercato di sbocco dei prodotti metalmeccanici è rappresentato dai paesi dell’Unione europea, che valgono il 27,5% delle vendite complessive. Le aree che hanno guadagnato maggiormente quota sono l’Asia e l’America Latina, ma si sono registrati progressi anche in Medio Oriente e Africa e, negli ultimi due anni, in America del Nord. Le aree che meglio sono riuscite ad affrontare la crisi economica sono quelle emergenti, cui si aggiunge il fenomeno della reindustrializzazione degli Stati Uniti. Complessivamente l’export è cresciuto del 2,2%, ma l’America del nord si avvicina al 20%, mentre altre sono meno brillanti (Europa, Africa).

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57%

LA QUOTA DELLE ESPORTAZIONI SUL TOTALE DELLA PRODUZIONE. IL 59% DELL’EXPORT È DESTINATO AI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA E IL 41% ALLE ALTRE AREE DEL MONDO

dollari. Inoltre, il settore meccanico italiano ha un valore aggiunto di 69,8 miliardi di euro, superiore a quello del settore automobilistico tedesco (68,2 miliardi) e a quello dei settori chimici di Inghilterra, Spagna e Francia (67 miliardi). «La credibilità è un fattore importante per essere competitivi e più forti all’estero – spiega Fabio Storchi, vicepresidente di Federmeccanica. Il settore conserva un patrimonio di imprenditorialità che ancora ci consente di essere la seconda manifattura in Europa e la settima al mondo». IL SETTORE IN LOMBARDIA

Secondo i dati della Banca d’Italia, la Lombardia continua a essere la regione più importante in Italia per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri (Ide) in entrata e in uscita: nel 2011 ha fatto registrare il 51% del

totale nazionale di Ide dall’estero, corrispondente a ben il 40% del Pil regionale. Dopo la caduta del 2008, in Lombardia gli Ide dall’estero avevano mostrato una discreta tenuta, che tuttavia implicava una stagnazione nei nuovi investimenti di 6,3 miliardi di euro fra il 2007 e il 2011, un ammontare corrispondente al 4,6% dei flussi del 2012. Per mantenere il confronto con l’Europa, occorre aumentare l’attività brevettuale, la ricerca universitaria e i ricercatori che collaborano con le aziende. In tutto questo, proprio i fondi strutturali europei 2014-2020 possono giocare un ruolo fondamentale. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 59


MECCANICA

L’hi-tech, punta di diamante del settore «Occorre un sistema di relazioni industriali che privilegi la partecipazione e la cooperazione a all’antagonismo e al conflitto». Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, illustra lo stato di salute comparto Nicolò Mulas Marcello

a meccanica è stata ed è tuttora colpita dalla crisi, più della media manifatturiera. Se oggi il manifatturiero registra una caduta produttiva pari a circa un quarto rispetto al livello pre-crisi, per le imprese metalmeccaniche la perdita ammonta a circa un terzo. «La nostra recente indagine congiunturale – spiega Storchi – rileva che le aspettative di ripresa produttiva stentano a realizzarsi in un altalenarsi di segnali contraddittori». In questo difficile contesto qual è l’incidenza delle aziende che si sono dimostrate capaci di innovare, crescere e internazionalizzarsi? «Occorre certamente fare delle distinzioni perché la situazione del settore risulta abbastanza diversificata. In particolare, soffrono i produttori di beni consumo durevoli, automotive ed elettrodomestici, e quelli più direttamente connessi al ciclo dell’edilizia. Tuttavia, la vera linea di demarcazione non è segnata tra i diversi comparti ma in funzione del grado di dipendenza dal mercato interno e della capacità di innovazione e specializzazione dimostrate. Per questo è molto difficile fare una stima quantitativa sull’incidenza delle imprese virtuose. Devo, però, aggiungere che anche queste ultime subiscono oggi la pressione di un livello del cambio dell’euro completamente disconnesso dalla realtà della manifattura

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Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica

60 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

nazionale e questo ne indebolisce la capacità competitiva». Lei sostiene che Federmeccanica deve essere interprete e protagonista di una consapevole volontà di trasformazione. Cosa deve cambiare in concreto nel settore? E come la meccanica può essere un volano per l’economia del nostro Paese? «Penso che il Paese abbia assoluta necessità di fare in fretta le riforme che non è stato in grado di attuare in questi ultimi vent’anni a causa di una completa paralisi della politica. Le imprese, però, devono essere artefici e protagoniste del cambiamento interpretando nel modo corretto questa fase storica che presenta caratteristiche profondamente diverse rispetto al passato; la crescita dimensionale e il posizionamento su fasce più alte della catena del valore sono due aspetti fondamentali per innalzare il grado di competitività del nostro sistema produttivo. Il benchmark nazionale deve essere rappresentato da quelle medie imprese dette “multinazionali tascabili” che sono riuscite a crescere e conquistare posizioni sul mercato mondiale attraverso l’innovazione e la specializzazione. Serve una nuova cultura d’impresa, questo è un punto che ho posto al centro del programma del mio quadriennio di presidenza di Federmeccanica. Ma servono anche scelte di politica industriale che i governi succedutisi alla guida del Paese negli ultimi vent’anni hanno sempre annunciato e mai realizzato». L’impresa nel nostro Paese è sempre più ostacolata da fiscalità e burocrazia. In che modo occorre intervenire sotto questi aspetti? «Purtroppo le nostre imprese sono costrette a


Fabio Storchi

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Innovazione e specializzazione si traducono in ricerca applicata e utilizzo delle migliori tecnologie al servizio di quel “saper fare” che è il vero patrimonio delle nostre imprese

operare in un ambiente ostile, in cui le logiche alla base dei processi decisionali sono, di fatto, lontane da quelle che sarebbero necessarie in un Paese che ha nella manifattura il suo principale asset di sviluppo. Il fardello della burocrazia e la vessatoria tassazione sulla produzione e sul lavoro sono solo due, importantissimi, aspetti del problema, ma dobbiamo aggiungere questioni quali le carenze infrastrutturali, il sistema formativo, il profluvio e l’erraticità della produzione normativa. Tutto questo mi porta a dire che, al di là del merito dei singoli interventi, è la cultura della efficienza e della competitività che deve trovare migliore considerazione tra i nostri decisori pubblici. Abbiamo anche bisogno di un sistema di relazioni industriali che privilegi il metodo della partecipazione e della cooperazione a quello dell’antagonismo e del conflitto».

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Parliamo di robotica e meccatronica. In questi settori così avanzati la ricerca italiana riesce a competere a livello internazionale? «Quando si parla di made in Italy si pensa subito alla moda o all’agroalimentare, ma in realtà i campioni del made in Italy sono proprio le aziende meccaniche che con le loro esportazioni tengono in piedi la bilancia dei pagamenti. In particolare, robotica e meccatronica sono tra i punti di forza del settore, l’80% delle classi di prodotto metalmeccaniche sono classificate dall’Ocse “high or medium hi-tech”. Questo ben si combina con quanto dicevo pocanzi circa le multinazionali tascabili. Innovazione e specializzazione si traducono in ricerca applicata e capacità di utilizzare le migliori tecnologie disponibili al servizio di quel “saper fare” che è il vero patrimonio delle nostre imprese». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 61


TECNOLOGIE

Connettività e soluzioni tecnologiche Nelle telecomunicazioni cresce la richiesta di sofisticazione, d’innovazione tecnologica e di performance. Malgrado ciò, le esigenze sono sempre più contratte dal punto di vista degli investimenti. Il punto di Luigi Meregalli Matteo Grandi

isogna spingere per un mercato unico delle telecomunicazioni perché 28 mercati nazionali rendono complicata e complessa la capacità di essere competitivi». Sono queste le parole del Primo Ministro Enrico Letta intervenuto di recente a proposito del mercato delle telecomunicazioni, un comparto che in ogni caso sembra aver resistito più di altri in questi anni di crisi. «Sicuramente – spiega Luigi Meregalli, amministratore di C.I.E. Telematica – quello in corso è stato un anno “non facile” in cui si è rilevato fondamentale cercare e trovare nuove opportunità di mercato senza perdere di vista il mantenimento della nostra presenza su vari clienti storici dell’azienda. Complessivamente il bilancio è positivo; ripetere una performance in termini di fatturato paragonabile a quella raggiunta nel 2012 è senza dubbio un ottimo risultato». C.I.E. Telematica da vent’anni si propone sul mercato delle telecomunicazioni con prodotti e soluzioni innovative, caratterizzate da elevati contenuti tecnologici, rapido ritorno degli investimenti e semplicità di gestione e manutenzione. «Circa l’80 per cento della nostra attività si rivolge al mercato privato e il rimanente 20 per cento al settore pubblico, con uno specifico focus su ambienti militare e difesa. Senza dubbio

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infatti le esigenze della clientela privata sono cresciute in termini di sofisticazione, d’innovazione tecnologica e di performance richieste; per contro però, le esigenze delle realtà private sono sempre più contratte dal punto di vista degli investimenti». Malgrado queste difficoltà l’azienda è riuscita a svilupparsi grazie al business rilevabile su clienti storici. «L’introduzione di alcune nuove tecnologie e soluzioni di networking per specifiche applicazioni nell’ambito delle “utilities&transportation” hanno già prodotto nel corso del corrente anno dei riscontri positivi e promettono ulteriori e interessanti sviluppi negli anni a venire. Considerando i principali settori di mercato a cui ci rivolgiamo tra le novità più significative nel settore “Carrier & Service providers” ci sono le soluzioni e i sistemi per reti di accesso Carrier Ethernet 2.0 e soluzioni ibride per consentire l’integrazione di servizi


Luigi Meregalli

C.I.E. Telematica si trova a Monza www.cietelematica.it

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Nel comparto “Utilities & Transportation” spiccano nuove soluzioni e sistemi per realizzare reti Smart-Grid e per il supporto di applicazioni particolari

Ethernet nativi e TDM Legacy su infrastrutture di rete a commutazione di pacchetto. Nel comparto “Utilities & Transportation” invece spiccano nuove soluzioni e sistemi per realizzare reti Smart-Grid e per il supporto di applicazioni particolari come ad esempio: servizi SCADA e di Teleprotezione. Si tratta di apparati e sistemi progettati e prodotti in base a caratteristiche tecniche molto stringenti in termini di funzionalità applicative e ambientali». Novità frutto della competitività acquisita sul mercato. «La nostra, è una proposta tecnologica molto valida, frutto di consolidate partnership con aziende leader mondiali nel settore delle telecomunicazioni. Inoltre, l’elevato know-how che contraddistingue il nostro personale tecnico/commerciale che viene costantemente tenuto aggiornato sulle nuove tecnologie è fondamentale per supportare le esigenze di “integrazione di sistemi” ri-

chieste dai clienti. La cultura d’impresa con cui si confronta l’azienda è sempre più attenta alle tematiche della “connettività” e dell’integrazione di soluzioni tecnologiche. Molti clienti mirano a ridurre costi ripetitivi e valutano soluzioni alternative a circuiti dedicati per la connettività di loro sedi aziendali». Mantenersi competitivi è anche frutto di un’attenta analisi di mercato. «Questo è ciò su cui devono puntare le aziende lombarde, così massacrate dalla crisi: un monitoraggio costante e attento su come evolve o si modifica il rapporto tra la domanda e l’offerta. Investire, anche in momenti di stasi, nel marketing e nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche e nuovi sbocchi di mercato oltre che sul proprio personale aziendale – conclude Meregalli - sono a mio giudizio i fattori che devono essere attentamente valutati e non dimenticati».

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LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 63


TECNOLOGIE

Nuove soluzioni software per le Pmi Recuperare efficienza in termini di tempo e costi. È su questa base che i vantaggi di una piattaforma software integrata si stanno facendo sempre più largo tra le Pmi. Ne parliamo con Massimo Cremonesi Marco Tedeschi

l bisogno di controllo dei processi aziendali e al contempo di snellimento degli stessi è sempre più crescente. Sebbene esistano ancora difficoltà culturali nell’introduzione dell’innovazione informatica nelle aziende e negli stabilimenti industriali, gli imprenditori stanno diventando sempre più consapevoli dei vantaggi derivanti dall’adozione di una piattaforma software integrata». È questo il pensiero dell’ingegner Massimo Cremonesi, amministratore di Elabora. L’azienda da 25 anni realizza soluzioni di software per le Pmi, tra cui spicca la piattaforma Prod-

«I L’ingegnere Massimo Cremonesi è amministratore di Elabora Srl di Canonica d’Adda (BG) www.prodware.it

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Ware, applicativo software di classe ERP (Enterprise Resource Planning) per la gestione integrata d’impresa. Quali sono le peculiarità di ProdWare? «Si tratta di una piattaforma per le aziende che amano la semplicità nella complessità. Le aziende sono sistemi complessi e per noi è una sfida rendere facili e snelle le operations individuando le soluzioni più efficienti. Grazie all’estesa copertura funzionale ProdWare abbraccia tutte le aree aziendali: controllo di gestione, amministrazione, controllo e pianificazione della produzione, qualità, logistica, gestione documentale, partner relationship management e business intelligence. Proprio la modularità e i diversi livelli ne fanno un prodotto adatto ad aziende sia di piccole che di medio-grandi dimensioni». Quali sono i settori industriali in cui trovano applicazione le vostre soluzioni? «Lo stampaggio gomma e materie plastiche, la meccanica, l’elettronica e l’elettromeccanica. Per questi settori abbiamo sviluppato soluzioni veramente innovative confezionate su ciascun modello di business, i cui vantaggi sono stati colti al volo dalle aziende che hanno scelto ProdWare». In che modo seguite da vi-


Massimo Cremonesi

cino le Pmi? «Il nostro compito è quello di affiancare il cliente in tutte le fasi del percorso che va dall’installazione del software, all’implementazione, fino alla consulenza di cui spesso le Pmi hanno bisogno; solitamente infatti, a capacità tecnologiche elevate non corrispondono adeguate capacità informatico-organizzative. Il team di consulenti Elabora procede alla riprogettazione dei flussi aziendali con obiettivo ultimo il recupero di efficienza in termini di tempo e costi. Le nostre soluzioni sempre all’avanguardia, frutto della ricerca e dello sviluppo nonché dell’esperienza che maturiamo quotidianamente sul campo, trovano un riscontro decisamente soddisfacente sul mercato delle piccole e medie imprese. Le innovazioni vengono positivamente recepite sia dagli attuali clienti, sia da nuovi utenti, particolarmente entusiasti verso una piattaforma completamente integrata attraverso la quale gestire ogni ramo dell’azienda». Quanto investite in ricerche tecnologiche? «Siamo in costante aggiornamento pertanto il nostro è un investimento continuo. A fine anno ad esempio rilasceremo la versione di ProdWare 8, frutto delle innovazioni degli ultimi mesi e delle nuove del 2013; il focus innovativo riguarda una delle aree nevralgiche per qualsiasi azienda di produzione: il controllo e la gestione della produzione a bordo macchina con i-Man Interactive Manufacturing. i-Man è composto da

Il sistema i-Man è composto da terminali wireless touch-screen, dotati di un software web-based e da schede elettroniche che si interfacciano alle macchine

terminali wireless touch-screen, dotati di un software web-based e da schede elettroniche che si interfacciano alle macchine per rilevarne lo stato, le quantità prodotte e per ricevere e trasmettere i part-program. Grazie ad i-Man gli operatori vengono informati delle lavorazioni da eseguire, inseriscono i dati di inizio, fine e sospensione delle lavorazioni, prendono visione dei disegni, delle attrezzature e degli utensili, eseguono i controlli qualitativi previsti dal piano di controllo e molto altro ancora. Per queste e molte altre funzionalità i-Man si sta imponendo nelle realtà produttive come un’innovazione d’avanguardia». Quali sono gli obiettivi in vista? «Il breve-medio termine ci vede impegnati su due fronti: il primo portare ProdWare sugli scenari tecnologici che il futuro lascia intravedere, il secondo, ma non meno importante, investire con ancora maggiore vigore sui collaboratori che sono il veicolo fondamentale per mezzo del quale trasfondere conoscenza e pratiche di eccellenza agli utenti delle nostre soluzioni». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 65


TECNOLOGIE

Pmi e innovazione, la scelta tecnologica Ricerca e innovazione consentono alle imprese di crescere e conquistare nuovi mercati. Affrontiamo il tema dello sviluppo tecnologico nel campo delle resistenze elettriche corazzate con Marco Fanton Pedrotti Lorenzo Brenna

e piccole e medie imprese soffrono per i cambiamenti dello scenario economico che hanno comportato una drastica riduzione dei consumi a livello globale. In un simile contesto di incertezza la strada da percorrere per garantire un futuro alle aziende è quella dell’innovazione tecnologica. Gli investimenti nella ricerca sono decisivi, sia per l’azienda che per il Paese, come dimostrano nazioni emergenti quali Brasile, India e la stessa Cina. In Italia ci sono imprese che hanno recepito il messaggio, è il caso della Redic di Saronno, specializzata nella produzione di resistenze elettriche corazzate. «Siamo presenti come fornitori di tantissime aziende che operano in svariati settori - spiega il titolare Marco

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Da sinistra, Davide Gianetti, Roberto Caschili e Marco Fanton Pedrotti della Redic Srl di Saronno (VA) www.redic.it

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Fanton Pedrotti - negli ultimi anni abbiamo investito parecchie risorse per velocizzare la produzione acquistando macchinari e investendo sulla sperimentazione». Gli investimenti che Redic dedica a ricerca e sviluppo sono costanti ed è la strategia fondante per consolidare la posizione sul mercato. «Il nostro ufficio tecnico è sempre alla ricerca di materiali e logiche costruttive per rendere i prodotti sempre più performanti, e spesso sono i clienti stessi a coinvolgerci in nuovi progetti, affidandosi alla nostra conoscenza ed esperienza. È molto bello collaborare attivamente ai progetti perché più si condividono le idee e più si può imparare». Le scelte dell’azienda lombarda hanno riscontri ben precisi nella crescita del volume di affari. «Nonostante la crisi generale la nostra azienda è per l'ennesimo anno in crescita– conferma Marco Fanton Pedrotti - il numero di nuovi clienti è aumentato e ciò che ci


Marco Fanton Pedrotti

Negli ultimi anni abbiamo investito parecchie risorse per velocizzare la produzione acquistando macchinari e puntando sulla sperimentazione

dà la certezza che stiamo lavorando bene è la soddisfazione di clienti e fornitori». Redic è una realtà ormai consolidata sul mercato nazionale, che ora punta ad espandersi anche oltre i confini italiani. «Ci sono molti paesi esteri in forte ripresa e altrettanti che si stanno sviluppando in maniera interessante - spiega il titolare dell’azienda - è dovere di ogni imprenditore cercare sempre nuovi sbocchi, nuovi obiettivi, nuove avventure». Il processo di internazionalizzazione di Redic è frutto di una strategia mirata, volta a “conquistare” i mercati del vecchio continente. «La nostra attenzione sarà incentrata prevalentemente sull'Europa – dichiara Marco Fanton Pedrotti - abbiamo messo in rete qualche settimana fa il nuovo sito internet, è possibile visitarlo in tre lingue e descriverà ancor meglio i nostri prodotti». Il nuovo sito, insieme all’alta qualità dei prodotti che caratterizza Redic, aiuterà l’azienda ad essere più competitiva sui mercati esteri. «I nostri clienti in Italia ci considerano partner e non fornitori perché diamo loro un prodotto di qualità

unito ad un servizio molto efficiente, queste doti sono molto apprezzate all'estero per cui siamo convinti di poter essere molto interessanti per numerose realtà straniere». Anche all’estero l’azienda lombarda intende perseguire una logica di realizzazioni “taylor made”, che letteralmente significa “fatto su misura”. «Certamente continueremo con la nostra filosofia di costruzione - afferma Marco Fanton Pedrotti - dai pochi pezzi costruiti su progetti alle grandi serie, le nostre cure e attenzioni resteranno invariate. La qualità è il nostro biglietto da visita, per cui resterà sempre una priorità. È importante per noi seguire i clienti in tutte le loro necessità. Abbiamo stretto collaborazioni importanti con alcune aziende molto valide che, grazie ad ottimi accordi commerciali, permettono di praticare prezzi vantaggiosi anche su sonde di temperatura, relè statici, ultrasuoni e altre componentistiche inerenti alle resistenze elettriche mantenendo altissima la qualità e permettono ai nostri clienti di acquistare solo da noi ed essere più agevolati logisticamente». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 67


TECNOLOGIE

Nuovi strumenti per il settore assicurativo Un comparto non immune al difficile momento che sta vivendo l’economia e che prova a rilanciarsi con nuove aperture sul versante tecnologico, sia per i prodotti che per le strategie distributive. Il caso del broker Steffano Lorenzo Brenna

a crisi non ha risparmiato il settore delle assicurazioni, comparto che storicamente ha sempre risposto più lentamente, rispetto ad altri ambiti, alle variazioni del mercato. La maggioranza delle compagnie ha visto un forte ribasso del bilancio e del parco clienti. Le cause sono da ricercare nelle prospettive negative previste per l'economia italiana, sia in termini di crescita del Pil sia per

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l'incertezza dei mercati finanziari. Alcuni operatori, tuttavia, hanno resistito meglio di altri alla flessione, grazie a strategie di innovazione e sviluppo. Tra questi troviamo il broker milanese Steffano Assicuratori. Si tratta di una società a conduzione familiare, passata da padre in figlio fino all’attuale amministratore, il dottor Marco Steffano, che ha portato idee nuove e che crede nell’utilizzo di nuove tecnologie. «Un punto di forza della mia strategia di sviluppo è stata l’evoluzione di strumenti innovativi messi a disposizione dei nostri clienti spiega Marco Steffano, amministratore unico della società offriamo un servizio in più ed esclusivo rispetto ad altri operatori di settore, il portale web Home Broker. Sicuro e gratuito, è un portale on-line, sullo stile di quelli bancari, per monitorare la propria posizione assicurativa e se occorre interagire con la struttura». Il portale Home Broker consente in modo semplice e intuitivo, di visionare e stampare le polizze stipulate e archiviate otticamente, controllare la situazione di pagamenti e sca-


Marco Steffano

La Steffano Assicuratori ha sede a Milano (MI) www.steffanoassicuratori.it

denze, aprire sinistri e seguirne lo stato di avanzamento. Tecnologia e innovazione sono pilastri fondamentali per ogni società odierna, però mantiene grande importanza anche il fattore umano e il rapporto con il cliente. «Il web è un canale di enorme efficienza, ma la struttura è sempre a disposizione - conferma Marco Steffano - anzitutto io, in qualità di titolare dell’azienda, mi sento impegnato a rispondere integralmente delle esigenze di ogni singolo e mi pongo in qualità di interlocutore diretto per qualsiasi problematica assicurativa. E poi Steffano Assicuratori si esprime anche attraverso le persone che lavorano all’interno della struttura, un gruppo di collaboratori che spesso fanno la differenza nella relazione quotidiana con i clienti grazie alla loro disponibilità e professionalità». Un’importante novità è la notizia di un’imminente apertura di una filiale di Steffano Assicuratori a Bologna. «Nonostante la difficile congiuntura economica – dichiara Marco Steffano - crediamo che per risollevare l’attività sia necessario investire e crescere cercando di coprire capillarmente il territorio». Questo è per la società un anno importante, viene infatti tagliato il traguardo dell’85° anniversario per la Steffano Assicuratori. Il gruppo viene fondato nel 1928 dal nonno di Marco, che passa il testimone al figlio Ernesto nel 1963. Nel 1997 è il turno di Marco, che nel 2004 ne assume la guida con la volontà di dare un forte slancio innovativo. «Ho lavorato con impegno a fianco di mio padre fino al 2004, cercando di acquisire tutta la sua professionalità. Quell’anno avviene il passaggio di testimone e si avviò il cambio generazionale con la precisa volontà di dare ulteriore slancio e innovazione alla società - prosegue Marco Steffano - ho cercato di rendere la Steffano Assicuratori una struttura che, nel panorama dei broker assicurativi, riesca a distinguersi per garantire un servizio di consulenza davvero personalizzato».

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Il portale web Home Broker è sicuro e gratuito. È on-line per permettere di monitorare la propria posizione assicurativa

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Tra i prodotti più recenti e avanzati, spicca la polizza Title Insurance, in grado di coprire ogni genere di rischio legale che possa pregiudicare il diritto reale su un bene immobile. La copertura è totale: per sapere se un rischio specifico può essere assicurabile, è necessario rivolgersi alla compagnia che valuterà caso per caso. In assenza di una tutela tipo “Title Insurance”, il rischio dell’insorgenza di un problema legale nelle transazioni immobiliari complesse comporta come conseguenze la riduzione del prezzo, la dazione di una garanzia reale o di firma, la dichiarazione di garanzia contrattuale. Quindi l'assicurazione offre un'ulteriore opportunità per concludere l'affare in sicurezza. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 71


MODELLI D’IMPRESA

Sostenibilità per il comparto chimico Oggi più che mai le aziende devono puntare alla riduzione dell’impatto ambientale. Il concetto è semplice, si cercano soluzioni alternative, tecnologicamente avanzate e che tengano conto del contenimento dei costi Lorenzo Brenna

La Coventya Spa ha sede a Carugo (CO) www.coventya.com

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ormai appurato che sostenibilità e rispetto per l’ambiente sono plus a cui un’azienda non può rinunciare. C’è chi si limita a fare “green washing” e chi invece investe risorse importanti in questo ambito. È il caso di Coventya che fa del rispetto dell’ambiente uno dei propri principi fondanti. La società lombarda si contraddistingue infatti per la volontà di canalizzare gli sforzi verso uno sviluppo tecnologico all’avanguardia ma al tempo stesso sostenibile, un obiettivo concreto e in continua evoluzione. «In effetti, siamo alla costante ricerca di valide alternative alle diverse sostanze dannose spesso presenti nelle lavorazioni e nei manufatti - spiega Claudio De Val, amministratore delegato dell’azienda - quali ad esempio il cromo esavalente che abbiamo sostituito completamente nell'ambito della galvanica e il medesimo sforzo è rivolto all'eliminazione dei cianuri, tramite nuovi processi ancora in fase di industrializzazione». Coventya opera nel settore delle specialità chimiche per il rivestimento di superficie, offre finiture all’avanguardia che trovano applicazione in svariati ambiti, dal settore automobilistico a quello della moda, dall'edilizia all'arredamento passando per l’aereonautica e la componentistica. Coventya non lesina investimenti in ricerca e sviluppo e proprio questa costante ricerca le consente di ridurre l’impatto ambientale e di differenziarsi dai competitor. «Attualmente la nostra ricerca si sta concentrando su nuove tecnologie che prevedono l’impiego di strati metallici compositi in grado di sostituire efficacemente le “vecchie” tecnologie. Si parte dall’impiego dei trattamenti chimici di passivazione di zinco, zinco-nichel, zinco-ferro, alluminio fino ai trattamenti elettrolitici di cro-

È


Claudio De Val

25%

LE VENDITE NEL MERCATO INTERNO matura a base di sali di cromo trivalente. Altro fondamentale passo in avanti è stato fatto nella sostituzione delle leghe d’oro contenenti il cadmio, importante per il settore della moda». Tra i prodotti che causano maggiori danni ambientali ci sono i detergenti. Proprio in questo settore la società comasca ha concentrato i propri sforzi eliminando i tensioattivi non biodegradabili. Oltre all’imprescindibile aspetto etico l’attenzione all’impatto ambientale conferisce anche punti in termini di competitività. «L’Italia, come l’Europa, è sotto la costante pressione di enti che hanno come obiettivo la sostenibilità – dichiara Claudio De Val - diventa quindi fondamentale essere all’avanguardia nel proporre tecnologie ecosostenibili. Per Coventya i nuovi processi rappresentano il 25 per cento delle vendite nel mercato interno. Si tratta di prodotti scelti e apprezzati proprio per il loro minor impatto ambientale, unito a un minor rischio e a un più basso costo di gestione». In Coventya credono nell’interazione e nello scambio di idee con i clienti, molte innovazioni derivano da incipit originati dalla committenza in un continuo scambio d’informazioni tra clienti e servizio tecnico. Questo sistema permette di fornire un’innovazione attuale e costante, unica nel suo genere. «Siamo in conti-

DERIVATE DALLE NUOVE LINEE DI PRODOTTI, SCELTI E APPREZZATI PER IL MINOR IMPATTO AMBIENTALE

nuo contatto con la nostra committenza – conferma Claudio De Val - che supportiamo anche nel rapporto con i loro stessi clienti». Abbiamo infine chiesto all’amministratore delegato di Coventya quali sono le novità che l’azienda lancerà sul mercato nei prossimi mesi. «Saremo fautori di una vera e propria rivoluzione nella cromatura decorativa ad alta resistenza alla corrosione dedicata all’automotive. Si tratta di una tecnologia brevettata da Coventya prima in Italia e poi nel mondo. Ricerca avanzata e nuove proposte sul mercato sono il nostro trademark, la filosofia aziendale che da sempre ci contraddistingue». Per quanto riguarda il futuro Claudio De Val si dichiara fiducioso. «In termini di aspettative future l’atteggiamento è positivo perché il trend degli ultimi mesi permette una buona dose di ottimismo, grazie alla copertura territoriale e all’ampiezza tecnologica della gamma di prodotti offerti. Nello specifico, a livello italiano, l’obiettivo primario è quello di consolidare e mantenere la leadership sul mercato, puntando come sempre sullo sviluppo dei progetti». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 75


MODELLI DI IMPRESA

Cresce la fiducia per il 2014 Adattamento, trasformazione e capacità di cogliere in anticipo l’andamento del mercato. È in questo modo che l’industria italiana ha trovato il suo salvagente alla crisi. Ne parliamo con Mario Moretti e Giorgio Panzeri Matteo Grandi

a diversificazione si sta dimostrando la vera arma da parte delle Pmi italiane per affrontare la crisi. La diversificazione di servizi o prodotti sta offrendo infatti vantaggi enormi in termini di competitività, consentendo alle aziende di offrire una scelta più ampia e di Mario Moretti (a destra) presidente e direttore generale di Bgm elettronica di Masate (MI) fornire prodotti o servizi insieme a Giorgio Panzeri, vicepresidente e direttore commerciale www.bgmelettronica.it mirati per i segmenti di mercato di riferimento. In questo modo le aziende possono soddisfare del mercato, offrendo allo stesso tempo maggiormente le esigenze dei committenti e ottime soluzioni. Grazie a questo nel 2013 il sfruttare le opportunità emergenti a livello numero di nuovi clienti è cresciuto notevollocale, continuando però a essere competitive mente e sono stati chiusi molti contratti in un contesto di mercato globale. È attra- commerciali che porteranno un notevole verso queste strategie che molte piccole e incremento di fatturato già dal 2014. La creamedie aziende nazionali hanno creato nuove zione di un team di management competente opportunità di business. Ne è un esempio e motivato, capace di incrementare il numero Bgm. «Il 2013 – racconta Mario Moretti, di clienti e riorganizzare l’azienda per offrire presidente e direttore generale di Bgm elet- al mercato un ottimo servizio è stata sicuratronica - si sta dimostrando un anno molto mente la strategia più adeguata per affrontare proficuo per noi. Un risultato raggiunto, spe- la crisi del periodo». cialmente in questa situazione di mercato, Bgm elettronica è specializzata nella progetgrazie alla nostra capacità di adattarci, tra- tazione HW-SW-meccanica, certificazione, sformarci e seguire in tempi rapidi le esigenze produzione di schede e apparati elettronici e

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Mario Moretti e Giorgio Panzeri

4% LA QUOTA DI FATTURATO DI BGM ELETTRONICA INVESTITA OGNI ANNO IN ATTREZZATURE PRODUTTIVE, RICERCA E SVILUPPO

servizi di logistica merce per diversi settori merceologici come automazione industriale, elettromedicale, sicurezza, telecomunicazione, automotive, strumentazione, ferroviario, Ups. «Serviamo quasi tutti i settori - specifica Giorgio Panzeri, vicepresidente e direttore commerciale - ma quelli che si rivolgono a noi maggiormente sono l’elettromedicale e l’automazione industriale. Ogni settore merceologico ha le sue esigenze e noi abbiamo il know how, l’esperienza e le tecnologie all’avanguardia per soddisfarli. Questo grazie anche ai 36 anni di attività». La diversificazione e la capacità di rivolgersi a diversi settori è sempre supportata in Bgm Elettronica da un importante apporto e contributo tecnologico. «La diversificazione – sottolinea Moretti - comporta un notevole impegno organizzativo dell’azienda e continui investimenti per lo sviluppo di nuove tecnologie. Per questo ogni anno investiamo dal 3 al 4 per cento del nostro fatturato in

attrezzature produttive, ricerca e sviluppo. Tra gli ultimi investimenti tecnologici dobbiamo registrare i magazzini intelligenti automatici, le implementazioni del Sw gestionale e la sostituzione degli impianti con quelli di ultima generazione che ci hanno permesso di ottenere maggiore efficienza e risparmio energetico. Si tratta di aggiornamenti e soluzioni necessarie per il servizio che intendiamo offrire e per riuscire ad acquisire la fiducia dai committenti». Una fiducia importante, soprattutto se si guarda oltre la sfera nazionale. «Bgm Elettronica – riprende Panzeri - ha prevalentemente committenti italiani, che hanno però un portafoglio ordini composto al 70 per cento almeno da clienti esteri, in particolare Cina, Brasile, Germania. Noi seguiamo le esigenze di mercato producendo anche esternamente all’Italia, dove si presentano le migliori condizioni economiche e qualitative che soddisfano la domanda». Un approccio che fa guardare con spirito positivo agli anni a venire. «Nel nuovo anno – conclude Moretti - le sfide saranno essenzialmente due: consolidare tutti i lavori acquisiti e valutare un ampliamento del plant produttivo in Italia e un’espansione produttiva in Cina. Oltre a consolidare le attuali estere già presenti in Tunisia, Romania e Brasile». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 81


MODELLI D’IMPRESA

Un supporto strategico per l’elettronica Per chi si occupa di distribuzione nel settore elettronico è fondamentale garantire una consegna rapida, una vasta gamma prodotti e un valido motore di ricerca per la guida all’identificazione dell’articolo. La parola a Massimo Valtorta Marco Tedeschi

l ruolo della distribuzione sta cambiando radicalmente e lo sta facendo a un’altissima velocità. Comprendere in fretta dove risiedono le nuove opportunità di crescita determinerà la sfida per ogni azienda che intende operare nel settore dell’elettronica. Il mercato italiano in questo senso pare essere un po’ acerbo, ma esempi come questo gruppo tedesco che sta investendo e scommettendo sull’Italia sono certamente segnali positivi per tutto il mercato». A presentare la situazione del mercato elettronico della distribuzione è

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Conrad Italia ha la sede commerciale a Bollate (MI) www.conrad.it

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Massimo Valtorta, Managing Director di Conrad Electronic Italia, filiale di Conrad, azienda tedesca leader dal 1923 nella distribuzione di prodotti elettronici. «Conrad – riprende Valtorta – si è affacciata sul mercato italiano proponendo la sua vastissima gamma di soluzioni che coprono l’intera filiera. La sempre crescente gamma prodotti, con oltre 400.000 articoli, comprende infatti un portfolio che va dai più piccoli componenti elettronici, passando per la strumentazione fino ai più recenti dispositivi di elettronica di consumo, computer e tecnologie di comunicazione». L’avanguardia tecnologica, oltre che essere presente in ogni prodotto, risiede anche nel servizio. «Il mercato oggi cerca sempre di più una controparte affidabile che garantisca una consegna rapida, così da poter ridurre il magazzino al minimo ed evitare, in questo modo, costi addizionali. È possibile diminuire tali costi anche limitando il numero dei distributori con cui il committente lavora. È per questo che noi ci siamo proposti come soluzione unica di approvvigionamento». Sistemi di approvvigionamento elettronico all’avanguardia, che includono i flussi di approvazione e il riordino automatico. «Si tratta oggi di capacità altamente richieste. I clienti devono essere messi nella condizione di ricercare il prodotto di cui necessitano tra un’am-


Massimo Valtorta

❝ pissima varietà di soluzioni, come strumenti, dispositivi di sicurezza, moduli tecnici, apparati di test e articoli da ufficio, e devono poterlo fare senza sprechi di tempo e risorse». Conrad può vantare più di 2000 brand leader, tra cui Wago, Weidmuller, Traco Power, Phoenix Contact, Finder, Siemens, Flir, Fluke, Tektronix, Agilent, Weller, Lenovo, Apple, Huawei, Osram, Toshiba e Samsung. «L’offerta di Conrad viene inoltre completata da marchi professionali di proprietà come CControl®, Sygonix®, Voltcraft® e Toolcraft®, prodotti proprietari che intendono interpretare al meglio i vincoli di economicità che sono oggi alla base di ogni progetto e processo delle aziende per rilanciare la loro attività. Stando vicino al mercato, siamo sempre informati sulle tendenze e sui prodotti richiesti attraverso l’osservazione dei concorrenti e i confronti con i colleghi del settore marketing. Una volta che le scelte di prodotto sono fatte e gli articoli messi in vendita, il “motore della commercializzazione” deve mettersi in moto per comunicare ai clienti nuove soluzioni e ampliamenti del portafoglio prodotti». Strumenti da non sottovalutare per un distributore come Conrad si stanno dimostrando le tradizionali relazioni pubbliche e gli articoli tecnici su riviste di settore e su siti internet de-

I sistemi di approvvigionamento elettronico all’avanguardia, includono i flussi di approvazione e il riordino automatico

dicati. «L’importante oggi – specifica Valtorta - è che tutto sia coordinato con il sito di eCommerce, la pubblicità digitale e l’invio di newsletter per aumentare i touch-point con i clienti. Avere una vasta gamma di prodotti richiede necessariamente un motore di ricerca davvero valido e per garantire la fruibilità del servizio e mantenere veloce il processo d’individuazione dei prodotti, i selettori e i filtri di ricerca rivestono un ruolo fondamentale. Quando si tratta, in particolar modo, di componenti, la guida nell’identificazione del prodotto più adatto alle necessità diventa strategica. Per questo i nostri siti offrono molti selezionatori di prodotto per quasi tutti i segmenti». Molte energie vengono inoltre dedicate all’ottimizzazione della navigazione. «Attraverso il monitoraggio delle “mappe di calore” – conclude Valtorta – siamo in grado di misurare la fruizione delle pagine sul sito, delle abitudini di ricerca, dei siti dei nostri concorrenti, della pertinenza dei prodotti e, naturalmente, dei commenti personali dei clienti. Un approccio fondamentale se si vuole essere competitivi». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 83


MODELLI D’IMPRESA

L’efficientamento delle Pmi italiane L’esempio di Daniele Dalmasio e Armando Belfanti indica le opportunità che la riorganizzazione dell’attività produttiva può portare all’interno di un’impresa. Un investimento che parte da un cambio di prospettiva, verso una maggiore competitività Remo Monreale

bbattere lo spreco in ogni sua forma è un obbligo per tutto il tessuto industriale. Dalla prospettiva del management non si tratta solo di risparmio necessario in tempo di crisi: il vantaggio sta nell’incremento della qualità del prodotto che liberando le risorse è così possibile. L’esperienza di Daniele Dalmasio e Armando Belfanti, titolari della milanese Vir Color, indica i margini di trasformazione cui si può tendere ripensando la propria organizzazione in considerazione del mercato di riferimento. La sua attività, in particolare, riguarda principalmente la sabbiatura, la verniciatura e quindi la protezione anticorrosiva per conto terzi. «Lavoriamo con i maggiori produttori di valvole – spiega Dalmasio –, soprattutto per il settore chimico, petrolchimico e tutto ciò che riguarda l’energia. La nostra grande sfida sta nel far collimare la qualità del prodotto, che deve seguire le esigenze del cliente, la velocità di esecuzione e il contenimento dei costi. Come se non bastasse, ci siamo imposti di dare un servizio completo fino all’imballo e alla spedizione dei pezzi che verniciamo. Non è difficile immaginare quanto importante sia la precisione del calcolo per far coincidere tutte le variabili in un risultato per noi vantaggioso». Per questo, nell’ultimo periodo l’azienda di

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La Vir Color Srl ha sede a Rescaldina (MI) www.vircolor.com


Daniele Dalmasio e Armando Belfanti

Dalmasio ha iniziato una revisione dell’organizzazione interna. «Abbiamo capito – ricordano i titolari della Vir Color – dove intervenire per eliminare tempi morti e sprechi inutili: in questo modo siamo riusciti ad abbassare i costi, nonostante la tassazione sia divenuta ormai quasi insopportabile. Prima di tutto abbiamo controllato meglio il processo produttivo interno e come eseguire delle lavorazioni usando in modo più oculato il personale a disposizione. Si tratta di accorgimenti organizzativi interni che ci hanno permesso di lavorare nel minor tempo possibile e con meno fatica: la fatica è un costo. Siamo riusciti, in definitiva, a sviluppare una nuova metodologia di lavoro, che garantisse un flusso produttivo un po’ più snello. In particolare, gli operatori in mia assenza non erano in grado di provvedere in tempi brevi a risolvere determinate situazioni, perché mancavano informazioni di base su cui non ci eravamo soffermati prima: ora sono in grado di procedere indipendentemente. Inoltre con l’assunzione di una nuova impiegata siamo ora in grado di monitorare meglio sia gli acquisti che le vendite ed evitare gli sprechi. In questo caso, quindi, assumere ha significato risparmiare». L’anno scorso l’impresa di Rescaldina ha raggiunto gli obiettivi. «E di conseguenza – continua Dalmasio – nel 2013 siamo in crescita, chiuderemo con un fatturato e un utile superiore. Per l’anno prossimo ci aspettiamo un ulteriore passo in avanti: tra quattro mesi saremo attivi in una nuova unità produttiva che ci permetterà di eseguire tipi di lavorazioni che ora non possiamo fare: come valvole con peso fino a 40 tn e cicli di verniciatura attualmente non di nostra produzione. Un esempio può essere l’anti-

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Accorgimenti organizzativi ci hanno permesso di lavorare più velocemente e con meno fatica: la fatica è un costo

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corrosione per le valvole “underground” che richiedono uno spazio maggiore per la lavorazione». Il raggio d’azione della Vir Color è piuttosto corto, di 40 chilometri circa, ma c’è un motivo: i più importanti produttori di valvole si trovano nella zona, intorno a Milano e Varese. Insieme ai “valvolieri”, Dalmasio e Belfanti guardano al futuro di questo settore in cui l’Italia è all’avanguardia a livello internazionale, con un certo ottimismo. «Visto il continuo aumento della richiesta energetica e i grandi progetti e gli sviluppi in corso nel mondo – conclude Belfanti –, ci auguriamo di aver davanti alcuni anni di lavoro assicurato: ci sono molti paesi emergenti, che devono sopperire a un fabbisogno energetico sempre più in crescita». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 85


MODELLI D’IMPRESA

Pizza da asporto? Sostituiamo il cartone Ridurre la quantità di cartoni che dalle pizzerie finiscono in discarica. Silvio Manca propone una soluzione sicura, riutilizzabile e rispettosa dell’ambiente: il contenitorevassoio in polipropilene sviluppato da una società di stampaggio materie plastiche Arianna Lesure

Italia è la patria della pizza. E sono milioni le pizze che ogni giorno vengono consumate. Una percentuale consistente di queste non vengono mangiate in pizzeria, ma portate a casa all’interno dei ben noti contenitori di cartone. Una volta svuotati del loro contenuto, però, questi ultimi non possono essere avviati alla raccolta differenziata e finiscono in discarica. Al problema ambientale e di consumo di risorse si somma inoltre quello per la salute, dato che in questi anni, a più riprese, sono esplosi scandali ed emersi dubbi sulla presenza di sostanze tossiche nel cartone. Quale soluzione per non rinunciare alla pizza a casa? Un’industria bresciana di materie plastiche ha proposto l’idea di un contenitorevassoio in polipropilene per contenere la pizza da asporto. Come spiega Silvio Manca, general manager di Ober: «Il polipropilene è un materiale già ampiamente utilizzato per la realizzazione di contenitori per uso alimentare e quindi non presenta rischi, dato che non scambia (né rilascia né assorbe) sostanze con l’alimento contenuto. Inoltre, questo vassoio ha il vantaggio di non essere un usa-e-getta, bensì un prodotto lavabile (anche in lavastoviglie) e riutilizzabile». Oltre a questo nuovo prodotto – già adottato da alcune pizzerie bresciane, ma che punta a con-

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Silvio Manca

quistare i consumatori –, Ober lavora in altri settori, via via diversificatisi negli anni, dal casalingo all’elettrodomestico, dall’automotive al sanitario. «Nel 2013 abbiamo registrato un incremento di fatturato del 20 per cento rispetto all’anno precedente e per il 2014 ci siamo posti l’obiettivo di crescere di almeno il 10 per cento. Siamo nati con una precisa specializzazione, quella di produttori di avvolgitori per veneziane da esterno, un progetto brevettato, che coadiuvato da un particolare accessorio, consente alle lamine la variazione dell’inclinazione e la sincronizzazione delle veneziane stesse al blocco avvolgitore. Questo prodotto rappresenta oggi il 20 per cento del nostro fatturato ed è interamente destinato all’esportazione. Infatti, siamo partiti dalla considerazione di una carenza di un prodotto simile sul mercato e di conseguenza abbiamo deciso di rispondere alla forte richiesta, soprattutto dei paesi europei di lingua tedesca (Germania, Austria e Svizzera)». Il restante 80 per cento del fatturato Ober lo realizza in Italia, attraverso la produzione di stampi in conto terzi, che prevede lo stampaggio di materie plastiche, il montaggio dei singoli componenti e la saldatura a ultrasuoni. «La nostra produzione consente lo stampaggio di componenti nel range di peso da 3 a 350 grammi, mentre le dimensioni degli stampi sono com-

Il polipropilene è un materiale già ampiamente utilizzato per la realizzazione di contenitori per uso alimentare e quindi non presenta rischi

prese nel range da 150 a 570 millimetri (LxH). Le operazioni di montaggio, test meccanici e dimensionali, sono implementati da lavorazioni di saldatura a lama calda e a ultrasuoni». Silvio Manca è anche socio di un’altra realtà dello stampaggio, Bresciastampi. «Questa, con un maggiore orientamento all’export rispetto a Ober, è specializzata nella progettazione e realizzazione completa di stampi per materie plastiche, bicomponente, multiniezione, multi-colore e a sandwich. L’esperienza trentennale acquisita nella lavorazione e nell’utilizzo delle materie plastiche consente la compartecipazione al progetto già nel corso d’avvio delle prime fasi. Per l’esecuzione degli stampi sono impiegati Cnc di ultima generazione e siamo in grado di fornire prodotti finiti grazie a una rete di aziende specializzate a noi consociate. Inoltre, abbiamo stabilito delle basi operative permanenti in Asia, offrendo così un servizio a tutto campo anche agli operatori internazionali».

In apertura, contenitorevassoio in polipropilene per pizza da asporto sviluppato da Silvio Manca, Oscar Belleri, Fabio Zanardelli, Pierangelo Bottarelli e Michele Zappella www.oberplastics.com

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EXPORT

Tecnologie per i maestri gelatieri econdo i dati diffusi all’inizio del 2013 da Confartigianato, Coldiretti, Nielsen e Fipe Confcommercio, il mercato della gelateria artigianale in Italia sarebbe “saturo”. Sono oltre 30.000 le gelaterie in Italia e altrettante nel resto del mondo. In media, 62 ogni 100.000 abitanti. Gli italiani consumano quasi 7 chilogrammi all’anno pro capite di gelato artigianale (2,5 miliardi di euro spesi per il consumo) e il settore (con macchine, attrezzature e ingredienti) fattura 3,5 miliardi. L’estero si sta dimostrando pertanto un mercato con grandi possibilità di espansione per il comparto. «Il 2013 – spiega Francesco Tripepi, responsabile commerciale della Frigomat – sta confermando come il mercato italiano, il più importante del mondo per questo settore, sia in piena flessione negativa. Una flessione però ampiamente ricompensata dal mercato internazionale che ha avuto un’im-

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Francesco Tripepi, responsabile commerciale della Frigomat di Guardamiglio (LO) con Emanuela Cipelletti, responsabile marketing, e Paolo Soffientini, responsabile ufficio tecnico www.frigomat.com www.gelatoprofessionalschool.com

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Se il mercato del gelato italiano si sta dimostrando “saturo”, all’estero cresce l’interesse nei confronti di questo comparto made in Italy difficilmente imitabile. Ne parliamo con Francesco Tripepi Marco Tedeschi

pennata significativa». Frigomat, da oltre quarant'anni, progetta e produce macchine per la trasformazione del gelato e la realizzazione di specialità in pasticceria. «Siamo il partner tecnologico ideale di gelatieri e pasticceri, grazie alla gamma completa di macchinari progettati per le esigenze di un moderno laboratorio artigianale. Purtroppo in Italia, a causa della crisi, c’è stata una flessione finanziaria che ha portato le gelaterie a non avere la possibilità di continuare a investire nel prodotto. All’estero invece stiamo andando molto bene, in quanto il gelato italiano riesce ancora a fare la differenza, per le sue difficoltà di imitazione. Per questo le nostre macchine sono ampiamente richieste. Noi operiamo attraverso distributori che, localmente, promuovono il prodotto e sono in grado di fornire l’assistenza post vendita. Per noi il rapporto con la rete distributiva è fondamentale, un rapporto che parte dalla grande attenzione dedicata alla formazione tecnica-commerciale per costruire una collaborazione reciproca». Tra le novità dell’azienda, sta riscon-


Francesco Tripepi

All’estero stiamo andando molto bene, in quanto il gelato italiano riesce ancora a fare la differenza per le sue difficoltà di imitazione

trando grande successo la Gelato Professional School by Frigomat, la scuola aziendale che organizza corsi di gelateria e pasticceria. «Si tratta di un format che stiamo esportando anche nel resto del mondo oltre che in Italia; ci proponiamo infatti come esperti capaci di trasferire il know how essenziale per far sì che l’imprenditore straniero sia in grado di produrre il gelato. Una funzione formativa e allo stesso tempo sociale, in

quanto intendiamo creare possibilità di carriera nel settore. Fuori dall’Italia stiamo registrando una grande voglia di imparare e una capacità di recepire nel migliore dei modi il valore aggiunto che offriamo». Dal punto di vista tecnologico invece, le novità sono rappresentate soprattutto dalla macchina per gelato Gx4. «La macchina – prosegue Tripepi - costituisce nel settore un punto di forte innovazione perché, a differenza della classica presentazione del gelato in vetrina, permette all’osservatore di comprendere le fasi della produzione e la qualità del gelato italiano. Abbiamo puntato su questo concetto, ovvero sul gelato fresco. Altro punto è la semplicità con cui è possibile produrre il gelato. La macchina lavora infatti sotto un coperchio trasparente dove opera un mantecatore. Ciò consente al cliente di vedere come viene prodotto il gelato e, subito dopo, di avere la possibilità di gustarlo. Una gelateria a vista che consente di servire gelato “fresco” prodotto di fronte al consumatore finale. Un passo avanti significativo dal punto di vista tecnologico per il settore intero».

LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 93


EXPORT

Filtri, cresce solo il mercato estero Luca Bianchi inquadra il contesto economico e produttivo di un settore che abbraccia numerosi ambiti industriali e che vive ora un momento di stasi nel mercato interno. «Obiettivo: capitalizzare il poco tempo a disposizione» Remo Monreale

i sono tipologie di dispositivi che interessano trasversalmente produzioni tra loro anche molto diverse. È il caso dei filtri industriali, che si trovano tanto nel settore automobilistico quanto nell’arredamento o nel chimico. Com’è facile immaginare, cambiano radicalmente le esigenze spostandosi da un’attività all’altra, determinando così una realizzazione molto meno standardizzata e al tempo stesso più impegna-

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94 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

tiva. Superata questa difficoltà, però, si ottiene il grande vantaggio, in tempi di crisi, di una considerevole capacità di diversificazione. Nella descrizione che fa Luca Bianchi, titolare della bresciana Nova Filtri, questo aspetto è decisivo. «Ma non è l’unico – precisa Bianchi –. Stando alla nostra esperienza diretta, sicuramente lavorare per settori diversi ci permette di sopperire al calo di uno con l’aumento dell’altro, ma il mercato interno non ha dato segnali positivi recentemente in nessun campo. Questo ha determinato uno spostamento della nostra attenzione verso i mercati esteri, in cui cresce la richiesta dei filtri per automezzi di movimento terra». La Nova Filtri crea sistemi filtranti per liquidi e gas presenti su impianti o macchinari, con l’intento di studiarne il più piccolo particolare: la precisione è uno dei fattori da tenere più in considerazione. «Abbiamo sviluppato tecniche di filtrazione di nuova generazione – dice Bianchi – con materiali ferrosi e non. Creiamo, inoltre, particolari specifici per varie esigenze, prendendo progetti nati come sistemi filtranti e modificandoli per settori dove la filtrazione non è l’obiettivo primario, come l’illuminazione o l’ar-


Luca Bianchi

Ci siamo rivolti verso i mercati esteri, in cui cresce la richiesta dei filtri per automezzi di movimento terra

La Nova filtri Srl si trova a Carpenedo di Vobarno (BS) www.novafiltri.it

redamento». I risultati parlano di un incremento incoraggiante. «Il fatturato del 2013 – continua il titolare della Nova Filtri – è aumentato del 5 per cento. L’aumento della produzione di particolari, ad esclusione dei prototipi, ha portato sicuramente effetti positivi. Ciò che temiamo di più è il poco tempo per la gestione delle varie fasi produttive, dovuto all’andamento consolidato da anni dei prodotti di consumo: in altre parole non riusciamo ad avere programmi ordinati. Questo crea una notevole criticità sia per noi sia per il cliente che rischia di riceve l’ordine in ritardo». Bianchi, poi, elenca le peculiarità della produzione. «Tra i prodotti che potremmo considerare la forza della nostra azienda – spiega – ci sono i cilindri in lamiera forata, che vengono creati appositamente su richiesta anche in piccola quantità. Sono distribuiti su diversi settori

industriali come agricoltura, chimica e oleodinamica. Per la loro realizzazione collaboriamo anche con aziende che applicano reti e lamiere in combinazione con lo stampaggio di materiali plastici: sono eseguiti con varie capacità filtranti, assemblando più reti, determinando così alte filtrazioni e capacità di tenuta elevata. I cilindri semplici, invece, sono un altro tipo di prodotto, utilizzato in gran parte nel settore dei termosanitari, valvolame: sono costruiti ricavando filtri con diametri e altezze anche molto piccoli. Usiamo diverse tipologie di reti cercando di sostenere al meglio il grado di filtrazione anche a qualche micron. Poi possiamo citare i cilindri in lamiera forata, usati soprattutto nel settore automobilistico e in impianti industriali dove la pressione è elevata. Facciamo, poi, filtri specifici per colata, usati per la filtrazione di alluminio durante il processo di colata da produttori di cerchi in lega. Infine facciamo filtri industriali su impianti di macchine movimento terra e impiantistica, oltre a cartucce filtranti inserite in impianti autopulenti anche per uso alimentare e purificazione gas e liquidi». L’obiettivo per il prossimo futuro «è l’incremento di nastri forati per il mercato estero e l’aumento del livello produttivo con ulteriori automatismi e attrezzature». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 95


EXPORT

La ripresa parte dall’industria L’industria torna a registrare crescite nei fatturati e feedback positivi dal mercato. Luciano Scropetta descrive gli asset strategici che hanno permesso di superare la congiuntura negativa Emanuela Caruso

onostante il sentiero verso la risalita economica sia ancora lungo e impervio, nel comparto dell’industria cominciano a vedersi le prime avvisaglie di una lenta ripresa. Un andamento positivo che si rivela importante poiché confermato da chi basa la propria attività esclusivamente sulla fornitura di prodotti specifici realizzati ad hoc su commessa o su disegno della clientela. È il caso della Scattolin Abrasivi, specializzata da ottant’anni nella progettazione e produzione di prodotti abrasivi di alta gamma caratterizzati da un forte contenuto tecnologico e destinati a soddisfare anche i settori della rettifica, della levigatura e della lappatura. «Rispetto all’anno scorso – commenta Luciano Scropetta, amministratore unico della Scattolin Abrasivi – abbiamo registrato un incremento del fatturato di circa il 15 per cento, un ottimo risultato in tempi come quelli che stiamo affrontando. Gli asset strategici che ci hanno permesso di “vincere” sulla congiuntura negativa hanno riguardato lo standard qualitativo dei nostri prodotti, che abbiamo voluto mantenere sempre ai massimi livelli; il rapporto qualità-prezzo competitivo con cui ci presentiamo sul mercato e che da esso ci viene riconosciuto; e il parco clienti, formato da acquirenti fidelizzati

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Luciano Scropetta, amministratore unico della Scattolin Abrasivi Srl di Calcinato (BS) www.scattolin.net

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a cui rivolgiamo attenzioni particolari attraverso la fornitura di prodotti sempre affidabili e altamente tecnologici. Infine, si è rivelato essenziale il servizio di assistenza tecnica, il cui compito è quello di individuare il prodotto più idoneo alle specifiche esigenze produttive». Attualmente, da quali mercati state ricevendo i feedback commerciali migliori? «Sicuramente dall’industria meccanica, che è il nostro settore di riferimento principale, nonché il comparto dove tutti i prodotti abrasivi trovano applicazione. In un periodo come questo, bisogna essere capaci di cogliere le opportunità che di giorno in giorno il mercato ci offre e per farlo sono indispensabili studio delle dinamiche e delle richieste, ricerca continua e sviluppo di nuove applicazioni dei


Luciano Scropetta

I feedback migliori arrivano dall’industria meccanica, che è il nostro settore di riferimento, nonché il comparto dove tutti i prodotti abrasivi trovano applicazione

nostri prodotti». Quanto è importante per la vostra realtà imprenditoriale l’export? «Come per tutte le piccole e medie imprese, l’export è di certo una fonte di sviluppo importantissima. A oggi, le esportazioni rappresentano il 30 per cento del nostro fatturato, ma questa quota è in aumento. In particolare, è in atto un processo di spostamento di alcuni grossi poli produttivi italiani verso i Paesi dell’Est e ciò comporterà la necessità di instaurare nuovi contratti di fornitura a livello internazionale». Su quali tecnologie e innovazioni sta

puntando la Scattolin Abrasivi? «Oltre a una continua formazione dei nostri collaboratori, al momento stiamo puntando su innovazioni in grado di migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro e su tecnologie capaci di ridurre i costi e salvaguardare l’ambiente. Nello specifico, abbiamo investito in macchinari e attrezzature di ultima generazione per la riduzione delle emissioni in atmosfera e per una migliore efficienza produttiva, e in un impianto fotovoltaico da 470 kw che ci consente di contenere i costi energetici. Attualmente, ogni anno investiamo nella tecnologia circa il 10 percento del nostro fatturato». Quali sono le prospettive per il brevemedio periodo e dove concentrerete i vostri prossimi investimenti? «Per quanto riguarda le prospettive per il nuovo anno, abbiamo intenzione di aumentare la nostra quota di mercato nei comparti industriali dove i nostri prodotti vengono maggiormente utilizzati, e di incrementare il fatturato e la penetrazione nel mercato attraverso azioni mirate di marketing. Mentre per quanto riguarda i prossimi investimenti, questi saranno sicuramente concentrati nell’ambito commerciale. Infatti, abbiamo da poco avviato una riorganizzazione finalizzata all’inserimento di nuove figure preposte alla vendita e all’assistenza sul territorio». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 97


EXPORT

Cilindri oleodinamici, nuove strade di business Per entrare nei mercati extra Ue servono servizi ben organizzati, continuità nella capacità produttiva e progetti sviluppati in base alle specifiche esigenze degli utenti esteri. L’esperienza di Edoardo Pedrali Emanuela Caruso

ormai assodato che per le aziende italiane le maggiori soddisfazioni in termini di fatturato e redditività stiano derivando dai mercati extraeuropei, in particolare da quelli del Far East e del Centro e Sud America. È quindi comprensibile il perché dei tanti investimenti e progetti che le nostre società nazionali stanno indirizzando verso tali Paesi. Tra queste imprese troviamo la Stocchetta Cilindri, specializzata da quarantasei anni nella progettazione e costruzione di cilindri oleodinamici e pneumatici speciali e di grandi dimensioni. «Abbiamo da poco fatto partire un progetto – spiega Edoardo Pedrali, titolare dell’impresa – il

È

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cui obiettivo sarà quello di aprire nuove strade di business fuori dai confini italiani, così da penetrare in modo più efficace i mercati emergenti e porre le basi per seguire direttamente anche i nostri clienti esteri, mantenendo costante e proficua la partnership con i maggiori main contractors italiani e sviluppando sinergie con i nuovi partner stranieri in ambito sia tecnologico che di marketing». Questo è solo il primo dei tanti obiettivi che la Stocchetta Cilindri si è prefissata per l’imminente 2014, poiché, come commenta ancora Edoardo Pedrali, «tra i traguardi che l’azienda ha intenzione di raggiungere nel breve-medio pe-


Edoardo Pedrali

La Stocchetta Cilindri Srl si trova a Brescia www.stocchettacilindriidraulici.com

riodo ci sono anche quelli di consolidare il fatturato e saturare la capacità produttiva interna tanto degli impianti quanto della manodopera, tenendo sempre controllati gli equilibri economici. Solo così, infatti, è possibile operare in un contesto attuale che richiede massima professionalità, imprenditorialità e attenzione verso i problemi sociali». Le stesse esigenze, quelle appena citate, che la Stocchetta Cilindri è riuscita a soddisfare anche negli ultimi anni, nonostante la crisi economica. «L’anno che sta per concludersi – continua Edoardo Pedrali – ci ha permesso di consolidare la presenza e il marchio societario sui mercati di riferimento, anche se il fatturato ha dovuto confrontarsi con una spietata concorrenza interna e con quotazioni e offerte ben distanti dai nostri target price abituali. Malgrado ciò, siamo stati in grado di difendere le nostre posizioni di mercato anche e soprattutto per la gamma di cilindri speciali e di grandi dimensioni, che necessitano di alta professionalità progettuale e di una specializzazione produttiva non facilmente replicabile». La Stocchetta Cilindri rappresenta da sempre un marchio di riferimento per l’intero settore dell’impiantistica industriale, in particolare per la produzione di grandi impianti per le industrie dell’acciaio, della laminazione dei metalli, della formatura e della lavorazione di lamiere e tubi. «Anche la diversificazione della gamma produttiva, unita all’affidabilità e alla continuità del progetto industriale, ha consentito alla nostra realtà imprenditoriale di mantenere la quota di mercato e i valori di fatturato entro i limiti necessari a garantire continuità e solidità alla nostra azienda». Alla sua clientela, la Stocchetta Cilindri offre un servizio ben organizzato e sviluppato per riuscire a soddisfare le specifiche esigenze di tutti i possibili utenti, soprattutto quelli stranieri. «I nostri dipendenti – conclude il signor Pedrali – possono comunicare in inglese, tedesco, francese e spagnolo, arrivando così a facilitare i

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Abbiamo deciso di investire nell’ampliamento del nostro raggio d’azione, così da penetrare anche nei Paesi extraeuropei

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rapporti con clienti esteri; inoltre, proponiamo una consulenza in fase di selezione del prodotto standard o speciali, ausilii di documentazione completi o a commessa, avanzate strutture informatiche e di comunicazione di rete, e una rete di assistenza tecnica e di vendita ben distribuita. Garantiamo, infine, assistenza durante l’installazione presso la clientela e manutenzione e revisione dei nostri cilindri, ma anche a completamento del servizio di altri costruttori». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 99


AGROALIMENTARE

Allevamenti Ogm free e con omega 3 naturali Benefici per la salute degli animali, ma anche per quella delle persone. Aristide Soldi spiega le caratteristiche del foraggio proteico che esclude la soia Ogm e del latte che ne deriva Lorenzo Brenna

n Italia la tendenza sembra quella di un ritorno al passato, ovvero all’agricoltura. Quello agricolo è infatti il settore che ha resistito con tanta fatica alla crisi che ha investito gli altri comparti. La maggiore tenuta del settore non è però riconducibile a elementi strutturali e va quindi analizzata caso per caso. La differenza la fanno qualità del prodotto, aspetto su cui i consumatori transigono sempre meno, sviluppo tecnologico e rispetto per l’ambiente. Sono questi i principi su cui si fonda la Società Agricola Sol. «Abbiamo optato per la produzione in campo di foraggio di qualità e proteico – dichiara Aristide Soldi, amministratore della società - non abbiamo più avuto necessità da sette anni a questa parte di comprare la soia, e comunque

I La Società Agricola Sol ha sede a San Daniele Po (CR)

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gli animali si comportano bene, inoltre abbiamo avuto la gratificazione di entrare a far parte di un progetto in collaborazione con la Padania Alimenti per la produzione di latte senza Ogm». Oggi quasi tutta la soia presente sul mercato italiano arriva dagli Stati Uniti, ed è quasi completamente Ogm. Immettere quindi sul mercato un prodotto genuino dà un certo vantaggio rispetto alla concorrenza. «Oltre la linea Ogm free – prosegue Aristide Soldi - Padania Alimenti sta lanciando un nuovo marchio, Omega 3 naturali. Solitamente i prodotti con omega 3 sul mercato sono modificati con molecole che vengono aggiunte al latte, naturale invece significa che tale sostanza è già presente nel latte senza bisogno di intervenire artificialmente. Chi utilizza come pa-


Aristide Soldi

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Chi utilizza come pascoli prati di erba medica arricchisce naturalmente di un 20 per cento il latte di acidi grassi insaturi. Questo sistema offre benefici sia alle persone che agli animali

scoli prati di erba medica in particolare, e leguminose in generale, arricchisce naturalmente di un 20 per cento il latte di acidi grassi insaturi. Questo sistema arreca benefici sia alle persone, che possono fruire di omega 3 naturali senza aggiunte chimiche, e agli animali». Anche l’azienda cremonese si sta attrezzando e sta investendo in tecnologia per non farsi trovare impreparata alle necessità del mercato. «L’informatica consente di ottenere risultati un tempo impensabili come, ad esempio, il riconoscimento di ogni capo di bestiame e la risoluzione a determinati fabbisogni degli animali. Posso inoltre monitorare dall’ufficio ciò che avviene in azienda e i comportamenti insoliti del bestiame vengono immediatamente rilevati». L’azienda Agricola Sol, pur non producendo latte biologico investe e crede molto nella sostenibilità e nella giusta nutrizione degli animali. «Progressivamente abbiamo iniziato ad utilizzare meno mais e concentrarci su coltivazioni di erba medica – spiega Aristide Soldi - questo è stato possibile grazie a ibridi di erba medica specifici tanto che

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il prato di erba medica può produrre anche per sei anni, un periodo molto lungo. Il vantaggio di questo tipo di coltura è che può arrivare ad avere fino al 25 per cento di proteine, sostituisce altre fonti proteiche e può fornire alle vacche che la ruminano, le fibra vegetale di cui hanno bisogno, è sbagliato dar loro da mangiare troppa farina di mais, non sono nate per questo». L’amministratore dell’azienda agricola sa bene di cosa si parla essendo dottore in Agraria e avendo lavorato per cinque anni ad una tesi sperimentale nell’Istituto di nutrizione animale. L’azienda dispone di 220 ettari seminativi e di circa 500 capi di bestiame. Tutti i bovini presenti nell’azienda appartengono alla razza frisona italiana e sono tutti da latte. Tutti gli animali sono selezionati e iscritti al libro genealogico, rispettando le rigorose normative sanitarie. Il latte della Società Agricola Sol viene prodotto anche con l’ausilio del fotovoltaico. «Più del 70 per cento dell’energia che utilizziamo nel nostro stabilimento – spiega Aristide Soldi - viene generata dai pannelli solari». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 105


AGROALIMENTARE

Tradizioni lodigiane Alla contraffazione agroalimentare, i produttori di formaggio made in Italy rispondono con produzioni tradizionali e latte altamente selezionato. Ne abbiamo parlato con Paolo Raimondi Marco Tedeschi

e produzioni italiane sono di qualità, autentiche e inimitabili e non possiamo permetterci di abbassare la guardia di fronte a comportamenti illeciti che danneggiano l'immagine del nostro agroalimentare». Sono queste le parole che il ministro per le Politiche Agricole De Girolamo ha recentemente pronunciato in seguito alla scoperta, da parte del Nucleo Antifrode dei Carabinieri, di un kit circolante su internet per produrre formaggio. La contraffazione del made in Italy agroalimentare, e in particolar modo del formaggio, è uno dei problemi maggiori con cui devono scontrarsi molte imprese nostrane che hanno fatto dei metodi di produzione tradizionali il loro vanto. Ne è un esempio l’Industria Casearia Raimondi che dal 1800 produce formaggio grana. «Il nostro storico caseificio – racconta il titolare Paolo Raimondi - è il più grande e importante per quanto riguarda la produzione di Grana Padano e del vero Tipico Lodigiano delle provincie di Lodi e Milano. Il Grana Padano è prodotto nel rispetto del disciplinare del Consorzio Grana Padano. Il Tipico Lodigiano viene prodotto con un disciplinare ancora più restrittivo, nel rispetto della tradizione gelosamente conservata dai nostri padri, partendo da un latte crudo accuratamente selezionato». Porre come base della produzione il latte crudo attesta l’originalità del prodotto. «Altre aziende cercano impropriamente di utilizzare il nome Lodigiano per evocare un passato che non hanno

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L’industria Casearia Raimondi San Tommaso si trova a Villanova del Sillaro (LO)

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e un presente ingannevole che non ha nulla a che fare con le produzioni di Tipico Lodigiano. Non utilizzano infatti latte crudo o latte del lodigiano e non possiedono caseifici nella provincia di Lodi. Purtroppo la concorrenza sleale è un problema che va a intaccare ancora di più la situazione difficile che ci troviamo ad affrontare a causa della crisi economica e alle difficoltà nell’incassare i crediti. In ogni caso possiamo rite-


Paolo Raimondi

nerci soddisfatti dell’anno in corso». Tra i prodotti dell’Industria Casearia Raimondi spiccano il latte, il Grana Padano, il Tipico Lodigiano, la panna, il burro, la ricotta e la Raspadura di Tipico Lodigiano. «La Raspadura è prodotta rigorosamente a mano e conservata in vaschette in atm. Il prodotto è fatto con latte altamente selezionato ed è particolarmente indicato per i bambini poiché fornisce il giusto apporto di calcio esente da lattosio ed è dolce al palato». Un processo accurato che interessa tutti i prodotti del caseificio. «Il latte che deriva dalle nostre e altre stalle fra le migliori del lodigiano viene portato nel nostro caseificio, dove nelle sapienti mani dei nostri casari si trasforma nel Grana Padano e nel Tipico Lodigiano. Solo le migliori forme invece vengono scelte per diventare Raspadura. Tutti prodotti che ven-

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I consumatori italiani sono rimasti fedeli a un prodotto 100 per cento garantito e italiano, riconoscendone la qualità

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gono serviti nei medi e grandi supermercati del nord Italia». Ed è proprio la distribuzione in questo periodo ad essere interessata da un forte calo dei consumi. «In effetti la crisi dei consumi si è sentita molto, ripercuotendosi in una flessione dei prezzi. Fortunatamente però i volumi si sono mantenuti stabili. A mio parere infatti i consumatori italiani sono rimasti fedeli ad un prodotto 100 per cento garantito e italiano, riconoscendone la qualità. Ed è proprio su questo che dobbiamo puntare per riprenderci e crescere. È molto importante infatti – conclude Raimondi - far conoscere sempre di più le ricchezze del territorio lodigiano, i prodotti che ne sono il simbolo, il formaggio Tipico Lodigiano e la Raspadura di Tipico Lodigiano». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 107


AGROALIMENTARE

Una nuova realtà in Franciacorta Metodo di produzione classico e metodo di produzione charmat. Da una realtà tutta al femminile, nascono bollicine di alta qualità. Ne parla Paola Pagani Maria Anselmi

l percorso intrapreso da Paola Pagani nel settore vitivinicolo ha portato alla riqualificazione della vecchia tenuta agricola di famiglia. Il risultato è l’attuale “De Maldè” sita ad Adro in Franciacorta, votata alla produzione e all’ottenimento di vini di alta qualità, che puntano alla ricerca dell’espressione di un territorio e della sua tradizione. La cantina De Maldè è posizionata sulle colline di Erbusco, noto centro di produzione di vini di alto livello, immersa nei filari di vite e nello spirito della zona. Qui si possono gustare i prodotti frutto della passione e del costante lavoro della proprietaria. Perché ha scelto la Franciacorta e come si muove la De Maldè all’interno del settore della produzione di vini? «Non ho scelto la Franciacorta, è la Franciacorta che ha scelto me. Lo spirito di questa terra è simile a quello della terra di origine della mia famiglia ed evoca in me ricordi legati al piacere dei Vin Mousseux d’oltralpe. Il “progetto” che sin dall’inizio della nostra avventura abbiamo deciso di seguire è quello di produrre, grazie ai nostri 5 ettari vitati, un numero limitato di bottiglie, circa 30 mila all’anno, e di proporlo ai consumatori, forte di un ottimo rapporto qualità-prezzo, fattore chiave, secondo noi, in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo». Come seguite nella produzione dei vostri

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Paola Pagani, titolare dell’azienda agricola De Maldè di Adro (BS) www.de-malde.com

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Franciacorta le regole imposte dal disciplinare Docg? «L’amore per i nostri vini ci ha portati a superare le norme previste dal disciplinare di produzione della denominazione, consapevoli del fatto che solo così possiamo produrre un vino dalla qualità garantita e riconosciuta. Il terreno su cui si trovano i nostri vitigni è di origine morenica, ma eterogeneo dalla zona collinare a quella pedecollinare. Effettuare la vinificazione nella migliore situazione possibile significa vinificare quando le uve hanno raggiunto l’idonea maturazione, quindi il miglior rapporto tra acidità e zuccheri. Seguiamo, inoltre, la tecnica della pressatura soffice, grazie alla quale si estrae


Paola Pagani

Al momento la nostra produzione si divide fra Franciacorta Docg Brut Mouve e Franciacorta Docg Brut Saten e Fran Sècc

il succo dagli acini d’uva e, dopo tutte le lavorazioni autunnali e invernali, a maggio siamo pronti per avviare la rifermentazione in bottiglia». Come si divide la produzione agricola della De Maldè? «Al momento la nostra produzione si divide in Franciacorta Docg Brut Mouve e Franciacorta Docg Brut Saten. Dalla primavera del 2014 saranno disponibili i Franciacorta Docg Brut Rosè e Millesimato. Tutti i nostri vini vengono prodotti con spremitura soffice dei grappoli interi mediante pressa pneumatica e contemporaneo frazionamento dei mosti ottenuti e con un illimpidimento di prefermentazione a freddo in vasche d’acciaio. Il Brut viene affinato sui lieviti nobili per almeno 18 mesi, mentre per il Brut Saten l’affinamento in bottiglia sul suo deposito di lievito nobile dura minimo 24 mesi. Segue degorgement con l’eliminazione del deposito a la glace e

la ricolmatura con vino e zucchero secondo la ricetta aziendale di preparazione della liqueur d’expedition». Alla produzione di Franciacorta affiancate anche la produzione del vino Fran Sècc. «Fran Sècc è un vino innovativo che si differenzia dal resto della produzione solo in fase di spumantizzazione. Basa le sue caratteristiche sulla facilità di consumo, è pronto in pochi mesi, si esprime con freschezza e gradevolezza giovanili. Ci sta regalando grandi soddisfazioni sia in Italia che all’estero, dove è richiesto soprattutto in Europa, Est Europa e Oriente. Innovativo è anche il packaging, poiché le bottiglie sono completamente rivestite da sleeves accattivanti per colori e stampe; la collezione è formata da sei bottiglie una diversa dall’altra, con l’aggiunta di altre quattro bottiglie da collezione i cui disegni rappresentano le quattro stagioni». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 109


Nuove declinazioni del gelato Tradizione e innovazione tecnologica. Selezione attenta delle materie prime. Questi gli ingredienti del gelato di Mauro Bandirali. Che ha introdotto il rigore scientifico nella gelateria artigianale Luca Càvera

iglior laboratorio dell’anno 2010” alla fiera di Longarone. “Artigiano eccellente” per Regione Lombardia, “I due chicchi e le due tazzine” sulla guida Bar d’Italia del Gambero Rosso. Questi alcuni dei riconoscimenti ottenuti da Mauro Bandirali, gelatiere e già specializzato in controlli in campo nucleare, che alla fine degli anni Novanta ha abbandonato l’atomo per riprendere in mano l’attività di famiglia: la gelateria Bandirali di Crema, che si appresta ad aprire una nuova sede, sempre nel comune lombardo, che sarà inaugurata a febbraio del prossimo anno. «La nostra produzione si sviluppa su due fronti. Da un lato vogliamo proseguire la tradizione, valorizzando le ricette tradizionali e il nostro bagaglio culturale per quanto riguarda i prodotti. Dall’altro, pur conservando la lavorazione artigianale, contemporaneamente, abbiamo introdotto delle innovazioni tecnologiche, come mantecatori, pastorizzatori, abbattitori di nuova generazione». Che variabile ha rappresentato la crisi dei consumi nel settore del gelato artigianale? «È arrivata in ritardo. Abbiamo iniziato a sentirne gli effetti solo quest’anno. Il 2012, infatti,

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Mauro Bandirali

è stato un anno positivo. A partire dal 2013, invece, seppure a fronte di un numero di presenze costante, abbiamo registrato un calo nella spesa media del consumatore, quantificabile in una flessione di circa il 5 per cento fino a ora. Tuttavia anche la situazione meteorologica di quest’anno, con un’estate arrivata tardi, ha influito, in parte, sulle vendite». Come avviene la selezione delle materie prime che utilizza per la produzione del suo gelato? «Anni fa l’approvvigionamento avveniva attraverso grossisti. Nel tempo, però, ho voluto fare una scelta di qualità, attingendo direttamente ai produttori. Oggi le nocciole vengono dalle Langhe, le mandorle dalla Puglia e le acquistiamo da presìdi Slow Food, come pure il Latte Nobile, l’acqua di fiori di arancio, il chinotto, la frutta. Questa scelta privilegia la qualità. Acquisto a chilometro zero il latte crudo e la panna e alcune materie prime fresche prodotte nel nostro territorio». Quali altre novità ha introdotto nella gelateria che ha ereditato dalla sua famiglia? «Ho ampliato l’attività, avviando una piccola produzione di pasticceria, di snack e proponendo un numero di gusti sempre più variegato. Propongo 36 gusti nel periodo invernale, 48 nella stagione calda e in più 6 gusti

senza lattosio. Infatti ho scelto di proporre solo gusti di stagione. Fra le novità, in fatto di sapori, ci sono i gusti legati al nostro territorio, come il gelato al formaggio Salva Cremasco, quello alla Spongarda che è il dolce tipico della nostra città, al Tortello Cremasco a base di amaretti, cedro, noce moscata, uvetta, Grana Padano e infine al Torrone Cremasco mandorlato di cui siamo orgogliosi produttori. L’attenzione ai prodotti tipici del territorio è sicuramente un valore aggiunto che ci distingue e che i nostri clienti apprezzano. Cosa ha portato nella gelateria della sua formazione scientifica? «Abituato a lavorare con sistemi di qualità dagli standard elevatissimi, è stato spontaneo introdurre una metodologia rigorosa anche nella preparazione del gelato. E non a caso nel 1999 siamo stati la prima gelateria artigianale italiana a ottenere la certificazione Iso 9001. Quello che mi interessava, però, non era il certificato come ritorno di immagine, bensì la sostanza: applicare delle rigorose metodologie di lavoro in questo ambito».

In apertura, Mauro Bandirali, titolare della gelateria Bandirali di Crema (CR) www.gelateriabandirali.it

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MODA

Made in Italy 2.0 Il tessile italiano cambia pelle. E se la domanda interna è ferma, non lo sono i mercati di riferimento, che stanno variando nuovamente distribuzione e geografia. Anche grazie agli smartphone Teresa Bellemo

on occorre essere abituali lettori di report economici per sapere che la nostra economia non sta navigando in ottime acque. Che il periodo sia difficile è cosa nota, anche perché oggi a soffrire di più è proprio la domanda interna, la più tangibile. E anche se la ripresa, come ha dichiarato lo stesso premier Letta, «è a portata di mano» sembra comunque il punto d’arrivo di un percorso lento, accidentato e ricco di incognite. In termini di fatturato, gli unici segni positivi, a settembre 2013, sono quelli riferiti al tessile-abbigliamento, con un +10,8 per cento, al legno (+3,4) e ai macchinari (+1,1). Compensare un mercato domestico in ribasso è sempre più complesso, nonostante dai mercati internazionali arrivino segnali che lasciano ben sperare. Gli ordinativi nell’abbigliamento, e in parte nel tessile, sono in crescita. Una performance che è rimasta sopra il tasso di sviluppo previsto (circa attorno ai 3-4 punti percentuali) e ha battuto quella dei competitor stranieri. Nell’ultimo semestre, infatti, il fatturato delle aziende legate al fashion è aumentato di quasi il 5 per cento, con alcuni brand capaci di sforare la doppia cifra. Si tratta di Brunello Cucinelli, con un più 16,2 per cento, Prada (+11,79) e Salvatore Ferragamo (+10,5). A colpire di più, in questo scenario, è la geografia degli ordini. Abituati negli ultimi anni a trovare nei paesi emergenti una delle poche vie di sviluppo, oggi lo scenario si sta, ancora una volta, evolvendo. Non si tratta più soltanto di buyer cinesi. Si torna a parlare di quei mercati cosiddetti tradizionali, che per decenni hanno apprezzato e fatto grande il made in Italy, ma che

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negli ultimi anni, complice la crisi, hanno fortemente ridimensionato i loro acquisti. In particolare, gli ordini sono in salita negli Stati Uniti e in Giappone, due paesi che hanno rilanciato la crescita e dove i consumi di abbigliamento made in Italy sono consolidati. Non solo, a essi si affianca una ripartenza dei consumi domestici in Europa (esclusa la parte meridionale) e il boom dei mercati dell’Estremo Oriente, Cina esclusa, come Hong Kong, Macao, Singapore e il sud-est asiatico. L’inasprimento delle misure di lotta alla corruzione, una delle motivazioni che ha frenato la crescita del lusso in Cina, non ha tuttavia frenato il desiderio di prodotti made in Italy tra i consumatori del Celeste Impero. La moda italiana è, dunque, in salute. Non solo dal punto di vista economico, ma sembra che qualcosa di nuovo si stia muovendo anche sul fronte creativo e del cosiddetto “fare sistema”, una tipica


I numeri del settore

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Gli ordini sono in salita negli Stati Uniti e in Giappone. A essi si affianca il boom dei mercati dell’Estremo Oriente, come Hong Kong, Macao, Singapore e il sud-est asiatico

difficoltà delle realtà nostrane. Lo scorso 17 settembre Il Sole 24 Ore ha lanciato il “Manifesto della moda”. Questi i punti principali: investire sul territorio, garantire maggiori risorse alla creatività, puntare sulla formazione, offrire incentivi fiscali e spingere sull’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. Un modo per attirare l’attenzione non solo della politica, ma anche di un sistema ben più globale, che in questi anni ha tentato di limitare sempre di più l’influenza delle settimane della moda milanesi. Ma non stanno cambiando soltanto mercati. In un mondo, quello della moda, votato alla novità e al futuro, anche le modalità di approccio al marchio e all’acquisto stanno mutando profondamente. Anche nel nostro Paese. Basti pensare che sono 14 milioni gli italiani che comprano online, con un conseguente incremento di fatturato che non si vedeva dal boom della new economy. Nel 2013 gli acquisti via web in Italia

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sono, infatti, cresciuti del 18 per cento, generando un fatturato complessivo di 11,3 miliardi di euro. Un forte balzo avanti dovuto anche all’uso sempre più frequente delle app, dunque agli smatphone: il mobile commerce da solo rappresenta oltre il 20 per cento della crescita, superando mezzo miliardo di euro. La quota maggiore di questo mercato arriva proprio dagli acquisti di abbigliamento, che fanno registrare un incremento del 30 per cento, il più elevato di tutti i settori. Un risultato ottenuto anche grazie ad alcune aziende che da molto tempo ormai hanno creduto nel web, come l’italianissima Yoox di Federico Marchetti, ma soprattutto per un cambio di paradigma generale. Il brand è sempre più vicino al consumatore, lo segue e viene seguito attraverso piattaforme social, dove l’intermediazione, perlomeno in apparenza, è nulla e la community, concetto molto in voga nei primi anni 2000, finalmente prende forma. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 117


MODA

La moda lombarda è leader in Europa Un settore con una grande attrattività internazionale sul quale, ricorda il segretario generale della Camera di commercio di Milano, Pier Andrea Chevallard, occorrono investimenti che esaltino l’immagine e la competitività dell’Italia Renata Gualtieri

Italia rimane protagonista assoluta della moda in Europa grazie alla Lombardia e alla Toscana. Secondo i dati dell’ufficio studi della Camera di commercio di Milano, sono 236mila le imprese attive nel 2013 (di cui 35mila lombarde), con circa 200mila addetti. Como, Bergamo, Brescia e Varese sono, con Milano, tra le prime 20 in Italia per numero di addetti. A livello nazionale per produzione sono prime Prato e Firenze, con 6.500 imprese ognuna, e poi Napoli e Milano, con quasi 5mila. Quanto al commercio, prima in classifica è Napoli con 20mila negozi, seguono Roma e Milano, con 15mila e 13mila negozi e venditori. Sono 821mila gli addetti in Italia nel settore, al primo posto Milano con 80mila, poi Napoli e Firenze con circa 40mila. Quanto è importante il settore per l’economia di Milano e dell’Italia? E che giro d’affari rappresenta? «È la Lombardia a fare da traino all’Italia, con un valore di 34 miliardi all’anno, tra produzione e commercio, di cui 18 solo da Milano. La moda rappresenta un simbolo del made in Italy e della creatività, un vero e proprio brand capace di far conoscere l’eccellenza del nostro territorio nel mondo». Su cosa è basato il successo del settore? «L’eccellenza del made in Italy si basa su una felice alchimia tra il buon gusto, l’innovazione e un’attenzione alla qualità, che rappresentano i cardini del modo di lavorare delle nostre imprese di moda. Si tratta di fattori di successo che hanno radici nella tradizione e che si rafforzano nel legame tra artigianato, creatività e industria».

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Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano

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Per la città di Milano che ruolo svolge la moda in termini di attrattiva internazionale e turistica? «Un terzo del turismo milanese è dovuto alla moda e allo shopping. È di oltre cinquecento euro l’indotto per ogni turista per tre giorni di permanenza in città, e più della metà proprio grazie alla moda. Lo shopping è fondamentale per fare di Milano un’importante meta turistica: il 70 per cento la sceglie proprio per fare spese e il 43 per cento ridurrebbe il soggiorno se non dovesse fare compere. Si tratta di turisti che sono soddisfatti e fidelizzati: 500 turisti al giorno a Milano sono al loro ottavo viaggio in Italia. I turisti promuovono Milano anche con le loro abitudini di consumo e danno così origine a


Pier Andrea Chevallard

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L’eccellenza del made in Italy si basa su una felice alchimia tra buon gusto, innovazione e attenzione alla qualità

un indotto rilevante per la città, che premia l’ospitalità, la ristorazione, il tempo libero, oltre alla moda e allo styling. Le attività imprenditoriali diffuse in tutti questi settori svolgono poi un ruolo importante per l’immagine della città, a fianco delle stesse istituzioni. Ecco perché occorre rafforzare gli importati appuntamenti internazionali». Cosa dicono i dati sull’export della moda milanese? Quali i principali mercati di riferimento e quali quelli, in prospettiva, più interessanti? «Il valore dell’export è significativo per il territorio. Nei primi tre mesi dell’anno ha sfiorato la cifra di 1,3 miliardi di euro, con una crescita del 7,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. L’Europa resta il mercato principale con oltre la metà dell’export di settore e una crescita del 5 per cento in un anno, seguita dall’Asia orientale, che è quasi un terzo e cresce del 11,4 per cento. Tra i Paesi, il primato va alla Francia, seguita da Stati Uniti, Giappone e Corea: ognuno di questi Paesi ha assorbito circa un decimo di tutto l’export della moda milanese. Bene anche il

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trend verso Cina, Medio Oriente e Brasile». Quali le prossime iniziative della Camera di commercio a sostegno delle imprese locali del settore? «La moda, con tutta la sua filiera, rappresenta un elemento importante per rilanciare l’economia di Milano e dell’Italia. Per questo, come Camera di commercio, abbiamo da tempo avviato una collaborazione istituzionale con la Camera nazionale della moda italiana mirata a sostenere le iniziative rivolte ai giovani stilisti, così da offrire alle nuove generazioni di creativi occasioni di visibilità e la possibilità di sviluppare i propri progetti. Anche quest’anno abbiamo confermato il nostro sostegno al “Defilé della moda artigiana”, un’importante vetrina della migliore tradizione sartoriale ambrosiana, e riproposto tramite l’azienda speciale Promos il programma “Milano fashion city”, un’iniziativa nata nel 2010 con lo scopo di valorizzare sul piano internazionale la filiera della moda e dell’accessorio in occasione delle sfilate e delle manifestazioni fieristiche del settore, grazie alla partnership di oltre 50 istituzioni e attori di prestigio». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 119


BENI DI LUSSO

Un investimento nel tempo L’esperienza di Rodolfo Corazzo e Carlo Orsingher nel mercato degli orologi di lusso, in cui «la competenza e l’oculatezza delle scelte permette di superare anche i periodi più critici» Remo Monreale

l pregio richiede una competenza non comune. Tutti gli articoli che possono rientrare nella categoria del lusso hanno bisogno di mani esperte cui affidarsi. L’alta orologeria è uno di quei settori in cui non solo si pretende cura e affidabilità: i nomi delle case più note rappresentano dei veri e propri status symbol, come Patek Philippe, Audemars Piguet o Rolex. Nel settore da vent’anni, Rodolfo Corazzo e Carlo Orsingher, titolare e direttore di Plinio Gioielli, parlano delle attuali condizioni di mercato e delle scelte che li hanno portati a fondare Le Caveau du Temps, nel cuore di Milano, città della moda e del turismo internazionale. «Le Caveau è frutto della nostra passione per l’alta orologeria – spiega Rodolfo Corazzo – e della voglia di condividere con altri appassionati le esperienze e le emozioni che questo meraviglioso mondo può dare. Negli anni Le Caveau è diventato il punto di riferimento per tutti quelli che vogliono comprare, vendere o permutare il proprio orologio. Sicuri di aver lavorato per quasi un ventennio con dedizione e onestà, proseguiamo col medesimo impegno e con sempre rinnovata passione. Nonostante l’evidente contrazione del mercato, il nostro bilancio è comunque positivo, abbiamo consolidato il fatturato raccogliendo ottimi risultati dovuti alla serietà e passione

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che da vent’anni mettiamo nel nostro lavoro». In che misura la crisi economica influenza un settore di nicchia come il vostro? RODOLFO CORAZZO: «Oltre alla condizione economica più generica che si presenta molto negativa, con una disponibilità finanziaria sempre minore, questo settore (e non è il solo) è stato penalizzato dalle ultime restrizioni sui pagamenti per contanti che hanno di fatto peggiorato una situazione già poco felice. Anche per questo motivo abbiamo introdotto, tramite istituti di credito, la possibilità di finanziare gli acquisti, con comode rate personalizzate». Più in generale a quale fascia di pubblico vi rivolgete principalmente? CARLO ORSINGHER: «Il nostro core business è la compravendita di orologi di alta gamma pre-


Rodolfo Corazzo e Carlo Orsingher

Rodolfo Corazzo e Carlo Orsingher, titolare e direttore della Plinio Gioielli Srl, con sede a Milano www.lecaveau.it

owned, con preclusa la possibilità di recupero Iva, quindi il nostro pubblico è prevalentemente italiano e trasversale poiché la possibilità di finanziare in modo personalizzato gli acquisti ha permesso a molti di avvicinarsi all’alta orologeria. Un orologio di lusso non è da considerarsi solo un bene rifugio considerati i tempi di crisi ma una sorta di investimento che nel tempo può rivalutarsi. L’acquisto oculato di un importante orologio è quasi sempre un buon investimento su più fasce di prezzo, oltre al piacere del possesso di un oggetto a volte raro». Quali servizi offrite oltre la vendita? R.C.: «Offriamo tutti i servizi connessi alla compravendita di questi oggetti, come consulenza e valutazioni, assistenza e riparazioni con tecnici specializzati tra i migliori nel settore. Inoltre, ci

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Oltre al piacere del possesso di un oggetto a volte raro, l’acquisto di un importante orologio è sempre un buon investimento

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affidiamo alla collaborazione di esperti periti, certificati dal tribunale per il rilascio di certificati con documenti fotografici. In questo modo ogni nostro articolo è garantito». Quali prospettive e obiettivi si prefigge Plinio Gioielli Srl nel medio lungo periodo? C.O.: «Mantenere il nostro status di serietà e professionalità continuando per la stessa strada senza condizionamenti è l’unico obiettivo che possiamo prefiggerci. Le prospettive rimarranno positive, quindi, se questi due fattori continueranno a mantenersi costanti». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 123




MANAGEMENT

Una pressione fiscale più equa Per avviare la ripresa occorre rimuovere i tanti fardelli che opprimono le imprese, soprattutto le più piccole. Alessandro Solidoro indica gli interventi necessario per le pmi Nicolò Mulas Marcello

e pmi sono le imprese più penalizzate dalla crisi. A Milano la situazione rimane anche in questo scorcio finale del 2013 fortemente negativa. A pesare sulla ripresa sono quegli ostacoli che non sono stati rimossi. La pressione fiscale resta alta e la sua applicazione diventa sempre più complessa. La domanda interna è ai minimi storici e il cuneo fiscale non accenna a ridursi. L’accesso al credito resta difficile e la capacità di sviluppare rete cresce con grande lentezza e penalizza gli investimenti e la ricerca. «Tra gli spiragli di luce, se così si possono chiamare, - afferma Alessandro Solidoro, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Milano - c’è l’attenzione delle istituzioni del territorio alle problematiche e il tentativo di dare risposte. Non tanto con interventi economici, per i quali mancano le risorse, ma agevolando l’accesso ai servizi. Ci sono, inoltre, i confortanti risultati di quanti, avendo scommesso in una maggiore efficienza dei processi produttivi, hanno saputo restare agganciati alla domanda mondiale, più dinamica di quella italiana ed europea». Ad aggravare il quadro c’è sicuramente un’elevata fiscalità che talvolta è asfissiante per i piccoli imprenditori. Quali interventi da parte del governo dovrebbero avere priorità? «L’azione di governo dovrebbe andare in due direzioni. La prima, di natura quantitativa, dovrebbe diminuire la pressione fiscale su imprese e lavoro, anche agendo sul cuneo fiscale. Tuttavia

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A destra, Alessandro Solidoro, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano

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Alessandro Solidoro

Più attenzione al risk management Le società di consulenza devono adeguarsi ai cambiamenti che investono la vita delle imprese. Ne parla Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult ell’ultimo decennio i tratti tipici della consulenza sono cambiati perché è mutata la cornice, lo scenario in cui il management consulting opera. Pensiamo alla globalizzazione, che ha alterato la catena del valore di ogni settore. «L’effetto di un’aumentata competitività – spiega Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult (nella foto) – ha spinto le imprese di consulenza verso la specializzazione, ma anche a riflettere sulla centralità dell’innovazione, della reputazione, del brand, delle competenze umane e organizzative».

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Quali sono i settori industriali che richiedono più consulenza attualmente?

questa opzione è ragionevolmente complessa per lo scenario internazionale a cui siamo collegati (patto di stabilità, inesistenza di deroghe a favore dell’Italia sul piano dei parametri di bilancio pubblico). La seconda è di natura qualitativa, vale a dire razionalizzare e diminuire gli adempimenti prevedendo un tempo adeguato per assolverli. In sostanza, sul fronte delle entrate dello Stato, se non si può pagare meno, almeno si paghi meglio e secondo termini e modalità più “umane”. Anche se il fattore davvero decisivo sarà una revisione molto attenta della spesa pubblica. Solo spendendo meglio potremo garantire servizi pubblici adeguati a costi minori per la collettività. Maggiore attenzione dovrebbe poi essere dedicata alla lotta all’evasione, indirizzata a colpire chi non paga, non a cercare nuovo gettito sempre dai soliti noti che già tanto pagano o, peggio, da chi guadagna solo secondo gli astratti parametri del fisco e non secondo quanto veramente ricava dalla propria attività». Nell’attuale contesto economico il ruolo del commercialista è solo contabilità e dichiarazioni fiscali o anche assistenza all’attività dell’imprenditore? «Il ruolo del commercialista ormai da tempo non è più

«Secondo i dati del Rapporto 2012-2013 dell’osservatorio di Assoconsult, la committenza del settore terziario - banche e assicurazioni, telecomunicazioni, utilities, per fare qualche esempio tiene meglio degli altri e rappresenta una quota del fatturato pari a quasi il 51% del totale. Al contrario, la committenza del settore manifatturiero subisce la maggiore decrescita: è scesa dell’1,7% rispetto all’anno precedente, con una quota rispetto al fatturato totale lievemente inferiore al 37%. Solo per completezza di informazione, il settore pubblico continua a calare (-1,1%), pur essendo già di molto inferiore rispetto ai grandi paesi dell’Europa occidentale (Germania, Francia e Regno Unito). È il paradosso italiano: ossia un’elevata spesa pubblica e un mercato della consulenza sottodimensionato. Basti pensare che nel nostro Paese il contributo del management consulting al Pil è solo dello 0,20%, contro una media europea dello 0,52%, lontanissimi da Germania (0,80%) e Regno Unito (0,78%). In Italia il livello di trasparenza è tra i più bassi d’Europa. Si calcola che meno di un quarto della spesa pubblica in consulenza sia oggetto di gara».

LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 127


MANAGEMENT

Qual è stata l’evoluzione del management consulting negli ultimi anni?

solo “contabilità e dichiarazioni”. L’imprendito-

re tratta sempre più questi servizi come vere e proprie “commodities”. Non ne percepisce il valore aggiunto, le considera uno dei mille derivati della burocrazia, vive con fastidio l’adempimento e il suo costo. Un atteggiamento sbagliato, ma certamente comprensibile. Il commercialista ha oggi nuove funzioni e nuovi spazi di intervento: il controllo di gestione, la programmazione economico-finanziaria, l’internazionalizzazione, la prevenzione e assistenza nelle crisi d’impresa, la revisione, la partecipazione a bandi e gare, la ricerca di finanziamenti. Si tratta di competenze che ormai da anni fanno parte della cultura professionale dei commercialisti». In questo periodo di crisi strutturale di liquidità e di credit crunch come si sta evolvendo il ruolo del commercialista come trait d’union tra banche e imprese? «I commercialisti debbono essere il collegamento informativo proattivo tra imprese e banche, debbono mettere gli istituti nelle condizioni di non avere alcun alibi nell’assunzione delle proprie decisioni, spingendo i propri clienti alla massima disclosure economica e finanziaria. Debbono poi aiutare gli imprenditori a comprendere che i tempi dello sviluppo fondato principalmente sul debito bancario sono inattuali e che oggi sono necessarie strutture finanziarie dove il capitale di rischio dell’imprenditore sia adeguato. Le società con poche migliaia di euro di patrimonio netto non possono essere il traino del-

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«La mutazione radicale del contesto competitivo è già in atto. Assistiamo a un’elevata dispersione delle performance tra imprese di consulenza che in un certo senso assecondano tale cambiamento di scenario e altre che non lo fanno. Così il mercato della consulenza risulta polarizzato tra “winner”, con ricavi in continua crescita, e “looser”, ovvero imprese in seria difficoltà, (il 25% degli operatori), con ricavi in costante calo negli ultimi tre anni. Dunque, occorre guardare al futuro con visione e strategie nuove. Come Assoconsult, crediamo che la crescita dimensionale deve essere l’obiettivo di tutte le società di consulenza ma questo risultato è strettamente connesso, oltre che alla capacità di innovazione e organizzazione, alla presenza sui mercati esteri. Aggregazione e internazionalizzazione sono strategici per rispondere alla nuova domanda». Nel mercato che riguarda la compliance, certificazioni di sistema e di prodotto, il risk management, qual è il ruolo di Confindustria Assoconsult?

«Il sistema delle certificazioni è in crisi ed è calata la sua credibilità. Confindustria Assoconsult lavora a favore del rigore di tutti gli operatori, per esempio sollecitando il rafforzamento delle regole a contrasto dei conflitti di interesse tra enti di certificazione e società di consulenza. Per Confindustria Assoconsult è importante garantire l’imparzialità del processo di certificazione. Questo è il caposaldo per un buon livello di fiducia negli enti di certificazione da parte delle istituzioni, dei clienti e di chi eroga i servizi per l’ottenimento della certificazione, non solo da parte dei nostri associati. Per questo abbiamo aperto un confronto in Accredia e riacquisito un ruolo riconosciuto all’interno del sistema di accreditamento e di certificazione». NMM

lo sviluppo. Da ultimo, i commercialisti devono aiutare i propri clienti a comprendere che le banche non sono i soli possibili finanziatori esterni dell’impresa. Pensiamo ai minibond, uno strumento rimasto sostanzialmente nel cassetto dal 2012 a oggi (30 emissioni per 3 miliardi di euro), che potrebbe riguardare una platea di imprese comprese – a seconda della stima – tra 1.400 e 31.000 unità. Insomma, da questa crisi non si esce guardando indietro, ma guardando avanti verso ogni nuova opportunità».



PROPRIETÀ INTELLETTUALE

Nuove tutele per i nomi in internet Il settore della proprietà intellettuale sta per essere profondamente rivoluzionato dall’introduzione di nuovi domini generici, evoluzione voluta dall’Icann. Claudia Strola fa un quadro della situazione Emanuela Caruso

La dottoressa Claudia Strola, responsabile della Mcr Ricerche Srl di Milano www.mcr-ricerche.com

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opo svariati anni di discussioni e annunci mai concretizzati, finalmente nel 2012 l’Icann – Internet Corporation for Assigned Names and Numbers – ha lanciato i nuovi gTLD, ovvero i nuovi domini generici di primo livello, determinando così un enorme ampliamento delle possibilità di tutela dei nomi in internet. Nel giugno dell’anno scorso, l’Icann ha reso noto l’elenco delle 1930 domande di registrazione, per un totale di circa 1400 nuovi domini di primo livello – alcuni anche in caratteri non latini – di cui circa 650 fanno riferimento a marchi registrati, e ha fatto sapere che le nuove estensioni di dominio saranno probabilmente pubblicate a breve. Per comprendere appieno la portata di questa rilevante evoluzione del settore interviene la dottoressa Claudia Strola, responsabile della società milanese Mcr Ricerche, specializzata nel campo delle informazioni e dei controlli sulla proprietà intellettuale. «Per capire davvero la rivoluzione in atto, bisogna prima ricordare che i domini di primo livello costituiscono la parte del nome di dominio che si trova a destra del punto e che attualmente esistono 22 domini generici di primo livello – per esempio .com o .net – e circa 250 domini nazionali di primo livello – come .it. L’introduzione dei nuovi gTLD darà, invece, la

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Claudia Strola

possibilità alle aziende di utilizzare i propri marchi e nomi quali domini di primo livello – per esempio .fiat o .loreal. Si passerà quindi dalle attuali categorie generiche a categorie di brand o di genere; e si prevede che nei prossimi tre anni saranno presumibilmente lanciati oltre 700 nuovi domini. Per il momento regole e dettagli procedurali non sono ancora noti, ma la data del lancio vero e proprio si sta avvicinando sempre di più». Nello specifico, a quali categorie corrisponderanno i nuovi domini? «Principalmente a quattro categorie. La prima è quella dei marchi, che i titolari potranno tutelare anche come gTLD – per esempio .wolkswagen. Poi c’è quella delle comunità, cioè organizzazioni con fini e intenti comuni potranno promuovere le proprie attività sotto il cappello comune del dominio – per esempio .dentists. La terza categoria è la località geografica, in quanto i gTLD relativi a città e regioni potranno raccogliere informazioni e servizi – .london o .tokyo. Infine, la categoria dei termini generici: in questo caso, aziende particolarmente innovative potranno cercare nuove opportunità di busi-

Grazie all’espansione di internet e all’introduzione dei gTLD, nei prossimi tre anni saranno registrati oltre 700 nuovi domini di primo livello

ness oppure rafforzare la presenza online – .sports o .fashion». Per un’azienda, qual è il vero vantaggio portato dalla concessione di un nuovo gTLD? «Un’organizzazione a cui viene concesso un gTLD ne diventa il gestore esclusivo, e ogni altra azienda potenzialmente interessata all’utilizzo di quel gTLD per la registrazione di un dominio dovrà per forza rivolgersi a essa. Ciò significa che il gestore detiene un enorme potere, in quanto potrà decidere di impiegare il nuovo gTLD solo al proprio interno oppure di aprire il dominio anche all’esterno e a chiunque abbia necessità di far parte di una comunità». Questa evoluzione del settore, però, porta con sé anche una notevole fonte di rischio. In che modo? ❯❯ LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 131


PROPRIETÀ INTELLETTUALE

❯❯ «L’espansione rappresenterà una sfida e marchi dovranno prevedere anche delle regiun’opportunità importantissime per chi saprà sfruttare appieno le potenzialità offerte per rafforzare la presenza online del proprio marchio, ma sarà anche possibile fonte di cybersquatting, fenomeno per il quale domini corrispondenti a marchi famosi vengono depositati da terzi al fine sia di deviare il traffico online sia di rivendere a un prezzo molto alto il dominio ai titolari di diritto. Per i titolari di marchi sarà indispensabile tenere monitorato tanto il panorama delle nuove registrazioni mediante i servizi offerti da società come la nostra quanto il contenuto di tali siti, in modo da rintracciare informazioni o vendite fraudolente e cercare di ottenere la loro chiusura. Inoltre, i titolari di

Le aziende dovranno rivolgersi a esperti dell’IP per riuscire ad affrontare il cambiamento, a tutelarsi da usi fraudolenti dei gTLD e ad aumentare l’importanza dei propri marchi

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strazioni difensive, ovvero effettuate per evitare che terzi depositino i loro domini. Attualmente, per marchi molto noti, la percentuale delle registrazioni difensive può arrivare fino al 90 percento del proprio portafoglio di domini, ma dato il costo proibitivo dei nuovi gTLD, tali registrazioni difensive dovranno essere riviste». In che modo voi professionisti della proprietà intellettuale potrete aiutare le aziende nel non incappare in questi rischi? «Noi, come qualsiasi altra impresa simile alla Mcr Ricerche, avremo il dovere di comprendere appieno l’impatto che questa espansione avrà sui marchi dei nostri clienti e, di conseguenza, avremo il compito di stimolare le aziende a rivedere le loro politiche di protezione dei marchi e di gestione dei loro domini, in quanto l’espansione della fama di un dominio può rappresentare una nuova opportunità di business estremamente interessante per il marchio corrispondente. Sempre a carico nostro, sarà anche la consulenza e l’assistenza in caso di contestazioni, così da guidare il cliente verso le metodologie di risoluzione più consone alla sua specifica situazione». Al fine di arginare i rischi che l’espansione dei domini potrebbe comportare, l’Icann ha sviluppato una serie di strumenti a tutela dei titolari di marchi registrati, quali nello specifico? «Il Trademarks Clearinghouse è un grande database dove i titolari di marchi possono registrare i dati dei propri marchi, così da poter essere consultati in caso di presentazione di una nuova domanda di dominio da parte di terzi. Se questo si verifica, infatti, i titolari dei marchi vengono tempestivamente informati da parte del servizio Trademark Claims e per un periodo di circa un mese hanno il diritto di prelazione sulla registrazione del pro-


Claudia Strola

La consulenza a servizio della proprietà intellettuale Da quasi quindici anni, Mcr Ricerche Srl opera a livello internazionale nel campo della consulenza in materia di nomi a dominio, della ricerca di informazioni e dei controlli su tutti i diritti di proprietà intellettuale. Tra la vasta gamma di servizi offerti al bacino d’utenza troviamo: ricerche di anteriorità, ovvero il primo passo da compiere prima di depositare un marchio, un brevetto, un modello o un nome a dominio, per verificare l’originalità di un’idea; sorveglianze, per monitorare e proteggere gli asset IP; consulenza a 360 gradi dalla registrazione del nome a dominio fino all’eventuale contenzioso arbitrale; investigazioni sui competitor, con l’obiettivo di capire come posizionare con successo il proprio IP; e attività di due diligence, il cui scopo è analizzare una società al centro di interesse d’acquisto e valutare il quadro completo degli asset di proprietà intellettuale.

prio marchio quale nome a dominio. Comunque, in caso di presentazione di una domanda di registrazione di un dominio corrispondente a un proprio marchio, a seguito della pubblicazione di tale domanda (circa un mese dopo la presentazione) è possibile intentare una risoluzione della controversia. A questo punto entra in gioco un altro servizio messo a disposizione dell’Icann, l’Uniform Rapid Suspension, il cui obiettivo è quello di risolvere in modo veloce ed economico le controversie. L’Urs prevede che in caso di contestazione, i domini vengano sospesi e poi rilasciati per essere nuovamente registrati. Infine, è stato previsto anche uno strumento per evitare violazioni e pressioni da parte delle aziende gestori di nuovi gTLD. Si chiama Pddrp – Post-Delegation Dispute Re-

solution Procedure – e consente di presentare reclami contro gestori che abbiano agito in malafede, per esempio incoraggiando e spingendo una registrazione sistematica di domini con il proprio gTLD al fine esclusivo di trarne profitto». In conclusione, quale consiglio può dare a chi è interessato a registrare un marchio o un nome a dominio? «A tali persone o aziende posso dire che occorre essere preparati a questa dilatazione dello spazio internet, capirne le dinamiche e gestire di conseguenza i propri marchi e domini. È necessario essere sempre pronti ad agire tempestivamente, sapersi focalizzare sulle grandi minacce piuttosto che sulle piccole violazioni, e tenere monitorati in maniera costante anche i social media, che possono trasformarsi in un bacino perfetto di usi fraudolenti di marchi e domini. In altre parole, è indispensabile affrontare questa rivoluzione del settore avvalendosi dell’aiuto di consulenti esperti, solo così sarà possibile far fronte in modo vincente alla miriade di sfaccettature, opportunità e sfide che l’espansione di internet porterà con sé». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 133


PROPRIETÀ INDUSTRIALE

Il futuro del diritto industriale Modelli di protezione, soluzioni di enforcement duttili e adatte alle esigenze di ciascuna realtà produttiva. Leonardo Jaumann analizza le rivoluzioni attese in tema di proprietà industriale Emanuela Caruso

el settore del diritto industriale sta per realizzarsi una delle rivoluzioni più attese degli ultimi tempi. Se nel 1996, infatti, si è potuto depositare il primo marchio comunitario della storia, ossia un marchio che in un solo deposito fosse valido in tutto il territorio dell’Unione Europea, presto si potrà fare la stessa cosa per i brevetti d’invenzione. A spiegare i dettagli di questa importante evoluzione è l’avvocato Leonardo Jaumann, titolare dello Studio Brevetti Jaumann, che da oltre settant’anni fornisce servizi per la protezione dei diritti di proprietà industriale e per la gestione e la difesa giudiziale e stragiudiziale dell’intero patrimonio IP. «Fino agli anni 90 la protezione IP era devoluta a singole registrazioni nazionali o a strumenti di registrazione quali il marchio internazionale, in ogni caso a un fascio di marchi nazionali poi riuniti in un unico attestato. Con l’introduzione del marchio comunitario si è invertita la rotta e si è reso coeso il comparto IP europeo. Ebbene, eccezion fatta per Italia e Spagna, a breve sarà possibile ottenere anche un titolo brevettuale unico, valido ed efficace in tutta l’Unione Europea. L’impatto e le conseguenze che questa profonda rivoluzione porterà con sé sono ancora poco chiari, è troppo presto per fare pronostici concreti, soprattutto considerando che non si sa come reagiranno i vari comparti dell’industria; ma è certo che sarà un ulteriore passo avanti per il nostro particolare settore». L’avvocato Jaumann fa presente però che l’introduzione di un titolo brevettuale unico non placherà del tutto il bisogno di rivoluzione

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del comparto IP, poiché sono ancora molte le cose che si potrebbero migliorare, evolvere e innovare. «L’IP è formato da due importanti aree: i brevetti e i marchi. Proprio in merito ai marchi, è indispensabile riflettere con attenzione a proposito dei metodi di difesa della proprietà industriale. Nel diritto industriale a essere realmente in gioco sono degli interessi commerciali, quindi, sì, è necessario rivolgersi a un legale per proteggere i propri diritti, ma non è però detto che una decisione resa in giudizio riesca poi a soddisfare ap-


Leonardo Jaumann

Lo Studio Brevetti Jaumann si trova a Milano www.jaupatents.com

pieno le esigenze delle parti coinvolti. Ecco perché siamo convinti che bisognerebbe rivoluzionare il comparto introducendo uno strumento per nulla sfruttato nell’ambito della proprietà industriale: la mediazione». Ma in che modo la mediazione potrebbe rivelarsi lo strumento più adatto per risolvere dispute in modo concreto e più economico? «Nel corso della mediazione – precisa l’avvocato Jaumann – le parti si incontrano in presenza di una terza persona neutrale e imparziale, la quale facilita il confronto e la comunicazione, promuovendo la conclusione di un accordo il più vantaggioso possibile. Con questo tipo di procedura, che ha costi e tempi molto più ridotti rispetto a una causa in sede giudiziaria, le parti discutono le ragioni alla base della controversia e, grazie alle tecniche applicate del mediatore, vengono esplorati i rispettivi interessi e bisogni, anche di natura commerciale. Così facendo è quindi possibile uscire dai confini del contenzioso inizialmente insorto, vagliare tutte le soluzioni possibili e raggiungere un accordo che sia soddisfacente per entrambe le parti – elemento base della formula “win-win”, ovvero l’esatto contrario del modello “winlose” utilizzato nei conten-

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Parlando della registrazione di marchi, è necessario che la mediazione diventi il metodo base per la difesa della proprietà industriale

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ziosi giudiziali. In altre parole, attraverso la mediazione, le parti in gioco si riappropriano del loro potere decisionale, dando vita ad accordi che, secondo le statistiche, assicurano un alto tasso di ottemperanza spontanea, riducendo così il rischio di recidiva, fino a escluderlo completamente». Per assistere i clienti lo Studio Brevetti Jaumann propone anche servizi di sorveglianza, ricerche di anteriorità, registrazioni di nomi a dominio, indicazioni geografiche e marchi collettivi, e annotazioni di trascrizioni e licenze. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 135




CONSULENZA

Comunicare in azienda Una buona comunicazione interna a supporto della qualità dei servizi. Erika Leonardi evidenzia l‘importanza del passaggio di informazioni per migliorare la competitività e creare un sereno clima lavorativo Luca Càvera

n azienda si lavora sempre in gruppo. Per progetti temporanei o per processi costanti nel tempo. Ciò comporta considerazioni determinanti a livello di gestione d’impresa. Significa fondamentalmente che non basta che ogni persona sia competente nel proprio campo, deve anche essere in grado di gestire in modo ottimale e sereno le relazioni con gli altri. Queste relazioni si basano fondamentalmente su una comunicazione interna fluida e chiara. A parlarne è Erika Leonardi, consulente, formatore, esperta di gestione dei servizi e di gestione dell’organizzazione aziendale e autrice di saggi e articoli sul tema dello sviluppo manageriale. Suoi i volumi “Disegnare i Processi” (Franco Angeli); “Guida

I Erika Leonardi, consulente, formatore, esperta di gestione dei servizi e di gestione dell’organizzazione aziendale e scrittrice www.erikaleonardi.it

alla Gestione del Servizio” e “Azienda in Jazz” (Sole 24 Ore). «Quando la comunicazione interna non funziona, nasce uno stato di confusione che compromette il rispetto degli impegni con il cliente e genera stress». Quali sono i campanelli di allarme? «Lavorare sempre in emergenza, non sapere a chi chiedere, a chi consegnare il proprio lavoro, non aver chiara la finalità del proprio agire, dover continuamente chiedere ad altri, essere perennemente in ritardo, rincorrere il tempo. Invece, quando la comunicazione interna funziona, ogni persona trova nelle relazioni all’interno del gruppo la fonte della propria valorizzazione. Dunque il suo sapere e saper fare si realizzano se


Erika Leonardi

nel gruppo c’è chiarezza di ruoli, compiti e condivisione dell’obiettivo». Quali sono gli atteggiamenti più errati, quelli da evitare, che ostacolano la comunicazione? «Pensare solo a se stessi e che gli altri abbiano la stessa visione, non interrogarsi sulle proprie capacità di comunicazione. Si sottovaluta il fatto che comunicare è, semplicemente, farsi capire. Spesso si dà per scontato di essere stati chiari, dando la responsabilità dell’insuccesso della comunicazione agli altri. E raramente si verifica se l’altro ha capito quello che volevamo dire». Come guidare le persone verso una buona comunicazione interna? «Coltivare lo spirito di gruppo va oltre la sfera meramente tecnica. Occorre intervenire anche su comportamenti e atteggiamenti. Significa superare il timore del cambiamento. A questo serve l’uso della metafora: far vedere attraverso una diversa lente il proprio contesto, per scoprire nuove modalità. Un esempio è Azienda in Jazz: un incontro-spettacolo in cui, accompagnata da una jazz band dal vivo, propongo i temi manageriali, invitando le persone a osservare i comportamenti dei musicisti e guidandole a vivere il gruppo in chiave costruttiva. Riesco così a far cogliere l’importanza e il valore dell’appartenenza al gruppo». Esistono altre metafore applicabili? «Un’altra ha origine dalla fotografia. Uno scenario può avere diverse interpretazioni in relazione a ciò che viene messo a fuoco e ingrandito. Analogamente nel gruppo. Per lavorare bene è cruciale che tutti abbiano la stessa visione del processo: differenze di messe a fuoco fanno naufragare il gruppo. Affinché tutte le persone coinvolte in un gruppo di lavoro o di processo abbiano la stessa visione dell’obiettivo e dei rispettivi ruoli, uso un mio metodo, Zoom Up, che guida le persone a raccontare e disegnare il passaggio di informazioni, dando evidenza delle relazioni fra le persone e del doppio ruolo cliente interno e fornitore interno». Quale influenza sta avendo la crisi sul modo

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Invito le persone a osservare i comportamenti dei musicisti guidandole a vivere il gruppo in chiave costruttiva

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in cui le aziende affrontano questa tematica? «Le aziende che hanno capito che la riduzione degli ordini lascia del tempo “libero” che può essere investito per migliorare l’organizzazione interna, si trovano avvantaggiate e più pronte a rispondere agli stimoli esterni. È come dire: convertire un problema in opportunità. Con meno lavoro verso il cliente, c’è tempo per fare ordine interno, ridurre i tempi dei processi, migliorare e arricchire l’offerta. Significa investire in competitività. Significa anche decidere se patire o piuttosto intervenire. Prendo in prestito le parole di E.E. Schmitt: “Un uomo è il prodotto di scelte e circostanze. Nessuno ha il potere sulle circostanze, ma tutti hanno il potere sulle proprie scelte”». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 139


MERCATI FINANZIARI

Più riforme e coordinamento «Il dibattito sui mercati finanziari è infarcito di luoghi comuni». Prova, allora, a fare un po’ di chiarezza Claudio Tebaldi, docente di teoria della finanza della Bocconi, che sottolinea l’importanza di un’educazione finanziaria adeguata a partire dalle aziende stesse Francesca Druidi l maxi risarcimento di 13 miliardi che JP Morgan ha patteggiato con il governo degli Stati Uniti per sanare le controversie legate alla crisi dei mutui subprime mette un punto alle trattative che la banca d’affari stava portando avanti con il Dipartimento di Giustizia americano. La crisi dei mutui scoppiata nel 2008, insieme al successivo fallimento di Lehman Brothers, rappresenta l’origine delle turbolenze che hanno modificato per sempre il volto dell’economia e della finanza mondiali, con ripercussioni evidenti sul nostro sistema Paese. Il professor Claudio Tebaldi analizza lo scenario italiano e internazionale alla luce di alcune parole chiave di questi anni: spread, derivati, Bce. All’inizio della crisi finanziaria internazionale veniva invocato un cambiamento dei paradigmi, auspicando un modello di intermediazione più regolamentato e ancorato all’economia reale. Ciò è realmente avvenuto? «I maxi risarcimenti non sono un’indicazione di

I Claudio Tebaldi, docente di teoria della finanza presso l’Università Bocconi di Milano

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vero cambiamento organizzativo, ma piuttosto di ammissione della colpa. Certamente, le sanzioni offrono una prima concreta risposta alla frustrazione dei cittadini che hanno subito le dolorose conseguenze della crisi. Il dibattito sul livello e sul tipo di regolamentazione ottimale per gli intermediari finanziari è complesso e spesso ideologizzato. Un aspetto di questo dibattito che mi sembra importante sottolineare riguarda la necessità di coordinare gli interventi a livello sovranazionale. I mercati finanziari sono globalizzati e iniziative unilaterali dei governi nazionali, per quanto meritorie, possono essere facilmente aggirate e potenzialmente dannose per i promotori». Quali tendenze sta seguendo la finanza a livello mondiale? «Il settore finanziario cresce più velocemente di quanto cresca l’economia nel suo insieme. Inoltre, si assiste all’accentramento delle attività in un numero limitato di piazze finanziarie. Questo fatto crea un ulteriore ostacolo alla regolamentazione. Per esempio, a livello europeo non è un


Claudio Tebaldi

Si assiste all’accentramento delle attività in un numero limitato di piazze finanziarie: un ulteriore ostacolo alla regolamentazione

caso che molto spesso la più fiera oppositrice alle riforme risulti essere proprio la Gran Bretagna. Comprensibilmente, la “protezione” della piazza londinese è questione strategica per il sistema economico inglese». Il presidente della Commissione europea Barroso ha dichiarato che il differenziale tra i tassi di rendimento dei titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è dovuto all’instabilità politica del nostro Paese. Come valuta questa affermazione? Da quali fattori dipende concretamente lo spread? «Gli indicatori finanziari, incluso lo spread, offrono un’informazione su come il nostro Paese viene valutato dagli investitori internazionali. Le loro valutazioni includono aspettative sul breve e sul lungo periodo riguardanti il merito creditizio dell’emittente e le condizioni di liquidità dei mercati. Il repentino rialzo dello spread e il picco raggiunto nel novembre 2011 riflettevano i timori degli investitori sulla solvibilità dell’Italia nel breve periodo e sulla

tenuta della moneta unica. L’azione di consolidamento fiscale del Governo Monti e le operazioni di rifinanziamento della Bce di Mario Draghi hanno fugato questi dubbi di breve periodo al prezzo di sacrifici per cittadini e imprese. Purtroppo, restano i problemi di lungo periodo». Tuttora non risolti. «Per fare un’analogia, l’Italia è uscita dal pronto soccorso, ma la malattia che ci ha portato all’ospedale deve ancora essere curata. L’indicatore di questa malattia è il basso tasso di crescita economica che persiste da qualche decennio. Purtroppo, i medici che dovrebbero curare questa malattia - governo e Parlamento - sono intrappolati in una logica bizantina di regole non sempre trasparenti e certamente inefficaci nel promuovere riforme radicali utili a risolvere i problemi di lungo periodo. Agli occhi europei, questa è una delle principali ragioni della crisi e dello spread. Come dargli torto?». Ai derivati sono state imputate le maggiori responsabilità per lo scoppio della crisi in-

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MERCATI FINANZIARI

In Italia il sistema bancario ha esercitato, nel bene e nel male, una funzione di supplenza anche in termini di competenze finanziarie

ternazionale, ma il ruolo di questi strumenti

non si è contratto. Qual è oggi il quadro? «Il dibattito sui mercati finanziari è infarcito di luoghi comuni e spesso l’attacco ai derivati è un buon argomento per raccogliere facili consensi. Spesso si dimentica che gli strumenti finanziari, inclusi i derivati, sono concepiti per promuovere gli investimenti e rendere più efficace la gestione dei rischi. Possono, dunque, migliorare le condizioni di vita dei cittadini e l’operatività delle imprese. È chiaro che, alla pari di ogni altra tecnologia, anche la “tecnologia finanziaria” va regolata per evitare abusi e malversazioni. Tuttavia, vi è un aspetto non meno inquietante delle truffe». Quale? «Molto spesso all’origine dei problemi con i derivati vi è stato un utilizzo improprio. È statisticamente documentato che gli individui compiono scelte finanziarie cruciali per il benessere loro e delle loro imprese in modo avventato o delegandole a improvvisati consulenti dalle dubbie competenze. Questo comportamento è noto a livello internazio-

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nale come “financial illiteracy problem”. In Italia il sistema bancario ha esercitato, nel bene e nel male, una funzione di supplenza anche in termini di competenze finanziarie. Date le condizioni della finanza pubblica e del sistema bancario, la situazione è inevitabilmente destinata a cambiare. Le imprese dovranno dotarsi di risorse proprie per provvedere in modo professionale alla gestione e al reperimento dei capitali direttamente sui mercati finanziari». Come il taglio del costo della Bce va a mutare lo scenario dei mercati finanziari in Europa e in Italia? «La Bce sta affrontando una situazione molto complicata. Come Mario Draghi ha spiegato più volte, le decisioni di politica monetaria hanno un effetto disomogeneo sulle economie dei paesi dell’area euro e perdono di efficacia a causa del rallentamento nel processo di integrazione politico ed economico. La recente riduzione dei tassi mira ad allontanare i rischi di deflazione che si manifestano nelle aree periferiche nel breve periodo. Non è ovvio che la cura abbia successo. La medicina di lungo periodo richiede, ancora una volta, l’applicazione di riforme politiche, affiancata a una migliore coordinazione e collaborazione tra le nazioni europee. In questo caso, le responsabilità dei paesi virtuosi sono forse superiori a quelle dei paesi cosiddetti “cicala”».


Fabio Pioli

Saper scegliere gli investimenti giusti Si afferma sempre più la necessità di costruire portafogli di investimento in grado di affrontare le sfide di mercati volatili tenendo conto del profilo del cliente. L’esperienza e l’analisi di Fabio Pioli, trader professionista Francesca Druidi

l mercato finanziario offre oggi numerosi servizi e prodotti, ma è importante saper scegliere. «Gli aspetti principali da definire nella selezione di un investimento sono due: il rischio e il rendimento atteso» spiega Fabio Pioli, trader e titolare di Cfi (Consulenza finanziaria indipendente). Nei mercati finanziari, la regola vuole che a un maggior fattore di rischio corrisponda un maggior rendimento - sotto forma di cedola o di incremento di valore - dell’investimento stesso. «Il risparmiatore deve innanzitutto capire che tipo di investitore è, ponendosi alcune domande ben precise». Quali sono, nello specifico, gli elementi da considerare per capire cosa si vorrebbe ottenere dal proprio investimento? «Il risparmiatore è disposto a esporsi a maggiori oscillazioni del suo capitale di partenza, a fronte di un rendimento maggiore, oppure preferisce stare tranquillo e vedere le proprie disponibilità crescere meno, però in maniera più costante (rischio volatilità)? È disposto a investire una parte del patrimonio in società o paesi con un rating basso a fronte di un rendimento maggiore, oppure preferisce dare fiducia a società o paesi la cui condizione finanziaria è ritenuta migliore, ottenendo però un rendi-

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mento minore (rischio di credito)? Il risparmiatore deve, inoltre, capire se è pronto a impegnare il proprio capitale per lungo tempo, con l’obiettivo di fruire di un maggior rendimento, oppure se necessita di soldi a breve termine (rischio fattore tempo); e se è disposto a investire su strumenti finanziari meno liquidi, sapendo che se ne avesse bisogno urgentemente incorrerebbe in una probabile riduzione del rendimento (rischio liquidità)». Un aspetto che molti prendono in considerazione è quello di differenziare gli investimenti in Fabio Pioli, trader e titolare di Cfi più strumenti finanziari. (Consulenza finanziaria «Sì, il risparmiatore deve de- indipendente) cidere se imboccare questa strada, rischiando però di appiattirne il rendimento totale, oppure selezionare un numero inferiore di opportunità in vista di un rendi- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 145


MERCATI FINANZIARI

BTP ITALIA, RACCOLTA RECORD OLTRE I 22 MILIARDI i è concluso alle ore 14 dello scorso 6 novembre con modalità di chiusura anticipata decisa dal Tesoro - il periodo di collocamento del quinto Btp Italia sul Mot (Mercato retail delle obbligazioni e dei titoli di Stato di Borsa Italiana) iniziato il 5 novembre. Il Btp, primo titolo di Stato indicizzato all’inflazione italiana con cedole semestrali e durata quadriennale, rivolto in maniera specifica alle esigenze del pubblico dei risparmiatori e degli investitori retail, è giunto alla sua quinta emissione, facendo registrare numeri record in Europa per collocamento diretto sul pubblico retail e per contratti e controvalore nella sola giornata del 5 novembre sul Mot. Il successo dell’iniziativa si è, infatti, tradotto in una raccolta pari a 22,27 miliardi di euro (a ottobre 2012 erano stati 18 i miliardi) e in 299.588 contratti totali nel periodo di distribuzione. Per il nuovo titolo, che ha godimento dal 12 novembre 2013 e scadenza 12 novembre 2017, il ministero dell’Economia e delle Finanze (Dipartimento del Tesoro) ha fissato il tasso cedolare (reale) annuo definitivo pari al 2,15 per cento, pagato in due cedole semestrali. Dal 12 novembre, il titolo è negoziabile sul Mot come tutti gli altri titoli di Stato. In base alle informazioni raccolte dai dealer e dai codealer dell’operazione (Monte dei Paschi di Siena Capital Services Banca per le Imprese e Bnp Paribas, oltre ad altri operatori aderenti al Mot), è emersa un’ampia partecipazione di clienti retail con una presenza bilanciata di investitori individuali e private banking. Come nelle ultime due precedenti emissioni, non sono mancati gli investitori istituzionali, anche esteri, quantificabili in misura non inferiore all’8 per cento del totale emesso. «Le caratteristiche di efficienza e liquidità del Mot, la sua distribuzione capillare presso gli intermediari tradizionali e online e l’innovativa modalità di distribuzione scelta dal Tesoro, sono alcuni dei principali fattori che hanno contribuito allo straordinario successo di questa quinta emissione del Btp Italia», ha dichiarato Pietro Poletto, responsabile per i mercati obbligazionari di Borsa Italiana. Di fronte al successo dei Btp Italia, il ministero dell’Economia e delle Finanze potrebbe tagliare le aste previste entro la fine del 2013. Maria Cannata, responsabile del Tesoro per la gestione del debito pubblico, ha inoltre ipotizzato l’opportunità di rivedere la dimensione dei Btp, separando investitori istituzionali e retail.

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mento superiore. Il risparmiatore deve, in-

fine, domandarsi se è disposto a investire in valuta estera per beneficiare di un possibile apprezzamento, sopportando un’eventuale oscillazione del cambio (rischio di cambio). Una volta chiariti questi punti, è bene confrontarsi con il mercato per selezionare quegli strumenti finanziari che corrispondano alle preferenze». Ma in che modo si può diversificare il portafoglio dei propri investimenti? «Diversificare è un ottimo consiglio al fine di abbassare il rischio di un portafoglio finanziario. Occorre però raggiungere un giusto equilibrio e agire con criterio perché, se la differenziazione fino a un certo punto abbassa il rischio, un eccessivo numero di titoli in portafoglio aumenta poi i costi e può abbassare il rendimento medio. Il criterio che personalmente utilizzo è quello di partire da una strategia di investimento che tenga conto degli scenari futuri e delle opportunità esistenti. Non attuo, quindi, una differenziazione generalizzata, cioè prendere un po’ di tutto, ma parto da più strategie (di paese, di settore, di mercato o altre) per trovare all’interno di ognuna di esse quanto di meglio il settore, il mercato o il paese ha da offrire». In base alla sua esperienza di consulente, su quali prodotti finanziari si sono concentrate le preferenze dei risparmiatori italiani? «Mediamente il risparmiatore conosce bene i

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Fabio Pioli

titoli di Stato italiani ed è lì che ha puntato nel momento in cui il Paese era sotto pressione e il prezzo dei titoli invitante. Non so se nel lungo periodo abbia fatto bene, ma di sicuro le circostanze hanno dimostrato che la scelta di fiducia ha pagato nel breve termine. Un altro tipo di risparmiatore italiano ha, invece, effettuato una scelta opposta, investendo in paesi extra-Ue e spesso in valuta diversa dall’euro. Anche in questo caso la scelta ha generalmente pagato, quindi, possiamo dire che la partita tra scettici e ottimisti è per ora finita in parità». Dove secondo lei si potrà investire in maniera intelligente nel 2014? «Attualmente, e anche in previsione dell’anno prossimo, lo scenario prevede una grossa liquidità a livello mondiale, che finora si è riversata quasi in maniera indifferenziata sulla quasi totalità delle opportunità di investimento (borse mondiali sui massimi, grossa domanda di oro, obbligazioni dei paesi emergenti). Ultimamente però le cose stanno un po’ cambiando a causa dei timori sul rallentamento della politica monetaria mondiale espansiva. Occorre, perciò, in questa fase affrontare un attento processo di selezione per trovare cosa è passato inosservato a questo flusso mondiale di liquidità, qualcosa che sia in grado di offrire rendimenti apprezzabili mantenendo al contempo una certa affidabilità di credito e stabilità. Parlando di settori e

Il risparmiatore deve innanzitutto capire che tipo di investitore è, ponendosi alcune domande ben precise

mercati, mentre preferisco evitare quello immobiliare e quelli automobilistici e delle telecomunicazioni, perché troppo maturi, sto al momento ponendo attenzione alle materie prime, necessarie in un processo produttivo mondiale comunque in crescita. Tengo, inoltre, d’occhio l’inflazione (e le obbligazioni legate all’inflazione) che, in un contesto di grande liquidità, è una possibilità da non trascurare, nonostante l’attuale stasi dovuta a un’economia occidentale “fredda”».

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EDILIZIA

L’edilizia sceglie la trasparenza Le aziende edili continuano a chiudere e i fallimenti toccano cifre record. Ma uno dei fenomeni al quale prestare attenzione, secondo il presidente di Assimpredil Ance, Claudio De Albertis, è la correlazione che si può creare tra infiltrazione mafiosa e recessione economica Renata Gualtieri

econdo i dati forniti da Cerved Group, nei primi nove mesi del 2013 i fallimenti delle aziende sono stati 9.902, in aumento del 12 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012, il livello massimo osservato da più di un decennio nel periodo gennaio-settembre. Tra i settori più colpiti, ci sono le industrie dei servizi, con un aumento dei fallimenti del 14 per cento, della manifattura (+11 per cento) e quelle delle costruzioni, che hanno registrato un +9,7 per cento. L’aumento dei fallimenti interessa tutto il Paese, ma è la Lombardia a detenerne il primato: 2.250 nei primi nove mesi, con un aumento del 13 per cento. Il presidente di Assimpredil Ance, Claudio De Albertis, confermando come il settore delle costruzioni nelle province di Milano, Monza e Lodi, sia stato aggredito molto duramente dalla crisi e abbia perso centinaia di imprese e migliaia di posti di lavoro, sottolinea la pericolosa correlazione che esiste tra infiltrazione mafiosa e l’attuale fase di recessione economica. «Se l’economia legale registra una drastica contrazione dei finanziamenti -

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spiega - quella illegale può contare su una permanente, enorme, illimitata liquidità finanziaria. Il pericolo dell’usura è in agguato, rappresenta il veicolo che innesta relazioni pericolose». La mafia, però, non deve essere combattuta solo con provvedimenti interdittivi: vanno ricreate quelle condizioni di legalità e di trasparenza che consentano alle imprese di operare in un tessuto sano, nel quale sono rispettate da parte di tutti gli attori le regole del gioco.

«I comportamenti virtuosi vanno favoriti e in questo senso non opera certo la stretta creditizia perseguita tenacemente e inopinatamente dalle banche, che mette in ginocchio le imprese spingendole verso pericolosi finanziatori» continua De Albertis. A Milano l’edilizia sceglie la trasparenza. La proposta di Assimpredil Ance è quella di un “Accordo volontario di trasparenza responsabile” cui possono aderire le imprese


Claudio De Albertis

Al momento la criminalità è interessata, più che alle imprese e agli appalti principali, a taluni precisi subcontratti: i movimenti terra, lo smaltimento di rifiuti, le discariche, le cave

edili. Che strumento rappresenta, con quale obiettivo nasce e cosa garantisce a chi si rivolgerà alle imprese iscritte a tale elenco? «È una nuova iniziativa promossa da Assimpredil Ance rivolta alle imprese che applicano il contratto dell’edilizia. Creeremo un elenco di imprese che si impegnano a rispettare alcune regole di trasparenza connesse al lavoro e alla gestione delle commesse e degli appalti. Vigileremo sul rispetto di tali regole

attraverso una costante azione di controllo da parte dei nostri enti bilaterali e renderemo pubbliche le informazioni. L’elenco nascerà da una scelta volontaria di adesione da parte della singola impresa, che l’Assimpredil, attraverso un collegio di garanzia, monitorerà costantemente. Spero che il mercato sappia premiare questo nostro impegno e che ciò serva a gettare le basi per un percorso di qualificazione del settore che da anni stiamo chiedendo al governo,

alla Regione e ai Comuni». In collaborazione con l’Università Bocconi, avete promosso l’indagine “L’espansione della criminalità organizzata nell’attività d’impresa al Nord”. Tra i dati emersi, quali considera più preoccupanti? «Un’efficace azione contro i tentativi d’infiltrazione ma- Claudio De Albertis, fiosa presuppone la cono- presidente di Assimpredil Ance scenza e la circolazione delle informazioni riguardanti tale fenomeno. Studiare e capire come si espande la criminalità organizzata è un passaggio primario per consentire strategie di difesa da parte dei sistemi economici, ma non è sufficiente. La difesa dalle aggressioni delle organizzazioni di tipo mafioso passa anche attraverso l’azione degli operatori economici sani, che possono proteggersi solo avendo precisa conoscenza dei soggetti con i quali intrattengono relazioni economiche. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 151


EDILIZIA

Per questa ragione Assimpredil Ance ha posto in essere diverse azioni concrete, tra le quali la partecipazione all’indagine coordinata dall’Università Bocconi. L’indagine, peraltro, non è conclusa. È comunque preoccupante la conferma che il mondo imprenditoriale è oggetto di attenzione da parte della criminalità organizzata. La ricerca conferma, però, che le azioni che abbiamo posto in essere sono quanto più opportune». Circa il 17 per cento degli indagati negli ultimi 10 anni sono imprenditori e uno dei settori dove ci sono più infiltrazioni mafiose è quello edile. Come è possibile prevenire un fenomeno così in espansione? «Il termine edilizia è usato per indicare un comparto molto diversificato, ma certamente al momento la criminalità nelle nostre zone è interessata più che alle imprese e agli appalti principali a taluni precisi subcontratti: i movimenti terra, lo smaltimento di rifiuti, le discariche, le cave. Settori storicamente più a rischio non solo nel nostro territorio. L’attenzione è, quindi, alla prevenzione proprio nelle situazioni più attaccabili e a concreto rischio di un radicamento della criminalità organizzata parte proprio da alcune fasi della lavorazione di cantiere. Abbiamo, di conseguenza, allertato le nostre imprese sull’opportunità di effettuare efficaci controlli interni che consentano agli imprenditori di selezionare il più possibile i propri subcontraenti». 152 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

LA MORSA DELLE MAFIE SULL’IMPRESA all’indagine “L’espansione della criminalità organizzata in nuovi ambiti territoriali e le sue infiltrazioni nel sistema sociale e nell’attività d’impresa”, promossa dalla Camera di commercio, in collaborazione con Assimpredil Ance, il Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale e il Dipartimento di studi giuridici “Angelo Sraffa” e realizzata dal direttore del Credi Alberto Alessandri, emergono dati poco rassicuranti, specie in vista di Expo 2015. Tra tutte le indagini e condanne a Milano avvenute dal 2000 al 2012, relative all’articolo 416 bis del codice penale (riguardante le associazioni di tipo mafioso), l’84 per cento dei procedimenti in cui è coinvolta un’associazione mafiosa, riguarda la ‘Ndrangheta, il 7 per cento Cosa nostra, il 5 per cento la Sacra corona unita e il 2 per cento la Camorra. Tra le attività economiche maggiormente coinvolte troviamo l’edilizia con il 18 per cento, movimento terra 14 per cento, urbanizzazioni e smaltimento dei rifiuti 5 per cento. Di questi indagati il 17 per cento sono imprenditori, cioè 126 su 762. Nel 12,8 per cento dei casi il ruolo nell’associazione dell’imprenditore indagato per l’art. 416 bis è quello di organizzatore o promotore dell’attività criminosa.

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Assimpredil Ance ha, inoltre, varato un piano straordinario di azioni cosa prevede? «Il rafforzamento di quanto già previsto nel nostro statuto in termini di tutela della concorrenza leale, con la possibilità, in caso di trasgressione, di arrivare all’espulsione dell’impresa associata; più controllo per l’accesso all’associazione delle nuove imprese e un controllo aggiuntivo su

quelle già associate; la promozione presso le stazioni appaltanti di misure atte a rendere più efficace il controllo sull’operato delle imprese in fase esecutiva, destinando una quota del ribasso d’asta di ciascuna gara alla costituzione e incremento di un fondo destinato alla realizzazione di iniziative volte a migliorare la sicurezza e la legalità nei cantieri».



MERCATO IMMOBILIARE

Una città che cambia Il mercato immobiliare a Milano sembra aver trovato la strada giusta per innescare la scintilla della ripresa. Gli immobili di pregio del centro storico hanno ridestato l’interesse degli investitori stranieri Nicolò Mulas Marcello

e cinque anni fa il settore immobiliare è stato il primo a risentire della crisi economica, oggi la ripresa sembra venire proprio da questo mercato, in particolare da quello business, e nello specifico da Milano. Grazie ai prezzi più bassi e a una maggiore presenza di immobili di pregio, gli investitori esteri sembrano aver riscoperto il capoluogo lombardo. A dirlo è lo studio dal titolo “Il mercato degli immobili d’impresa a Milano”, messo a punto da Assolombarda e Camera di commercio di Milano (attraverso l’azienda speciale Osmi Borsa Immobiliare) in

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collaborazione con Fimaa Milano Monza & Brianza e Nomisma. A Milano il mercato degli immobili d’impresa sta attraversando una fase di grande trasformazione: la domanda è orientata verso una nuova gamma di servizi e la richiesta di immobili è sempre più rivolta a tipologie di elevata qualità e di pregio. Nonostante il livello degli investimenti del 2012 sia il più basso degli ultimi quattro anni, il peso degli investitori esteri aumenta. Infatti, nel 2012 sono stati il 13% del totale, percentuale doppia rispetto al 2009. Segnale questo di un cambiamento dei soggetti e delle competenze


I dati di Milano

operanti nel comparto e di una previsione di lizzazione di questi interventi mettono in luce ripresa del mercato nei prossimi anni. un’altra caratteristica di Milano: quella di inserire le attività produttive all’interno di tesREPRICING suti urbani multifunzionali, integrandole alle Secondo i dati dello studio, gli immobili reti dei servizi della città. «Negli ultimi mesi stanno attraversando una fase di repricing in gli investimenti internazionali nel real estate corso da qualche anno. In media, per un uf- italiano sono tornati a crescere – ha dichiarato ficio in uno stabile direzionale a Milano si Marco Dettori, presidente di Osmi Borsa Imspendono 3.061 euro/mq (dato riferito al mobiliare, azienda speciale della Camera di primo semestre 2013), quasi il 4 per cento in commercio di Milano – e, se in diverse città si meno rispetto allo scorso anno. Comprare nel sono rivolti al settore dei centri commerciali centro storico, ovviamente, costa di più: 5.733 e all’hotellerie, a Milano si sono concentrati euro al metro quadro. Il costo degli affitti di- principalmente nel residenziale di fascia alta e minuisce, invece, di quasi l’11 per cento. Per nel comparto terziario». un sito produttivo nuovo o ristrutturato si spendono, 957 euro/mq, il 3,5 per cento in meno rispetto al 2012, mentre il prezzo scende a 688 per un capannone vecchio (-1 per cento rispetto ad un anno fa). Diminuiscono anche i canoni di locazione che registrano una variazione dell’8% rispetto al primo semestre del 2012. Questo mutamento dei prezzi non sconta solo gli effetti della crisi economica, ma anche la qualità dello stock disponibile degli immobili d’impresa ancora in gran parte obsoleto, e non inserito in una rete adeguata di servizi. UNA FASE DI TRANSIZIONE

Già nel 2012 sono stati immessi circa 50mila metri quadrati di nuovi spazi destinati ad attività economiche ed entro il 2016 verranno completate importanti operazioni di trasformazione e riqualificazione di interi ambiti urbani, che renderanno disponibili altri 700mila metri quadrati di elevata qualità e pregio. Molti di questi progetti sono situati in zone strategiche, anche a ridosso del centro città, allargando così i confini degli ambiti più prestigiosi e ricercati (ad esempio, Porta Nuova, Porta Volta, Portello Nord).

Gli immobili maggiormente ricercati sono quelli di pregio e con localizzazione “prime”, in grado di garantire redditività elevate anche in futuro. «Per Milano – ha concluso Dettori – si aprono prospettive interessanti: la considerevole quantità di direzionale qualitativamente elevato che a breve si riverserà sul mercato stimolerà sicuramente l’interesse degli investitori stranieri e in particolare dei fondi immobiliari che, nonostante le difficoltà di questi ultimi anni, hanno contiI PUNTI DI FORZA DELLA CITTÀ nuato a rafforzare la propria presenza nel Rispetto ad altre città, la tipologia e la loca- settore terziario milanese». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 155


MERCATO IMMOBILIARE

Timidi segnali di ripresa La crisi economica continua a frenare il mercato immobiliare in Italia, anche se alcuni indicatori emersi negli ultimi mesi fanno ben sperare per il futuro. Il punto di Valerio Angeletti, presidente di Fimaa Nicolò Mulas Marcello

egli ultimi cinque anni, l’incidenza delle case comprate attraverso un mutuo è scesa vertiginosamente a causa della crisi economica che ha ridotto notevolmente la possibilità di accendere un mutuo da parte delle famiglie, bloccando di fatto il mercato immobiliare. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Associazione bancaria italiana, per la prima volta negli ultimi mesi la quota delle famiglie che possono accedere a un mutuo è salita sopra il 50%. Sul fronte dei prezzi, però, il calo è ancora in atto: «Da quando, nel 2008, è iniziata la crisi immobiliare - spiega Valerio Angeletti, presidente di Federazione italiana mediatori agenti d’affari - un appartamento può valere dal 15 al 20 per cento in meno. Ciò a dimostrazione che il calo dei prezzi è in atto, anche se viene poco percepito a causa della sua lentezza». Possiamo fare un breve quadro generale del mercato nazionale dal punto di vista degli agenti immobiliari? «Il mercato italiano ha registrato nell’ultimo periodo un trend che continua a presentarsi col segno meno, anche

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se al contempo si cominciano a intravedere dei piccoli segnali di ripresa, che fanno sperare in un’inversione di tendenza. Inversione che diventerà stabile solo con una politica di crescita dell’economia e dell’occupazione. Il numero delle compravendite immobiliari, infatti, è sceso nel 2012 ai livelli degli anni ’80, con un calo di quasi il 50 per cento, mentre gli ultimi dati registrano una lieve ripresa del giro d’affari, con un fatturato in aumento dello 0,6 per cento. E per il prossimo anno si pronostica un +1 per cento. Con questi dati non possiamo, di sicuro, pensare che si tornerà nel breve alle cifre del periodo d’oro, ma certamente stanno cambiando le dinamiche, il che fa sperare in una ripresa del settore». All’interno del mercato, il settore business sembra in controtendenza rispetto a quello abitativo. Questo fenomeno è in crescita? «Nel settore business la crisi ha portato a una migliore ottimizzazione degli spazi, alla riduzione dalle metrature e allo spostamento verso le periferie, dove i costi di gestione si ridu-

cono notevolmente. E dopo anni in cui le strutture logistiche avevano retto meglio degli altri comparti immobiliari alla recessione economica, dobbiamo segnalare che gli indicatori disponibili per il 2013 anche in questo caso presentano il segno meno. Ma se l’elevato tasso di disoccupazione e le misure di austerity stanno esercitando una notevole pressione negativa sul mercato degli immobili produttivi, motivo per cui molte


Valerio Angeletti

Toscana, Piemonte, il Lago di Como e le città d’arte sono in cima alle preferenze di chi vuole investire nell’immobiliare del Bel Paese

Valerio Angeletti, presidente di Fimaa, la Federazione italiana mediatori agenti d’affari aderente a Confcommercio

imprese tagliano i costi di gestione a partire dagli immobili che ritenevano strategici, c’è da evidenziare come la crescita dell’e-commerce, con la conseguente necessità di piccoli spazi fisici, stia facendo registrare dei minimi, seppur ancora insufficienti, segnali di ripresa del particolare mercato immobiliare logistico. L’ecommerce, però, rappresenta solo una nicchia dell’intero comparto e riguarda spazi di poche metrature. Va, comun-

que, sottolineato che, tra gli operatori del retail che utilizzano nuove strutture, oltre un quarto operano appunto nel commercio elettronico». Qual è l’andamento degli investimenti stranieri nel settore immobiliare italiano? «Per fortuna l’Italia conserva ancora un forte appeal per gli investitori esteri, anche grazie alle sue dimore d’arte, ai paesaggi, al clima e alle particolari caratteristiche territoriali che si esprimono attraverso le eccel-

lenze enogastronomiche. Così, di fronte alla stagnazione del mercato immobiliare, è il lusso a offrire segnali di ripresa, trainato proprio dalla domanda estera. E sono soprattutto gli immobili storici e artistici quelli maggiormente gettonati: Toscana, Piemonte, il Lago di Como e le città d’arte come Roma, Venezia e Firenze sono in cima alle preferenze di chi vuole investire nell’immobiliare del Bel Paese. Mentre, sempre tra gli stranieri, a comprare sono soprattutto russi, cinesi, indiani, americani, inglesi e tedeschi: a volte si tratta di investitori che intendono trascorrere del tempo nelle dimore che acquistano, mentre in altri casi si tratta di acquisti relativi ad alberghi di lusso o per obiettivi commerciali, fatti da colossi multinazionali. Gli ultimi dati del settore confermano una previsione di acquisto per il 2013 da parte degli stranieri in Italia di 2,3 miliardi di euro».

Il paesino di Torno sul Lago di Como

LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 157


RIQUALIFICAZIONE

Nuovi canali di sviluppo per lo sport La Regione Lombardia mette in campo 20 milioni di euro per migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini. Il primo intervento deriva dall’Accordo di programma quadro per lo sviluppo e il rilancio dello sport. L’assessore Antonio Rossi ne presenta le linee guida Vittoria Divaro

l primo risultato ottenuto grazie all’Accordo di programma quadro per lo sviluppo e il rilancio dello sport in Lombardia è la recente delibera che ha messo a disposizione 1,5 milioni di euro da destinare alla riqualificazione delle palestre dei plessi scolastici (incrementabili a 2,5 milioni). Il bando punta a finanziare i lavori per rendere accessibili, in orario extracurricolare, le palestre scolastiche al pubblico e favorirne la fruibilità da parte di società sportive e cittadini a prezzi calmierati. «Investire sullo sport – dichiara Antonio Rossi, già campione olimpico e ora assessore allo Sport e politiche per i giovani di Regione Lombardia, principale artefice dell’accordo, sostenuto anche dal presidente Maroni – vuole dire investire sul benessere di tutti noi. Sia sotto l’aspetto della salute psicofisica, sia sotto quello della

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prevenzione. E significa anche innescare un circolo virtuoso che favorisca il contenimento dei costi legati alla spesa sanitaria». Il recente Accordo di programma quadro, firmato dai più importanti attori del movimento sportivo lombardo, è l’esempio più concreto di questa convinzione. «Si tratta di un patto innovativo e unico, che si pone come modello per la promozione dello sport a livello nazionale e che ha unito le istituzioni in un rapporto di leale collaborazione». L’ACCORDO

L’Accordo di programma quadro per lo sviluppo e il rilancio dello sport in Lombardia è stato sottoscritto, oltre che dal presidente Maroni e dall’assessore Rossi, da Francesco De Sanctis (direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale), Pierluigi Marzorati (presidente Coni

Antonio Rossi, già campione olimpico e ora assessore allo Sport e politiche per i giovani di Regione Lombardia www.regione.lombardia.it

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Antonio Rossi

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La proposta della giunta lombarda si propone anche come modello per la promozione dello sport a livello nazionale e nelle altre regioni

Lombardia), Pierangelo Santelli (presidente del Comitato italiano paralimpico Lombardia), Massimo Sertori (presidente dell’Unione delle province lombarde), Alessandro Russo (presidente del dipartimento Politiche giovanili, Servizio civile, Sport, Politiche sulla casa, Erp dell’Associazione nazionale comuni italiani) su delega del Presidente di Anci Lombardia Attilio Fontana. «Si tratta – prosegue Rossi – di un accordo capace di coinvolgere, nel triennio 2013-2015, gli stakeholder dello sport lombardo, per i quali la Regione mette a disposizione 18,93 milioni di euro, l’Ufficio scolastico regionale 80mila euro, il Coni 500mila euro e il Comitato italiano paralimpico 171mila euro. Si tratta di fondi destinati a crescere, sia grazie alla sensibilità

del presidente Maroni, sia in sede di approvazione dei bilanci delle prossime annualità degli enti coinvolti, come Usr, Coni e Cip, ma anche di quelli aderenti come Upl Lombardia e Anci Lombardia». L’accordo si articola in quattro assi: impiantistica sportiva; sport nella scuola; pratica sportiva come fattore di benessere, prevenzione e coesione sociale; e verso Expo 2015». UN MODELLO DA IMITARE

Regione Lombardia punta a riqualificare l’impiantistica sportiva, a favorire l’utilizzo delle palestre scolastiche anche in orari extracurriculari da parte delle società sportive e ad ammodernare l’esistente. Si collo-

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cano in questa linea anche il sostegno ai programmi di educazione fisica nella scuola primaria, la valorizzazione e promozione dei percorsi di orientamento sui temi legati ai corretti stili di vita e il coinvolgimento dell’associazionismo, motore sul territorio dell’attività motoria. «Al nostro accordo – dice Rossi – guarda con interesse anche il presidente nazionale del Coni Giovanni Malagò, che ritiene la proposta della giunta lombarda un modello per la promozione dello sport a livello nazionale e nelle altre regioni». Sul fronte dell’impiantistica sportiva, Regione Lombardia sostiene gli interventi di riqualificazione e ammodernamento delle strut- UU LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 159


RIQUALIFICAZIONE

UU ture e approfondisce le modalità mento sociale». Il terzo asse del- zionali come Università, scuola per implementare il proprio si- l’accordo è dedicato proprio alla stema di georeferenziazione del- pratica sportiva intesa come fatl’impiantistica. tore di benessere, opportunità di prevenzione, coesione e veiDIFFONDERE LA PRATICA SPORTIVA colo di cultura e valori. «Sport e «La diffusione della pratica salute, sport e sicurezza, sport e sportiva – ricorda Rossi – è da valori, sport e inclusione e coefavorire in tutte le età e classi so- sione sociale, sport e carceri e ciali, soprattutto presso le co- sport e ambiente. Sono questi i siddette fasce più deboli. Penso canali di sviluppo. Mentre gli in particolare ai giovani, ma an- obiettivi sono diffondere l’attiche alla popolazione carceraria vità motoria in tutte le fasce di che, lo dicono dati oggettivi, età; sviluppare le competenze può trarre indiscutibili benefici tra chi fa sport e tutti gli operadalla pratica sportiva, anche tori sportivi, con l’impiego di come occasione di reinseri- formatori professionali istitu-

I NUMERI DELLO SPORT LOMBARDO o sport in Lombardia costituisce un fenomeno variegato ed estremamente dinamico, rappresentato da una trama di associazioni e società sportive radicate sul territorio e in continuo divenire. Una sfera di aggregazione di forte impatto in termini di inclusione e coesione sociale, ma anche uno strumento di formazione e accrescimento della persona nei diversi ambiti della tutela della salute, dell’educazione a corretti e sani stili di vita e ai valori della convivenza civile. La regione conta 21.528 associazioni sportive e 198 società sportive paralimpiche, 865.753 tesserati a federazioni e discipline, 829.774 tesserati a enti di promozione sportiva e 2.320 tesserati paralimpici. Quest’ampia platea di utenti fa riferimento a 95.816 dirigenti, 36.610 tecnici e 14.940 ufficiali di gara.

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e Scuola dello Sport del Coni; promuovere la crescita, fra i giovani e le loro famiglie, di una cultura sportiva ispirata a valori etici ed educativi; valorizzare i talenti sportivi regionali; sostenere i progetti e le attività di promozione sportiva e agonistiche di federazioni, discipline, enti di promozione e associazioni sportive, promuovendo le manifestazioni sportive sul territorio». DA EXPO 2015 ALLE OLIMPIADI 2024

Parte qualificante della proposta è il quarto asse, relativo agli interventi in vista di Expo 2015. Gli obiettivi sono creare e rafforzare le sinergie fra organizzatori e promotori di grandi eventi sportivi, il settore turistico, il comparto produttivo, le amministrazioni pubbliche locali ed Expo 2015 Spa. Nonché sostenere l’assegnazione al territorio lombardo di eventi sportivi, per incrementare le occasioni attrattive del territorio. «I progetti che coinvolgeranno Expo – puntualizza Rossi – saranno interventi chiave. In primo luogo, per ribadire la grande presenza di associazionismo sportivo in Lombardia e, in seconda battuta, per dimostrare la capacità organizzativa delle società del territorio. Non dobbiamo infine dimenticare che lo stesso sport rappresenta, prima, durante e dopo Expo, una vetrina importante per promuovere i nostri territori, anche con pacchetti definiti ad hoc, da proporre ai turisti e agli sportivi stranieri».



TURISMO

Interventi tempestivi per il turismo Il turismo è uno dei settori chiave per la ripresa del Paese, ma risulta ancora male organizzato e troppo spesso soffocato dalla burocrazia. Ne abbiamo parlato con Giulio Giumelli Matteo Grandi

econdo recenti dati Enit, malgrado piccole diminuzioni dovute alla crisi, il turismo in Italia continua a viaggiare con il segno positivo, grazie soprattutto ai mercati extra-UE. Il merito è da imputare alla buona ospitalità dei residenti, alla disponibilità d’informazioni nelle strutture di alloggio, all’offerta culturale e alla rinomata qualità per quanto riguarda cibo e bevande. Toscana, Veneto e Lazio sono da sempre le mete più ambite, ma crescono esponenzialmente anche la Sicilia e la Lombardia, che ha fatto dei suoi laghi una delle mete

S Alcune vedute di Lecco. L’Hotel Sassi Rossi si trova a Crandola Valsassina (LC) www.sassirossi.it

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più ricercate dell’ultimo anno. Tra i turisti che visitano maggiormente il nostro Paese, oltre agli Stati Europei vicini, spiccano Cina e Russia, seguite da Brasile, Argentina, India, Australia, Giappone ed Emirati Arabi. Questi ultimi in particolare richiedono esclusivamente pacchetti su misura per laghi, montagna e località termali, bellezze italiane talvolta sottovalutate dagli abitanti del nostro Paese, ma che sono sempre più apprezzate all’estero. Malgrado ottime premesse e potenzialità, gli addetti del settore chiedono un intervento costruttivo da parte dello Stato per convogliare sempre più presenze nel nostro Paese e per non soffocare con la burocrazia uno dei settori potenzialmente più interessanti per la ripresa. «Il nostro settore purtroppo – racconta Giulio Giumelli, direttore dell’Hotel Sassi Rossi - è ignorato completamente dal legislatore. A

sostegno di questa tesi basta citare il fatto che gli hotel, continuano a pagare l’Imu come se fossero delle grandi seconde case private e non il vero strumento di lavoro dell’albergatore. Non c’è una politica unitaria di un territorio per fare degli investimenti in infrastrutture che guardino alle reali necessità di una zona; tutto è lasciato ai singoli. Solo in piccole aree d’Italia dove c’è autonomia tributaria o leggi particolari per il turismo c’è una vera proliferazione di strutture ricettive». L'Hotel Ristorante Sassi Rossi si trova a Crandola Valsassina, paese collocato in una vallata dominata dalla Grigna e dal Pizzo dei Tre Signori, situata a 10 Km dal Lago di Lecco e Como e in prossimità delle funivie del Pian delle Betulle e dei Piani di Bobbio. «Malgrado le difficoltà del periodo, grazie all’ottima posizione dell’hotel, il nostro bilancio 2013 può essere considerato


Giulio Giumelli

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Toscana, Veneto e Lazio sono da sempre le mete più ambite, ma crescono esponenzialmente anche la Sicilia e la Lombardia

comunque positivo, anche se il giudizio resta sospeso a causa dell’incertezza delle imposte come Imu o Tares, che non ci danno la possibilità di pianificare nulla, soprattutto in un momento di crisi generale del mercato». Un mercato che in ogni caso si sta evolvendo in maniera veloce e decisiva. «I visitatori sono sempre più bombardati dalle informazioni, molte volte di scarso valore. Per questo motivo i luoghi di vacanza “storici” stanno pagando un po’ l’immagine “vecchia” che hanno presso il grande pubblico. Le “nuove mete” vendono ma molte volte poi deludono le aspettative per mancanza di mentalità turistica mentre la

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maggior parte dei viaggiatori continua ad apprezzare l’accoglienza italiana, il clima familiare e la genuinità dei prodotti. Per questo dobbiamo tornare a ragionare con la mente del visitatore. Rendere fruibili le risorse esistenti, migliorarne l’organizzazione ed eventualmente creare piccoli servizi (anche poco costosi) ma di grande utilità come l’incremento dei trasporti locali e info point». Tra le principali attrazioni dell’Italia, l’enogastronomia continua a dimostrarsi tra gli aspetti di maggior valore. «A mio avviso in questo campo hanno molto da lavorare i consorzi e i produttori alimentari in quanto a promozione, inoltre andrebbe

rivista la politica agrituristica quando non è legata a produzioni che giustificano un servizio ristorativo». In questo scenario l’Hotel Sassi Rossi continua a dimostrarsi un’attrattiva soprattutto nella stagione estiva, con visitatori italiani e che provengono da Germania, Austria e Paesi Bassi. «La nostra sfida è fornire dei servizi sempre migliori; oggi ad esempio un trend forte è quello del benessere e dell’enogastronomia e il nostro obiettivo è riuscire a dare motivo ai clienti di fermarsi qualche giorno in più. L’esperienza ci insegna - conclude Giumelli - che il territorio va vissuto maggiormente per essere goduto appieno». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 165




DIRITTO DEL LAVORO

Se la riforma frena la crescita A un anno dalla Legge Fornero, Salvatore Trifirò esamina luci e ombre di un mercato del lavoro atrofizzato da fisco e burocrazia. «L’imperativo è semplificare» Andrea Moscariello

«C L’avvocato Salvatore Trifirò all’interno del suo studio di Milano

ol senno di poi, se mi trovassi a lavorare solo con un gruppo di esperti, cambierei la riforma». A dichiararlo è stata Elsa Fornero, l’ex ministro del Lavoro, a un anno dal decreto “salva Italia”. Negli ultimi dodici mesi Confindustria, partiti e sindacati hanno dibattuto sottolineando l’inadeguatezza del testo, tanto dal punto di vista imprenditoriale quanto da quello dei lavoratori. Oggi ad analizzarlo è anche uno dei più affermati giu-

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slavoristi italiani, l’avvocato Salvatore Trifirò, il cui bilancio rivela «più ombre che luci». Anche per lei, quindi, il risultato della riforma non è positivo? «Ha avuto sicuramente il pregio di scardinare la portata dell’articolo 18, anche se sarebbe stato preferibile abolirlo del tutto. È ipocrisia, infatti, pensare che il dipendente, una volta licenziato, abbia voglia di ritornare a lavorare per l’ex datore. Il rapporto di fiducia tra le parti si lede irrimediabilmente. Devo dire inoltre che, per effetto dell’introduzione del rito speciale per i licenziamenti soggetti all’articolo 18, la durata delle cause si è sensibilmente ridotta. È auspicabile, per il futuro, che si faccia altrettanto anche per tutte le altre cause, che rappresentano anch’esse un costo significativo per le aziende». Ciononostante perché il bilancio è negativo? «Perché la Legge Fornero ha mancato un obiettivo fondamentale: quello di semplificare. La riforma, anziché prevedere poche e chiare regole, ha introdotto una molteplicità di lacci e lacciuoli, alcuni dei quali non sono di agevole interpretazione neppure per gli operatori del diritto, figuriamoci per le aziende e i lavoratori. Del resto non è una legge organica, ma piuttosto l’assemblaggio di parti distinte, concepite separatamente le une dalle altre. La semplificazione è una delle chiavi di volta per costruire un sistema competitivo fondato sulla certezza del diritto». L’ex ministro Maurizio Sacconi sostiene che la Legge Fornero andrebbe abolita e che occorrerebbe tornare alla Legge Biagi. «La Legge Biagi ha introdotto forme di lavoro flessibile che, per quanto demonizzate, costi-


Salvatore Trifirò

La burocrazia e l’eccessiva regolamentazione sono nemiche della crescita, così come il costo del lavoro, che va ridotto senza diminuire lo stipendio dei lavoratori

tuivano pur sempre una fonte di reddito. La Legge Fornero ha fortemente irrigidito tali forme, di fatto riducendo le opportunità di lavoro. Ritengo, tuttavia, che più che riproporre schemi del passato, occorre superarli, guardare al presente e partire dal dato fondamentale che la realtà odierna è molto più dinamica di una volta. Ecco allora che, oltre che concentrarsi solo sulla flessibilità in entrata e in uscita, occorrerebbe rivedere in chiave moderna l’articolo 2103 del Codice civile, norma intorno cui ruota la mobilità nell’ambito dell’azienda, ma che è stata completamente dimenticata dal legislatore». Cosa prevede? «L’articolo 2103 pone fin troppi limiti all’organizzazione del lavoro. Occorrerebbe, invece, consentire per legge a datori e lavoratori di concordare la possibilità di un mutamento di mansioni diverse anche se non equivalenti, oppure di poter rivedere la retribuzione a parità di mansioni in presenza di motivate esigenze aziendali. Del resto anche la stessa giurisprudenza pare ormai aver colto l’anacronismo di tale norma, ammettendo la

possibilità di patti di demansionamento in determinate situazioni. Ma si tratta, pur sempre, di orientamenti interpretativi che non hanno la stessa portata e vincolatività di una disposizione di legge». I partiti pongono come primo punto programmatico il problema occupazionale. Quali strumenti occorrono alle imprese al fine di aumentare e agevolare le assunzioni? «La burocrazia e l’eccessiva regolamentazione sono nemiche della crescita, così come il costo del lavoro, che va ridotto non diminuendo l’importo netto che il lavoratore percepisce, ma aumentandolo con la riduzione di imposte e contributi. Questo è un punto nodale per la ripresa e senza interventi in tal senso nessuna riforma del lavoro potrà davvero mai funzionare. Inoltre, considerato che, in base agli ultimi rilevamenti statistici, la disoccupazione giovanile e quella degli over cinquanta risultano in continuo aumento, si potrebbero riconoscere alle aziende particolari agevolazioni fiscali in caso di assunzioni di tali categorie, tanto maggiori quanto più alto è il numero dei lavoratori neoassunti». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 169


DIRITTO DEL LAVORO

Molti suoi colleghi ripongono l’attenzione sull’apprendistato. Occorre partire da lì? «È uno strumento utile ma non mi pare, tuttavia, risolutivo nella lotta alla disoccupazione: dati alla mano, nonostante le intenzioni del legislatore, è un istituto che stenta a decollare. In realtà, come spesso ho detto o scritto, occorrerebbe rifonPer effetto dell’introduzione del rito dare il diritto abbandonando la speciale per i licenziamenti soggetti cultura del rapporto di lavoro subordinato quale unica forma all’articolo 18 la durata delle cause garantista e lasciare spazio al lasi è sensibilmente ridotta voro autonomo, anche nell’ambito dell’impresa». Quale apporto strategico può fornire alle può scongiurare contenziosi che le aziende istituzioni la categoria forense? devono, per quanto possibile, evitare». «Una riforma del lavoro efficace non può Spesso i politici ci indicano modelli straprescindere dal coinvolgere chi, tutti i giorni, nieri cui dovremmo ispirarci. A suo avviso è si confronta operativamente, fuori e dentro le una strada percorribile? aule dei tribunali, con gli istituti giuridici «Può essere forviante, a mio avviso, guardare introdotti dal legislatore. Gli avvocati giusla- alle soluzioni adottate in altri ordinamenti. Ogni voristi hanno un punto di vista privilegiato Paese ha proprie caratteristiche e peculiarità, un potendo misurare sul campo se un determi- istituto che può funzionare in alcune realtà non nato istituto funziona, a differenza dei tecnici, è detto che funzioni in altre. Ciò non significa a cui manca una visione concreta del mondo che non bisogna tener conto delle esperienze aldel lavoro. Oggi le aziende richiedono assi- trui, ma occorre farlo con misura e raziocinio. stenza a 360 gradi, non limitata alla sola parte Più che mutuare gli istituti giuridici di altri Paesi giudiziale ma estesa anche ad attività di con- mi piacerebbe che anche noi abbandonassimo la sulenza relativa alla fase gestionale del rap- cultura dell’assistenzialismo, che è uno dei grandi porto di lavoro con i dipendenti e collabora- mali dell’Italia, e diffondessimo, invece, la cultori. In questo momento di crisi, poi, è tura del pensare positivo, del darsi da fare semaumentata notevolmente la richiesta di assi- pre e comunque, del non sedersi sugli allori. stenza per ristrutturazioni, ambito su cui il Come dice un antico adagio, “chi si ferma è nostro studio ha un’esperienza fortemente perduto”. Occorre spostare sempre più avanti consolidata. Una buona assistenza preventiva l’asticella del traguardo».

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SICUREZZA SUL LAVORO

La 231, tutela e prevenzione L’adozione dei modelli organizzativi consente di eliminare o ridurre concretamente il rischio di commissione di illeciti da parte delle imprese. L’esperienza dello Studio Bana Emanuela Caruso

on l’introduzione della responsabilità “da reato” delle persone giuridiche, sancita dal Decreto Legislativo 231/2001, una vera e propria rivoluzione ha investito il settore del diritto e della procedura penale. Il catalogo dei reati che possono comportare responsabilità delle persone giuridiche si è infatti allargato, estendendosi in particolare nel comparto della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, fenomeno che ha ampliato enormemente il numero di imprese interessate alla nuova normativa, ma anche preoccupate dalle pesanti sanzioni economiche e interdittive previste. A fare chiarezza sono gli avvocati Giovanni e Giuseppe Bana, senior partners dello Studio Legale Bana di Milano. «Per quanto riguarda i reati in materia antinfortunistica - spiega Giovanni Bana -, l’articolo 25-septies del decreto include tra i reati-presupposto l’omicidio colposo e le lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e a tutela dell’igiene e della salute sul lavoro. Per evitare di essere incolpate di tali incidenti, le aziende devono tutelarsi seguendo due diverse direttrici. Da un lato è decisiva la prevenzione dei reati-presupposto (potenzialmente commessi da sog-

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getti che hanno un rapporto funzionale con l’ente) attraverso l’adozione di modelli organizzativi, di gestione e di controllo». «Come è facile intuire - interviene Giuseppe Bana - sono quindi sempre più numerose le realtà imprenditoriali chiamate a valutare la possibilità di introdurre, mantenere in efficienza e certificare i sistemi di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro». La seconda direttrice che le aziende devono seguire per evitare di incappare in problemi legati all’inadempienza del nuovo Decreto è quella di richiedere assistenza legale sia a livello consultivo che a livello giudiziario. «Lo Studio Legale Bana – commenta l’avvocato Fabio Cagnola – portando avanti una lunga tradizione che lo vede da

Sotto, da sinistra, gli avvocati Antonio Bana, Giacomo Gualtieri, Giuseppe e Giovanni Bana. A fianco, gli avvocati Fabio Cagnola e Marcello Bana www.studiobana.it


Studio Bana

Per le aziende, i modelli organizzativi e gestionali riducono in maniera concreta il rischio di commettere illeciti in tema di sicurezza sul lavoro

sempre impegnato in merito al tema degli infortuni sul lavoro, si occupa sia degli aspetti relativi all’adozione dei modelli di gestione, organizzazione e controllo sia della difesa in giudizio di società o loro rappresentanti. Questo perché l’adozione dei modelli organizzativi consente agli enti di dotarsi di uno strumento gestionale che va ben al di là del mero adempimento formale e burocratico, si tratta infatti di uno strumento destinato a eliminare o ridurre concretamente il rischio di commissione di illeciti da parte delle imprese». E proprio nel settore dell’infortunistica, la prevenzione e l’adozione dei modelli idonei rivestono un ruolo centrale e indispensabile per evitare qualunque responsabilità penale. L’avvocato Antonio Bana, altro compenente del team dello studio, aggiunge che: «All’interno di realtà aziendali in cui sussistano delle specifiche situazioni di rischio, è necessario agire tempestivamente a tu-

tela della vita e dell’incolumità del personale, adottando tutte le misure adeguate a prevenire eventi lesivi che potrebbero essere cagionati da inefficienze organizzative e di gestione. C’è da dire, però, che l’obbligo di adozione dei modelli non deve essere inteso in termini astratti, bensì deve essere correlato ai rischi specifici di commissione degli illeciti a seconda delle dimensioni e dell’organizzazione dell’impresa, della natura dell’attività svolta e della storia operativa dell’ente. Così facendo, quanto più è elevato il pericolo, tanto più urgente e prioritario è l’obbligo di adozione dello strumento organizzativo». «In ogni caso – conclude l’avvocato Giacomo Gualtieri – compito di noi penalisti è anche quello di fornire alle aziende assistenza per assicurare che l’attuazione del D.Lgs. 231/2001 nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro risponda a criteri di equilibrio, senza sconfinare in rigorismi aprioristici. Premesso, poi, che nessuna società può considerarsi esente dal rischio di incorrere in responsabilità penali in tema di sicurezza sul lavoro, è significativo ricordare che la recente giurisdizione del Tribunale Penale di Milano ha riconosciuto esenti da responsabilità le imprese che abbiano adottato modelli organizzativi formalmente e sostanzialmente idonei». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 173


RAPPORTI DI LAVORO

Quando a essere licenziato è un dirigente ra le figure che si trovano nel lavoro subordinato, quella dirigenziale ha caratteristiche uniche. Il rapporto di fiducia che si richiede con il datore di lavoro è tale per cui la stessa giurisprudenza inquadra il ruolo in modo differente. In particolare i motivi e le conseguenze di un licenziamento seguono altre regole, come spiega l’avvocato del Foro di Milano Marco De Bellis, dello studio Marco De Bellis & Partners. «Al pari di qualsiasi altro dipendente, il dirigente può essere licenziato legittimamente soltanto nel caso in cui venga soppressa la posizione di lavoro in cui è inserito (i cosiddetti motivi oggettivi o organizzativi), oppure nel caso di una sua grave mancanza (motivi disciplinari o soggettivi). Il primo caso è il più comune in questi tempi: non bisogna dimenticare, infatti, che i dirigenti sono i dipendenti più costosi. Le ragioni organizzative, in sintesi, sono tutte riconducibili a una sola: la soppressione della posizione ricoperta dal dirigente licenziato. Questo non significa necessariamente l’eliminazione delle mansioni relative alla posizione, che possono essere gestite da altri dipendenti. Vuol dire, invece, che nessun dipendente con lo stesso inquadramento potrà assumere la medesima posizione; ciò anche se la stessa fosse pur formalmente diversa, nei fatti si rivelasse identica. Per verificare la legittimità del licenziamento, dunque, il datore di lavoro deve dimostrare l’effettività della soppressione». E per quanto riguarda, invece, il licenziamento per mancanze? «Il caso del licenziamento motivato con una mancanza del dirigente, è completamente

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L’avvocato Marco De Bellis si sofferma su un aspetto delicato della giurisprudenza, le cui implicazioni rendono conto della particolare relazione che il ruolo impone con la proprietà dell’impresa. «La fiducia deve essere totale» Remo Monreale

L’avvocato Marco De Bellis, dello studio Marco De Bellis & Partners con sede a Milano www.debellis.it


Marco De Bellis

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Nel rapporto dirigenziale la fiducia deve essere totale, ancora più marcata che in qualsiasi altro rapporto di lavoro subordinato

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diverso. La formula più consueta in questo caso è la giusta causa. Il licenziamento per giusta causa può avvenire qualora il dirigente si sia reso responsabile di una mancanza talmente grave da ledere irrimediabilmente il nesso fiduciario col datore di lavoro. Al riguardo, è opportuno sottolineare che nel rapporto dirigenziale la fiducia deve essere totale, ancora più marcata che in qualsiasi altro rapporto di lavoro subordinato. Per questo, la mancanza che conduce alla giusta causa di licenziamento può riguardare non soltanto vicende attinenti all’attività lavorativa, ma anche fatti estranei alla stessa e attinenti alla sfera privata del dirigente, riscontrati dalla giustizia. Ovviamente, nella maggior parte dei casi, sono soprattutto le mancanze commesse nell’ambito del rapporto di lavoro che determinano il licenziamento in “tronco”. La giusta causa ha come effetto più immediato quello di interrompere immediatamente il rapporto di lavoro, senza alcun diritto del dirigente né al preavviso né alla relativa indennità sostitutiva (ex art. 2119 cod. civ.)». Quali sono i criteri per stabilire se il licenziamento del dirigente sia corretto? «I principali contratti collettivi stabiliscono che il licenziamento del dirigente debba essere comunque “giustificato”. La “giustifica-

tezza” è una nozione giuridica che non coincide con quella di giusta causa o di giustificato motivo individuate dalla legge per gli altri rapporti di lavoro. Essa investe un concetto molto più ampio. Ciò è principalmente dovuto alla peculiarità della figura del dirigente, al livello gerarchico ricoperto e al grado di affidamento e di fiducia richiesto. Proprio per la particolarità del rapporto dirigenziale e per l’alto grado di fiducia richiesto, anche mancanze “veniali” (che, se fossero commesse da un impiegato, darebbero luogo a sanzioni disciplinari conservative) possono legittimare il licenziamento del dirigente». Quali sono le concrete conseguenze di un licenziamento ingiustificato? «Esse sono connesse con il tipo di licenziamento. Quando viene ritenuto ingiustificato un licenziamento per motivi organizzativi, la sanzione prevista è il pagamento dell’indennità supplementare prevista dalla con- UU LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 175


RAPPORTI DI LAVORO

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Il licenziamento per giusta causa può avvenire se il dirigente si rende responsabile di una mancanza talmente grave da ledere il nesso fiduciario col datore di lavoro

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UU trattazione collettiva: in tal caso, infatti, il di- ziato per giusta causa, condannerebbe la sopendente avrà già percepito l’indennità sostitutiva del preavviso (o prestato in servizio il periodo di preavviso). Viceversa, in ipotesi di licenziamento per una giusta causa poi rivelatasi inesistente, il giudice dovrebbe valutare se il comportamento del dirigente sia tale da configurare comunque la giustificatezza; in sostanza potrebbe trattarsi di una mancanza tale da legittimare il licenziamento, ma non così grave da costituire una giusta causa. In questo caso l’azienda sarebbe condannata a pagare soltanto l’indennità sostitutiva del preavviso. Qualora, invece, il Giudice ritenesse che non sussista alcun tipo di responsabilità a carico del dirigente licen-

176 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

cietà a corrispondere al medesimo, oltre all’indennità sostitutiva del preavviso, anche l’indennità supplementare prevista dalla vigente contrattazione collettiva». Esiste per il dirigente licenziato la possibilità di ottenere la reintegrazione? «È possibile in casi specifici, tassativamente indicati dalla legge, a fronte di una specifica domanda del dirigente e qualora il licenziamento fosse stato determinato da motivi discriminatori. Indipendentemente dai motivi addotti dall’azienda, infatti, se il dirigente dimostrasse di essere stato licenziato per motivi discriminatori (ragioni sindacali, religiose, di sesso politiche, etc.), questi potrebbe chiedere la condanna del datore di lavoro all’immediata reintegrazione e a pagare tutte le mensilità intercorrenti tra la data del licenziamento e l’effettiva reintegrazione». La Riforma Fornero ha in qualche modo influito anche sul licenziamento dei dirigenti? «Direi che qualche conseguenza c’è stata, e anche se tuttora il contesto rimane confuso, ci sono comunque delle certezze. In particolare, il dirigente che intendesse chiedere la reintegrazione lamentando un licenziamento discriminatorio dovrebbe agire esclusivamente attraverso il nuovo rito introdotto dalla Legge Fornero. In breve, si tratta di un procedimento particolare che ha come caratteristica principale la circostanza di essere concentrato sull’unico argomento del licenziamento e a cui, proprio perché diretto alla reintegrazione, la legge assicura un percorso preferenziale e più rapido».



PIANIFICAZIONE URBANISTICA

Un riequilibrio tra pubblico e privato L’avvocato Luigi Decio spiega le novità legislative, in materia di diritto amministrativo, riguardo alla pianificazione urbanistica. «Si aprono nuove prospettive e un diverso tipo di rapporto dei privati con il settore pubblico» Renato Ferretti i fronte all’ente pubblico il privato si trova spesso in una condizione di sudditanza. Con le nuove disposizioni è possibile un riequilibrio, almeno sul piano urbanistico». L’avvocato Luigi Decio, il cui studio si trova a Milano, si addentra tra le maglie dei nuovi provvedimenti legislativi che hanno portato innovazioni sostanziali al diritto urbanisticoedilizio con particolare riguardo allo strumento del Piano di Governo del Territorio. Considerando la sua esperienza nel settore, l’avvocato Decio vede nelle predette legislazioni un vantaggio da non trascurare, soprattutto in una città in fermento come Milano. «L’attività principale dello studio – spiega l’avvocato Decio – è svolta nel settore del diritto urbanistico ed edilizio, talvolta del diritto degli appalti pubblici, quindi legato all’immobiliare, anche nei suoi risvolti civilistici: per lo più a livello contrattualistico, compravendite, locazioni e anche di diritto del condominio. Nell’ambito del diritto urbanistico L’avvocato Luigi Decio il cui studio ha sede a Milano segreteria@studiolegaledecio.it ed edilizio la modifica dell’ar-

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178 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013

ticolo 117 della Costituzione ha attribuito alla legislazione concorrente di Stato e Regioni la materia del “governo del territorio”, demandata, salvi i principi generale disposti dallo Stato, alle singole Regioni. Questo ha determinato una proliferazione legislativa a livello regionale con importanti innovazioni». Di cosa si tratta nello specifico? «La legge regionale 12/2005 della Regione Lombardia ha introdotto principi nuovi nel campo della pianificazione urbanistica, che si potrebbe definire “concertata”, cioè caratterizzata da accordi tra il privato e la Pubblica Amministrazione, volti alla regolamentazione e alla programmazione pianificatoria del territorio. I tipici esempi sono le convenzioni urbanistiche tra Comuni e privati, i permessi di costruire convenzionati o, più in generale, accordi tra pubblico e privato sostitutivi del provvedimento, strumenti negoziali che si avvicinano sempre più, nella forma e nella sostanza, alla contrattazione privatistica. Dal punto di vista del privato è sicuramente un vantaggio perché ha, in linea di principio, teorica-


Luigi Decio

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Si pensi alle aree destinate a ospitare l’Expo: molti privati già si muovono per valorizzare il proprio interesse nel piano regolatore

mente una posizione maggiormente paritetica con l’ente pubblico. Espressione locale di queste importanti novità è lo strumento del Piano di Governo del Territorio (PGT) che ha preso il posto del vecchio Piano Regolatore e del quale la città di Milano si è dotata di recente. Il mio scopo, data l’attività svolta, è quello di valorizzare le aree, terreni e immobili dei miei clienti privati». In questo senso quale sarà il tipo di servizio offerto dal suo studio? «Il servizio principale può definirsi un’attività di consulenza e di assistenza all’operatore immobiliare, quale l’imprenditore del settore o l’agente immobiliare per conto di privati, ma anche il tecnico professionista o l’architetto nella valorizzazione di immobili, intesi come aree da sfruttare sotto il profilo edificatorio o immobili già costruiti da trasformare o da migliorare. Questa consulenza avviene sia nella fase pre-pianificatoria, per contribuire a una migliore valorizzazione nell’ambito dell’attività di partecipazione del cittadino alla formazione degli strumenti urbanistici territoriali generali e

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attuativi degli enti locali, sia nella fase post pianificazione, allorché un immobile ha assunto la sua disciplina urbanistica, per far si che possa essere attuata con la migliore valorizzazione per il cliente. Per “momento pre-pianificatorio” s’intende il periodo precedente all’entrata in vigore del piano regolatore: in quel momento il privato può fare istanza per la parte che lo interessa per valorizzare il proprio immobile». Quali esempi concreti può fare? «È il caso della nuova Pedemontana con cui si cercherà di smaltire il traffico tra Bergamo, Brescia, Como e Varese: le nuove strade creeranno opportunità. L’ente preposto al piano deve tenere conto delle istanze ricevute dai privati, come può essere l’edificabilità. Ma l’esempio eclatante è l’Expo di Milano previsto nel 2015, un evento eccezionalmente importante che darà vita a numerose nuove possibilità. Si pensi alle aree che sono destinate a ospitare l’evento: molti privati si stanno già muovendo per valorizzare il proprio interesse nel piano regolatore, per esempio, nel comune di Rho». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 179




POLITICHE SANITARIE

L’umanizzazione della medicina Appropriatezza delle cure, prevenzione, deospedalizzazione. Sono alcune delle sfide che attendono il sistema sanitario nazionale. Ne parla Enrico Garaci, presidente del Consiglio superiore di sanità Francesca Druidi a sanità italiana è chiamata a confrontarsi oggi con un contesto sociale, economico e medico che richiede interventi e cambiamenti strutturali. In uno scenario che impone la sostenibilità economica come prerogativa fondamentale, obiettivo del sistema sanitario nazionale è garantire una continuità d’azione per quanto riguarda la qualità dell’assistenza, nel passaggio epocale dall’ospedale - che sarà sempre più destinato alla cura dei malati acuti - alla medicina del territorio. Nel frattempo, gli italiani continuano e invecchiare e soffrono di patologie croniche, che identificano la vera problematica sanitaria non solo a livello nazionale. Di fronte a questo fenomeno e ad altre esigenze della popolazione in evoluzione, si rende necessario un nuovo approccio. Enrico Garaci, past president dell’Iss e attuale presidente del Consiglio superiore di sanità, indica le traiettorie e le priorità della sanità in Italia. Come si può attuare una politica sanitaria in grado di unire la riduzione degli sprechi, il controllo della spesa sanitaria e l’efficienza dell’assistenza? «La principale sfida in questo momento è quella di evitare che la spending review, che dovrebbe essere attuata, incida sulle prestazioni sanitarie e soprattutto sulla qualità dell’assistenza. Bisogna evitare che i tagli lineari colpiscano a 360 gradi la sanità, comprese le prestazioni eccellenti. Per far ciò, è importante realizzare una riforma del sistema sanitario che attui una riduzione della spesa portando avanti concetti quali riduzione

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degli sprechi, razionalizzazione dei servizi, definizione costi standard - ma senza incidere sulla qualità dell’assistenza. Mi riferisco innanzitutto al fatto che dovrebbe essere incrementata la prevenzione. È dimostrato che aumentare la prevenzione primaria, concentrandosi sugli stili di vita e sulla lotta all’obesità, influisce sulla percentuale d’insorgenza delle malattie cronico-degenerative, che costano al sistema sanitario ingenti risorse in termini di ricoveri ospedalieri e di utilizzo dei farmaci. Un altro tema cruciale è il processo di umanizzazione della medicina».


Enrico Garaci

Come si dovrebbe articolare, nello specifico, quest’ultimo punto? «Questo processo potrebbe ridurre i costi della medicina difensiva, che, secondo studi effettuati, costa il 10 per cento dell’intera spesa sanitaria, ossia 12 miliardi di euro. Un processo di umanizzazione che ponga il paziente al centro del sistema di relazioni con medici, operatori sanitari, famiglia, associazioni di pazienti e istituzioni, può eliminare quel contenzioso medico-legale che spesso si instaura. C’è, inoltre, da aggiungere che oggi si è verificata un’evoluzione del paziente, il quale non è più un soggetto passivo che riceve prescrizioni dal medico,

ma vuole interagire e sapere. È un soggetto in- Enrico Garaci, formato, anche grazie a internet. Se fosse stabilito presidente del Consiglio superiore di sanità un percorso di vera e propria umanizzazione, con persone capaci di un contatto diretto con il paziente e le sue esigenze, la spesa richiesta da questo sistema potrebbe essere compensata dal risparmio che l’organizzazione ospedaliera riceverebbe dal diminuito costo delle assicurazioni e dal venir meno di molti contenziosi». Cosa rappresenta il “patto per la salute” tuttora in fase di discussione? «Il ministro Beatrice Lorenzin ha avviato la proposta di un patto per la salute, nel quale sono stati istituiti diversi tavoli tecnici con le Regioni per esaminare i vari aspetti connessi con il sistema sanitario nazionale e affrontarne i nodi critici: l’appropriatezza delle prestazioni, la deospedalizzazione e la medicina territoriale, ma anche le terapie palliative e del dolore e le politiche di prevenzione. Il ministro ha fatto un ottimo lavoro in questo senso, perché si tratta di tematiche fondamentali che costituiscono l’orizzonte del Ssn nel prossimo futuro». Quali sono i temi che state discutendo o discuterete nel prossimo futuro nell’ambito del Consiglio superiore di sanità? «All’atto dell’insediamento del Consiglio, oltre a confermare i suoi compiti tradizionali - in pri- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 183


POLITICHE SANITARIE

La principale sfida in questo momento è quella di evitare che la spending review, che dovrebbe essere attuata, incida sulle prestazioni sanitarie e soprattutto sulla qualità dell’assistenza

mis, fornire pareri su vari argomenti - il ministro tiera importante di cui ci stiamo occupando è Lorenzin ha invitato i membri a svolgere un ruolo propositivo, presentando delle proposte e attivandosi per approfondire le tematiche di interesse attraverso convegni e volumi. Un argomento che il Consiglio ha affrontato di recente è l’esame dei criteri di appropriatezza clinica, tecnologica e strutturale nell’assistenza del paziente complesso. Il paziente complesso è il profilo che emerge in questo momento, ossia l’assistito - generalmente una persona anziana - che vive e convive con una serie di patologie, spesso croniche. La condizione del paziente complesso, caratterizzata dalla coesistenza di più malattie, richiede necessariamente la ridefinizione dei percorsi diagnostici e terapeutici». Con quali conseguenze? «Si profila sempre più una medicina personalizzata, dove si registrano variazioni in termini di reazione alle patologie anche molto sensibili da paziente a paziente. Le malattie cronico-degenerative rappresentano, di fatto, la sfida sanitaria per l’Occidente nei prossimi anni, in contrapposizione alle cosiddette “malattie della povertà” che affliggono, invece, il sud del mondo. Oltre alle malattie croniche, al paziente complesso e all’umanizzazione della medicina, un’altra fron-

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l’autismo, grazie alla presenza nel Consiglio di un’autorità in materia come il professor Gabriel Levi. Sono allo studio, presso l’Istituto Superiore di Sanità, modalità di diagnosi precoce e modalità di organizzazione del sistema sanitario rispetto a questo problema che affligge una percentuale di popolazione anche elevata». I bisogni degli italiani sul fronte della salute crescono, quindi, in complessità e cronicità a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei cambiamenti demografici, epidemiologici e anche economici. Uno scenario in cui la ricerca occupa un ruolo preponderante. «Certo, la ricerca è essenziale. Con la ricerca si possono mettere a punto nuovi farmaci, adottare protocolli terapeutici più efficaci e ottenere una sistema di diagnosi precoce, aspetto prioritario nel caso, ad esempio, della cura dei tumori. C’è poi la ricerca che porta ad avere nuovi dati in materia di prevenzione: sul fronte dell’alimentazione, sono state compiute scoperte interessanti che, in precedenza, erano considerate solo il frutto del buon senso. Oggi, con le ricerche epidemiologiche, è stato dimostrato che gli stili di vita influiscono sulla qualità e sulle aspettative di vita».



POLITICHE SANITARIE

Verso una società della salute I bisogni di assistenza cambiano e al sistema sanitario si chiede di rispondere con meno soldi. Non con nuove strutture, sottolinea Elio Borgonovi, ma scommettendo su «figure professionali specializzate per le fasi pre e post ricovero» Giacomo Govoni n moderno sistema di tutela della salute non può concedersi il lusso di cullarsi sugli allori. Neppure se la rete sanitaria in questione è quella lombarda, tradizionalmente considerata un modello e con picchi di eccellenza ospedaliera che la classifica stilata da Agenas relativa al 2012 non manca di immortalare. Prestazioni mediche ottime, 6 ospedali regionali nella top ten delle strutture sanitarie italiane: eppure la Regione sta pensando a una «revisione del modello di governance» del sistema sanitario lombardo. Una logica che Elio Borgonovi, presidente di Cergas, centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale presso la Bocconi, sottoscrive a pieno. «Gli eccellenti risultati ottenuti dal Piano nazionale esiti – osserva – non significano che non si possa ancora migliorare».

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In quali aspetti in particolare? «La governance va ripensata in tre direzioni: individuazione di una rete ospedaliera dell’area metropolitana milanese; organizzazione della rete milanese e lombarda, individuando ospedali ad alta, media e bassa complessità; collegamento dell’assistenza in regime di ricovero o di day hospital con l’assistenza territoriale. Mentre il sistema lombardo eccelle nell’offerta ospedaliera, sia pubblica che privata, esistono elevati margini di miglioramento sull’applicazione del principio di continuità della cura». L’ultimo rapporto Cergas-Bocconi avverte che la coperta dei finanziamenti al sistema sanitario continua ad accorciarsi. Con quali riflessi sulla rete clinica e assistenziale lombarda? «La riduzione delle risorse, tendenza non solo italiana, impone di mantenere i livelli assistenziali riordinando l’offerta. Per quanto concerne la Lombardia, i riflessi prevalenti riguardano l’individuazione di sovrapposizioni,

646.000

IL TOTALE DEI DIPENDENTI DI ASL E OSPEDALI NEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE. MENO DELLE BADANTI, CHE SONO 774MILA SECONDO IL RAPPORTO OASI 2012 DELLA BOCCONI 186 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013


Elio Borgonovi

Elio Borgonovi, presidente del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale presso la Bocconi

Le nuove tendenze richiederanno soprattutto di potenziare l’assistenza infermieristica, sia in regime di ricovero sia sul territorio

in quanto in passato l’aumento del finanziamento e la capacità di attrazione nei confronti di cittadini extra-regionali avevano portato a un’espansione dell’offerta. Ora il contenimento del finanziamento assegnato alla Regione e le politiche che altre Regioni adotteranno per ridurre la loro mobilità passiva richiedono di individuare per le varie specialità gli ospedali, i dipartimenti, le unità organizzative migliori e ad altri ospedali e dipartimenti di potenziare l’offerta in aree diverse». Da un lato si parla di chiudere i piccoli ospedali, dall’altro di potenziare i presidi sanitari territoriali. C’è un punto di equilibrio? «Credo che il concetto di chiusura di piccoli ospedali possa creare percezioni negative. Il punto è partire dai bisogni reali della popolazione, meno legati alle acuzie, al ricovero in ospedale e sempre più collegati a condizioni degli anziani, di persone con patologie croniche e non autosufficienti. Inoltre, i bisogni di salute sono sempre più caratterizzati da come vengono svolte le fasi precedenti (ac-

cessibilità e tempestività nella diagnosi) e successive al ricovero. Pertanto, il cambiamento richiede di pensare a percorsi assistenziali più che a strutture fisiche, a muri. La cosiddetta “società della salute” necessita di persone professionalmente preparate capaci di operare in equipe, all’interno di strutture o domicili adeguatamente attrezzati». Dove si può intervenire per ottimizzare il personale sanitario? «Le nuove tendenze richiederanno di utilizzare al meglio i medici e, soprattutto, di potenziare l’assistenza infermieristica, sia in regime di ricovero sia sul territorio. Esistono stime secondo cui nel 2018-2020 in Italia, fino a 30 anni fa il Paese col più alto rapporto medici-popolazione, vi sarà una carenza di 15mila medici, di cui circa 2.500-3.000 in Lombardia. Razionalizzando l’offerta si potranno utilizzare i medici nelle strutture in cui è richiesta un’assistenza di media e alta complessità, lasciando maggior autonomia e responsabilità a infermieri e altre figure assisten- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 187


POLITICHE SANITARIE

Luci e ombre della rete ospedaliera n un panorama sanitario nazionale che si sta muovendo per migliorare la produttività, l’efficienza e la sostenibilità finanziaria del suo sistema, una certezza c’è: la qualità della rete ospedaliera italiana. Complessivamente buona, al netto di scarti talvolta anche sensibili da una regione all’altra, e in graduale miglioramento, come mostrano i nuovi risultati del Programma nazionale di valutazione degli esiti curato da Agenas. Più di 1.400 gli ospedali pubblici e privati - accreditati e non - passati al setaccio dall’agenzia, che come di consueto ha misurato il rendimento delle varie strutture su un totale di 114 indicatori. A livello geografico, la regione più premiata dai numeri risulta la Toscana, che registra il 23,3 per cento di strutture in grado di offrire prestazioni al di sopra della media. Si tratta della percentuale migliore d’Italia in relazione, ad esempio, alla mortalità per ictus a 30 giorni dal ricovero e all’ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Appena dietro si piazzano l’Emilia Romagna, dove spicca la più bassa proporzione di tagli cesarei ottenuta dall’ospedale Ramazzini di Carpi, e la Lombardia, in cui operano strutture eccellenti come il Niguarda di Milano e l’ospedale di Lecco, capaci di azzerare il rischio di morte associato all’intervento di bypass arto coronarico. Tante luci anche in Umbria e nelle Marche, quest’ultima protagonista di un significativo scatto in avanti, anche grazie alle performance eccellenti messe a segno sul fronte degli infarti da presidi come il Lancisi di Ancona e il Mazzoni di Ascoli Piceno. Ma la vera sorpresa è rappresentata dal contributo positivo giunto finalmente dalla regione Sicilia che, correggendo le deficienze accumulate negli anni precedenti, ha risollevato la media italiana. Nei bassifondi della classifica stazionano, invece, molte regioni del Sud, che ancora zoppicano su alcuni indicatori ritenuti essenziali per valutare l’appropriatezza delle cure. Tra le più in ritardo il Molise, che riporta diversi esiti inferiori agli standard richiesti e la Puglia, dove per esempio l’ospedale S. Caterina Novella di Galatina e il S. Paolo di Bari non raggiungono l’1 per cento nel trattamento dell’infarto miocardico acuto, quando la media italiana è del 30 per cento. Fanalino di coda è anche quest’anno la Campania, che continua a scontare numerose criticità, tra cui l’eccessivo ricorso al taglio cesareo. GG

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ziali. In Lombardia si dovranno sviluppare politiche legate a esigenze specifiche del territorio e di Asl che probabilmente saranno da ripensare». Quali sono i livelli di assistenza più a rischio per via dell’austerity e quali andranno comunque preservati? «Questa pressione di risorse determina un paradosso, per cui saranno più a rischio gli interventi di prevenzione primaria e secondaria come diabete, ipertensione, obesità e altre, nonostante molti studi dicano che nel medio-lungo periodo la prevenzione sarà la principale politica di sostenibilità del sistema. Sarà, comunque, necessario mantenere la capacità di rispondere a bisogni complessi e a costo elevato, mentre per bisogni di minor portata occorrerà forse orientarsi verso soluzioni assicurative o casse integrative. Tuttavia il tema non va affrontato con la paura che venga meno il servizio a copertura universale e solidaristico, ma con concrete soluzioni che lascino ai pazienti la libertà di decidere se la salute è un bisogno prioritario nell’ambito delle proprie scelte di vita».


Mario Mantovani

La forza della sussidiarietà Sistema sanitario che vince, si cambia. «Per farsi carico dei nuovi bisogni emergenti della popolazione lombarda», sottolinea Mario Mantovani, e per consolidarsi come modello virtuoso anche sul piano organizzativo ed economico Giacomo Govoni

n una geografia sanitaria nazionale dalle mille tonalità, lo smalto della Lombardia non si deteriora, anzi. Subito alle spalle di Toscana ed Emilia Romagna per qualità di cure sul territorio, il sistema sanitario regionale si conferma leader assoluto in termini di eccellenza ospedaliera, con 6 strutture fra le migliori 10 italiane. Lo riferisce l’ultima graduatoria Agenas, basata sugli esiti ottenuti nel 2012 da 1.440 ospedali pubblici e convenzionati italiani. «I buoni risultati nel campo delle performance qualitative non si improvvisano» commenta l’assessore lombardo alla salute Mario Mantovani, che ricorda le azioni messe in campo dalla Regione in questo settore. Quali sono e quanto hanno inciso nella conquista di questo ranking? «Regione Lombardia ha sempre intrapreso importanti progetti in ambito sanitario, prima sostenendo la certificazione Iso e poi collaborando con la Joint Commission e con l’Università Bicocca di Milano. Questo ha permesso di promuovere nelle strutture ospedaliere la cultura della valutazione e della misurazione dei risultati. La valutazione funziona se diventa strumento utile per la crescita del sistema e non esercitata solo in una logica di controllo. La strada, dunque, è quella di perseguire un costante miglioramento non contro, ma insieme agli operatori». Eppure, nonostante dati confortanti, state mettendo a punto una nuova riforma della sanità regionale. Su quali linee d’intervento inciderà in particolare? «Dopo 16 anni dall’ultima riforma sanitaria

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Mario Mantovani, assessore alla salute della Regione Lombardia

30%

LA QUOTA SUL TOTALE DELL’UTENZA SANITARIA LOMBARDA DI PAZIENTI CRONICI, CHE PESA SUL 70% DEL BILANCIO DI SETTORI

dobbiamo farci carico dei nuovi bisogni emergenti. È, infatti, noto come il sistema sanitario regionale nei prossimi anni dovrà occuparsi dei pazienti cronici che rappresentano il 30 per cento circa della popolazione lombarda; una percentuale che, considerando la popolazione anziana, porterà a utilizzare il 70 per cento dell’attuale bilancio sanitario. Sarà dun- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 189


POLITICHE SANITARIE

Il problema della non autosufficienza e della disabilità non si può risolvere aumentando in modo semplicistico il numero dei servizi socio-sanitari

que necessario adeguare l’assetto territoriale

delle aziende sanitarie locali e ospedaliere». Come? «Gli ospedali dovranno finalizzare meglio la loro mission effettuando le prestazioni a maggior complessità clinica e tecnologica, mentre alcune strutture potranno trasformarsi in ospedali territoriali per la cura della cronicità, per l’erogazione delle prestazioni ambulatoriali e delle attività sub acute. Una rivoluzione che porrà al centro la collaborazione tra pubblico e convenzionato, con un rinnovato protagonismo dei territori». In Italia cresce il welfare fai da te, con un tessuto assistenziale che, secondo il rapporto Oasi 2012, in Italia conta più badanti che dipendenti Asl. A quali soluzioni sta pensando il sistema sanitario regionale per fronteggiare questo fenomeno? «Il problema della non autosufficienza e della disabilità non si può risolvere aumentando in modo semplicistico il numero dei servizi sociosanitari in base alle richieste dei territori. Si tratta piuttosto di attivare modalità collaborative tra tutti gli attori istituzionali. In Lombardia esiste già una fitta rete sociale fatta di associazioni non profit, cooperative sociali, gruppi familiari che apportano un valore aggiunto al nostro sistema. Dovremo ulteriormente valorizzare tale straordinario motore di operosità e solidarietà secondo quel principio di sussidiarietà che da sempre contraddistingue noi lombardi».

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Avete presentato da poco l’iniziativa “Codice ictus”. Quali altri interventi avete in agenda sul terreno della prevenzione? «L’esperienza più interessante oggi in atto è a mio parere il “Chronic related group”, un modello di presa in cura delle principali cronicità basato su una medicina di iniziativa. Gestito da associazioni di medici di famiglia, mira a favorire la collaborazione dei pazienti coi percorsi di diagnosi e terapia. Il progetto sperimentale è in corso in 5 Asl e coinvolge circa 70mila pazienti affetti da patologie quali ipertensione, diabete e scompenso cardiaco. Molteplici poi sono le azioni di prevenzione e promozione dei corretti stili di vita, oltre alle attività di intervento sull’alimentazione, soprattutto in vista di Expo 2015». Malgrado i tagli apportati dal governo, siete ancora la 30° regione europea su 262 per qualità di servizio sanitario. Quali misure di sostenibilità adottare per scalare ulteriori posizioni e quali provvedimenti politici faciliterebbero questo percorso? «Lavoreremo per difendere e realizzare un vero sistema federale che lasci alle Regioni la libertà di promuovere e organizzare in modo autonomo i propri sistemi sanitari, pur nell’obbligo per tutti di mantenere gli equilibri di bilancio. In questo modo la Lombardia, modello virtuoso di offerta sanitaria ma anche sul piano organizzativo ed economico, potrà consolidarsi come regione guida in Italia, ma anche su scala europea e internazionale. L’applicazione dei costi standard ci consentirà poi in breve tempo non solo di ridurre i ticket, ma anche di investire nuove risorse in ricerca e sviluppo».



POLITICHE SANITARIE

Best practice e conti a posto Nel Lecchese opera una delle aziende ospedaliere che meglio esprime la qualità e l’efficienza del sistema sanitario lombardo. Ma «sull’approccio all’emergenza si può fare ancora di più», sostiene Mauro Lovisari Giacomo Govoni

n ricorso ai tagli cesarei dell’8,1 per cento, contro una media nazionale del 26,2 per cento, e un tasso di mortalità a 30 giorni da intervento di valvuloplastica pari a zero. È grazie a risultati come questi che l’ospedale Manzoni di Lecco figura nelle posizioni di vertice del Programma nazionale valutazione esiti 2013 pubblicato annualmente da Agenas. Un presidio d’eccellenza che fa parte dell’Azienda ospedaliera della provincia di Lecco, guidata da Mauro Lovisari. «Queste ultime rilevazioni – osserva il direttore generale – confermano che l’offerta ospedaliera delle nostre strutture è fra le migliori del Paese, in particolare in ambito cardiovascolare e materno-infantile e nel campo della chirurgia oncologica». Per quali ulteriori aspetti l’azienda da lei diretta rientra nella top ten degli ospedali nazionali? «Il primo aspetto è l’equilibrio fra i costi e i ricavi, migliorato in particolare nell’ultimo

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Mauro Lovisari, direttore generale dell’Azienda ospedaliera della Provincia di Lecco

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triennio. Mi riferisco al controllo dei costi aziendali, pur in presenza di un incremento dell’attività sanitaria. Un secondo aspetto riguarda l’organizzazione: siamo riusciti a creare aree dipartimentali per intensità di cura e assistenziale, come quella chirurgica e medica, e per attività complesse onnicomprensive con diagnostica, cura delle acuzie, riabilitazione intensiva, come quella cardiovascolare e di neuroscienze». Rispetto a quali indicatori qualitativi state compiendo i maggiori progressi in termini numerici? «Gli impegni sono rilevanti e riguardano l’utilizzo più efficiente delle sale operatorie, incrementando anche gli spazi per l’attività a pagamento; il trattamento della frattura del femore da rendere più tempestivo; l’estensione della chirurgia laparoscopica e conservativa per il trattamento del tumore renale; una maggior appropriatezza dell’uso degli antibiotici; un più efficace approccio al politrauma in emergenza; l’ampliamento dell’attività di chirurgia robotica, se supportata da adeguati finanziamenti». A proposito di fondi, quanto avete investito per l’aggiornamento delle strutture e degli impianti tecnologici? «Gli investimenti sono la nota dolente della nostra azienda. I tagli operati dallo Stato hanno provocato una contrazione dei fondi per gli interventi sugli immobili, sugli impianti, sulla tecnologia clinica e sull’informatica. Come si usa dire, stringiamo la cinghia fino all’ultimo buco, anche se è assurdo per una regione come la Lombardia, che produce di più di un quinto del Pil nazionale. Comunque sia, la dotazione strumentale della nostra azienda è all’altezza delle attese di salute dei


Mauro Lovisari

80 mila GLI ACCESSI AL PRONTO SOCCORSO GESTITI ANNUALMENTE DALL’AZIENDA OSPEDALIERA DI LECCO

cittadini che, anche al di fuori della provincia, decidono di affidarsi alla cura degli specialisti dei nostri ospedali». In un recente convegno ha rimarcato alcune criticità del sistema sanitario lombardo, tra cui la regolamentazione degli afflussi al Pronto soccorso. Come funziona nella vostra realtà? «L’approccio all’emergenza è uno dei pochi punti deboli del sistema lombardo. A Lecco abbiamo introdotto un accesso riservato ai codici rossi e gialli, ai quali abbiamo dato assoluta priorità, creando una sala d’attesa assistita per le barelle. Abbiamo creato, altresì, un ambulatorio dedicato ai codici minori, riducendo i tempi di attesa di chi dovrebbe o potrebbe evitare di venire in Pronto soccorso». Quali nuovi approcci andrebbero studiati in questa direzione? «Il problema vero è che ci deve essere una netta separazione nel trattamento dell’emergenza. Il caso complesso, che non può essere risolto in continuità assistenziale dal medico di famiglia e dalla guardia medica, deve transitare nel Pronto soccorso ospedaliero. Il caso minore, con codice bianco o verde non impegnativo, va trattato nei poliam-

bulatori o negli ambulatori dei medici di medicina generale associati». Da alcuni mesi lei è anche membro della Consulta regionale della sanità. Su quali nodi strategici richiamerà maggiormente l’attenzione? «La consulta è un vasto organismo partecipato di cui sono onorato di far parte. Tuttavia temo che l’elevato numero dei suoi membri comporti una prevalenza dell’elemento politico rispetto a quello tecnico scientifico, del contributo critico su quello propositivo, rendendolo meno efficace. Per quanto mi riguarda, se potrò, mi batterò per valorizzare tre questioni che reputo strategiche: la creazione di un’agenzia dei servizi sanitari che studi le best practice lombarde per diffondere meglio le eccellenze; la configurazione di un diverso ruolo delle società in-house (Finlombarda, Infrastrutture Lombarde, Lombardia Informatica e Cra) per creare e favorire economie, finanziamenti, vantaggi, progressi tecnologici per le aziende sanitarie; lo sviluppo di una maggior organizzazione nel territorio per un’effettiva integrazione delle risposte sanitarie e sociali, specie nei confronti della cronicità». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 193


Biotech, la ricerca di frontiera I medicinali di domani e le possibilità attuali, in un contesto di ricerca e sviluppo completamente reindirizzato verso le patologie che non hanno cure definitive. Giuseppe Banfi indica le prospettive più incoraggianti Renato Ferretti

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lcune malattie si dicono “orfane”. Succede quando non sono presenti programmi di sviluppo per una cura, una scelta che, com’è facile immaginare, deriva soprattutto dal numero esiguo di casi. Negli ultimi dieci anni, però, la ricerca farmaceutica ha cominciato a seguire una logica “di nicchia” abbandonando, di fatto, quella “di massa”, con la quale si investiva in precedenza. «E il biotech è la risposta». A spiegare gli ultimi sviluppi, e le più interessanti prospettive per il futuro, è Giuseppe Banfi, amministratore delegato dell’affiliata italiana di Biogen Idec, una delle più importanti biotech farmaceutiche con sede a Boston. «Negli anni ottanta – ricorda Banfi – si cercava il medicinale definitivo per patologie diffusissime come l’ulcera o l’ipertensione. Oggi l’industria del farmaco cerca di dare risposte a nuove domande di salute per patologie invalidanti e ad alto impatto sociale (malattie auto-immuni, neurologiche, epatiti), per cui spesso manca una cura. Dalle logiche del mercato “di massa” ora si guarda ad ambiti più circoscritti». Qual è il campo di specializzazione di Biogen Idec? «Uno dei campi più importanti per noi è costi-

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Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Idec Italia, con sede a Milano www.biogenidec.com


Giuseppe Banfi

❝ tuito dalle malattie neurodegenerative, e in particolare ci occupiamo di trattamenti per la sclerosi multipla. La sclerosi multipla ha un’origine purtroppo ancora ignota. Quello che la ricerca ci permette finora sono i cosiddetti disease modifier che modificano il decorso delle malattie. Nel caso della sclerosi multipla a ogni evento di riacutizzazione il malato subisce un aggravarsi della disabilità. I nostri farmaci, frutto della ricerca biotecnologica, rallentano il decorso della malattia, riducendo il numero di eventi acuti e rallentano molto la progressione della disabilità. In alcuni casi, per esempio, la malattia portava ad aver bisogno della sedia a rotelle: nell’arco di poco tempo, anche solo dieci anni. Grazie ai medicinali disponibili oggi, invece, questa possibilità si presenta dopo un periodo di tempo molto più lungo». Quali sono le dimensioni dell’impatto sociale che la sclerosi multipla porta con sè? «Più rilevanti di quanto si possa immaginare. Occorrerà presto aprire una riflessione sui nuovi trattamenti, che non tenga conto soltanto degli aspetti tecnico-sanitari. Bisogna considerare anche i valori socio-previdenziali, nella prospettiva dell’alto impatto invalidante della patologia, il suo pesante riflesso sulla vita dei pazienti e dei famigliari, oltre al lungo e complesso decorso clinico». Dunque ci sono nuovi trattamenti in arrivo.

Le terapie in arrivo saranno strategiche sia per la gestione della malattia sia per il minore impatto sociale

«Le terapie che in tempi relativamente brevi saranno disponibili, assumeranno un’importanza strategica per la gestione della malattia, sia per migliorare la qualità di vita del paziente sia per il minore impatto sociale. Infatti, sono in fase di ricerca e registrazione un buon numero di principi attivi che potrebbero contribuire a cambiare in modo significativo l’evoluzione della malattia. Questi sono risultati che si devono anche al coraggio di investire in una ricerca di frontiera, capace di portare trattamenti realmente innovativi». Cosa intende, nel vostro caso, per coraggio? «La nostra missione è di sviluppare farmaci per malattie che non hanno una cura definitiva. Una di queste, per esempio, è stata la sclerosi laterale amiotrofica, patologia del sistema nervoso centrale che porta alla morte in due o tre anni, con un decorso devastante. Il meccanismo che causa questa patologia non è ancora noto e la ricerca di una cura prevede un cammino estremamente incerto. Ciononostante abbiamo deciso di portare avanti lo sviluppo clinico di un farmaco, con tutti i rischi connessi agli investimenti. Purtroppo il tentativo non è andato a buon fine, ma non ci siamo arresi e la nostra ricerca tuttora continua». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 197


FARMACI

Il farmaceutico investe in Italia «L’Italia nel 2014 è destinata a diventare per il gruppo Ibsa il secondo centro d’importanza produttiva, dopo la Svizzera, e start up di nuovi progetti di ricerca industriale». Giorgio Pisani spiega dove convoglieranno gli investimenti del gruppo Matteo Grandi

rediamo fortemente nella possibilità di recupero dell’Italia e nel rilancio del mercato interno. Ecco perché abbiamo deciso di continuare a investire in questo Paese, in particolar modo nel lodigiano, dove recentemente abbiamo acquisito alcuni nuovi immobili, per un’ulteriore valorizzazione del territorio in cui siamo già presenti con una realtà da oltre 110 milioni di fatturato nel 2012 e 350 dipendenti che lavorano in due stabilimenti produttivi». Il dottor Giorgio Pisani spiega in questo modo la politica che, nel 2014, porterà il gruppo svizzero Ibsa a investire ancora di più in Italia. Un gruppo presente in oltre 70 Paesi del mondo e che conta oltre 1800 dipendenti, con attività che coprono 7 aree terapeutiche (riproduzione e fertilità, respiratorio, reumatologia, urologia, dolore/infiammazione, dermatologia e dermoestetica, endocrinologia) e con più di 60 brevetti esclusivi. Com’è stato tradotto l’investimento di Ibsa in Italia? «Nell’ottobre dello scorso anno abbiamo inaugurato la nostra nuova sede a Roma, che si aggiunge a quella di Lodi, dove ha sede Ibsa Farmaceutici Italia. Si tratta di un ulteriore investimento sul territorio nazionale, nonostante l’evidente periodo di difficoltà e la crisi che ha investito il settore farmaceutico. Parliamo di circa 200 milioni di euro d’investimento totale di cui 100 negli ultimi due anni e i restanti 50 previsti nei prossimi 36 mesi». Quali sono stati i risultati e gli obiettivi più significativi conseguiti nel corso dell’ultimo

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Il dottor Giorgio Pisani è responsabile della Ibsa Farmaceutici Italia Srl (LODI) www.ibsa.it

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anno? «Ibsa Farmaceutici Italia ha fatturato nei primi 10 mesi del 2013 un +18 per cento rispetto all’equivalente periodo del 2012 che corrisponde ad un +31 per cento di unità vendute. Nell’area endocrinologica abbiamo apportato sostanziali innovazioni terapeutiche per i pazienti affetti da patologie tiroidee. Nell’ambito della procreazione medicalmente assistita abbiamo migliorato il posizionamento ed utilizzo delle gonadotropine prodotte. Per quanto riguarda l’area osteoarticolare, abbiamo contribuito allo sviluppo di standard posologici con il nostro Acido Ialuronico intrarticolare. Nell’area otorinolaringoiatrica abbiamo invece sancito l’utilizzo di un nostro acido ialuronico per via aerosolica nel post chirurgico e nelle rinosinusiti. C’è stata la defi-


Giorgio Pisani

È necessario incrementare il rapporto con le eccellenze di ricerca presenti nel territorio e snellire i tempi tecnici autorizzati per i nuovi investimenti

nitiva affermazione inoltre, nelle patologie vescicali non oncologiche, di un nostro prodotto a base di acido ialuronico e Condroitin solfato, che ha visto la conclusione di uno studio multicentrico con la conferma di efficacia rispetto al golden standard di trattamento presente in tutte le linee guida». Attraverso quali asset strategici investirete sul territorio italiano? «L’anno prossimo incrementeremo la nostra attività proponendo al mercato un innovativo trattamento per il dolore acuto, il Diclofenac. Si tratta di una terapia a basse dosi che il paziente potrà somministrare anche in autonomia. Nell’area dedicata alla fertilità presenteremo invece una rivoluzionaria modalità di somministrazione del progesterone».

Quanto investirete nel 2014 in ricerca, innovazione e sviluppo? «Abbiamo in progetto di investire 400 mila euro per attrezzature e rinnovo laboratori; 300 mila euro nel personale; 250 mila euro negli studi clinici e consulenze scientifiche. Solo per Ibsa Italia, senza considerare ingenti investimenti dei capogruppo, gli investimenti ammonteranno a circa 4 milioni di euro in quanto abbiamo intenzione di portare avanti il progetto Pon Nutrafast nelle regioni Lombardia e Campania e di sviluppare nell’ambito dell’infettivologia la linea “Clara” oltre a uno strumento automatico di analisi». Quali feedback avete ricevuto dalle novità relative alla cura delle problematiche della tiroide? LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 199


FARMACI

4 mln

+18%

L’AMMONTARE DEGLI INVESTIMENTI PREVISTI DA IBSA PER L’ITALIA NEL 2014

LA CRESCITA DEL FATTURATO DI IBSA ITALIA NEI PRIMI DIECI MESI DEL 2013 RISPETTO ALLO STESSO PERIODO NEL 2012

«Le problematiche relative alla tiroide, che in Ita- assolutamente indispensabile inoltre distribuire lia coinvolgono il 4-5 per cento della popolazione, dopo molti anni di assoluto silenzio, sono tornate all’attenzione delle comunità scientifiche soprattutto grazie al dibattito che siamo riusciti a far emergere. In modo particolare abbiamo fatto affiorare la necessità di introdurre nuove forme farmaceutiche rivolte alle esigenze del paziente migliorandone la compliance e la qualità di vita. Questa strategia continuerà anche l’anno prossimo utilizzando una delle tecnologie care a Ibsa, ovvero le Soft Gels». Quali interventi occorrono affinché realtà come la vostra possano continuare a investire e a creare indotto occupazionale anche per tanti giovani ricercatori? «Innanzitutto è necessario colmare quelle che sono le lacune di tutto il comparto: snellimento dei processi registrativi, minore burocrazia e interventi non più restrittivi e non programmati. È

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incentivi volti all’assunzione di nuovi ricercatori. È necessario inoltre incrementare il rapporto con le eccellenze di ricerca presenti nel territorio e snellire i tempi tecnici autorizzati per i nuovi investimenti». Su quali nuovi ambiti terapeutici vi orienterete in futuro? «Oltre i già citati ambiti specialistici, nei prossimi anni intendiamo occuparci anche di cardiologia sia nell’ambito della prevenzione primaria che secondaria. Il 2014 sarà un anno cruciale dove dovremmo consolidare lo sviluppo degli anni passati e, con il lancio dei nuovi prodotti, rendere operativa la nuova struttura di San Grato, al top della tecnologia produttiva e del Gmp al livello europeo. L’Italia sarà per il gruppo il secondo centro di importanza produttiva, dopo la Svizzera, e start up di nuovi progetti di ricerca industriale».



XXXXXXXXXXXXXXXXX STRUTTURE SANITARIE

Il ruolo della sanità privata accreditata Gianfranco Provenzi del centro Sanitas Diagnostica affronta il tema dell’integrazione fra sanità pubblica e privata: non concorrenza, ma collaborazione. E indica le direzioni virtuose per il futuro della sanità lombarda. Con una particolare attenzione alla medicina del lavoro Vittoria Divaro

fficienza e attenzione alle esigenze della società e dei cittadini. Sono questi i punti forti dei centri Sanitas, che integrano i servizi della rete sanitaria pubblica attraverso le strutture a Crema, a Soncino, presso la Fondazione Brunenghi di Castelleone e presso il Centro radiologico lodigiano. «Le strutture private a contratto erogano servizi di qualità, con tempi di attesa ridotti e con costi inferiori rispetto a quelli del sistema sanitario nazionale». Ad affermarlo è Gianfranco Provenzi, uno dei titolari e dirigenti del centro Sanitas – che offre prestazioni in convenzione per fisiokinesiterapia, medicina dello sport e del lavoro, odontoiatria e radiologia mobile. Che aggiunge: «Auspico che agli ospedali venga sempre di più riconosciuto il ruolo di eccellenza sulla complessità delle cure e alle strutture private venga dato il riconoscimento del ruolo di eccellenza sui servizi di diagnostica e polispecialistica. La nostra struttura, quest’anno, diversamente dalla maggior parte dei centri sanitari, ha aumentato il proprio budget. Il risultato è che abbiamo confermato la nostra capacità di rispondere tempestivamente a tutte le urgenze. Mentre, per quanto riguarda i tempi di attesa delle prestazioni in convenzione, riusciamo a non superare mai i sette giorni – molto più lunghi i tempi di attesa

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Il centro Sanitas Diagnostica ha le sue sedi a Crema (CR), Soncino (CR), Castelleone (CR) e Lodi, presso il Centro radiologico lodigiano www.sanitasdiagnostica.it


Gianfranco Provenzi

in altre strutture e soprattutto nel pubblico. Inoltre sono state sostituite le apparecchiature di radiologia con delle nuove tecnologie a basso dosaggio di radiazioni, è stata inserita una risonanza magnetica per obesi, aperto un punto prelievi e ampliato il servizio di odontoiatria. Tutto questo ci ha consentito quindi di fidelizzare maggiormente i nostri pazienti e di ampliare l’utenza anche su territorio lodigiano, grazie al Centro radiologico lodigiano, in associazione con il dottor Giancarlo Regali, specialista in neurologia». NON CONCORRENZA, MA COLLABORAZIONE

Ampliare la presenza e rafforzare il ruolo sul territorio per il centro Sanitas non vuol dire però porsi in competizione con le strutture del sistema sanitario nazionale. Perché l’obiettivo primario è quello di migliorare la salute dei cittadini. «A mio avviso – dichiara Provenzi –, oltre alla costante e continua crescita dei servizi offerti, è necessario coltivare e aumentare il livello di sinergia fra le strutture pubbliche e le strutture private, per garantire ai cittadini il miglior servizio

❝ ❞

Le istituzioni dovrebbero dar vita a tavoli tecnici con lo scopo di determinare degli indirizzi comuni a favore di prevenzione e diagnosi precoce

in risposta alle loro richieste. È per questo che siamo impegnati a ridurre ulteriormente i tempi di attesa, mantenendo comunque la qualità del servizio. Anche perché, con l’aumento dell’età della popolazione e il logico aumento della cronicità delle patologie, cresce la necessità di dare risposte immediate. Questo naturalmente richiederà anche una riorganizzazione. I centri di eccellenza andranno riconosciuti e valorizzati non più come singoli servizi, bensì all’interno di una rete territoriale che risponda adeguatamente alle necessità attuali della popolazione. In questo modo, lavorando ognuno per erogare al meglio la propria specificità, ma all’interno di una rete sinergica, il sistema sanitario nazionale non potrà che ottimizzare le risorse, dando comunque risposte strutturate e di qualità. Un esempio pratico e fa- ❯❯ LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 203


STRUTTURE SANITARIE XXXXXXXXXXXXXXXXX

❯❯ cilmente intuibile è la titolarità dell’azienda costo in più per le aziende, già gravate dalla ospedaliera di Crema e la gestione del privato per quanto concerne gli ambulatori di Castelleone e le convenzioni fra Sanitas Diagnostica e l’ospedale di Crema per l’anatomia patologica e analisi cliniche particolari. Finora la Lombardia ha sempre rappresentato un’eccellenza e un unicum sul panorama sanitario nazionale. E quindi ritengo che la sfida posta dal territorio sia assolutamente alla nostra portata, o mancheremmo alla nostra missione».

crisi economica. Una soluzione che permette, da una parte, di ottemperare agli obblighi di legge e, dall’altra, viene incontro alle imprese è quella proposta dal centro Sanitas. Come spiega ancora Provenzi: «Attualmente seguiamo circa 1.100 aziende dislocate nel territorio bergamasco, milanese, cremonese e bresciano. Il nostro modello è quello di una medicina del lavoro che va dalle aziende. Consentendo in questo modo un risparmio consistente di tempo e quindi di denaro». Da diversi decenni ormai il cenIL CENTRO SANITAS tro ha predisposto cinque unità mobili equiE LA MEDICINA DEL LAVORO paggiate per poter svolgere tutti gli esami e A ottobre si è svolta la prima giornata na- le visite direttamente presso le sedi produtzionale della medicina del lavoro. Tema sem- tive, portando così fuori dalla struttura le pre più importante per una qualità della competenze e le tecnologie del centro. vita ottimale dentro e fuori dagli ambienti produttivi. Il rispetto delle misure previste LE UNITÀ MOBILI dalle norme di sicurezza e i controlli perio- AL SERVIZIO DELLE AZIENDE dici per i dipendenti rappresentano però un «Nei differenti contesti produttivi le condizioni ambientali influiscono direttamente sulla salute dei dipendenti e sulla produttività dell’azienda. Un controllo specifico e sistematico, tecnico e sanitario è quindi fondamentale». Le unità mobili del centro Sanitas sono dotate di tutti gli strumenti per una gestione globale del problema salute nell’impresa, consentendo all’azienda di adempiere tutti gli obblighi di legge, con in più la possibilità di erogare servizi personalizzati. «Effettuiamo sopralluoghi tec204 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013


Gianfranco Provenzi

Nel 2013 il centro Sanitas ha sostituito le apparecchiature di radiologia con nuove tecnologie a basso dosaggio e investito su una risonanza magnetica per obesi

nico-sanitari per il miglioramento della sicurezza e della salute delle maestranze sul luogo di lavoro, visite mediche preventive e periodiche, oltre a esami strumentali spirometrici, audiometrici, radiologici, screening in assenza di sostanze psicotrope, prelievi. A questo si aggiunge un servizio di formazione e informazione, con l’organizzazione di corsi sui rischi lavorativi generali e specifici, sulla base di quanto previsto dalle normative vigenti». E tutto questo limitando al minimo il tempo sottratto al lavoro e i costi per lo svolgimento delle visite nelle strutture pubbliche. «Entrando in azienda con le unità mobili, diamo la possibilità a tutti i dipendenti di fare le visite e gli esami necessari per la medicina del lavoro in loco. Organizzando una turnazione, i costi per l’azienda sono inferiori alla metà rispetto a quelli imposti dallo spostamento in strutture esterne e alla conseguente perdita di tempo produttivo».

LE ALTRE SFIDE PER IL FUTURO

«In un periodo di difficoltà economica – dice Provenzi in conclusione –, gli investimenti saranno ben valutati e dedicati al consolidamento della qualità dei servizi. Una delle voci prioritarie sarà la formazione e la crescita professionale degli specialistici. Con il nuovo anno intendiamo ristrutturare il servizio, riorganizzandolo e inserendo nuove specializzazioni. Inoltre, occorre informare maggiormente la popolazione e sensibilizzarla a una cultura della prevenzione e della diagnosi precoce. La cultura della prevenzione sarà il risparmio del domani. Sanitas ha tutte le competenze per svolgere attività di informazione e formazione sui fattori di rischio per le patologie con maggiore incidenza, come tumori, ipertensione, cardiopatie, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). Auspico che le istituzioni diano vita a dei tavoli tecnici per un fattivo confronto, con lo scopo di determinare degli indirizzi comuni a favore della diagnosi precoce». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 205




DISFUNZIONI DELLA SPALLA

Trattare le patologie della spalla Le ultime novità per la cura delle patologie e delle disfunzioni della spalla. In particolare quando queste derivano dal cedimento degli elementi della cosiddetta cuffia dei rotatori. Mario Randelli presenta le possibilità offerte dall’artroscopia Valerio Maggioriano

causa della sua complessità, per molto tempo la spalla e le sue patologie non hanno ricevuto un’adeguata attenzione. Solo negli ultimi decenni le cose sono cambiate, in seguito agli studi dell’americano Charles Neer, che descrisse il meccanismo conflittuale della spalla come causa di dolore e lesioni anatomiche. «È dagli anni Settanta, – afferma il dottor Mario Randelli, specialista in ortopedia della Clinica

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Il dottor Mario Randelli, della Clinica Humanitas, è specialista in ortopedia, docente di clinica ortopedica all’Università di Milano e fondatore della Società italiana di chirurgia della spalla maraortop@tiscali.it

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Humanitas, docente di clinica ortopedica all’Università di Milano, padre della chirurgia della spalla in Italia e fondatore della Società italiana di chirurgia della spalla –, che abbiamo compreso che le disfunzioni di questa articolazione possono avere cause e meccanismi diversi. Un ulteriore stimolo è venuto inoltre dallo sviluppo di metodiche diagnostiche sempre più sofisticate, come la risonanza, la Tac e, da ultimo, l’artroscopia». Pertanto, quelle patologie che, precedentemente venivano collocate tutte sotto la voce delle periartriti, sono state meglio comprese nella loro natura – come patologia della cuffia dei rotatori, instabilità, artrosi e fratture – e come tali inquadrate nella terapia più corretta. Premessa fondamentale è stata la comprensione del delicato equilibrio che regola la funzione della spalla. «Questa articolazione è influenzata da numerosi fattori, diversi fra loro ma strettamente interconnessi. Infatti, i rapporti scheletrici fra la testa omerale e la scapola sono soggetti all’azione di ventuno muscoli, con un ruolo di primo piano della cosiddetta cuffia dei rotatori. Quest’ultima è un gruppo di tendini nastriformi (piatti) che si fondono fra loro e avvolgono la superficie anteriore, superiore e posteriore della testa omerale, guidando in questo modo le fasi cruciali dell’ampio movimento espresso dalla spalla». Dolore e disfunzioni possono essere causati proprio dal cedimento degli elementi della cuffia. «In altri casi, alla base delle compromissioni della stabilità della spalla, possono esservi dei traumi o dei processi dege-


Mario Randelli

nerativi o infiammatori. Va infatti considerato che, per motivazioni biomeccaniche, l’instabilità della spalla è un fatto intrinseco all’articolazione stessa. Questa per una corretta funzionalità deve essere ampiamente mobile e al tempo stesso stabile». Valutati tutti questi aspetti e compresa l’origine del problema, si passa alla definizione della terapia. «Il trattamento delle patologie della spalla non può mai essere univoco. E la stessa chirurgia va vista come una delle possibilità e non l’unica. Importantissima è, per esempio, la riabilitaL’instabilità della spalla è un fattore intrinseco. zione, non necessariamente abL’articolazione, per una corretta funzionalità, binata all’intervento chirurdeve essere ampiamente mobile e al tempo gico, ma anche come stesso stabile prevenzione o correzione. Nei casi in cui, invece, non sia possibile evitare la chirurgia, questa offre diverse opzioni, in base alla gra- cattura di immagini dell’interno delle articovità del problema. Nel trattamento dell’ar- lazioni con speciali microscopi, sia nell’introsi, della degenerazione della cartilagine e tervento vero e proprio, con varie procedure nelle lesioni estreme, la protesica è una ri- chirurgiche eseguibili senza apertura delle arsposta, che deve però tenere conto di proble- ticolazioni». matiche biomeccaniche e cliniche più com- Alle nuove tecnologie, recentemente, si sta afplesse rispetto ad altre protesi articolari». fiancando anche un nuovo approccio di supIn altri casi, quando la cuffia dei rotatori è porto alla chirurgia, quello biologico. rotta, si può intervenire con tecniche minin- «Emerge l’evidenza che per migliorare i rivasive, come la chirurgia artroscopica. «Di- sultati anche le nuove tecniche possono essere versamente dalla chirurgia tradizionale, que- rese più efficaci con supporti biologici che sta tecnica permette di intervenire sulle possono favorire i processi di guarigione. Ma articolazioni senza aprirle. L’artroscopia è questo è un terreno di studi ancora in evoluutile sia in fase diagnostica, permettendo la zione».

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OTORINOLARINGOIATRIA

Ipertrofia dei turbinati, un intervento semplice Con l’aumentare della criticità delle patologie legate a organi e mucose nasali si è reso necessario innovare sia le tecniche di chirurgia laser sia i metodi e gli esami diagnostici. Ne parliamo con Claudio Lambertoni Emanuela Caruso

causa dell’inquinamento atmosferico e dell’utilizzo smodato di medicinali vasocostrittori, come le gocce nasali decongestionanti, stanno diventando sempre più numerose le persone che soffrono in maniera cronica di naso chiuso. Diventando cronico, questo disturbo, che risponde al nome di ipertrofia dei turbinati, non riesce più a essere efficacemente curato dalle terapie mediche tradizionali – ovvero spray e lavaggi nasali, antistaminici e cortisone – e diventa quindi necessario intervenire per via chirurgica. Ma cosa sono i turbinati e perché contribuiscono ad avere il naso chiuso? A rispondere è il dottor Claudio Lambertoni, specializzato in otorinolaringoiatria: «I turbinati sono organi contenuti all’interno delle fosse nasali costituiti da uno scheletro osseo rivestito da mucosa nasale. La loro funzione è quella di riscaldare e umidificare l’aria che inspiriamo. In caso di varie condizioni patologiche, quali per esempio allergia, sinusite, tabagismo, uso di gocce nasali e reflusso gastroesofageo, i turbinati si ipertrofizzano, cioè si gonfiano, e smettono di “funzionare”. È quindi facilmente comprensibile come questo disturbo

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Il dottor Claudio Lambertoni, specialista in otorinolaringoiatria, chirurgia laser e chirurgia rinologica www.chirurgiadeiturbinati.it www.russamentoeapnee.com

possa dar vita al sintomo del naso chiuso e ad altre situazioni sgradevoli quali ostruzione nasale, scolo di muco, alterazioni dell’odorato e del gusto, mal di gola, russamento, apnee del sonno e otiti recidivanti». Qual è, quindi, lo scopo dell’intervento chirurgico e come si interviene nello specifico? «Gli interventi chirurgici effettuati in caso di ipertrofia dei turbinati hanno l’obiettivo di ridurre l’aumento di dimensione dei turbinati. Attualmente, la tecnica più impiegata è quella laser, eseguita fin dal 2000 negli Stati Uniti e poi diffusa in Francia dal professor Kamamy e oggi disponibile anche in Italia. Si tratta di un intervento ambulatoriale che prevede l’uso di un’anestesia locale di contatto, quindi senza iniezioni. È del tutto in-


Claudio Lambertoni

dolore e non vengono usati tamponi nasali, ciò significa che il giorno seguente all’intervento il paziente può riprendere tranquillamente le proprie attività quotidiane. Questo tipo di chirurgia laser si effettua attraverso un laser a diodi che “svuota” e riduce i turbinati, vaporizzando l’acqua contenuta nella mucosa senza creare alcun danno o problema». La chirurgia laser può essere utilizzata anche nei casi considerati più a rischio? «Certamente. Inoltre, si possono trattare agevolmente anche patologie associate come deviazioni del setto nasale e polipi nasali. L’efficacia degli interventi è buona e stabile nel tempo, le complicazioni sono quasi nulle e la tecnica è ripetibile». Recentemente, è stato riconosciuto come malattia anche il fenomeno del russamento, in quanto costituisce il segnale d’allarme di un’altra importante patologia: la sindrome da apnee del sonno. Quali tecniche vengono adoperate, oggi, per diagnosticare questi due disturbi? «L’esame diagnostico più utilizzato per individuare la roncopatia – russamento abituale – e la sindrome delle apnee del sonno è sen-

La chirurgia laser e la Sleep Endoscopy sono le tecniche d’avanguardia utilizzate in caso di ipertrofia dei turbinati, russamento e apnee del sonno

z’altro la Sleep Endoscopy, un semplice esame endoscopico eseguito con un endoscopio flessibile. Tale tecnica consente una diagnosi accurata del sito anatomico responsabile dei rumori del russamento e delle interruzioni del respiro, le apnee. La grande differenza rispetto agli esami effettuati fino a poco tempo fa sta nel fatto che la Sleep Endoscopy si esegue durante un sonno indotto dall’anestesista mediante un idoneo farmaco sedativo. In questo modo, oltre a valutare con certezza il sito ostruttivo – naso, palato, tonsille, parete ipofaringea, epiglottide – l’indagine permette anche di capire se per il paziente possa risultare utile risolvere il problema mediante un apparecchio ortodontico simile al bite o mediante interventi chirurgici mininvasivi e senza asportazione del tessuto su altri organi quali naso, base della lingua, faringe o laringe».

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ORTODONZIA

Una nuova soluzione per allineare i denti Per contribuire alla salute dentale degli adulti, ma soprattutto degli adolescenti, esiste un nuovo trattamento di ortodonzia. Riccardo Scaringi descrive il metodo Invisalign associato all’innovativa metodica dell’impronta digitale Emanuela Caruso

el campo dell’ortodonzia per adolescenti si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione. Se infatti prima si ricorreva ad apparecchi fissi formati da fili e attacchi in metallo per riallineare i denti, oggi ci si avvale di tecniche innovative che permettono all’adolescente di vivere la propria quotidianità senza le restrizioni, le irritazioni e l’imbarazzo causati dall’uso degli apparecchi tradizionali. Il nuovo trattamento dentale si chiama Invisalign e il dottor Riccardo Scaringi lo ha ag-

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Sotto, una mascherina del trattamento Invisalign; a destra, il dottor Riccardo Scaringi, medico chirurgo odontoiatra, direttore sanitario e amministratore dello studio Kiral Dental di Milano e Oral Medica Don Bosco Carugate (MI) www.riccardoscaringi.com

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giunto ai vari servizi offerti dagli studi dentistici Kiral Dental di Milano e Oral Medica Don Bosco di Carugate. Il trattamento con Invisalign si compone di una serie di aligner (mascherine trasparenti) quasi invisibili e removibili che vengono sostituiti da un nuovo set ogni due settimane, e consentono ai denti di muoversi pian piano fino al riallineamento nella posizione definita dal dentista. «La grande novità – spiega il dottor Scaringi – è rappresentata dalla rivoluzionaria metodica dell’impronta digitale che, grazie a un software integrato, è in grado di visualizzare il risultato finale della terapia ortodontica con la possibilità di inviare il semplice file per la processazione delle mascherine in tempi ridotti e con la massima precisione, eliminando definitivamente le paste in silicone tanto fastidiose da rilevare». Prima di parlare nello specifico del trattamento per adolescenti, quali sono i reali vantaggi apportati da Invisalign? «Gli aligner Invisalign, pressoché invisibili; possono essere tolti per mangiare e lavarsi i denti, contribuendo così a una maggiore igiene dentale rispetto agli apparecchi tradizionali – elemento essenziale per lo sviluppo corretto dei denti degli adolescenti. Inoltre, Invisalign è personalizzato, poiché ogni mascherina viene realizzata in base alle impronte dei denti del paziente; efficace, perché se ne possono apprezzare i benefici già prima di completare il trattamento, dato che i denti iniziano a muoversi da subito; e comodo, in quanto non irrita le gengive o la cavità orale. Infine, grazie al sistema virtuale 3d con scanner


Riccardo Scaringi

❝ iTero – presente in esclusiva a Milano nel nostro studio – è possibile mostrare al paziente gli spostamenti che i suoi denti subiranno nel corso del trattamento, permettendogli di vedere in anticipo come apparirà la bocca al termine della cura. Negli adolescenti, si sceglie il tipo di trattamento Invisalign in base allo stadio di sviluppo dei denti, perciò alcuni ragazzi potranno usare le stesse mascherine consigliate anche agli adulti, mentre altri potranno optare per Invisalign Teen». In cosa si differenzia Invisalign Teen dal trattamento base? «La tecnologia è la stessa utilizzata per gli aligner destinati a bocche più “mature”, ma il trattamento è stato potenziato da alcune funzioni speciali messe a punto proprio tenendo conto dello sviluppo continuo a cui è sottoposta la bocca di un adolescente. Sono stati perciò aggiunti degli aligner singoli sostitutivi, in caso qualche mascherina si rovini o venga persa; dei Compliance Indicator, piccoli bottoncini integrati nelle mascherine, che diventando da blu a trasparenti, aiutando a misurare il tempo di utilizzo; e delle funzioni particolari concepite per facilitare la crescita dei canini, dei secondi premolari e dei secondi molari».

Tra i vantaggi più importanti di Invisalign ci sono l'impronta digitale, la personalizzazione degli aligner e la loro trasparenza, l’efficacia, la comodità, e la rimovibilità

Come funziona il trattamento Invisalign? «Una volta appurato dai nostri medici ortodonzisti che Invisalign è il trattamento più adatto per un paziente, non serve più prendere le impronte dei denti da inviare ai laboratori per realizzare modelli di precisione Invisalign per l’elaborazione delle mascherine, bensì è possibile inviare il file derivato dopo l'impronta digitale in una tempistica che globalmente non supera i 40 minuti. Anche la digitalizzata da modelli in gesso ad immagine in 3d computerizzata non serve, dato che il cambiamento è visibile a monitor in metodica animata in tempo reale e si può controllare il movimento preciso dei denti per tutta la durata del trattamento. Ogni aligner viene realizzato su misura dei denti del paziente e deve essere portato per circa due settimane prima di essere sostituito con il set successivo. In genere un trattamento completo prevede 18-36 mascherine per l’arcata superiore e inferiore e un periodo di cura compreso tra i 9 e 18 mesi». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 215


ODONTOIATRIA

È calata l’attenzione per la prevenzione Nell’ultimo quinquennio è cresciuta l’incidenza di carie tra i giovani e d’infezioni che possono degenerare in gravi patologie. «Se non si punta sulla prevenzione il pericolo è di tornare alle condizioni di 30 anni fa». La parola a Marco Toia Marco Tedeschi

urante il terzo Congresso politico dell’Associazione Italiana Odontoiatri svoltosi a fine novembre, il presidente Pierluigi Delogu ha portato in primo piano quello che sta diventando uno dei problemi maggiori in ambito odontoiatrico, ovvero la mancanza della prevenzione. Soprattutto in età infantile e adolescenziale. «I 55 mila dentisti italiani – sottolinea Delogu – possono aiutare i bambini in età scolare che oggi vivono sulla loro pelle i danni della crisi. Potrebbero infatti offrire 2,4 milioni in più di prestazioni di prevenzione che si traducono in milioni di prestazioni di cura in meno negli anni successivi. Se, come ho proposto, 96 milioni del fondo sanitario nazionale intervenissero a coprire le sigillature dei molari in tutti i 600 mila figli di famiglie con reddito Isee inferiore a 8 mila euro annui lordi, farebbero fare un salto di qualità alla vita dei pazienti. L’odontoiatra si ritroverebbe degli “assistiti” in più e la sanità pubblica sarebbe affiancata nel difficile compito da una rete di presidi di massima affidabilità e qualità». I dati diffusi durante l’evento sono infatti allarmanti: nell’ultimo quinquennio è cresciuta del 15 per cento l’incidenza della carie, che oggi colpisce 120 mila piccoli entro i 4 anni e 250 mila tra i ragaz-

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Il dottor Marco Toia dello Studio Toia di Busto Arsizio (VA) è odontoiatra specializzato in ortognatodonzia e chirurgia, odontostomatologica ed esperto in rigenerazione ossea. Attualmente svolge un dottorato di ricerca (PhD) presso l’università di Malmö (Svezia) www.studiotoia.com

zini di 12 anni. Un andamento in negativo che viene registrato anche dai protagonisti del settore. «A causa della crisi – spiega il dottor Marco Toia, dello Studio Toia – la visita odontoiatrica sta diventando purtroppo sempre più sporadica. Quello che stiamo osservando è il rischio di tornare alla situazione che esisteva durante gli anni Sessanta – Settanta, con gravi ricadute per la salute in generale». Lo Studio Toia copre tutte le branche dell’odontoiatria, puntando sulle innovazioni e sulla ricerca. «Dall’avvento della crisi – riprende Toia - visitiamo ragazzi giovanissimi con carie destruenti, che si rivolgono quindi a noi con denti gravemente danneggiati e che, pertanto, necessitano di essere estratti».


Marco Toia

Oltre alle carie, un altro problema su cui puntare l’attenzione è la pericolosità delle infezioni presenti nel cavo orale. «Riscontriamo spesso infezioni importanti all’interno del cavo orale e della compagine ossea che risultano molto dannose. La prevenzione deve tornare a essere fondamentale e basilare perché un’infezione che si prolunga nel tempo all’interno della bocca, potrebbe portare problemi seri a livello del cuore, infezioni sistemiche come endocardite batterica, problemi a livello Un’infezione prolungata nel cavo orale potrebbe renale o, nei casi più gravi, generare infezioni come l’endocardite batterica sviluppi tumorali». Visite reo problemi a livello renale golari di controllo eviterebbero l’incorrere di simili problemi. «La prevenzione deve necessariamente come la bocca, prima di tutto, debba essere iniziare quando il bambino è piccolo. I geni- sana. Non devono esistere patologie attive in tori infatti dovrebbero insegnare ai propri fi- quanto le stesse possono ripercuotersi sulla gli come lavarsi i denti, invece riceviamo salute generale del corpo». Sempre inerente al sempre più frequentemente pazienti di 7-8 tema prevenzione, un altro aspetto imporanni che arrivano da noi con carie impor- tante riguarda il periodo della gravidanza. tanti. Effettuare un intervento su un bam- «Purtroppo si è portati spesso a pensare che bino è sempre un procedimento delicato e in tale periodo sia meglio non sottoporsi a vicomplesso; per questo ci siamo recentemente site odontoiatriche. Questo non è assolutadotati di una sala operatoria apposita. Per mente corretto in quanto, durante la gestaquanto riguarda i ragazzi, il problema della zione, la capacità del fisico di reagire alle visita dal dentista potrebbe derivare dalla infiammazioni peggiora ed è quindi ancora paura nel recarsi a un controllo o dal fatto che più importante effettuare controlli periodici. la visita sia fuori budget, motivo per il quale Anche in questo caso, – conclude Toia – organizziamo spesso giornate di prevenzione come nei giovani e nei bambini, la prevencon visite gratuite. È importante sottolineare zione risulta fondamentale».

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ODONTOIATRIA

Le potenzialità delle tecnologie digitali In odontoiatria, oltre alla cura e alla prevenzione, l’estetica sta acquistando sempre più importanza. Questo grazie alle novità tecnologiche e ai biomateriali impiegati. Ne parliamo con Antonio Norcini Matteo Grandi

Il dottor Antonio Norcini è direttore sanitario del centro AestheticsOrthodontics di Milano www.aestheticsorthodontics.it

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ovità importanti stanno interessando il settore odontoiatrico. Grazie al Dsd, ovvero il Digital Smile Design, è ora possibile presentare a un paziente il sorriso che potrà ottenere in termini estetici dopo l’applicazione di faccette o corone in ceramica integrale. «Si tratta – precisa il dottor Antonio Norcini del centro AestheticsOrthodontics – di un’applicazione molto semplice che si ottiene partendo da fotografie del volto e del sorriso». AestheticsOrthodontics si occupa della salute del cavo orale con una particolare attenzione alla prevenzione, soprattutto se riferita al carcinoma orale. Il vostro studio è da sempre all’avanguardia dal punto di vista tecnologico. Quali le difficoltà incontrate? «AestheticsOrthodontics è nata con le ultime tecnologie digitali utilizzabili in odontoiatria e si differenzia significativamente dalle altre strutture in quanto produttore di Medical Devices registrato al Ministero della Sanità. Inizialmente però abbiamo incontrato difficoltà nella conoscenza delle attrezzature e successivamente nella costruzione delle competenze degli operatori per la transizione al digitale, nell’utilizzo dei software di tali apparecchiature sia per la costruzione di manufatti protesici, sia per l’applicazione del digital imaging radiologico. Difficoltà oggi ampiamente superate». Che risultati sono possibili oggi grazie alla tecnologia? «Le potenzialità sono infinite. Attualmente stiamo lavorando all’integrazione tra la ricostruzione tridimensionale di immagini radiologiche per il posizionamento virtuale di impianti, la successiva progettazione di guide chirurgiche rea-

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Antonio Norcini

❝ lizzate in prototipazione rapida e il software di modellazione e progettazione protesica Dentalwings. Tramite le enormi potenzialità di questo software si possono sovrapporre i dati sia integrali che parziali provenienti dalle ricostruzioni 3D radiologiche con quelle di provenienza dalle impronte della bocca del paziente, permettendo la modellazione virtuale del futuro manufatto protesico e la sua realizzazione». Quanto contano per voi gli investimenti in innovazione tecnologica? «Nel prossimo futuro non ci saranno grosse novità tecnologiche interessanti per noi. Sicuramente dedicheremo maggiori attenzioni all’integrazione del digital imaging (radiologia 3d) con i software di progettazione (Cad) chirurgico/implantare e con le apparecchiature di produzione (scanner, software Cad/Cam e fresatrici) per la realizzazione di manufatti protesici e chirurgici custom made prima dell’intervento stesso». In che cosa consistono, nello specifico, i biomateriali da voi impiegati? «La tendenza della moderna odontoiatria è l’eliminazione delle leghe metalliche e di tutti i materiali solubili nel cavo orale. I materiali scelti per i restauri protesici sono materiali non solubili nel cavo orale, ceramici estremamente biocompatibili come i disilicati di litio o l’ossido di zirconio

Intendiamo essere sempre più attenti all’integrazione del digital imaging con i software di progettazione (Cad) chirurgico/implantare e con le apparecchiature di produzione

La Zirconia ( ZrO2) stabilizzata con ossido di Yttrio (Y2O3). La Zirconia offre le migliori caratteristiche di resistenza allo stress e alle sollecitazioni meccaniche e ha anche un altro vantaggio non trascurabile poiché non crea disturbi, come invece succede con le protesi metalliche, durante l’esecuzione di risonanze magnetiche. Nella rigenerazione ossea in chirurgia orale le idrossiapatiti porose dell’ultima generazione si sono guadagnate il nome di “biomateriali biomimetici”, grazie alla loro unica capacità di indurre specifici eventi fisiologici». Quali le prospettive e gli obiettivi di AestheticOrthodontics per il medio e lungo periodo? «Abbiamo in programma l’integrazione in un network con altre realtà a Varese e a Bari per creare un pool di strutture odontoiatriche che si occuperanno della progettazione custom made di sofisticate terapie protesiche, ortodontiche linguali, implantoprotesi a carico immediato e scaffold di materiali di sintesi. Il tutto utilizzando esclusivamente materiali ceramici che non disperdono ioni o particelle nel cavo orale».

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ODONTOIATRIA

Presente e futuro dell’odontoiatria I dentisti, così come gli altri liberi professionisti, stanno vivendo una fase di incertezza dovuta anche al consistente calo dei pazienti. Luigi Mario Daleffe ci spiega come rilanciare la professione Lorenzo Brenna

l settore dentale è da tempo in uno stato di difficoltà sotto molteplici aspetti: la crisi economica contribuisce ad aggravare un problema dalle molte cause. Per restare sul mercato i dentisti dovranno rinnovarsi, investendo in formazione e infrastrutture e coltivando il rapporto fiduciario con i pazienti. La conferma della situazione critica arriva anche dal dottor Luigi Daleffe, ex presidente nazionale dell’Andi, che tuttavia non abbandona la speranza. «Che la professione odontoiatrica sia in crisi da tempo, è una realtà. Credo, però, che da questa crisi ne potrà uscire una professione più

I Dottor Luigi Mario Daleffe di Bergamo (BG) daleffe@tin.it

forte, e in grado di dare al cittadino un servizio migliore». Daleffe pone due linee guida, imprescindibili, per il buon dentista. «Un comportamento corretto è il migliore strumento per fidelizzare i pazienti, e per confrontarsi in un mercato estremamente aggressivo. Alla base di ogni atto medico devono esserci due pilastri: un rapporto umano vero, e una diagnosi corretta, in modo da ottenere fiducia e consenso dal paziente». Quotidianamente siamo esposti a decine di spot sulle cure dentistiche, dagli spazzolini alle mirabolanti riabilitazioni implantoprotesiche immediate, passando per le terapie laser: abbiamo chie-


Luigi Mario Daleffe

sto all’ex presidente dell’Andi un’opinione in merito. «Innanzitutto è importante distinguere le promesse del gratis da quelle di soluzioni fantascientifiche. Nessuna delle strutture che fa pubblicità è una onlus, se offrono qualcosa di gratuito, di sicuro si paga in qualcosa d’altro. Spesso la pubblicità mira a colpire l’immaginazione, è quindi “normale” che sia aggressiva - prosegue il dottor Daleffe - ma non è detto che sia corretta, che dica tutta la verità: purtroppo come odontoiatra legale vedo sempre più spesso vittime di queste realtà». I progressi della tecnologia offrono strumenti validissimi, «ad esempio i diversi tipi di laser, che utilizzo con grande soddisfazione da almeno vent’anni, sono strumenti utilissimi, ci permettono di risolvere velocemente patologie dolorose e di eseguire anche su bambini interventi di piccola chirurgia senza spaventarli. O la piezochirurgia, che permette maggior precisione e minor stress operatorio e tempi di guarigione più ridotti. Le stesse tecniche che negli anni si sono perfezionate, come nell’ortodonzia, in cui è riduttivo “raddrizzare i denti” necessitano di un approccio ampio, con una valutazione preventiva delle cause delle malocclusioni, frequentemente derivate da abitudini viziate che devono essere eliminate a priori, anche per contrastare le recidive. Altrettanto importante è l’utilizzo di materiali certificati, come previsto dalle normative: troppe sono le imitazioni, a esempio delle confortevoli mascherine allineatrici (Invisalign), con rischi di insuccesso». «Una patologia un tempo misconosciuta – continua Daleffe - come quella che investe le Atm, trova una maggiore attenzione anche in ottica preventiva: un’occlusione corretta, valutata anche con strumenti sofisticati per rilevare le discrepanze dei punti di contatto fra le due arcate, è fondamentale per evitare disagi e dolori che pos-

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Alla base deve esserci un rapporto umano vero, e una diagnosi corretta, in modo da ottenere la fiducia e il consenso del paziente

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sono giungere a condizioni invalidanti». La giusta interazione con il paziente è quindi un aspetto imprescindibile, alla stregua dei macchinari più avanzati e delle tecniche più sofisticate. «Qualsiasi strumento è solo un aiuto in mano ad un medico che deve essere capace di spiegarne al paziente le possibilità - dichiara il dottor Daleffe - le giuste applicazioni, ma anche i limiti. Per quanto innovativo, nessun intervento può o deve suscitare la speranza del “miracolo”». Il dentista bergamasco ci ricorda che, oltre la tecnologia all’avanguardia, è fondamentale un aspetto che purtroppo non sempre è sottolineato nella sua vera importanza: la prevenzione, con la fondamentale la figura dell’igienista dentale laureata. Senza dimenticare la fondamentale importanza di patologie del cavo orale come le precancerosi, purtroppo non sempre osservate e diagnosticate nei tempi utili per un’adeguata terapia. «Tutto questo si rispecchia nella filosofia dello studio - conclude il dottor Daleffe - tutto l’impegno possibile, senza promettere falsi miracoli». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 221


BENESSERE

Le proprietà benefiche degli UV Con le direttive europee del 2011 nei solarium italiani è obbligatorio fornire un servizio con un potere abbronzante massimo di 0,3 W/m2, livello entro cui l’abbronzatura è da ritenersi sicura. E molto spesso salutare. La parola a Giulio Goisis Marco Tedeschi n moderato ma continuo apporto di raggi ultravioletti durante tutto l’anno è ottimo per la salute. È questo il sunto di un’intervista rilasciata da Umberto Veronesi. Secondo il famoso oncologo i raggi ultravioletti rappresentano infatti la principale fonte d’attivazione della vitamina D, una sostanza fondamentale che protegge il nostro organismo da numerose malattie. Da evitare, secondo Veronesi, sono invece le esposizioni saltuarie e intense che possono provocare scottature. «In questo senso - spiega Giulio Goisis, titolare di Free Sun di Bergamo - frequentare un solarium rappresenta una modalità efficace per non arrivare impreparati a ridosso dell’estate. Nonostante sia doveroso informare i cittadini sull’opportunità di abbronzarsi con attenzione e moderazione, i vantaggi dell’esposizione solare sono di gran lunga superiori ai rischi. Basti pensare che molte malattie della pelle e lo stesso melanoma sono meno frequenti in soggetti che dispongono di una dose sufficiente di vitamina D. Eppure le statistiche ci dicono che, nel mondo e soprattutto in Europa, sono tantissime le persone che hanno una sostanziale carenza di vitamina D. Una diretta conseguenza dell’urbanizzazione prima e ora di un diffuso allarmismo nei confronti dei raggi solari. Un allarmismo che, fortunatamente,

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Giulio Goisis, titolare di Free Sun di Bergamo www.abbronzaturasicura.it

adesso da più parti viene considerato eccessivo e dannoso». Free Sun è una società nata negli anni novanta che, partendo dall’abbronzatura artificiale e dalla relativa assistenza è arrivata a soddisfare diverse richieste. «Abbiamo un rapporto consolidato e “fidelizzato” con oltre 1.400 clienti pur avendo nella nostra anagrafica “attiva” circa 2.600 nominativi che aumentano mediamente del 4 per cento all’anno. Commercializziamo (e in parte installiamo) oltre 100.000 tra tubi e lampade (per l’abbronzatura) all’anno. La nostra rete di assistenza di tecnici specializzati è inoltre in grado di offrire un servizio capillare su tutto il territorio nazionale». Uno scenario che in Italia è relativamente giovane. «Quello dei solarium e delle apparecchiature abbronzanti – prosegue Goisis - è un settore che ha cominciato a

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LE ATTIVITÀ CHE OGNI ANNO CHIEDONO LA COLLABORAZIONE DI FREE SUN


Giulio Goisis

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Oggi fare una lampada è persino più sicuro che prendere il sole naturalmente, in quanto nei solarium i raggi ultravioletti vengono emessi all’interno di un ambiente controllato

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espandersi durante gli anni Ottanta. In questo periodo i lettini emettevano esclusivamente energia di tipo Uva, mentre a metà degli anni Novanta la qualità della luce si è evoluta, arricchendosi di una piccola percentuale di raggi Uvb. Ciò ha contribuito ad aumentare l’efficienza di queste apparecchiature, abbassando i tempi di esposizione necessari per ottenere una colorazione della pelle soddisfacente e dando vita alle prime docce solari». In mancanza di una regolamentazione chiara ed efficace, per offrire la massima abbronzatura nel più breve tempo possibile, sono state messe in commercio apparecchiature molto aggressive. «Il nostro approccio invece è sempre stato quello di offrire un trattamento non solo efficace ma anche sicuro. Fortunatamente inoltre, il 30 luglio 2011, l’Italia ha recepito un’importante direttiva europea. Con essa si è stabilito, non solo per i nuovi solarium ma anche per quelli già esistenti, l’obbligo di fornire il servi-

zio con un potere abbronzante massimo di 0,3 W/m², livello entro cui l’abbronzatura artificiale per legge è da ritenersi sicura. I nuovi standard di sicurezza hanno introdotto anche precise indicazioni circa la manutenzione delle apparecchiature e la frequenza delle sedute attraverso l’uso di un’apposita scheda dosimetrica personale». Accorgimenti che, uniti ai limiti di potenza delle lampade, consentono di abbronzarsi in totale sicurezza e con la massima serenità. «Grazie alle nuove normative europee i produttori si sono indirizzati verso un’emissione più contenuta di raggi Uvb. Per questo oggi fare una lampada è persino più sicuro che prendere il sole naturalmente, in quanto nei solarium i raggi ultravioletti vengono emessi all’interno di un ambiente controllato. In Italia – conclude Goisis - sono sempre di più i centri abbronzatura che hanno già adeguato le proprie attrezzature secondo i nuovi parametri europei». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 223


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