Dossiermix102013

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OSSIER L’INTERVENTO ..........................................9

ECONOMIA E FINANZA

Roberto Luongo Guido Carella Marco De Bellis Lella Golfo

POLITICHE AGRICOLE.......................54 Nunzia De Girolamo Silvano Ferri Fabrizio Nardoni

MERCATO DEL LAVORO..................114 Il quadro nazionale Andrea Bortoluzzi Francesco Sette

PRIMO PIANO

AGROALIMENTARE ............................62 Marcellino Parri Gerardo Giuratrabocchetti Marco e Paolo Barbanera

TECNOLOGIE.......................................122 Gabriele Raugei Alessio Brogi Graziella D’Annunzio e Antonio Di Rocco

MERCATI.................................................22 Ferruccio Dardanello Giovanni Castellaneta Ivan Malavasi Bernhard Scholz Cleto Sagripanti Claudio Marenzi Cesare Romiti Antonio Tajani

EXPORT...................................................70 Giovanni Dorin Emilio Lacirignola Amulio Liberatori Martino Biasco

MODELLI D’IMPRESA ......................128 Enrico Lenzi Fabrizio Gallorini Nino Garramone Andrea Bartolozzi Massimo Milani

EXPO 2015 .............................................82 Diana Bracco Giuseppe Oriana

SICUREZZA ..........................................138 Giorgio De Carlo

ECONOMIA DIGITALE ........................38 Antonio Catricalà

BRAND TOSCANA...............................88 Lorenzo Parrini Vasco Galgani Giovanni Gentile

IN COPERTINA.......................................16 Antonella Mansi

ACCESSO AL CREDITO.....................42 Carlo Sangalli Paolo Campinoti PERSONAGGI........................................50 Diego Della Valle

MADE IN ITALY.....................................96 Catia e Roberto Tempesti Antonella Botticelli Jessica Noferi Elena Camarri ECONOMIA LIGURE ..........................104 Giancarlo Grasso Alessandro Bocchio Luca Falco Carlo Siffredi

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CONSULENZA ....................................140 Laura Morini


Sommario TERRITORIO LOGISTICA............................................142 Davide Benvenuto NAUTICA ...............................................144 Riccardo Pompili SICUREZZA SUL LAVORO..............148 Ermanno Fresia APPUNTAMENTI ................................152 Made Expo Projets Prestige INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI ......................158 Paolo Buzzetti Massimo Rustico

SANITÀ EDILIZIA.................................................164 Antonio Ruggiero Antonio Albanese Gerardo Nolè Mario Marottoli Vito Matteo Barozzi INTERNI .................................................174 Maurizio Sani Pierluigi Lombardi Gabriella Berti

FARMACI...............................................212 Massimo Scaccabarozzi Enrico Finzi Franco Caiazza RIABILITAZIONE ...............................220 Massimiliana Terzi DIAGNOSTICA....................................222 Giovanni Di Gioia

AMBIENTE POLITICHE ENERGETICHE ............186 Agostino Re Rebaudengo RINNOVABILI ......................................190 Mauro Banelli Luciano Brocchi SMART CITIES ....................................194 Caterina Biti Marco Lacarra ATMOSFERA E AMBIENTE ...........200 Alessandro Dallasta ECOLOGIA ...........................................202 Angela Vacca

GIUSTIZIA CONTRAFFAZIONE ..........................204 Domenico Achille Francesco Bracanti

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Il lavoro è creare lavoro di Guido Carella, presidente Manageritalia

i affanniamo a pensare, ipotizzare e tentare tutte le strade possibili per creare lavoro. Ma sembra che nessuno sappia più come e perché il lavoro, ma soprattutto la crescita economica, si crea e si distrugge. Qualcuno pensa che basti un incentivo. Qualcun altro ritiene che servano leggi su leggi, quasi che crescita e lavoro si creino per decreto. Pensiamo di governare il lavoro, cosa mai data in natura, e non sappiamo creare e governare le condizioni che ne sono alla base. Oggi, anche negli Stati Uniti, ci sono città e intere aree geografiche che, ancorate a un’economia e un lavoro di decenni fa, sono al collasso (si pensi alla bancarotta di Detroit). La manifattura è in calo in ogni dove, soprattutto quando non sa più fare innovazione, quella che invece l’ha spinta partendo da zero per tanti anni. La finanza è isolata e fine a se stessa, incapace di dare impulso vitale agli altri settori. Qua e là per il mondo, sempre meno in Italia, ci sono però intere città e aree geografiche che crescono e creano sviluppo, lavoro e ricchezza. La famosa Silicon Valley continua a essere l’economia più dinamica d’America e del mondo. L’ingrediente? Innovazione e conoscenza, veri motori della moderna economia basata non più sulla produzione di beni materiali. E oggi ancor più di ieri questa nuova economia vincente tende all’aggregazione geografica. Città e regioni che si popolano di lavoratori qualificati e imprese innovative e ne attirano, come le api sul miele, sempre di più. Perché oggi, ma anche ieri, pensiamo ai nostri distretti o al Rinascimento, il successo di un’azienda non dipende solo dalle qualità sua e dei suoi lavoratori, ma anche dall’ecosistema economico e sociale nel quale è inserita. Questi luoghi diventano uno stimolo e un incubatore ricco di idee e di tutto quanto serve per creare nuove idee e nuovi modi di fare impresa.

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Insomma, se guardiamo a quello che stiamo facendo noi oggi in Italia non possiamo che concludere che non ci siamo. Ignoriamo e non presidiamo formazione, ricerca, infrastrutture, cultura eccetera. Non creiamo le condizioni per crescere. Allora gli attori del mondo economico e sociale hanno un grande ruolo. Fare sindacato e rappresentanza è oggi ancora più indispensabile per mettere l’ecosistema nelle condizioni di preoccuparsi solo di crescere. Manageritalia e Confcommercio hanno appena prorogato la scadenza del contratto dirigenti del terziario di fine 2013, rimandando tutto alla fine del 2014. Abbiamo congelato gli aumenti economici e manutenuto welfare e workfare contrattuale, insistendo su programmi di formazione e politiche attive a supporto di dirigenti alla ricerca di un nuovo incarico e aziende che vogliono aumentare la competitività e cogliere nuove opportunità. Abbiamo rinunciato ad aumenti contrattuali, ma puntato a creare le condizioni migliori perché aziende e manager possano continuare a lavorare sinergicamente e in tranquillità. Insomma, questa è la strada da seguire. E se non sappiamo cambiare le logiche che guidano le nostre azioni, sarà impossibile cambiare il Paese. Forse, al rientro dalle ferie, dovremmo ripartire da qui. 2013 • DOSSIER • 11



L’INTERVENTO

Legge Fornero: una cura “peggiore” della malattia? di Marco De Bellis, avvocato del Foro di Milano

a legge Fornero ha posto ulteriori “lacci” e “laccioli” alle assunzioni, sia nel rapporto di lavoro subordinato, sia per chi vuole intraprendere un’attività di tipo autonomo. Un incipit che ovviamente non incide in maniera positiva sullo scenario socio-economico in cui riversiamo. Il mercato necessita di una maggiore flessibilità, capace di favorire l’occupazione, non soltanto per i giovani. Ci troviamo, però, dinanzi a un testo creatore di inutili e cervellotici vincoli. Questi ultimi, posti nella fase genetica del rapporto, servono soltanto a scoraggiare la nascita di nuove collaborazioni. Molti rapporti che prima sarebbero stati considerati precari, oggi non sorgono nemmeno. E così i precari restano disoccupati. In sostanza, la cura è stata peggiore della malattia. In un momento di crisi sarebbe stato opportuno consentire qualsiasi iniziativa decorosa, che permettesse ai giovani e ad altre categorie a rischio, come gli over cinquanta, di restare collegati al mondo del lavoro. Inoltre, mentre sul rapporto subordinato sono prossime delle novità “correttive”, soprattutto sul contratto a termine, ci si è dimenticati del lavoro autonomo, che è – o meglio era – fonte di occupazione per milioni di persone. Prima c’erano le cosiddette “collaborazioni coordinate e continuative”, abbastanza elastiche. Poi, con il contratto a progetto, l’elasticità è stata ristretta. Ora è stato ulteriormente “ristretto il campo” e, specie in un periodo di recessione, si è rivelata quantomeno

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una scelta inopportuna. Le leggi a tutela del lavoro subordinato esistono almeno dai primi anni settanta, efficaci e rigorose: chi avesse intrapreso un rapporto di lavoro subordinato sotto le mentite spoglie del lavoro autonomo avrebbe, comunque, avuto tutele, indipendentemente dalla legge Fornero, potendo far accertare dal giudice la natura subordinata del rapporto. Tra gli altri temi al centro del dibattito, troviamo anche la cosiddetta “Cassa Integrazione in deroga”. Questa, pur perfettibile, rappresenta uno sforzo nella giusta direzione di ridurre il differenziale dei diritti tra i dipendenti delle grandi e delle piccole imprese. Concentrarsi sulla cassa, tuttavia, rappresenta un’operazione di retroguardia: l’unica vera sfida è rappresentata dalla creazione di nuovi posti di lavoro. 2013 • DOSSIER • 13



L’INTERVENTO

L’ascesa delle donne di Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario

a Fondazione Bellisario da oltre 25 anni promuove la crescita delle professionalità femminili e sin dall’inizio abbiamo sostenuto le capitane coraggiose: tutte quelle donne che sfidano difficoltà e pregiudizi, che decidono di buttare il cuore oltre l’ostacolo e investire sulle proprie capacità e talenti. E abbiamo avuto ragione. In Italia, le capitane d’impresa sono più numerose che in Francia, Inghilterra e nella stessa Germania. A giugno Unioncamere ha parlato della nascita di 10mila nuove aziende a guida femminile, e questo nonostante la congiuntura negativa. Mentre il tessuto imprenditoriale italiano è avanzato appena dello 0,2 per cento, le imprese al femminile hanno registrato un +0,7 per cento. L’imprenditoria femminile è, quindi, una delle testimonianze del nuovo protagonismo femminile in economia e finanza. È di pochi giorni fa la nomina di una donna alla guida della Fed e con lei ci sono donne come Christine Lagard o la nuova presidente della Banca centrale russa. Intanto a novembre in India aprirà i battenti la prima banca per donne: un istituto statale guidato da una donna, che punta ad abbattere le barriere che escludono gran parte delle donne indiane dal sistema finanziario. E nel vecchio continente, la Banca centrale europea ha annunciato l’introduzione di quote per raddoppiare la presenza femminile tra i manager: entro il 2019 ci dovranno essere il 35 per

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cento di donne nelle posizioni medie e il 28 per cento in quelle di vertice, dove attualmente sono appena il 14. In questo contesto, l’Italia mostra come sempre luci e ombre. Abbiamo una sola donna nel direttorio della Banca d’Italia e mai una donna ha guidato un ministero dell’Economia. Ma qualcosa anche da noi si muove. È di pochi giorni fa la notizia della nomina di una donna alla guida della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e poi penso a Maria Cannata, la regina del debito pubblico, che la Fondazione Bellisario ha appena premiato con la Mela d’Oro, e alle tante professioniste competenti e preparate che guidano dipartimenti importanti del Tesoro o della Ragioneria generale o dirigono filiali di istituti di credito. Io sento, comunque, un vento di cambiamento e credo che in Italia siano cadute tante barriere. In primo luogo grazie alla mia legge sulle quote di genere nei Cda e al dibattito che ha

suscitato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, con le donne nelle società quotate passate da un misero 5 per cento del 2008 a oltre il 17 per cento attuale. In secondo luogo, credo che sia stata proprio la crisi a buttare giù il muro dei pregiudizi verso l’ascesa delle donne in economia e finanza. Le imprese guidate da donne sono state un autentico salvagente per il Paese ed è un peccato che venga riconosciuto così poco. Bisogna dare un taglio alla burocrazia: aprire un’impresa deve diventare un atto semplicissimo, così come l’accesso al credito, soprattutto per le donne. Bisogna incentivarle, creare canali di credito e microcredito privilegiati, indirizzare su di loro le poche risorse disponibili, in maniera mirata e guardando al merito e ai risultati. L’Italia è piena di giovani e di donne con idee vincenti da mettere sul mercato. Non si tratta di dare a loro una possibilità, ma a noi un’occasione di crescita. 2013 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

UN’INIEZIONE DI FIDUCIA PER DARE UNA SCOSSA AL PAESE «All’Italia serve uno shock forte». Lo sostiene Antonella Mansi, chiamata a ricoprire l’incarico di presidente della Fondazione Mps. L’imprenditrice toscana ribadisce la necessità di muoversi in modo deciso e senza ulteriori tentennamenti. Occorre attuare le riforme, mettendo al centro l’industria e semplificando la burocrazia Francesca Druidi

a sua nomina a presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena è avvenuta nel segno del rinnovamento e della discontinuità con il passato. Antonella Mansi, già guida degli industriali toscani e attuale vicepresidente di Confindustria nazionale, è pronta a mettere al servizio della fondazione, che insieme alla banca senese vive uno dei momenti più complessi e problematici della propria storia, la sua esperienza di imprenditrice (presso Nuova Solmine) e di membro della presidenza dell’associazione confindustriale. «Ci sono molto aspetti chiarisce - che possono convergere in questa nuova “impresa”: elementi di logica imprenditoriale (una mentalità del risultato e del merito unita a una cultura dello sviluppo del territorio), così come l’attenzione ai temi della rete e delle relazioni che deriva dal mio impegno nel sistema della rappre-

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sentanza. Spero di offrire un contributo positivo alla gestione della Fondazione Mps, che rappresenta un valore importante per Siena ma anche per tutto il Paese». Dalle parole dell’imprenditrice toscana emerge un’analisi del contesto attuale, tra le esigenze del mondo imprenditoriale e il rapporto con le banche, la politica e lo stesso sistema confindustriale. Quali sono le sfide che la Fondazione Mps è chiamata a superare? «L’ente è chiamato ad affrontare difficoltà in termini di attivo e di posizione debitoria. Noi lavoreremo alla stregua di imprenditori alla guida di un’azienda, cercando di far ritornare in tempi ragionevoli la Fondazione a svolgere la funzione che le è riconosciuta dal suo stesso statuto, ossia quella di essere motore di sviluppo del territorio». Lei ha dichiarato che banche e imprese devono collaborare di più.

Ci sono i margini affinché questo passaggio, così tanto auspicato, si realizzi in concreto? «Penso che tanti piccoli progetti siano già in fase di partenza. Servirebbe, in primo luogo, una grande iniezione di liquidità. Da una parte, molta dell’incapacità del sistema bancario di rispondere oggi alle esigenze del sistema produttivo risiede in nuove regole, nuove richieste che devono essere rispettate sul fronte del patrimonio: sono diversi i fattori che motivano la minore disponibilità delle banche a sostenere le imprese. D’altra parte, le aziende hanno chiaramente il loro bel da fare per migliorare la propria situazione patrimoniale ed essere meritori di credito. Diventa allora importante diversificare le fonti di accesso al credito, ricorrendo a fondi di private equity e ad altri strumenti che possono essere presi in considerazione. Strumenti cui noi non siamo abituati e che non sempre si adattano alle di-


Antonella Mansi

Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps e vicepresidente di Confindustria nazionale

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mensioni delle aziende italiane e sogno di lavorare e di avere una al loro modo di fare impresa. Alimentare una guerra tra banche e imprese però non serve, sono tra quanti credono che un dialogo serio, leale e consapevole possa essere il miglior mezzo per arrivare a una soluzione». Da cinque anni le imprese italiane affrontano una crisi strutturale lunga e duratura. È più ottimista o pessimista circa le prospettive per il 2014 e, in generale, sulla capacità dell’Italia di uscire dalla fase recessiva? «Occorre essere realisti. Gli imprenditori sono ottimisti per definizione, non farebbero il mestiere che fanno se non avessero la capacità di trovare l’opportunità anche nei momenti di crisi. Oggi noi viviamo un periodo di estrema complessità, di cui dobbiamo prima di tutto essere consapevoli. I problemi si affrontano meglio se si ha la contezza della portata delle loro ripercussioni sulle nostre azioni. C’è bi-

mente aperta alle occasioni che, pure in una fase buia, si presentano. I dati dell’ultimo periodo ci hanno un po’ confortato, ma sappiamo che non si sta profilando una solida ripresa. Cogliere gli elementi positivi è importante, tuttavia non dobbiamo dimenticare che vanno attuati aggiustamenti ed interventi, perché la competitività delle aziende è prima di tutto un tema che riguarda la competitività del sistema Paese». Aggregazione, innovazione, internazionalizzazione sono alcune delle parole chiave per l’impresa oggi. «Sono tutti temi su cui il sistema della rappresentanza si è molto speso e sono, di fatto, istanze che le nostre imprese portano in giro per il mondo. Chi oggi ha potuto affrontare la crisi con minori difficoltà e maggiori spazi ha avuto la capacità di riposizionarsi sui mercati che crescono in un mondo che

gira a più velocità. La qualità dei nostri prodotti, il made in Italy, ha fatto la fortuna di questo Paese: la creatività, l’ingegneria e l’innovazione sufficienti a generare un prodotto che sta sempre un metro più

Gran parte dell’incapacità del sistema bancario di rispondere alle esigenze delle imprese risiede anche nelle nuove regole sul fronte del patrimonio

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Antonella Mansi

Giorgio Squinzi dal palco dell’assemblea confindustriale di maggio 2013

avanti degli altri, resta tuttora una delle nostre principali leve competitive. La rete è un’altra risposta alla complessità, perché se le aziende si uniscono, e riescono a mettere a fattor comune le loro qualità, hanno maggiori possibilità: di accedere al credito, di innovare tramite una sinergia più forte con il sistema universitario, di andare all’estero e di muoversi coordinati in un’attività di promozione dei prodotti. Sono tutti ingredienti che fanno parte dell’attività imprenditoriale, sui quali però bisogna sempre investire di più». Con il “Progetto di Confindustria per l’Italia”, gli industriali hanno avanzato proposte per il rilancio dell’industria manifatturiera e non solo. In che misura il documento è stato recepito dalla politica e quali restano gli interventi prioritari per risollevare il sistema economico? «È un documento ancora attuale

nella stragrande maggioranza delle sue proposte, anche se certamente andrebbe aggiornato considerando lo scenario in perenne evoluzione. E, infatti, Confindustria è impegnata in una sorta di manutenzione continua della proposta omni-comprensiva di politica economica. Una proposta che ha la presunzione di dare un effetto reale alle misure che si mettono in piedi, coordinandole e rendendole compatibili rispetto alle prospettive del nostro sistema industriale. Il sistema manifatturiero - va ribadito - è la nostra forza, quella che ci consente di restare legata all’economia reale e sulla quale occorre investire ancora. All’Italia serve però uno shock forte». In che senso? «Al di là delle singole manovre o misure, in qualche modo recepite dalla politica che ha però i piccoli passi come orizzonte di riferimento, il Paese ha bisogno di una sferzata di energia, di un’immissione forte di liquidità - ricordiamo il tema fondamentale dei pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese - e di mettere in pratica le riforme necessarie, prima fra tutte quella relativa alla semplificazione amministrativo-burocratica, che rappresenta una zavorra fortissima per le nostre aziende. Se

riuscissimo ad alleggerirci dei cavilli e dell’incapacità di guardare all’impresa come a un valore sociale e non come a un soggetto cui tarpare le ali, la svolta sarebbe già importante». Nella Giunta Squinzi lei si occupa e continuerà a occuparsi di organizzazione interna. Quali le linee guida dell’associazione confindustriale per il prossimo futuro e i progetti a cui verranno dedicate le principali risorse? «Il sistema della rappresentanza, con l’evolversi continuo del mondo delle imprese a cui fa riferimento e di cui deve essere motore di sviluppo, richiede una manutenzione continua dell’organizzazione, della capacità di rispondere alle esigenze delle imprese, di erogare servizi e di essere fattore di lobbying attivo propositivo ed efficace. Abbiamo di recente approvato il documento di attuazione della riforma della commissione Pesenti, che di fatto semplifica e snellisce la nostra struttura. Il mio compito sarà quello di dare vita, tramite statuti e nuove politiche organizzative all’interno del sistema, a questo progetto. L’obiettivo è quello di ottenere, in un lasso di tempo ragionevole, un sistema più vicino alle imprese e meno burocratico, in pratica quanto chiediamo allo Stato. Pur nelle difficoltà, si mira ad agire in maniera drastica e repentina, volendo essere imprenditori anche nella rappresentanza». 2013 • DOSSIER • 19




MERCATI

Le imprese italiane guardano oltre l’Europa Sono ancora ampi i margini di penetrazione dei prodotti italiani nei mercati mondiali. Unioncamere rafforza il presidio sul territorio per le aziende che vogliono internazionalizzarsi. L’analisi del presidente Ferruccio Dardanello Francesca Druidi

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Ferruccio Dardanello

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere

ono già stati compiuti importanti passi in avanti per delineare una strategia più efficace sul fronte dell’export e della proiezione internazionale delle imprese italiane, come ad esempio l’avvio della nuova Ice, l’agenzia nazionale per il commercio estero. Ciò però non è ancora sufficiente se, come riportano le

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stime di Unioncamere, sono oltre 70mila le realtà produttive italiane che non hanno ancora imboccato la strada dell’internazionalizzazione, nonostante i loro prodotti siano di fatto pronti a varcare i confini nazionali. L’introduzione di una rete di oltre cento sportelli per l’internazionalizzazione presso le Camere di commercio italiane

Un passo avanti in Cina, vale almeno sei o sette passi fatti in Brasile o Russia

mira a fornire un supporto concreto alle imprese, come indica Ferruccio Dardanello, numero uno di Unioncamere. Sotto quali profili le aziende italiane vanno affiancante nella penetrazione dei paesi extra Ue, maggiormente promettenti considerando l’andamento negativo dell’economia dell’Eurozona? «Andare all’estero per un’impresa, tanto più verso paesi lontani e di cultura diversa da quella occidentale, impone non solo alcuni oneri di carattere amministrativo, ma richiede soprattutto competenze e contatti con i diversi mercati. È un processo difficile da affrontare da soli e senza un affiancamento professionale. Per questa ragione, abbiamo messo in campo il progetto World-Pass, la rete degli sportelli fisici e virtuali per l’internazionalizzazione: per dare ai nostri imprenditori strumenti adeguati per affrontare la via dell’export attraverso persone in grado di dar loro una mano per orientarsi». Oltre ai Brics, si stanno affacciando sulla scena globale i next generation market, in primis l’Indonesia. In generale, quali sono i 2013 • DOSSIER • 23


MERCATI

Più sicuri oltre confine L’export è sempre più necessario. Ma l’imprenditore deve valutare ogni possibile profilo di rischio. A spiegarlo è Giovanni Castellaneta, presidente di Sace ssere più selettivi nella scelta dei mercati internazionali su cui puntare, superando la dicotomia tra avanzati ed emergenti». È l’indicazione che emerge dal nuovo Rapporto export di Sace, gruppo assicurativo-finanziario che opera nell’export credit, nelle garanzie finanziarie, nell’assicurazione del credito e nella protezione degli investimenti. Così come evidenziato dal presidente Giovanni Castellaneta (nella foto), «non bisogna sottostimare la ripresa di mercati maturi – prosegue – che continueranno a generare le migliori opportunità ed elevati volumi di export, né concentrarsi esclusivamente sulle opportunità offerte dai Bric, che inizieranno a mostrare i primi segnali di Quali sono, nello specifico, i rischi ridimensionamento dei tassi di creche le imprese che esportano e gli inscita».

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Quali mercati offriranno quindi le vestitori incontrano nell’interfacciarsi con i mercati internazionali? maggiori potenzialità?

«I nostri studi indicano come mercati chiave le economie emergenti: Cina, Brasile, Turchia, Romania, Polonia e Russia, ma anche mercati maturi come Stati Uniti, Francia e Germania. In una logica di medio-lungo termine, sono da segnalare anche alcuni mercati, localizzati prevalentemente nel sud-est asiatico, verso i quali il nostro export ha raggiunto livelli ancora non elevati, ma in cui si prepara a mettere a segno tassi di crescita sostenuta nel prossimo quadriennio. Li abbiamo ribattezzati “next generation market”: sto parlando di paesi come Indonesia, Filippine e Malesia, in cui l’export crescerà con un tasso medio superiore al 10 per cento; ma anche di Cile (+8,9 per cento), Nigeria (+9,4), Angola (+10,2) e Qatar (+9,7)». Per quanto riguarda i mercati a rischio?

«Nel Nord Africa le imprese italiane dovranno necessariamente continuare a fare i conti con un contesto di elevata incertezza e instabilità. Nonostante ciò, questa resta un’area di importanza strategica per i nostri prodotti».

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«Quando si opera all’estero è sempre importante valutare tutti i profili di rischio delle proprie controparti e del paese in cui vanno ad operare. Mentre gli investitori e i costruttori sono più esposti ai rischi legati alla sicurezza del contesto, le imprese esportatrici sono generalmente più sensibili all’affidabilità delle controparti, in particolare al rischio di mancato pagamento». Quali sono i principali motivi che spingono un imprenditore a rivolgersi a Sace?

«Per proteggersi dai rischi di mancato pagamento, stabilizzare i flussi di cassa o per offrire ai clienti migliori dilazioni di pagamento o finanziamenti a condizioni competitive. È cresciuta l’attenzione anche verso gli strumenti di protezione dai rischi politici. Almeno due operazioni su tre sono andate a favore di pmi: un trend che riflette il grado di internazionalizzazione di queste realtà. Sace ha, inoltre, elaborato la mappa dei rischi, grazie alla quale gli operatori possono visualizzare i diversi rating di rischio all’indirizzo www.sace.it/riskmap». FD

mercati maggiormente promettenti e stimolanti per l’export italiano? «L’Indonesia, protagonista in questi ultimi anni di un intenso sviluppo che ha condotto a un miglioramento delle condizioni economiche della popolazione, è sicuramente uno dei mercati più promettenti. In realtà, potenzialmente, molti paesi offrono buone opportunità per le nostre imprese proprio perché in molti di essi il raggiunto benessere economico consente alle popolazioni locali di voler soddisfare alcuni nuovi bisogni (e in quest’ambito il made in Italy è certamente un “marchio” che il mondo ci invidia) oppure di poter accedere a know how di elevata qualità, come quelli in possesso di ampi settori della nostra manifattura. Penso ad esempio alla Turchia, dove il “prodotto Italia” registra un ottimo riscontro, incidendo per il 5,6 per cento dell’import locale».


Ferruccio Dardanello

Quanto ancora contano i mercati tradizionali - europeo e americano - per l’internazionalizzazione dei prodotti italiani? «Sebbene le nostre imprese, anche in maniera a volte pionieristica, abbiano da tempo avviato un processo di diversificazione dei mercati di sbocco che le ha condotte in territori molto lontani, gli Stati Uniti e, soprattutto, l’Europa restano comunque mercati molto importanti. Certo, la ripresa della domanda estera ha introdotto alcune novità, una delle quali è lo scarso apporto alla domanda proveniente dai paesi europei. L’import di prodotti made in Italy da parte dei paesi Ue è stato delu-

dente nel medio periodo (+7,6 per cento medio annuo) e addirittura negativo nel 2012 (-0,7 per cento). All’opposto, l’export extra-Ue ha galoppato, crescendo mediamente del 13,4 per cento tra il 2009 e il 2012 e a un tasso comunque più che doppio rispetto a quello medio globale (+9,2 per cento contro il +3,7 nell’anno appena concluso). Gli Usa invece, come la Russia, hanno trainato l’export italiano, grazie a una dinamica pari circa al 16 per cento nel medio periodo. Gli Stati Uniti, peraltro, hanno mantenuto questa dinamica anche nel 2012, mentre la Russia ha rallentato». Primi progressi si stanno regi-

strando in Cina per le aziende italiane. In che modo il margine di scambi commerciali può essere ampliato? «Di certo è elevatissimo anche perché la Cina sembra destinata a diventare il primo mercato globale. L’appeal del prodotto italiano al momento è ancora basso, considerando che il nostro export assorbe appena l’1 per cento delle importazioni cinesi. Però è indubbiamente un mercato che non possiamo trascurare. Un passo avanti in Cina, considerando i valori in gioco, vale almeno sei o sette passi fatti in Brasile o Russia e questo è un paragone da tenere sempre a mente». 2013 • DOSSIER • 25


MERCATI

Una missione europea per la crescita Innovazione e rimozione di intralci burocratici, per Antonio Tajani, sono le linee su cui agire per restituire competitività alle produzioni italiane Giacomo Govoni

e le vendite italiane all’estero hanno aperto il 2013 con un balzo dell’8,7 per cento tendenziale, lo devono innanzitutto all’incremento dei flussi commerciali verso l’area del sud-est asiatico e dei Paesi dell’Opec. Più moderato invece l’andamento delle esportazioni nei mercati continentali dell’Unione che, con la sola eccezione del Belgio, hanno assistito a una crescita esigua rispetto al +17,6 per cento messo a segno nei Paesi extra Ue. «Bisogna quindi leggere con fiducia – spiega il commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria Antonio Tajani – la capacità delle nostre imprese di trovare un’alternativa al mercato europeo e di rafforzare la loro posizione su economie più dinamiche, penso per esempio a Usa e Cina». Il 2013 dell’export italiano è iniziato bene, ma con una netta divaricazione fra vendite Ue ed extra Ue. Quali fattori rendono il mercato continentale meno ricettivo nei confronti dei nostri prodotti? «Non parlerei di ricettività, in

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quanto il termine lascerebbe intendere un minor grado di apprezzamento dei nostri prodotti da parte del mercato europeo. La crescita negativa dell’economia Ue, pari a -0,3 per cento nel 2012, non può non riflettersi in un rallentamento della domanda di beni, compresi quelli italiani». In diverse occasioni l’abbiamo sentita invocare la necessità di una politica industriale comune a livello comunitario in grado rilanciare l’economia. A quali settori affidare il ruolo di locomotiva? «Abbiamo identificato sei ambiti su cui concentrare gli investimenti: le tecnologie di fabbricazione avanzate, le tecnologie chiave, i bioprodotti, una politica industriale sostenibile, l’edilizia e le materie prime, i veicoli puliti e le reti intelligenti. Questi mercati hanno grandi potenzialità per stimolare la ripresa economica e costituiranno l’infrastruttura necessaria per la nuova rivoluzione industriale in corso. Naturalmente, concentrarsi su queste priorità non significa ignorare gli sforzi compiuti in altri settori e tener conto delle loro

specificità. Ad esempio, stiamo preparando un piano d’azione per rafforzare la competitività del settore dell’acciaio». Di recente ha ricordato l’obiettivo europeo di riportare la manifattura continentale al 20% del Pil entro il 2020. Come si dovrà agire sulla politica commerciale per favorire questo cammino? «Se vogliamo far crescere l’industria europea, dobbiamo portare avanti una politica commerciale che ci permetta di approfittare al meglio delle opportunità dei mercati internazionali e che, al contempo, stabilisca condizioni chiare in grado di tutelare le nostre im-


Antonio Tajani

1,3% INNOVAZIONE LA PERCENTUALE SUL PIL DI INVESTIMENTI IN RICERCA E SVILUPPO IN ITALIA, CONTRO UNA MEDIA UE DEL 2 PER CENTO

-0,3% PIL LA CRESCITA NEGATIVA REGISTRATA NEL 2012 DALL’ECONOMIA DELL’EUROZONA

A destra, Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, responsabile di industria e imprenditoria

prese. Stiamo lavorando in questo senso: sono stati lanciati recentemente degli importanti negoziati commerciali con il Giappone e a breve dovrebbero partire quelli con gli Stati Uniti. Inoltre, la Commissione vuole riformare le regole che tutelano le nostre imprese dalle pratiche commerciali sleali da parte delle imprese extra Ue. Vogliamo, inoltre, sostenerle nel processo di internazionalizzazione e le “Missioni per la crescita”, da me condotte in paesi terzi, servono proprio a favorire l’apertura delle imprese ai mercati esteri». Fino a qualche mese fa circolava l’ipotesi dell’istituzione di

un’agenzia per monitorare gli investimenti stranieri in Europa. Che sviluppi ha avuto quella proposta? «La Commissione sta effettivamente esaminando la possibilità di istituire un meccanismo di sorveglianza. Il metodo migliore per generare esportazioni al di fuori dell’Ue, e al tempo stesso stimolare il mercato interno, è quello di essere competitivi nel mercato globale, attraverso il miglioramento continuo di costi e qualità; attraverso l’innovazione di prodotto, dei processi e dei servizi e rispondendo alle mutevoli esigenze dei consumatori».

Quali iniziative la Commissione europea sta mettendo in campo per stimolare le imprese a un cambio di passo in tal senso? «La Commissione sostiene lo sviluppo di progetti per stimolare l’innovazione, ad esempio gli appalti pubblici d’innovazione, dove un ruolo importante può essere svolto dall’industria manifatturiera. Intendiamo anche promuovere un concetto ampio di design e creatività sul posto di lavoro. In questi ambiti, non strettamente tecnologici, le imprese italiane con la loro tradizione di creatività e dinamicità, potrebbero trarre particolari benefici». 2013 • DOSSIER • 37


ACCESSO AL CREDITO

Misure urgenti per l’economia reale A essere più penalizzate dal credito bancario sono state le pmi del commercio e dei servizi. Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, traccia le stime per i prossimi mesi e le priorità su cui intervenire per una prospettiva di ripresa Renata Gualtieri

el convegno sul fisco e l’economia sommersa che si è tenuto a luglio, Carlo Sangalli ha riferito che nel primo semestre di quest’anno hanno chiuso i battenti più di 240mila attività. Imprese e famiglie sono stremate dal prolungarsi di una recessione che sembra non finire mai. Per le imprese dei servizi, in particolare, è stato stimato un saldo negativo a fine anno di oltre 80mila unità; i consumi, secondo le previsioni della Confcommercio nazionale, quest’anno faranno segnare un’ulteriore contrazione tra il 2 e il 3 per cento e anche il Pil registrerà un calo dell’1,7 per cento. «Bisogna dare risposte immediate e concrete alle emergenze delle imprese - precisa il presidente Carlo Sangalli - e varare misure in grado di sostenere l’economia reale, l’occupazione e rilanciare la domanda interna». E sono quattro le priorità individuate su cui occorre intervenire: ridurre l’attuale livello di pressione

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Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli

fiscale, incompatibile con qualsiasi prospettiva di ripresa; ridare liquidità alle imprese, riaprendo i rubinetti del credito e pagando i debiti delle pubbliche amministrazioni; rendere più flessibile e meno oneroso l’ingresso nel mercato del lavoro; semplificare un «barocco sistema fiscale» e ridurre i costi della burocrazia. La recente indagine sul credito bancario della Bce rivela che le politiche per l’offerta dei prestiti alle imprese sono state nel secondo trimestre 2013 lieve-

mente più restrittive. Come commenta quanto emerso e quali cambiamenti si aspetta nel rapporto tra banche e imprese nei prossimi anni? «In quest’ambito, a essere maggiormente penalizzate sono le piccole e medie imprese, in particolare quelle del commercio e dei servizi di mercato. Tali imprese, infatti, nonostante forniscano il maggiore contributo al valore aggiunto e all’occupazione, ricevono proporzionalmente molto meno in termini di credito banca-


Carlo Sangalli

240mila LE IMPRESE CHE NEL PRIMO SEMESTRE DI QUEST’ANNO HANNO CHIUSO I BATTENTI

rio che, rappresentando spesso l’unica fonte esterna di finanziamento, in molto casi può determinare la loro stessa sopravvivenza. Occorrono, dunque, misure urgenti per garantire adeguati flussi di credito all’economia reale: attivando le fonti di provvista finanziaria disponibili, tra cui in particolare la Banca europea degli investimenti; migliorando il sistema della garanzia pubblica, avendo cura di porre attenzione anche alle esigenze di finanziamento delle imprese di minori dimensioni; rafforzando, infine, nell’ambito delle procedure di valutazione di merito delle pmi, la componente d’informazioni quali-

tative e ambientali che i sistemi dell’associazionismo imprenditoriale sono in grado di mettere a disposizione del sistema bancario, rivisitando, in termini più qualitativi che quantitativi, i criteri di assegnazione dei rating». Le associazioni regionali lombarde di Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti hanno deciso di istituire un coordinamento regionale di Rete imprese Italia Lombardia e hanno presentato un manifesto per il rilancio. Quali le proposte sul credito e la filiera della garanzia e i progetti di sostegno all’accesso al credito per le pmi?

«Certamente tra le priorità vi è il rafforzamento delle azioni per sostenere l’accesso al credito delle micro e piccole imprese del terziario e dell’artigianato. In quest’ottica, in Lombardia i consorzi fidi espressione del mondo associativo sono la garanzia di un sistema virtuoso, grazie anche alla straordinaria funzione di “cerniera” tra i Confidi stessi, il territorio e le imprese. È infatti attraverso la conoscenza approfondita della storia e dei bisogni delle imprese che è possibile sostenere in modo mirato progetti di investimenti o necessità di capitalizzazione delle imprese, valutare piani di investimento e contenere rischi d’insolvenza o default. Occorre tuttavia rafforzare e razionalizzare la filiera dei Confidi, anche attraverso possibili processi di aggregazione. Con il sostegno di Regione Lombardia è stata avviata un’azione di due diligence finalizzata ad accertare, attraverso una raccolta mirata e analitica di informazioni sui portafogli dei Confidi, le effettive condizioni patrimoniali e finanziarie del sistema della garanzia. Un percorso fondamentale, nel perdurare della congiuntura così negativa, per rafforzare l’erogazione dei finanziamenti alle imprese». 2013 • DOSSIER • 43


ACCESSO AL CREDITO

Per rilanciare l’economia le banche sollecitano collaborazione Continua la stretta del credito, che coinvolge in particolare le banche territoriali. «È una logica distorta pensare che gli istituti abbiano la fabbrica dei soldi» avverte Antonio Patuelli, presidente nazionale dell’Associazione bancaria italiana Giacomo Govoni

l settore finanziario italiano non è capitolato sotto i volenti attacchi della recessione, ma ha ancora bisogno di essere difeso. Il Fondo monetario internazionale promuove la capacità di tenuta degli istituti di credito nazionali in questi anni di instabilità economica, ma parlare di guarigione è alquanto prematuro. Soprattutto in chiave di allentamento del credit crunch che, sulla base dell’ultimo bollettino mensile redatto da Abi, non presenta presupposti incoraggianti. Dal 3,75 per cento fatto segnare a giugno, sale al 3,84 il rapporto delle soffe-

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Ignazio Visco, presidente di Bankitalia

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renze nette sugli impieghi totali delle banche, con un peggioramento che interessa quasi esclusivamente le imprese. «Si tratta di

difficoltà – avverte il presidente di Bankitalia, Ignazio Visco – che nel sistema creditizio non sono destinate a essere riassorbite rapida-


I dati di Bankitalia

La fase di sofferenza per il sistema creditizio non è conclusa, in quanto le pressioni al contenimento della dimensione dei bilanci non si riassorbiranno rapidamente

mente, in quanto le pressioni al contenimento della dimensione dei bilanci bancari sono ancora presenti. E le banche, dal canto loro, hanno interesse a mantenere un rapporto equilibrato tra impieghi e depositi, a condividere con i mercati i rischi insiti nel finanziamento alla clientela». Nonostante questa crescente tendenza a ponderare le erogazioni, raccomandata peraltro anche dai dettami di Basilea, il rapporto Abi rivela come anche ad agosto i 1,875 miliardi di euro di prestiti totali accordati dalle banche alla clientela abbiano superato di gran lunga i 1,730 derivanti dalla rac-

colta. Un punto che lo stesso presidente Antonio Patuelli rivendica: «È miope guardare ai dati sui prestiti considerando solo le variazioni congiunturali degli ultimi mesi, tutte negative. Dal 2000 al 2012 il credito alle imprese è raddoppiato e inoltre – tiene a ribadire il numero uno di Abi – neppure un singolo euro di denaro pubblico è stato trasferito ai bilanci delle banche». In virtù di tali considerazioni, Patuelli rivolge un invito a famiglie e imprese che hanno liquidità. «Investire in forme di durata elevata aumenta le possibilità di prestare. È una logica distorta pensare che

le banche abbiano la fabbrica dei soldi». In attesa che la pubblica amministrazione saldi i debiti con le imprese fornitrici, così da immettere 70 miliardi nell’economia produttiva, il presidente di Abi sprona la clientela bancaria a investire. Se non altro per riattivare quel flusso virtuoso fra territorio e istituti di credito, alle prese con diverse passività da ripianare. In questo senso, una buona notizia giunge proprio dal recente varo della legge di stabilità, che ha accolto le pressanti richieste avanzate da Patuelli in merito al regime fiscale applicato alle perdite su crediti. «È una macrosco- 2013 • DOSSIER • 45


ACCESSO AL CREDITO

È miope guardare ai dati sui prestiti degli ultimi mesi. Dal 2000 al 2012 il credito alle imprese è raddoppiato e neppure un singolo euro di denaro pubblico è stato trasferito ai bilanci delle banche

pica distorsione che penalizza le saranno più deducibili in quote navigano ancora in cattive acque o erogazioni – ammoniva fino a ieri il presidente Abi – in quanto, allo stato attuale, se un prestito si trasforma in perdita, le banche non lo possono caricare sul bilancio in cui si verifica la perdita». Un meccanismo che invece di incentivare i prestiti, finiva per scoraggiarli. Con il via libera al nuovo sistema di deducibilità delle perdite, le cose dovrebbero migliorare. Stando al dispositivo introdotto, le svalutazioni dei crediti derivanti da affidamenti alla clientela non 46 • DOSSIER • 2013

costanti nelle 18 successive annualità, bensì già dall'esercizio in cui sono iscritti in bilancio e nei quattro successivi, ovvero in soli cinque anni. LA SOFFERENZA DELLE BANCHE LOCALI

Al di là di un lieve segnale di risveglio sotto il profilo della redditività - o per meglio dire, della riduzione del deteriorato - registrato dal nostro sistema bancario nel primo trimestre 2013, numerosi istituti

sono finiti sotto tutela di Bankitalia. Oltre al caso eclatante di Monte dei Paschi, impegnata a risalire dal precipizio anche grazie ai cosiddetti “Monti bond”, sono diverse le banche sottoposte ad amministrazione straordinaria o comunque sotto la lente vigile dell’istituto centrale italiano. Banca Tercas–Cassa di risparmio della provincia di Teramo e Banca delle Marche solo per menzionarne un paio tra quelle commissariate, tra cui ne figurano diverse di dimen-


I dati di Bankitalia

SOFFERENZE

PRESTITI

LE SOFFERENZE NETTE REGISTRATE DAL RAPPORTO ABI AD AGOSTO 2013. A LUGLIO ERANO PARI A 72 MILIARDI

LA VARIAZIONE ANNUA DELLA DINAMICA DEI FINANZIAMENTI A FAMIGLIE E IMPRESE CALCOLATA DA ABI AD AGOSTO 2013. E’ LO STESSO VALORE DI LUGLIO

73,5 mld -3,5%

sioni locali (ultimo in ordine di tempo il Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari, commissariato lo scorso giugno) con immediati contraccolpi sul benessere economico del territorio di appartenenza. Poi ci sono quelle da “codice giallo”: vedasi Ubi Banca, che ha chiuso il primo semestre con un -67% di utile rispetto all’anno precedente; oppure il caso Banco Popolare che, pur aumentando i profitti a 156 milioni di euro nei primi sei mesi del 2013 rispetto ai 29 registrati nello stesso periodo del 2012, ha

già fatto sapere di voler riorganizzare la rete, chiudendo oltre 100 sportelli per riconvertirli in “filiali imprese”. Da ultimo ci sono quelle banche che lo spettro commissariamento stanno facendo di tutto per schivarlo. Una su tutte, la genovese Banca Carige, che giusto un mese fa ha rinnovato la presidenza con la nomina di Cesare Castelbarco Albani al posto dell’uscente Flavio Repetto. «Entro ottobre – ha assicurato – ci sarà il piano strategico di Carige come chiede Banca d’Italia, fatto dal nuovo amministratore

delegato, scelto con l’aiuto di una società di “cacciatori di teste”». Nel ricordare che Bankitalia ha chiesto un rafforzamento patrimoniale di 800 milioni con la vendita degli asset non core, Castelbarco non esclude cambiamenti. «Se serviranno aggiustamenti discuteremo eventuali modifiche al piano originario, sempre muovendoci secondo le indicazioni della vigilanza. L’obiettivo è il rafforzamento sul piano nazionale per restare il sesto o settimo gruppo nazionale». 2013 • DOSSIER • 47


ACCESSO AL CREDITO

Anche le banche ragionino in prospettiva Un modello economico da rimettere in carreggiata, dopo lo scossone subìto dal caso Mps. Per rianimare il tessuto industriale di Siena, secondo Paolo Campinoti, è necessario che il sistema bancario torni a dar fiducia alle imprese Giacomo Govoni

on è una stagione facile per il panorama creditizio senese. Epicentro del terremoto scatenato nei mesi scorsi dalle vicende di Monte dei Paschi, il tessuto bancario territoriale soffre più di altri la situazione di crisi in cui versa l’intero sistema bancario nazionale «che dovrebbe rappresentare un moltiplicatore e, invece, si trova a non svolgere appieno il proprio ruolo». È la schietta ammissione di Paolo Campinoti, da settembre presidente di Confindustria Siena che, in un quadro economico definito senza mezzi termini «desolante», individua come priorità d’intervento il «recupero del rapporto fra imprese e banche quale produttore di ricchezza e di occupazione». Qual è lo scenario senese in questo senso e quali criticità si sono acuite negli ultimi mesi? «Le difficoltà di Mps si riverberano sul sistema economico al di là delle volontà del management, che deve comunque confrontarsi con le imposizioni dell’Europa, gli assorbimenti di capitale in relazione a incagli e contenzioso, come con il tema della qua-

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lità del credito in generale. Le banche più piccole poi cominciano a presentare limiti d’intervento per la crescita dell’attivo registrata in passato. Il problema è che non ci sono più attività protette, tutti scontiamo regole che non sono più locali e un confronto diretto con il mercato. Ciò influisce sulle attese, poco rosee: nessuno degli imprenditori di recente intervistati

prevede miglioramenti né di fatturato né di produzione come non si prevedono assunzioni se non temporanee». Poche settimane fa avete siglato un accordo con Banca Ubae per l’internazionalizzazione delle imprese toscane. Quali effetti potrà generare? «È un accordo di collaborazione siglato insieme alle territoriali di Con-


Paolo Campinoti

Dobbiamo ripartire da ciò che abbiamo - storia, arte, territorio e tradizione - per attrarre un turismo di qualità, perché da qui discende la qualità made in Siena

Paolo Campinoti, presidente di Confindustria Siena

findustria di Arezzo e Grosseto, rivolto in particolare al sostegno finanziario di imprese che operano o intendano operare con i Paesi del nord Africa. L’intento è stimolare gli imprenditori a guardare a mercati che, seppur complicati, rappresentano sbocchi per le nostre produzioni o fornitori di materie prime, e dare supporto e consulenza attraverso una banca come Ubae, presente in loco e con esperienza specifica». L’allargamento dell’orizzonte commerciale delle imprese è da tempo uno dei vostri obiettivi. «In un momento di blocco dei consumi interni e di stallo di quelli continentali, rappresenta l’unica risposta alle necessità produttive delle nostre imprese. Al contempo siamo impegnati con le nostre società di servizi anche sui temi della competitività, con focus sull’innovazione di prodotto che di processo e sulle reti d’impresa. Per aspirare a una crescita più complessiva, sarebbe tuttavia necessario che il “sistema Italia” mettesse questi temi fra le proprie priorità. Come si dice, la speranza è l’ultima a morire». Inutile nascondere che per via

della vicenda Mps, ultimamente il modello Siena ha un po’ traballato. Attraverso quali strategie pensa possa rilanciarsi? «Stiamo lavorando ai grandi temi su cui l’economia territoriale dovrà poi stilare una programmazione: i progetti per i bandi Ue 2014-2020; Expo 2015, la cui onda lunga si spera raggiunga anche la Toscana e la candidatura di Siena a Capitale della cultura 2019. Dobbiamo innanzitutto ripartire da ciò che abbiamo - storia, arte, territorio e tradizione - per attrarre un turismo di qualità, instillando nei visitatori e negli operatori economici la convinzione che è da questo modello socio-economicoambientale che discendono la creatività e la qualità made in Siena. Serve, però, un progetto di politica industriale sostenibile, che guardi al futuro e passi necessariamente per un rilancio del manifatturiero. Settore da stabilizzare subito, prima che impoverisca in modo irrimediabile la nostra capacità produttiva, la nostra ricchezza, il nostro sociale». Il legame virtuoso fra banche e territorio è spesso alla base di un’economia locale che fun-

ziona. Su questo versante quali mosse sollecitate, specie a favore delle pmi senesi? «Il nostro appello mira a stimolare valutazioni di prospettiva nelle decisioni di finanziamento, pur rimanendo consci di una situazione non modificabile a breve. Quindi occorre puntare anche su una disintermediazione del credito attraverso forme di sostegno come ad esempio il progetto sui mini e corporate Bond portato avanti da Confindustria e da Mps. Servirebbe poi attrarre capitali di investimento anche ridotti, per le start-up e gli spin-off, favorendo tipologie tipo “business angels”». Un paio di provvedimenti legislativi per sveltire il processo di riavvicinamento tra banche e tessuto produttivo? «Una revisione della normativa sulla deducibilità fiscale delle perdite per le banche. E il potenziamento degli istituti di garanzia fidi, collegato però a una regolamentazione che definisca le facilitazioni non solo sulla concessione ma anche di tasso, così da collegare il livello di rischio alla sua misura di costo». 2013 • DOSSIER • 49


POLITICHE AGRICOLE

Un Tacco da prendere a modello L’agricoltura è una grande risorsa del nostro Paese. Per questo serve valorizzarla, per il rilancio di tutto il sistema, e la Puglia sembra averlo capito. Il punto dell’assessore all’agricoltura, Fabrizio Nardoni Teresa Bellemo

onostante abbia sempre scontato la carenza di politiche con una visione ad ampio spettro, l’agricoltura rappresenta il 16 per cento del Pil italiano. In Europa, invece, è stata sin da subito la prima delle politiche dell’Unione, la più dotata finanziariamente e la più regolamentata. I motivi di questa strategia sono molteplici. L’autosufficienza alimentare, la formazione di un mercato con maggiori possibilità per cittadini e imprese, l’azione di presidio del territorio operata dalle imprese agricole, gli elementi di pressione competitiva del mercato globale la rendevano, e la rendono ancor oggi, un asset fondamentale. La nuova Politica agricola comunitaria 20142020, l’allargamento a 27 stati molto diversi tra loro e l’attenzione al greening, secondo

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Fabrizio Nardoni, assessore all’agricoltura della Regione Puglia e coordinatore degli assessori regionali dell’agricoltura della Conferenza StatoRegioni

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Fabrizio Nardoni, assessore all’agricoltura della Regione Puglia e coordinatore degli assessori regionali dell’agricoltura all’interno della Conferenza Stato-Regioni, sono temi fondamentali dai quali non è possibile prescindere a livello locale. L’Italia, dunque, deve fare la sua parte, uscendo da una visione bucolica delle campagne e ascoltando il bisogno di innovazione e modernità delle imprese. In Europa c’è ancora una forte separazione tra agricoltura industriale e quella biologica e biodinamica. Cosa ne pensa? «Mi piacerebbe si andasse oltre la dicotomia tra l’approccio, che sembra sempre di nicchia, sostenibile e slow e un altro che evoca modernità e mercato. I numeri dicono che sono in pochi a produrre il grosso del fatturato di settore, ma bisogna interrogarsi su quanto questa produzione valga in termini di occupazione e di ricchezza, intesa come territorio, cultura e know-how. Oggi il settore agricolo, dimenticato nelle politiche nazionali sempre poco lungimiranti, è però l’unico in controtendenza per export e prospettive di sviluppo. Tutto questo non per merito dei soli grandi produttori, ma anche per la rete a maglie molto strette delle imprese diffuse sul territorio. Se, allora, anche i piccoli possono fare reddito e competizione, così come i grandi possono essere sostenibili, probabilmente la contrapposizione tra sistemi non deve esistere».


Fabrizio Nardoni

La Puglia è un modello perché qui è cresciuta la consapevolezza che l’agricoltore è un professionista appassionato

La Puglia, tra enoturismo, valorizzazione di colture autoctone e giovani che vogliono avvicinarsi a questo settore, è diventata quasi un modello. Cos’è cambiato? «Sì, la Puglia ormai è un modello. Questo perché è cresciuta la consapevolezza che l’agricoltore è un professionista, una figura competente e appassionata, il primo valorizzatore e strenuo difensore delle risorse naturali che utilizza. Abbiamo abbandonato l’immagine di produttori di quantità e ci siamo appropriati delle nostre eccellenze strutturali facendoci strada sui mercati, anche internazionali. Se poi a questo coniughiamo la capacità del sistema Puglia di crescere come offerta turistica, abbiamo gli ingredienti che stanno consentendo questa alchimia». Che ruolo ha avuto la Regione in questo cambiamento? «La Regione ha sostenuto il ricambio gene-

razionale, erogando risorse per 250 milioni di euro a vantaggio di 2mila neo imprenditori under 40, per metà donne, che investivano in maniera innovativa e diversificata. Ha creato “Prodotti di qualità Puglia”, un marchio collettivo con indicazione di origine, che valorizza i prodotti e li promuove. Le filiere produttive e la consulenza hanno poi avuto un ruolo fondamentale, così come la diversificazione delle economie rurali, valorizzate anche da un finanziamento di poco inferiore ai 300 milioni di euro, con cui i gruppi di azione locale hanno creato microimprese, erogato servizi alla popolazione, tutelato il patrimonio artistico e paesaggistico rurale e sviluppato le attività di agriturismo, di masserie didattiche e sociali. E per il futuro pensiamo di fare ancora altro, ad esempio ottimizzando il consumo delle risorse idriche, un grosso problema della Puglia». 2013 • DOSSIER • 61


AGROALIMENTARE

Nel mulino, ieri e domani Tradizione e modernità danno vita a un sistema produttivo ottimizzato. Il filo rosso che dal Settecento ci porta ai giorni nostri è il nome della famiglia Parri, che ha fatto dell’arte molitoria una missione Lorenzo Brenna

n'azienda tecnologicamente avanzata a gestione completamente elettronica, ma che mantiene solide radici ancorate alla tradizionale macinazione. Un perfetto connubio tra antico e moderno, tra nonni e nipoti, un ponte generazionale che mantiene come comun denominatore gusto e qualità. Siamo a Rigomagno,nel comune di Sinalunga, è qui che dal 1700 il Molino Parri produce farine naturali senza l’aggiunta di additivi, anche di tipo integrale, con un contenuto elevato di vitamine ed enzimi. Il successo dell'azienda, gestito dalla famiglia Parri da generazioni, deriva dal rispetto della tradizione, dalla tutela della bontà del pane, del gusto e della salute dei consumatori. La farina prodotta dal Molino Parri, ottenuta miscelando i migliori grani presenti sul mercato, prende la via di numerose province del Centro Italia. La riscoperta di tecniche di produzione antiche è uno dei punti di forza dell’azienda. «Abbiamo ripristinato la vecchia macina di pietra - spiega il titolare Marcellino Parri - che con un solo passaggio produce farine tipo 2 e l’integrale, non solo di frumento ma di tutti i cereali con il profumo e il sapore di una volta». D’altro canto, se la macina è antica il processo produttivo è completamente elettronico, computerizzato e controllabile da un’unica sala

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comandi. Il laboratorio d’analisi, composto da sofisticati strumenti, consente un attento esame qualitativo sia dei frumenti che delle farine ottenute. Il Molino Parri produce anche farine speciali per poter occupare nicchie di mercato tuttora sottovalutate. «Produciamo farine mirate a produzioni di formati particolari di pane, poi farine da agricoltura integrata e biologica conferma Marcellino Parri - consideriamo importante la nicchia gluten free e stiamo valutando la creazione di un’unità produttiva distaccata da quella attuale perché è l’unico sistema per garantire l’assenza assoluta di glu-

In queste pagine, dipendenti al lavoro all’interno del Molino Parri di Rigomagno-Sinalunga (SI) www.molinoparri.com


Marcellino Parri

tine dal prodotto finito». La produzione del molino toscano, che annualmente si aggira sui 240.000 quintali, è destinata a vari ambiti, sia domestici che commerciali. «I nostri prodotti coprono il fabbisogno di un’ampia platea di utilizzatori: dall’uso domestico, al panificatore artigiano, al pasticcere, al pizzaiolo, alla produzione di pasta fresca». Negli ultimi anni c’è stata un’inversione di tendenza e, nonostante la crisi, qualità e genuinità sono diventate caratteristiche fondamentali per i consumatori. «I nostri clienti hanno capito che le farine naturali offrono un pane di alta qualità con un profumo e una fragranza che lo rende appetibile anche nei giorni successivi alla vendita e, anche se la farina costa qualche centesimo in più, sono ricompensati da una resa quantita-

Abbiamo ripristinato la vecchia macina di pietra che produce farine tipo 2 e l’integrale di tutti i cereali con il sapore di una volta

tiva migliore». Non è facile stabilire l’andamento del fatturato perché si tratta di un mercato legato a numerosi fattori. «Il fatturato è relativo - dichiara il titolare dell’attività - perché soggetto all’oscillazione dei prezzi del prodotto finito e dei sottoprodotti. L’essenziale è l’uso degli impianti al 100 per cento, obiettivo ormai raggiunto da tempo». Tra gli obiettivi futuri del Molino Parri ci sono la conquista di nuove fette di mercato e l’ampliamento, anche sul panorama internazionale. «Tutti i nostri sforzi sono diretti allo sviluppo di nicchie di mercato per le farine speciali. È in costruzione un edificio per lo sviluppo di nuove farine destinate in special modo alla produzione di pizze speciali, siamo anche alla ricerca di nuovi canali per l’esportazione». 2013 • DOSSIER • 63


L’Aglianico del Vulture, nove vini da un unico vitigno Aglianico è un vitigno coltivato, oltre che in Basilicata, anche in Puglia e Campania. Ma solo quello del Vulture si distingue immediatamente all’olfatto e al palato. E questo grazie al tufo di origine vulcanica al quale attinge. Ma non solo. Come spiega Gerardo Giuratrabocchetti, titolare delle Cantine del Notaio di Rionero in Vulture, nel potentino: «Certamente la componente pedologica assume un’importanza strategica nella maturazione del nostro Aglianico, insieme ad altre condizioni legate al microclima. Il Vulture, vulcano ormai spento, ha fortemente caratterizzato l’area di allevamento della vite. Le ceneri al suolo si sono compattate divenendo una roccia spugnosa, il tufo, che ha la capacità di assorbire l’acqua in inverno per restituirla alla pianta in estate, nutrendola dal basso. Non a caso i contadini locali dicono che “il tufo allatta la vite”». Questa particolarissima composizione del terreno, insieme a tempera-

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Un terreno di origine vulcanica dalle condizioni e dal microclima particolarissimi. Gerardo Giuratrabocchetti racconta una varietà di vite con un fortissimo legame territoriale e il suo eclettismo Valerio Maggioriano

ture estive elevate (fino a circa 40 °C) dovute ai venti africani, all’assenza di piogge estive per circa due mesi e agli sbalzi termici fra giorno e notte, sono i fattori che determinano la singolare maturazione dell’Aglianico del Vulture – con questo nome si identifica questa specifica varietà del vitigno. La nostra azienda è nata con un ambizioso progetto viticolo: studiare l’Aglianico del Vulture nel suo ambiente e favorire il suo successo». Dall’incontro con il professor Luigi Moio, uno dei padri dell’Aglianico moderno, e dalla voglia di dimostrare l’eclettismo del vitigno, le Cantine del Notaio sono riuscite a trarre da una sola uva

Le Cantine del Notaio si trovano a Rionero in Vulture (PZ) www.cantinedelnotaio.it


Gerardo Giuratrabocchetti

Il Vulture, vulcano spento, ha caratterizzato l’area di allevamento della vite. Le ceneri al suolo si sono compattate divenendo una roccia spugnosa: il tufo

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nove vini diversi – ogni etichetta ha un nome legato all’attività notarile. «Si va dallo spumante metodo classico (la Stipula, bianco e rosé) ai bianchi (il Preliminare e la Raccolta), dal rosato (il Rogito) ai rossi con concentrazioni crescenti (l’Atto, il Repertorio, la Firma e il Sigillo)». E il successo ricercato non è mancato, come dimostrato dal mercato italiano e internazionale e dalle guide di settore. «Le ragioni stanno, probabilmente, in un buon equilibrio complessivo dei diversi vini e dalla forte caratterizzazione territoriale. In generale, nel 2013 possiamo dichiararci soddisfatti per l’andamento generale, che registra un incremento del 15 per cento delle vendite e del 10 per cento circa a valore rispetto allo stesso periodo (gennaio-settembre) dell’anno precedente. Tuttavia, si registra un cronico ritardo negli incassi nel mercato interno». Il progetto della cantina di Giuratrabocchetti non si ferma però alla vinificazione. Se l’obiettivo principale è e resta quello di lavorare al meglio in vigna e cantina, cercando di rafforzare il marchio conquistando nuovi mercati e mantenendo alta e costante la qualità dei prodotti, il desiderio è anche quello di promuovere il territorio, sia del Vulture sia della Basilicata in generale e delle sue bellezze naturali, storiche, architettoniche e sociali. «Crediamo che l’Aglianico del Vulture sia un degno ambasciatore della nostra terra di origine e pensiamo che attraverso la sua diffusione sia possibile anche

stimolare l’interesse verso i luoghi nei quali viene coltivato. L’area del Vulture è ricca di storia e delle tracce che le diverse epoche hanno lasciato – dagli Enotri ai Greci, dai Normanni agli Svevi, dai Borbone ai moti del brigantaggio post unitario. Ed è anche una terra ricca di meraviglie della natura – i laghi di Monticchio, dentro al cratere del vulcano con la splendida abbazia benedettina. E ancora si può percorrere un itinerario emozionante e suggestivo nelle cantine di affinamento, scavate nel tufo vulcanico, risalenti almeno al 1600 e appartenute ai padri francescani, che corrono sotto le strade e le case di Rionero in Vulture». 2013 • DOSSIER • 65


AGROALIMENTARE

Il vino scommette su tipicità ed export Persino uno dei capisaldi del Belpaese, il vino, è in crisi. I produttori cercano di far fronte al calo dei consumi con la qualità dei prodotti e l’export. Analizziamo le prospettive del comparto con Marco e Paolo Barbanera Lorenzo Brenna

l mercato nazionale del vino, vero e proprio fiore all’occhiello dell’Italia, è in sofferenza. La crisi ha influito sugli acquisti e i soli prodotti che reggono sono quelli economici. I consumi interni non riescono a risollevarsi e gli unici segni positivi vengono dalle esportazioni che le previsioni danno in crescita nel prossimo biennio. «La nostra percentuale di export diretto è del 56 per cento - confermano Marco e Paolo Barbanera dell’azienda vinicola Barbanera - alla quale va tuttavia sommata quella che riguarda la vendita a grandi esportatori abituali e con cui tocchiamo punte del 90 per cento. Per i prossimi anni contiamo di consolidare la nostra presenza sui mercati dove siamo già affermati e di aprire nuovi sbocchi commerciali». I mercati più vantaggiosi sono Germania, Inghilterra e Stati Uniti, mentre stanno crescendo rapidamente le richieste da Russia e Brasile. «I prodotti che hanno maggiore successo all’estero sono quelli che restano ancorati alla tradizione locale – afferma Paolo Barbanera - ne sono un esempio il Chianti che negli Usa e in Germania continua a mantenere il proprio primato, affiancato dal Vino Nobile di Montepulciano e dal Rosso di Montepulciano. Una fetta interessante della commercializzazione viene tuttavia occupata

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anche dai nuovi prodotti dall’impronta moderna quali Nero di Troia e Aglianico-Primitivo dalla Puglia». Il vanto dell’azienda senese è il vino Toscana Rosso “Vecciano”. «Le caratteristiche che rivela all’assaggio sono degli aromi intensi e avvolgenti – racconta Marco Barbanera - un gusto morbido e rotondo. Sono il frutto dell’ottimale gestione dei vigneti, della raccolta con selezione dei grappoli rigorosamente manuale, delle particolari tecniche di vinificazione e fermentazione». Queste ultime, sono condotte a bassa temperatura dopo una breve macerazione prefermentativa a freddo per impedire ai profumi di dissiparsi e per mettere in risalto la tipicità delle uve. La qualità di questo prodotto è testimoniata dai risultati conseguiti. «Il Vecciano 2008 è stato annoverato dall’illustre Luca Maroni nella guida “L’annuario dei migliori vini italiani 2012” come il miglior rosso d’Italia». La Barbanera ha anche instaurato delle collaborazioni con produttori siciliani e pugliesi focalizzando la propria attenzione su realtà poco conosciute. «Ci siamo concentrati soprattutto sulle Igt (Indicazione Geografica Tipica) re-

Paolo e Marco Barbanera della Barbanera Srl di Cetona (SI) www.barbaneravini.it


Marco e Paolo Barbanera

Il nostro vanto è il “Vecciano”, le sue caratteristiche sono il frutto della raccolta con selezione dei grappoli manuale e delle particolari tecniche di vinificazione e fermentazione

gionali meno valorizzate – spiega Paolo Barbanera - ci riferiamo al Nero di Troia e all’Aglianico-Primitivo per la Puglia come anche al Nero d’Avola-Syrah e allo Chardonnay-Insolia per la Sicilia. Da tenere in forte considerazione, è il nostro Primitivo Igt Puglia “Alchimia” vinificato in purezza». L’azienda vinicola toscana per farsi conoscere partecipa alle manifestazioni fieristiche enologiche nazionali e internazionali, nonché ai banchi di assaggio allestiti dagli importatori piuttosto che dai consorzi di tutela. «Il contatto con i consumatori è fondamentale come anche conoscerne le considerazioni – afferma Marco Barbanera - per questo non possiamo mancare a manifestazioni come, ad esempio, Vinitaly, Prowein, Vinexpo e Vinitaly International. Le fiere vengono valutate come fonte di crescita, oltre che come vetrine di pregio, dove possono essere accolti apprezzamenti e critiche con la volontà di migliorarci continuamente. Non meno importante è la partecipazione a celebri contests internazionali quali Berliner Wein Trophy, International Wine Challenge, Terravino e Shanghai Wine Challenge dove i nostri vini possono essere valutati da una commissione di critici esperti». Come detto l’intero comparto vinicolo italiano ha subito una contrazione, ciononostante la Barbanera ha aumentato il volume

d’affari. «Contrariamente alla tendenza attuale del mercato, abbiamo riscontrato un incremento generale del fatturato del 20 per cento nel 2012 e del 18 per cento nel primo semestre del 2013, trend che verrà confermato senz’altro nel 2014. In cantiere abbiamo numerosi progetti che ci stanno permettendo di stringere nuovi rapporti commerciali e di immetterci in nuovi mercati. L’aspetto vincente e determinante per la nostra azienda è che la quasi totalità delle vendite è rivolta al mercato estero e si appoggia a grandi canali di distribuzione ben dislocati sul territorio con i quali abbiamo ormai un rapporto consolidato e di fiducia reciproca». 2013 • DOSSIER • 67




Una virata verso l’export Il riposizionamento sul mercato dei compressori semiermetici. Giovanni Dorin fa il punto sull’anno che ha segnato la definitiva affermazione all’estero. Con una spinta agli investimenti in chiave green e con il potenziamento della produzione Luca Càvera

l di là di un 2012 dove si è mantenuto il risultato operativo dell'anno precedente, la società per azioni Officine Mario Dorin ha confermato con soddisfazione i risultati attesi. L'annata 2012 è comunque già un ricordo alla luce di un incremento percentuale a due cifre nel 2013. Intanto, però, l’azienda di Compiobbi, nel fiorentino, specializzata nella produzione di compressori semiermetici, ha cambiato il suo posizionamento sul mercato. E, come spiega il Direttore Marketing Giovanni Dorin, la società ha effettuato una vera e propria virata. «A causa della situazione contingente del mercato interno ed estero, abbiamo registrato un incremento notevole dell'export, ed è qui che abbiamo dirottato la maggior parte delle forze commerciali, portando quest’ultimo a un valore superiore al 70 per cento del fatturato». L’avvio

A

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Giovanni Dorin

della manovra ha visto l’impresa impegnata a cercare e creare nuovi canali di vendita, individuando opportunità anche in paesi che in precedenza erano stati marginali. «Oggi i mercati più interessanti sono quello russo, il cinese e l’Oriente nel suo complesso, come pure l’India e il Centro e Sud America. In Cina stiamo rafforzando il nostro ufficio commerciale a Shanghai (Shanghai Dorin Compressors). Questo è stato fondato nel 2008 come nostra controllata e oltre a presidiare il territorio cinese, è un punto di riferimento per tutti i mercati del Sud Est Asiatico, anche come centro per i servizi tecnici. In Russia abbiamo un ufficio di rappresentanza con tecnici commerciali disponibili nel supporto pre e post vendita. Inoltre, in questi mesi inaugureremo una realtà commerciale nel subcontinente indiano, per dare un servizio più puntale ai clienti del bacino dell’oceano Indiano». L’apertura verso un orizzonte commerciale ben più ampio ha imposto, in parallelo, anche un potenziamento della produzione. «Abbiamo rafforzato la capacità produttiva nel settore anidride carbonica, arrivando a produrre più di

70%

15 mila

QUOTA EXPORT SUL FATTURATO CONCENTRATA IN RUSSIA, ORIENTE, CENTRO E SUD AMERICA

I COMPRESSORI CO2 TRANSCRITICI DELLA OFFICINE MARIO DORIN SPA ATTUALMENTE IN ESERCIZIO

250 compressori transcritici al mese. Questo per affrontare un mercato internazionale in forte espansione: quello della refrigerazione naturale. In questo momento abbiamo oltre 15mila compressori CO2 transcritici funzionanti, con circa 100 milioni di ore lavoro all’attivo – il mercato della refrigerazione naturale è e sarà sempre più interessante nel In apertura, una veduta prossimo futuro. Al di là di questa categoria di di Shanghai e linee prodotto, negli ultimi 12-15 mesi abbiamo produttive di immesso sul mercato circa 10mila compressori compressori della Officine Mario Dorin dedicati agli idrocarburi (HCs)». Spa di Compiobbi (FI) Gli investimenti sono consistenti anche nella www.dorin.com ricerca e sviluppo. «Investiamo mediamente il 20 per cento del fatturato annuo nello sviluppo di nuovi prodotti. E seguendo i principi della Total Quality Management, portiamo avanti il progressivo miglioramento dei prodotti esistenti, ottimizzandoli e rendendoli áá 2013 • DOSSIER • 71


EXPORT

❯❯ sempre più idonei a rispondere e soddisfare le nostro obiettivo è cercare di ridurre i costi di necessità del mercato globale. Attualmente i progetti di maggior rilievo sono quelli dedicati all’ottimizzazione e al risparmio energetico, e all’applicazione di sistemi con inverter Utilizzando sia gas refrigeranti HFC che alternative naturali, come l’anidride carbonica. E stiamo anche elaborando soluzioni interessanti per ottimizzare l’uso di altri gas naturali e dei nuovi gas refrigeranti che sostituiranno alcuni HFC – la linea di prodotti dedicata all’uso dell’anidride carbonica, in fase transcritica e in applicazioni specifiche, può già arrivare a essere anche quattro volte più performante dei gas HFC». Il target al quale si rivolge Dorin è infatti fortemente orientato al risparmio energetico. «Il

Il nostro obiettivo è ridurre i costi di esercizio degli impianti, ottimizzando l’energia di alimentazione e la quantità di gas refrigerante utilizzato

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esercizio dei diversi impianti utilizzati, ottimizzando sia l’energia necessaria per farli lavorare, sia la necessità quantitativa di gas refrigerante utilizzato. Attualmente, poi, c’è anche una problematica reale legata alle normative che vincolano l'uso di HFC a delle tassazioni specifiche, già in atto in molti paesi europei, come pure una prospettiva nell'immediato futuro di blocchi effettivi all'utilizzo di refrigeranti fluorurati con GWP (Global Worming Potential) superiore a 2500, attualmente in discussione presso il Parlamento Europeo e che si definirà entro la fine del 2013. Questo ha portato pertanto a un incremento del mercato che impiega i refrigeranti naturali (anidride carbonica, ammoniaca e idrocarburi) come alternativa sostenibile ed ecologica, oltre che economica, ai gas fluorurati». In conclusione, Giovanni Dorin tira le somme e delinea prospettive e obiettivi per i prossimi anni. «Sul medio e lungo termine la refrigerazione naturale sarà sempre più rilevante nella formazione del fatturato delle aziende legate alla refrigerazione e al condizionamento. Pertanto la ricerca e l’ottimizzazione dei prodotti destinati a questi mercati sarà sempre più importante. In contemporanea, uno degli obiettivi della nostra azienda è anche quello di organizzarci in modo sempre più puntuale per offrire ai clienti la possibilità di usufruire di servizi di approvvigionamento e di assistenza locali, che garantiscano consegne ottimali. Quindi investiremo su una diffusione più capillare tramite centri di distribuzione e assistenza, soprattutto all’estero, gestiti direttamente o in concessione con partner autoctoni. Questo ci permetterà di rafforzare il rapporto collaborativo e costruttivo con i nostri partner nel mondo».



EXPORT

Tecnologie antifurto automotive in Europa sembra dare qualche piccolo segnale di ripresa. Con un 5,5 per cento in più registrato a settembre, uno dei settori più colpiti dalla recessione internazionale intravede una via d’uscita. Tutto il mercato connesso all’automobile, però, porta ancora gli strascichi del declino iniziato nel 2008 e non sono poche le imprese italiane dell’indotto che hanno dovuto diversificare, innovare e investire prendendo l’export come nuova tappa obbligata. L’esperienza di Emilio Lacirignola, titolare del gruppo pugliese Block Shaft, sintetizza in modo esemplare le difficoltà e, al tempo stesso, le opportunità che si sono aperte in questi anni di crisi. Prima di tutto la diversificazione. «Nel 1995 – spiega Lacirignola – siamo entrati nel mercato dell’auto con un bloccasterzo supplementare, che rendeva quasi impossibile il furto di automobili. Da quella società ne sono nate altre, negli anni, con mansioni an-

L’

Emilio Lacirignola, titolare del gruppo pugliese Block Shaft Srl con sede a Monopoli (BA) www.blockshaft.it

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Il know how italiano alla conquista dei mercati esteri con nuovi prodotti frutto di investimenti e innovazione, a dispetto della crisi di settori come quello dell’automotive. L’esperienza di Emilio Lacirignola Renato Ferretti

che molto diverse e che formano il gruppo attuale. Oltre all’azienda che produce ancora il nostro bloccasterzo, abbiamo una società che si occupa di rigenerazione dei servosterzo elettrici difettosi, che è in forte crescita perché si vendono meno auto e sono sempre di più le riparazioni. Abbiamo un’autocarrozzeria, poi la Block Stem, che produce un antifurto per trattori, e infine la Netoma cui si deve il Gate Lock Van, cioè la nostra invenzione più recente in materia di antifurto». In cosa consiste quest’ultima? «Il Gate Lock Van è un lucchetto che viene fissato sulle porte laterali e posteriori dei furgoni per proteggerne il carico, si apre con una chiave di alta sicurezza che produciamo noi, e si aggancia automaticamente quando viene chiusa la porta, come se fosse la serratura originale. Possiede anche un’apertura di emergenza interna al vano nel caso qualcuno si chiuda accidentalmente dentro». In teoria esiste un modo per forzarlo?


Emilio Lacirignola

❝ «Hanno provato molte volte con il flex, in tentativi di furto molto aggressivi, ma non ci sono mai riusciti: lo spessore dell’acciaio è superiore alle possibilità che un ladro potrebbe avere in condizioni normali, con flex a batteria che hanno durata limitata e anche una penetrazione limitata ai 13 cm dei dischi. Ci vorrebbe un flex alimentato normalmente, ma se l’obiettivo è rubare il carico di un furgone difficilmente ci si trova nelle condizioni di usufruire dell’alimentazione fissa». Quali sono i risultati raggiunti finora con questo nuovo prodotto? «L’abbiamo sviluppato tre anni fa e finora ci ha dato molta soddisfazione. Il Gate Lock Van è in continua espansione, stiamo lavorando in tutta Europa: abbiamo distributori in Inghilterra, Olanda, Francia, Spagna, in Portogallo. Stiamo partecipando a tutte le fiere più importanti del settore e a breve tenteremo il mercato Stati Uniti». Oltre alla qualità del prodotto, quali crede che siano i fattori che vi hanno portato a questi numeri? «L’esigenza di protezione dei corrieri è molto forte in tutto il mondo. Se facciamo il paragone con l'antifurto classico Block Shaft, in-

L’esigenza di protezione per i furgoni dei corrieri è molto forte in tutto il mondo. Questo ci ha garantito un mercato internazionale

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vece, bisogna dire che questo non può avere un’espansione all’estero, ma neanche nell’Italia settentrionale: il suo mercato, infatti, rimarrà l’Italia meridionale, perché qui c’è un’esigenza molto reale di protezione per le auto. Questo prodotto, tra l’altro, è vincolato alla manodopera perché si applica sul piantone dello sterzo. Il Gate Lock Van, invece, è arrivato in Europa con diverse mosse commerciali. La prima è stata pubblicizzare l’articolo su internet, con cui abbiamo subito attirato l’attenzione dei distributori esteri: il primo a contattarci è stato un distributore inglese. Poi, abbiamo fatto fiere internazionali per diffonderlo. Un grosso merito, però, va proprio ai corrieri. La Gls italiana è venuta a conoscenza di questo nuovo sistema di sicurezza e l’ha segnalato alla sede centrale tedesca che ci ha fatto altri ordini e ha diffuso la notizia alle altre sedi Gls. Insomma il classico passaparola è stato importantissimo». 2013 • DOSSIER • 75


EXPORT

La sfida green degli accessori moda Il settore degli accessori metallici dal punto di vista di Amulio Liberatori: l’impegno per una produzione ecocompatibile e la qualità di articoli ad alta longevità. Al servizio dello stile italiano nel mercato in crescita del lusso Renato Ferretti

alle forniture di processo per il settore galvanotecnico a punto di riferimento nel settore accessori moda. È la parabola dell’aretina Italfimet, che negli anni ha acquisito il know how necessario per approdare a uno degli ambiti ancora forti del mercato interno. Per galvanotecnica s’intende l’insieme delle tecniche di placcatura, cioè l’applicazione di strati di metallo su vari materiali, sia a scopo protettivo sia decorativo. La diversificazione dell’impresa toscana in questo campo, le ha permesso di mettersi al servizio dei più importanti brand della moda made in Italy. «In particolare – spiega l’amministratore di Italfimet Amulio Liberatori – ci poniamo come partner nella messa a punto di finiture metalliche per accessori moda. Finitura è sì studio e definizione del colore del particolare metallico ma è soprattutto garanzia di durata nel tempo. L’esperienza unita ai sempre più forti investimenti in ricerca e sviluppo ha permesso di creare una struttura capace di garantire non solo le qualità dell’accessorio. Attraverso controlli mirati e processi galvanici innovativi ora riusciamo a soddisfare anche la sempre più stringente necessità di sostenere

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l’ecocompatibilità delle produzioni: da qui la nostra collaborazione con il laboratorio analitico Cierre Srl». Com’è nata questa collaborazione? «Il Cierre Srl è un laboratorio analitico certificato (Iso 9001:2008) e accreditato da Accredia secondo la norma Iso 17025:2005, in grado di garantire l’ecocompatibilità dei prodotti realizzati. Questo ci ha permesso di andare oltre ai tradizionali controlli di qualità e anticipare le necessità del settore moda. Infatti, sono sempre più attuali i problemi derivanti dall’uso di sostanze pericolose per l’ambiente e per l’uomo: è necessario e doveroso, quindi, da parte dei brand della moda, garantire prodotti che soddisfino tali requisiti. Italfimet pone al primo posto una ricerca costante per sviluppare nuovi processi produttivi che garantiscano qualità e rispetto per l’ambiente: uno dei risultati di que-

Amulio Liberatori, amministratore della Italfimet Srl, con sede a Monte S. Savino (AR) www.italfimet.it


Amulio Liberatori

sto studio è il nuovo processo di elettroformatura senza cadmio. Eco-sostenibilità significa evitare l’uso sconsiderato di metalli pesanti pericolosi quali piombo, cadmio e nichel. Per fare questo e, soprattutto, per poterlo dimostrare, è necessario un controllo analitico con procedure standardizzate nel rispetto di specifiche normative. L’intento è di seguire l’evoluzione della normativa europea che riguarda le sostanze tossiche anticipandone l’attuazione, dove

possibile, attraverso una continua attività di ricerca e sviluppo, volta a individuare nuove e migliori tipologie di finiture per il settore moda». Quali sono le richieste più frequenti? «Bagni galvanici di rame, palladio, doratura a spessore, bagni galvanici alcalini, vernici per cataforesi, passivanti e prodotti chimici di base. Ma sono solo alcuni dei prodotti che si trovano a catalogo. Grazie al laboratorio analisi interno, siamo in grado di eseguire controlli analitici sui bagni e di fornire le informazioni e il supporto tecnico necessario per il loro corretto funzionamento e la scelta del processo più adatto alle varie esigenze». Qual è la situazione del mercato nel L’elettroformatura è una tecnica che permette di realizzare oggetti vostro settore? tridimensionali molto voluminosi con dettagli di elevata qualità e un peso «Il settore chimico galvanotecnico è relativamente contenuto. Perciò sempre più aziende nel mercato molto vasto. Nello specifico, però, il dell’oreficeria e della gioielleria hanno scelto di adottare questo sistema di settore cui ci rivolgiamo è quello della produzione, complice anche il costo elevato delle materie prime, oro in primis. «Il bagno di elettroformatura ideato da noi – spiega l’amministratore moda e dei beni di lusso. Il mercato dell’aretina Italfimet – è a basso impatto ambientale e rispetta mondiale del lusso mette a segno rile norme Europee (Regolamento Ue n. 494/2011) in fatto sultati positivi e in continua crescita, di assenza di sostanze tossiche. Un’ulteriore anche se ha sofferto di una battuta garanzia per chi richiede processi eco-compatibili. Il d’arresto rispetto a quelle che erano le cadmio, adesso vietato dall’Ue, era utilizzato nei previsioni di crescita per il 2013, socicli produttivi di elettroformatura per aumentare la resistenza meccanica dell’oggetto, è un metallo prattutto a causa dell’andamento delcancerogeno ed è tossico per l'ambiente». l’euro nei confronti delle principali monete estere. A fare da traino al mer- ❯❯

Una produzione ecocompatibile

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EXPORT

A fare da traino al mercato del lusso sono gli accessori, sostenuti da export, penetrazione dei mercati emergenti ed e-commerce

❯❯ cato sono proprio gli accessori, sostenuti da ex- del 2013? port, penetrazione dei mercati emergenti ed ecommerce». Quali nuove tendenze avete riscontrato riguardo agli accessori moda? «Nei prodotti moda l’accessorio metallico è spesso il primo dettaglio se non il protagonista indiscusso sul quale viene focalizzata l’attenzione del pubblico. È importante, quindi, che questo sia esteticamente perfetto nel pieno rispetto degli standard normativi e qualitativi che contraddistinguono il brand produttore. Proprio a sostegno di questa perfezione si sviluppa il nostro impegno. Per quello che riguarda le prossime necessità, il mondo della moda dovrà focalizzare la sua attenzione al raggiungimento di due importanti obiettivi che sono quello dell’ecocompatibilità e della valorizzazione del territorio. Proiettando i prodotti in una dimensione glocal che salvaguardi l’ambiente». Che previsioni potete fare per la chiusura

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«Export, penetrazione dei mercati dei paesi emergenti, settore moda e beni di lusso è il mix che, nonostante la crisi economica mondiale, ci fa essere soddisfatti dei risultati sin qui ottenuti. La previsione è di chiudere il 2013 con un incremento del fatturato del 20 per cento rispetto al 2012. Il 2013 è stato anche l’anno in cui ci siamo affermati come azienda leader mondiale nei processi di elettroformatura senza cadmio, cui accennavo prima». Quali sono i prossimi obiettivi? «Consolidare la posizione e la nostra immagine nel settore moda e beni di lusso, come partner per consulenza e messa a punto di finiture esclusive. L’individuazione e la risoluzione delle problematiche sono da sempre il nostro migliore biglietto da visita. I clienti sono sempre più attenti al tema della sostenibilità ambientale, ma tutto questo interesse si può tradurre in un vero successo solo se il prodotto è di alta qualità».



EXPO 2015

Una straordinaria opportunità per il Paese La fase operativa dell’Esposizione universale è partita da tempo e tutto il mondo scommette su Milano. Diana Bracco illustra la marcia di avvicinamento al 2015, ricordando che oltre l’80 per cento della popolazione mondiale è rappresentato nella manifestazione, «un vero record» Renata Gualtieri

econdo un’indagine promossa dalla Camera di commercio di Milano e dalla società di gestione di Expo 2015, l’indotto economico che l’evento produrrà a Milano e in Italia, tra il 2012 e il 2020, sarà di 24,7 miliardi con un incremento di valore aggiunto stimato in 10,5 miliardi di euro e 199mila persone occupate direttamente o indirettamente. Diana Bracco, presidente di Expo 2015 e commissario generale per il Padiglione Italia, conferma queste aspettative sottolineando come l’Esposizione universale sarà davvero un eccezionale volano anticiclico di crescita economica e occupazionale e una straordinaria opportunità per rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo. Expo rappresenta per l’Italia anche un essenziale attrattore di capitali: gli investimenti esteri, infatti, ammontano a oltre un miliardo di euro. Germania e Svizzera hanno già stabilito per i loro padiglioni budget rispettivamente di 40 milioni e 19 milioni di euro, la Russia circa

S Diana Bracco, commissario generale per il Padiglione Italia

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30 milioni, dai Paesi del Golfo si attendono più di 150 milioni, mentre la Repubblica popolare cinese avrà il secondo padiglione più grande del sito espositivo dopo quello italiano. «A questo sostegno internazionale ricorda Diana Bracco - si aggiunge l’entusiasmo del mondo delle imprese, a iniziare dal presidente Giorgio Squinzi e dai numerosi official partner di Expo 2015: da Fiat a Telecom, da Intesa Sanpaolo a Coop e poi Illy, Accenture, Cisco, Enel, Finmeccanica, Came. Gli investimenti dei primi partner privati di Expo hanno già superato i 250 milioni di euro». Il padiglione Italia sarà ispirato all’idea del vivaio. Come sarà possibile far germogliare giovani talenti e creare per loro occasioni di lavoro? «L’idea del vivaio incarna un trinomio fondamentale per il futuro del nostro paese: innovazione, giovani e talento. Queste sono le chiavi per avviare un “rinascimento” dell’industria. Il padiglione nasce con la


Diana Bracco

vocazione di essere luogo e simbolo dello sviluppo di nuove generazioni: uno spazio protetto, di crescita, sviluppo e formazione. Un laboratorio d’idee che aiuti i progetti a germogliare e un punto di riferimento per i talenti innovatori, capaci di rinnovare il concetto di eccellenza italiana combinando la tradizione con approcci inediti e originali. Al centro della costruzione ci sarà “l’albero della vita”, simbolo dell’Italia, della sua industria e delle sue bellezze storiche, paesaggistiche, enogastronomiche: sarà un punto di riferimento per imprenditori e ricercatori». Quanti visitatori sono previsti? «Si prevedono 20 milioni di presenze. Circa 13 o 14 milioni dall’Italia; 3-4 milioni dall’Europa, soprattutto da Spagna, Svizzera, Regno Unito e Francia; 3 milioni dai Paesi extra-europei, di cui un milione dalla sola Cina. Complessivamente ci aspettiamo un indotto per il settore turistico pari a circa 4,8 miliardi di euro. Il Padiglione Italia sarà la porta d’ingresso in grado di offrire ai visita-

24,7 mld IL FATTURATO CHE LA MANIFESTAZIONE GENERERÀ SU MILANO E L’ITALIA TRA IL 2012 E IL 2020, SECONDO LE STIME DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI MILANO E DELLA SOCIETÀ DI GESTIONE DI EXPO 2015

20 mln LE PRESENZE TURISTICHE ATTESE PER LA MANIFESTAZIONE: 13-14 MILIONI DALL’ITALIA, 3-4 MILIONI DALL’EUROPA E 3 DAI PAESI EXTRA-EUROPEI

tori di tutto il mondo la magia di un viaggio lungo la penisola. Grazie al contributo delle Regioni e degli enti locali che popoleranno il Cardo, vogliamo far rinascere a livello globale il desiderio di visitare il Bel Paese. L’obiettivo è quello di far rivivere il grand tour del Settecento e dell’Ottocento. Il Padiglione Italia sarà anche un flagship store delle nostre eccellenze». 2013 • DOSSIER • 83


EXPO 2015

L’idea del vivaio incarna un trinomio fondamentale per il futuro del nostro paese: innovazione, giovani e talento. Queste sono le chiavi per avviare un “Rinascimento” dell’industria Il tema dell’Expo sarà “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, come potrà l’evento essere motore trainante per le nostre eccellenze in campo agroalimentare? «L’Esposizione universale permetterà di valorizzare le nostre eccellenze in settori con un alto potenziale di crescita legati proprio allo sviluppo sostenibile, alle energie rinnovabili e, naturalmente, all’agricoltura, all’artigianato e all’industria alimentare. Il cibo made in Italy costituisce uno dei nostri punti di forza in tutto il mondo. Ma l’Expo rappresenta un’occasione di promozione di tutte le numerosissime eccellenze produttive, tecnologiche e scientifiche italiane in settori, si pensi alle macchine per la movimentazione agricola e quelle per la lavorazione alimentare riconosciute come tecnologie di avanguardia: dall’utilizzo efficiente

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delle materie prime, agli agro-farmaci, ai fertilizzanti per incrementare le rese agricole di tanti paesi in via di sviluppo, ai medicinali veterinari, ai processi di valorizzazione delle produzioni alimentari e alla loro conservazione». Nel primo giorno degli Expo days si è parlato di spreco alimentare. Come verrà declinato questo concetto? «L’Expo affronterà le sfide di un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti nell’ottica dello sviluppo sostenibile, attraverso ampie direttrici tematiche che vanno dall’agricoltura e dalla biodiversità alla sicurezza e qualità alimentare, dall’innovazione della filiera agroalimentare alla cooperazione e sviluppo nell’alimentazione, dall’educazione alimentare al cibo e alla cultura. Tra queste, la questione dello spreco sarà assolutamente centrale».


Giuseppe Oriana

La Toscana si prepara per il 2015 L’inizio dell’Esposizione universale è sempre più vicino. Per questo si stanno mettendo a punto canali e dinamiche di collaborazione e di promozione che riescano ad attrarre turisti e visitatori, non soltanto a Milano Teresa Bellemo

ensare che l’Expo 2015 coinvolga soltanto Milano è un grande errore. Il concept "Nutrire il pianeta, energia per la vita”, secondo uno studio della Bocconi, in sei mesi potrà attirare venti milioni di visitatori, di cui quasi un terzo stranieri. A questo proposito, i benefici per il sistema turistico sono stimati in 4,8 miliardi di euro: una risorsa per tutto il Paese. Per questo anche la Toscana sta già implementando dinamiche per catturarne una quota significativa. Le partite da giocare sono due: presentare le eccellenze del territorio nei padiglioni milanesi e attrarre i visitatori dell’Expo. Per il primo aspetto, la Toscana avrà uno spazio all’interno del Padiglione Italia, dove le radici di un albero organizzeranno lo spazio secondo i contenuti e le aree tematiche. «Stiamo poi studiando quattro itinerari per valorizzare la nostra regione, non saranno solo turistici, ma anche economici e culturali» sottolinea Giuseppe Oriana, ex presidente di Confindustria Pistoia ora nella giunta nazionale, con delega ai rapporti tra Expo e territori. La promozione, infatti, permetterà ai diversi volti della regione di cogliere le opportunità trasversali offerte dall’esposizione. A tal fine, l’esistenza e l’articolazione di questi percorsi dovrà essere comunicata all’estero. «Bisogna continuare con energia e spirito di squadra guardando all’Expo come al jolly che potrà aiutare l’intero Paese a uscire dalla crisi».

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Giuseppe Oriana, membro della giunta nazionale di Confindustria con delega ai rapporti tra Expo e territori

Quali le potenzialità dell’evento? «È innanzitutto importantissimo a livello mondiale. Diana Bracco, presidente di Expo e commissario governativo per il Padiglione Italia, mi ha affidato il compito di trasformare la vetrina milanese in una passerella tricolore. L’obiettivo principale è fare in modo che l’Expo non sia percepito come un evento solo 2013 • DOSSIER • 85


EXPO 2015

L’obiettivo chiave è portare in Toscana una fetta importante di quei milioni di visitatori che andranno a Milano

milanese, ma come una grande opportunità per facilitare l’accesso e il collegamento dei ternazionale da affrontare in maniera unitaria da parte di tutti. Si tratta di un importante contributo allo sviluppo del Paese e tutto il territorio potrà costruire ragnatele, anche virtuali, per collegare i vari pezzi d’Italia al nucleo economico di Milano». Come la Toscana contribuirà alla costruzione di questa grande rete italiana delle eccellenze? «Sono stato delegato ai rapporti con i territori e le imprese proprio grazie alla bontà del progetto Toscana Expo 2015, ormai diventato un modello per tutte le regioni. L’obiettivo chiave è portare in Toscana una fetta importante di quei milioni di visitatori che andranno a Milano, per questo sono stati definiti quattro percorsi che tengono conto dei criteri di contiguità geografica e di presenza di assi viari rilevanti, che convergeranno tutti su Firenze, per sfruttare fino in fondo l’attrattività della città e il collegamento all’alta velocità con Milano». Quali sono i settori da potenziare di più? «Certamente per garantire il successo dell’operazione sono necessari collegamenti e trasporti a supporto di questi percorsi. Anche la tecnologia giocherà un ruolo fondamentale, per questo è in atto, in collaborazione con Confindustria, Confcommercio, Camera di Commercio di Milano e Assolombarda, la realizzazione di una piattaforma digitale integrata

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ritori all’esposizione universale, con risultati operativi nei settori dell’info-mobilità e della recettività. L’obiettivo è quello di far dialogare imprese e territori per rivolgersi direttamente ai visitatori dell’Expo e promuovere i propri eventi e, con essi, la possibilità di visitare le aziende e le realtà produttive locali». Cosa dovrebbero fare le istituzioni e il territorio stesso per migliorare l’immagine e la propria visibilità? «I due driver sui quali puntare dovranno essere l’inclusione delle migliori risorse del territorio e la disciplina nel concentrarsi su progetti ed eventi di contenuto. Abbiamo già fatto un grande lavoro di squadra, siglando in Toscana un accordo con tutte le associazioni datoriali, la Regione e Unioncamere per muoversi in maniera unitaria e non presentarsi in ordine sparso. In questo protocollo è stato posto come epicentro il sistema delle Camere di commercio, dove le varie associazioni si incontrano e si confrontano, definendo congiuntamente le iniziative che intendono sviluppare per rendere attrattivi i propri territori. Per rendere l’Esposizione un’occasione di rilancio per l’Italia è necessaria, infatti, una profonda sinergia di sistema. La Toscana sta lavorando per creare un’apposita cabina di regia: Gianni Salvadori, assessore regionale all’Agricoltura è stato scelto dal presidente Rossi proprio per ricoprire questo ruolo».



BRAND TOSCANA

Conta il territorio, non solo i prodotti Oggi a fare la differenza è l’efficace sistema di governance a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese e della valorizzazione del territorio. Questo vale ancor di più per Firenze e la Toscana. Ne parla Vasco Galgani Francesca Druidi

a Toscana continua a crescere sui mercati internazionali, con una domanda estera che si concentra sempre più nei mercati extra-europei, Stati Uniti, Emirati Arabi e paesi dell’Africa settentrionale in testa. E anche Firenze mostra buone performance, grazie a un’elevata diversificazione merceologica. Il sistema moda, l’agroalimentare, il settore dell’elettromedicale e dell’elettronica trainano la capacità esportativa del “brand Firenze” sui mercati del mondo. Il numero uno della Camera di commercio di Firenze e presidente di Unioncamere regionale, fa una ricognizione a tutto campo sulle potenzialità della Toscana e del suo capoluogo, in ottica internazionale tra flussi turistici, investimenti dall’estero e rapporti commerciali. Identifica ulteriori orizzonti di sviluppo per la regione sul fronte dell’internazionalizzazione in termini di settori produttivi, strategie aziendali o di politiche istituzionali? «Nella temperie economica che stiamo attraversando, poter contare sull’export segna la differenza tra brancolare nel buio in balia di un asfittico mercato interno e avere un orizzonte di crescita, in attesa che si concretizzi la tanto auspicata ripresa. Questo non significa che siamo contenti della situazione

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attuale. In particolare, nella promozione delle esportazioni dobbiamo raggiungere quella massa critica che possa coprire tutte le merceologie, tutti i mix territoriali ben identificabili della regione e, nello stesso tempo, affrontare i mercati emergenti, ciascuno valutato ed esaltato nelle sue specificità culturali. Per far questo, in piena sintonia con la Regione, abbiamo il progetto di dare vita a un’Agenzia unica per l’internazionalizzazione». Con quali obiettivi? «Questa massa critica non appiattirà né gli approcci ai singoli mercati né le competenze raggiunte, anzi, dovrà esaltarli e collegarli tra loro in una sintesi virtuosa che faccia risparmiare nelle economie di scala, nella programmazione unitaria e nella presenza costante sui mercati internazionali. Bisogna


Vasco Galgani

Il turismo nazionale e internazionale è un bene fondamentale per Firenze, va difeso e implementato

ricordarsi che sul mercato internazionale si vende sempre un territorio - con il suo gusto e con il suo saper vivere - più che un prodotto. Così tutto ciò che è qualitativamente ineguagliato farà il nostro gioco e lo farà al livello più alto possibile. Dobbiamo vendere stili di vita: se esportabili, li venderemo sui mercati internazionali, se non esportabili, accogliendo qui da noi con professionalità coloro che hanno deciso di investire sull’eccellenza di Firenze e della Toscana». È stato siglato un accordo tra Confindustria Toscana e la Camera di commercio degli Stati Uniti. Come valuta questa iniziativa? «La Toscana è la quarta regione in Italia a esportare negli Stati Uniti, con 5mila imprese interessate e circa cento società sul territorio che hanno una partecipazione americana. Questo significa che gli Stati

Uniti sono per la Toscana e per Firenze Vasco Galgani, un partner maturo in tutti i sensi, politi- presidente della Camera di commercio di Firenze camente e commercialmente: dai partner e di Unioncamere regionale maturi si impara sempre volentieri. Loro hanno in grande quella diversificazione e quella capacità innovativa che noi abbiamo in dimensione molto più piccola nei nostri territori. Vorrei poi aggiungere che il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, l’avvocato John Phillips, mi risulta essere un grande estimatore del nostro Paese, tanto che da tempo possiede un borgo in Val d’Orcia: chi meglio di lui per far conoscere la Toscana e le sue infinite molteplici varianti in quel grande paese? Con tutte queste premesse, è chiaro che l’iniziativa di Confindustria Toscana e della Camera di commercio americana è quanto mai opportuna per stringere relazioni ancora più strette fra le due sponde dell’Atlantico». Quali altri mercati internazionali sono 2013 • DOSSIER • 89


BRAND TOSCANA

+13,8% L’AUMENTO DELLE ESPORTAZIONI FIORENTINE NEL SECONDO TRIMESTRE 2013 RISPETTO AL 2012, CON UN VALORE DI CIRCA 583MILIONI DI EURO IN PIÙ ESPORTATI IN UN ANNO

o saranno importanti per Firenze nel pros- resto spetta ai giovani, ai singoli che si lasimo futuro? «Crescenti quote di export si stanno spostando verso l’Asia orientale, con Cina e Giappone in prima fila, il Medio Oriente, soprattutto negli Emirati Arabi e in Qatar, e nel nord Africa, dove l’Egitto ha le potenzialità di diventare un ottimo partner se la situazione politica si stabilizzerà». La prima provincia italiana per presenza di industrie culturali sul totale delle attività economiche è Firenze. L’economia della cultura è, dunque, un settore cruciale. Dove si può intervenire per valorizzare ulteriormente la filiera dell’industria culturale fiorentina? «La cultura è l’intelligenza degli accostamenti inconsueti o improbabili. Chi fa cultura instaura relazioni dove prima c’era assenza o silenzio. Inoltre, la cultura è un importante motore per lo sviluppo economico e un elemento fondamentale per le nuove generazioni. Per questo, mi lasci sottolineare un concetto chiave su quella che è la madre di tutte le forme di cultura: la formazione. La Camera di commercio è in prima linea nel sostenere, con diverse modalità, l’adeguamento della formazione specialistica, quella che coniuga scienza, cultura, imprenditorialità e manualità, tutte al livello più alto possibile. Questo è il substrato da coltivare: il 90 • DOSSIER • 2013

sciano formare a questo nuovo tipo di cultura e alla loro capacità di inventare nuovi accostamenti inconsueti e, solo apparentemente, improbabili». Dopo due articoli molto critici su Firenze, apparsi su quotidiani francesi, ha scritto una lettera di difesa della città. Qual è la situazione del turismo a Firenze? C’è qualcosa che si può migliorare o potenziare nell’attività di promozione della città e nell’accoglienza dei turisti? «Il turismo nazionale e internazionale è un bene fondamentale per Firenze, va difeso e implementato. Inoltre, il livello medio della qualità dell’accoglienza fiorentina ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, specialmente da quando ci siamo resi conto che le classi medio alte dei nuovi paesi emergenti è questo che vogliono, congiuntamente all’apprezzare la cultura di una città d’arte. Firenze è ormai consapevole che non si può più vivere di rendita: associazioni di categoria e imprenditori del settore stanno lavorando bene, con ottimi risultati. Bisogna evitare che qualche “parvenu” dell’accoglienza metta in cattiva luce l’intero sistema, anche se qualche giornalista internazionale decidesse di mettersi con protervia a cercarli col lanternino».


Lorenzo Parrini

Un ponte tra America e Toscana Forte anche di un accordo stretto con Confindustria regionale, l’American Chamber of commerce in Italy ha da settembre una sede in Toscana. Il rappresentante locale, Lorenzo Parrini, ne spiega il ruolo strategico per il sistema produttivo Francesca Druidi

iventa operativa anche in Toscana la Camera di commercio americana in Italia. Un evidente vantaggio per il sistema produttivo e imprenditoriale della regione, che potrà contare sul network di relazioni e sul know-how dell’ente camerale americano. Rappresentante per la Toscana è Lorenzo Parrini, partner di Deloitte per operazioni di finanza straordinaria e docente a contratto di advanced corporate finance presso l’Università di Firenze, che chiarisce le modalità di collaborazione tra imprese della regione e mercato statunitense. Qual è, nello specifico, il ruolo che la Camera di commercio americana può ricoprire nella creazione di partnership tra il tessuto economico toscano e statunitense? «American Chamber of commerce ha un duplice obiettivo: stimolare gli investimenti e la capacità di relazione di un’impresa nel penetrare il mercato americano, tramite una serie di servizi che possono essere erogati a supporto delle specifiche esigenze delle aziende, oppure attraverso un supporto one to one, favorendo incontri e relazioni commerciali con operatori americani attraverso l’organizzazione di missioni. Ad esempio, a gennaio l’Amcham ne realizzerà una nella Silicon val-

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ley in California, dove alle imprese italiane verrà data l’opportunità di incontrare importanti player nel settore del digitale e delle nuove tecnologie».

Oggi in quali settori produttivi si trovano In apertura, opportunità di cooperazione tra Stati Uniti e Lorenzo Parrini, rappresentante Toscana? per la Toscana «I settori di punta per l’economia toscana dell’American chamber sono anche i principali settori di esportazione of commerce in Italy della regione: filiera agroalimentare, moda, meccanica. Del resto, è da una decina di anni che si assiste negli Stati Uniti a una crescita 2013 • DOSSIER • 91


BRAND TOSCANA

5.000 IL NUMERO DI IMPRESE TOSCANE ATTIVE SUL MERCATO NORD-AMERICANO

delle importazioni di prodotti provenienti Chamber of Commerce, la Confindustria amedall’Europa e che appartengono a comparti in cui la Toscana è competitiva. In particolare, alcuni segmenti stanno incontrando un importante successo: componenti d’arredo, tessile e farmaceutico, specie in ambiti di nicchia. E in Toscana non mancano le aziende che operano in questi comparti. È facile, dunque, pensare a margini di sviluppo per i rapporti commerciali delle imprese della regione verso il mercato statunitense. Ma se le opportunità ci sono, è anche vero che vanno sapute cogliere e sfruttare. Il limite delle nostre realtà produttive è spesso proprio quello di non riuscire ad afferrare le occasioni». Come superare questi ostacoli? «Si può, ad esempio, fare sistema rispetto a iniziative che in Toscana, così come in altre regioni italiane, vengono messe in campo per favorire l’internazionalizzazione, anche se spesso si tratta di misure che offrono supporto in modo generico. American Chamber può fornire un contributo specifico in riferimento al mercato americano, grazie all’associazione presso la U.S

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ricana che conta oltre 3 milioni di membri. La creazione di networking che Amcham è in condizione di realizzare risulta utile per imprese che da sole, soprattutto per motivi dimensionali, non sono capaci di attivare». A settembre è stato firmato un protocollo d’intesa tra l’American Chamber of commerce e Confindustria Toscana. Su quale presupposto si basa l’accordo? «Confindustria è un soggetto che eroga servizi di supporto all’internazionalizzazione per le imprese, ma nel momento in cui ci si confronta con uno specifico mercato estero di riferimento, conviene anche appoggiarsi a una forza operativa radicata in quel mercato. Il principio di questo protocollo d’intesa è l’unione tra le capacità, le relazioni e il know how di Confindustria in Toscana e di AmCham negli Stati Uniti, con evidenti vantaggi per le aziende della regione». Avete già un programma di iniziative specifiche? «L’obiettivo è quello di realizzare una serie di


Lorenzo Parrini

presentazioni rivolte a gruppi di imprese presso tutte le associazioni industriali delle province toscane, in coerenza con i contenuti dell’accordo firmato con Confindustria regionale lo scorso settembre. In parallelo, stiamo già organizzando incontri con singole aziende e piccoli gruppi per erogare servizi di cui hanno bisogno o promuovere le iniziative che Amcham di volta in volta programma». Se e in che modo verranno incentivati gli investimenti americani in regione? «Su questo fronte esistono alcune azioni che Amcham sviluppa a livello nazionale; ad esempio, servizi di advocacy tramite quali si cerca di incentivare - anche mediante attività di lobbying a favore delle imprese multinazionali in Italia - azioni che a livello istituzionale possano garantire il mantenimento e il presidio degli investimenti che già esistono. Già questo è un risultato importante: evitare i flussi inversi di uscita di imprese straniere dal nostro mercato. Sono, inoltre, attivi presso l’American Chamber tavoli e comitati che approfondiscono a livello nazionale le tematiche relative all’attrazione degli investimenti dall’estero verso Italia, con lo scopo di evidenziare le criticità e i gap da colmare per rendere attrattivo il nostro mercato per le aziende straniere. Per quanto riguarda la Toscana, cercheremo di stimolare incontri con la comunità, le istituzioni e gli investitori americani». Come potrebbe intervenire in questo quadro l’accordo di libero scambio tra Unione

Il principio del protocollo d’intesa è l’unione tra le capacità, le relazioni e il know how di Confindustria in Toscana e di Amcham negli Stati Uniti

europea e Stati Uniti? «La premessa è la volontà di arrivare alla firma dell’accordo di libero scambio entro la fine del prossimo anno: un obiettivo ambizioso ma possibile. In questo scenario, American Chamber mira a svolgere un ruolo attivo per raggiungere il traguardo nel modo più efficace. In base alle molte stime effettuate, questo accordo - attraverso l’armonizzazione degli standard, l’abolizione di barriere non solo tariffarie e normative in materia di lavoro, energia e ambiente - dovrebbe portare a una crescita significativa di Pil e di occupazione sia per l’Ue che per gli Stati Uniti».

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MADE IN ITALY

Confezioni preziose come il contenuto Il difficile compito di custodire e presentare i prodotti delle grandi marche nel settore moda. L’esperienza di Catia e Roberto Tempesti, al servizio dello stile made in Italy Renato Ferretti

e firme dell’alta moda italiana non possono lasciare al caso le confezioni dei loro articoli. Per questi è doveroso affidarsi a borse e sacchetti che garantiscano lo stesso livello di design e di qualità. L’esigenza ha posto aziende come il Sacchettificio Toscano al fianco dei nomi e delle marche più note. Catia e Roberto Tempesti, alla guida dell’azienda fiorentina, raccontano la loro esperienza nel campo rile- misura. «Da oltre trent’anni, produciamo sacvando l’importanza della realizzazione su chetti di pregio e qualità sartoriale – spiega Catia Tempesti – per articoli di pelletteria, calzature, argenteria, cristalleria, accessoristica. Roberto e Catia Tempesti, amministratori del Sacchettificio Toscano SRL con sede a Cerreto Guidi (FI) www.sacchettificiotoscano.it Questa varietà impone una vasta gamma di soluzioni e possibilità che noi studiamo insieme al cliente, per arricchire e presentare al meglio il suo prodotto. Borse in raso, stoffa, tessuti sintetici, shoppers, tessuti ecologici e sostenibili: caso per caso seguiamo ogni fase del processo di realizzazione del sacchetto. Per questo motivo siamo strutturati per occuparci di tutte le fasi del processo: dalla scelta dei materiali al taglio, fino alla personalizzazione e alla confezione del sacchetto». In che modo scegliete le materie prime? «Utilizziamo materie prime di tipologie anche molto diverse tra loro: dal cotone, al tessuto non tessuto, dallo jacquard al velluto, fino al cotone biologico e al bamboo. Il punto centrale è rappresentato dal cliente e dalle sue ri-

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Catia e Roberto Tempesti

Il tema della tutela ambientale determina un trend in forte espansione: la sostenibilità ora è centrale per tutte le grandi firme

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chieste, dalle scelte dello stilista e dal brand. La nostra esperienza di artigiani, anche e soprattutto per quanto riguarda il trattamento delle materie prime, facilita e rende estremamente efficace il processo di produzione». In cosa consiste la vostra artigianalità e cosa la distingue dagli altri processi produttivi? «Nasce dall’esperienza e dalla professionalità di tutto il personale. È la profonda conoscenza del mercato, dei nostri clienti e le loro esigenze. La crescita dell’azienda a livello industriale e di capacità produttiva non ha intaccato la tradizione del mestiere. Anzi, l’ha resa elemento distintivo e valore aggiunto per i nostri clienti». Dunque, le competenze dei vostri collaboratori fanno la differenza. «I nostri dipendenti sono il cuore di questa attività e per noi sono la parte più preziosa. Per questo, da sempre, siamo attenti alle condizioni e agli ambienti lavorativi, così come alla comunicazione interna. Non a caso abbiamo

ottenuto la SA8000, una certificazione etica che dimostra il nostro impegno in questo senso». Quali sono le nuove tendenze che dalla moda italiana si riflettono sulla vostra produzione? «Sicuramente il tema della tutela ambientale determina un trend in forte espansione. A questo si aggiunge la sempre maggiore attenzione degli stilisti verso soluzioni tessili particolari, in grado di distinguere il brand dagli altri. A livello produttivo, la flessibilità su cui si basa la nostra struttura ci permette di rispondere senza problemi alle richieste del mercato. Per noi rappresenta inoltre una straordinaria occasione di crescita a livello di ricerca e innovazione: stiamo lavorando con materiali ecosostenibili diversi e inconsueti, come il bamboo e il cotone rigenerato». Questa nuova attenzione quali conseguenze avrà sul mercato del prossimo futuro? «Il tema è molto attuale nel mercato ed è destinato ad aumentare la propria incidenza. La sostenibilità è un aspetto su cui tutte le grandi firme pongono la massima attenzione. Credo che qualsiasi mercato non possa più prescindere dallo scegliere soluzioni sostenibili. L’importanza che l’ambiente riveste per il Sacchettificio Toscano diventa un elemento di garanzia in più per la marca». 2013 • DOSSIER • 97


MADE IN ITALY

Difendiamo l’artigianato Italia è più un paese di artigiani che di imprenditori. Io ne sono un esempio perchè sono essenzialmente un’artigiana che continua la tradizione di eccellenza della manodopera italiana». Antonella Botticelli, titolare dell’omonima azienda di abbigliamento in pelle di Sinalunga, nel senese «è convinta che l’artigianato debba e possa recuperare il terreno perduto. Puntando su quello che sa fare meglio: proporre una lavorazione e un prodotto di qualità, non a caso apprezzato in tutto il mondo». È attraverso la collaborazione con le grandi firme, italiane e internazionali, che le Confezioni Botticelli

«L’ Antonella e Sandra Botticelli della Confezioni Botticelli di Sinalunga (SI) bottic12@bottianto.191.it

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La pelletteria è uno dei capisaldi del made in Italy. La qualità e l’eccellenza del nostro artigianato vivono in Toscana. Un’eredità preziosa che continua a tramandarsi. Ne parliamo con Antonella Botticelli Lorenzo Brenna

si sono evolute, trasferendo il saper fare dei fondatori – i genitori della signora Antonella e della signora Sandra – dalla lavorazione e produzione di borse e accessori in pelle al settore dell’abbigliamento. «Abbiamo unito – prosegue Antonella Botticelli – la cura artigianale alle più moderne attrezzature tecnologiche presenti sul mercato. Grazie a questo connubio fra tecnica tradizionale e innovazione la nostra attività oggi è specializzata nella produzione di abbigliamento in pelle, shearling, cavallino, coccodrillo, pitone e ogni altro tipo di pelle pregiata, includendo anche gli accostamenti di pelliccia e tessuto». Quali fattori stanno influenzando negativamente la vostra attività e quella del settore della pelletteria di lusso in generale? «C’è il calo complessivo dei consumi, che sta intaccando anche un settore elitario come quello delle grandi griffe. Se però questa può essere considerata solo una fase per la nostra economia, per l’altro verso, esiste un problema strutturale di eccessiva tassazione sulle aziende». Qual è, invece, il vostro valore aggiunto? «Il valore è dato dall’esperienza e dalla passione che da sempre contraddistin-


Antonella Botticelli

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Siamo essenzialmente artigiane che continuano la tradizione di eccellenza della manodopera italiana

guono il nostro modo di lavorare. Per noi il prodotto ha un’importanza fondamentale. Questo nasce dalla stretta collaborazione fra noi e i clienti. Da parte nostra cerchiamo, da un lato, di recepire le loro finalità e, dall’altro, di offrire soluzioni adeguate al rispetto dell’alto livello delle richieste. Importanti sono la prototipia e la realizzazione di campionari, nelle quali ci distinguiamo per la grande capacità interpretativa e di confezione. I nostri servizi spaziano dalla ricerca di nuove tipologie di pellami al controllo del modello per la realizzazione del prodotto, al taglio del pellame, eseguito manualmente con il supporto di tagliatori di lunghissima esperienza. Fondamentale è anche la celerità con cui la nostra azienda è capace di produrre ogni tipo di prototipi e campionari. Il nostro laboratorio interno, poi, provvede a tutte le fasi del confezionamento dei capi, sia da uomo sia da donna, fino alla consegna del

prodotto stirato, fornito di cartellino e imbustato». Cosa si aspetta dal medio periodo? «Le difficoltà che oggi il mercato ci pone sono complesse e numerose. Oltre alla competitività straniera e alla congiuntura economica generale, riscontriamo delle serie difficoltà nel reperire manodopera già specializzata o, quello che sarebbe il vero investimento per il futuro, insegnare a giovani volenterosi questo mestiere. In questo siamo ostacolati anche dalle norme sull’accesso al mercato del lavoro e dagli alti costi della formazione, non sostenibili per un’azienda in questo momento. Alla luce di questi fatti, è difficile prevedere un’immediata ripresa per il nostro settore in assenza di una ripresa complessiva dell’economia. Ciononostante siamo fiduciose e abbiamo scelto di scommettere ancora una volta sulla nostra competenza e di andare avanti». 2013 • DOSSIER • 99


MADE IN ITALY

L’impalcatura della moda abbigliamento è in ripresa. Secondo i dati Istat tutto il settore nel primo semestre del 2013 ha registrato un aumento del 3 per cento rispetto al 2012: le produzioni italiane, quindi, non sono premiate solo all’estero, ma anche nel mercato interno. Così anche l’indotto delle grandi firme del made in Italy può tirare il fiato. Un indotto che, per definizione, non è mai sotto i riflettori, nonostante sia determinante per la realizzazione e la qualità del prodotto finale. Come nel caso dell’aretina Nastrotes, che produce nastri per la confezione di capi d’abbigliamento, l’importanza dei quali è risaputa solo dagli addetti ai lavori. «I “bindelli” si possono definire l’impalcatura degli abiti – spiega la titolare Jessica Noferi –, e se non

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Dietro le forme e lo stile con Jessica Noferi, che svela il segreto dei “bindelli”. Nel contesto del fashion, la fotografia di un indotto che per quanto invisibile è indispensabile. Anche ai nomi eccellenti Remo Monreale

sono perfetti, fatti a regola d’arte, possono creare danni a volte irreparabili. Anche se indispensabili per la realizzazione e per la qualità del capo, i bindelli sono invisibili. Per esempio, quando si cuce la manica di una giacca al resto dell’abito, all’interno della cucitura vengono applicati questi nastri, che secondo le necessità variano per tessuto, dimensioni e forma». In che tipo di produzione siete coinvolti?

Jessica Noferi, titolare della Nastrotes Snc con sede ad Arezzo www.nastrotes.com


Jessica Noferi

«Oggi lavoriamo con i grandi gruppi industriali dell’abbigliamento, a livello nazionale, ma serviamo anche i nomi più noti della moda, sia in campo femminile che maschile. E senza mai avere reclami o problemi tecnici. Produciamo nastri tessuti a telaio, in cotone e misto cotone/poliammide, di varie altezze, nastri tecnici e nastri cuciti abbinati a tessuto non tessuto, nastri lavorati in dritto filo e in sbieco, cordoncini in cotone e poliestere, e nastri acetati». Quale differenza riscontra tra il made in Italy più blasonato e la grande distribuzione? «Il livello del nostro lavoro non cambia, ma le grandi firme pretendono che anche la materia prima sia di provenienza italiana certificata, mentre le altre marche con cui collaboriamo si accontentano delle nostre mani e della nostra competenza. Questa differenza è dovuta alle scarse quantità di materia prima ormai prodotte nel nostro paese: le tele non vengono più fatte qui, così come il cotone. La maggior parte viene dall’India, dal Pakistan o dalla Cina. Infatti, quasi tutti i nostri fornitori sono italiani, eppure pochissimi trattano materiale che non venga dall’estero. Personalmente, credo che sia uno svantaggio per l’Italia, anche perché sarebbe un’occasione per

creare posti di lavoro». Qual è stata la strategia che vi ha permesso di lavorare con i grandi nomi del settore? «La nostra è un’azienda cresciuta lentamente, coltivando l’esperienza e le idee innovative che nascono col tempo e la pratica. Bisogna aggiungere l’attività di persone operose e sempre presenti che quotidianamente hanno contribuito alla vita e allo sviluppo sia nell’ambito produttivo che in quello commerciale e organizzativo. In questo senso devo ringraziare Alberto Cei, che ci ha aiutato nei contatti con le grandi case». Cosa vi ha reso competitivi sul mercato? «L’artigianalità della nostra produzione è decisiva, perché, da una parte, ci permette di mantenere bassi i costi e, dall’altra, garantisce i massimi standard qualitativi. Inoltre siamo molto efficienti e veloci nelle consegne, grazie all’organizzazione del magazzino: consegnamo in un massimo di 48 ore. Per questo abbiamo deciso di rimanere “piccoli”, in modo da offrire il prodotto che il mercato richiede nell’immediato e alle migliori condizioni. La nostra azienda non sfugge a questa regola e periodicamente si riposiziona e si aggiorna in sintonia con le nuove esigenze». 2013 • DOSSIER • 101


ECONOMIA LIGURE

Fare rete per tornare a produrre Il tessuto produttivo ligure arranca. Proprio ora che, secondo molti analisti, si dovrebbe finalmente vedere la coda della crisi economica. Colpa di una frammentazione eccessiva e di un credito che non aiuta le microimprese Teresa Bellemo

a Liguria ha risentito della crisi economica con leggero ritardo rispetto ad altre regioni. Inizialmente, nel 2008, le imprese del territorio hanno resistito perché di piccole e piccolissime dimensioni e, dunque, più duttili nel rapportarsi alle repentine mutazioni del quadro economico. Il tessuto imprenditoriale ligure, composto per il 98,4 per cento da aziende con meno di 20 addetti, però non è riuscito a mantenere la rotta nel lungo periodo. Dal 2008 al 2012, infatti, il risultato finale è peggiore rispetto alla media italiana, con un crollo del valore aggiunto del 6,6 per cento rispetto al calo del 4,8 della media italiana. In sofferenza tutti i settori, ma soprattutto le costruzioni e l’industria, in caduta libera. Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria, non riesce ad avere toni ottimistici: «Il 2012 è stato l’annus horribilis per l’economia ligure, con una perdita di 2,3 punti percentuali rispetto al 2011. E secondo le nostre stime, i primi timidi segnali di ripresa purtroppo si vedranno non prima del 2015». La difficoltà di accesso al credito rende complesso fare impresa. Come invertire la rotta? «Nell’ultimo anno i prestiti alle imprese artigiane liguri sono calati del 3,9 per cento, men-

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Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria

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tre i tassi bancari sono cresciuti. La conseguenza è che le aziende subiscono una stretta creditizia sempre maggiore, che ne ostacola la capacità di investimento. La crisi di liquidità è poi aggravata dal fatto che l’Italia, in tutti i segmenti di mercato, è il paese europeo con i tempi di pagamento più lunghi, ancora ben distanti dai 30 giorni previsti dalla legge entrata in vigore a gennaio. Il tasso di interesse applicato alle imprese liguri nel 2012 è stato pari al 5,88 per cento, più elevato della media italiana (5,26). Alla luce di questa gravosa situazione è evidente la strategicità del ruolo svolto dai Confidi, il fondo di garanzia per le imprese che in Liguria sta dando buoni risultati. Per dare linfa al sistema la Regione dovrebbe, con la nuova programmazione comunitaria, rafforzare anche l’azione di Artigiancassa, che in un periodo così duro rappresenta un fondamentale polmone finanziario». Quanto le forme di aggregazione possono riuscire a facilitare le attività imprenditoriali in difficoltà? «Stimolare l’aggregazione e le reti di piccole e piccolissime imprese rappresenta una strada non solo per uscire dalla crisi, ma anche per promuovere sui mercati internazionali le eccellenze manifatturiere locali. È innegabile che per tra-


Giancarlo Grasso

Oggi le piccole aziende occupano oltre 320mila addetti, il 68 per cento della forza lavoro della regione

dizione le imprese liguri, in particolare quelle artigiane di dimensioni piccole e piccolissime, siano refrattarie. Lo stimolo può arrivare da incentivi che premino quelle imprese che decidono di unirsi per perseguire progetti comuni, ad esempio nei campi dell’innovazione e dell’internazionalizzazione. In Liguria si sono realizzate interessanti iniziative di aggregazione nei settori dell’alimentare, dell’autoriparazione e della nautica. Dobbiamo proseguire con forza nella strada intrapresa». La Regione ha operato per fare da supporto ai distretti industriali, perlomeno a livello energetico. Cosa fare in più per i consorzi produttivi? «Con l’approvazione da parte della giunta regionale nel 2012 del bando per la concessione di contributi ad aggregazioni d’impresa per interventi finalizzati al risparmio e all’efficienza energetica e all’utilizzo di energia rinnovabile si è compiuto un passo fondamentale che da tempo era al centro delle nostre richieste: il riconoscimento delle piccole e piccolissime imprese come destinatarie delle agevolazioni. Fatto questo passaggio fondamentale, per dare un forte impulso alla creazione dei consorzi produttivi, resta la necessità di semplificare le misure e le procedure, nonché i tempi di accesso ai bandi per av-

vicinare ai fondi disponibili un numero maggiore di microimprese. Ricordiamoci che oggi occupano oltre 320mila addetti, cioè il 68 per cento della forza lavoro della regione». Il made in Liguria ha visto un forte calo nell’export. Quali le ragioni? «Le esportazioni del manifatturiero ligure sono calate per la prima volta dall’inizio della crisi: -16,7 per cento tra il primo semestre del 2012 e il 2013, il dato peggiore a livello nazionale e in controtendenza con la media del Paese che, al contrario, registra una lieve crescita (+0,4). Il valore dell’export ligure è passato dai 2,9 miliardi di euro del primo semestre 2012 ai 2,4 dei primi sei mesi del 2013: una differenza di 495 milioni. Le cause di questo preoccupante scenario sono imputabili, oltre alla recessione ormai endemica, anche alle crisi industriali dei colossi del manifatturiero presenti sul territorio ligure, con pesanti ricadute sulle attività dell’indotto rappresentata da centinaia di piccole e piccolissime imprese. Nonostante questi dati, il tessuto delle microimprese continua a reggere, anche se a fatica. Recenti indagini dell’Osservatorio regionale dell’artigianato evidenziano che le imprese internazionalizzate sono quelle che hanno subito meno la crisi».

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ECONOMIA LIGURE

Strategie per competere all’estero «La questione dimensionale è una delle sfide che le imprese devono affrontare per non rimanere indietro nella competizione globalizzata». Il presidente di Confindustria Imperia, Alessandro Bocchio, presenta i piani di sviluppo delle pmi all’estero Renata Gualtieri

a provincia di Imperia è costituita per lo più da medio-piccole, ma anche piccolissime, imprese che devono avere la capacità e la forza di costruire una nuova dimensione operativa capace di concorrere sui mercati mondiali. È questa la vera sfida del territorio, che deve accompagnarsi a un’innovazione tecnologica e strutturale delle imprese. «È necessaria - spiega il presidente di degli industriali locali, Alessandro Bocchio un’organizzazione più complessa, assieme a professionalità che sappiano operare sui mercati mantenendo però sempre quella dinamicità e flessibilità caratteristica della piccola dimensione». Le potenzialità di sviluppo sono spesso frenate dall’incapacità di fare sistema e conquistare quei mercati che spesso richiedono

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In apertura, il presidente di Confindustria Imperia, Alessandro Bocchio

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un’adeguata dimensione aziendale e dalla difficoltà di accesso al credito. Quali le prossime iniziative internazionali e il supporto di Confindustria alle aziende interessate a espandersi oltreconfine? «Le nostre relazioni commerciali verso i mercati più promettenti devono tenere in conto il ricorso a forme di protezionismo che limitano l’accesso al mercato dei nostri prodotti. La tendenza vede nuove politiche d’industrializzazione che perseguono l’obiettivo di proteggere i prodotti nazionali dalla concorrenza, combinando misure di sostegno a norme restrittive del commercio, che si concretizzano in diversi gradi di chiusura dei mercati. Si rivela di fondamentale importanza dunque il supporto che l’Associazione dà alle aziende che vogliono andare all’estero. Sono numerose le iniziative di Confindustria che mirano a rafforzare il dialogo con le autorità oltre confine e a presentare alle aziende italiane i mercati esteri». Quali i mercati da guardare con più interesse? «Uno è l’Algeria, che sta vivendo un periodo di intenso dinamismo economico, con un tasso di crescita del Pil stimato per il 2014 al 3,7 per cento. Confindustria ha organizzato una missione imprenditoriale ad Algeri a fine novembre. Ma le iniziative sono molteplici: si va dalla missione negli Stati Uniti per i settori


Alessandro Bocchio

L’ARTIGIANATO GUARDA ALLA FRANCIA Complice lo stallo della domanda interna, le imprese artigiane di Imperia puntano su altri mercati, quello transalpino in primis, dove il “saper fare” italiano viene riconosciuto e ricercato dell’alta tecnologia agli Emirati Arabi, al forum economico Italia-Thailandia e alla missione in Canada». Quanto è importante il vicino mercato francese e quanto si dimostra attento alla qualità delle produzioni liguri? «Il mercato francese rappresenta in questo momento di crisi un’importante valvola di sfogo per tutte quelle aziende medio-piccole che, avendo difficoltà a operare sul nostro mercato, si spostano su quello francese. La qualità e la professionalità delle nostre imprese e dei nostri lavoratori sono risultate il punto di forza per conquistare un importante mercato in cui, oltre a migliori condizioni economiche sia dei privati che della pubblica amministrazione, una burocrazia più snella permette una maggiore possibilità di sviluppo». Vede il mercato transalpino più come una possibilità di sviluppo o come una via di fuga dalle crescenti difficoltà di fare impresa nel nostro Paese? «Il nostro territorio, e soprattutto il comparto agroalimentare e florovivaistico, mantengono un prodotto e un’immagine molto positiva. Ma senza idonee politiche di promozione, che mirino anche alla creazione di un marchio di riferimento del nostro territorio come strumento fondamentale di crescita di questi settori, rischiano di veder diminuire la loro competitività.

a provincia di Imperia ha nell’artigianato una risorsa alimentata sia del confine francese che dal flusso turistico internazionale che frequenta il ponente ligure in tutte le stagioni. Luca Falco, presidente di Confartigianato Imperia (nella foto), evidenzia come le imprese del settore hanno saputo cogliere l’opportunità dei lavori oltre confine e illustra come l’economia locale ha reagito alla crisi generale del settore. Imperia, provincia di confine: il vicino mercato francese è uno dei vostri obiettivi? «L’artigianato oltre confine è un’opportunità per le nostre imprese, soprattutto nel settore delle costruzioni. La professionalità, il gusto e la manualità italiana sono riconosciute e ricercate dai privati e dalle imprese che subappaltano. In una regione che in base ai dati degli ultimi mesi arranca sul fronte dell’internazionalizzazione, la domanda francese e la capacità di risposta delle nostre imprese risultano strategiche per l’economia locale. Il nostro obiettivo è quello di informare i nostri associati sulle opportunità di lavoro ed accompagnarli in Francia». Quali altri mercati esteri hanno risposto positivamente all’artigianato ligure? «Molti dei clienti delle nostre imprese in Francia, in particolar modo in Costa Azzurra, sono originari di altri paesi, come la Russia o l’Inghilterra. Spesso chiedono la prosecuzione delle attività anche nei paesi d’origine o dovunque abbiano proprietà. Ma il settore prevalente per l’export rimane l’agroalimentare. I nostri prodotti si esportano in tutto il mondo, l’olio prevalentemente nei paesi europei, e per il momento senza calo di domanda. Ciò è dovuto alla continua opera di miglioramento e di ricerca della qualità da

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ECONOMIA LIGURE

Ritengo, quindi, che i mercati esteri possano

rappresentare un importante volano di sviluppo per tutte quelle aziende che puntano sulla qualità come punto di forza». Quali sono le principali difficoltà riscontrate dalle imprese locali nei processi di internazionalizzazione? «Nell’ultimo anno le pressioni protezionistiche non si sono attenuate. Dalle più recenti analisi condotte dal Wto e dalla Commissione europea, emerge come gli impegni internazionali assunti dai governi in termini di liberalizzazione dei mercati non trovino effettivo riscontro e attuazione nelle politiche nazionali, che vertono invece sempre più alla protezione dei mercati domestici e allo sviluppo dell’industria nazionale. I paesi più protezionistici sono Argentina, India, Russia, Cina, Brasile e Indonesia. La leva tariffaria è soltanto lo strumento più immediato e visibile per la chiusura dei mercati, ma non l’unico. Altrettanto limitativi, se non in misura maggiore, sono gli ostacoli di natura non tariffaria. Le esportazioni del comparto dell’agroalimentare appaiono le più penalizzate in tutti i Paesi, attraverso un uso massiccio e talvolta palesemente ingiustificato di misure sanitarie e fitosanitarie che risultano la tipologia maggiormente utilizzata».

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parte delle aziende e dall’impegno nel sostegno all’export da parte del sistema camerale imperiese. Purtroppo però, in controtendenza, registriamo un calo delle esportazioni nel manifatturiero per la prima volta dall’inizio della crisi. Da un’elaborazione effettuata dal centro studi Confartigianato, la diminuzione registrata nel primo semestre del 2013 è del 16,7% rispetto allo stesso periodo del 2012. Le cause sono imputabili anche alle crisi industriali dei colossi del manifatturiero presenti sul territorio ligure. In primis l’Ilva e Fincantieri, che hanno fortemente frenato la produzione, tradizionalmente indirizzata ai mercati esteri, oltre che le attività dell’indotto affidate a piccole e piccolissime imprese locali». Imperia, Francia e il Cuneese: un triangolo di confine con obiettivi condivisi? «Parliamo di territori in cui sono presenti un settore primario esteso e qualitativamente elevato (il Cuneese, le Langhe, la Provenza), il manifatturiero che attraversa un momento di difficoltà ma ben presente e radicato, bellezze naturali e artistiche, tradizioni culturali elevate che li rendono fortemente attrattivi per i turisti di tutto il mondo. I vantaggi della cooperazione sono evidenti. Si lavora per abbattere le barriere burocratiche, unico ostacolo alla competizione integrata delle tre aree di confine, nell’economia globalizzata. Internazionalizzazione, accesso al mercato unico europeo, tutela dell’ambiente, sviluppo del turismo. I temi sono molti». Per quanto concerne l’economia locale, le attività artigiane sono una risorsa da evidenziare? «Le imprese iscritte all’albo artigiani rappresentano il 30% del totale: sono dunque uno dei pilastri dell’economia locale. Si tratta soprattutto di costruzioni (quasi il 50%), agroalimentare, servizi e benessere. Ma strutturalmente il territorio è composto per il 99% da piccole imprese con meno di 15 dipendenti. Quindi, possiamo definirlo un territorio a economia diffusa, spesso a carattere familiare, dove il nostro ruolo è quello di evidenziare e sostenere il “valore artigiano” dell’attività, ovvero la professionalità e l’esecuzione a regola d’arte in ogni campo. E tengo a sottolineare che nella nostra provincia il “valore artigiano” è ben radicato». TA



ECONOMIA LIGURE

Produzioni di qualità da valorizzare È il mercato europeo quello che più apprezza l’olio Dop Riviera ligure, ma è al Nord Italia che il Consorzio di tutela guarderà con attenzione nei prossimi due anni, con una serie d’iniziative promozionali. Lo spiega il presidente Carlo Siffredi Renata Gualtieri

ella scorsa campagna olivicola sono stati imbottigliati in tutta la Liguria 4.786 quintali di olio Dop Riviera ligure, di cui il 96 per cento nella provincia d’Imperia, con la menzione geografica Riviera dei fiori. Le aziende della filiera che si sottopongono volontariamente al sistema di controllo sono 621 in tutta la regione, di cui 557 in provincia di Imperia. La superficie olivicola sottoposta a controllo in tutta la Liguria è di 2.528 ettari, con 722mila piante. In provincia d’Imperia gli ettari sono 2.251, con 623mila piante, tutte di cultivar taggiasca». Questi sono i numeri dell’olio Dop Riviera ligure, che rappresenta una piccola produzione sul panorama nazionale e ancor più sui mercati esteri nella categoria dell’extra vergine di oliva. «Il Consorzio di tutela - ricorda il presidente Carlo Siffredi - promuove il prodotto direttamente sul mercato nazionale, privilegiando le aree del nord Italia e opera in sinergia con l’Associazione italiana consorzi indicazioni di origine per azioni sui mercati esteri». Quali le iniziative in questo ultimo ambito? «L’Aicig, composta dalle 58 più importanti Dop e Igp italiane, realizza iniziative di valorizzazione e promozione in stretto contatto con il Ministero delle politiche agricole. Da

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segnalare, ad esempio, l’animazione realizzata con presentazione e degustazioni nelle più importanti fiere nazionali e internazionali, la fornitura con presentazione del prodotto a denominazione, degustazione e preparazione di piatti alle Olimpiadi, eventi della Commissione europea a Bruxelles e concorsi nazionali con Alitalia». Al Concorso internazionale organizzato dall’Agence pour la valorisation des produits agricoles di Aix-en-Provence l’olio del Frantoio Sant’Agata ha vinto il Gourmet d’oro nella categoria fruttato verde leggero. Cosa ha rappresentato questo riconoscimento? E quanto sono importanti i rapporti con la Francia? «Si tratta di un importante riconoscimento perché consente alla produzione ligure a


Foto: Luca Vieri-Archivio Olio Dop Riviera Ligure

Foto: Luca Vieri-Archivio Olio Dop Riviera Ligure

Carlo Siffredi

denominazione di farsi apprezzare ancora di più. Il nostro olio è delicato, come la sua terra di origine, ed è difficile conquistare giurie ed esperti, molte volte attratti da altri profili sensoriali. Il mercato francese è importante perché vicino e tradizionalmente attento alla qualità delle produzioni liguri grazie ai consolidati legami storici e culturali». Quali i mercati dove il prodotto è più apprezzato e quelli in prospettiva più interessanti? «Il mercato europeo è quello più sensibile alla nostra produzione perché conoscitore del significato e del valore del marchio comunitario rosso e giallo. Tuttavia riteniamo che vi sia un mercato vasto e interessante all’interno della stessa area del nord Italia,

Carlo Siffredi, presidente del Consorzio di tutela olio Dop Riviera ligure.

dove intendiamo concentrare i nostri sforzi. Nei prossimi mesi in Liguria e in tutto il nord realizzeremo spot pubblicitari sulle emittenti locali, spazi pubblicitari su quotidiani e riviste nazionali di cucina, incontri nelle scuole primarie liguri con il gioco dell’olio Dop Riviera ligure e in estate eventi nelle più belle piazzette liguri, consegna di vetrofanie a ristoratori e commercianti che utilizzano o vendono l’olio Dop Riviera ligure, approfondimento sul sito web sulle operazioni e i costi che stanno dietro alla conduzione di un oliveto e alla produzione di una bottiglia del nostro olio». Sono stati depositati 509 contratti di fornitura di olive per la prossima campagna. Come giudica questo risultato e l’impegno dei soggetti che operano per fornire un prodotto ligure di qualità certificata? «Il consiglio di amministrazione ringrazia gli operatori che hanno seguito la strada indicata dal Consorzio di tutela. Si tratta di una profonda innovazione volta a creare un legame di fiducia tra gli operatori delle 3 fasi della filiera e a far emergere comportamenti corretti dal punto di vista normativo. Si sta cercando di programmare la produzione per migliorare quantità e qualità del prodotto offerto al consumatore attraverso l’adozione di prezzi minimi per la contrattazione di olive e di olio tra gli operatori virtuosi». Quali importanti novità in materia di semplificazione prevede il nuovo sistema dei controlli dell’olio Dop Riviera Ligure? «Per l’olivicoltore vi sarà un unico fondamentale documento, il modello di dichiarazione di accompagnamento del prodotto (B4), che conterrà le informazioni in precedenza raccolte dallo stesso olivicoltore in diversi modelli. Invece, frantoiano e imbottigliatore potranno gestire le informazioni su determinate operazioni con documenti personalizzati, senza seguire modelli vincolanti, e molte operazioni possono essere ricondotte a livello di informazioni nella stessa dichiarazione di accompagnamento del prodotto (B4). È in dirittura d’arrivo anche la carta di identità dell’olio ligure». 2013 • DOSSIER • 111




MERCATO DEL LAVORO

Non c’è posto per i giovani La disoccupazione cresce tra i giovani e soprattutto nel sud Italia. La preoccupazione dei sindacati è forte e anche le associazioni di categoria invocano tempestivi interventi da parte del governo Nicolò Mulas Marcello

un record allarmante quello ottenuto dalla disoccupazione giovanile, che riguarda i ragazzi dai 15 ai 24 anni, e che in Italia supera per la prima volta il 40 per cento. Il dato emerge dall’ultima indagine Istat resa nota a inizio ottobre, secondo cui ad agosto il tasso è aumentato di 0,4 punti percentuali su luglio e di 5,5 punti su base annua. Ma l’emergenza non riguarda solo i giovani. Anche il tasso di disoccupazione nazionale aumenta, anche se di poco, e si attesta al 12,2 per cento, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,5 punti rispetto all’inizio dell’anno.

È

un sussulto di responsabilità da parte di ciascuno». Per sindacati e imprese l’andamento della disoccupazione è lo specchio dello stato del Paese, di fronte al quale l’appello alla responsabilità non può che farsi più forte. «Occorre un LE AZIONI DEL GOVERNO governo stabile e forte che governi e dia risposte Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, giu- alle priorità - avverte Bonanni - altrimenti la dica pessimi i dati italiani, sottolineando da un situazione non potrà che peggiorare e i dati sulla lato la sostanziale tenuta sul fronte dei numeri, disoccupazione cresceranno ancora di più». ma affermando d’altro canto che «in una fase di possibile ripresa economica è naturale che il MEZZOGIORNO SEMPRE PIÙ DISOCCUPATO tasso di disoccupazione aumenti, in particolare A fare le spese del crollo dell’occupazione è tra i giovani, perché ci sono più persone, come soprattutto il Sud. Nel secondo trimestre il i cosiddetti scoraggiati, che tornano sul mercato numero dei lavoratori in Italia è diminuito di del lavoro». 585mila unità rispetto a un anno fa (-2,5%), Preoccupati si dicono anche i sindacati, che chie- ma il calo si concentra al Sud (-5,4%, pari a dono al governo di assumersi le proprie meno 335mila unità). Il tasso di disoccuparesponsabilità con interventi mirati e risolutivi. zione nel secondo trimestre è salito di 2,7 «Il dato sulla disoccupazione — afferma Raffaele punti percentuali al Sud, sfiorando il 20 per Bonanni, leader della Cisl — dà la misura di cento. Dalle tabelle Istat pubblicate emerge come la realtà cruda del Paese abbia bisogno di che in tre regioni (Campania, Calabria e Sici114 • DOSSIER • 2013


Il quadro nazionale

12,2% IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE RAGGIUNTO IN ITALIA NEL TERZO TRIMESTRE DI QUEST’ANNO. AL SUD LA PERCENTUALE RAGGIUNGE IL 19,8%

+39,5% IL NUMERO DI GIOVANI MERIDIONALI CHE NON LAVORANO, IN AUMENTO DEL 4,3% RISPETTO AL 2012, CON UNA PUNTA DEL 51% PER LE DONNE

PIÙ DONNE AL LAVORO

Secondo i dati del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), l’offerta di lavoro femminile è in aumento rispetto agli anni passati: le donne “attive” sono oggi più del 42 per cento della forza lavoro, rispetto al 40,5 per cento del 2007. Il tasso di occupazione femminile è salito al 41,6 per cento dal 39,7 del 2007, con una crescita dell’1,2 per cento rispetto al 2011. Continua comunque a persistere il fenomeno della segmentazione di genere, che caratterizza ampiamente il nostro mercato del lavoro: le professioni in cui si concentra la presenza femminile sono poche e poco qualificate. IL MERCATO DEL LAVORO EUROPEO

lia) il tasso dei senza lavoro supera abbondantemente il 21 per cento. La disoccupazione giovanile, ricorda il vicepresidente di Confindustria, Aurelio Regina, «è il vero dramma del paese» e per questo «chiediamo la responsabilità di tutte le forze politiche» perché ci sia «un governo che lavori per consentire l’aggancio dell’Italia alla ripresa».

Il record della disoccupazione giovanile in Italia viene confermato anche da Eurostat, che ha diffuso contestualmente all’Istat i dati di agosto: peggio di noi fa solo la Spagna con il 56 per cento. In generale, nell’Eurozona la disoccupazione giovanile ad agosto è arrivata al 23,7 per cento. La più bassa in Germania (7,7%) e Austria (8,6%). Resta invece stabile al 12 per cento quella generale: i disoccupati sono 26,6 milioni in tutta Europa, di cui 19,1 nell’Eurozona. 2013 • DOSSIER • 115


MERCATO DEL LAVORO

Serve una riforma più incisiva Favorire l’assunzione dei giovani dovrebbe rappresentare la spinta per rilanciare l’innovazione e la ricerca. A sostenerlo è Andrea Bortoluzzi, che spiega le novità del Decreto lavoro Nicolò Mulas Marcello

na delle principali novità del Decreto lavoro 2013 è quella di favorire l’occupazione giovanile introducendo un incentivo a favore dei datori di lavoro che assumono con contratto a tempo indeterminato lavoratori di età compresa tra i 18 e i 29 anni, che siano privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o che siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale. «A meno di un anno dalla Riforma Fornero – sottolinea Andrea Bortoluzzi, vicepresidente dell’associazione dei giuslavoristi italiani - ci troviamo di fronte a una nuova modifica della normativa vigente. L’intervento normativo del governo è per certi versi positivo, ma può essere considerato solo un passo iniziale di un lungo percorso del quale, tuttavia, non si conoscono gli sviluppi futuri». Quali sono in concreto le novità per i lavoratori? «La scelta del legislatore è volta giustamente a favorire l’occupazione giovanile mediante un sussidio temporaneo. Tuttavia, l’intervento non rilancia quei settori che dovrebbero accogliere i giovani con titoli di studio universitari e che dovrebbero rappresentare il futuro del paese nei settori della ricerca e dell’innovazione. Mi chiedo come sia possibile rilanciare l’innovazione e la ricerca se non si favorisce in primis l’assunzione dei giovani che dovrebbero rappresentarne la spinta decisiva. È paradossale che nel nostro paese - come capita oramai da tempo - i giovani si vedano costretti a escludere dai propri curricula i titoli di stu-

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dio conseguiti per non rischiare di sentirsi rispondere di essere troppo qualificati per la posizione a cui si candidano». Per quanto riguarda le imprese cosa cambierà? «Con il decreto si è riconosciuta la necessità di una liberalizzazione dell’uso del contratto a tempo determinato, confermando così che il contratto a termine non rappresenta in sé un male per il mercato del lavoro, si deve evitare solo il ricorso indiscriminato e la reiterazione dei contratti a termine così come era fin dall’origine chiarito dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE. La maggiore flessibilità in entrata è rappresentata innanzitutto dalla possibilità di prorogare il primo contratto a tempo determinato acausale introdotto dalla Riforma Fornero. Inoltre, è stata estesa la possibilità di concludere contratti a tempo determinato acausali in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavo-


Andrea Bortoluzzi

Il presidente del Consiglio Letta e il ministro del Lavoro Giovannini

ratori e dei datori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale. Si è anche eliminato l’eccessivo rigore introdotto dalla Riforma Fornero negli intervalli di tempo tra un contratto a termine e l’altro, ritornando ai precedenti intervalli di 10 e 20 giorni, a seconda che il precedente rapporto a termine fosse di durata fino a sei mesi o superiore». Il mondo del lavoro è paralizzato, questo decreto può secondo lei potrà cambiare le cose? «Il Decreto lavoro 2013 può favorire alcune categorie di lavoratori, ma interviene solo sul pia-

no dell’offerta, non occupandosi di favorire la domanda in modo strutturale. Se non si incrementa quest’ultima, le misure che incentivano l’assunzione di giovani o di disoccupati resteranno prive di effetti concreti, soprattutto a medio lungo termine. In una fase economica lontana da un’effettiva ripresa è necessario intervenire rapidamente detassando il lavoro dipendente, in modo da contenere i costi fissi aziendali che incidono sulla competitività imprenditoriale. Rimane poi irrisolto il nodo della flessibilità in uscita, su cui la Riforma Fornero ha inciso profondamente senza giungere a una disciplina che renda certe le conseguenze derivanti da un licenziamento individuale o collettivo. Molti datori di lavoro non assumono nuovi lavoratori a tempo indeterminato, conoscendo la persistente difficoltà di procedere a una futura riduzione del personale. Una maggiore e reale flessibilità in entrata e in uscita è un’esigenza che non può più essere differita se si vuole cercare di uscire dall’attuale situazione economica. Occorrono serie po-

L’intervento non rilancia quei settori che dovrebbero accogliere i giovani e che dovrebbero rappresentare il futuro del paese nei settori della ricerca e dell’innovazione

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MERCATO DEL LAVORO

Da sinistra, Luigi Angeletti, Raffaele Bonanni, Susanna Camusso e Giorgio Squinzi

L’intervento normativo del governo può essere considerato solo un passo iniziale di un lungo percorso del quale, tuttavia, non si conoscono gli sviluppi futuri

litiche attive a favore dell’occupazione ma, nonostante gli annunci e i proclami, siamo ancora lontani da un mercato del lavoro orientato alla flexsecurity». Quali altri interventi occorrono per dare un impulso significativo al mercato del lavoro? «L’intervento su una materia delicata quale quella del mercato del lavoro dovrebbe essere attuato sulla base di linee guida date dalle scelte 118 • DOSSIER • 2013

politiche, ma ascoltando gli operatori del diritto che ogni giorno si confrontano con le difficoltà di una normativa in continua evoluzione, incerta e che disincentiva gli investimenti, soprattutto stranieri. Continuando una politica di riforma basata su interventi sporadici e privi di una visione d’insieme non si risolve il problema occupazionale. È giunto il momento di semplificare la normativa stratificata e incerta introducendo un nuovo codice del Lavoro o, meglio, un codice dei lavori. Se invece si vuole continuare a ragionare a breve termine, gli interventi dovrebbero essere diretti, da un lato, a evitare ulteriori licenziamenti individuali e collettivi riducendo la tassazione sul lavoro dipendente e, dall’altro, a tutelare anche coloro che si trovano oggi privi di un’occupazione senza alcun intervento a sostegno del reddito e senza alcun incentivo per la loro assunzione. In ogni caso, il problema è sempre quello della spesa. Le politiche attive per il lavoro e le riforme non si possono fare a costo zero».


Francesco Sette

Misure strutturali per il Sud Lavoratori, imprese ed esperti sono d’accordo sulla scarsa efficacia degli interventi sul piano del lavoro finora introdotti dal governo. Francesco Sette aiuta a capire cosa manca a questa riforma Nicolò Mulas Marcello

ra le novità più significative del decreto governativo è stata prevista una stabilizzazione dei rapporti di associazione in partecipazione, con una sorta di sanatoria per il pregresso, legata però a una trasformazione del rapporto in lavoro dipendente. Inoltre, c’è l’equiparazione delle garanzie di tutela della salute e sicurezza sul lavoro per i lavoratori somministrati ai lavoratori diretti delle aziende utilizzatrici. «Il decreto – sottolinea Francesco Sette, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Bari – prevede un impulso rivolto alle parti sociali per attivare ammortizzatori sociali attraverso lo strumento della bilateralità, nei settori nei quali non sono ancora garantiti». Quali sono le aspettative del mondo del lavoro? «Il decreto legge 76 del 28 giugno 2013 ha deluso nella sostanza le aspettative del mondo del lavoro. In questo periodo di recessione, conseguenza della sottovalutazione della crisi cominciata nel 2007, ci si aspettavano misure coraggiose e lungimiranti. Registriamo invece una rivisitazione della legge 92, approvata appena nel 2012, che avevo già definito una legge fuori tempo, per le ulteriori rigidità introdotte in un mercato dove

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già mancano le occasioni di lavoro. In una società dove è cambiato da tempo il modo di lavorare, si penalizza la flessibilità, accomunandola con l’abuso della precarietà che va si combattuta, ma con mezzi più appropriati». Le imprese avranno qualche rilevante beneficio? «Ben pochi. I datori di lavoro dovranno ora rincorrere non più solo i lavoratori subordinati, ma anche i lavoratori a progetto e associati in partecipazione dimissionari, per ottenerne la convalida delle dimissioni, presso le Direzioni territoriali del lavoro o dei Centri per l’impiego. Sono stati inaspriti i requisiti per i contratti di collaborazione a pro-

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MERCATO DEL LAVORO

Serve innanzitutto l’eliminazione dell’Irap sul costo del lavoro e l’introduzione in misura significativa del cuneo fiscale

getto; introdotti i criteri di regolarità per il gettito dell’Iva, il cui aumento percentuale ha lavoro intermittente o a chiamata; agevolate le assunzioni di beneficiari dell’Aspi, ex indennità di disoccupazione. Di certo apprezzabili e attese sono le facilitazioni, rispetto alla legge 92/2012, delle assunzioni a tempo determinato. In particolare, la riduzione degli intervalli tra un’assunzione e l’altra e la possibilità di proroga, comunque limitata complessivamente a un anno, dei tempi determinati senza l’individuazione delle motivazioni. Questa tipologia di rapporto può motivare gli imprenditori ad assumere senza impegnarsi a lungo termine per la crescente incertezza nel futuro, pur sostenendone un costo più elevato, previsto per i tempi determinati, ma dimostra la scarsa propensione a introdurre meccanismi premiali per chi assume a tempo indeterminato». Quali interventi occorrono per dare un impulso significativo al mercato del lavoro nel Sud Italia? L’eterna questione meridionale, in questo momento storico, non può prescindere dalla urgente necessità di misure coraggiose rivolte a tutto il nostro Paese. Senza quindi limitarci a subire le politiche comunitarie, troppo spesso non aderenti alla nostra realtà. Aumentare ancora la pressione fiscale è deleterio e inutile. Lo dimostra per ultimo, il minore 120 • DOSSIER • 2013

causato inevitabilmente un’ulteriore contrazione dei consumi. C’è bisogno nei fatti e non solo nelle intenzioni, di misure volte a razionalizzare e modernizzare la struttura pubblica e a semplificare la nascita di nuove attività, considerato che il progetto “impresa in un giorno” significa in realtà in non meno di 70 giorni. Con l’eccessiva rigidità non si combattono le piaghe dell’evasione o del lavoro nero». Cosa serve innanzitutto? «Se le Regioni e gli enti locali agevolano le assunzioni con interventi mirati, per la conoscenza diretta dei soggetti svantaggiati nei territori, lo Stato deve abbandonare il sistema degli interventi a pioggia e di improbabile applicazione che escludono tra l’altro le aziende in crisi, decretandone in molti casi l’eliminazione dal tessuto produttivo. Oggi le imprese sopportano l’insostenibile costo del lavoro pari al 117 per cento della retribuzione netta di un dipendente, superando del 20 per cento quello medio dei Paesi dell’Ocse. Serve innanzitutto l’eliminazione dell’Irap sul costo del lavoro e l’introduzione in misura significativa del cuneo fiscale, sia a beneficio delle imprese che dei lavoratori, mortificati dalla eccessiva erosione delle loro retribuzioni».



TECNOLOGIE

Poliuretano, partnership e innovazione Le aziende che stampano poliuretano rigido hanno risentito della crisi in misura minore rispetto ad altri settori. Nuove tecnologie ed esportazione possono essere una soluzione per svilupparsi, ma come suggerisce l’ingegner Gabriele Raugei, anche la partnership tra aziende Lorenzo Brenna L’ingegner Gabriele Raugei, presidente RGS Europa Srl di Colle Val d’Elsa (SI) www.rgseuropa.it

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a tecnologia del poliuretano rigido potrebbe rappresentare una soluzione alle esigenze che si sono create durante l’attuale crisi economica, perché risponde in modo preciso alla “domanda di mercato” (che richiede produzioni con numeri limitati e piccoli lotti), cosa che invece altri materiali non consentono (per motivi di alti costi iniziali e grandi lotti). Oggi la produzione si è ridotta a causa del generale calo dei consumi e le aziende, per restare sul mercato ed essere competitive, devono investire in innovazione tecnologica e garantire un supporto al cliente di alta qualità. Facciamo una panoramica del comparto con l’ingegner Gabriele Raugei, presidente di Rgs Europa, azienda toscana specializzata nello stampaggio dei poliuretani rigidi operante sul mercato nazionale ed estero. Oggi la società sta investendo e potenziando la struttura commerciale per poter rispondere alle esigenze, sempre più crescenti, di paesi stranieri - soprattutto nord europei. «Rgs Europa opera nel settore dello stampaggio del poliuretano rigido da oltre 20 anni affermandosi sul mercato italiano come azienda innovativa e di elevata qualità. Per potenziare ulteriormente il mercato italiano, nel 2011, abbiamo aperto un ufficio commerciale a Piacenza per poter essere presenti in quelle regioni, dove la concentrazione delle aziende è maggiore. In questo momento i mercati esteri su cui lavoriamo di più sono la Spagna e l’Olanda, dove esportiamo circa un 15 per cento della produzione. Dalla fine del 2012 abbiamo creato un ufficio commerciale in Germania per poter allacciare e gestire direttamente rapporti con alcuni paesi come Francia, Germania, Svizzera e Inghilterra». Rgs Europa si rivolge a svariati settori merceologici grazie alla poliedricità del poliuretano rigido. «Ad oggi – continua l’inge-

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Gabriele Raugei

gner Raugei – i mercati in crescita sono l’arredamento di fascia alta, il settore della produzione di macchinari per gelaterie e banchi frigo. L’elettromedicale, che rappresenta circa il 30 per cento del fatturato, rimane sempre il settore portante del nostro business, mentre il mercato dei totem multimediali è rimasto stazionario rispetto agli anni precedenti. L’estetica professionale invece ha subito un brusco calo, così come l’automazione per banche». Gli oscillamenti di tali settori sono legati gioco-forza alla crisi generale dei consumi. «La maggior parte dei settori seguono gli andamenti del mercato – conferma Gabriele Raugei – e le aziende, in seguito a una riduzione dei fatturati, sono costrette a dover rivedere e ottimizzare gli investimenti». La società senese crede fermamente che investendo in ricerca e ampliando la propria offerta potrà continuare a essere competitiva. «Stiamo utilizzando sempre più la verniciatura in stampo, ciò significa che il pezzo appena stampato, anziché essere grezzo, esce dallo stampo verniciato e rifinito, riducendo così i costi di produzione. Stiamo inoltre investendo molte risorse nella tecnologia cosiddetta RIM, che consiste nell’utilizzare macchine a pistone che iniettano ad alta velocità un materiale caricato vetro, idoneo per conferire caratteristiche di resistenza agli urti e al calore maggiori, utilizzando stampi in alluminio di grandi dimensioni e perfetto per produrre cofani di trattori o paraurti di

Bisogna continuare a investire per poter essere innovativi, sviluppare nuove tecnologie e creare nuove alleanze

camion. Un altro dei nostri obiettivi a breve termine è quello di implementare nelle nostre linee di produzione la tecnologia a spruzzo, di cui stiamo effettuando ora le prime prove. Questa tecnologia può utilizzare mezzo stampo, con una conseguente riduzione dei costi, e differenti tipi di poliuretano sullo stesso stampo (più strati), per esempio uno strato esterno molto rigido e uno interno a bassa densità». Gabriele Raugei è convinto, inoltre, che per essere competitivi è necessario cercare di fare sistema e di creare delle partnership strategiche con aziende che lavorano nello stesso settore. «Gli obiettivi futuri riguardano la valorizzazione e il pieno sfruttamento del potenziale dell’azienda attraverso una continua attività di ricerca e sviluppo, sia tecnologica sia commerciale, e un conseguente ampliamento della gamma di offerta». Il fatturato 2012 è stato in crescita rispetto all’anno precedente, pur con una frenata nell’ultimo trimestre. «Rgs Europa è riuscita a registrare un + 8 per cento rispetto al 2011 pur non raggiungendo il budget prefissato – afferma il presidente – il primo semestre del 2013 raffrontato all’anno precedente mostra una lieve flessione, che ad oggi sembra decisamente invertita».

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TECNOLOGIE

Grafene, il silicio del futuro Un materiale rivoluzionario destinato a dare nuovo impulso alla produzione di processori ultraveloci e dispositivi elettronici. Alessio Brogi ne spiega le potenzialità e i limiti finora posti alla sua produzione in larga scala. Limiti che la società aretina ha superato Luca Cavera

a sua scoperta risale ad appena una decina di anni fa e ha già fruttato un Nobel per la fisica. L’immediata fama l’ha fatto entrare nell’immaginario collettivo come “il silicio del futuro”. È il grafene. Un materiale costituito da uno strato monoatomico di carbonio, destinato a rivoluzionare la fisica e l’elettronica. E dunque strategica opportunità di business, subito raccolta dalla Cabro Spa di Arezzo, impresa chimica dalla forte spinta innovativa. È grazie alla collaborazione con Punto Quantico, spin off dell’Imcb (Istituto dei Materiali Compositi e Biomateriali) del Cnr, col quale la società aretina sta portando avanti un intenso programma di ricerca sui materiali nanostrutturati, che da ottobre partirà la produzione di nanomateriali a base di grafene. «Questa – afferma Alessio Brogi, titolare di Cabro – sarà realizzata dalla nostra consociata Nanesa, start up di cui possediamo le quote di maggioranza e che nasce con lo scopo primario di lavorare sui materiali del futuro». Ma cosa rende il grafene così speciale? «Questo materiale possiede una conducibilità elettrica cento volte superiore a quella del silicio, una resistenza duecento volte superiore rispetto all’acciaio, sorprendenti proprietà ottiche e termiche, trasparenza e flessibilità. Le applicazioni sono

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La Cabro Spa ha sede ad Arezzo www.cabro.it

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ovviamente molteplici e sembrano interessare ogni ambito tecnologico, dalla realizzazione di schermi flessibili alla produzione di processori ultraveloci a bassa potenza e chip di memoria, dalle tecnologie verdi alla medicina, dalle batterie ad alte prestazioni a vernici e inchiostri conduttivi high-performance, a materiali compositi di ultima generazione». A fronte di questo potenziale e per via della sua “giovinezza”, il grafene pone però dei problemi. «L’ostacolo più importante all’utilizzo e alla sperimentazione industriale del grafene è oggi rappresentato dalle difficoltà di approvvigionamento del materiale. Infatti, i metodi di sintesi sono costosi e complessi e le aziende in grado di produrlo su larga scala sono pochissime, soprattutto in Europa. Negli ultimi anni, il nostro reparto ricerca e sviluppo, in collaborazione con Punto Quantico ha messo a punto un


Alessio Brogi

3 ton

LA QUANTITÀ DI MATERIALE NANOMETRICO CHE IL SISTEMA SVILUPPATO DA CABRO SPA IN COLLABORAZIONE CON PUNTO QUANTICO PUÒ PRODURRE IN UN ANNO

sistema di produzione scalabile in grado di produrre attualmente fino a tre tonnellate all’anno di materiale nanometrico. Integralmente progettato e sviluppato all’interno dell’azienda, il sistema si è fatto impresa con la start up Nanesa. E quest’ultima si presenta così al mercato come realtà europea all’avanguardia nella produzione di grafene». Altro progetto nato dal lavoro con Punto Quantico e che affonda le radici nelle origini della società come partner del distretto orafo locale, è il lancio di un innovativo sistema anticontraffazione che promette garanzie di gran lunga superiori a quelle dei sistemi tradizionali. «Abbiamo sviluppato una tecnologia basata sull’uso di una combinazione di nanoparticelle di oro che, non visibili se esposte alla luce solare, diventano fluorescenti in specifiche condizioni di eccitazione con radiazioni Uv a determinate lunghezze d’onda. Tali fluorofori, usati come pigmenti da aggiungere a matrici di differente natura (polimeri, vernici, inchiostri), possono essere sfruttati

per una vastissima gamma di applicazioni, che spaziano dal settore della moda (tessuti, filati, pellami) al biomedicale, dal farmaceutico al cosmetico, dal controllo di qualità all’anticontraffazione o alla tracciabilità di prodotti in filiere produttive. Un alto grado di sicurezza, riservatezza e personalizzazione è garantito dalla possibilità di modulare l’emissione della luce attraverso un codice di colori controllato e unico che, verificabile strumentalmente con un semplice fluorimetro portatile, permette un’autenticazione semplice ed efficace dei prodotti». 2013 • DOSSIER • 125


TECNOLOGIE

Un potenziale industriale che può ancora crescere La scelta di proseguire con la specializzazione dell’impresa di famiglia di Graziella D’Annunzio e Antonio Di Rocco. Ma con una nuova società, l’esperienza del capitale umano e la volontà di superare le criticità dell’economia abruzzese Vittoria Divaro

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el 2012 l’attività economica abruzzese si è fortemente indebolita. È questo l’incipit del rapporto sulle economie regionali dedicato all’Abruzzo di Banca d’Italia e pubblicato lo scorso giugno. In sintesi, il rapporto indica un calo nella produzione dell’industria, frenata dalla contrazione della domanda sia interna sia estera. A questo segue una più scarsa propensione delle imprese a investire, aggravata dalla sfiducia sull’evoluzione del quadro economico. Due fattori, questi ultimi, che stanno tenendo salde le redini a una capacità produttiva che potrebbe esprimere ben altre performance. Se tale è la visione macroeconomica, usando la lente di ingrandimento si ritrova una situazione identica, sebbene in scala, all’interno delle singole realtà imprenditoriali. Lo conferma l’esperienza recente di Graziella D’Annunzio e Antonio Di Rocco, soci della Valteck di Gissi, nel teatino, azienda terzista nel settore delle lavorazioni su lamiere specializzata nella saldatura manuale e robotizzata. «Valteck – spiega D’Annunzio – è nata come erede della Valsinello, realtà fondata da Di Rocco e D’Annunzio senior che, dopo tre decenni nel settore, nel 2009, appesantita dalle difficoltà finanziarie, ha lasciato il posto alla società attuale. Le difficoltà sono sopraggiunte dopo un biennio 2007-2008 che aveva visto il fatturato toccare quota 25 milioni di euro, tuttavia, i forti investimenti fatti dall’azienda alla soglia della crisi economica, una volta mutato lo scenario, hanno posto Valsinello in una posizione di grave criticità, fino al fallimento e alle inevitabili ricadute sull’occupazione. Infatti, dei 160 addetti della precedente società, oggi ne impieghiamo circa 40, che ci permettono di sviluppare un fatturato

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Graziella D’Annunzio e Antonio Di Rocco

Siamo ripartiti con un nuovo nome e un nuovo management. E con tutte le difficoltà che incontra una start up

compreso fra i 2 e i 3 milioni di euro». Quella che poi è risultata una mossa azzardata, tuttavia, non era tale nel momento della sua realizzazione, sia a fronte dei risultati economici del biennio precedente, sia del boom produttivo che stavano vivendo i settori di riferimento dell’azienda – trasporti, arredamento, macchine e attrezzature destinate al mondo agricolo, container e carpenteria. «Siamo così ripartiti con un nuovo nome e un nuovo management – afferma Di Rocco –. E con tutte le difficoltà che incontra una nuova realtà: dalla diffidenza degli istituti di credito alla promozione presso nuovi partner. Inoltre, la scarsa liquidità che caratterizza il mercato ci ha costretti a ridurre il parco clienti ai soli in grado di garantirci pagamenti puntuali. E, allo stesso tempo, a procedere con i piedi di piombo nell’approccio ai nuovi. Anche il rapporto con i clienti con i quali collaboriamo è mutato, dato che preferiamo non far assumere a nessuno di questi un ruolo troppo forte rispetto al totale del nostro fatturato, perché un’improvvisa virata nella loro produttività avrebbe conseguenze devastanti anche sul nostro business». L’opportunità maggiore per Valteck sarebbe quella di agganciare partner esteri, tuttavia l’impostazione come contoterzista e la localizzazione geografica sfavorevole hanno finora rappresentato uno scoglio solo in parte superabile, anche a fronte del

fatto che l’azienda sta lavorando senza alcun sostegno bancario. «Oggi – prosegue D’Annunzio – la quota maggioritaria del nostro fatturato dipende dal mercato italiano, anche se abbiamo un partner francese del settore macchine movimento terra che contribuisce per il 20 per cento. Quello su cui stiamo spingendo, oltre che sull’internazionalizzazione – anche cercando partnership con società nazionali che hanno interessi oltre confine –, è la diversificazione. Accanto al settore movimento terra, alle grandi commesse di carpenteria e all’automotive, che intendiamo consolidare, ci stiamo rivolgendo a nuovi settori, come quello dei mezzi per la pulizia stradale e le energie rinnovabili – eolico e biomasse». Nonostante le difficoltà, la volontà di Di Rocco e D’Annunzio è quella di non abbandonare il territorio, come è stato fatto da altre aziende, che hanno portato le produzioni nei paesi a basso costo del lavoro. «Non c’è dubbio – conclude Di Rocco – che le istituzioni anziché sostenere le imprese le stanno gravando ulteriormente, sommando alla crisi la pressione fiscale. Però crediamo che se le aziende collaboreranno fra loro, potranno far fronte comune alle criticità e tornare a crescere».

La Valteck Srl si trova a Gissi (CH) www.valteck.it

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MODELLI D’IMPRESA

Alluminio e profilati, è iniziata la ripresa Enrico Lenzi fa un bilancio dell’ultimo anno. Sottolineando l’impegno costante in ricerca e sviluppo e le tappe fondamentali di un decennio dedicato alla crescita ecosostenibile dell’azienda Marco Valerio Messala

ra settembre 2012 e 2013 il prezzo dell’alluminio è passato da 1.619,49 a 1.297,39 euro per tonnellata, punto più basso finora raggiunto quest’anno. Questo ha influenzato positivamente il mercato, facilitando il finanziamento sia dell’acquisto sia dell’esposizione finanziaria dovuta alla produzione di beni. Le maggiori risorse disponibili nelle casse delle imprese che lavorano questa materia prima ha anche consentito di sostenere le dilazioni di pagamento continuamente richieste dai partner. Pertanto Enrico Lenzi, amministratore della Geal, società per azioni specializzata nella progettazione, estrusione, trattamento superficiale e distribuzione di profilati in alluminio e sue leghe (per fotovoltaico, sistemi per serramenti, persiane e porte, doghe, scuroni e scuretti, sponde per camion), afferma di vedere i primi segni della ripresa. «La situazione è in lento miglioramento, soprattutto per aziende medie e piccole. Queste infatti, sfruttando l’elasticità, riescono a rispondere alla domanda di nicchie esigenti del mercato, alle quali più difficilmente hanno accesso i grossi gruppi. Questi ultimi, inoltre, risentono in maniera molto maggiore della concorrenza delle economie emer-

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genti. Per quanto ci riguarda, dall’inizio di quest’anno abbiamo registrato un timido ma costante incremento dei volumi che, unitamente alla diminuzione del prezzo della materia prima e a un miglioramento della produttività, ci ha portato a un aumento del fatturato, rispetto allo stesso periodo del 2012, di circa il 5 per cento». Grazie alla sua notevole integrazione verticale, Geal Spa opera in diversi settori e tocca, in maniera più o meno marginale, diversi mercati. «Il settore principale, come costruttori e progettisti di nuovi sistemi per serramenti, è quello delle costruzioni. Purtroppo, com’è noto, questo è in profonda crisi. Questa situazione ci ha spinto ad adottare una strategia di riduzione del rischio – perché il nostro lavoro è quello di trasformatori manifatturieri e non di speculatori finanziari. Innanzitutto, suddividiamo la nostra necessità di materia prima su più fornitori. Poi, per quanto riguarda la definizione dei prezzi, acquistiamo periodicamente solo la quantità necessaria al periodo corrente, senza impegnarci in calcoli pre-

In alto, sala di verniciatura della Geal Spa con sede a Barberino del Mugello (FI) e altri momenti del processo produttivo www.geal.it


Enrico Lenzi

–19,8%

CALO DEL PREZZO DELL’ALLUMINIO. FRA SETTEMBE 2012 E SETTEMBRE 2013, È PASSATO DA 1.619,49 A 1.297,39 EURO PER TONNELLATA visionali che molte volte, e soprattutto in una congiuntura come questa, rimangono pensieri e supposizioni non sicure». Tornando all’edilizia, l’azienda di Barberino di Mugello sta continuando a investire per rispondere in maniera costante alle evoluzioni del design in campo architettonico, revisionando i propri sistemi e, soprattutto, introducendone frequentemente di nuovi. «I nostri vogliono essere prodotti che uniscono alle nuove esigenze di design quelle legate al risparmio energetico e al rispetto dell’ambiente. I risultati degli ultimi anni, nei quali abbiamo brevettato diversi nuovi sistemi per serramenti, stanno confermando la nostra propensione all’innovazione. Investiamo anche nell’implementazione di nuovi sistemi per la gestione della produzione, che ci permettano di trarre da ogni feedback informazioni costruttive e migliorative delle varie fasi di lavorazione». In più, l’impegno sull’ecosostenibilità è di ampio respiro. «La nostra politica di salvaguardia dell’ambiente inizia nei primi anni 2000. Dopo

avere ottenuto le prime certificazioni (Iso 9001:2000, 14001:2004 ed Emas), abbiamo eliminato i combustibili liquidi, impiegati in precedenza, che sono stati sostituiti dal gas metano, mentre le cisterne in cui erano stoccati sono state rimosse e bonificate. A questo ha fatto seguito il completo rinnovamento dell’impianto di verniciatura verticale, che ha apportato notevoli benefici alla salubrità dell’ambiente di lavoro e di quello circostante lo stabilimento». Nel 2009, inoltre, con un importante sforzo tecnico, i prodotti a base di cromo esavalente (molto tossici e ancora presenti nei processi di pretrattamento alla verniciatura), sono stati sostituiti con prodotti a base di cromo trivalente, che non presenta problemi per la salute. Ma gli investimenti green dell’azienda non si sono fermati a questo. «Dopo aver sostituito le coperture in amianto e installato due impianti fotovoltaici da 400 kW di picco ciascuno, che soddisfano il 70 per cento del nostro fabbisogno energetico, quest’anno verrà ultimato un impianto per la raccolta, il recupero e il riutilizzo dell’acqua piovana nei processi produttivi». 2013 • DOSSIER • 129


Metalli preziosi, recupero e affinazione L’attuale andamento del settore continua a essere critico, ma le possibilità di crescita e le strategie anti-crisi non mancano: una su tutte, la scommessa delle lavorazioni “made in Italy” dell’oro e dell’argento. L’esperienza di Fabrizio Gallorini Renato Ferretti

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Fabrizio Gallorini

onostante il prezzo dei metalli preziosi sia calato notevolmente, il 30 per cento in pochi mesi, i mercati restano ancora soggetti alla speculazione. La flessione, comunque, sta dando riscontro nell’ambito degli ordinativi verso i paesi stranieri, soprattutto di lingua araba, che grazie al prezzo e alla qualità del prodotto tornano ad acquistare da noi». Spiega così la situazione nel settore dei metalli preziosi, Fabrizio Gallorini, responsabile alla produzione e all’ambiente della società aretina Sampa, il cui core business è il trattamento ceneri, il recupero e l’affinazione di metalli preziosi. «In questo periodo di crisi – continua Gallorini –, si è ridotto il numero di aziende del settore, a causa della stretta creditizia che ha trovato le imprese sotto capitalizzate e quindi poco appetibili per il mondo bancario sempre più spersonalizzato. Made in Italy e consolidamento delle proprie capitalizzazioni possono essere un buon viatico per la ripresa, che sta cominciando a intravedersi. Se a questo si unisse l’utilizzo del marchio “made in Italy”, come garanzia di un prodotto completamente realizzato in Italia e caratterizzato dal nostro know how nazionale, allora il mercato avrebbe grandi occasioni di rilancio. In un periodo come quello che viviamo ora, mantenere elevato lo standard qualitativo dei preziosi realizzati nel nostro paese è fondamentale». Il punto di vista di Gallorini è forte di un’esperienza quasi quarantennale della sua Sampa, nella quale un processo articolato di diversificazione ha portato la società a svolgere più attività che riguardano l’ambito dei preziosi. «Nel corso degli anni – spiega Gallorini – abbiamo esteso la nostra attività, per meglio rispondere alle varie esigenze del settore orafo e argentifero, adottando tecnologie di elevata qualità e nel rispetto delle norme ambientali. Il recupero e l’affinazione consistono nell’estrazione di oro e argento dagli scarti delle lavorazioni orafe tramite alcuni particolari e complessi processi chimici applicati alla metallurgia. A questa attività, negli anni, abbiamo aggiunto altri servizi dedicati sempre agli orafi, quali ad esempio il banco metalli, ovvero il commercio

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dei preziosi, e la galvanica. Offriamo un servizio di ritiro e consegna per la finitura dei prodotti in oro e argento, effettuando rodiatura, doratura a spessore, messa a colore di doratura (a 18, 21 e 24 carati), rose, rutenio e argentatura». La Sampa riesce a lavorare i metalli con precisione ed efficienza grazie all’aiuto di specifici macchinari di cui dispone. «Per il recupero e l’affinazione – continua Fabrizio Gallorini – utilizziamo forni fusori e reattori sia in vetro pirex che in acciaio inox e ci avvaliamo inoltre di strumentazioni elettroniche per l’analisi dei metalli preziosi e di impianti per la tutela dell’ambiente, per esempio i distillatori per gli scarichi idrici e i neutralizzatori e i depolverizzatori per le emissioni gassose. A breve, l’azienda investirà anche ingenti capitali nell’ammodernamento di alcuni impianti fondamentali ai fini della nostra attività». Tecnologie, macchinari e investimenti della Sampa hanno l’obiettivo comune di mantenere elevata e competitiva la qualità dell’azienda. «Il concetto che sta guidando il nostro lavoro in questo periodo è il raggiungimento di standard qualitativi sempre più importanti sia in termini di prodotto che in termini di rapporto con la clientela. Per riuscire nell’intento ci serviamo di sistemi gestionali all’avanguardia, come l’Iso 9001 e l’Iso 14001 ambientale, e di strumentazioni tecnologiche studiate per la determinazione dei titoli tanto sul prodotto in uscita quanto su quello in entrata. Purtroppo, attualmente, a causa della difficile fase economica mondiale, siamo deficitari in campo innovativo, anche se continuiamo a tenerci aggiornati grazie all’operato dei nostri consulenti».

La Sampa Spa, Affinazione e recupero metalli preziosi, ha sede e stabilimento a Laterina (AR) www.sampaspa.it

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MODELLI D’IMPRESA

Gare d’appalto, serve chiarezza Nino Garramone evidenzia che Consip, nata come calmiere del mercato dei prezzi nel global service per le pubbliche amministrazioni, è diventato un cartello a svantaggio di enti e Pmi. E parla delle nuove norme introdotte per una maggiore concorrenza Valerio Maggioriano

onsip è una società per azioni interamente controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze e che fa da centrale di committenza nazionale per l’acquisto di beni e servizi rivolti alla pubblica amministrazione. È stata creata nel 1997 con la buona intenzione di calmierare i prezzi, dato che si partiva da una situazione in cui per un dato servizio, sul mercato, c’era un prezzo in una regione e uno molto più alto, o più basso, in un’altra. Nella prassi, tuttavia, sono emerse molteplici criticità, che hanno danneggiato tanto le amministrazioni pubbliche quanto le im-

C In alto, Nino Garramone, responsabile della General Service Srl di Potenza www.generalservicepz.com

prese. Con Nino Garramone, responsabile della General Service srl di Potenza, realtà specializzata nel global service e facility management, analizziamo alcune delle problematiche legate al ruolo di Consip e all’accesso ai bandi da parte delle piccole imprese. «Finora il modo di operare di Consip è stato quello di indire bandi per mega lotti e il vincitore – di solito una grande impresa – è poi l’interlocutore al quale la pubblica amministrazione viene automaticamente indirizzata, senza più alcuna possibilità di intervento sul prezzo. L’effetto è stato che a vincere sono state puntualmente le medesime grandi imprese, che poi però per l’esecuzione subappaltano alle piccole realtà territoriali. In questo modo si è venuto a formare una sorta di cartello, che, anziché favorire la concorrenza, inquina il mercato. Tuttavia, a lungo andare, molte pubbliche amministrazioni si stanno rendendo conto che, rispetto ai prezzi di mercato, Consip costa molto di più e hanno ripreso a indire autonomamente i


Nino Garramone

Le dimensioni non fanno la qualità È

le novità introdotte dal decreto del Fare (95 del 2012), è quello dei due criteri di selezione delle gare: prezzo più basso o offerta economicamente vantaggiosa. «Il significato del primo criterio è evidente, il secondo invece prevede un sistema per equilibrare prezzo e qualità, attraverso la presentazione di un progetto e l’assegnazione, in fase di valutazione, di un punteggio a questo e un altro al prezzo. Tuttavia, fino a poco tempo fa, la formula matematica permetteva una libertà tale che era possibile scegliere l’impresa in maniera del tutto arbitraria – e in molti casi il sospetto che si scegliesse in base a clientelismi è stato forte. Col nuovo decreto però le gare devono garantire l’accesso pure alle piccole e medie imprese, anche in forma aggregata. Quindi è stata data indicazione di fare lotti più piccoli rispetto ai mega lotti Consip. E questo potrà creare una vera concorrenza e quindi far scendere i prezzi».

quello che dimostrano imprese come la General Service di Potenza, realtà del global service e facility management. Questa, con un organico di 320 persone distribuite in tutta Italia e un fatturato di quasi 13 milioni di euro – poca cosa rispetto ai numeri e alla forza dei grandi gruppi nazionali – è riuscita a imporsi sul mercato e aggiudicarsi, in questi anni, gare importanti. Come quelle per Lombardia Informatica Spa di Milano, per la Polizia di Stato e scuola allievi di Caserta, per le caserme della Guardia di Finanza in Lazio e Umbria, Azienda Ospedaliera San Carlo-Potenza, Amiacque di Milano, Publiacqua Spa di Firenze, Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige in Trentino e nelle Aree di ricerca del Cnr di Padova, Napoli, Tito Scalo e ancora San Michele all’Adige, oltre a lavorare nelle strutture di numerosi enti della Regione Piemonte e della Basilicata. E ciò grazie a una rete di strutture tecniche e operative e agli investimenti in formazione e sicurezza, per i quali ha ottenuto le certificazioni Uni En Iso 9001:2008, 14001:2004, Sa 8000:2008 e Ohsas 18001:2007, oltre all’autorizzazione del ministero del Lavoro per operare in siti Nucleari a rischio radiazioni.

bandi. E riescono così a ottenere sconti maggiori rivolgendosi direttamente al mercato. E non è un caso se fino a pochi anni fa gli sconti ottenuti da Consip si aggirassero sempre fra il 4 e il 7 per cento, mentre ora hanno raggiunto il 20. Anche se spesso sul mercato le pubbliche amministrazioni possono ottenere prezzi migliori». Altro problema, oggi in parte superato grazie all’intervento del consiglio di Stato e con

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MODELLI D’IMPRESA

Vetro e creatività italiana Il mercato non lo vede solo come un ottimo contenitore per alimenti, esige forme innovative che esaltino le scelte dei singoli brand. Andrea Bartolozzi illustra l’importanza del settore vetro Renato Ferretti

a creatività è il fulcro attorno al quale molte aziende italiane trovano la propria evoluzione. È un dato ben noto che distingue le produzioni nostrane e che accomuna le attività più disparate. Quella dei contenitori di vetro per alimenti è una di queste, come dimostra l’esempio della Vetreria Etrusca. Andrea Bartolozzi è l’amministratore delegato dell’azienda fiorentina, che nasce nel 1951 realizzando artigianalmente fiaschi impagliati per le cantine del territorio circostante «secondo un’antica tradizione – precisa Bartolozzi – con radici nel Rinascimento toscano. Negli anni la distribuzione si è estesa e da piccola impresa che soddisfa la domanda del territorio, abbiamo acquisito spazi sempre più ampi, distinguendoci per l’originalità e l’innovazione del prodotto, fino ad assumere connotati e dimensioni internazionali». L’odierna produzione dell’azienda della famiglia Bartolozzi, interessa i settori dell’olio e aceti, dei distillati e del vino e degli spumanti, in collaborazione con i nomi più illustri di ciascun ambito. «Il vetro è il materiale migliore per i prodotti alimentari – dice Bartolozzi – perché ne conserva inalterati i profumi, i sapori, le caratteristiche e ne valorizza il contenuto. L’alta qualità è dovuta a un’accurata scelta e controllo delle materie prime che lo compongono, con un’ alta percentuale di vetro riciclato oltre il 70

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Andrea Bartolozzi

per cento del totale delle materie prime utilizzate, che lo rende virtuoso nel rispetto dell’ambiente. Inoltre una particolare attenzione viene riposta nella scelta per scartare i piccoli difetti che normalmente sono presenti in una produzione industriale. Le grandi etichette, inoltre, amano personalizzare il contenitore con una forma particolare, oppure aggiungendo un marchio ai nostri modelli esclusivi: un aspetto che ha premiato l’estro che finora abbiamo dimostrato». Ma per Bartolozzi la creatività da sola non basta a vincere la competizione del mercato. «Siamo Consapevoli dell’importanza di proporre e attuare un modello competitivo di primaria importanza, basato sulla migliore fornitura di prodotto, servizio e qualità, sulla massima sostenibilità ambientale dei propri processi produttivi e sull’integrità della salute e della sicurezza dei lavoratori. Perciò, nel 2012 abbiamo deciso di ridefinire le proprie modalità lavorative nell’ambito di un sistema di gestione integrata QASH (Qualità, Ambiente, Sicurezza, Haccp). Questo processo ha avuto inizio a metà del 2011 e si è concluso a fine del 2012 con l’ottenimento di una tripla certificazione dal prestigioso ente tedesco Tuv: per qualità (Uni En Iso 9001:2008), ambiente (Uni En Iso 14001:2004) e sicurezza (Ohsas 18001:2007)».

Il vetro è il materiale migliore per gli alimenti perché non ne altera i profumi, i sapori e la qualità

Un ulteriore aspetto della gestione aziendale della Vetreria Etrusca riguarda l’impegno dal punto di vista commerciale e comunicativo. «Quest’anno parteciperemo al Simei, la più importante Fiera Biennale del settore vinicolo e non solo. È un appuntamento importante per presentare le novità e incontrarci con i nostri collaboratori italiani ed esteri. In generale abbiamo ridotto la nostra partecipazione a Fiere Generiche anche internazionali, concentrandoci su manifestazioni più specialistiche e regionali dove c’è un rapporto più diretto con la potenziale clientela». La difficoltà maggiore per l’impresa della famiglia Bartolozzi riguarda la programmazione del prossimo futuro, anche a causa di una concorrenza sleale. «Siamo abituati a fare dei programmi a medio lungo periodo legati al rifacimento degli impianti produttivi. Purtroppo un’economia sempre più incerta e imprevedibile rende questo mestiere più difficile. Siamo penalizzati, nei confronti nei nostri concorrenti, anche di paesi confinanti, dall’alto costo dell’energia elettrica e del gas metano».

La Vetreria Etrusca ha sede a Montelupo Fiorentino (FI) e ha il suo stabilimento ad Altare (SV) www.vetreriaetrusca.it

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LOGISTICA

I nodi strategici della logistica Premesse e possibilità in uno dei settori chiave per la ripresa economica del paese. Davide Benvenuto indica le esigenze che gli operatori del comparto sono chiamati a soddisfare e le possibili strategie per aumentare la competitività Remo Monreale

xport in ascesa e un mercato interno in recessione. Lo scenario odierno dell’assetto economico italiano rende ancora più decisivo il ruolo della logistica. Questo comporta non solo un’auspicabile sensibilizzazione sui relativi nodi strategici, per lo più riguardo alle infrastrutture ancora scarsamente adeguate. Gli operatori del settore, infatti, sono chiamati a un salto di qualità. Davide Benvenuto, amministratore della GDT Logistic di Genova, spiega in cosa consistono i principali aspetti da tenere in considerazione e che possono fare la differenza non solo per il comparto, ma per tutto il tessuto industriale nazionale. «Ci sono strumenti irrinunciabili – dice Benvenuto – per un’azienda di servizi come la nostra. Tra questi i più importanti sono, da una parte, il costante presidio dei principali canali di business, con relazioni business to business nel corso di fiere di settore e frequenti incontri con la clientela per conoscere il loro grado di soddisfazione e le loro nuove esigenze richieste

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dal mercato. Dall’altra, sono altrettanto importanti le valutazioni strategiche finalizzate all’acquisizione di nuovi traffici e alla penetrazione di nuovi mercati». Nel caso della GDT, oltre alla normale relazione d’affari, è data estrema importanza alla creazione dei rapporti con tutti i clienti e gli agenti esteri. «È un rapporto – spiega Benvenuto – in cui dimostriamo la nostra specificità: come, ad esempio, per l’assistenza ventiquattro ore su ventiquattro sia nella fase relativa alla formulazione dell’offerta, sia nell’operatività della spedizione. Solo una naturale propensione al cliente può essere funzionale all’accrescimento del brand, differenziandoci rispetto ai nostri competitors». Servizi impegnativi, dunque, ai quali si aggiungono altri aspetti che il team di Benvenuto ha dovuto affrontare. «Rispetto agli anni passati – continua l’amministratore – la criticità di alcuni mercati e di alcune merceologie ci ha portati ad affiancare ai normali flussi import ed export del nostro paese, una vasta gamma di

traffici estero su estero che coinvolgono le merceologie più disparate. Un altro fattore da considerare sta nella necessità di un costante aggiornamento e investimento in strumenti informatici, per le imprese del settore della logistica, che possano rispondere alle crescenti esigenze dei clienti, perché solo in questo modo si riesce a raggiungere un elevato livello di fidelizzazione con gli stessi». In termini di competitività, l’impresa genovese può vantare un altro vantaggio. Più che significativo. «L’appartenenza a un network mondiale – confessa Benvenuto – con operatori logistici ubicati in tutto il mondo, con proprie filiali ed agenti esclusivi, ci consente di offrire un servizio capillare e qualitativamente ot-

Davide Benvenuto, amministratore della GDT Logistic Spa. Nella pagina a fianco, una veduta del porto di Genova www.gdtlogistic.com


Davide Benvenuto

Strumenti irrinunciabili sono il presidio dei principali canali di business, e le valutazioni per l’acquisizione di nuovi traffici

timale permettendo di spedire le merci con la nostra piattaforma logistica, dal magazzino fino al porto di sbarco o fino al magazzino di destinazione, in perfetto accordo con i termini di resa pattuiti». I risultati ottenuti dall’assetto complessivo rimarcano l’efficacia dell’organizzazione. «Nel primo semestre del 2013 – continua Benvenuto – abbiamo sostanzialmente man-

tenuto il fatturato (che si attesta su circa 30 milioni di euro annui) dello scorso esercizio, causa una generale diminuzione dei noli marittimi e aerei. Tuttavia il volume delle spedizioni è aumentato. Il trend rimane positivo anche se il quadro macroeconomico e le turbolenze politiche ed economiche attuali sia sul mercato interno sia in ambito internazionale hanno generato una

contrazione dei profitti». L’amministratore della società genovese non può che ricordare il ruolo decisivo ricoperto dai suoi collaboratori. «Tutto il personale mette quotidianamente in pratica quanto previsto dalle nostre procedure interne identificandosi totalmente con lo “stile” GDT e in un modus operandi che va oltre l’operatività quotidiana e si relaziona in azienda, con la clientela e i fornitori in modo propositivo, attento alle singole esigenze o a eventuali problematiche». 2013 • DOSSIER • 143


Nautica, tra made in Italy e innovazione cantieri navali italiani sono in difficoltà, ordini sempre minori e lavoro che non c’è sono le conseguenze della crisi economica. La situazione non è facile ma l’Italia resta comunque tra i leader mondiali del settore della costruzione di navi da crociera. Il comparto navalmeccanico nostrano evidenzia anche la difficoltà a finanziare nuovi progetti, questo ha comportato la chiusura di diversi cantieri navali. Alcuni stabilimenti sono invece riusciti ad andare avanti investendo in navi ecologiche o aumentando la propria specializzazione. È

I Alcune realizzazioni della Spencer Contract Spa di Genova (GE) www.spencercontract.net

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Il settore navalmeccanico è stato colpito duramente dalla crisi. C’è però un comparto affine, quello dell’allestimento e arredamento di interni di navi da crociera e yacht, che invece va a gonfie vele. Il punto di Riccardo Pompili Lorenzo Brenna

la strada che ha intrapreso anche Spencer Contract, azienda genovese che si occupa di allestimento e arredamento di interni di navi da crociera e yacht. «Abbiamo iniziato ad impiegare – spiega l’amministratore delegato Riccardo Pompili - non sempre sollecitati dai nostri clienti, innovativi sistemi di montaggio e

strutture di supporto per pareti, pavimenti e soffitti che hanno consentito notevole risparmio di peso a bordo, velocità d’installazione ed utilizzo di materiali riciclabili. Nuovi estrusi in alluminio impediscono errori di montaggio da parte degli operai, oltre a favorire un’assoluta precisione dei supporti d’arredo.


Riccardo Pompili

Inoltre un’unica chiave inglese consente al cantiere o all’equipaggio di spostare e modificare le strutture in argomento per accedere a zone tecniche, variare l’arredo o incrementare la tenuta dei supporti in caso di necessità. Sulle navi passeggeri abbiamo curato il rinnovamento di materiali e sistemi impiegati in aree esterne e/o umide, come piscine e aree. Abbiamo inoltre favorito l’ingresso nel navale, in partnership, di un’importante azienda nazionale che realizza ottime attrezzature per saune, bagni turchi e tutto quanto serve per una spa attrezzata ai massimi livelli». Nonostante l’andamento dei mercati di riferimento il bilancio dell’attività di Spencer è

Abbiamo iniziato ad impiegare innovativi sistemi di montaggio e strutture di supporto che hanno consentito risparmio di peso a bordo e l’utilizzo di materiali riciclabili

buono. «Il 2013 è stato un esercizio di grande soddisfazione - afferma Riccardo Pompili - abbiamo iniziato a raccogliere i risultati di grandi sforzi riorganizzativi, sia in termini commerciali che tecnici. I primi riflessi positivi sono rilevabili dal fatturato che mostrerà un incremento intorno al 50 per cento nel 2013, con ulteriore rafforzamento per l’anno successivo in funzione di ordini già acquisiti. La crisi che ha investito molti concor-

renti ha favorito il consolidamento della nostra posizione sul mercato e, ad oggi, riceviamo molte richieste di intervento da cantieri internazionali che a volte preferiamo non affiancare al fine di mantenere inalterate le caratteristiche di qualità finale e puntualità nelle consegne. Il successo è imputabile in via prevalente ad un’attenta riorganizzazione aziendale che prevede lo studio di nuovi prodotti e una innovativa e attenta progetta- ❯❯ 2013 • DOSSIER • 145


NAUTICA

❯❯ zione integralmente svolta al puntualità nelle consegne». nostro interno». A causa della recessione molti fornitori hanno rischiato di chiudere i battenti, con la conseguente perdita di professionalità difficilmente reperibili. «La crisi in atto ci ha obbligato a sostenere, anche finanziariamente, molti piccoli sub-fornitori – dichiara l’amministratore di Spencer Contract l’adeguatezza dei mezzi finanziari della nostra società ci ha consentito di aiutare i partner ed oggi veniamo ricambiati in termini di efficienza, qualità e

La concorrenza è tanta ma non è sempre diretta e spesso punta sulla quantità della produzione, ma la qualità è una caratteristica fondamentale e ci sarà sempre mercato per i prodotti di qualità. «Indubbiamente avvertiamo la presenza di aziende operanti a prezzi particolarmente competitivi – conferma Riccardo Pompili in genere aventi sede in aree est-europee ma generalmente impegnate in lavorazioni che non necessitano di particolari livelli qualitativi ed estetici,

Nuovi estrusi in alluminio impediscono errori di montaggio da parte degli operai, oltre a favorire un’assoluta precisione dei supporti d’arredo

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quindi non sempre in diretta concorrenza. Altre ditte nazionali o nord-europee che hanno accettato grandi volumi a prezzi irrisori non hanno retto il peso di bilanci negativi, assottigliando il numero delle aziende concorrenti, ma falcidiando nel contempo il settore dei sub-fornitori specializzati che hanno dovuto sopportare innumerevoli insolvenze». L’azienda ligure ha da poco ultimato i lavori a bordo della nave da crociera Royal Princess presso i cantieri navali di Fincantieri a Monfalcone. «L’appalto prevedeva la fornitura e l’allestimento degli arredi per i ponti esterni. Il varo si è svolto a giugno a Southampton. A questo evento ha partecipato anche la principessa inglese Catherine Middleton nelle vesti di madrina della nave». È difficile auspicare nell’immediato una forte ripresa della nautica sia a livello nazionale sia internazionale. «È vero, tuttavia registriamo ordini già acquisiti per circa 20 milioni di euro nel settore cruise presso cantieri italiani. Agli inizi di giugno abbiamo iniziato i lavori a bordo dei ponti esterni della Regal Princess, gemella della Royal, che verrà consegnata all’armatore a fine aprile del 2014. Oltre a questa importante commessa Spencer sarà protagonista anche su altre navi da crociera di importanza mondiale come Costa Crociere, Viking e P&O».



SICUREZZA SUL LAVORO

Nuove tutele per il lavoratore in mare La Maritime Labour Convention 2006 ha introdotto misure finalizzate al benessere dell’equipaggio a bordo delle navi. E una particolare attenzione al controllo della fatica e dello stress dei naviganti per professione. Il punto di Ermanno Fresia Lucrezia Gennari

o scorso agosto è entrata in vigore la Convezione Internazionale Mlc 2006 (Maritime Labour Convention) che rappresenta un’importante svolta per chi naviga di professione. «Nonostante esistano numerose convenzioni internazionali mirate alla tutela del lavoratore marittimo sino ad ora mancava uno strumento di concertazione delle stesse, tale da garantirne l’effettiva applicazione – afferma Ermanno Fresia, Ceo dell’agenzia marittima Freeship Srl –. Mlc, introducendo inoltre molte misure aggiuntive, si propone di garantire il benessere degli equipaggi a bordo». Ad esempio,

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per quanto riguarda il corretto pagamento degli stipendi, Mlc 2006 stabilisce stretti parametri sotto il Controllo degli Stati Firmatari nei loro Porti, indipendentemente dalla Bandiera della nave. In pratica è possibile svolgere un Psc (Port State Control) effettuato dalle Coast Guard o altro ente autorizzato, con la possibilità, in caso di gravi deficienze, di detenzione della nave sino all’effettiva risoluzione del problema». L’Italia, parte attiva durante i lavori di stesura della convenzione, in settembre ha finalmente approvato la ratifica di quest’ultima. Perché la Maritime Labour Convention 2006 è stata rati-

ficata dal nostro paese soltanto quest’anno? «L’Italia è da sempre all’avanguardia per ciò che concerne la normativa a protezione del lavoro marittimo, tuttavia ben conosciamo i tempi legati alla modifica di qualsivoglia legge o regolamento. Il combinato disposto delle L. 271/99 e 231/06 copre molti aspetti della convenzione, tuttavia, per poter pienamente applicare tali norme, per anni sono mancati alcuni decreti attuativi, rendendo di fatto impossibile l’immediata ratifica. Oltre a tali mancanze si sono sommati altri elementi che hanno provocato ritardi, non ultima l’instabilità governativa italiana».

Ermanno Fresia, Ceo dell’agenzia marittima Freeship Srl di Genova www.freeship.it


Ermanno Fresia

90% DEGLI INCIDENTI IN MARE SONO DOVUTI A ERRORE UMANO DERIVANTE DA DISATTENZIONE, NOIA, ANSIA, ANGOSCIA CAUSATE DA STRESS E FATICA

Una particolare attenzione in Mlc 2006 è riservata al corretto controllo della fatica degli equipaggi e il conseguente stress psicologico correlato. «Tali concetti sono applicati già da molti anni nell’industria e in altri settori, come ad esempio nelle compagnie aeree. Finalmente si è compreso che un ufficiale di guardia sul ponte di una nave sotto stress è la causa sicura di un incidente in mare, in quanto perde attenzione e capacità decisionale. Le conseguenze sono collisioni, incagli, esplosioni nei casi più gravi, o danni alla propria integrità fisica in quelli minori». Esistono delle statistiche che mostrano la stretta correlazione fra stress e fatica e incidenti marittimi? «Dai dati in possesso dei P&I Clubs e dei Lloyds di Londra si evidenzia come la stragrande maggioranza degli incidenti, collisioni, grounding, esplosioni siano dovuti a errore umano e

l’errore umano, scartata l’incompetenza, deriva da disattenzione, noia, monotonia, ansia, angoscia ecc. Queste spesso sono manifestazioni di fatica e stress dovute a una cattiva gestione del tempo a bordo, eccessivo carico di lavoro, pressioni dai superiori, ambiente lavorativo non adeguato e molti altri fattori». A questo proposito avete sviluppato una serie di strumenti di analisi dello stress legato al lavoro, di che cosa si tratta nello specifico? «In cooperazione con la psicologa Elena Giulia Montorsi e il suo team abbiamo sviluppato l’Opes (On Board Psychological Evaluation System), un sistema a basso impatto economico per poter analizzare e tenere sotto controllo lo stress da lavoro correlato (Wrs – Work Related Stress) e la fatica (Fatigue) a bordo delle navi mercantili. Gli studi preliminari che stiamo facendo por-

tano a supporre che il Wrs a bordo si sviluppi più rapidamente e con conseguenze peggiori sia in termini di salute umana che di perdite economiche per l’armatore, rispetto al Wrs che si sviluppa in azienda di terra. La fatica, inoltre, causa stress e lo stress aumenta la percezione della fatica. Da tali premesse nasce uno strumento, sotto forma di questionario, composto al momento da 159 domande da somministrare a ogni membro dell’equipaggio garantendo assoluta anonimità e il segreto professionale, al fine di ottenere risposte sincere. Il questionario si articola su macro elementi quali comunicazione, relazioni interpersonali, ambiente di lavoro, responsabilità sul lavoro, sintomi fisici e mentali, aspettative e, ultima ma non meno importante, la fatica, a sua volta, articolata su lavoro, qualità del sonno, ambiente, cibo, uso di sostanze stimolanti, noia e stress». 2013 • DOSSIER • 149




Made Expo: dall’export le fondamenta per la ripresa Positivo il bilancio dell’evento tenutosi a Milano, sempre più proiettato su uno scenario internazionale. Il plauso del presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero Aldo Mosca

a manifestazione ha confermato la volontà di ripartire degli imprenditori». Una dichiarazione di fiducia che lascia trapelare segnali di ottimismo per uno dei settori maggiormente strategici per l’economia italiana. Il messaggio di Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo, al termine dell’ultimo Made Expo di Milano, vuole accentuare positivamente la volontà del tessuto produttivo di tornare a crescere. Le conferme arrivano anzi-

«L

Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo

tutto dai numeri della manifestazione. Oltre 211mila visitatori e 1.432 espositori confermano Made Expo come una delle più importanti fiere europee dedicate al mondo delle costruzioni e delle finiture per interni. Soprattutto, sono significativi i feedback positivi da parte degli imprenditori che hanno scelto la piattaforma milanese per promuovere le proprie produzioni e creare nuovi contatti e accordi strategici internazionali. «Camminare fra gli stand e sentire dagli espositori che durante i quattro giorni di fiera


Roberto Snaidero

sono stati chiusi numerosi contratti è una grande soddisfazione – spiega Roberto Snaidero – È la dimostrazione che il lavoro svolto nei mesi precedenti per promuovere Made Expo come rassegna di eccellenza è stato positivo e ha dato frutti, soprattutto per quanto riguarda i contatti con gli operatori stranieri giunti in massa a Milano per conoscere le ultime novità del settore». Ed è proprio quello internazionale il fronte su cui la filiera sta giocando la partita più importante. È qui che Made Expo ha probabilmente dato il meglio di sé. Per quattro giorni la International Business Lounge è stata il cuore pulsante della manifestazione, il luogo dove le imprese hanno sviluppato contatti e importanti occasioni di business, con oltre 1.000 matching tra operatori provenienti da tutto il mondo. «Un successo straordinario – continua Snaidero – ma che non ci ha sorpresi. FederlegnoArredo e Made Expo hanno lavorato assiduamente per portare nel capoluogo lombardo i più importanti committenti internazionali con i quali sono state concluse importanti opportunità di business». La città meneghina si è trasformata, ancora una volta, nella più prestigiosa vetrina

Bonus Mobili: 10mila euro da sfruttare, ecco come C’

è tempo fino al 31 dicembre per sfruttare un’occasione unica. Saranno sufficienti piccoli lavori di ristrutturazione (cambiare una finestra, per esempio) per godere di un bonus di 10.000 euro. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un testo ufficiale (circolare 18 settembre 2013, n. 29) con una serie di chiarimenti riguardanti il Bonus Mobili 2013, che consente di detrarre il 50 per cento delle spese sostenute per l’acquisto di arredi fino a un tetto massimo di 10mila euro. L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la validità della richiesta di FederlegnoArredo di estendere il beneficio anche a interventi già conclusi prima dell’entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013). Rientrano nella categoria letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, includendo i materassi e gli apparecchi di illuminazione. Per accedere al Bonus Mobili è necessario un intervento edilizio, di vario tipo: manutenzione straordinaria ad esempio ristrutturazione del bagno, cambio delle finestre con modifica di materiale o tipologia, realizzazione di recinzioni, installazione di impianti fotovoltaici, restauro e risanamento conservativo (ad esempio l’adeguamento delle altezze del solaio), ristrutturazione edilizia sulle singole unità immobiliari, oltre a interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi. Danno accesso al bonus anche gli acquisti di immobili ristrutturati da imprese e cooperative. Se una giovane coppia compra un appartamento ristrutturato da una cooperativa, può usufruire del Bonus Mobili per le spese di arredamento. www.bonusmobili.it www.federlegno.it

globale per centinaia di imprese eccellenti, bandiere del miglior made in Italy. Un momento di grande visibilità oltre confine, che non deve però lasciare in disparte le esigenze del mercato interno, che non sta certamente vivendo un momento facile. Nel corso della manifesta-

zione vi sono stati oltre 200 appuntamenti di aggiornamento professionale (divisi tra eventi speciali, iniziative, workshop e convegni) che hanno toccato tutti gli aspetti più importanti del mondo delle costruzioni: dalle soluzioni architettoniche e urbanistiche green, con la presenza di ❯❯ 2013 • DOSSIER • 153


APPUNTAMENTI

Un evento sempre più globale P

er l’edizione 2013 di Made Expo è stato costituito un comitato per l’internazionalizzazione delle aziende espositrici, che ha approfondito la vocazione e lo sguardo ai mercati esteri. Alla Cina, il 5 ottobre, presso l’area International Business Lounge, è stato dedicato il seminario “Urbanizzazione in Cina”. Si è parlato delle opportunità e delle sfide poste dal progressivo e massiccio passaggio dalla campagna alla città che sta trasformando il Paese. E della necessità di garantire un’integrazione sostenibile tra paesaggio urbano e dimensione umana. L’attività di promozione internazionale è poi arricchita da un programma di road show: 27 iniziative organizzate in 18 Paesi per far conoscere le novità dell’edizione 2013 di Made Expo a general contractor, architetti, imprese di costruzione, istituzioni pubbliche e produttori di materiali.

❯❯ grandi progettisti internazio- parti dell’involucro e dell’in- Trasporti), Luigi Casero (vinali come Peter Fink e Alexis Tricoire; alle Smart Cities, fino agli approfondimenti sulle costruzioni multipiano in legno. Grande spazio è stato dedicato ai temi della sostenibilità e dell’efficienza energetica, declinati soprattutto nei com-

154 • DOSSIER • 2013

tegrazione degli impianti. Sono stati al centro di momenti di approfondimento anche il mondo dell’interior design e del contract. E ancora, la riqualificazione urbana, la tutela e manutenzione del territorio e delle infrastrutture, la sicurezza degli edifici e dei cantieri. Colpisce, in particolare, il desiderio di ripartire proprio da quella parte del settore che sta ancora vivendo momenti difficili e che necessita della vicinanza delle istituzioni per tornare a svolgere quel ruolo di motore dell’economia che ha sempre ricoperto. Messaggio recepito dalla politica che ha riconosciuto il valore della manifestazione e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Maurizio Lupi (ministro delle Infrastrutture e dei

ceministro dell’Economia e delle Finanze), Antonio Tajani (vicepresidente della Commissione europea). Significativa anche la presenza di Massimo Sessa, presidente del Consiglio Nazionale dei Lavori Pubblici, che ha partecipato al momento inaugurale e ha visitato molte aziende nei giorni di manifestazione. Presenze importanti, non una semplice passerella, che hanno rappresentato un momento positivo di confronto tra politica e imprese, confermando la volontà da di porre l’edilizia al centro delle politiche necessarie alla ripartenza del Paese. Il prossimo appuntamento con Made Expo è per il 2015: la manifestazione, infatti, diventa biennale e tornerà nell’anno del grande evento internazionale di Expo 2015.



APPUNTAMENTI

Il contract italiano fa scalo a Dubai Il 25 e 26 novembre un’opportunità immancabile dedicata al segmento alberghiero e hospitality. Per le imprese italiane che intendono presidiare i mercati di paesi Mena, India e Asia. Con il supporto dell’Ice Luca Càvera

ltre 7 miliardi di euro. Questo il volume d’affari per le aziende europee del settore edilizia e arredamento che operano nel contract a livello internazionale. Settore in pieno sviluppo, il contract è un nuovo modo di fare business. Questa nuova dimensione comporta un passaggio obbligato: l’evoluzione dalla semplice fornitura di prodotti all’offerta di servizi integrati.

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Veduta di grattacieli a Dubai. Nella città degli Emirati Arabi si svolgerà a novembre l’evento Projets Prestige, al quale l’Ice parteciperà con il progetto ContractItaliano www.ice.gov.it

Per migliorare la visibilità dei contractor italiani all’estero, l’Ice - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle aziende italiane - investe da oltre tre anni nel progetto ContractItaliano, che il 25 e 26 novembre farà tappa al Projets Prestige di Dubai. Dopo il successo di ItaliaLive nel Regno Unito e Arc Interiors negli Stati Uniti, la partecipazione al progetto ContractItaliano all’interno dell’evento ne-

gli Emirati Arabi è un’opportunità immancabile per le imprese italiane (dell’arredamento e complementi di arredo, illuminazione, pavimenti e rivestimenti, tessuti, rubinetteria, sanitario e arredo bagno, infissi interni) che intendono presidiare un mercato strategico come quello dei paesi Mena (Medio Oriente e Nord Africa), India e Asia. Projets Prestige è un business workshop in cui specifier, desi-


Projets Prestige

UN PROGETTO PER IL MADE IN ITALY gner e buyer con progetti contract in corso di realizzazione, incontrano le aziende del settore contract arredamento (prevalentemente nel segmento alberghiero e hospitality). Il programma prevede un’agenda personalizzata di incontri mirati a match-making, basati sulle esigenze delle aziende partecipanti e delle loro controparti. Un prezioso networking è garantito durante i momenti conviviali collaterali agli incontri d’affari. In questa due giorni si inserisce l’attività di ContractItaliano, che in soli tre anni ha coinvolto oltre 230 aziende nelle iniziative promozionali, evidenziando come i produttori italiani si attestino

Ice - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane - da sempre al fianco delle Pmi e del made in Italy con azioni promozionali in tutto il mondo, da oltre tre anni investe con successo risorse ed energie nel progetto ContractItaliano a supporto delle aziende attive nel mercato contract internazionale. L’agenzia organizza un programma mirato di iniziative promozionali in favore dei vari settori di eccellenza del made in Italy e attraverso una rete di 93 uffici in tutto il modo fornisce servizi di assistenza/consulenza e informazione sulle opportunità commerciali, sulle gare internazionali, su investimenti da e per l’Italia. Attraverso il progetto ContractItaliano, punto di riferimento per gli operatori del settore in Italia e all’estero, la promozione dell’offerta made in Italy avviene lungo due direttrici: un portale web in continua evoluzione e l’organizzazione di azioni promozionali, in Italia e all’estero, a sostegno delle aziende italiane che guardano alle opportunità crescenti nel mercato internazionale. www.contractitaliano.com

L’

su un segmento di fascia alta e luxury e siano attivi quasi esclusivamente nella fornitura e subfornitura, lasciando la gestione integrale dei tender internazionali alle grandi società di contract o a studi di architettura internazionali.

I partecipanti del business forum sulla fornitura d’arredo “Arc Interiors”, uno degli eventi di massimo livello organizzato dall’Ice

A supporto della visibilità delle imprese italiane, il progetto è anche online con un portale web. Strutturato come un veicolo di promozione, ospita 170 vetrine di aziende e professionisti italiani della filiera contract, con oltre 550 progetti in tutto il mondo, 2.200 operatori registrati e un volume di visitatori che sfiora i 50mila contatti. Inoltre, la piattaforma mette a disposizione dettagli su oltre 500 opportunità di business in tutto il mondo (gare internazionali, opportunità commerciali, finanziamenti internazionali, anteprime di grandi progetti) e collega un network di oltre mille professionisti attraverso i canali social Twitter e LinkedIn. 2013 • DOSSIER • 157


EDILIZIA

Il ruolo dello Stato nell’edilizia «C L’esperienza di Gerardo Nolè, che inquadra le responsabilità istituzionali, da una parte, e dall’altra indica le opportunità che il nuovo assetto del mercato offre. «Non sono i cambiamenti in sé che spaventano» Remo Monreale

La Someca Srl ha sede a Potenza www.somecasrl.com

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iò che manca è l’intervento delle Pa nella messa a norma degli edifici pubblici, intervento che oltre a dare un po' di ossigeno al settore, metterebbe in sicurezza il patrimonio edilizio statale». In un contesto di totale immobilità riguardo le nuove costruzioni, l’auspicio è che anche le istituzioni facciano la propria parte: è la riflessione di Gerardo Nolè, titolare della lucana Someca. Il suo è un punto di vista privilegiato: la sua ditta, infatti, è passata dall’attività di produzione a quella di commercializzazione di laterizi, legnami e prodotti siderurgici. Dunque lo sguardo di Nolè ab-

braccia gran parte del settore edile e ha chiaro anche lo sviluppo degli ultimi trent’anni: il mancato intervento di riqualificazioni sugli edifici pubblici, non è la sola critica che muove all’apparato statale. «Le regole del gioco, nello scenario che si prospetta – spiega Nolè –, non sono chiare: fino a quando lo Stato non darà il giusto supporto, con poche norme sicure e giustizia civile veloce, saremo costretti a mantenerci a galla. I cambiamenti in sé non spaventano, quello che crea imbarazzo è l'ambiguità delle regole e dei comportamenti poco corretti che sono consentiti, e qualche volta incoraggiati, da chi dovrebbe impedirli». Il quadro descritto dall’amministratore della Someca parte da un’esperienza che va oltre la semplice commercializzazione in ambito edile. «Negli anni abbiamo ampliato la gamma dei prodotti offerti alla clientela – ricorda Nolè –, puntando sempre di più su aziende fornitrici di primo livello e investendo nella formazione della propria forza vendita, per offrire alla clientela un servizio completo ed efficiente. Le nostre strategie commerciali, adesso, puntano soprattutto sulla consulenza dedicata alla ricerca delle migliori soluzioni costruttive secondo delle esigenze della clientela,


Gerardo Nolè

Le regole del gioco non sono chiare: lo Stato deve dare il giusto supporto, con poche norme sicure e giustizia civile veloce

potendo annoverare tra i fornitori tutti i leader del settore. Dunque, Non facciamo un puro servizio commerciale, ma offriamo una consulenza per soluzioni tecniche ed economiche». La caratteristica principale riscontrata nell’andamento dell’ultimo anno, è la polverizzazione delle vendite. «L’aumento del 25 per cento nell’emissione di documenti di trasporto – dice Nolè – parla chiaro: c’è una maggiore attenzione della clientela professionale nell’effettuare gli acquisiti. In più, i lavori interessano soprattutto la ristrutturazione e la riqualificazione, quindi c’è l’esigenza di molti materiali in piccole quantità. Il mercato attuale, infatti, si sta velocemente trasformando, da un mercato di pura compraven-

dita, a una fornitura di soluzioni articolate soprattutto per quanto riguarda la riqualificazione energetica e funzionale dei vecchi edifici». Per l’imprenditore lucano, con queste condizioni l’adesione a gruppi nazionali di settore costituisce un’occasione per tutti gli attori coinvolti. «Il settore già nei primi anni del 2000 – continua Nolè – aveva mostrato cambiamenti notevoli con l'ingresso della distribuzione edile di colossi stranieri. Il processo ha stimolato tutti noi a cercare l’aggregazione, in molte forme (dai gruppi di acquisto alle aggregazioni di servizi). I vantaggi sono nello scambio di esperienze, nella maggiore visibilità nel mondo della produzione, nella possibilità di economie di scala riguardo ai servizi,

nell’identificazione in un marchio che garantisca competenza». Ma se c’è un aspetto su cui, secondo Nolè, vale la pena di investire, è la formazione del personale. «In azienda abbiamo sempre dato grande importanza alla formazione dei nostri collaboratori. Ora, grazie alle sinergie che si creano con i partner commerciali e utilizzando i servizi messi a disposizione dal gruppo associativo, il personale è periodicamente impegnato in corsi di aggiornamento. Il nostro lavoro non ci permette figure particolarmente specializzate in un unico settore, perché le problematiche che si affrontano sono le più svariate (si va da problemi statici, ai termici a quelli del settore idraulico o delle rifiniture)». 2013 • DOSSIER • 169


Cucine italiane, il design è competitivo Lo stile e l’ecocompatibilità, la progettualità rigorosa e l’estro senza bavagli. Maurizio Sani analizza punto per punto i fattori determinanti nel mercato, per raggiungere il rapporto qualità/prezzo più vantaggioso Renato Ferretti

Maurizio Sani, presidente della Stosa Cucine Spa, con sede a Radicofani (SI) www.stosa.it

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Italia è famosa nel mondo per l’arte, la moda, la cucina, i paesaggi e il design, e noi imprenditori dobbiamo tenere alte queste bandiere». Il progetto industriale della Stosa Cucine si allinea a questo pensiero e le parole del presidente Maurizio Sani rivelano sia l’intento commerciale sia quello produttivo. Nella realizzazione di cucine, l’azienda di Radicofani, sulle colline della provincia di Siena, scommette sul design come vero punta di forza della produzione ita-

«L’


Maurizio Sani

30 mila

LE CUCINE PRODOTTE OGNI ANNO NEGLI STABILIMENTI DELLA STOSA E DISTRIBUITE IN PIÙ DI 1.000 PUNTI VENDITA NEL MONDO

liana, senza dimenticare l’aggressività dei paesi esteri: il rapporto qualità/prezzo dev’essere vantaggioso. «La nostra azienda – spiega Sani –, che progetta e realizza cucine 100 per cento made in Italy, unisce la tradizione della migliore produzione d’arredamento toscana all’innovazione di un design intelligente, competitivo ed ecosostenibile. Con cinquant’anni di storia oggi siamo una delle cinque più importanti realtà del settore in Italia, con 165 dipendenti, profitti e investimenti in continua crescita e un’esportazione di oltre il 20

per cento del fatturato. Il design firmato Stosa offre prodotti pensati, progettati e realizzati esclusivamente in Italia, a garanzia di arredi di qualità autenticamente italiana, certificata e testata nel nostro paese. Le collezioni Stosa Cucine propongono oltre trenta modelli e più di duecento finiture per ogni tipo di esigenza e di stile: dal classico al moderno, al contemporaneo di tendenza, con un design altamente funzionale, attento a estetica, praticità, solidità e tecnologia in ogni dettaglio strutturale e decorativo». Dunque i risultati recenti

della vostra attività sono più che positivi. «In realtà, il 2012 si è chiuso praticamente alla pari, rispetto all’anno precedente, mentre il primo semestre del 2013 ha visto una leggera flessione che da Luglio si sta fortunatamente recuperando: abbiamo messo in atto una nuova politica commerciale incentrata sul monomarca e una nuova strategia di marketing brand oriented. Inoltre stiamo investendo molto sull’export. Abbiamo aperto una filiale commerciale in Francia, il più ❯❯ 2013 • DOSSIER • 175


INTERNI

❯❯ grande mercato per le cucine in Europa, e abbiamo dei partner importanti in paesi asiatici, dove stiamo crescendo molto. Fino a un paio di anni fa la Grecia costituiva uno dei terreni più fertili, ma come sappiamo ha subito una crisi spaventosa e da allora puntiamo sul Medio Oriente e il Sud America. Quello con i migliori risultati, però, è la Russia, dove c’è una fortissima domanda di made in Italy. Parlando di export, poi, abbiamo iniziato a sviluppare modelli diversi. Ad esempio, la Dolcevita è un modello per un mercato arabo e russo, molto forte e caratterizzata da elementi in Swarovski e oro diciotto carati, che però sta avendo riscontro anche nell’Italia meridionale. Insomma ognuno ha il suo stile». Come vi approcciate, invece, al mercato nazionale? «Il mercato interno ha visto morire purtroppo diverse realtà del mobile, anche importanti. Il calo è stato del trenta per cento circa nell’ultimo anno, ma ora sembra ci sia un po’ di ripresa. Nel frattempo reagiamo provando a creare modelli sempre più “intelligenti”, con un ottimo rapporto qualità /prezzo, aumentando la qualità dei prodotti, supportando la rete con strumenti funzionali, investendo 176 • DOSSIER • 2013

in design e tecnologia oltre che sul brand». Qual è l’attuale tendenza in fatto di linee e concezione della cucina? «Sicuramente ci sono tendenze che accomunano il Furniture al Fahion, ma il nostro focus è anche sullo spazio funzionale, trovare soluzioni intelligenti per le case che sono sempre più piccole. Il nostro obiettivo è realizzare la qualità nel giusto spazio, sempre considerando la premessa di un design accessibile». Si parlava di design ecosostenibile: in che senso? «La nostra produzione è realizzata nel completo rispetto dell’ambiente, secondo i più

attuali criteri di eco-sostenibilità, con l’utilizzo esclusivo e certificato di materiali atossici, legno ottenuto da superfici boschive controllate e da materiale riciclato per ottenere pannelli di particelle di legno nobilitato classe E1, in linea con gli standard riconosciuti. Abbiamo un sistema di gestione della qualità basato sulle norme Uni En Iso 9001 2008 valide a livello internazionale, garantito da numerosi controlli interni ed esterni al gruppo, da organismi come Icila, Iqnet e Cisq. Ci impegniamo da sempre a creare un'offerta di prodotti che siano duraturi, riciclabili e a basso impatto ambientale. At-


Maurizio Sani

La produzione è realizzata secondo i più attuali criteri di eco-sostenibilità, con l’utilizzo esclusivo e certificato di materiali atossici

tenzione testimoniata anche dalla scelta di elettrodomestici dall'alto risparmio energetico in classe A, A+ e A++ grazie ad accordi con i principali brand del settore, per promuovere l'utilizzo di elettrodomestici che non contengano sostanze pericolose e altro materiale nocivo per la salute». In che modo vi siete impegnati riguardo al tema del risparmio energetico? «Nel 2011 abbiamo fatto un altro importante passo verso uno sviluppo industriale ecosostenibile, inaugurando un impianto fotovoltaico, esteso lungo l’intera superficie di 50 mila metri quadrati dello stabilimento di Radicofani, ca-

pace di sviluppare l’equivalente energetico che mediamente 2100 famiglie consumano all’anno. Questo impianto contribuirà, così, a evitare l’emissione di circa 7.080 tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. L’investimento permette di abbattere la produzione di rifiuti inquinanti, aiutando sensibilmente a migliorare la qualità dell'aria e dell'ambiente circostante, i materiali usati per la costruzione dei pannelli sono riciclabili e in fase di dismissione, per assicurare un maggiore recupero dei componenti impiegati, le varie parti dell'impianto verranno separate dai relativi elementi chimici. Quindi, possiamo dire di partecipare attivamente al raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto, trattato fondamentale contro il surriscaldamento del globo». Quale pensate sia l’aspetto più importante del vostro progetto? «Uno dei fattori che rende Stosa Cucine una realtà solida

e allo stesso tempo dinamica, in grado di rafforzare sempre più la propria capacità di costruire cucine di qualità, è la progettualità. L'azienda, infatti, è particolarmente attenta e ricettiva nei confronti delle tendenze di design più nuove e delle più moderne esigenze legate alla funzionalità e alla praticità. Tale propensione a progettare soluzioni sempre più efficaci è rivolta anche all'interno della realtà produttiva, traducendosi in importanti investimenti volti a garantire la massima efficienza: ultimo ambizioso progetto è quello della nuova sede, tecnologica e innovativa. Un quartier generale che risponde all'evolversi delle esigenze produttive e commerciali, includendo ad esempio anche un vasto spazio espositivo, ma che, allo stesso tempo, è stato ideato tenendo conto delle esigenze di chi lavora nell'azienda. Alla luce di ciò si è voluto un edificio luminoso, con spazi interni ariosi e con aree verdi esterne». 2013 • DOSSIER • 177


INTERNI

Arredamento, ritorno alla qualità Pierluigi Lombardi sulle nuove tendenze di un mercato storicamente importante per l’economia italiana. La grande industria del mobile torna a materiali migliori. Anche se «in realtà non si è mai smesso di fare buoni mobili» Remo Monreale

er anni si è parlato di scarsa qualità delle materie prime nel settore arredamento. I nomi della grande distribuzione hanno contribuito con un design più o meno accattivante, alla diffusione di mobili ecologicamente discutibili e con una longevità molto bassa. «In realtà non si è smesso del tutto di costruire mobili come si deve e ultimamente anche le grandi

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Nelle immagini, Pierluigi Lombardi, il laboratorio, l’esterno e le collaboratrici della Arpa Arredamenti di Montevarchi (AR) www.arpaarredamenti.com

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aziende stanno cercando di ritornare a materie prime più affidabili: per rendere il prodotto finale più rispettoso dell’ambiente e, poi, più duraturo». A parlare è Pierluigi Lombardi, titolare di Arpa Arredamenti, con sede a Montevarchi (AR). Ora il trend cui sembra voler adeguarsi anche la grande industria del mobile, dà ragione all’imprenditore aretino sulla scelta della qualità. «Il problema – continua Lombardi – è che la qualità della materia prima impone costi esorbitanti per i numeri delle grandi società. Per noi invece è tutto più facile, date le quantità con cui dobbiamo confrontarci». L’organizzazione della Arpa Arredamenti si configura come una sorta di ibrido tra showroom e falegnameria interna. «In questo modo – spiega Lombardi – offriamo un ventaglio di marchi che garantiscono alto design,

ma anche la possibilità di scegliere tra pezzi diversi. La falegnameria permette di accedere a servizi di massima personalizzazione, tanto che in molti casi è possibile realizzare pezzi di arredo (mobili, sedie, tavoli) su misura e su progetto. Questa filosofia ci ha portato a un servizio che va al di là di un semplice showroom e che ci ha permesso di affermarci sia in ambito residenziale, sia nel settore negozi, aziende, centri direzionali». Le richieste più frequenti riguardano appartamenti da ristrutturare. «Consigliamo la distribuzione degli ambienti – dice il titolare dell’Arpa –, la decorazione e naturalmente l’arredamento. La vera differenza, oltre all’esperienza quasi cinquantennale, è il nostro laboratorio, con il quale siamo in grado di realizzare qualsiasi mobile e in qualsiasi stile. L’affidabilità che ci ha contraddistinto finora ci permette di avere dei clienti affezionati: in un periodo di crisi come questo, dove il la-


Pierluigi Lombardi

voro è molto calato, rappresenta un aspetto molto importante». L’offerta di Lombardi non è legata a nessuno stile in particolare. «Stranamente – confessa Lombardi – sono incline al moderno, ma apprezzo anche il classico e l’antiquariato che si può perfettamente integrare con il contemporaneo. In ogni caso, però, per quanto ri-

guarda la produzione del nostro laboratorio i materiali sono sempre di standard elevati. Il truciolare, per esempio, è bandito: usiamo solo legno massiccio o pannelli in paniforte, ma sempre di pioppo massiccio listellare». Negli anni Lombardi ha creato un anello di collaboratori locali, cui accorda la massima fiducia. «Non potrebbero essere che vicini a

noi perché, ad esempio, per quanto riguarda il vetro o l’acciaio, dobbiamo seguirne l’esecuzione in ognuna delle fasi di lavoro. Fasi che devono integrarsi con il nostro progetto. Ho sempre curato personalmente la progettazione e gli esecutivi per i lavori su misura, insieme a designer vari che si sono succeduti in tutti questi anni. Attualmente lavoro in collaborazione con le designer Rosita Lombardi e Laura Lapi, inoltre con Annalisa Maddii che si occupa dei primi contatti e dell’amministrazione». 2013 • DOSSIER • 179


Il bagno? Prima di tutto un luogo di benessere Rendere il bagno un luogo piacevole per lo spirito e per il corpo. Unendo design e funzionalità. Gabriella Berti racconta il successo internazionale dell’impresa di famiglia, che ha portato all’incontro di artigianalità toscana e tecnologie moderne Luca Càvera

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na forte espansione iniziata negli anni Novanta, che ha portato oggi a consolidare il 90 per cento del fatturato in paesi come Russia, Ucraina, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, Azerbaijan, Armenia, Iran e Cina. E questo grazie a una politica costante di investimenti sui materiali, sui modelli e l’utilizzo di tecniche di lavorazione sempre più raffinate e creative per il settore del-

U

l’arredamento del bagno. La protagonista di questo successo è Lineatre, impresa toscana che nel 2012 ha realizzato un fatturato di 7 milioni di euro e registrato nel primo semestre 2013 un incremento del 5 per cento. «Alla luce di questo risultato, prevediamo di concludere l’anno con un fatturato di circa 7,5 milioni di euro». A farsi portavoce dell’azienda è Gabriella Berti, che insieme al fratello Stefano gestisce l’impresa


Gabriella Berti

Nel mobile, soprattutto nel classico, la vera tecnologia sta nella mente del designer che lo progetta

fondata dal padre Fernando e oggi amministratore unico. Al di là dell’ottimo risultato economico, avete dovuto affrontare delle difficoltà negli ultimi diciotto mesi? «Non ci sono state particolari criticità rispetto agli anni precedenti, se non il fatto che si è fatta più intensa l’emulazione dei nostri prodotti da parte dei nostri competitor. Tuttavia, nonostante questo rappresenti certamente un problema, è ancora la conferma del nostro successo e della nostra riconoscibilità sul mercato. E del resto, in alcuni mercati, soprattutto in Asia, l’aspetto principale nel settore

del lusso è quello di riuscirsi ad affermare come brand ancor prima che come design. Indubbiamente, poi, una criticità, ma anche questa di lungo corso, è quella di vincere una certa ritrosia a considerare il bagno come un luogo di lusso. Fatte salve queste considerazioni, pensiamo che il settore del bagno abbia ancora molto da dare, soprattutto in nicchie di mercato come la nostra, che sono in costante espansione». Avete registrato una differenza nelle performance fra i diversi mercati di riferimento? «I nostri mercati strategici sembrano aver retto bene il periodo

di crisi globale che abbiamo at- Sopra, Gabriella Berti della Lineatre Srl traversato. Con non poco im- di Poggibonsi (SI). pegno e molti investimenti In queste pagine, siamo anche riusciti a penetrare alcune delle proposte di arredobagno in nuovi mercati che potenzial- dell’azienda mente offrono vantaggi enormi www.lineatre.it a un prodotto made in Italy. Quindi oltre ai risultati già ottenuti, vediamo prospettive ampiamente positive anche per il futuro. E per questo, nel quadro di quella che sembra una ripresa economica generale, continueremo a investire in altri mercati: Brics, soprattutto India, e Medio Oriente, che sta già dando risultati incoraggianti». Quanta importanza ha per voi la scelta dei materiali nella costruzione di questo bagno come “luogo di lusso”? «La scelta dei materiali è funzionale al prodotto finito, sia come tecnologia sia come design. Dunque bisogna utilizzare sempre il miglior materiale sotto ogni aspetto per quel preciso scopo. Quindi legni pregiati, ma anche marmi, cristalli o vetri fatti a mano. Però l’aspetto essenziale è la finitura che si dà a questi materiali, la ❯❯ 2013 • DOSSIER • 181


INTERNI

áá vera differenza rispetto ai nostri sia in fatto di numero di arti- del designer che lo progetta e competitor sta lì. Per questo motivo, più che su tipologie specifiche di prodotti, noi puntiamo su una filosofia, che è quella di rendere tutto il bagno un luogo piacevole per lo spirito e per il corpo. Questo si traduce in un design unito alla funzionalità di tutti gli elementi che compongono un bagno: mobili, docce, vasche, sanitari, saune, hammam». Come riuscite a combinare la cura del dettaglio con i numeri che impone il mercato,

90%

QUOTA EXPORT SUL FATTURATO DI LINEATRE. NEI MERCATI DI RUSSIA, UCRAINA, POLONIA, ESTONIA, LETTONIA E LITUANIA, AZERBAIJAN, ARMENIA, IRAN E CINA

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coli prodotti sia di prezzi? «In Toscana abbiamo un grosso vantaggio: una tradizione artigianale di secoli che il mondo ci invidia. E pensiamo di aver trovato la giusta combinazione fra questa espressione del lavoro manuale e quella più moderna, fatta di macchine e tecnologia avanzata. Certe finiture del legno, come la foglia oro, o gli stessi decori dipinti a mano, non son realizzabili con la meccanizzazione. E del resto non si potrebbe prescindere dalla produzione meccanizzata dei semilavorati senza rischiare di trovarsi fuori dal mercato». A tal proposito, quanto è evidente l’uso di questa tecnologia nel risultato finale? «Il mobile, soprattutto il classico, ha un contenuto tecnologico relativo. La vera tecnologia, in questi casi, sta nella mente

dell’artigiano che lo realizza. Nella nostra gamma di prodotti però abbiamo anche articoli ad alto contenuto tecnologico, come le nuove saune e soprattutto gli hammam o bagni a vapore – ci inorgoglisce ricordare che sono state sviluppate interamente da noi la componentistica elettronica ed elettromeccanica. Non si tratta quindi di rinunciare alla meccanizzazione, ma di utilizzarla per far risaltare l’unicità della tradizione artigianale, che lascia molto più spazio alle creatività di quanto non possa fare una semplice macchina. Il cliente del prodotto di lusso vuole, anzi pretende, un prodotto che rispecchi queste caratteristiche di unicità tipicamente italiane e sempre più rare da trovare sul mercato». Le vostre collezioni sono molteplici, può citarne alcune nelle loro caratteristiche essenziali? «Una delle nuove collezioni arredobagno è Eureka. Estro, creatività e personalizzazione sono gli elementi che la caratterizzano, con Linee pure, materiali di alta qualità e accurate finiture che ne fanno un oggetto di lusso, ma allo stesso tempo comodo e funzionale. Molto più ricercata è Versailles, che rispetta lo stile, il tono e le scelte di un arredamento classico. Invece, ritroviamo una cornice barocca è una rivisita-


Gabriella Berti

Come nasce un bagno di lusso Azienda produttrice di mobili da bagno e relativi accessori, Lineatre si è imposta sul mercato per la ricercatezza dei suoi modelli, che combinano le esigenze di una produzione di classe con quelle funzionali. Particolare attenzione è stata data alla progettazione, all’esecuzione e alla parte commerciale: la progettazione è stata affidata allo studio Archiviodesign dei designer Turini e Pascale, i quali si sono sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda di Lineatre. Per alcune lavorazioni particolari, Lineatre si avvale dell’opera di alcune aziende artigiane della zona, che danno così alla sua produzione quel crisma di pregio altamente apprezzato. Per la parte commerciale oltre a una rete di agenti che ricopre l’intero territorio nazionale, l’azienda si avvale di due funzionari alle vendite, di cui uno per il mercato estero che, oltre al controllo e allo sviluppo delle vendite, hanno anche il compito di mantenere i contatti con la clientela e di sondare e recepire le esigenze del mercato.

zione dello stile art déco in Quadrò. Le composizioni sono esteticamente innovative, lussuose, eleganti, idonee a essere inserite in qualsiasi ambiente bagno ampio e spazioso. Il riferimento al Seicento veneziano si collega alle rivisitazioni neobarocche e neoclassiche della collezione Venice, ottenendo

uno stile che diviene simbolo di eleganza, in cui il neobarocco porta negli arredi un tocco di design fuso con arabeschi, dorature e motivi damascati». La vostra produzione di prodotti di lusso come si concilia con l’odierna necessità di uno sviluppo sostenibile? «Per far fronte alla globalizza-

zione dei mercati e per uniformarci alle gestioni aziendali internazionali, che giustamente richiedono un’impostazione ecofriendly, abbiamo da tempo ottenuto la certificazione Iso 9001 per il sistema di gestione della qualità nella progettazione e la produzione di articoli per il bagno. Questo ha richiesto uno sforzo generale nostro e dei nostri partner. Tutta la catena dei rifiuti solidi è stata rivista e aggiornata. Penso soprattutto al settore della galvanica che deve rispondere a precisi criteri di sicurezza e di ecologia nello smaltimento e riciclo dei rifiuti. Intendiamo perfezionare ancora di più questo aspetto non solo della produzione, bensì anche dell’uso dei nostri prodotti». 2013 • DOSSIER • 183




Tecnologie green Il termoidraulico, a dispetto della crisi e delle difficoltà peculiari del settore, sta proseguendo per la sua strada grazie, soprattutto, agli impianti a energie rinnovabili o ad alta efficienza energetica Lorenzo Brenna

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onostante il difficile periodo il settore termoidraulico sta mantenendo un buon andamento. Tra gli aspetti che concorrono maggiormente alla competitività delle imprese ci sono gli interventi relativi a impianti a energie rinnovabili o ad alta efficienza energetica. Sul fronte delle tecnologie installate le caldaie a condensazione sono gli articoli più richiesti, seguite dagli impianti solari-termici, dalle pompe di calore e dai sistemi di refrigerazione e condizionamento a risparmio energetico. Per alcune tecnologie il potenziale di crescita è ancora elevato, è il caso degli impianti a biomasse. Ci sono tuttavia dei problemi, la difficoltà di fare impresa nel nostro Paese, la crisi economica e le lungaggini burocratiche e ammini-

N

strative. Negli ultimi anni il mercato è cambiato, sia a livello normativo che per la sensibilità dei clienti. Ora si punta ad una maggiore sicurezza e alla tutela dell’ambiente. Abbiamo chiesto a Mauro Banelli, titolare della Banelli Impianti, quali sono le maggiori criticità del comparto. «Le criticità sono quelle che oggi accomunano tutte le imprese artigiane che sono nel nostro settore, ovvero l’edilizia che non si muove, la gente che ha paura ad investire, le banche che non finanziano più nessuno e un forte aumento della concorrenza». Banelli Impianti era inizialmente presente nel mercato per la realizzazione di impianti prevalentemente elettrici in ambito civile, per poi entrare negli anni Settanta e Ottanta nel settore termoidraulico. Le nuove tecnologie hanno mo-


Mauro Banelli

dificato il modo di lavorare, l’aggiornamento per i tecnici deve essere continuo e costante. «Negli ultimi anni spiega Mauro Banelli - abbiamo investito da un punto logistico, nel senso che abbiamo realizzato la nuova sede in un capannone di nostra proprietà di 900 metri quadrati. Altri investimenti sono stati fatti nella gestione delle commesse e della preventivazione in genere, rinnovando il gestionale e consentendo a tutto il personale di coordinare gli stessi in tempo reale per mezzo di tablet collegati in rete locale o da remoto. Questo per avere una visione capillare delle lavorazioni giornaliere». L’azienda toscana punta ad ampliare il proprio raggio d’azione, anche sul fronte internazionale. «Dopo l’esperienza fatta nel nord della Francia, realizzando due

ville di 1.600 metri quadrati ciascuna - dichiara il titolare della Banelli Impianti - riteniamo opportuno continuare a guardarci intorno oltre confine, in quanto esistono realtà che in Italia sono difficili da trovare. Crediamo molto nel proporre impianti evoluti, con applicazioni ad energie rinnovabili, gestioni domotiche dei sistemi e nell’impostazione degli impianti in modo da consentire una gestione remota». Come accennato, malgrado la recessione e la difficoltà di settori congiunti, l’andamento del mercato non ha subito grandi flessioni. «Per quel che riguarda lo scorso anno e il 2013 fino ad ora ci possiamo ritenere fortunati - conferma Mauro Banelli - sono cambiate in parte le tipologie delle lavorazioni in quanto l’edilizia residenziale è calata. Abbiamo

comunque acquisito commesse importanti nel settore alberghiero e industriale che ci hanno consentito di tamponare quella che ad oggi è da considerarsi una situazione grave generalizzata. In virtù di questo, anche il nostro fatturato non ha risentito troppo della crisi». Per il futuro Banelli Impianti mira a crescere e a occupare nuove nicchie di mercato. «Puntiamo molto nell’ottimizzazione dei tempi di lavoro - afferma il titolare - al fine di lavorare a costi più bassi e per ottimizzare e raggiungere il massimo della soddisfazione del cliente. Altro obiettivo che la ditta si propone, è quello di entrare nel mercato estero. Ci stiamo attivando per l’abilitazione abilitati alla certificazione degli impianti anche in territori non prettamente italiani».

La Banelli Impianti Srl ha sede a Camucia (AR) www.banelli-impianti.it

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RINNOVABILI

Portiamo l’energia dove manca Per far fronte alle difficoltà che oggi le rinnovabili devono affrontare si possono sviluppare nuovi prodotti in grado, ad esempio, di garantire energia pulita dove la rete non lo consentirebbe. Il punto di Luciano Brocchi Lorenzo Brenna

l fotovoltaico sta vivendo una fase di crisi a causa del crollo della domanda e del taglio agli incentivi statali. Anche nel settore delle rinnovabili la parola d’ordine è specializzazione. Il percorso dell’azienda aretina Bees, che ha fatto della specializzazione nel settore delle soluzioni energetiche il proprio punto di forza, ne è un chiaro esempio. «Il 2013 si presenta come un’annata inizialmente difficile – spiega il titolare Luciano Brocchi – per motivi che riguardano le difficoltà economiche a livello nazionale e internazionale». Bees ha constatato il rallentamento del settore e, in virtù di quelle che sono le difficoltà dei mercati, si è proposta in maniera diversa e ha allargato la clientela. «Abbiamo ampliato la gamma dei servizi offerti. Mentre prima comprendevano l’ammodernamento di impianti obsoleti e la manutenzione

I

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ordinaria e straordinaria di apparati elettrici, oggi il nostro obiettivo è quello di offrire soluzioni e prodotti su larga scala per il settore energetico MT/BT». L’azienda di Bibbiena è stata tra le prime a installare impianti “stand alone” o impianti in isola nel deserto. «Dal 2006 – racconta Luciano Brocchi – progettiamo impianti “stand alone” nei deserti mediorientali. Si tratta di una tecnologia fotovoltaica particolare che permette di alimentare utenze in aree non raggiunte dalla rete elettrica e in cui lo “stand alone” rappresenta un punto di riferimento per lavorare in autonomia. Abbiamo circa novanta installazioni fra Kuwait e Algeria». Lo scopo di questi sistemi è quello di creare piccole “oasi elettriche” che alimentano i sistemi di controllo di gasdotti e metanodotti. Questa applicazione ha riscosso successo quindi nel 2013 Bees

ha allargato il settore sviluppando un prodotto innovativo: Andromeda M31. «Ci siamo accorti che nel mondo, soprattutto nei paesi emergenti, c’è un interesse forte verso questo tipo di impianti. Attualmente nel panorama internazionale esistono intere aree geografiche dove la rete elettrica o è completamente assente o ha un forte deficit. In alcuni paesi, ad esempio, c’è tensione fino alle quattro del pomeriggio, dopodiché per tre o quattro ore la rete

Luciano Brocchi, titolare della Bees Srl di Bibbiena (AR) www.beesenergy.com


Luciano Brocchi

❝ nazionale non riesce a fornire energia. Il nostro nuovo prodotto, Andromeda M31, è stato creato con l’intento di sopperire a queste necessità». Si tratta di un progetto complesso, si parla di paesi che hanno specifiche di rete diverse da quelle europee e consumi diversi. «Andromeda M31 vuole rispondere alle esigenze di paesi con lacune energetiche, pensiamo ad esempio all’America Latina o all’Africa – afferma il titolare di Bees – con questo prodotto intendiamo rafforzare il mercato delle rinnovabili all’estero». Abbiamo chiesto a Luciano Brocchi di spiegarci semplicemente come funziona Andromeda. «L’M31 dal punto di vista interno ha un controllo talmente sofisticato

che sarà difficile replicare. Il sistema integra, tra le sue principali funzioni, sia la gestione dei sistemi di generazione tramite energie rinnovabili che l’accumulo delle energie prodotte. Ha quattro specifiche principali, la generazione di reti in isola, totalmente scollegate da qualsiasi rete elettrica, sia in unità singole che in parallelo per incrementare la potenza e la generazione elettrica in connessione ad una rete di distribuzione locale, sia con un solo M31 che in parallelo». Per fare un esempio un paese di diecimila abitanti può sopperire a qualche ora di carenza di energia inserendo nella rete alcuni Andromeda in parallelo. «Il sistema è sorretto da batterie – prosegue Luciano Brocchi -

Andromeda M31 vuole rispondere alle esigenze di paesi con lacune energetiche. Con questo prodotto intendiamo rafforzare il mercato delle rinnovabili all’estero

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anche le autonomie saranno pertanto pensate in base alle varie esigenze. Inoltre l’M31 quando viene configurato in più sistemi paralleli fornisce una rete conforme ai parametri Cei». Bees commercializzerà il prodotto entro la fine dell’anno, nel periodo di Natale e si rivolge sia ai privati che a nazioni con problemi di rete. «Abbiamo già avuto richieste da parte di distributori internazionali – dichiara il titolare - e al momento il nostro prodotto sarà distribuito dalla società commerciale PM Service Srl di Pontassieve». 2013 • DOSSIER • 193


Il futuro sarà intelligente Innovazione, efficienza energetica, trasporti a emissioni zero, istituzioni più trasparenti e vicine al cittadino. Sono questi i vettori con cui si delineano le caratteristiche della smart city, la città del futuro. Un nuovo luogo che non si vuole sostituire al vecchio, ma lo implementa e lo migliora. Le città italiane sembrano aver accolto con entusiasmo la sfida, che però si rivela non essere sempre facile. Una panoramica dello Stivale in un’ottica green, tra amministratori efficienti e qualche sorpresa Teresa Bellemo

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SMART CITIES

he una riduzione dei consumi e una migliore efficienza energetica sia ormai un obiettivo condiviso è cosa nota. Dal Protocollo di Kyoto al Programma europeo sul cambiamento del clima, il tema è di fatto nell’agenda della maggior parte dei paesi del mondo, Italia inclusa. Dove si è arrivati a una precisa roadmap che in meno di dieci anni punta ad avere città più efficienti, che consumino meno e che producano energia pulita a prezzi accessibili. A questi punti si aggiunge anche una maggiore attenzione nei confronti dei cittadini, in modo da rendere sempre più facile la vita e il rapporto con la pubblica amministrazione. Tutto questo risponde alla definizione di smart city, un obiettivo che l’Unione europea intende favorire, ad esempio stanziando 12 miliardi di euro da qui al 2020. Il progetto si chiama “Smart cities and communities initiative” e mette a punto strategie utili a migliorare l’impatto ambientale delle città dei paesi membri, tagliando in 8 anni il 40 per cento delle emissioni di CO2. Le tre direttrici principali degli interventi sono le reti elettriche, i trasporti e l’efficienza energetica nell’edilizia, con una notevole spinta verso la riconversione degli spazi urbani in un’ottica sostenibile. Pur registrando un ritardo rispetto alle principali città europee e mondiali, anche in Italia si cominciano a registrare i risultati delle innovazioni legate alle logiche smart. Da questo punto di vista, la società di consulenza Between ogni anno stila lo Smart city index, un ranking di tutte le città capoluogo che si basa su precise linee guida: quanto c’è di smart nelle città, indagini ad hoc e una vasta gamma di aree tematiche, dalle infrastrutture a banda larga ai servizi digitali, fino agli

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indicatori relativi allo sviluppo sostenibile delle città. Il report 2013 vede svettare Bologna, prima in classifica solo nell’area smart health, ma con un livello di innovazioni introdotto di molto superiori alla media delle altre città in quasi tutte le aree, salvo le risorse naturali. Il capoluogo emiliano è seguito da Milano, Roma, Reggio Emilia, Torino e Firenze. In generale, le città del nord occupano la parte alta della classifica, mentre quelle del sud figurano più in basso. Ma ci sono alcune eccezioni: Bari, Salerno, Potenza, Lecce e Cagliari compaiono tra le prime 40, mentre una dozzina di città del nord, tra cui Trieste, Novara e Alessandria si trovano dall’80esimo posto in giù. Inoltre, anche le città più piccole, come Cremona, Pavia, Siena e Potenza, hanno sviluppato caratteristiche smart. Ciò dimostra la grande sensibilità da parte di tutte le amministrazioni locali al tema della sostenibilità. Interessanti anche le cosiddette città del “riscatto smart”: con una bassa qualità della vita, ma con un grado di “smartness” al di sopra della media. Sono tutte città del Sud, il che dimostra che è possibile riscattarsi da una condizione socio-economica, infrastrutturale e culturale sfavorevole attraverso la smart city. Gli esempi più rappresentativi sono Bari e Salerno, ma anche Lecce e Potenza mostrano un dinamismo interessante.•

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Caterina Biti, assessore all’Ambiente del Comune di Firenze

Marco Lacarra, assessore ai Lavori pubblici del Comune di Bari

A CHE PUNTO SONO DUE CAPOLUOGHI ITALIANI NEL PERCORSO VERSO LA SMART CITY? QUALI PROGETTI LE AMMINISTRAZIONI DI FIRENZE E BARI HANNO MESSO SUL TAVOLO? NE PARLIAMO CON GLI ASSESSORI CATERINA BITI E MARCO LACARRA

SOTTO L’ASPETTO DELLA RIQUALIFICAZIONE URBANA ED ENERGETICA, COSA PREVEDE IL PIANO COMUNALE DAL PUNTO DI VISTA DI NUOVI EDIFICI E RISTRUTTURAZIONI A BASSO CONSUMO, DELLE ENERGIE ALTERNATIVE? CB «Il piano energetico ambientale è stato

ricompreso e aggiornato con il Piano d’azione per l’energia sostenibile, approvato nel 2011, insieme all’adesione al patto dei sindaci: con il Paes ci siamo impegnati a ridurre entro il 2020 almeno il 20 per cento delle emissioni di anidride carbonica. Una scommessa che si basa su una visione strategica della città, con un progetto che coinvolge la mobilità, la pianificazione del territorio, l’edilizia pubblica, i servizi, la comunicazione. Con riferimento specifico agli edifici, il piano strutturale prevede di premiare l’utilizzo di metodologie costruttive che portino alla riduzione dei consumi energetici, secondo principi che saranno definiti nel nuovo regolamento urbanistico, ora in fase di adozione».

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ML «I programmi comunali in ambito

energetico, primo tra tutti il Paes recentemente approvato, si pongono l’obiettivo di ridurre del 35 per cento le emissioni di CO2 entro il 2020. A tal fine sono state previste azioni per il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici privati e pubblici, in coerenza con il nuovo regolamento edilizio. E poi la promozione di tecniche di progettazione bioclimatica, l’uso di materiali costruttivi eco-compatibili e l’introduzione di premialità per l’attuazione delle migliori pratiche». •


SMART CITIES

SMART CITY, CITTÀ INTELLIGENTE. IN COSA SPICCA LA CITTÀ? CATERINA BITI «Firenze è una città sempre più smart, per noi utilizzare l’innovazione tecnologica al servizio dei cittadini è una priorità. Solo qualche esempio: siamo il primo Comune open data in Italia e l’unico ad avere il rating governativo “5 stelle” per qualità e usabilità delle informazioni; abbiamo 140 aree coperte dal wifi, con 500 access point e 2 ore di navigazione gratis; abbiamo servizi online per il Suap, le pratiche urbanistiche e ambientali; abbiamo bilanci e fatture online in formato aperto; diamo la possibilità di pagare online i nostri servizi. Ma smart è anche “green and sustainable” e il nostro Piano strutturale, a volumi zero, è senz’altro un elemento di spicco; il primo in Italia che dice stop a nuove edificazioni e recupera l’esistente».

MARCO LACARRA «Bari, città pioniera con Torino e Genova, è ai primi posti nelle classifiche sulle smart cities perché ha potenziato la capacità di reperire finanziamenti grazie all’intensa attività di programmazione che racchiude tutte le pianificazioni di settore in un’unica idea di sviluppo, declinata nel piano strategico dell’area metropolitana di Bari. L’approccio smart di Bari si basa su un modello di governance in cui tutti gli attori concorrono al raggiungimento degli obiettivi. La novità è rappresentata dalla misurazione del lavoro dell’amministrazione: un sistema di indicatori valuta efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e l’impatto sul territorio tramite rilevatori innovativi, che si focalizzano più sulle persone, i loro bisogni e le loro aspirazioni, meno sulla componente tecnologica. È il primo tentativo del genere in Italia». •

UN’IMPORTANTE VOCE DELLA SOSTENIBILITÀ DI UNA CITTÀ È LA MOBILITÀ. COSA HA FATTO IL VOSTRO COMUNE PER RENDERLA PIÙ GREEN E PIÙ VICINA AL CITTADINO? ML «Il traffico rappresenta una delle prin-

cipali fonti di emissione di CO2 e costituisce un elemento determinante per la qualità della vita dei cittadini. La città di Bari ha CB «Firenze ha da poco ospitato i mondiali di puntato, in tal senso, sull’estensione della ciclismo: un evento straordinario che tra l’altro rete di piste ciclabili e del servizio di bike ci ha dimostrato che una mobilità alternativa è sharing, prima inesistenti. Inoltre, abbiamo possibile. La riscoperta della bicicletta da parte potenziato il park&ride nell’ottica del prodei fiorentini ci sprona a proseguire sulla strada gressivo incremento dell’intermodalità nel della mobilità alternativa: piste ciclabili (ne abtrasporto, come la metropolitana che collega biamo già 87 km), la nuova centrale di supervi- il centro all’aeroporto. Abbiamo anche inausione del traffico, l’aumento delle aree pedonali gurato il pagamento dei servizi urbani e (uno dei primi interventi di Renzi fu proprio pe- della sosta tramite smartphone e dato il via a donalizzare piazza Duomo), lo sviluppo del sisistemi intelligenti di infomobilità, che gastema tramviario. Incentiviamo poi la mobilità rantiscono coinvolgimento e informazione elettrica a partire dallo stesso comune, che sta so- dei cittadini per un uso intelligente del sistituendo il parco veicoli con mezzi elettrici» stema urbano dei trasporti». •

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SMART CITIES

QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFICOLTÀ CHE AVETE INCONTRATO NEL PERCORSO VERSO UNA CITTÀ PIÙ SMART?

CB «Paradossalmente, non sempre è facile

far comprendere ai cittadini che spesso è meglio cambiare le proprie abitudini, per avere concreti vantaggi nella vita di ogni giorno. Ma siamo sulla buona strada». ML «Una città agile deve prevedere il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati in progetti di utilità collettiva, data la progressiva riduzione delle risorse pubbliche. La legislazione attuale però non sempre favorisce lo stabilirsi di relazioni proficue tra pubblico e privato. La partecipazione di soggetti diversi (università, imprese, enti pubblici) nell’associazione Bari Smart city potrà abilitare iniziative congiunte. Una spinta ulteriore all’attuazione di progetti innovativi si potrà avere quando i comuni diventeranno veri organismi di gestione di programmi comunitari in ambito smart». •

SMART CITY VUOL DIRE ANCHE TRASPARENZA, MINOR BUROCRAZIA, ITC. SU QUALI PROGETTI VI STATE CONCENTRANDO DI PIÙ E QUALI I PROSSIMI OBIETTIVI? CB «Come dicevo, abbiamo già intrapreso

con decisione questa strada e il nostro obiettivo è completare il percorso che rende immediatamente disponibili su piattaforme di facile accesso tutte le informazioni, i servizi utili e i pagamenti. L’idea che piattaforme di integrazione e soluzioni Itc risolvano i problemi urbani è alla base di tutti i sistemi a cui stiamo lavorando, come dimostrano gli oltre 500 dataset opendata, i certificati anagrafici online, l’acquisto con sms del biglietto dell’autobus, lo sportello unico per le attività produttive e tutti gli altri servizi online».

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ML «I principi di trasparenza, efficacia e soste-

nibilità dovranno essere attuati nel settore pubblico come già avviene nel privato, ponendo obiettivi misurabili ed effettuando la misurazione delle prestazioni dell’Amministrazione. Il successo dell’applicazione di un tale modello richiede partecipazione estesa della cittadinanza, che potrà avvalersi di idonee piattaforme Itc. Noi abbiamo innanzitutto “liberato” i dati con l’open data, che consente di pubblicare dati di ogni tipo riutilizzabili da altre applicazioni. E poi siamo impegnati in progetti di dematerializzazione e informatizzazione delle pratiche in ambito edilizio, tributario e demografico». •



ATMOSFERA E AMBIENTE

Fare impresa contro l’inquinamento La crescita industriale dei paesi emergenti rappresenta una grande opportunità per sviluppare il trattamento degli inquinanti atmosferici. Alessandro Dallasta presenta la strategia fair trade per lo sviluppo sostenibile Marco Valerio Messala

na crescita del 50 per cento. Questo il numero più rappresentativo del 2012 per Area Genovese, realtà industriale specializzata nella progettazione di impianti per il trattamento degli inquinanti atmosferici e dei relativi componenti. «Ritengo che non fosse realisticamente possibile ottenere risultati migliori – afferma Alessandro Dallasta, fondatore della società. È peraltro chiaro che, in un momento diverso da questo, il nostro fatturato sarebbe cresciuto ancora di più. Infatti, a causa della situazione economica globale, molte iniziative che riguardavano progetti industriali di investimento non sono andati a buon fine. È inoltre ovvio che oggi acquisiamo ordini che non consentono ampi margini di guadagno. Tuttavia, nel corso del 2013 abbiamo confermato il trend e soprattutto acquisito nuovi clienti di diversi settori industriali e con un orizzonte mondiale». Nonostante l’estero per Area sia ancora un mercato indiretto, al quale accedere tramite i partner impiantisti, è certamente il target principale. «Al momento la domanda di impianti industriali è molto più forte all’estero che in Italia, in particolare nei paesi emergenti, come quelli dell’Europa dell’Est, l’India e il Brasile. Per questo il nostro obiettivo strategico è di ampio respiro. I

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Alessandro Dallasta

+50%

CRESCITA 2012 DEL FATTURATO DELLA AREA GENOVESE. CHE HA MANTENUTO IL TREND ANCHE NEL CORSO DEL 2013 CON L’ACQUISIZIONE DI NUOVI PARTNER

paesi di maggiore interesse sono quelli dell’area mediterranea e dell’Africa, dove intendiamo creare una rete di sedi collegate. L’approccio è quello del fair trade, ovvero l’appoggio alla nascita e alla crescita di aziende sorelle radicate in quelle nazioni che si avviano verso lo sviluppo tecnologico ed economico. I giovani ingegneri e diplomati provenienti da questi paesi verranno formati presso la nostra sede centrale, in maniera tale che siano in grado di dare vita a un’attività analoga nel loro paese d’origine, con il costante appoggio da Genova – oggi un ingegnere proveniente dal Camerun si trova nella nostra sede, mentre una missione ha posto le basi per l’inizio di una collaborazione in Egitto». Tornando agli affari interni, un’opportunità di business, per Area, è venuta dalla situazione attuale dell’Ilva di Taranto. «Ilva per noi, al momento, è un cliente indiretto, nel senso che forniamo progettazione per

aziende che installano impianti presso l’Ilva. La sua crisi ha avuto un duplice aspetto: da una parte alcuni progetti di nuovi impianti si sono fermati, dall’altra la nuova autorizzazione integrata ambientale emessa dal ministero dell’Ambiente per l’Ilva impone la realizzazione di nuovi impianti contro l’inquinamento atmosferico, che è il nostro campo di attività. Dunque stiamo supportando nella progettazione alcune aziende che partecipano alla gara per la realizzazione degli impianti». Fra i progetti più interessanti realizzati negli ultimi anni Dallasta annovera quelli che insieme trattano la riduzione delle emissioni atmosferiche inquinanti e il risparmio energetico. «Sono casi in cui si realizza finalmente una convergenza di interessi: quello ambientale e quello dell’impresa. Uno dei problemi maggiori degli impianti ecologici è sempre stato il fatto che questi rappresentano

una spesa improduttiva per le aziende e quindi tendono a essere trascurati. Se però l’impianto ecologico genera un risparmio sui costi energetici, o addirittura un guadagno attraverso gli incentivi statali, le cose cambiano. Nei fumi industriali rilasciati in atmosfera è contenuta una grande quantità di calore che utilizzando diverse tecnologie si può minimizzare, ottimizzando il processo produttivo, oppure può essere recuperata e riutilizzata tal quale all’interno dello stabilimento a fini produttivi o di climatizzazione. Cicli termodinamici innovativi consentono anche il suo sfruttamento per produrre energia elettrica».

L’impresa di progettazione Area Genovese ha sede a Genova www.areagenovese.it

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CONTRAFFAZIONE

La manifattura che sporca il marchio Italia La qualità delle nostre produzioni deve guardarsi ogni giorno dalla minaccia della contraffazione che, oltre a penalizzare la nostra economia, disorienta i consumatori. Sempre più scettici rispetto alla sicurezza dei beni che acquistano Giacomo Govoni

l giorno che il rispetto della legge diventerà un optional, il mercato italiano della contraffazione potrà brandire con orgoglio lo scettro di settore anticiclico per eccellenza. Ma fino a quando alterare prodotti, falsificare marchi e commercializzare merce in violazione delle norme costituirà reato, allora sarà bene parlare di anti-economia. La più deleteria per il sistema produttivo nazionale, sia in termini di fatturato sottratto a chi opera in regime di legalità, sia sul piano della tutela della qualità italiana, riconosciuta e stimata in tutto il mondo. Un’industria del falso che, stando ai conti resi noti nelle scorse settimane da Indicam, istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione, in Italia realizza performance da record. Tra i 3,7 e i 7,5 miliardi il giro d’affari relativo al 2012 stimato nel nostro Paese, che si colloca al primo posto in Europa per l’acquisto di prodotti contraffatti e al quinto nella classifica mondiale per produzione. Senza contare la leadership continentale anche a livello di consumo di beni falsificati.

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GUERRA AI FALSI ALIMENTARI

Sebbene dal punto di vista merceologico siano l’abbigliamento e gli accessori i beni made in Italy maggiormente esposti a false riproduzioni, il settore agroalimentare è comunque tra i più vulnerabili rispetto al pericolo della contraffazione. Un fenomeno che pesa sulla se204 • DOSSIER • 2013

conda manifattura italiana per 1,1 miliardi di euro, come emerge dall’ultima stima effettuata dalla Commissione agricoltura della Camera. «Un problema serio per il sistema agroalimentare nazionale – rileva il presidente della Commissione, Luca Sani – soprattutto se sommato a quello più subdolo dell’italian sounding, non perseguibile penalmente, che raggiunge addirittura lo stratosferico volume di 60 miliardi». Un fronte, quest’ultimo, su cui lo stesso ministro Nunzia De Girolamo ha annunciato di voler combattere fin dai primi giorni del suo mandato. Impegno rinnovato anche in occasione della presentazione dei risultati ottenuti nel 2013 dal programma di


Un mercato in crescita

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L’indebito uso di marchi a denominazione danneggia in primis i consumatori, che fanno affidamento sulla qualità dei prodotti

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COSMETICA NEL MIRINO DELLA CONTRAFFAZIONE

controlli straordinari del Mipaaf, avviato in collaborazione l’ispettorato interno, l’Icqrf e i Nac dei Carabinieri. «Con le 600mila etichette irregolari scoperte e le 77 tonnellate di prodotti sequestrati – ha sottolineato il ministro – salgono a 2 milioni le componenti di packaging ingannevoli scoperte dall’inizio del 2013. Molte infrazioni e frodi riguardano l’indebito uso di marchi a denominazione, con un forte danno per i consumatori (che fanno affidamento sulla qualità dei prodotti) e per i produttori di autentiche eccellenze (che ovviamente subiscono una concorrenza sleale)». E in effetti, che l’escalation di episodi di alterazione e falsificazione alimentare innalzi la soglia di diffidenza dei consumatori italiani è qualcosa più di un timore. A confermarlo è una recente analisi di Coldiretti, che mette in risalto come ben il 71 per cento delle famiglie italiane nutra dubbi sulla salubrità alimentare dei prodotti che acquista. A sollevare i maggiori allarmi sono le carni, le farine e gli ortofrutticoli, che non a caso coincidono con le tipologie più colpite dalle frodi secondo i carabinieri del Nas.

È uno dei settori che nel quinquennio 20082012 ha conosciuto l’incremento più rilevante della dimensione media di sequestri, vale a dire il rapporto tra numeri di pezzi e numero di sequestri. A rivelarlo sono i dati raccolti dal sistema Iperico, database anticontraffazione gestito dalla Direzione generale per la lotta alla contraffazione, che tratteggia i contorni di un fenomeno che anche le associazioni di categoria stimano in crescita. «Le nostre ricerche – osserva Vincenzo Maglione, presidente di Cosmetica ItaliaUnipro – mettono in luce che nei consumatori manca la consapevolezza dei danni che un cosmetico falso può arrecare». Una negligenza preoccupante, se si pensa che per quantità di falsi la categoria dei cosmetici ha raggiunto il terzo posto assoluto, abbracciando anche saponi e detergenti. Il core business della falsificazione nel ramo cosmetico resta in ogni caso quello dell’alta profumeria e dei dentifrici, che negli ultimi tempi ha raggiunto livelli di eccellenza nella capacità di copiare confezioni e marchi, omologandoli nell’aspetto agli originali. Ma l’allarme numero uno è ancora una volta legato ai risvolti sulla salute. Come dimostrano i 600mila articoli sprovvisti del contrassegno CE sequestrati alcune settimane fa nel Barese, i cosmetici di provenienza sconosciuta vengono per lo più fabbricati senza garanzie in termini di qualità e sicurezza e rivelano spesso la presenza di sostanze vietate, di impurità tra cui metalli pesanti, e di un’elevata carica batterica. 2013 • DOSSIER • 205


CONTRAFFAZIONE

Svuotare le sacche d’illegalità Falsi made in Italy, articoli contraffatti e prodotti pericolosi per la salute. Sono gli obiettivi nel mirino della Gdf, che anche nel Meridione intensifica i controlli soprattutto nella rete telematica. Lo spiega Domenico Achille Giacomo Govoni

iù di 30mila articoli fabbricati da cinesi e rivenduti nel comparto dell’estetica come prodotti nazionali. È uno degli ultimi maxi-sequestri di merce contraffatta andato in scena al Sud, per l’esattezza in Puglia. A smascherare la frode è stato il reparto locale della Guarda di finanza che, grazie al buon esito dell’operazione, ha sventato un potenziale commercio illecito di circa mezzo milione di euro. «Come dimostra il crescente numero di frodi accertate – spiega Domenico Achille, comandante interregionale dell’Italia meridionale delle Fiamme Gialle – nella cosiddetta “filiera del falso” spiccano i casi di commercializzazione di prodotti pericolosi per la salute, come quelli cosmetici e alimentari». Qual è il bilancio degli interventi nel Mezzogiorno compiuti dalla Gdf? «La nostra azione di contrasto alla contraffazione, ma anche alla pirateria, al traffico di falsi made in Italy e di prodotti pericolosi per la salute, vede impegnate le unità operative sul territorio di competenza, che comprende Campania, Puglia, Basilicata e Molise. In particolare, nel contrasto alla contraffazione in questi primi nove mesi del 2013, i vari Comandi hanno conseguito importanti risultati: 1.857 interventi; 2.041 soggetti denunciati, di cui 29 in stato di arresto; 10 milioni circa i prodotti sequestrati; ben 58 gli immobili utilizzati per la produzione, il deposito o la vendita di prodotti contraffatti, per un valore di oltre 4 milioni di euro». Cibo e prodotti di bellezza sono tra le merci più falsificate. Quali le forme di illecito più

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diffuse in questo campo? «La Gdf è particolarmente attenta al fenomeno dell’italian sounding, che interessa quei generi alimentari prodotti e venduti utilizzando in maniera impropria parole, immagini, marchi e ricette che richiamano il nostro Paese. La prima direttrice di contrasto a questi illeciti è costituita dagli accertamenti: il presidio degli spazi doganali, il controllo economico del territorio e l’attività investigativa in senso stretto. La seconda si esplica nel crescente coordinamento tra reparti del Corpo e autorità di controllo della sicurezza dei prodotti alimentari. In tale contesto, appare determinante la tracciabilità dei prodotti attraverso l’etichettatura, che esalta il valore del prodotto e conferisce al consumatore la percezione che è importante certificarne l’origine. Peraltro, è noto che in Italia la filiera agroalimentare è talvolta molto lunga e ciò non aiuta le autorità di controllo». In quali aree della circoscrizione del Sud, il fenomeno della contraffazione alimentare si sta manifestando in misura più significativa? «Prendiamo ad esempio due prodotti con denominazione d’origine protetta e molto apprezzati nel mondo: la mozzarella di bufala prodotta nelle province di Caserta e Salerno e il pomodoro san Marzano coltivato nell’agro nocerino-sarnese. Generi che rappresentano un elemento di punta dell’export italiano. Un caso eclatante è l’operazione di servizio portata a termine poco tempo fa dalla compagnia di Scafati, conclusa con la denuncia di 20 soggetti ritenuti responsabili, tra gli altri, dei reati di


Domenico Achille

Domenico Achille, comandante interregionale dell’Italia meridionale della Guardia di finanza

La prima direttrice di contrasto all’italian sounding è costituita dagli accertamenti, a cominciare dal presidio degli spazi doganali

frode in commercio e utilizzo di contrassegni di stato falsi, e il sequestro di circa 4mila tonnellate di conserve di pomodoro e 100mila confezioni di altri prodotti alimentari, anche scaduti». L’industria del falso penetra e dilaga anche nel web. Come si svolge la vostra attività di contrasto questo fronte? «La rete di Internet, ove sempre più si annidano interessi e ingerenze della criminalità organizzata, ha aperto nuovi canali per la distribuzione di prodotti contraffatti. Su questo fronte, la Gdf ha dotato tutti i reparti di avanzate tecnologie informatiche che consentono un monitoraggio continuo dei siti di commercio elettronico e di aste online. A ciò si aggiunge la collaborazione del Corpo con i gestori degli stessi siti web, con i quali, nel rispetto della privacy degli utenti, avviene un intenso scambio di informazioni. I nostri mo-

duli di intervento nella rete telematica puntano quindi a verificare l’esistenza di sacche di illegalità; intercettare i flussi finanziari sospetti; verificare la posizione fiscale dei soggetti investigati per l’eventuale tassazione di proventi illeciti». In quali proporzioni tale fenomeno investe anche il Mezzogiorno? «Nelle aree di nostra competenza, segnalo l’operazione condotta dai finanzieri di Agropoli, coordinati dalla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania. Operazione conclusa con il sequestro di 5 siti web illegali con circa 300mila utenti iscritti, 550mila accessi mensili e oltre 31mila opere coperte da copyright illecitamente poste in condivisione. Un ulteriore impulso all’attività di contrasto potrà arrivare dall’operatività del “sistema informativo anticontraffazione”, in via di rilascio da parte dell’organo di vertice». 2013 • DOSSIER • 207


CONTRAFFAZIONE

Quando la sicurezza alimentare fa notizia

Consumare un alimento creato e distribuito in violazione delle norme igienico-sanitarie è un rischio per la salute. Una corretta informazione aiuta a «maturare la consapevolezza che le frodi esistono». Ne parla Francesco Brancati Giacomo Govoni

ra gli effetti negativi connessi al fenomeno della contraffazione alimentare, rientrano le minacce e i possibili danni alla salute pubblica. Per questo, nella catena di soggetti che si impegnano a vario titolo a tutelarla, un ruolo centrale è ricoperto dagli organi di informazione che, com’è noto, influenzano in misura significativa le scelte dei consumatori. Un aspetto che non sfugge ai giornalisti e divulgatori dell’Unione nazionale medico scientifica d’informazione, attiva da oltre 50 anni nella diffusione dell’educazione sanitaria. «I giornalisti dell’Unamsi – spiega il presidente Francesco Brancati – si occupano di informazione in tema di sanità, salute e ricerca biomedica. Le fonti del giornalista medicoscientifico sono autorità sanitarie, medici, ri-

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cercatori e studi pubblicati». Perché una corretta informazione sui temi relativi alla salute alimentare può rappresentare un argine contro il dilagare di prodotti contraffatti? «Perché è proprio l’informazione, se corretta e completa, a far crescere e maturare la coscienza critica nel cittadino. Da un lato, l’informazione del cronista che riferisce sulle operazioni di polizia contro le sofisticazioni; dall’altro, quella del giornalista specializzato che interroga l’esperto per trasferire al lettore le possibili conseguenze di una frode alimentare sulla sua salute. Certo, se un’etichetta è falsificata è molto difficile accorgersene, allora bisogna rendere meno probabile la frode». In che modo? «Facendo acquisti presso negozianti di fiducia o scegliendo le grandi catene di distribuzione, quelle che sottopongono a controllo fornitori e merci, che non venderebbero un prodotto contraffatto perché non è loro interesse farlo. Questo comportamento nasce dalla consapevolezza che le frodi esistono e possono far male alla salute. Consapevolezza che solo una corretta informazione può dare». La vostra associazione s’impegna a creare un ponte fra addetti alla comunicazione e operatori medico-scientifici.


Francesco Brancati

Francesco Brancati, presidente dell’Unione nazionale medico scientifica d’informazione

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Il tema della sicurezza alimentare è troppo importante perché se ne parli solo in cronaca nera

Come giudica l’attuale intesa fra questi due mondi? «Quanto più autorevole è la fonte, tanto più le sue notizie saranno vere e utili al lettore. Per questo, non può non esserci un ponte con medici e ricercatori. Il problema è, semmai, avvicinare l’esperto giusto cui porre le giuste domande relative al tema trattato. E una volta ottenute, riuscire a tradurre concetti difficili in termini comprensibili da tutti. Fra il mondo della comunicazione e quello degli operatori medico-scientifici c’è reciproca intesa. Proprio perché il giornalista, pur preparato, non può fare informazione in prima persona, ma deve sempre riferire, in modo corretto e completo, notizie apprese dalle sue fonti». Attraverso quali azioni si può perfezionare, in chiave di sicurezza alimentare per il consumatore? «Il tema della sicurezza alimentare non è fra i più trattati sui media. In genere le notizie su questo tema sono legate alla cronaca: la mozzarella blu, la passata di pomodoro cinese, la carne agli estrogeni, l’operazione dei carabinieri che sequestra e arresta. Qui la notizia va sempre in pagina, così come il commento dell’esperto in scienze alimentari. Ma il tema è troppo importante perché se ne parli solo in cronaca nera». Del resto, il giornalista ha bisogno di una notizia. «Lo capisco bene. Ma in un’epoca in cui lo

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spazio dedicato dai quotidiani e dalle trasmissioni televisive alla gastronomia la fanno da padrone, mi domando: perché le aziende che producono alimenti sani non cercano di promuovere convegni, non convocano conferenze stampa per spiegare quali accorgimenti prendono per evitare problemi da cattiva alimentazione e insegnare al consumatore a essere più accorto?». Tra le cause di morte e patologie gravi ci sono anche le cosiddette malattie non comunicabili, al centro di una vostra recente iniziativa. Quali hanno a che fare col consumo di alimenti di bassa qualità - spesso contraffatti- e come prevenirle? «Le malattie non comunicabili sono quelle non trasmesse da un’infezione: patologie cardiovascolari, diabete, obesità, ipertensione, malattie renali. È stato calcolato che tutte insieme causano l’80% delle morti e il 70% delle invalidità. I giornalisti dell’Unamsi hanno raccolto l’appello lanciato dall’Onu ai governi del mondo affinché sostengano programmi di prevenzione di queste malattie. E hanno distribuito nelle farmacie di Roma e Milano l’opuscolo “Salva la vita con stile”, realizzato assieme a 5 esperti italiani, ciascuno specialista di una o più malattie non trasmissibili, per spiegare ai lettori come fare prevenzione. Basta mangiare in modo più sano, anche sul piano della qualità dei cibi, eliminare il fumo, usare meno l’auto. Dalla nostra, in Italia abbiamo la dieta mediterranea riconosciuta in tutto il mondo come elisir di salute».

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FARMACI

Il bisogno di salute dei cittadini «La farmaceutica necessita di risorse per poter offrire un servizio adeguato e mi auguro che i nuovi responsabili della politica lucana si rendano conto dell’importanza del settore». Il punto del presidente di Federfarma Basilicata, Franco Caiazza Renata Gualtieri

u 131 Comuni, in Basilicata ce ne sono 27 al di sotto dei mille abitanti e 62 che ne contano meno di duemila, ma in tutti i Comune c’è almeno una farmacia: dall’esiguità del numero di abitanti se ne deduce, nella crisi economica generale, un problema di sopravvivenza per le farmacie. «Il servizio farmaceutico commenta Caiazza - è l’unico servizio sanitario disponibile che risponde in loco alle domande di salute del cittadino. Aggravano la situazione le condizioni geomorfologiche del territorio e l’assenza di una rete di trasporti pubblici adeguata. Anche l’utilizzo dei sistemi informatici è condizionato dall’assenza di una rete efficiente; ciò nonostante le farmacie forniscono il servizio di prenotazione Cup e si accingono a partire con il sistema di ricetta elettronica». Come giudica il rapporto tra farmacie, aziende farmaceutiche e associazioni del settore e in cosa andrebbe migliorato? «Non proprio ottimale: proprio negli ultimi tempi nonostante l’impegno dei farmacisti, vengono a mancare farmaci importanti, per il fenomeno del parallel trading. Il problema colpisce in misura maggiore le piccole farmacie e, di conseguenza, i cittadini che a esse si rapportano. Non è possibile che per interessi economici di pochi si neghi la possibilità ai cittadini di poter disporre di tutti i farmaci in commercio anche nel paese più sperduto. Andrebbe chiarito il discorso di filiera e incrementato il rapporto tra organizzazioni professionali e associazioni dei malati per avere un’unica direzione di marcia».

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85 mln RISORSE SPESE PER LA FARMACEUTICA CONVENZIONATA NEL 2012, A FRONTE DI UNO STANZIAMENTO DI OLTRE 99 MILIONI DI EURO

Quanto le farmacie soffrono la concorrenza di parafarmacie e Gdo e come possono mantenere la leadership nel mercato e adeguarsi nuove esigenze del cittadino? «Nel momento in cui si tenta di far passare il farmaco come bene di consumo, e non come necessità per la cura e il benessere della persona, è chiaro che ci si rapporta al mercato. È un errore enorme di valutazione quello di ridurre le capacità d’investimento delle farmacie per demagogiche politiche di apertura del sistema: persino in ambito europeo ci si è resi conto che la farmacia ha bisogno di risorse per poter offrire un servizio adeguato e non di drenare soldi per fare false politiche antitrust. È evidente che anche la farmacia deve adeguarsi a dinamiche differenti di approccio al cittadino: non dev’essere più solo il


Franco Caiazza

luogo per la dispensazione professionale del farmaco ma il luogo più prossimale dove avere risposte sui bisogni di salute». A quanto ammonta la spesa farmaceutica in Basilicata? «Nel 2012 quella convenzionata non ha superato l’8,5 per cento del Fsr, alla quale va aggiunta la spesa dei farmaci in distribuzione diretta e in Dpc, ma resta ben al di sotto dell’13,35 per cento previsto dalla legge. Per la farmaceutica convenzionata, a fronte di uno stanziamento di oltre 99 milioni di euro, sono stati spesi circa 85 milioni, togliendo alle farmacie per dare altrove». Qual è il contributo delle farmacie della regione e dei cittadini al contenimento della spesa? E quanto è diffuso l’uso dei far-

maci generici? «Dall’ottobre 2011 è in vigore un ticket sulle prestazioni farmaceutiche, che incide per circa il 15 per cento sul totale della spesa farmaceutica, pur non essendo la Basilicata tra le regioni inserite nel piano di rientro. Le farmacie contribuiscono al contenimento della spesa per oltre il 6 per cento di sconto e con un decremento di fatturato, tra il 2008 e il 2012, di oltre il 25 per cento, mentre la spesa per la farmaceutica ospedaliera cresce a dismisura. In una regione come la nostra, con una popolazione distribuita tra monti e valli spesso molto distanti dai centri ospedalieri, è una negazione del diritto alla salute del cittadino. Il generico stenta a decollare per ataviche convinzioni di non sicurezza e per scorrette informazioni». Quali sono le sue previsioni per il futuro del settore in regione e gli interventi previsti? «Mi auguro che i nuovi componenti della giunta e del consiglio regionale riescano a essere attenti ai bisogni sanitari della popolazione e alle difficoltà, non solo economiche, a cui è sottoposto il sistema farmaceutico lucano: il rischio di perdere alcuni presidi è reale se non si interrompe il trend. Federfarma Basilicata ha da molto tempo proposto progetti tendenti alla attuazione della pharmaceutical-care e dell’assistenza domiciliare farmacologica per un’adeguata compliance all’uso del farmaco; utilizzare al meglio la rete delle farmacie e le professionalità che vi operano, per essere centro polivalente d’informazione e di servizi per i cittadini. Ma se il settore viene “derubato” di risorse per altre situazioni non chiare e trasparenti tutto ciò non sarà possibile. Le risorse risparmiate vanno reinvestite nel settore». 2013 • DOSSIER • 219


RIABILITAZIONE

I progressi della riabilitazione egli ultimi anni, la ricerca e lo sviluppo tecnologico hanno mosso grandi passi nell’ambito della riabilitazione. Con questo nome, in realtà, si definisce un’area sanitaria piuttosto vasta che va dalla riabilitazione ortopedica alla neurologica, dalla cardiologica, alla polmonare ecc.: ognuna di queste specialità richiede competenze e attrezzature diverse. Per un centro di riabilitazione, dunque, è previsto un impegno considerevole per seguire il progresso relativo alle varie discipline. Ne parla Massimiliana Terzi, Presidente della Servizi Medici Hesperia, centro medico polivalente con sede a Bordighera, una delle zone vocate a questo tipo di cure fin dal 1800 per le sue caratteristiche climatiche e naturalistiche. «Il nostro territorio – dice Terzi – ancora oggi si colloca tra le aree privilegiate per affezioni respiratorie, anche di natura allergica, e per soggiorni riabilitativi, particolarmente per le persone anziane. La nostra mission è di recuperare, mantenere e aumentare il livello di salute e di qualità di vita. L’équipe riabilitativa tratta tutte le problematiche di natura traumatologica, ortopedica, reumatologica, posturale, neurologica ecc. in un contesto bio-psicosociale per una presa in carico globale del paziente affetto da patologie sia acute che croniche». Riguardo quest’ultima branca, quali sono le difficoltà maggiori che dovete affrontare?

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Massimiliana Terzi, presidente dei Servizi Medici Hesperia, con sede a Bordighera (IM) www.servizimedici.com

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Massimiliana Terzi fa una panoramica nel campo della medicina fisica, tra avanzamenti tecnologici e tagli alla sanità pubblica, il via libera al turismo sanitario voluto da Bruxelles e la ricerca continua di un’offerta riabilitativa d’eccellenza Remo Monreale

«Sicuramente quelle di pazienti affetti da emiplegie, sclerosi multipla o dal Morbo di Parkinson: sono casi molto delicati che richiedono conoscenze e attrezzature di prim’ordine. Forse è uno dei motivi per cui siamo tra i pochi centri convenzionati nel ponente ligure. Inoltre, offriamo un supporto ai familiari di questi pazienti, perché, come è ovvio, sono colpiti anche loro indirettamente dai problemi dei loro cari». Nello specifico, in cosa consiste l’impegno del vostro centro per seguire il progresso della ricerca? «Innanzitutto l’approccio multidisciplinare disponibile per i casi di particolare complessità clinica e la formazione continua dei professionisti laureati in fisioterapia. Inoltre, la presenza di attrezzature avanzate quali la Tecar, Pronexibus radiofrequenza, Laser, onde d’urto, pedana stabilometrica Aequabilitas, la medicina complementare con Artrophyto e la terapia termale Moor di Neydharting». Ad esempio? «La Tecar e il Laser sono gli strumenti rivelatisi più utili. La radiofrequenza e la luce polarizzata hanno una elettiva applicazione per contrastare l’edema, l’infiammazione e il dolore. Ambedue, pur con diverse modalità, hanno azioni di stimolazione del metabolismo cellulare e quindi


Massimiliana Terzi

La Tecar e il Laser sono gli strumenti rivelatisi più utili per contrastare l’edema, l’infiammazione e il dolore

accelerano i processi di riparazione dei tessuti. La novità sta proprio nell’effetto combinato delle due terapie sull’edema e sul dolore, che riduce i tempi degli interventi riabilitativi. In un intervallo che può oscillare dai dodici ai ventiquattro mesi, ci sono degli aggiornamenti, delle macchine e dei loro programmi computerizzati, che richiedono, quindi, un investimento continuo da parte nostra». Come avete deciso di affrontare la crisi che sta attraversando il mondo sanitario a livello nazionale?

«I tagli alla sanità pubblica si sono riflessi anche su di noi riducendo il budget assegnatoci per il convenzionamento dell’anno in corso. Ciò che intendiamo fare è affrontare la crisi senza perdere di vista la qualità, mantenendo tariffe socialmente sostenibili». Quali sono le vostre prospettive nell’immediato futuro? «La direttiva del Parlamento Europeo, entrata in vigore il 1 ottobre 2013, favorisce la mobilità sanitaria, soprattutto nelle zone frontaliere. Servizi Medici Hesperia ha iniziato un iter di miglioramento della strategia di attrazione rafforzando le connessioni tra la nostra struttura sanitaria e i vari attori che giocano un ruolo nella creazione e mantenimento del benessere del cittadino. In questo contesto, importantissimo è il ruolo delle strutture alberghiere, dei complessi dedicati al benessere nell’ aerea di competenza. Per vincere la sfida l’arma vincente è quindi la qualità e l’eccellenza dell’offerta». 2013 • DOSSIER • 221


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