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OSSIER MARCHE L’INTERVENTO..........................................11 Giancarlo Innocenzi Botti Edoardo Pollastri Adriano Federici Guido Carella

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................18 Claudio Schiavoni POLITICA ECONOMICA .....................24 Antonio Tajani Ferruccio Dardanello Alessandro Barberis Maurizio Di Genova Nando Ottavi Gian Mario Spacca L’INIZIATIVA..........................................40 Irene Pivetti RITRATTI.................................................44 Giorgio Napolitano

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ECONOMIA E FINANZA ASSET STRATEGICI ...........................50 Luciano Brandoni Roberto Dal Mas Emidio Andreani Enrico Bracalente AGROALIMENTARE .............................61 Filippo Ferrua Magliani Mario Guidi Giovanni Manzotti IMPRESA E SVILUPPO .....................70 FederlegnoArredo IMPRESA E FORMAZIONE ...............74 Giuliano Calza INTERNAZIONALIZZAZIONE ...........78 Sandro Rossi Lorenzo Biagini Roberto Lorenzoni

EXPORT...................................................90 Sergio Fiatti Stefano Muzi Francesco Manari Marcello Vallasciani Fabio Calcabrini e Claudio Principi INNOVAZIONE.....................................102 Cesare Prosperi MODELLI D’IMPRESA ......................106 Carlo Pigliapoco Fabio Mandolesi Corrado Baldelli Alessandro Vissani Augusto Ferretti Alfonso Alfonsi TECNOLOGIE ........................................118 Mario Mancini Virgilio Gara David Zucconi


Sommario COMUNICAZIONE ..............................124 Ilaria Bruzzechesse

EDILIZIA ................................................150 Elisa Lorenzetti

DIRITTO D’IMPRESA ........................129 Raimondo Rinaldi Riccardo Bovino Paolo Daviddi Patrizio Messina

INTERNI .................................................152 Fernando Garofoli Benito Montanari TURISMO...............................................156 Renzo Iorio Luciano Pompili

TERRITORIO MOBILITÀ..............................................142 Giorgio Fanesi TRASPORTI..........................................144 Giovanna Castellani LOGISTICA............................................146 Silvio Baldassarri

AMBIENTE RISORSE IDRICHE.............................160 Enzo Zagaglia POLITICHE ENERGETICHE ............162 Claudio Brunacci RINNOVABILI.......................................164 Renato Ciarrocchi e Roberto Troiani

GIUSTIZIA LEGALITÀ..............................................168 Giovanni Mainolfi

SANITÀ TRAPIANTI............................................172 Alessandro Nanni Costa Francesca De Pace FISIOTERAPIA .....................................178 Antonio Rota OTORINOLARINGOIATRIA..............180 Luciano Paolucci ODONTOIATRIA..................................182 Alessandro Paolucci Francesco Mancinelli Adriano Guidi CHIRURGIA ESTETICA.....................188 Alberto Di Giuseppe

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L’INTERVENTO

Rilanciare il sistema produttivo di Adriano Federici, presidente di Unioncamere Marche ue imprese chiuse ogni ora, consumi e Pil crollati del 4,2 per cento e del 2,2 per cento, con 27 marchigiani che ogni giorno hanno visto scomparire il loro posto di lavoro. Il 2012 per le Marche è stato un anno nero, con dati molto più negativi degli anni precedenti. E poi gli investimenti, che non soltanto non decollano, ma sono sempre più in fase decrescente. In particolare per le imprese con meno di 20 addetti, c’è da registrare un calo degli investimenti complessivi nel 2012 del 38,1 per cento, del 35,4 per quelli in immobilizzazioni materiali e dell’8,2 per quelli in macchinari e impianti. Purtroppo nelle Marche è sempre più alto il numero dei fallimenti. Soltanto nei primi tre mesi del 2013, 136 imprenditori hanno portato i libri in tribunale, arrendendosi alla crisi. Nel 2012 erano stati 438 e l’anno precedente 398. Edilizia, commercio, ristorazione, autotrasporto e abbigliamento i settori più colpiti. Sono le vittime di una crisi che non vuole finire.

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In forte aumento anche le sofferenze bancarie delle imprese che sono passate da 3,1 a 3,5 miliardi di euro (+13,6%), mentre il tasso di insolvenza è salito all’11,2 per cento. Inoltre, tra il 2011 e il 2012, secondo il Rapporto nazionale sull’accesso al credito di Unioncamere, si è verificata nelle Marche una flessione dell’erogazione di credito bancario alle imprese del 3,5 per cento, rispetto a un dato nazionale del 2,5. Come uscire dalla crisi e da una stretta creditizia pesantissima? Bisogna innanzitutto individuare le cause del credit crunch. Banche, società regionale di garanzia, consorzi fidi e imprese devono mettersi attorno a un tavolo, individuare le criticità ed eliminarle. Gli istituti di credito debbono tornare a sostenere le imprese sul territorio, supportate da una gestione ottimale dei Fondi di garanzia nazionale e regionale e del Fondo europeo per gli investimenti (Fei). Attendere ancora non è più possibile perché le imprese debbono essere messe nelle condizioni di tornare a investire sull’innovazione, sulla ricerca, sull’in-

ternazionalizzazione, anche utilizzando la leva della defiscalizzazione. Così come occorre investire sui giovani per favorire, da un lato, l’inserimento di nuova forza lavoro e, dall’altro, la nascita di nuovi imprenditori in grado di immettere nel sistema produttivo marchigiano idee moderne e innovative per rilanciare il nostro comparto manifatturiero che, negli ultimi cinque anni, ha perso 4.181 imprese, passando da 27.761 a 23.580 aziende iscritte agli Albi camerali, mentre gli occupati nel settore sono diminuiti di 25.222 unità. Per invertire la rotta, è indispensabile anche una ripresa degli investimenti pubblici, sopratutto per le infrastrutture immateriali. Il sistema camerale marchigiano auspica in modo particolare una capillare diffusione della banda ultra larga nel territorio regionale: se si vuole affrontare la competizione globale non ci si può accontentare del doppino in rame, ma occorre puntare decisamente alla diffusione della comunicazione in fibra ottica. La cultura marchigiana del lavoro e dell’impresa può dare ancora prova della sua capacità di superare le difficoltà. MARCHE 2013 • DOSSIER • 15



L’INTERVENTO

Un incentivo alla managerialità di Guido Carella, presidente Manageritalia

ggi per fare l’impresa servono anche i manager. Non a caso nei giorni scorsi questo assunto è stato fatto proprio anche dal Ministero del Lavoro, che ha proposto attraverso Italia Lavoro, il suo braccio operativo, un finanziamento, quasi 10milioni di euro attinti dal Fondo Sociale Europeo, per favorire innovazione e competitività delle imprese inserendo dirigenti e quadri disoccupati. Una misura fortemente voluta da Manageritalia e Federmanager, le due organizzazioni che rappresentano i dirigenti del settore privato del terziario e dell’industria, che può contribuire a cambiare in meglio la cultura produttiva del nostro Paese. In pratica da oggi e sino alla fine del 2014, le imprese che inseriranno manager, dirigenti o quadri disoccupati, potranno fruire di un incentivo che può arrivare a 28mila euro, a seconda del contratto applicato (contratto da dirigente, ma anche a progetto), delle caratteristiche del manager e dell’azienda. Dunque massima flessibilità e, direi, nessuna scusa, neppure di carattere economico, perché la sinergia tra imprenditori e manager non diventi sempre più realtà. Un vantaggio reale e tangibile per le imprese che possono così aumentare la loro managerialità e competitività. Ma anche per tanti bravi manager disoccupati, che hanno così un aiuto nella ricerca di ricollocazione. E soprattutto per il sistema economico, che ha l’opportunità di crescere e creare occupazione e benessere per tutti. Anche perché, in Italia, le imprese a proprietà familiare sono più dell’80 per cento del totale. E nel 70 per cento dei casi hanno management composto solo da membri della famiglia stessa, contro meno del 30 per cento di quelle francesi e tedesche. Alle imprese e agli imprenditori non resta altro che passare all’azione e, sfruttando questi incentivi, inserire manager in azienda. Manager che grazie a Managerattivo – il servizio di politiche attive nato dal

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Contratto di lavoro dei dirigenti del terziario e affidato da Manageritalia e Confcommercio al Centro Formazione Management del Terziario (CFMT) – si possono trovare pronti a entrare in azienda, forti di una certificazione delle loro competenze e di un percorso di formazione e consulenza che li prepara al meglio per tornare in azione. Un servizio con il quale già da tempo aiutiamo i manager in fase di ricollocazione anche facendoli incontrare con Pmi e imprenditori vogliosi di reagire alla crisi grazie all’aiuto di professionisti della gestione aziendale. Insomma, negli ultimi anni, agendo a livello contrattuale e sviluppando appositi servizi, abbiamo predisposto tutto quanto serve affinché il matrimonio tra imprenditori e manager si compia e sia duraturo e produttivo. A questo punto, grazie anche agli incentivi, sulla base delle competenze e delle esperienze manageriali di cui l’azienda ha bisogno, basta cercare i manager (anche nelle banche dati come quella di Manageritalia). Basta volerlo, crederci e farlo, è così che si riparte. MARCHE 2013 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

LA PARTITA DELLA RIPRESA SI VINCE INSIEME Se la crisi diventa strutturale serve cambiare gioco in fretta, in modo da calare sul tavolo nuovi assi che mettano in rete conoscenze e capacità. Ne è convinto Claudio Schiavoni, nuovo presidente di Confindustria Ancona Teresa Bellemo

ome spesso accade, il micro riproduce in scala ciò che si verifica a livello macro. E così le Marche offrono un esempio molto esauriente delle difficoltà economiche che sta affrontando l’intera economia nazionale. Le grandi industrie sono in difficoltà e per razionalizzare mostrano il conto degli esuberi. La domanda interna si contrae e per molti imprenditori l’unica via che rimane è l’export. Le piccole aziende travolte dalla competizione globale devono adattarsi troppo velocemente per quelli che sono i tempi della burocrazia e per quelle che sono le garanzie richieste dalle banche. Claudio Schiavoni, nuovo presidente di Confindustria Ancona e già amministratore delegato di Imesa, azienda di costruzioni elettromeccaniche votata all’export, conosce la situazione, per questo nel suo discorso d’insediamento ha

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chiarito subito che la prima delle due parole chiave del suo mandato sarà “insieme”. Un richiamo alla civiltà costruita sulle collettività, una via maestra per risolvere i grandi problemi, ma anche una nuova consapevolezza: per uscire dalla crisi vincenti è necessario restare uniti, non disperdere le forze e lavorare sulle eccellenze, ognuno con il proprio ruolo e con i propri compiti. La seconda parola è “cambiamento”. «Il rilancio non può passare né dal fare impresa con l’approccio di dieci anni fa e nemmeno con quello di due anni fa. Questo è il momento delle grandi sfide, a cui nessuno degli imprenditori del nostro territorio deve e può sottrarsi». Schiavoni, insomma, sembra avere le idee chiare: a cambiare per primi devono essere gli imprenditori, da sempre vocati alla modernità e all’innovazione, promotori del cambiamento che vor-

remo vedere anche negli altri. Ha scommesso sul termine “insieme”. Spesso per risollevare la produttività delle pmi si nomina la rete, i network d’impresa. Crede che su questo fronte si sia parlato troppo e agito poco? «Insieme nella mia visione significa mettersi in rete, superando le diffidenze culturali verso le aggregazioni, viste a volte non come uno strumento per essere più competitivi ma come una perdita di autonomia. Non è così e Confindustria Ancona sta lavorando da tempo su questo tema. Già nel 2011 ha creato un servizio che aiuta i nostri associati a sviluppare progetti di aggregazione, promuovendo soprattutto l’utilizzo dello strumento giuridico del contratto di rete. Questo strumento consente di mettersi insieme su progetti specifici con precisi obiettivi economici e industriali, mantenendo però ciascuno la propria autonomia. Que-


Xxxxxxx ClaudioXxxxxxxxxxx Schiavoni

Claudio Schiavoni, nuovo presidente di Confindustria Ancona

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IN COPERTINA

sta è la strada giusta per le piccole corre lavorare insieme. Che senso riuscire a realizzare iniziative a soaziende, perché consente di affrontare più efficacemente i processi di internazionalizzazione e di innovazione industriale, oltre ad assicurarsi più competitività nei mercati nazionali». Proviene da un’azienda che commercia molto con l’estero. Quali possono essere le modalità per incentivare questa componente, dato che la domanda interna è sempre più ferma? «Oggi le aziende italiane non possono vivere di solo mercato interno. Se Imesa fosse ancora - in termini di mercato - quella di dieci anni fa, molto probabilmente non sarei qui a parlarle da presidente degli industriali. Noi esportiamo il 70 per cento dei nostri prodotti e siamo in fondo un’azienda di piccole dimensioni, se comparata con gli altri Paesi. Per approcciare i mercati esteri serve innanzitutto conoscerne leggi ed esigenze e serve un’attenta pianificazione anche finanziaria. Serve una vera e propria programmazione delle attività da realizzare, rispettando poi tempi e metodi nella loro implementazione». Le Marche sono una regione da sempre votata all’export. Cosa potrebbero fare le istituzioni su questo fronte? «Gli aiuti pubblici possono essere un’opportunità in più, ma oggi non sono la sola via da perseguire: fare rete, presentarsi in network, trovare nelle banche italiane che hanno sedi all’estero alleati e compagni di avventura, questo conta. Non voglio essere ripetitivo, ma soprattutto su un tema strategico come l’internazionalizzazione oc20 • DOSSIER • MARCHE 2013

ha avere cinque diverse sedi territoriali di Confindustria, delle Camere di commercio, altrettanti tavoli associativi di categorie e altre sigle associative? Per questo il sistema Confindustria ha attivato un tavolo unico per la programmazione dell’internazionalizzazione con tutte le 5 territoriali, in sinergia con Confindustria regionale. Nella mia squadra, inoltre, il consigliere delegato all’internazionalizzazione avrà come primo obiettivo quello di mettere a sistema le risorse che Markexport, MarkeT, Camera di commercio e Confindustria Marche mettono a disposizione per i progetti di internazionalizzazione. Cercheremo di lavorare in sinergia, evitando costose e inutili sovrapposizioni, per

stegno delle pmi della provincia». Rimanendo sulla sua provenienza professionale, Imesa è un’azienda che investe molto in tecnologia e innovazione. Quali saranno i punti cardine del suo mandato a questo proposito? «L’innovazione è uno dei punti chiave del mio programma di lavoro e anche Confindustria Ancona ci sta lavorando da tempo. Due le linee direttrici: innovazione in chiave industriale, quindi prodotto e processi industriali uniti a r&d, e in chiave associativa, cioè strumentazione gestionale e di comunicazione. Il consigliere delegato all’innovazione si dedicherà anche ai rapporti con l’università e i centri di ricerca, oltre ai provvedimenti comunitari, nazionali e re-


Xxxxxxx ClaudioXxxxxxxxxxx Schiavoni

I mercati esteri necessitano di una programmazione delle attività, rispettando poi tempi e metodi nella loro implementazione

gionali a sostegno delle pmi. È positivo che non si parta da zero: l’esperienza “San”, un progetto dedicato all'innovazione con il contributo di Vito Di Bari, è un patrimonio da cui ripartire, ampliando il numero dei partecipanti e proseguendo a stimolare nei singoli imprenditori il cambio necessario di paradigma. Sappiamo che l’innovazione è considerata come una delle vie maestre per uscire dalla crisi: siamo però convinti che sia necessario uscire dagli schemi del passato e trovare modi nuovi di approcciare i problemi». Da un recente rapporto di Con-

findustria Ancona emerge la scarsa soddisfazione degli imprenditori nei confronti degli istituti bancari. Dato che questi ultimi sono fondamentali per finanziare l’innovazione, quali sono le leve che può e intende muovere da presidente? «Il rapporto con gli istituti di credito è sicuramente uno degli asset fondamentali su cui continuerò a lavorare portando avanti un tema già centrale nella presidenza Casali. Il malcontento non sorprende, dopotutto oggi le imprese hanno bisogno di un sistema finanziario che sostenga davvero chi ha voglia di fare, chi ha progetti, chi ha pia-

nificato investimenti. Sono in programma incontri one to one con i principali istituti bancari del territorio per analizzare nel dettaglio le principali criticità e trovare insieme strumenti per migliorare le condizioni del rapporto tra imprese e istituti di credito. Stiamo inoltre ragionando su un corso sul credito destinato ai nostri imprenditori perché adottino per primi una gestione aziendale corretta rispetto alle nuove esigenze bancarie». Alcune grandi aziende presenti nel territorio sono in difficoltà: gli operai in cassa integrazione di Indesit, la situazione dell’ex-Merloni. MARCHE 2013 • DOSSIER • 21


IN COPERTINA

Come intende muoversi?

«Inutile nasconderlo, siamo preoccupati. Questo è sicuramente un momento delicato per il nostro territorio, che deve lavorare per trovare un terreno comune per le esigenze della grande industria e quelle delle piccole e medie imprese: nel mio Consiglio direttivo ho individuato una delega proprio su questo tema, con lo scopo di delineare una vision per la grande industria e un tavolo comune che, facendo emergere le esigenze politiche della grande industria, possa farla diventare locomotiva della ripresa delle tante pmi del nostro territorio. Oggi è facile puntare il dito sulle imprese, soprattutto su quelle grandi, ma serve onestà: cosa sarebbe la nostra provincia senza le grandi aziende dell'elettrodomestico, della navalmeccanica e di altri settori ancora? Il fatto è che oggi tutti pagano a caro prezzo l’assenza di una vera e chiara politica industriale. Ci stiamo ado-

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Oggi anche l’Indesit paga l'assenza di una chiara politica industriale. Serve un cambio di approccio alla crisi per poterla superare

perando per studiare e riprogettare il sistema dell'elettrodomestico a livello nazionale, nell’ottica di fare proposte al governo ma anche per coinvolgere gli stessi imprenditori in un cambio di approccio alla crisi ormai strutturale che il settore deve gestire e superare». L’Unione europea a febbraio si è mostrata disponibile a finanziare il reinserimento degli oltre mille dipendenti in esubero dell’ex-Merloni. Come sta procedendo l’iter europeo e come intende Confindustria Ancona dare il suo contributo su questo fronte? «Procede lentamente, e questo è un problema perché i tempi dell’economia non sono quelli della burocrazia,

ma decisamente più rapidi. Sulla vicenda Merloni abbiamo registrato una sostanziale unità di intenti e un impegno comune per rendere questa crisi la meno devastante possibile. Anche in questo caso non é certo muovendosi in solitaria che si può sperare di superare questa vicenda: Fabriano vive anni complessi, drammatici. Dobbiamo rileggerne le dinamiche e valorizzare le tante potenzialità che ancora esprime, amplificandole fuori dai confini della nostra regione. Esiste una competenza manifatturiera invidiabile, spetta a noi riportarla nel circuito e testimoniare con i fatti, i prodotti e le tecnologie che Fabriano é ancora viva e dinamica».



POLITICA ECONOMICA

Le pmi guardano oltre l’Europa Sono ancora ampi i margini di penetrazione delle imprese italiane nei mercati mondiali. Unioncamere rafforza il presidio sul territorio per le aziende che vogliono internazionalizzarsi come spiega il presidente Ferruccio Dardanello Francesca Druidi ono già stati compiuti importanti passi in avanti per delineare una strategia nazionale più efficace sul fronte dell’export e della proiezione internazionale delle imprese, come ad esempio l’avvio della nuova Ice. Ciò però non è ancora sufficiente se, come riportano le stime di Unioncamere, sono oltre 70mila le realtà produttive italiane che non hanno ancora imboccato la strada dell’internazionalizzazione, nonostante i loro prodotti siano di fatto pronti a varcare i confini nazionali. L’introduzione di una rete di oltre cento sportelli per l’internazionalizzazione presso le Camere di Commercio mira a fornire un supporto concreto alle imprese, come indica il numero uno di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. Sotto quali profili le aziende italiane vanno affiancante nella penetrazione dei paesi extra Ue, quelli maggiormente promettenti anche di fronte all’andamento economico critico dell’Eurozona? «Sotto molti profili, soprattutto le

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piccole e medie imprese, e in particolare, quelle che vorrebbero affrontare i mercati esteri ma ancora non hanno avuto la possibilità di farlo. Andare all’estero per un’impresa, tanto più verso paesi lontani e di cultura diversa da quella occidentale, impone non solo alcuni oneri di carattere amministrativo, ma soprattutto richiede competenze e contatti con i diversi mercati. È un processo difficile da affrontare da soli e senza un affiancamento professionale. Per questa ragione, abbiamo messo in campo il progetto WorldPass, la rete degli sportelli fisici e virtuali per l’internazionalizzazione: proprio per dare ai nostri imprenditori strumenti adeguati per affrontare la via dell’export e persone in grado di dar loro una mano per orientarsi». Oltre ai Brics, si stanno affacciando sulla scena globale i next generation market, in primis l’Indonesia. In generale, quali sono i mercati maggiormente promettenti e stimolanti in ottica futura per

l’export italiano, tenuto conto delle principali vocazioni produttive del nostro Paese? «L’Indonesia, protagonista in questi ultimi anni di un intenso sviluppo che ha condotto a un miglioramento delle condizioni economiche della popolazione, è sicuramente uno dei mercati più promettenti. In realtà, molti paesi offrono potenzialmente buone opportunità per le nostre imprese, proprio perché in molti di essi l’incremento del contesto economico consente alle popolazioni locali di voler soddisfare alcuni nuovi bisogni (e in quest’ambito il made in Italy è certamente un “marchio” che il mondo ci invidia) oppure di poter accedere a know how di elevata qualità, come quelli in possesso di ampi settori della nostra manifattura. Penso ad esempio alla Turchia, in cui il prodotto Italia sembra registrare un ottimo riscontro, incidendo per il 5,6 per cento dell’import locale». La fine dell’embargo negli Stati Uniti per i salumi italiani a bassa stagionatura è una notizia impor-


Ferruccio Dardanello

Un passo avanti in Cina, considerando i valori in gioco, vale almeno sei o sette passi fatti in Brasile o Russia

105 GLI SPORTELLI PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE ATTIVATI NELL’AMBITO DEL PROGETTO WORLD-PASS PRESSO LE CAMERE DI COMMERCIO ITALIANE

tante per l’agroalimentare, uno dei settori di punta per le nostre esportazioni. Quanto ancora contano i mercati cosiddetti tradizionali - europeo e americano - nel quadro dell’internazionalizzazione delle imprese italiane? «Sebbene le nostre imprese, anche in maniera a volte pionieristica, abbiano da tempo avviato un processo di diversificazione dei mercati di sbocco che le ha condotte in territori molto lontani, gli Stati Uniti e, soprattutto, l’Europa restano comunque mercati molto importanti. Certo, la ripresa della domanda estera ha introdotto alcune novità, una delle quali è lo scarso apporto alla domanda proveniente dai paesi

europei. L’import di prodotti made in Italy da parte dei paesi Ue è stato deludente nel medio periodo (+7,6 per cento medio annuo) e addirittura negativo nel 2012 (-0,7 per cento). All’opposto, l’export extra-Ue ha galoppato, crescendo mediamente del 13,4 per cento tra il 2009 e il 2012 e a un tasso comunque più che doppio rispetto a quello medio globale (+9,2 per cento contro il +3,7 nell’anno appena concluso). Gli Usa invece, come la Russia, hanno trainato l’export italiano, grazie a una dinamica pari circa al 16 per cento nel medio periodo. Gli Stati Uniti, peraltro, hanno mantenuto questa dinamica anche nel 2012, mentre la Russia ha rallentato».

Primi progressi si stanno registrando in Cina per le aziende italiane. In che modo il margine di scambi commerciali può essere ampliato nel paese del Sol Levante? «Di certo è elevatissimo anche perché la Cina sembra destinata a diventare il primo mercato globale. L’appeal del prodotto italiano al momento è ancora basso, considerando che il nostro export assorbe appena l’1 per cento delle importazioni cinesi. Però è indubbiamente un mercato che non possiamo trascurare. Un passo avanti in Cina, considerando i valori in gioco, vale almeno sei o sette passi fatti in Brasile o Russia e questo è un paragone da tenere sempre a mente». MARCHE 2013 • DOSSIER • 27


POLITICA ECONOMICA

L’Europa deve sostenere le pmi Le piccole e medie imprese sono vitali per il sistema produttivo europeo. Perciò questioni come accesso al credito e internazionalizzazione vanno costantemente sollecitate. Ne parla Alessandro Barberis, presidente di Eurochambres Francesca Druidi

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Barberis

Attraverso importanti attività di relazioni e missioni istituzionali, Eurochambres cura i rapporti internazionali delle imprese dell’Ue

n questo periodo di crisi per l’Eurozona, diventa ancora più importante il ruolo svolto da Eurochambres, l’Associazione delle Camere di commercio e industria europee, «l’unica organizzazione comunitaria che cura gli interessi di ogni settore e dimensione d’impresa», sottolinea Alessandro Barberis, presidente al suo secondo mandato e guida della Camera di commercio torinese. Fondata nel 1958, Eurochambres dà voce agli interessi di oltre 20 milioni di imprese presenti in 45 paesi europei attraverso una rete di 2mila Camere regionali e locali. Oltre il 93 per cento di queste imprese sono piccole o medie e danno lavoro a oltre 120 milioni di persone. «L’associazione – prosegue Barberis – interviene presso le istituzioni europee per cercare di orientarne l’operato quando vengono discussi temi di interesse economico, con un possibile impatto sulle imprese». Quali sono le istanze a cui le Camere di commercio europee stanno attualmente lavorando? «Vi sono quattro campi, in particolare, nei quali le Camere di commercio europee possono vantare una competenza esclusiva e su cui anche Eurochambres lavora: innanzitutto la creazione d’impresa. Ogni anno le Camere europee accompagnano la creazione di 1.300.000

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Alessandro Barberis, presidente di Eurochambres

nuove imprese, affiancandole poi in tutte le fasi del loro sviluppo. Vi sono poi tematiche quali educazione e formazione: 2,6 milioni di persone beneficiano annualmente del sistema di formazione delle Camere. L’81 per cento delle Camere coopera, infatti, con centri di formazione. Sul fronte dell’innovazione, le Camere offrono servizi di sostegno a 250mila imprese ogni anno, mentre sul versante dell’internazionalizzazione viene offerta consulenza a più di un milione di imprese desiderose di svilupparsi a livello internazionale, organizzando ogni anno missioni commerciali all’estero a cu partecipano 90mila imprese. Infine, le Camere sensibilizzano e accompagnano le aziende all’uso di nuove tecnologie

in campo energetico. Eurochambres affronta poi a livello europeo questioni economiche e finanziarie, temi relativi al mercato interno e alla competitività delle imprese, soprattutto piccole e medie». Facendosi portavoce delle esigenze delle imprese, quali sono le priorità che state portando all’attenzione dei vertici europei? «Alla luce dell’attuale crisi economica e finanziaria che l’Europa sta vivendo e che non ha precedenti, nessun strumento di sostegno alle imprese dovrebbe essere sacrificato. Sono soprattutto le piccole e medie imprese a spingere il motore della crescita europea; sono soprattutto loro che creano lavoro e che costituiscono il punto di riferimento della coe- MARCHE 2013 • DOSSIER • 29


POLITICA ECONOMICA

sione sociale ed economica. Per que- buendo allo sviluppo di strategie le italiane - hanno bisogno di indirizsto, l’Associazione delle Camere europee ha espresso alcune specifiche raccomandazioni: facilitare l’accesso al credito per le pmi, rispettare il limite di 30 giorni per i pagamenti alle imprese da parte delle amministrazioni pubbliche ed evitare misure protezionistiche o aiuti pubblici a settori specifici dell’economia. È, inoltre, fondamentale attuare le disposizioni previste nella Strategia Europa 2020 e applicare le disposizioni previste nello Small business act della Commissione europea, per facilitare la vita alle pmi. Occorre sostenere le aziende nell’accesso a mercati esteri, in particolar modo quelli emergenti, contri-

formative che mirino alla diminuzione della disoccupazione, soprattutto giovanile. Tutto ciò senza dimenticare la centralità della diffusione di una più radicata cultura dell’imprenditorialità in Europa». L’associazione identifica un importante interlocutore con l’Ue sul fronte dell’internazionalizzazione. Quali sono le prospettive del Vecchio Continente sui mercati internazionali? «Le previsioni economiche ci dicono che, nel 2020, il 90 per cento della crescita mondiale sarà generata al di fuori dell’Europa. Questo significa che le aziende europee - non solo quel-

20 mln NUMERO DI IMPRESE PRESENTI IN 45 PAESI EUROPEI RAPPRESENTATE DA EUROCHAMBRES ATTRAVERSO UNA RETE DI 2MILA CAMERE REGIONALI E LOCALI

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zarsi all’estero per rimanere competitive. Attraverso importanti attività di relazioni e missioni istituzionali, Eurochambres cura i rapporti internazionali delle imprese dell’Unione europea con i paesi del Mediterraneo, l’America Latina, i paesi del Golfo, l’India, la Cina e l’Asia e le relative politiche commerciali. Inoltre, l’associazione coordina alcuni progetti finanziati dalla Commissione europea. Solo per citarne alcuni: l’Erasmus per giovani imprenditori, Al-Invest in America Latina, Eu Sme Centre a Pechino, Eu-Turkey Chamber Forum, Eu-Gcc Chamber Forum con le Camere della regione del Golfo».


Xxxxxxx MaurizioXxxxxxxxxxx Di Genova

Un ponte tra Marche e Turchia La Turchia si conferma un mercato importante per il territorio regionale. Il progetto europeo Bridge punta ad agevolare gli scambi commerciali ed economici, come sottolinea Maurizio Di Genova, segretario generale di Unioncamere Marche Francesca Druidi

estito da Eurochambres e Tobb (Unione delle Camere di commercio e delle Borse merci della Turchia), il programma europeo di partenariato Etcf II si prefigge di portare una nuova dinamica nelle relazioni economiche tra Turchia e Unione europea. Rientra in questo programma anche il progetto Bridge, di cui è partner Unioncamere Marche. Il segretario generale, Maurizio Di Genova, entra nel merito dell’iniziativa che può contribuire a intensificare gli scambi commerciali tra le imprese marchigiane e quelle turche. Innanzitutto, quali sono i settori dove si registrano le maggiori possibilità di contatto e di scambio commerciale tra il sistema produttivo marchigiano e quello turco? «Alla Turchia, da sempre ponte tra l’Occidente e l’Oriente, le Marche guardano con grande interesse, sia politico sia commerciale. Come sistema camerale, il nostro obiettivo è accrescere le occasioni di scambio commerciale con questo paese. Scambio commerciale che, nel 2012, ha coperto il 2 per cento delle esportazioni italiane e un’analoga quota di importazioni. Le im-

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Maurizio Di Genova, segretario generale di Unioncamere Marche

prese marchigiane l’anno scorso hanno esportato in Turchia merci per un valore di 215 milioni di euro, soprattutto della meccanica, ma anche 20 milioni di euro di prodotti chimici e fertilizzanti e 10 milioni di euro di calzature. Oltre a questi settori tradizionali, la nostra attenzione è rivolta in particolare alle opportunità di partnership con la Turchia offerte dalla blue economy. In particolare i trasporti, la portualità, la pesca, la cantieristica, la nautica, il turismo balneare e crocieristico, l’agroalimentare e le produzioni tipiche del turismo e dell’artigianato». Quali sono i principali effetti che vi attendete dal progetto Bridge?

«Il progetto Bridge fa parte del programma dell’Unione europea “Europe Turkey Chambers Forum”, che mira a rafforzare la conoscenza reciproca, il dialogo e la cooperazione tra le Camere di commercio turche e le Camere europee, al fine di promuovere l’integrazione delle due comunità economiche. Nel programma sono coinvolte 39 Camere di commercio turche e 30 di dieci paesi europei. Per l’Italia sono cinque gli enti camerali impegnati, tra cui Unioncamere Marche, partner del progetto Bridge. Grazie a questa iniziativa pensiamo di promuovere e incentivare nuovi investimenti e di creare legami più forti tra le piccole e medie imprese turche e quelle marchigiane». MARCHE 2013 • DOSSIER • 31


POLITICA ECONOMICA

Visita della delegazione della Camere marittime turche nelle Marche presso la Camera di commercio di Fermo

Dopo la visita, ad aprile, della delegazione della Camere marittime turche nelle Marche, come si svilupperà il programma? «In occasione della visita di aprile, sono stati organizzati incontri istituzionali presso le Camere di commercio della regione e commerciali, alla presenza di molte aziende marchigiane del settore della blue economy. L’intento degli imprenditori è quello di instaurare rapporti di collaborazione a livello economico e culturale, rivolti anche alla tutela delle risorse del mare e della pesca. A fine settembre, il progetto Bridge prevede la principale opportunità per le imprese marchigiane, che potranno incontrare aziende turche nel corso di incontri bilaterali mirati (b2b) previsti a Istanbul, a latere della conferenza di fine progetto. Sarà una grande occasione per mettere in contatto tra di loro le istituzioni camerali e soprattutto le aziende commerciali di entrambi i paesi. La parte conclusiva del progetto prevederà successivamente lo svolgimento di due webinar (seminari formativi online) e la creazione di strumenti che garantiscano la sostenibilità del

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ENTI CAMERALI NUMERO DI CAMERE DI COMMERCIO ITALIANE COINVOLTE NEL PROGETTO BRIDGE, TRA CUI UNIONCAMERE MARCHE

progetto stesso, grazie a una banca dati condivisa e alla creazione di una piattaforma online contenente tutte le informazioni relative ai contatti “buoni” delle Camere degli Stati membri europei e della Turchia». L’instabilità politica della zona, come emerge anche dalle rivolte scoppiate a inizio giugno, può essere un serio ostacolo al dialogo commerciale e all’insediamento di

realtà produttive italiane? «Non credo che i fatti di inizio giugno, che attengono a problematiche di ordine interno, possano influire sull’interscambio commerciale con la Turchia, mentre ci potranno essere delle ripercussioni sui flussi turistici verso questo paese e un probabile rallentamento del processo di adesione della Turchia all’Ue. Quello che accade in queste settimane in Turchia riguarda il modello di governo voluto da Atatürk, modello che finora è riuscito a far convivere democraticamente la laicità con l’islamismo, garantendo in questi anni una spettacolare crescita economica. Noi auspichiamo che il popolo e le istituzioni democratiche della Turchia sappiano superare questi momenti di tensione e siamo certi che un miglioramento del dialogo, all’interno della società civile e con l’Unione europea, possa contribuire a consolidare e migliorare le comuni relazioni politiche, sociali ed economiche».



POLITICA ECONOMICA

La fuga dei prodotti all’estero Il mercato italiano ristagna, ma anche quello europeo accusa il colpo. Per questo le imprese marchigiane puntano fuori dalle classiche destinazioni. Non solo Asia e Russia, ma anche il nord Africa Teresa Bellemo

export fa ancora da traino per le aziende marchigiane. Il primo trimestre 2013 si è chiuso, infatti, con l’incremento di 2,4 per cento per la regione. Ma è l’analisi conclusiva del 2012 a dare più spunti di riflessione. Dando ormai per scontata la depressione del mercato interno, è quello estero a dare ossigeno agli imprenditori, e non sono poche le novità. I Paesi europei, verso i quali è diretto il 57,5 per cento delle esportazioni regionali, stanno risentendo e risentiranno ancora degli effetti della crisi economica mentre cresce, anche se a ritmi meno sostenuti che in passato, la domanda proveniente da Paesi emergenti e da nuovi mercati. Il +12,8 per cento delle esportazioni della regione nel 2012 ha riguardato, infatti, i mercati fuori dall’Europa a 27 Paesi, mentre l’Unione ha registrato solo un aumento dell’1,5. Il peso dei Paesi extra Ue a 27 sul totale delle esportazioni pertanto è salito al 42,5 per cento. Sembra quindi fondamentale intercettare la domanda anche dei mercati del nord Africa - data anche la loro vicinanza geografica nei quali si apriranno sempre maggiori opportunità di sviluppo. In

L’

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Nando Ottavi, presidente di Confindustria Marche

questo percorso è però necessario sostenere le pmi, dato che sono loro quelle che possono incontrare maggiori difficoltà. Su questo tema Confindustria Marche ha condiviso con la Regione la necessità di una costante collaborazione per un effettivo coordinamento delle iniziative e per un rafforzamento dell’attività di assistenza tecnica diretta alle imprese, soprattutto di piccola dimensione, coprendo i

principali mercati strategici. Nando Ottavi, presidente di Confindustria Marche, ricorda: «Ci stiamo concentrando molto sui paesi dell’Africa mediterranea. Marche Contract e il Progetto Mediterraneo sono, infatti, incentrati su queste aree, per aiutare le aziende marchigiane a penetrare con successo». Anche l’Albania e gli Stati Uniti sembrano essere mercati partico-


Nando Ottavi

L’aumento di una classe benestante cinese, sempre più interessata a comprare beni di qualità capaci di dare emozione, è il futuro delle nostre aziende

larmente fiorenti. Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza di queste due zone? «La crescita del 64,6 per cento delle esportazioni marchigiane verso l’Albania nel 2012 è sicuramente positiva, ma tale destinazione rappresenta solamente l’1,7 per cento del totale dell’export regionale. Certamente la prossimità geografica e una certa dinamicità costituiscono fattori di interesse e rappresentano un’opportunità per le nostre imprese. Gli Stati Uniti sono riusciti a crescere del 2,3 per cento anche in un anno difficile come il 2012, per questo costitui-

scono un mercato strategico per le nostre produzioni, dal comparto della meccanica, al sistema moda, all’alimentare. Gli Usa, infatti, rappresentano il 4,8 per cento del totale dell’export regionale, con 494 milioni di euro: la sesta destinazione delle esportazioni delle Marche. Senza contare che, rispetto al 2011, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono cresciute del 40,3 per cento. Il progetto portato avanti dalla consulta agroalimentare di Confindustria Marche fonda proprio sul mercato statunitense, e in particolare su New York, con lo scopo di far conoscere e dare visi-

bilità alle pregiate produzioni alimentari e vinicole regionali». I Paesi asiatici sono l’approdo naturale della produzione tessile delle Marche. Come stanno reagendo alla crisi? «Gli scambi coi Paesi asiatici nel 2012 hanno registrato variazioni positive a due cifre: +33,1 per cento gli articoli di abbigliamento, +45,4 gli articoli di maglieria, +32,9 le calzature e +17,3 i prodotti in cuoio e la pelletteria. Il peso di questa area geografica sul totale delle esportazioni dei settori del sistema moda, è cresciuto, passando dal 13,7 per cento del 2011 al 16,8 del 2012. In Cina le calzature marchigiane hanno addirittura aumentato le esportazioni del 56,9 per cento rispetto al 2011 e gli articoli di abbigliamento dell’89,9». MARCHE 2013 • DOSSIER • 35


POLITICA ECONOMICA

89,9% LA CRESCITA DELLE ESPORTAZIONI DI ARTICOLI DI ABBIGLIAMENTO VERSO LA CINA NEL 2012

E guardando più in prospettiva? «Sono convinto che questi mercati potranno rappresentare potenzialmente in futuro opportunità strategiche di sbocco per le nostre produzioni di alta qualità, considerato il crescente aumento in questi Paesi di una classe benestante sempre più interessata a comprare beni di qualità capaci di dare emozione. Dopotutto serve investire in nuovi vettori se non si sbloccano la contrazione dei consumi nazionali e il rallentamento delle vendite sui mercati dell’Unione Europea verso cui sono dirette 7 calzature italiane su 10 esportate. L’interesse asiatico, della Cina in particolare, verso le produzioni calzaturiere italiane e marchigiane è testimoniato anche dalla prima edizione del Micam Shanghai dello scorso mese di aprile, dove sono intervenute numerose imprese mar36 • DOSSIER • MARCHE 2013

chigiane del settore. Tale evento fa parte di un’azione mirata per avviare una penetrazione commerciale nei segmenti medio-fine e lusso della calzatura del mercato cinese che rappresenta una enorme potenzialità per tutto il settore moda Italiano». Inoltre, i settori che crescono di più sul fronte delle esportazioni sono quelli del petrolifero, degli autoveicoli, dell’alimentare. Quali sono le expertise regionali su questi ambiti? «Al primo posto delle esportazioni delle Marche si collocano sempre gli articoli in pelle e le calzature, che rappresentano quasi il 20 per cento del totale delle esportazioni regionali. Poi ci sono i comparti della meccanica: macchinari e apparecchi, le cui esportazioni nel 2012 hanno superato 1,6 miliardi di euro, pari al 15,1 per cento; gli apparecchi elettrici con 1,3

miliardi di euro e i metalli di base con 1,1 miliardi di euro che sono il 10,5 per cento. È vero, hanno avuto delle ottime performance, ma vorrei precisare che il loro peso sul totale delle esportazioni della regione risulta decisamente limitato. I prodotti petroliferi, infatti, rappresentano solamente l’1,7 per cento (pari a circa 173 milioni di euro) del totale dell’export regionale, gli autoveicoli lo 0,8 (pari a 83 milioni di euro) mentre i prodotti alimentari raggiungono il 2,5 (pari a 257 milioni di euro). A determinare l’ottimo andamento del settore alimentare marchigiano sui mercati esteri ha contribuito sicuramente l’eccellente qualità delle nostre produzioni che si stanno affermando in tutto il mondo e il loro richiamo a storia, cultura, qualità della vita italiana e marchigiana in particolare».


Gian Mario Spacca

Innovazione, motore per lo sviluppo Dalle moderne tecnologie computing cloud a un piano sempre più condiviso per promuovere l’innovazione, la Regione Marche guarda al futuro. Aprendosi sempre più all’estero, come evidenzia Gian Mario Spacca Francesca Druidi

sempre più integrata e a lungo raggio la strategia che la Regione sta mettendo in campo per affrontare l’attuale, complessa, crisi economica e strutturale. Il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese si affianca, infatti, a misure volte a potenziare la ricerca e l’innovazione all’interno del tessuto produttivo

È

e istituzionale delle Marche. Dotandosi di un’infrastruttura di cloud computing, l’amministrazione regionale sfrutta le nuove tecnologie come ulteriore leva di rilancio economico, di modernizzazione della governance e di semplificazione burocratica. Lo evidenzia il presidente Gian Mario Spacca, che forte anche della delega al turismo, entra

Nell’ultimo triennio sono stati stanziati per il sostegno alla ricerca e all’innovazione oltre 54 milioni di euro

anche nel merito delle misure prese per rafforzare il comparto turistico regionale. Sono già in fase di sviluppo da parte della Regione reti e servizi innovativi accessibili tramite le tecnologie computing cloud per semplificare le procedure degli uffici dell’amministrazione pubblica e sanitaria. «Con il progetto “Marche Cloud” si sta realizzando un’infrastruttura ad alta velocità di computing cloud innovativa e avanzata per l’erogazione di nuovi servizi digitali a elevato contenuto tecnologico alla Pa, alle imprese e ai cittadini. Un progetto che modernizza la Regione e contestualmente realizza importanti economie di scala, garantendo opportunità di business per il nostro territorio. Un più largo impiego in tutta l’economia di servizi digitali via cloud permetterà di rendere sempre più trasparenti gli atti, di organizzare in modo migliore il lavoro incrementando la produttività MARCHE 2013 • DOSSIER • 37


CQECQECECONOMICA POLITICA

e - più in generale -

garantirà una grande semplificazione di tutte le procedure». Come procederà concretamente il progetto? «Da circa un anno abbiamo avviato la realizzazione di un progetto pilota e, da dicembre 2012, è operativo in forma sperimentale presso il data center della Regione Marche il primo servizio al pubblico erogato da una nuova infrastruttura cloud completamente open. Il servizio consente ai cittadini di accedere, attraverso un unico portale, ai reI grandi eventi come Marche Endurance Lifestyle ferti dei laboratori di anae il Campionato mondiale di vela d’altura offrono lisi della regione, sia via un contributo importante alla promozione del territorio web che, ancora più comodamente, tramite smartphone Android o smart Tv. Da aprile anche il servizio di attestazione della certificazione energetica (Ace) è rafforzamento dei processi di Abbiamo costituito un comitato attivo. Tra gli altri numerosi servizi che ricerca e innovazione. Nell’ultimo tecnico-scientifico a cui partecisaranno presto avviati, il calcolo Imu triennio sono stati stanziati per il pano i rappresentanti delle 4 e i pagamenti online per bolli auto, sostegno alla ricerca e all’innova- università marchigiane e sono prestazioni sanitarie e così via». zione risorse per oltre 54 milioni previsti anche focus group per Quali sono le altre principali di euro, oltre 150 nell’ultimo individuare best practice e idee iniziative che vedono la Regione quinquennio. Ciononostante tali innovative». impegnata sul fronte dello svi- risorse si sono dimostrate insuffiGli interventi approvati dalla luppo tecnologico a tutti i cienti a soddisfare tutti i progetti Regione sono, inoltre, sempre livelli, ad esempio il piano per presentati e valutati positiva- più orientati al sostegno del tesla ricerca e l’innovazione per le mente per qualità e grado di suto delle pmi marchigiane smart specialisation? innovazione. La definizione della nella ricerca di nuovi mercati «L’amministrazione già da tempo strategia di smart specialisation all’estero. Quali le priorità per i ha orientato la propria program- regionale è un percorso nel quale prossimi mesi sul fronte dell’inmazione, e dunque l’utilizzo delle abbiamo coinvolto i principali ternazionalizzazione? risorse a partire dai fondi comu- stakeholder del nostro territorio e «Da molti anni sviluppiamo la stranitari, a una strategia di anche il livello nazionale. tegia d’internazionalizzazione per

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gian Mario Spacca

A sinistra, Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche

incrementare il reddito delle pmi e, quindi, sostenere l’occupazione. Oggi, dopo aver tessuto una fitta trama di relazioni e partnership istituzionali con le aree del mondo a più alto tasso di crescita, abbiamo a disposizione una rete operativa di punti di assistenza all’estero a sostegno delle piccole e medie imprese che vogliono esportare sui nuovi mercati. I risultati, pur nelle difficoltà di una fase recessiva, sono abbastanza confortanti: nel primo trimestre 2013, per esempio, le Marche sono la prima regione in

Italia per crescita delle esportazioni, con il +13,2 per cento contro la media nazione di -0,7 per cento. La seconda regione dopo le Marche è ferma a +2,5 per cento. Ma oggi non lavoriamo più solo per esportare. La nostra azione è rivolta anche all’attrazione di investimenti esteri. Negli ultimi anni, siamo riusciti a intercettare imprenditori internazionali interessati a investire nelle Marche: cinesi, russi, israeliani, argentini». Le Marche hanno lanciato un nuovo approccio turistico, puntan-

do a un’offerta più integrata e riconoscibile attorno ai suoi punti forti, grazie anche all’impiego della rete e dei social network. La stagione estiva è alle porte. Vi aspettate in questi mesi una conferma importante dell’efficacia di questa politica? «Siamo sicuramente fiduciosi sulla bontà della scelta: abbandonare, innanzitutto, una promozione frammentata per singoli territori, scarsamente incidenti sul mercato turistico, che invece richiede qualità, velocità e dimensioni appropriate; favorire, poi, la proposta di club di prodotto, ovvero offerte turistiche omogenee organizzate in rete. Infine, il web per organizzare domanda e offerta, anche attraverso i social network: i nostri sono i più visitati tra le regioni italiane. Purtroppo le condizioni meteorologiche, che hanno decisamente contratto la durata della stagione, non ci stanno aiutando, ma le prenotazioni nelle strutture ricettive fanno ben sperare. I grandi eventi che coniugano sport, economia, turismo e cultura, come Marche Endurance Lifestyle e il Campionato mondiale di vela d’altura, guardando solo al mese di giugno, offrono sicuramente un contributo importante alla promozione del territorio e all’attrazione di turisti anche internazionali. E poi c’è la qualità del territorio, dell’ambiente e del mare riconosciuta dal record dalle Bandiere blu, verdi e arancioni che sono sempre in crescita di anno in anno». MARCHE 2013 • DOSSIER • 39


L’INIZIATIVA

Cina, più servizi per sostenere il made in Italy È a partire da accordi istituzionali bilaterali già in essere che si può sviluppare il dialogo tra Italia e Cina sul fronte economico, culturale e turistico. Lo sostiene Irene Pivetti, presidente dell’Italy China friendship association Francesca Druidi

a rilevanza dell’area asiatica per l’export italiano è inevitabilmente aumentata e rappresenta una sfida aperta per le nostre aziende. Impegnata da anni nel progetto della rete di imprese Only Italia (www.only-italia.it), finalizzato alla promozione del made in Italy e al sostegno dell’internazionalizzazione delle realtà italiane sui mercati internazionali, cinese in particolare, Irene Pivetti è stata nominata presidente dell’Italy China friendship association (Icfa). L’associazione individua il ramo italiano della Chinese people’s association for friendship with foreign countries, «una delle associazioni diplomatiche più antiche e autorevoli in Cina – spiega Irene Pivetti – che mira a stringere e consolidare i rapporti con i paesi esteri, presidiando politiche di avvicinamento all’Occidente». In occasione del convegno del 22 giugno, “Il turismo culturale promotore per lo sviluppo economico e per l’amicizia tra i popoli”, è stato fir-

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Cerimonia per la nomina di Irene Pivetti a presidente dell’Italy China friendship association

mato un protocollo ufficiale tra il Chinese people’s association for friendship with foreign countries e l’Italy China friendship association. Quali sono i contenuti di questa intesa? «L’obiettivo è innanzitutto valorizzare un’azione commerciale che, attraverso Only Italia, si compie per aiutare le imprese italiane a vendere sul mercato cinese, mentre sul fronte del turismo culturale si punta ad attrarre i flussi di visitatori orientali verso quelle mete del nostro Paese che non rientrano negli

itinerari più conosciuti e consolidati. Il significato è, dunque, offrire un supporto di tipo istituzionale a una pluralità di attività che già operano in Italia indirizzate alla Cina. Il punto di partenza è rappresentato dai gemellaggi, un tema che oggi interessa poco il nostro Paese. Ci sono, in realtà, 64 città italiane gemellate con città cinesi e moltissime nemmeno lo sanno. Abbiamo vissuto una stagione di entusiasmi che poi si sono spenti. E questo è stato un errore perché il gemellaggio, per i cinesi, è e resta un


Xxxxxxx Irene Xxxxxxxxxxx Pivetti

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GEMELLAGGI NUMERO DI CITTÀ ITALIANE GEMELLATE CON ALTRETTANTE REALTÀ CINESI

organizza corsi per studenti cinesi intenzionati a entrare in contatto con la cultura e la realtà italiane». La Cina ha da sempre dimostrato di apprezzare il made in Italy e le imprese italiane iniziano a compiere più tangibili passi in avanti nella penetrazione del mercato cinese. Cosa serve, secondo lei, per compiere un ulteriore salto di qualità in questo senso? «Servizi, servizi, servizi a basso costo e adatti alle esigenze delle Pmi perché di fatto mancano allo stato attuale. Vanno bene gli sforzi di promozione btb, ma occorre aiutare le aziende soprattutto sul fronte dei servizi per la vendita. Ciò richiede una visione strategica che, però, in questo moOccorre aiutare le pmi, che da sole non riescono mento manca in Italia. Non a internazionalizzarsi, a costruire una struttura c’è una volontà politica forcommerciale efficace per i prodotti del made in Italy te da parte del governo sul fronte del commercio estero, quando invece servirebbero veicolo molto importante di valiCon quali strumenti si possono politiche precise». dazione istituzionale di attività eco- incrementare e migliorare i rapI flussi turistici cinesi costituinomiche private». porti economici e culturali tra Ita- scono potenzialmente una risorVi muoverete da questo punto? lia e Cina? sa immensa, che l’Italia non sa an«Sì, la Cina è immensa e offre mil- «Ne suggerisco tre. Uno è la vendita cora cogliere a dovere. È possibile opportunità, ma l’Italia non hai di prodotti italiani sul mercato ci- le migliorare la situazione? ancora messo in campo alcun ap- nese: occorre aiutare le pmi, che da «Servono più manutenzione e magproccio sistematico, generando di fat- sole non riescono a internaziona- giore promozione. Abbiamo moltisto un’enorme dispersione di op- lizzarsi, a costruire una struttura simi siti culturali abbandonati, sui portunità. Il gemellaggio ha, invece, commerciale efficace per i prodot- quali non si investe. E non sono semil pregio di identificare con precisione ti del made in Italy quali cibo, vino, pre necessarie grandi risorse o teci due territori tra i quali possono es- moda, arredamento. La seconda nologie all’avanguardia. Altro punto sere sviluppate attività economiche leva è la valorizzazione dei beni cul- centrale è la promozione, che non bilaterali. Ed è questa ricaduta che turali reciproci. La terza modalità deve indirizzarsi solo verso le mete più vogliamo incentivare, a cominciare consiste nello scambio di intelli- note e amate del Paese, ma deve soda queste 64 città e dalle altre che fa- genze. Only Italia ha un ramo for- prattutto restituire la varietà e la belremo gemellare». mativo, Only Italia Academy, che lezza delle destinazioni italiane».

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ASSET STRATEGICI

Scenari internazionali per le pmi «La vocazione all’export nella regione Marche è una caratteristica legata al territorio, come l’attitudine del suo popolo a intraprendere». Luciano Brandoni, presidente del comitato regionale piccola industria di Confindustria, delinea il percorso di sviluppo per le imprese Renata Gualtieri

li ultimi quattro anni sono stati caratterizzati da una fase prolungata di crisi internazionale, dalla marcata incertezza e da una crescita a ritmi meno elevati anche delle economie cosiddette emergenti. «Nel nostro Paese - commenta il presidente delle pmi aderenti a Confindustria Marche, Luciano Brandoni - la crisi è aggravata, rispetto al contesto internazionale, dal mancato avvio di un programma serio di riforme capace d’incidere davvero sul composito insieme di problemi e inefficienze che da decenni frena la nostra via allo sviluppo. Malgrado gli ostacoli costantemente incontrati nell’attività quotidiana, le imprese marchigiane inve-

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stono e programmano con una politica di piccoli e decisi passi che permette loro di guardare comunque avanti, senza esitazioni, ma intensificando addirittura il livello di domanda di servizi a supporto dei loro programmi competitivi e di crescita». Le istanze portate più spesso all’attenzione del comitato piccola industria delle Marche riguardano i temi legati al credito e alla contrazione dei prestiti da parte delle banche, la mancanza di liquidità, la necessità del celere impegno da parte delle Istituzioni a tagliare costi e oneri ormai insostenibili, il rilancio degli investimenti e la predisposizione di una gamma di strumenti diversificata, fruibile e capace di dare forza al sistema. Cosa frena il livello competitivo delle imprese associate? «Noi imprenditori marchigiani affrontiamo ogni giorno le medesime difficoltà incontrate dai colleghi di altre regioni, senza appesantimenti particolari legati al territorio. Abbiamo tuttavia spesso l’impressione che prima di sfidare i player internazionali nelle grandi arene globalizzate, dobbiamo misurarci con competitor meno individuabili ma molto Il presidente del comitato più allenati che si chiamano regionale piccola industria inefficienze, onerosità dei di Confindustria Marche, Luciano Brandoni servizi, burocrazia e man-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luciano Brandoni

+6,5% L’INCREMENTO DELL’ EXPORT REGISTRATO DALLE MARCHE NEL 2012 RISPETTO AI RISULTATI DELL’ANNO PRECEDENTE

+3,7% LA QUOTA DELLE ESPORTAZIONI REGIONALI REGISTRATA NEL 2012, RISULTATO MIGLIORE DI QUELLO ITALIANO

canza di accompagnamento da parte delle Istituzioni. Sono le organizzazioni delle imprese a doversi sovente sostituire alle istituzioni nel ruolo di guida, indirizzo e supporto alla competitività dei territori: questo non lo possiamo più accettare in assoluto e anche confrontando la nostra realtà appena fuori i confini domestici». Le Marche hanno avuto nel 2012 un risultato delle attività export piuttosto soddisfacente, +6,5 per cento rispetto al 2011, e migliore di quello del totale italiano, +3,7 per cento. Quali i mercati trainanti per le esportazioni regionali e quali quelli da guardare con interesse? «È vero che l’export regionale fa registrare performance anche superiori ai dati italiani: i numeri ci gratificano, ma ciò non significa che dobbiamo ritenerci soddisfatti. I nostri sforzi sono diretti a riguadagnare le quote che ci appartenevano nel periodo pre-crisi.

Certamente i mercati tradizionali costituiscono le mete principali di destinazione delle produzioni marchigiane, ma anche i mercati più lontani nelle nuove aree di crescita internazionale rappresentano sbocchi privilegiati, verso cui si concentrano le attenzioni e le attività degli operatori economici regionali». Con quali progetti e strumenti l’associazione degli industriali marchigiana sostiene i programmi di crescita internazionale delle imprese associate? «In questo momento le uniche opportunità di mantenimento e crescita dei livelli di competitività nascono dalla capacità delle imprese di rafforzare la presenza sui mercati esteri. Confindustria Marche e il comitato regionale della piccola industria ne sono consapevoli e pertanto supportano con azioni e servizi le imprese regionali sia nel loro percorso di accesso ai mercati internazionali, sia nelle iniziative di consolidamento della presenza. Fra MARCHE 2013 • DOSSIER • 51


ASSET STRATEGICI

La tutela e la crescita dei livelli di competitività nascono dalla capacità delle imprese di rafforzare la presenza sui mercati esteri

le numerose attività realizzate a favore dell’internazionalizzazione delle aziende associate, ricordo il progetto che continua a svilupparsi sul mercato statunitense delle imprese dell’agroalimentare, le attività presso i paesi dell’Africa settentrionale, l’animazione territoriale focalizzata all’analisi di mercati a rilevante crescita, la collaborazione con l’Istituzione regionale che ha portato alla creazione di un tavolo sul tema dell’internazionalizzazione e dalla cooperazione nella redazione di bandi di finanziamento destinati alle imprese intenzionate ad aprirsi all’estero». Quanto è importante specie per le pmi avere dei supporti per l’avvio della attività d’internazionalizzazione da parte delle banche de territorio? «L’utilità degli strumenti per l’internazionalizzazione dovrebbe aumentare al diminuire della dimensione delle imprese per le talvolta loro carenti dotazioni finanziarie, umane e organizzative. È noto infatti che molte piccole imprese non dispongono di mezzi propri per programmi di investimento strategici e hanno quindi la necessità di reperire mezzi di finanziamento esterni ricorrendo ad esempio al credito bancario. La crisi economica che stiamo ancora vivendo rende poi indispensabile rafforzare ulteriormente la relazione e il dialogo tra imprese e banche. È in questa direzione che va il recente accordo nazionale sottoscritto dal Comitato piccola industria di Confindustria e Intesa Sanpaolo, siglato nei giorni scorsi a livello regionale da Confindustria Marche e Banca dell’Adriatico, che mette a disposizione delle pmi del territorio un plafond di 600 milioni di euro. Il programma degli interventi ricompreso nell’accordo è strategico in quanto prevede strumenti per assistere le imprese impegnate in arene internazionali». 52 • DOSSIER • MARCHE 2013

Quale invece il sostegno a progetti e servizi per la creazione di reti di imprese, per l’innovazione tecnologica e organizzativa nelle pmi? «Fare rete rappresenta oggi più che mai una necessità per le piccole imprese soprattutto quando si affacciano sui mercati internazionali. Usufruire di strumenti nuovi quali il contratto di rete diventa quindi indispensabile per sostenere e favorire le pmi che, pur mantenendo la loro autonomia, decidono di collaborare allo scopo di migliorare la capacità innovativa e la competitiva sul mercato. Confindustria sostiene con determinazione ormai da anni queste forme di collaborazione in quanto leve strategiche per accrescere la competitività delle imprese. Il binomio reti di imprese e innovazione è sicuramente vincente: Confindustria Marche ha promosso e continua a promuovere sul territorio momenti formativi e informativi su questi argomenti coinvolgendo le imprese associate. Anche la Regione ha recentemente incentivato la creazione di reti d’imprese attraverso la pubblicazione di specifici bandi».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Roberto Dal Mas

Una partnership strategica tra banche e imprese «Noi mettiamo in campo ogni iniziativa - assicura Roberto Dal Mas, direttore generale di Banca dell’Adriatico per innescare una crescita profittevole, aiutando le aziende nei processi d’internazionalizzazione, nella ricerca e nell’innovazione, nel rafforzamento delle loro performance commerciali» Renata Gualtieri anca dell’Adriatico, con 265 sportelli al servizio di oltre 370mila clienti, ha sostenuto e sostiene l’economia marchigiana continuando a mantenere aperte le linee di credito e a erogare prestiti: nei primi 4 mesi del 2013 sono stati concessi complessivamente 271 milioni di nuovi finanziamenti a medio lungo termine, anche attraverso

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le strutture specializzate del Gruppo. Complessivamente i crediti alla clientela attivi sono pari a 6,7 miliardi di euro. «Sarà sempre più necessario fare buon credito - commenta Roberto Dal Mas, direttore generale Banca dell’Adriatico quello che è orientato agli investimenti e allo sviluppo delle imprese e delle famiglie. Vogliamo porci, in particolare, come banca di riferimento per sostenere la crescita delle imprese del territorio, dando pieno sostegno alle pmi che A sinistra, rappresentano il tessuto connettivo e vitale del- Roberto Dal Mas, direttore generale l’industria e del futuro dell’economia marchi- di Banca dell’Adriatico giana». Obiettivo prioritario rimane quello di favorire la nascita di una nuova generazione d’imprenditori «creando un “ecosistema” per lo sviluppo di start-up basate sulle nuove tecnologie, in collaborazione con i maggiori centri di ricerca nazionali». Al di là dei numeri, quale sarà l’impegno concreto per continuare a essere partner del territorio? E come è possibile ridare fiducia agli imprenditori marchigiani? «La crisi economica che stiamo attraversando pone il rafforzamento della relazione e del dialogo tra imprese e banca come prioritaria e condivisa esigenza per stimolare e sostenere la richiesta di credito delle tante pmi virtuose, struttura portante del sistema produttivo marchigiano, ricorrendo a tutti gli strumenti di facilitazione creditizia che rendono l’accesso al credito più semplice e vantaggioso. Con questo spirito abbiamo siglato in questi giorni un accordo fra Confindustria Marche e Banca dell’Adriatico che mette a disposizione delle pmi MARCHE 2013 • DOSSIER • 53


ASSET STRATEGICI

del territorio un plafond di 600 milioni di euro

e che rafforza ancor di più la collaborazione tra le associazioni territoriali di Piccola industria di Confindustria e la banca. Tale accordo rientra nell’accordo nazionale sottoscritto da Confindustria e Intesa Sanpaolo che prevede un plafond complessivo di 10 miliardi di euro». Quale il contributo della banca a sostegno dell’imprenditoria giovanile e i prodotti e servizi finanziari offerti alle start-up guidate da giovani? «La crescita economica deve puntare anche sullo sviluppo di nuove imprese. La probabilità di sopravvivenza delle start-up italiane è superiore a quella delle analoghe tedesche. Le nostre start-up crescono poi più rapidamente: negli ultimi 6 anni hanno creato 2,76 milioni di nuovi posti di lavoro, pari al 17 per cento degli occupati. Per questo motivo, nell’ambito dell’accordo con Confindustria è stato previsto un apposito plafond di 200 milioni di euro a livello nazionale dedicati a finanziare progetti innovativi d’imprese. All’interno del programma di Confindustria “AdottUp”, le migliori idee imprenditoriali selezionate dal comitato congiunto Intesa SanpaoloConfindustria vengono “adottate” da imprese già consolidate sul mercato affinché, in qualità di incubatori, le aiutino a svilupparsi in business sostenibili anche grazie alle iniziative di Intesa Sanpaolo neoimpresa e Officine formative». Con quali strumenti e soluzioni Banca dell’Adriatico accompagna le imprese nella crescita all’estero?

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«L’industria italiana sarà sempre più dipendente dall’estero e in particolare dai Paesi emergenti, più difficili e lontani. Nel 2015 il peso di questi paesi sui mercati mondiali supererà il 50 per cento. Le imprese delle Marche sono già ben posizionate: il peso dei paesi emergenti sull’export, pari al 43 per cento, è nettamente superiore al livello nazionale, pari a 38 per cento. Per competere in mercati sempre più globali, Banca dell’Adriatico propone una piattaforma di prodotti, eventi e servizi consulenziali a supporto delle strategie di espansione e d’internazionalizzazione delle pmi. Tra le soluzioni finanziarie più innovative Export facile, per la copertura del rischio d’insolvenza dei debitori esteri fino al 100 per cento a fronte dei crediti ceduti pro-soluto. Export facile fornisce inoltre alle imprese liquidità aggiuntiva e alternativa alle tradizionali linee di credito, supportandone le strategie di esportazione e facilitandone il commercio con l’estero. In tale direzione sono già state individuate nelle Marche 500 aziende esportatrici che potrebbero usufruire di tale soluzione». Come giudica il rapporto tra banche e impresae nelle Marche? E cosa è possibile fare per migliorare il grado di collaborazione? «Il dialogo, che è anche il tratto distintivo dell’accordo con Confindustria Marche, è fondamentale per conoscere e affrontare insieme difficoltà e potenziale delle imprese che devono essere aiutate e spronate a compiere un decisivo passaggio culturale per dotarsi dei necessari strumenti per meglio competere sui mercati. Nelle Marche sono già state identificate oltre 1.300 pmi per le quali sono state valutate l’adeguatezza dei requisiti di bancabilità e di quelli richiesti per l’accesso ai plafond agevolati. L’utilizzo degli strumenti di dialogo, come Diagnostico e simulatore, consente alla banca di migliorare la valutazione del merito creditizio e all’impresa di acquisire una maggiore conoscenza del proprio grado di “bancabilità” oltre a favorire la conoscenza e la possibilità di accedere agli strumenti di facilitazione creditizia messi a disposizione dal sistema».



ASSET STRATEGICI

Il braccio tecnologico delle pmi marchigiane L’innovazione è un treno che può portare molto lontano anche le piccole aziende, l’importante è non perderlo a causa della riduzione di fondi e della difficoltà a ottenere credito Teresa Bellemo

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Emidio Andreani, presidente del parco scientifico e tecnologico TecnoMarche

a globalizzazione ha certamente inasprito la concorrenza, ma ha anche reso palese che la qualità e la ricerca spesso sono gli strumenti migliori per uscirne vincenti. Il parco tecnologico TecnoMarche opera sul territorio marchigiano da circa 20 anni, con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo e l’occupazione locale. In questi anni si è evoluto, adattandosi alle richieste del sistema produttivo locale che è in altissima percentuale composto di piccole e medie imprese. Ed è proprio la necessità di essere competitiva su un mercato sempre più ampio ed esigente a spingere la piccola impresa ad affidarsi a chi possiede il know-how necessario e le caratteristiche di affidabilità e riconoscibilità sul territorio. Emidio Andreani, presidente del parco scientifico e tecnologico TecnoMarche, illustra come vengono messi in pratica gli obiettivi fondativi del Parco: «cerchiamo di sfruttare tutti gli strumenti disponibili per la ricerca applicata, l’innovazione, il trasferimento di conoscenza in campo tecnologico e della formazione avanzata: tutto ciò in stretta collaborazione soprattutto con le università locali».

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Come opera TecnoMarche? «Cerchiamo di individuare nel territorio le aziende con cui si è lavorato e realizzato progetti singoli o di filiera, dopodiché gli proponiamo di creare un centro di competenza sul loro territorio. Concordato questo, si coinvolgono gli enti istituzionali locali, dunque le province, gli enti camerali, Assindustria, le associazioni di categoria e si parte per l’impostazione di un piano di sviluppo sostenuto localmente e accompagnato da TecnoMarche». Gli imprenditori che hanno collaborato con voi si ritengono molto soddisfatti. «Mi fa molto piacere sentire che le aziende che hanno operato con noi si ritengano soddisfatte, anche perché noi teniamo molto a che ciò avvenga, dal direttore all’ultimo ricercatore arrivato in azienda: il clima di fiducia è alla base della nostra strategia di contatto con le imprese. Grazie a noi le aziende riescono a risolvere problemi che altrimenti non riuscirebbero ad affrontare». Qualche esempio? «Operiamo innanzitutto in ambiti applicativi esigenti come la domotica, l’ambient assisted living, l’innovazione di prodotto, la


Emidio Andreani

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Se non si riattiva il circolo virtuoso tra credito, investimenti e ripresa della domanda, la nostra economia perderà ancora terreno

creatività e le piattaforme digitali. Anche molti stakeholder locali si servono di TecnoMarche per armonizzare le politiche e le azioni per lo sviluppo del territorio, e in questo caso si tratta soprattutto di animazione e di supporto alla strategia. Le istituzioni pubbliche si sono dimostrate molto interessate anche alla nostra costruzione di centri di competenze sui territori per sviluppare non solo dei temi specifici, ma anche una visione più sinergica e di sostenibilità economica e sociale. La stessa Svim, la società che cura le iniziative della Regione Marche a favore dello sviluppo e del sostegno alle piccole imprese, apprezza e avalla questo modo di operare». Il parco scientifico avrebbe bisogno di maggiori fondi, invece è perennemente sottocapitalizzato. Quali le strategie per operare nonostante tutto e quali le richieste alle istituzioni su questo ambito? «Sono varie le strategie che il Cda ha adottato per fronteggiare la carenza finanziaria che in realtà riguarda tutte le aziende di questo territorio. Per TecnoMarche però è particolarmente stringente, perché negli ultimi 3-4 anni ha raddoppiato il volume di lavoro con tre grandi progetti a valere sul Pon, Miur e Mise oltre ad altri importanti progetti regionali. Gli enti pubblici soci ci hanno aiutato mettendo a disposizione strutture in co-

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modato gratuito, poi si sono fatte economie di ogni genere fino alla diluizione, ove possibile, dei programmi operativi nel tempo». Il settore ricerca e sviluppo è quello che permette alle aziende italiane di differenziarsi nella concorrenza internazionale, ma il credit crunch e la riduzione della domanda provoca spesso un suo sottodimensionamento, con il rischio di perdere la ripresa. Qual è il suo parere in merito? «Il tema che lei propone è quanto mai incalzante in questo momento. Sono convinto che se non si riesce a riattivare con celerità il circolo virtuoso di credito-investimenti e ripresa della domanda, la nostra economia perderà ancora terreno sul piano dell’innovazione e della competitività e ciò la renderebbe ancora più fragile rispetto alla concorrenza internazionale. Bisogna ricordare che la ricerca e l’innovazione sostengono la competitività delle aziende attuali che sono un patrimonio costruito in decenni di esperienza e di attività. Se lasciamo ancora deperire il tessuto di imprese che abbiamo, occorreranno decenni per ricostruirlo e non saranno certo le nuove start-up a risollevare la situazione anche se c’è da augurarsi che queste possano superare in qualche modo, ma non vedo come, le conseguenze della stretta creditizia». MARCHE 2013 • DOSSIER • 57


ASSET STRATEGICI

Cresce chi esporta e innova «Il prodotto made in Italy è il più richiesto al mondo e per questo motivo dobbiamo salvaguardare le aziende che investono sul territorio». Enrico Bracalente lancia un appello ai politici e alle istituzioni e illustra le strategie di Nero Giardini Renata Gualtieri

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n un periodo economico tanto delicato, in cui il mercato è in flessione, la scelta di Nero Giardini è stata di sostenere la cultura calzaturiera italiana, facendo del made in Italy il suo segno distintivo, evitando così di delocalizzare la produzione nei paesi a più basso costo. «Vogliamo sostenere il mercato - ribadisce Enrico Bracalente, amministratore unico dell’azienda fermana - dedicando una grande attenzione alle necessità dei nostri clienti e al contempo dimostrando una sensibilità sempre maggiore nei confronti del consumatore finale. La formula sta soprattutto in un’aggressiva politica sul prezzo e in investimenti mirati volti ad allargare la distribuzione, puntando su negozi monomarca e shop in shop, spazi vendita gestiti da noi all’interno di grandi catene». Quali risultati ha portato questa politica del prezzo? E come si salvaguarda la qualità dei prodotti? «Quando parlo di prezzi aggressivi mi riferisco soprattutto al fatto di esser riusciti, in media, a ta-

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gliare di circa 20 euro il prezzo al pubblico mantenendo lo stesso standard qualitativo dei prodotti aumentando il ricarico al retail. Ridurre i prezzi senza rinunciare alla qualità è possibile, grazie soprattutto a economie di scala, razionalizzazione dei costi e massima organizzazione. Il tutto grazie anche all’alta specializzazione della manodopera italiana formata nel nostro distretto calzaturiero che è il più importante a livello europeo». Cosa ha significato per l’azienda e per il territorio la scelta di non delocalizzare la produzione? «La nostra sede a Monte San Pietrangeli conta circa 10.000 mq in cui si concentrano tutte le funzioni relative all’organizzazione, lo stile e la distribuzione. A essa si aggiungono 4 stabilimenti di proprietà, dedicati alle catene di montaggio, e il coinvolgimento di ben 20 calzaturifici del distretto fermano-maceratese, che producono in esclusiva per il brand. La scelta di non delocalizzare si concretizza pertanto con oltre 2.000 addetti tra diretti e indotto, ai quali


Enrico Bracalente

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Dopo questa crisi torneremo a crescere, dunque serviranno giovani che vogliano impegnarsi in azienda per mantenere vivo il made in Italy

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si aggiungeranno entro il 2015 nuove assunzioni legate anche all’apertura dello stabilimento Giardini style di Comunanza». Il polo logistico da oltre 12.000 mq è primo nel suo genere in Europa per il settore delle calzature. Quali benefici porta alla razionalizzazione della distribuzione? «Il plus maggiore della nostra piattaforma logistica, e ciò che la rende davvero innovativa e all’avanguardia, è di essere un sistema completamente automatizzato di movimentazione e stoccaggio delle merci, in grado di razionalizzare e meglio organizzare lo stoccaggio e la distribuzione, così da garantire un maggior servizio ai nostri clienti. Quest’anno partiranno i lavori per un secondo polo logistico, che permetterà anche la movimentazione del singolo paio di scarpe». Ad agosto aprirà a Francoforte la prima boutique monomarca. Quali gli altri mercati nel mirino dell’azienda? E con quali progetti verrà dato ulteriore impulso all’internazionalizzazione? «I nostri piani di sviluppo prevedono lo stanziamento di 15 milioni di euro in 3 anni per l’apertura di negozi monomarca sia in Italia che all’estero. Oggi esportiamo circa il 15 per cento del fatturato, ma l’obiettivo è di raggiungere il

40 per cento. Lo scorso dicembre abbiamo inaugurato la nostra prima vetrina in Cina, a Nanjing, e grazie a un accordo con un partner locale puntiamo a raggiungere quota 100 negozi in 10 anni. Oltre alla Russia, che per noi è un mercato oramai consolidato, stiamo portando avanti il piano di sviluppo anche su altri mercati europei come Belgio, Spagna, Francia, Germania, Austria e Repubblica Ceca. Ma, naturalmente, non vogliamo trascurare il nostro mercato principale che è l’Italia, dall’inizio dell’anno abbiamo aperto a Fano, Rimini, Orio al Serio, Bologna e presto inaugureremo a Trieste e Roma. Entro il 2013 conteremo 30 negozi diretti ed altri 20 sono previsti nel 2014». Ha sottolineato più volte che tra scuola e impresa esiste un profondo gap. Come colmarlo? E quanto è importante per un’azienda investire nella formazione? «Investire nei giovani e nella loro formazione è di certo uno degli antidoti anticrisi. Dal canto nostro, abbiamo istituito e finanziato interamente un corso di formazione professionale intitolato “Operatore per la calzatura”, in collaborazione con il Centro Artigianelli di Fermo. Il corso, rivolto a ragazzi di età compresa tra i 16 e i 18 anni, ha l’obiettivo di creare personale qualificato da inserire all’interno dell’azienda, e vuole essere una valida alternativa al vuoto di opportunità occupazionali che affligge il nostro Paese, supportando al contempo il settore calzaturiero locale. Sono convinto, infatti, che dopo questa crisi torneremo a crescere e dunque serviranno giovani che vogliano impegnarsi in azienda e mantenere la nostra tradizione made in Italy».

Enrico Bracalente, amministratore unico dell’azienda Nero Giardini

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AGROALIMENTARE

Il futuro dell’agroalimentare di Mario Guidi, presidente di Confagricoltura n sondaggio Ipsos, presentato all’Academy di Confagricoltura, definisce gli agricoltori un campione particolarmente preoccupato, rispetto al resto della popolazione, per la crisi che il Paese sta attraversando. Per due imprese su tre il peggio deve ancora arrivare e per quasi la metà di loro la crisi è più grave di quello che si pensa. Eppure proprio il settore primario è fondamentale per il nostro sistema economico e può fornire un aiuto tangibile per uscire dalla crisi, a patto che venga dato nuovo slancio al sistema agroalimentare nazionale. La vitalità dell’imprenditoria più moderna e organizzata è confermata dai dati Istat sull’occupazione nel nostro Paese che evidenziano un aumento del +3,6 per cento del lavoro dipendente, in controtendenza con quanto sta avvenendo negli altri comparti produttivi. Tutto il sistema agroalimentare, compreso l’indotto, vale il 17 per cento del Pil italiano, garantisce occupazione a oltre tre milioni di lavoratori e rappresenta quasi il 10 per cento dell’export nazionale. Il nuovo governo ha davanti a sé un compito non semplice. Deve procedere sulla strada delle riforme e delle politiche necessarie a dare risposte efficaci alle esigenze della società e dell’economia reale, attraverso interventi per la crescita e la competitività. Servono politiche di rafforzamento dell’impresa e della cooperazione; rilancio della ricerca

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e dell’innovazione; ricambio generazionale; incentivi per il mercato del lavoro; rafforzamento degli strumenti per il credito; semplificazione burocratica; riduzione dei costi produttivi, contributivi e fiscali; valorizzazione e rilancio del made in Italy sui mercati internazionali. Siamo in una fase decisiva per il futuro dell’agricoltura e dell’agroalimentare del nostro Paese, anche sul fronte europeo. Anche la riforma della Pac è giunta a una fase cruciale. Sono avviati gli incontri tra Consiglio, Parlamento e Commissione ed è fondamentale poter contare su un governo forte, capace di tutelare e salvaguardare gli interessi dei produttori e delle imprese. Va trovato il giusto equilibrio tra la definizione di agricoltore attivo, professionale e rivolto al mercato e il sostegno ai piccoli agricoltori. Sul tema del greening, l’obiettivo è quello di far coesistere le corrette pratiche agronomiche per la tutela dell’ecosistema e il mantenimento dei livelli produttivi, essenziali per rispondere alla crescente domanda mondiale di prodotti agricoli. Rispetto alle misure di mercato e al “secondo pilastro” servono adeguati strumenti destinati essenzialmente alle imprese agricole e non a soggetti esterni al settore. Tanto più che rischiamo di avere meno risorse per la programmazione. Così come vanno sostenute organizzazioni dei produttori “attive”, costituite da agricoltori e finalizzate all’aggregazione e alla commercializzazione della produzione dei propri soci.



AGROALIMENTARE

La parola d’ordine è diversificare Le Marche sono l’emblema di un processo di industrializzazione rurale, fondato cioè su risorse, lavoro, risparmio e terra della famiglia agricola allargata. Giovanni Manzotti illustra i punti di forza del sistema marchigiano Nicolò Mulas Marcello

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Giovanni Manzotti

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a presenza diffusa della popolazione e delle attività economiche, nelle aree rurali, che favoriscono il mantenimento delle condizioni socio-economiche rappresentano una leva stretegica per l’agricoltura marchigiana. «La popolazione - spiega Giovanni Manzotti, presidente di Confagricoltura Marche è in leggera crescita grazie soprattutto ai flussi di immigrazione. Ciò è segno di una vivacità sociale ed economica che consente il mantenimento di buone condizioni di vita nelle aree interne. Inoltre, i poli urbani sono di medio piccola dimensione per cui la campagna è in generale a poca distanza dai centri abitati e un numero crescente di cittadini sceglie di abitare nelle aree rurali perturbane». Come sta affrontando la crisi economica questo settore? «Nonostante la grave congiuntura economica, il comparto agricolo è l’unico settore che riesce a fronteggiare la crisi, non senza difficoltà, ma mantenendo l’occupazione, anzi, in alcuni casi aumentandola. Questo dimostra una vivacità maggiore rispetto a tutti gli altri settori. Due i motivi principali: il primo è che l’agricoltura non delocalizza, tutti gli utili conseguiti o i contributi ricevuti rimangono sempre nel territorio di produzione, dove, o rivengono investiti o spesi in beni e servizi. In secondo luogo, poiché il settore primario da sempre è abituato a confrontarsi con utili bassissimi rispetto al capitale investito, riesce normalmente a superare congiunture difficili. È il caso ad esempio delle calamità naturali da siccità, da freddo o sanitarie. Ciò non toglie che se seguiterà questo stato di cose, con un tale aumento sconsiderato della pressione fiscale, la situazione potrebbe peggiorare sensibilmente, basti pensare all’Imu sui fabbricati rurali o all’aumento continuo dei moltiplicatori per i redditi catastali dominicali e agrari. Il tutto a parità, se non in aumento, di una burocrazia folle tipica di uno Stato che non conosce le proprie attività economiche e produttive». Possiamo quantificare le esportazioni di prodotti agroalimentari marchigiani in Italia e all’estero? «A livello generale, l’aumento dell’export rispetto al 2011 è stato del 2 per cento. Tra i principali settori del made in Italy, il prodotto più esportato

si conferma il vino, con 4,5 miliardi (+7%), davanti all’ortofrutta fresca (3,9 miliardi di euro), che resta sostanzialmente stabile, così come l’olio (1,2 miliardi). Aumenta la pasta, che rappresenta una voce importante del made in Italy sulle tavole straniere con 2,1 miliardi (+7%). Analizzando le performance dei prodotti nei singoli Stati si scoprono aspetti sorprendenti soprattutto sul mercato cinese, dove si registra un vero e proprio boom dei prodotti della dieta mediterranea. Questa è la dimostrazione che nel grande mare della globalizzazione, l’Italia si salva solo collegandosi a quei prodotti, quei manufatti, quelle modalità di produzione che sono espressione diretta dell’identità italiana, dei suoi territori, delle sue risorse umane. L’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare se ci fosse una tutela più efficace nei confronti della “agropirateria” internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale». Parliamo di competitività. Come affrontano questo aspetto le imprese agricole del territorio? «Le imprese agricole delle Marche, una regione in cui l’agricoltura contribuisce a meno del 3% del valore aggiunto totale e in cui le aree rurali occupano buona parte del territorio, si trovano oggi a dover fare delle scelte fondamentali per garantirsi un futuro e a contribuire allo sviluppo socio-economico della regione. Oggi la regione si trova a uno stadio di sviluppo non più prettamente industriale, ma basato sull’integrazione economica di tutti i settori (agricoltura, industria, servizi). E questa profonda integrazione non può che fondarsi su uno sviluppo territoriale equilibrato tra aree urbane e rurali, perciò l’agricoltura assume di nuovo un ruolo centrale. Non è l’agricoltura a cui ci eravamo abituati, specializzata, capitalintensive e destrutturata, ma un’agricoltura, la stessa promossa in Europa, multifunzionale, diversificata e integrata. Gli agricoltori marchigiani sono i protagonisti di questo trapasso fondamentale e più essi saranno capaci di comportarsi da imprenditori delle proprie aziende, tanto maggiore sarà il valore che sapranno creare. La parola d’ordine è diversificare». MARCHE 2013 • DOSSIER • 67




La cucina italiana fa il giro del mondo Obiettivo: promozione a livello globale. È partito da Milano lo scorso aprile il progetto itinerante di comunicazione e marketing promosso da FederlegnoArredo che toccherà Londra, New York, Mosca e Shanghai per approdare a Eurocucina 2014

ederlegnoArredo, in occasione del Salone Internazionale del Mobile 2013, ha presentato a Milano il progetto “Cucina, Anima, Design: L’Italia che Vive” un piano di marketing e comunicazione articolato, volto a sostenere il comparto della “cucina italiana” come eccellenza del made in Italy nel mondo

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UN VIAGGIO LUNGO UN ANNO

Immagini della presentazione del progetto “Cucina, Anima, Design: L’Italia che Vive” tenutasi in occasione del Salone Internazionale del Mobile 2013 (Milano) www.italiachevive.it

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Il progetto prevede un viaggio di dodici mesi che ha preso il via da Milano e, dopo aver attraversato l’Europa, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, si concluderà a Eurocucina 2014, il Salone Internazionale biennale dei Mobili per Cucina. Il programma è articolato in diverse fasi: la prima sarà il Kitchen Road, un tour internazionale che toccherà le più importanti città dei diversi continenti, come Londra, New York, Mosca e Shanghai promuovendo l’ingegno, la creatività e l’eccellenza delle aziende italiane ai più importanti


FederlegnoArredo

professionisti internazionali del settore. In concomitanza con il road show inizierà la realizzazione di un libro illustrato, il Kitchen Book, che attraverso le immagini racconterà la cucina come teatro dello stile di vita italiano. Per sensibilizzare ulteriormente il pubblico degli addetti ai lavori, FederlegnoArredo ha inoltre pensato a un premio internazionale, il Kitchen Award 2014, con l’obiettivo di riconoscere merito e visibilità a chi lavora per la qualità del prodotto. Infine, a Eurocucina 2014, sarà allestito l’Eurocucina Temporary Show, uno spazio concepito per attraversare l’anima, la tradizione e l’evoluzione del solo ambiente domestico che interpreta autenticamente l’italianità. A ospitare l’esclusiva serata di presentazione del progetto, è stato l’ultimo piano del Diamond Tower, il nuovo diamante architettonico incastonato nel landscape meneghino nei pressi di Porta Nuova. La prossima tappa, invece, si terrà il 2 luglio a Londra presso la City Hall. UNA NUOVA LEADERSHIP

Attraverso questo progetto, FederlegnoArredo vuole sostenere la leadership internazionale dei produttori nostrani di cucine, in un mercato ormai globalizzato e fortemente concorrenziale che obbliga le imprese a rinnovarsi e strutturarsi per essere più competitive. Non

“L’Italia che Vive” esprime un concetto di bellezza di sistema, che trova la sua giustificazione nella percezione di un modo di vivere diverso e positivo

basta più concentrare i propri sforzi sul presidio delle competenze tradizionali, ma nasce l’esigenza di promuovere nel mondo un concetto di made in Italy che si trasforma e si rinnova nell’idea dell’“Italia che Vive”: una nuova filosofia che posiziona nell’immaginario collettivo internazionale l’Italia dell’arredamento come elemento distintivo, del prodotto di design del Bel Paese. Le nostre aziende, infatti, non creano solo cucine di elevato artigianato, tecnologia e design innovativo: realizzano luoghi che, nell’idea alla base della comunicazione studiata all’interno del progetto, sono il teatro della nostra tradizione. Un’espressione, quindi, delle passioni tipiche del carattere italiano, trasmesse dai nostri maestri, che nei secoli si sono posti come un’avanguardia tecnologica e artistica nel mondo. Tradizione e innovazione, dunque, non possono che andare di pari passo, su- MARCHE 2013 • DOSSIER • 71


IMPRESA E SVILUPPO

L’UNIONE FA LA FORZA l nuovo progetto “Cucina, Anima, Design: L’Italia che Vive” di FederlegnoArredo, coinvolge in prima persona le più importanti aziende italiane del comparto delle cucine. Tra queste, Scavolini, da sempre uno dei brand maggiormente riconosciuti in Italia e nel mondo. «È stata una scelta importante quella di FederlegnoArredo di avviare un progetto di questo genere - sottolinea Vittorio Renzi, direttore generale di Scavolini -.Certamente il contesto economico internazionale non è facile; è vero che in molti paesi le opportunità ci sono, ma è altrettanto vero che il livello di competizione è cresciuto. Le cucine realizzate dalle aziende italiane sono ancora al top per qualità e stile. Il modo di vivere italiano è tutt’oggi un brand in tutto il mondo. Per questo è fondamentale riuscire a creare iniziative che riescano davvero a lasciare il segno. È una battaglia vinta se la combattiamo insieme e il progetto avviato da FederlegnoArredo può darci questa opportunità».

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perando l’apparente paradosso con la

manifestazione di un’estetica inconfondibile. Non resta che ricordarlo al resto del mondo. Quello che il progetto si ripropone, quindi, è rilanciare gli imprenditori che da questa tradizione attingono con slancio, per raggiungere nuove soluzioni. Questo rappresenta per le imprese della cucina un’opportunità per sostenere la loro competitività a livello globale: non si vuole rappresentare solo l’indiscussa superiorità manifatturiera, ma mostrare soprattutto il potere evocativo generato dalla filosofia del saper vivere, dell’eccellenza gastronomica, che consentono di distinguersi come il paese della moda, del cinema, dell’auto, dei motor yacht, del design, dell’arte, del vino e del cibo mediterraneo. L’“Italia che Vive” esprime un concetto di bellezza di sistema, che trova la sua giustificazione nella

La prossima tappa de “L’Italia che Vive” sarà il 2 luglio a Londra presso la City Hall

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percezione di un modo di vivere diverso e positivo. Vuole richiamare i valori del bello, della gioia e del piacere, tanto da far percepire il singolo prodotto di qualità come simbolo dell’intero sistema Italia. Roberto Snaidero, Presidente di FederlegnoArredo, Giovanni Anzani presidente di Assarredo, Claudio Luti Presidente Cosmit e Philippe Daverio, illustre storico dell’arte, hanno preso parte lo scorso aprile a Milano a una esclusiva conversazione con Cristina Parodi, sul potere evocativo internazionale del made in Italy. Un’ulteriore testimonianza del valore culturale intrinseco che si può riconoscere anche nelle scelte e nelle competenze della nostra manifattura. I professionisti che lavorano alla “composizione” del cuore domestico, la cucina appunto, danno vita a un’attività che di diritto entra nel novero degli ambiti made in Italy più celebri. Insomma, non si poteva fare a meno di valorizzare, come meritano, le capacità straordinarie delle nostre imprese di settore: ora si aspettano i frutti dell’“Italia che Vive”, un’operazione di comunicazione resa molto più semplice, data la qualità di cui si fa portavoce.



IMPRESA E FORMAZIONE

Oggi la concorrenza ci rende più poveri Dal pensiero di Adriano Olivetti alla profonda trasformazione economica e sociale dei nostri giorni. Giuliano Calza inquadra la struttura del mercato e del lavoro nel prossimo futuro, in cui «l’unico modo di competere sarà cooperare» Renato Ferretti

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Giuliano Calza

he la crisi non sia altro che l’effetto di un cambiamento epocale ancora in corso, si può dire ormai l’ipotesi più accreditata. In che modo si presenterà l’economia, e di conseguenza la società stessa, dopo la lunga scossa di assestamento, è la domanda che rappresenta ora il vero nodo: il mondo imprenditoriale è chiamato ad adeguarsi alla trasformazione in atto, quindi a prevedere al meglio la nuova configurazione. Un compito difficile, soprattutto se si considera che non si tratta di anticipare i tempi in termini di tecnologia o innovazioni in genere. «Ciò che deve cambiare è la mentalità, il modo stesso di pensare all’impresa». Si esprime così, sull’attuale situazione imprenditoriale italiana, Giuliano Calza, direttore generale dell’ISTAO (Istituto Adriano Olivetti di studi per la gestione dell’economia delle aziende) di Ancona. L’ISTAO, fondato nel 1967 dal noto economista Giorgio Fuà, è una business school no profit, nata con l’obiettivo di unire la teoria economica del professor Fuà al metodo imprenditoriale di Adriano Olivetti, cui il nome dell’istituto è dedicato. L’analisi che Calza fa del contesto odierno e il suo sviluppo nel prossimo futuro, esula dalle cifre e dai calcoli complessi che spesso il linguaggio economico impone. «Le Pmi – spiega Calza – compongono il tessuto industriale italiano, con un evidente svantaggio in termini di risorse da investire rispetto agli scenari meno polverizzati di molti altri stati occidentali. Ma sono ancora proprio queste imprese a rappresentare il futuro del paese, perché quelle più grandi presto o tardi si aggre-

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In apertura, un momento d’aula. In alto, da destra, Andrea Merloni, presidente ISTAO, e l'economista Dominick Salvatore durante la conferenza stampa alla seduta inaugurale dell'a.a. ISTAO 2012-2013 www.istao.it

2000 GLI STUDENTI CHE HANNO OTTENUTO IL MASTER DALL’ISTAO, FIN DAL 1967: CIRCA IL 50% È OCCUPATO IN AZIENDE MARCHIGIANE

gheranno o saranno fagocitate dalle multinazionali di paesi più ricchi di risorse di noi. L’unica soluzione per le nostre Pmi è di fare rete perché, per evitare che il pesce più grande mangi quello più piccolo, bisogna lavorare affinché il pesce più veloce sfugga da questo triste destino». Se ne parla da tempo, eppure sembra esserci molta resistenza a riguardo. «Un’inerzia che ci paralizza. Bisogna superare il concetto di concorrenza perché oggi la concorrenza non ha più motivo di essere: la competizione cui siamo abituati è solo una guerra tra poveri. I piccoli imprenditori devono fare rete e condividere le esperienze, devono finanziare in rete la loro ricerca secondo scopi comuni. Si prenda ad esempio il calzaturiero, che nel territorio marchigiano ha un certo peso: se si riuscisse ad affidare la ricerca a enti esterni come i laboratori universitari o le società di consulenza, e se il prodotto innovativo fosse condiviso in tutto il distretto, i vantaggi sarebbero molto più grandi di quelli conquistati dalle Pmi a piccolissimi passi e al prezzo di sforzi mastodontici. Casi specifici e unici di innovazione, ad esempio i fori traspiranti, sono assolutamente eccezionali. I distretti faranno la differenza, è nella rete che la piccola impresa può cogliere opportunità altrimenti impossibili». Come vi ponete in questa prospettiva? «Quello che cerchiamo di fare è proprio da punto di riferimento per la creazione di una rete. A tutti diamo lo stesso servizio, senza distinzione per livelli di contribuzione. Questo perché altrimenti non c’è sviluppo, non c’è crescita, non c’è futuro. L’ISTAO è un punto di riferimento per le im- MARCHE 2013 • DOSSIER • 75


IMPRESA E FORMAZIONE

LA SCUOLA DEGLI STUDENTI ECCELLENTI iuliano Calza, direttore generale dell’ISTAO (Istituto Adriano Olivetti di studi per la gestione dell’economia delle aziende) di Ancona, spiega la struttura della sua business school no profit, in cui i primi a essere scelti in base alle capacità sono proprio gli studenti. «Ci sono tre macro-aree – dice Calza –: didattica, progetti speciali e ricerca. La didattica è quella su cui puntiamo di più al momento ed è intesa come Master per neolaureati ed executive education per imprenditori e manager. I corsi sono divisi in general management, international management, e human resources, marketing, export management e imprenditorialità di avviamento d’impresa. Sono tutti a numero chiuso, ne accettiamo solo venti. Per esempio quest’anno abbiamo un corso di soli quindici allievi: da questo è chiaro il nostro modo di operare. Infatti, abbiamo ritenuto che non ci fossero abbastanza allievi meritori secondo i nostri requisiti: quindi siamo disposti a rinunciare a quote di iscrizione a vantaggio della qualità del Master. Vogliamo poter scegliere e, quindi, non ci impegniamo solo a cercare l’eccellenza nelle nostre persone, nelle docenze e nei contenuti ma, soprattutto, la cerchiamo negli studenti che devono partire, per essere selezionati, da conoscenze linguistiche, informatiche e background universitario già elevati».

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prese del territorio, con cui il legame è forte. Co-

stituiamo uno dei centri della cultura e dell’educazione superiore nelle Marche, e ci poniamo l’obiettivo di aiutare a far crescere quest’area. Siamo il fulcro di un comitato di coordinamento che mette a sistema le quattro università marchigiane, le cinque Confindustrie e le Camere di Commercio. Nonostante ci sia la partecipazione

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di imprese extra-regionali, infatti, di 70 aziende socie dell’Istituto, 60 sono marchigiane». Perché le imprese si rivolgono a voi e vi sostengono? «Per l’interesse nei confronti dei nostri studenti. L’ISTAO ha negli studenti i suoi punti di forza, sono ambasciatori della scuola, per questo anche altre aziende non marchigiane si sono interessate. Quello che offriamo è un percorso di studi che forma la nuova generazione d’imprenditori, secondo i principi ancora validi di Olivetti e Fuà». Cosa vi distingue dalle altre business school? «La competenza e la professionalità di chi lavora all’interno della struttura e la metodologia didattica innovativa che trae esempio dal modello americano e lo perfeziona. Partiamo sempre da case studies e cioè situazioni che succedono nella realtà, parliamo dei problemi reali che hanno le aziende e da queste ricostruiamo la teoria, cercando di trasferire il primo fondamentale insegnamento e cioè ragionare e agire con approccio innovativo, che significa avere la mente aperta a soluzioni non ancora concepite. Un altro aspetto importante sono le nostre dimensioni: siamo una nicchia e questo giova al rapporto che si instaura tra ISTAO e i suoi studenti». In che modo il metodo di un imprenditore


Giuliano Calza

Siamo il fulcro di un comitato di coordinamento che mette a sistema le quattro università marchigiane, le cinque Confindustrie e le Camere di Commercio

degli anni cinquanta continua a essere attuale? «Olivetti metteva l’accento su concetti che proprio ora sono decisivi: innovazione, internazionalizzazione e responsabilità. Per innovazione non s’intende solo quella che riguarda il prodotto o le nuove tecnologie, ma anche funzioni, processi e modalità. L’internazionalizzazione era fondamentale anche allora nel pensiero di Olivetti, tanto che fu uno dei primi a sbarcare negli Stati Uniti. Il terzo punto è forse oggi quello più delicato e riguarda la responsabilità sociale della classe imprenditrice. Il loro ruolo vorrebbe un impegno diretto nei confronti della comunità di appartenenza. Per questo la visione economica di Olivetti prevedeva di trarre valore dal profitto. In altre parole, il profitto è indispensabile ma dev’essere orientato a ottenere valore aggiunto per la persona che l’ha permesso». Dall’innovazione e dalla responsabilità sociale si ritorna al concetto di cooperazione e quindi di rete. «Se le imprese “olivettiane” fossero la maggioranza fare rete sarebbe un movimento spontaneo,

gli imprenditori si avvicinerebbero tra loro senza bisogno di coordinamenti, seguendo il concetto di comunitarismo tanto caro ad Olivetti. Le imprese olivettiane oggi sfortunatamente non sono molte. I più giovani hanno capito che il vecchio modello è da sostituire: non è detto che ci debba essere un’azienda più forte che prevale su tutte le altre. Il primo modello di gestione, dunque, è ampiamente superato dai fatti: bisogna vendere per produrre, non produrre per vendere, smettendo di cercare il prodotto che sbaragli tutti gli altri, ma lavorare per creare prodotti innovativi, di design e qualitativamente superiori. Il problema è trasferire questa consapevolezza a chi tiene i cordoni della borsa». Come giudica l’atteggiamento delle istituzioni a riguardo? «Le ultime riforme del lavoro sono misure volte alla garanzia della tutela e del controllo. Questo non è riformare ma restaurare. Siamo ancora troppo abituati al posto fisso, al sogno del contratto a tempo indeterminato. Manca il coraggio, il futuro sta nella flessibilità totale».

Sopra, da destra, Giuliano Calza, direttore generale, e Gian Luca Gregori, vice presidente ISTAO, durante un intervento al Festival di cultura olivettiana

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

Esportiamo la sostenibilità Dal trattamento delle acque alle opportunità nei mercati internazionali, che, come quello cinese, si aprono ora agli esempi “etici e sostenibili” di crescita territoriale. Sandro Rossi sul ruolo potenziale delle aziende italiane Remo Monreale

nche in Cina, ora, il problema dell’inquinamento inizia a essere molto sentito. Da qui l’interesse per nuove forme di gestione dello sviluppo, uno sviluppo che non dà segni di rallentamento e che porta a investimenti in energie rinnovabili e servizi ambientali. Il mondo occidentale, e per certi versi l’Italia in modo particolare, si pone la questione da decenni prima che divenisse un’emergenza nei Bric. L’esperienza nel settore di paesi come l’Italia, quindi, non è da sottovalutare, anzi. «Abbiamo iniziato a inserirci in Cina non tanto come singola azienda, ma come “sistema”, facendoci portatori dei valori del nostro territorio e di un modello di sviluppo locale, territoriale, che ci contraddistingue». A parlare è Sandro Rossi, amministratore delegato della Simam Spa, che così offre un esempio delle opportunità di mercato per le attività concepite secondo un modello etico e sostenibile. Simam Spa è una società d’ingegneria che opera nel settore del trattamento acque. «Dal 1994 – spiega Rossi – , anno di fondazione, le aree di business della

A Sandro Rossi, amministratore delegato di Simam Spa, con sede a Senigallia (AN). Nella pagina a fianco, una veduta di Pechino www.simamspa.it

90%

IL RECUPERO DELLE ACQUE CHE ORA È POSSIBILE RAGGIUNGERE CON IL SERVIZIO D’INTERVENTO SVOLTO DALLA SIMAM SPA

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società hanno incluso anche i settori delle bonifiche, dell’intermediazione e gestione di rifiuti industriali e dell’ingegneria pura. Oggi Simam è una società di servizi, che realizza anche attività di ricerca e sviluppo applicata, in sinergia con Università italiane e straniere e partner commerciali internazionali». Che importanza hanno assunto per voi i processi d’internazionalizzazione intrapresi? «L’internazionalizzazione è un passaggio necessario se si vuole rimanere nel mercato. Bisogna conoscere e studiare approfonditamente i territori, la loro cultura e l’organizzazione economica dei paesi. Siamo presenti nel continente


Sandro Rossi

Africano, ormai da qualche anno, in Costa d’Avorio, poi in Mozambico e, recentemente, in Senegal. In Europa ci siamo aperti alla Croazia, piccolo paese nel quale abbiamo individuato alcuni segmenti di mercato interessanti. Nell’ultimo anno stiamo guardando con grande interesse alla Cina, siamo appena rientrati da una missione a Pechino, organizzata in occasione della fiera Ciftis, Beijing International Trade in Services Affairs Center». Come siete posizionati su questo mercato? «Lo stiamo esplorando. La Cina è un paese in crescita, solo nel prossimo decennio il piano edilizio prevede la costruzione di abitazioni per più di 450 milioni di persone. Le differenze culturali, sociali e politiche sono molte. Le dimensioni tra mercato cinese e italiano non hanno paragoni. Ciò che da noi è considerato grande, in Cina non lo è affatto. Non è un caso che Simam abbia partecipato a Ciftis (China International Fair for Trade in Services) facendosi promotrice di un gruppo d’imprese marchigiane che rappresentano l’eccellenza negli specifici ambiti settoriali. Contestualmente

Le autorità cinesi sono molto interessate alle forme di sviluppo sostenibile, a basso impatto ambientale e sociale

siamo stati promotori d’incontri istituzionali tra autorità cinesi, tra cui il vice sindaco di Pechino, e una delegazione di sindaci marchigiani: Maurizio Mangialardi di Senigallia, Romano Carancini di Macerata, Barbara Toce di Pedaso. Le autorità cinesi sono molto interessate a dialogare su forme di sviluppo sostenibile, a basso impatto ambientale e sociale». Oltre all’internazionalizzazione, qual è l’aspetto della vostra attività su cui contate di più? «Uno dei nostri principali obiettivi è quello di mantenere una visione di lungo periodo di sviluppo competitivo attraverso l’innovazione, proponendo nuove soluzioni tecniche e cavalcando nuovi settori. Per esempio, nel trattamento acque, in Italia siamo stati i primi a for- MARCHE 2013 • DOSSIER • 79


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Si evince un impegno sostanzioso in ricerca e sviluppo. «Il nostro laboratorio conta dieci ricercatori impegnati in una serie di progetti di ricerca industriale di sviluppo precompetitivo. Stiamo lavorando sull’applicazione delle tecniche separative a membrana, osmosi diretta e inversa, con due partner internazionali: la statunitense Hti e la cinese Motimo. Con entrambe abbiamo siglato degli accordi commerciali per il mercato italiano e partnership in attività di ricerca e sviluppo. La nostra è una società di servizi e la nostra ricchezza è nella conoscenza, bene immateriale di nire un servizio che prevedeva il noleggio delcui ogni singolo dipendente, a diverso titolo e l’impianto, la gestione del trattamento e l’as- grado, si fa portatore. È per questo che consisunzione di responsabilità amministrativa e le- deriamo i dipendenti il vero valore aziendale e gale degli scarichi. Global Service è il nostro cerchiamo di attuare delle politiche di crescita sistema integrato di servizi con cui proget- e di sviluppo dell’azienda che corrispondono, tiamo, costruiamo e gestiamo impianti “chiavi in parallelo, a degli investimenti di crescita e in mano”. Questo approccio, che oggi è di- sviluppo del nostro personale». ventato standard comune, agli inizi ci ha perIn cosa si sono concretizzati questi invemesso di spiazzare la concorrenza. Negli ul- stimenti? timi anni il nostro concetto di servizio di «Da sempre propendiamo per una stabilizzatrattamento acque si è ulteriormente evoluto. zione dei contratti di lavoro. Recentemente Oggi Simam propone impianti che permet- abbiamo organizzato anche una serie di corsi di tono anche il recupero delle acque. Ci sono formazione interna in cui un dipendente, a voluti anni di studio, di ricerca e investimenti fronte di una conoscenza specifica acquisita, si consistenti, senza i quali non avremmo potuto è proposto come docente per trasferirla ai colottenere le percentuali di recupero che ora leghi, attraverso corsi con lezioni di costruraggiungiamo». zione collaborativa del sapere. Sono fermamente convinto che nessuna ripresa economica possa fare a in Italia come altrove, Bisogna conoscere e studiare meno, di un percorso di affermazione approfonditamente i territori, la loro cultura del valore del lavoro e dele l’organizzazione economica dei paesi l’uomo che, alla fine, è valore d’impresa».

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il distretto di Fabriano guarda all’estero embra essere colpito da uno scossone dietro l'altro, ma il distretto dell'elettrodomestico di Fabriano non si ferma. La crisi della domanda europea ha messo alle strette le imprese del distretto industriale e l’innovazione dei prodotti e dei sistemi di produzione, oltre alla scelta di internazionalizzarsi fino in fondo, sembrano essere ora le uniche ancore di salvataggio per uno dei comparti degli elettrodomestici più importanti d’Italia. «L’area di Fabriano sta vivendo una situazione difficilissima – racconta Lorenzo Biagini, Direttore commerciale della B.S. Service – eppure con molti sacrifici alcune aziende locali riescono ancora a far apprezzare il made in Italy in molti paesi del mondo». B.S. Service nasce come ditta individuale avente come attività principale la lavorazione di metalli a freddo, quali stampaggio e assemblaggio di componenti per conto terzi. Successivamente, vista la delocalizzazione produttiva che alcune aziende iniziavano ad attuare, la proprietà nel 2006, ha è deciso di investire nella realizzazione e produzione di un proprio prodotto finito, cappe aspiranti decorative, commercializzate fin dall’inizio con il proprio brand Ntair. «Fin da subito si è iniziato a investire nell’area commerciale e tecnica, inserendo un responsabile commerciale e un responsabile tecnico. Questa scelta, sicuramente “azzardata” in quel momento, ha invece portato giovamento importante in breve tempo; tant’è che oggi le due aree di riferimento, come area tecnica e commerciale appunto, contribuiscono in prima linea alla crescita aziendale che si sta registrando ormai anno su anno. Avere un reparto tecnico interno composto da 6 persone tra progettisti e tecnici da alla filiera produttiva quella flessibilità e velocità nello sviluppo e nella

S

B.S. Service si trova a Fabriano (AN) www.ntair.it

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Il polo di Fabriano, considerato uno dei più importanti in Italia nella produzione di elettrodomestici, è sull’onda del ciclone. Per risollevarsi dovrà puntare ancor di più sulla qualità, il design e la produzione 100 per cento italiana. La parola a Lorenzo Biagini Marco Tedeschi

prototipizzazione di modelli e prodotti che permette all’area commerciale di confermare quella reattività e flessibilità nella customizzazione di prodotto che oggi giorno ogni cliente esige. La nostra attività principale è diventata nel tempo sicuramente quella della lavorazione di acciaio inox con la commercializzazione dei nostri prodotti sviluppati e realizzati al 100% internamente nella nostra azienda a Fabriano, senza comunque


Lorenzo Biagini

c aver mai abbandonato l’attività di lavorazione di stampaggio e assemblaggio che ci ha permesso di presentarci nel mercato». Decisione che è stata ampiamente ripagata. «Negli ultimi anni abbiamo registrato una crescita costante, arrivando a circa un + 17,50 per cento nel 2012 rispetto al 2011, chiudendo il bilancio dell’attività con un turnover di circa 7 milioni di euro. Questa crescita, dovuta principalmente all’incremento di nuovi mercati e al consolidamento di clienti “storici”, si sta confermando anche in questi primi 5 mesi del 2013. Al 31 Maggio abbiamo registrato infatti un incremento, rispetto al 31 maggio dell’anno scorso, di un ulteriore 23 per cento». Merito soprattutto della vocazione esterofila dei soci fondatori. «Da sempre – precisa Biagini - il nostro obiettivo è stato quello di investire e sviluppare mercati stranieri, in primis con l’ottenimento della certificazione “cCSA us”, che riguarda una intera gamma di prodotti rivolti al mercato USA, e altre approvazioni per mercati ricchi ed emergenti, i quali contribuiscono ad accrescere costantemente la porzione di fatturato derivante dall’export. Nei primi 5 mesi di quest’anno abbiamo inaugurato in maniera autonoma e senza alcun supporto esterno, ma con la sola unione consortile con altre aziende italiane con prodotti complementari ai nostri, un nuovo showroom a

Nei primi 5 mesi di quest’anno abbiamo inaugurato un nuovo showroom a Dubai, utilizzato come polo strategico per poter far visionare i nostri prodotti

d

Dubai (Uae), utilizzato come polo strategico per incontrare e poter far visionare e far toccare con mano i nostri prodotti ai clienti di quell’area. Incrementare il mercato, possibilmente con la commercializzazione di prodotti a nostro brand - sinonimo di qualità, design e produzione 100 per cento italiana - è la nostra mission, continuando a investire nella ricerca di nuove soluzioni tecniche e di design, cercando di posizionarci in quella fascia di mercato dove ancora il “made in Italy” viene apprezzato e riconosciuto come plus. L’intenzione è sicuramente quella di accrescere la presenza di Ntair nel mondo attraverso nuovi distributori, come già fatto in Germania, Usa, Russia ed Emirati, dove con showroom e rappresentative office riusciamo a dare quel servizio e quella presenza sul mercato che ogni cliente oggi impone. Il segreto – conclude Biagini – resta quello di continuare a puntare sull’attività di ricerca e sviluppo sia di nuovi mercati che di nuove soluzioni tecnico-estetiche che ci differenziano e valorizzano il prodotto made in Italy. Soluzione che contribuirà sicuramente a risollevare il distretto fabrianese». MARCHE 2013 • DOSSIER • 83


INTERNAZIONALIZZAZIONE

La ricerca sull’eccellenza operativa È fondamentale per crescere in un mercato competitivo. Per l’impresa che vuole confrontarsi con la realtà globale e con quella del Sistema Italia. Ne parla Roberto Lorenzoni Luca Càvera

ompetere con i paesi in via di sviluppo e i loro bassi costi, con paesi che hanno agevolazioni fiscali o contributive e nonostante l’attuale andamento dei tassi di cambio. Una sfida persa in partenza? Secondo Roberto Lorenzoni, amministratore delegato della Caterpillar Hydraulics Italia, filiale Italiana della divisione Componenti e sistemi della Caterpillar Inc., la risposta è no. Ma qual è la strategia? «La domanda è complessa – afferma Lorenzoni – e non credo di avere risposte valide per tutte le

C 84 • DOSSIER • MARCHE 2013

circostanze. Posso solo dire qual è la ricetta che noi abbiamo individuato. A mio avviso è possibile vincere questa sfida solo alzando il livello di servizio ai partner e diventando più efficienti, anche attraverso l’eliminazione di tutti gli sprechi. In due parole applicando quella che noi definiamo l’eccellenza operativa – che dato il quadro di riferimento generale e le condizioni di contorno, è l’unico fattore up to us, cioè che possiamo gestire direttamente. In effetti credo che il cambiamento, inteso come processo per il miglioramento continuo, sia essenziale se vo-


Roberto Lorenzoni

In apertura, value stream della Caterpillar Hydraulics Italia Srl di Jesi (AN), filiale Italiana della divisione Componenti e sistemi della Caterpillar Inc. A fianco, Roberto Lorenzoni, amministratore delagato della società www.caterpillar.com

gliamo superare questo momento di crisi e crescere. Soprattutto viste le mutate condizioni economiche globali. Negli ultimi anni, noi della Caterpillar Hydraulics di Jesi ci siamo dedicati a interpretare questa forma di cambiamento e, a parte le inevitabili difficoltà iniziali, questa forma mentis ha conquistato via via maggiori consensi – e forse questo è il fatto più rilevante in termini di futuri investimenti». LA SPECIALIZZAZIONE E IL MERCATO

Caterpillar Inc. è una multinazionale del settore delle macchine da miniera e da costruzione, motori di propulsione, motori e turbine a gas, mentre nella filiale marchigiana – che serve principalmente l’Europa, ma anche Nord America, Brasile e Giappone – si costruiscono componenti idraulici per macchine movimento terra e in particolare cilindri idraulici. «Dopo la pesante crisi del 2009, gli ultimi due anni – prosegue Lorenzoni – sono stati caratterizzati da una buona crescita, anche se, negli ultimi mesi del 2012 e nella prima parte di quest’anno, abbiamo subìto un deciso rallentamento. Infatti, stiamo assistendo in generale a una crescita della domanda a livello mondiale, ma con fluttuazioni cicliche sempre più accentuate e con una rilevante disparità tra le singole aree geografiche. Oltre ai Bric (Brasile, Russia, India e Cina), il cui tasso di crescita sta facendo aumentare quello medio mondiale, stiamo assistendo a una certa ripresa nel settore della costruzione edilizia in Nord America, mentre alcune aree come l’Europa non stanno crescendo. L’Italia, in particolare nel settore delle costruzioni, è in forte calo rispetto a qualche

Stiamo assistendo a una crescita della domanda a livello mondiale, ma con fluttuazioni cicliche sempre più accentuate e disparità geografiche

anno fa. Se coniughiamo questo rallentamento del mercato alla sempre più insistente azione di competitori cosiddetti low cost, per le imprese che hanno il loro mercato in Italia oppure in Europa, il quadro di riferimento diventa piuttosto complesso».

L’ECCELLENZA OPERATIVA E IL WINNER’S PROFILE

La ricerca per l’applicazione di questo concetto per Caterpillar significa produrre nel minore tempo possibile e al migliore costo possibile, consegnando quello che i committenti richiedono, sempre in tempo e senza difetti. «Inoltre – aggiunge Lorenzoni – il prodotto o il servizio che forniamo deve essere svolto senza infortuni, da un team coinvolto e che partecipa attivamente al miglioramento continuo. E questo è davvero il modo di operare della nostra azienda. Ciò non significa essere perfetti – come tutti abbiamo aree di miglioramento ulteriore – , significa avere una visione chiara del percorso MARCHE 2013 • DOSSIER • 85


INTERNAZIONALIZZAZIONE

UN DECENNIO DI INVESTIMENTI ei primi anni del 2000, raggiungere maggiori volumi e quindi incrementare la capacità produttiva era diventato determinante per Caterpillar Hydraulics Italia. Investendo risorse rilevanti, in appena dieci anni è stato modificato completamente il lay out della fabbrica e sono stati adottati i concetti della lean production previsti dal Caterpillar Production System. E il pay back non si è fatto attendere, permettendo all’azienda di raggiungere quell’equilibrio fra i bisogni del committente, degli azionisti e dei dipendenti. «Solo se questi tre stakeholder sono soddisfatti – dichiara l’ad Roberto Lorenzoni –, si può pensare di continuare il circolo virtuoso degli investimenti. I committenti vogliono prodotti senza difetti e consegne puntuali. Gli azionisti il ritorno di investimento e i dipendenti un salario competitivo e un ambiente di lavoro sicuro e coinvolgente. Possiamo ancora migliorare, ma i risultati raggiunti oggi sono di tutto rispetto anche sul panorama internazionale».

N

che vogliamo seguire e degli obiettivi che in-

Sopra, banco di collaudo della Caterpillar Hydraulics Italia. A fianco, dettaglio dei prodotti applicati su una macchina

tendiamo raggiungere. Chiaramente, facendo parte di un gruppo multinazionale possiamo contare su un discreto numero di strumenti che ci aiutano in questa direzione. Parlare di strategie a cinque anni per esempio per noi è consueto. Com’è normale avere la possibilità di mantenere aggiornati i benchmark di mercato e fissare quindi degli obiettivi specifici e contare sulla conoscenza di strumenti quali il 6 Sigma

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– il Caterpillar Production System è chiaramente un grosso aiuto». Per rendere più esplicite le sue parole Lorenzoni chiama a supporto i fatti: «Per riportare un esempio, qualche anno fa ci siamo chiesti cosa potevamo fare per essere più competitivi. Abbiamo analizzato i nostri punti di forza e di debolezza, ci siamo confrontati con alcuni nostri competitor, abbiamo fatto confronti con altre fabbriche simili a noi del mondo Caterpillar e siamo arrivati a disegnare quello che chiamiamo winner’s profile. Cioè quelli che erano gli obiettivi che avremmo dovuto raggiungere per avere successo nel nostro settore. Questi obiettivi sono stati classificati all’interno di quattro macro aree – persone, qualità, consegne e costi – e abbiamo definito, per ciascuno di questi fattori critici di successo, le iniziative o le azioni che avremmo dovuto comple-


Roberto Lorenzoni

Possiamo vincere le sfide attuali solo alzando il livello di servizio ai partner, diventando più efficienti attraverso l’eliminazione di tutti gli sprechi

tuiamo un’analisi molto dettagliata e per ogni possibile causa creiamo un’azione correttiva. Inoltre, sulla base delle linee guida del Caterpillar Production System, abbiamo istituito un processo con il quale ogni dipendente può effettuare suggerimenti di miglioramento che comunque verranno processati».

30 Mln INVESTIMENTI DELLA CATERPILLAR HYDRAULICS ITALIA NELL’ARCO DEGLI ULTIMI DIECI ANNI

tare per raggiungerli. Chiaramente qualcuno di questi obiettivi è stato raffinato o ritarato in base alle mutate condizioni del mercato, però abbiamo tenuto sempre lo sguardo sul winner’s profile». Per il primo dei fattori critici di successo – persone – sono a sua volta stati definiti quattro sottobiettivi: numero di infortuni, livello di engagement del personale, formazione e assenteismo. «E per ciascuno di questi ci siamo dati dei target specifici. In materia di sicurezza è zero infortuni. Poiché partiamo dal presupposto che ogni infortunio possa e debba essere evitato, investiamo molto tempo nell’analisi dei rischi, nelle dotazioni di sicurezza e in caso di incidenti effet-

LA REALTÀ ITALIANA

Essere parte di una grande multinazionale e doversi comunque confrontare con il Sistema Italia. Le ultime considerazioni di Lorenzoni riguardano proprio le criticità specifiche per chi fa impresa nel nostro paese. «Come filiale di Caterpillar abbiamo la possibilità di contare su diversi strumenti e supporti e questa condizione, abbastanza privilegiata rispetto a molte altre aziende, aumenta il senso della nostra responsabilità per raggiungere prestazioni sempre più eccellenti. Tuttavia non possiamo non tenere conto delle condizioni in cui versa il sistema del paese Italia, del bisogno urgente di cambiamento che si respira e della scarsa consapevolezza che alcune parti del paese dimostrano ancora di possedere. Non vuole essere una lamentela, tuttavia fare impresa in Italia è piuttosto complicato. I costi e i tempi della burocrazia e della giustizia, il peso fiscale, il costo dell’energia, il livello delle infrastrutture, il mercato del lavoro sono solo alcune delle disfunzioni che come paese dobbiamo superare». MARCHE 2013 • DOSSIER • 87




EXPORT

Stampi, il volano è ancora l’export I mercati extra-Ue rappresentano ancora il miglior traino per le imprese italiane. Da lì le aziende nostrane stanno cercando di ripartire, investendo in nuovi progetti e in soluzioni all’avanguardia. La parola a Sergio Fiatti Marco Tedeschi

er le nostre imprese si tratta di una boccata d'ossigeno. Le vendite extraUe degli ultimi mesi crescono di sei punti percentuali, portando nelle casse delle aziende 840 milioni in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Una tendenza positiva grazie ad una crescita a doppia cifra in Medio Oriente, Sudamerica Giappone e Africa, e che resta comunque robusta in Russia e Cina. Su base tendenziale la crescita è corale per tutti i settori, con uno sprint a doppia cifra per i beni di consumo e un solido +6,9 per cento per i prodotti intermedi. L’export si conferma pertanto un canale importante per le aziende nostrane. Lo sa bene Futura Stampi, azienda di Monteroberto che opera da piú di 25 anni nel settore costruzione di stampi, design ed engineering fornendo stampi a iniezione di alta qualità e che vede proprio nel commercio estero, in particolar modo russo, la maggior fonte di guadagno. «Ultimamente – racconta il titolare Sergio Fiatti - si sente molto parlare di “reti d’imprese” e “internazionalizzazione” e noi ne abbiamo costituita una proprio recentemente con un’azienda che opera nel settore dell’elettronica e pensiamo così di allargare i nostri orizzonti verso lo sviluppo di nuovi prodotti. Stiamo inoltre lavorando a un progetto per portare la Futura Stampi anche al di fuori dei confini di casa». Che andamento avete registrato negli ultimi anni? «Per quanto riguarda la nostra azienda, l’anno peggiore è stato senz’altro il 2010. Nel 2011

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abbiamo avuto una ripresa che si è protratta costantemente anche durante tutto il 2012 e che perdura in questo primo semestre del 2013. Prevediamo una leggera flessione per la fine di quest’anno». Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato in questo periodo difficile e come vi state muovendo per superarle?


Sergio Fiatti

Stiamo portando avanti un progetto nel settore illuminotecnico per lo sviluppo di plafoniere waterproof con tecnologia Led

In apertura, Sergio Fiatti, titolare della Futura Stampi di Monteroberto (AN) www.futurastampi.com

«A livello commerciale, permangono le solite criticità che riguardano le nostre strutture sia commerciali che produttive, ancora ridotte per poter far fronte ai ritmi e alle richieste sempre più incalzanti e con tempistiche ridottissime delle aziende che operano a livello globale. I nostri costanti investimenti sia in nuove tecnologie che in risorse umane qualificate non sono ancora sufficienti. Nel mese di gennaio abbiamo partecipato nuovamente alla Fiera Internazionale Interplastica 2013 a Mosca in Russia, per rafforzare i rapporti commerciali già esistenti con i nostri clienti ma soprattutto per aumentare il nostro portafoglio clienti in questa nazione dove lavoriamo oramai da più di 10 anni». Quali sono i vostri mercati più impor-

tanti all’estero e qual è la situazione nel mercato interno? «Il mercato più importante per la nostra azienda, in termini di fatturato è senz’altro quello russo; anche se in questi ultimi anni è diventato molto “affollato”. Lavorare sul mercato interno oggi risulta difficile, è una vera e propria giungla in cui le aziende praticano prezzi sempre più bassi pur di potersi accaparrare degli ordini, che evaderanno a fatica e con molte perdite. Imprese come la nostra, ormai presenti sul mercato da oltre 30 anni, che hanno raggiunto con fatica e sacrifici grande esperienza, know how, affidabilità, un service costante e qualificato e la massima serietà, fanno molta fatica a rientrare in queste logiche di filiera allungata dove le grandi aziende leader commissionano, come nel nostro caso, la costruzione di stampi chiavi in mano, alle aziende che si occupano prettamente dello stampaggio, senza invece rivolgersi direttamente al costruttore». Quali sono le difficoltà? «Le aziende di stampaggio commissionano gli stampi ai costruttori tirando i prezzi all’osso, assoggettandoli a ritmi di produzione MARCHE 2013 • DOSSIER • 91


EXPORT

Il mercato più importante per la nostra azienda in termini di fatturato è senz’altro quello russo, anche se in questi ultimi anni è diventato molto “affollato”

sempre più ristretti causando, non solo grandi bassi, ma per le aziende è molto difficile l’acsquilibri sul mercato dei prezzi, ma anche continui problemi e incomprensioni a livello tecnico e commerciale. La cosa più grave, a nostro avviso, è quella di non permettere al costruttore di interfacciarsi con il cliente finale per la risoluzione di problematiche squisitamente tecniche e di miglioramento del prodotto attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie». Quali strategie avete portato avanti per rispondere alla crisi? «Nel nostro settore, per far fronte a periodi di recessione, generalmente le aziende che se lo possono ancora permettere, cercano di investire nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie da proporre ai propri clienti per migliorare la loro capacità produttiva traendone vantaggi economici o per acquisirne dei nuovi. Il fenomeno crisi nel nostro paese è molto strano e di difficile comprensione a volte, in questo momento ad esempio i tassi d’interesse sono

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cesso ai crediti e quindi non si ha la possibilità di investire in strutture, macchinari e tecnologie e ancor peggio in risorse umane». E voi a livello d’investimenti come vi state muovendo? «Negli ultimi anni abbiamo investito oltre l’8 per cento del fatturato annuo e il 50 per cento dei fondi personali per l’acquisto di macchinari e sviluppo di nuovi progetti. Attualmente stiamo lavorando su due progetti: uno nel settore illuminotecnico per lo sviluppo (quasi ultimato) di plafoniere waterproof con tecnologia Led dove prevediamo un risparmio energetico fino al 70 per cento rispetto a quelle tradizionali. L’altro progetto consiste nel migliorare le capacità produttive degli stampi a iniezione attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie e al contempo di aumentarne la sicurezza durante il processo produttivo». Si tratta di progetti che entrano in una logica ecosostenibile? «La nostra azienda è sensibile alla logica di eco-sostenibilità dei processi di produzione e s’impegna a rispettare le norme di sicurezza e a utilizzare macchinari all’avanguardia che consentano risparmio energetico. Il progetto a cui facevamo riferimento prima, della plafoniera waterproof con tecnologia Led rientra proprio in questa logica in quanto si parla di riduzione del consumo di energia elettrica, miglioramento della qualità della diffusione della luce e facile gestione del prodotto. Inoltre questo manufatto verrà realizzato con tecnologie all’avanguardia come presse a iniezione elettriche, sistemi di metallizzazione sottovuoto e assemblaggio di componenti co-stampati con sistemi automatizzati».



EXPORT

Una nuova versione di tailor made «Quando si parla di modello tailor made si pensa erroneamente ai soli prodotti e servizi B2C, dimenticando che tale filosofia produttiva può essere applicata nel B2B». Il punto di Francesco Manari Lorenzo Brenna

ll’inizio del 2013 la produzione metalmeccanica ha subito una nuova flessione. Le difficoltà che sta attraversando il settore, sono praticamente comuni a quelle dell'intera industria, causate perlopiù dalla scarsa domanda interna. Buone notizie arrivano solo dall'export verso paesi come Stati Uniti, Giappone e Russia. Al momento, da un punto di vista geografico, le risposte migliori per il settore arrivano dall’Italia centrale. Proprio nel centro Italia, a Tolentino, nel maceratese, è situata la Meloni, che offre soluzioni all’avanguardia per il sollevamento, la movimentazione e il trasporto. Tra le prerogative della società c’è una strategia produttiva “tailor made”, ovvero fatta su misura, anziché standardizzata, questo rappresenta un vero e proprio plus. «Generalmente quando si parla di “modello tailor made” - spiega l’ingegner Francesco Manari, responsabile produzione logistica della Meloni - e nello specifico di “made in Italy”, si pensa al mondo del design, dell'alta moda, dell'artigianato artistico. Si pensa erroneamente ai soli prodotti e servizi B2C, di-

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menticando che tale filosofia produttiva può essere applicata nel B2B. Anche una macchina di grandi dimensioni, destinata al sollevamento e alla movimentazione, può essere “costruita su misura”». L’azienda è abituata ad affiancare il committente in ogni fase, dall'ideazione fino all’assistenza postvendita, per cogliere e interpretare le esigenze che il prodotto deve garantire. Tale modalità produttiva trova molti estimatori, specialmente a livello internazionale, e riesce a soddisfare le esigenze di movimentazione nei settori più disparati. «Poter contare su un'organizzazione aziendale che preferisce non appaltare esternamente e tanto meno de-localizzare ha attirato e fidelizzato marchi leader e società d'ingegneria internazionali. Avere a disposizione una serie di servizi curati nel dettaglio che ruotano attorno a un prodotto realmente su misura – dichiara il responsabile produzione logistica della Meloni - ha permesso di diffondere il nostro marchio e lavorare per svariati settori, come produzione di energia, stoccaggio e lavorazione di materie prime, centri di ricerca e sviluppo, settore ferroviario, navale e aereo-spaziale. Da se-


Francesco Manari

L’ingegner Francesco Manari, responsabile produzione logistica della Meloni Tecno-Handling Srl di Tolentino (MC) www.meloni.it

gnalare le recenti commesse relative alla fornitura di carroponti per l'assemblaggio di vettori spaziali e satelliti per il centro spaziale europeo, situato nella Guyana Francese». Neanche l’azienda marchigiana si è rivelata immune dalla crisi, però ha saputo adottare strategie per limitarla, tra cui l’intensificazione delle esportazioni verso le economie in ascesa. «Non possiamo certo nascondere che la congiuntura economica ci ha portato ad adottare una strategia aziendale più attenta - conferma Francesco Manari - rafforzare la ricerca di opportunità sui mercati esteri si è rivelato fondamentale. Avere un portafoglio ordini incentrato sullo sviluppo di paesi emergenti ha richiesto maggiori investimenti, in particolare per la formazione delle risorse umane, che oggi si stanno rivelando indispensabili a garantire un trend aziendale positivo». Il futuro del settore, come sottolinea l’ingegner Manari, è nell’innovazione e nella ricerca, monitorando costantemente le esigenze del consumatore e del mercato. «Le

Anche una macchina di grandi dimensioni, destinata al sollevamento e alla movimentazione, può essere costruita su misura

sfide che affrontiamo sono in continua evoluzione: da una parte c'è il committente che si aspetta un prodotto sempre più efficiente e personalizzato, dall'altra dobbiamo fare i conti con il rispetto delle normative per garantire la sicurezza dell’uomo e la durevolezza della macchina. Questi aspetti evolvono nel tempo e variano a seconda dell'ambiente di lavoro e della nazione in cui l'impianto sarà installato. Il difficile equilibrio che dobbiamo mantenere deve tener conto anche del prezzo di mercato. Per questo motivo abbiamo bisogno di fare ricerca per trovare nuove soluzioni efficaci e flessibili al tempo stesso». MARCHE 2013 • DOSSIER • 97


EXPORT

Studiando strategicamente il mercato

In un periodo di forte contrazione dei consumi è necessario applicare strategie vincenti a livello di prodotto e di distribuzione. Mutandole a seconda delle aree di riferimento. La parola a Marcello Vallasciani del Calzaturificio Elisabet Manlio Teodoro

ipartiranno ma solo nel 2014 i consumi delle famiglie italiane. E per quanto riguarda abbigliamento e calzature bisognerà aspettare ancora. A fare i conti sulle spese delle famiglie è l’Osservatorio CartaSì. I dati registrano un andamento negativo anche nei primi tre mesi del 2013, con un calo tendenziale dei consumi dall’11,2 per cento a gennaio fino al crollo di -23 per cento a marzo. È per questo che molte realtà del settore cercano proprio all’estero la possibilità di mantenersi su livelli elevati. Ne è un esempio il Calzaturificio Elisabet di Monte Urano, nel cuore del distretto calzatu-

R Il Calzaturificio Elisabet si trova a Monte Urano (FM) www.walksafari.com

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riero marchigiano, azienda che si è distinta per le sue pregiate creazioni da bambino Walk Safari e uomo-donna Andrea Morelli. «Nell’ultimo anno – spiega l’amministratore Marcello Vallasciani - il nostro business ha registrato buoni livelli di crescita con un aumento


Marcello Vallasciani

del fatturato di circa il 3 per cento sul 2011 riuscendo a mantenere le posizioni acquisite all’interno dei punti vendita di riferimento del settore. Le maggiori criticità, che riteniamo poi essere quelle comuni a molte aziende, sono legate proprio alla forte contrazione dei consumi in tutto il Paese. Sotto questo punto di vista ci sono state ripercussioni anche nel nostro settore, soprattutto nella gestione del credito verso i clienti. Questo ha portato a una necessaria selezione della clientela, diminuendo quindi in valore assoluto il numero dei clienti ma stringendo maggiormente i rapporti con quegli operatori più strutturati e considerati più affidabili attraverso accordi commerciali che prevedono nuove formule retail». Il canale retail resta per l’azienda marchigiana un punto fondamentale. «La nostra strategia nel canale retail include diverse tipologie di applicazione dei nostri format a seconda delle aree di riferimento. Siamo stati precursori nell’avviare più di 10 anni fa un’attività di apertura di negozi che ci ha portato a gestire oggi sul territorio circa 35 punti vendita tra Italia ed estero. Recentissime le aperture di Torino e di Tblisi (Georgia), gli altri negozi sono localizzati in Spagna e prevalentemente in Italia. Per quanto riguarda i mercati esteri, stiamo seguendo in prima persona quelli considerati di primaria importanza, quali il Medio Oriente e i paesi dell’Ex-Urss, e ci stiamo avvalendo della collaborazione di distributori o agenti in altri mercati per noi nuovi come il nord Europa e o la Turchia. Non trascurabili, soprattutto in considerazione dei volumi che stanno via via generando, sono i nuovi canali di vendita on line che stiamo presidiando sia con un e-commerce diretto sia attraverso collaborazioni con i principali siti di riferimento». L’export rappresenta comunque uno degli elementi fondamentali per il futuro sviluppo del Calzaturificio Elisabet. «Attualmente l’export rappresenta circa il 30 per cento del fatturato

Siamo stati precursori nell’avviare più di 10 anni fa un’attività di apertura di negozi che ci ha portato a gestire oggi sul territorio circa 35 punti vendita tra Italia ed estero

e la maggior parte dei nostri investimenti sono rivolti proprio verso i mercati d’oltreconfine con l’obiettivo di arrivare entro i prossimi 2 anni ad un fatturato estero del 50 per cento sul totale. Grandi soddisfazioni ci stanno arrivando da tutti i paesi del Middle East e dell’ex-Urss. Particolare attenzione è rivolta anche ai mercati emergenti come quello cinese, mercati per i quali necessitano competenze specifiche che stiamo man mano sviluppando per essere pronti nel più breve tempo possibile». Una forte internazionalizzazione si conferma il vero obiettivo in prospettiva futura. «Tutte le azioni attualmente messe in campo – conclude Vallasciani - sono volte a razionalizzare il fatturato del mercato domestico, andando quindi a eliminare quella parte di fatturato “non sano” che genera tensioni a livello finanziario e di margine per l’azienda, ed a favorire gli investimenti all’estero sia attraverso lo sviluppo retail diretto sia attraverso l’acquisizione di quote crescenti nei mercati target». MARCHE 2013 • DOSSIER • 99


INNOVAZIONE

La siderurgia si rinnova La capacità di innovazione è la chiave per ottenere un vantaggio competitivo sul mercato, che ha visto, negli ultimi anni, una notevole depressione della ricerca e dello sviluppo. Parola di Cesare Prosperi della Tormatic Lorenzo Brenna

l settore siderurgico ha un futuro promettente in Europa, nonostante versi attualmente in uno stato di crisi. L'Europa, a dispetto del calo della domanda di acciaio, è ancora il secondo produttore di acciaio al mondo, anche se è forte la concorrenza cinese o americana. Due fattori importanti per il comparto nel prossimo decennio sono la modernizzazione dei paesi emergenti e la reindustrializzazione dell'Europa. Anche il comparto della meccanica in Italia regge grazie all’export, che è riuscito a non risentire in maniera determinante della stretta creditizia e della riduzione degli investimenti. Il mercato interno continua però a rappresentare l’anello debole per la crescita delle aziende italiane. Sul fronte dell'innovazione è fondamentale che non vi siano norme che ostacolano la capacità delle imprese di investire nella ricerca e sviluppo. Un altro aspetto da non trascurare è quello ambientale, il Vecchio Continente deve tenere conto degli effetti dell’industria nell'elaborazione degli obiettivi climatici per il 2030. Facciamo luce sui possibili sviluppi del settore con Cesare Prosperi della Tormatic. La Tormatic nasce nel 1987 e, grazie all’entusiasmo dei soci fondatori e alle favorevoli condizioni di mercato, cresce rapidamente, consolidando la propria struttura, fino a raggiungere, a metà degli anni Novanta, tra le prime tornerie nella regione Marche, la certificazione Iso 9002. La crisi dei mercati ha inciso anche sulle strategie operative, produttive e commerciali della Tormatic, rappresentando al contempo

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Cesare Prosperi della Tormatic Srl di San Severino Marche (MC). Nella pagina a fianco, una visuale di uno dei reparti produttivi (Cnc) www.tormatic.it

un’opportunità. «La struttura solida dell’azienda ci ha permesso, nel 2008 e nel 2009 di superare, pur con le ovvie difficoltà, una drammatica crisi internazionale che costringe il mercato a ripensare completamente organizzazioni e strategie. La crisi ha causato per certi versi un momento difficile - racconta Cesare Prosperi della Tormatic - in particolare dal punto di vista finanziario, vista la difficoltà di accesso al credito anche per aziende sane. D’altro canto è stata l’occasione per guardare con sguardo diverso ai


Cesare Prosperi

processi aziendali, ottimizzando l’utilizzo delle risorse disponibili e attuando un’organizzazione molto più flessibile e altamente performante». Con l’evolversi del mercato si modificano anche le esigenze dei consumatori, l’azienda deve quindi essere pronta a rispondere a tali necessità. «La nostra clientela è sempre più esigente in tutti gli ambiti. Oltre all’aspetto economico, sempre più importante considerata la grande concorrenza a cui la globalizzazione dei mercati ci ha abituato, diventano fattori determinanti sia la capacità di assicurare nel tempo prodotti e processi di qualità, sia l’abilità nel raggiungere alti livelli di servizio». Attualmente Tormatic sta ricevendo i feedback commerciali migliori dal mercato mitteleuropeo. «In questa fase le risposte più soddisfacenti arrivano dal mercato tedesco – conferma Cesare Prosperi - la Germania rappresenta sempre di più un punto di riferimento per il comparto della meccanica, nelle più svariate applicazioni. Il raggiungimento della certificazione Iso TS consolida il rapporto con clienti del settore automobili-

La Germania rappresenta un riferimento per il comparto della meccanica, nelle più svariate applicazioni

stico, in maniera particolare all’estero. È proprio una qualificata clientela tedesca, francese, svizzera e spagnola a dare nuovo slancio alla crescita della Tormatic, che continua ad ampliare la sua struttura e a dotarsi di tecnologie innovative». L’implementazione di un sistema qualità che garantisce il rispetto degli standard qualitativi richiesti da un mercato sempre più esigente ha permesso alla Tormatic di inserirsi in nuove fette di mercato. «Lavoriamo nei settori dell’oleodinamica, delle macchine agricole, del lavaggio industriale, del gas, delle macchine da caffè - conferma Cesare Prosperi - l’azienda MARCHE 2013 • DOSSIER • 103


INNOVAZIONE

I maggiori investimenti nei prossimi anni saranno rivolti ad acquisire tecnologie in grado di snellire i processi di lavorazione

completa amplia la sua struttura e rinnova il suo

Un tecnico al lavoro con una Schutte Pluri (Cnc)

parco macchine in modo da assicurare la fornitura di particolari sia di piccole che di grandi dimensioni, in lotti minimi e in produzione di serie, utilizzando le più diverse materie prime, dagli acciai speciali all’ottone, dagli acciai inossidabili e all’alluminio, finanche alle materie plastiche». Nel settore della meccanica investire massicciamente in innovazione e ricerca diventa un imperativo, l’azienda marchigiana dedica molta attenzione a questo aspetto. «Grazie ai continui investimenti in tecnologie avanzate e in risorse

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umane, la Tormatic riesce ad intercettare, con una struttura adeguata ai nuovi metodi di lavoro, la ripresa del 2010. I maggiori investimenti nei prossimi anni saranno sicuramente rivolti ad acquisire tecnologie in grado di snellire i processi di lavorazione, evitando fasi che generano punti morti nel processo. Un altro aspetto a cui presteremo particolare attenzione è la cura per la finitura dei particolari, che sta assumendo una crescente importanza». Tormatic ha chiuso in maniera soddisfacente l’ultimo biennio, riuscendo addirittura a crescere e a stabilizzare il livello di fatturato. «Questo risultato rappresenta un notevole successo per la nostra società e un grande motivo di orgoglio – dichiara Cesare Prosperi - anche se il 2013 si è presentato a tinte fosche, confidiamo che lo sforzo collettivo da parte di tutte le componenti aziendali ci permetta di non perdere, anzi se possibile di guadagnare, fette importanti di mercato». Per concludere abbiamo chiesto a Cesare Prosperi quali sono le sfide maggiori che attendono Tormatic nel prossimo futuro. «La grande sfida che ci attende è quella di differenziarci rispetto alla concorrenza di un mercato ormai globalizzato. Oltre alla grande capacità produttiva garantita da un parco di ben 50 macchine di ultima generazione, occorrerà continuare sviluppare e affinare un know how che ci permetta di produrre particolari di altissima qualità. Solo l’eccellenza, infatti, è in grado di assicurare continuità e futuro».



MODELLI D’IMPRESA

Materie plastiche, nuove sperimentazioni Il comparto delle materie plastiche si dimostra stabile ma molto esigente. Resta necessario pertanto investire in tecnologia avanzata e sulla ricerca di nuovi materiali termoplastici tecnici. Il punto di Carlo Pigliapoco Marco Tedeschi

ell’assemblea tenutasi agli inzi di giugno sullo stato delle aziende del comparto delle materie plastiche è emerso come gli indicatori del 2012 del settore parlino di un mercato sostanzialmente stabile. I valori della produzione si sono mantenuti ai livelli dell’anno precedente, intorno cioè ai 4 miliardi di euro, con un export in crescita del 6 per cento fino a toccare i 2,6 miliardi e conseguente contrazione del

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mercato interno. Una fotografia del settore di una cui Sts Tecnopolimeri ha una visione privilegiata dato che da oltre trenta anni rappresenta una delle realtà italiane più importanti all’interno del mercato delle materie plastiche. Un sapere tecnologico radicato nella costruzione di stampi e nello stampaggio di materiali plastici per articoli tecnici. «Il mercato in effetti è stabile ma al suo interno in continuo movimento – osserva Carlo Pigliapoco, titolare della Sts Tecnopolimeri –. Per continuare a sopravvivere in questi periodi, bisogna recuperare tutte le risorse possibili affinché si ottimizzino tutti i processi nella produzione, in considerazione della varietà dei segmenti in cui il settore si articola». Un occhio particolare deve essere inoltre riservato alla ricerca, fondamentale nel comparto. «La nostra azienda si è sempre impegnata sulla tecnologia avanzata delle attrezzature e sulla ricerca di nuovi materiali termoplastici tecnici; questo ci ha portato a una crescita costante e ad avere la possibilità di


Carlo Pigliapoco

STS Tecnopolimeri Srl si trova a Camerata Picena (AN) www.ststech.it

offrire sempre nuove proposte ai committenti. In ogni caso questo non è più sufficiente, perché dobbiamo essere sempre più competitivi con i mercati dove le regole non sempre vengono varate e tantomeno vengono rispettate quelle che esistono. Noi della piccola e media impresa stiamo lavorando al di sopra delle nostre forze, per poter essere competitivi e dare un contributo non indifferente alla società; questo comporta sacrifici che non ci vengono poi riconosciuti, ma nonostante tutto siamo coriacei e cerchiamo di andare avanti per quell’orgoglio che contraddistingue gli italiani e soprattutto i piccoli imprenditori. Noi continuiamo a credere che con la ricerca avanzata di nuovi articoli, di nuove collaborazioni e grazie al knowhow acquisito in oltre trent’anni di esperienza, si possano aumentare le prospettive per un futuro più roseo». Tutto ciò nonostante la crisi che attanaglia le imprese. «I nostri investimenti in macchianri non si sono mai fermati e questo ci consente di lavorare con maggior affidabilità e precisione. Oltre a ottenere una maggiore soddisfazione del cliente e la possibilità di lavorare in un ambiente nel rispetto della natura e della salute di chi vi lavora. Crediamo molto inoltre nella continua formazione dei dipendenti perché con la loro collaborazione e i nuovi stimoli che ne derivano abbiamo la possibilità di far crescere l’azienda». Crescita aziendale che è anche diretta conseguenza della continua ricerca di nuovi materiali.

Stiamo attuando un progetto che ci permetterà di sostituire con le materie plastiche alcuni particolari in metallo, alluminio e piombo

«Quello che chiedono i mercati sono prodotti innovativi a un prezzo competitivo. Tutto ciò ci ha portato ad avere piccoli margini di miglioramento che stiamo continuamente investendo in innovazioni strategiche per il futuro. Bisogna non tralasciare mai i pensieri e le idee che ci vengono in mente, attuandole nei limiti del rischio calcolato». Da alcuni mesi l’azienda ha pertanto avviato sperimentazioni sull’utilizzo di materiali plastici per applicazioni termomeccaniche elevate. «Stiamo attuando un progetto che ci permetterà di continuare a crescere. Intendiamo sostituire con le materie plastiche alcuni particolari in metallo, alluminio e piombo. Gli investimenti che stiamo attuando sono impegnativi ma crediamo molto nella loro attuazione. Ciò comporterà infatti risparmi per noi e quindi anche per il cliente finale oltre che un aumento delle conoscenze. Senza tralasciare – conclude Pigliapoco - che rappresenterà anche un risparmio delle risorse energetiche, in vista del bene delle future generazioni». MARCHE 2013 • DOSSIER • 107


La diversificazione come strategia Differenziazione dell’attività ed energie rinnovabili sono ancora le parole chiave per le imprese che intendono sconfiggere la crisi e conquistare sempre maggiori quote di mercato, italiano ed estero. Ne parliamo con Corrado Baldelli Emanuela Caruso

n questo periodo di pesante stagnazione economica, alcuni settori in difficoltà sono stati costretti a individuare nuovi ambiti d’interesse all’interno dei quali sviluppare iniziative imprenditoriali. «La nostra azienda – commenta Corrado Baldelli, cotitolare e amministratore della Comaf di Fermignano – è nata 35 anni fa come officina meccanica specializzata nella costruzione e riparazione di macchine per l’industria dei laterizi, ma data la grande competenza acquisita e l’evoluzione tecnica raggiunta, ben presto ha rivolto l’attenzione ad altri settori come vetrerie, imballaggio, zootecnia e macchine speciali. Inoltre, visto l’esperienza acquisita nel tempo, ci siamo specializzati in interventi da eseguire su macchine e impianti produttivi obsoleti o usurati, offrendo tre tipi di servizio: revisione preventiva, rigenerazione

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della macchina, e retrofitting, ovvero ripristino totale dell’impianto e aggiornamento delle caratteristiche innovative, tecniche, meccaniche e di sicurezza». Come nel caso specifico il settore del laterizio, le cui aziende si sono dovute ridimensionare, riorganizzando le produzioni per immettere sul mercato nuovi prodotti per solleticare gli andamenti dei mercati, Comaf ha dovuto a sua volta concentrare i propri sforzi commerciali, progettuali per costruire impianti innovativi nell’ambito delle energie rinnovabili: «siamo convinti che, oltre a rappresentare il futuro dell’energia, questo tipo di impegno ci consentirà di acquisire competenze tali da permetterci di competere con aziende insediate da anni in questo settore. Attualmente, sviluppiamo e costruiamo impianti che portano a un risparmio energetico molto im-


Corrado Baldelli

La Comaf Srl ha sede a Fermignano (PU) www.comafsrl.com

portante rispetto a quelli tradizionali, realizziamo macchine per la produzione di combustibile solido in pellet proveniente da biomasse erbacee secche, tronchi o recuperi di prima lavorazione di legno. I risultati che stiamo ottenendo sono molto buoni, in quanto possiamo già vantare di aver acquisito diverse commesse sia in Italia che all’estero». Ma Comaf non è una di quelle realtà che decide di evolversi e ampliare il proprio raggio d’azione solo in momenti di difficoltà e infatti, fin dalla nascita, l’impresa si è distinta per la sua capacità di portare il proprio know how in diversi ambiti. Tutte queste diversificazioni hanno premiato Comaf, che nonostante il difficile periodo economico ha registrato ottimi risultati. «Nell’ultimo anno il nostro fatturato è aumentato del 10 per cento e le nostre aree commerciali si sono ampliate, permettendoci di lavorare in nuovi paesi, ad esempio in Francia e in Germania, da sempre un nostri obiettivi primari. Attualmente, il mercato estero più importante per la nostra azienda è quello inglese, su cui siamo presenti da molti anni con una continua crescita nelle nostre quote di mercato. Abbiamo realizzato impianti e macchine per altri paesi esteri come Argentina, Ecuador e Centro America, anche se ci stiamo concentrando in particolar modo sull’area del Nord Europa». Purtroppo, meno soddisfacente è il mercato interno, messo a dura prova dalla crisi, la difficoltà all’accesso al credito, l’incer-

I nostri impianti permettono di far risparmiare il 35 per cento di energia elettrica per la produzione di combustibile solido in pellet derivato da biomasse erbacee secche

tezza dei mercati, fanno registrare un forte calo negli investimenti. Ma a tal proposito, quanto investe la Comaf? «Investire in ricerca e sviluppo è per noi fondamentale – conclude Corrado Baldelli – poiché non investire significherebbe fermarsi, proporre soluzioni vecchie e già superate, mentre il nostro scopo è quello di presentare impianti innovativi. Negli ultimi tempi, abbiamo investito nella riorganizzazione totale dell’azienda, azione volta a renderci competitivi nei nuovi settori d’interesse. Questi sforzi sono stati pienamente ripagati, infatti le tipologie di macchinari di ultima generazione, costruiti con componentistica di alta qualità, coprono circa la metà del nostro attuale fatturato. Non smettiamo mai di investire anche sui prodotti che da sempre caratterizzano la nostra attività e che rappresentano per noi una garanzia». E per il futuro, proprio la crescita continua e gli investimenti in innovazione e ricerca sono gli obiettivi primari della Comaf. MARCHE 2013 • DOSSIER • 111


MODELLI D’IMPRESA

Una risorsa per il territorio Prodotti sanitari, tecnici e confezionati su misura rappresentano un comparto che continua a trainare l’economica regionale. Specialmente nel caso delle calzature. La parola ad Augusto Ferretti Matteo Grande

l livello dell'attività economica della regione Marche resterà debole anche nel 2013, con un tasso di crescita della produzione industriale che non supererà lo 0,9 per cento. Eppure ci sono dei settori chiave come meccanica, legno-mobile, calzature che per le Marche rappresentano in qualche modo – e con diverse velocità – un traino. I dati sullo stato di salute dell'industria e dell'economia marchigiana invitano alla cautela. Una cautela che però non deve trascendere nel pessimismo per tutta una serie di motivi. Perché è vero che nelle Marche la produzione industriale si è ridotta nell'ultimo anno attorno al 3 per cento, ma, dall'altra parte, l'Italia ha fatto anche peggio (6,5 per cento). «Anche sul fronte delle vendite c'è un dato leggermente migliore della media nazionale. Ma soprattutto quel che ci conforta è il dato dell'export». Nando Ottavi, presidente di Confindustria Marche, porta il discorso sul vero propulsore dell'economia marchigiana, nel 2012 come negli ultimi anni. I dati Istat evidenziano la crescita (+6 per cento su base annua nel 2012) che ancora non ha permesso di recuperare i livelli pre-crisi, ma che sta sostenendo buona parte dell'attività del manifatturiero delle Marche. Una posizione che guarda al futuro con cauto ottimismo con cui si trova concorde anche Mapis. «Sicuramente – spiega il dottor Augusto Ferretti,

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tecnico ortopedico titolare della Mapis - abbiamo assistito a un consistente calo delle vendite, si parla di un trend negativo che oscilla tra il 9 e il 10 per cento. Un risultato che possiamo in ogni caso considerare in termini positivi, perché avevamo preventivato un calo ancora più drastico. La clientela in questi anni è diventata sicuramente molto più attenta a cosa compra e soprattutto in quale quantità. Stiamo constatando infatti come nei prodotti più “tecnici”, il consumatore è ancora attento alla qualità e al benessere più che al prezzo in sé. Un risultato che ci inorgoglisce perché ci ripaga della qualità dei nostri prodotti». Mapis nasce dall’esigenza di offrire prodotti sanitari, tecnici e confezionati su misura quali corsetti, protesi, calzature e plantari. «La nostra azienda gravita in buona parte attorno al fatturato generato dalle calzature che quasi per la totalità sono interamente


Augusto Ferretti

Il dottor Augusto Ferretti, tecnico ortopedico, è titolare della Mapis www.mapis.it

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Da un paio di anni abbiamo introdotto tecnologie all’avanguardia per la realizzazione di calzature e plantari su misura, quali lo scanner del piede in 3D e la fresatrice Cad Cam

prodotte e realizzate in Italia. È per noi un motivo di orgoglio inoltre che le calzature che facciamo realizzare su misura siano prodotte da un calzaturificio marchigiano. Questo non solo rappresenta un valore aggiunto, ma ci permette di confrontarci con la clientela e con il fornitore stesso per migliorare sempre la qualità del prodotto finale». Strategie che si sono verificate molto positive, soprattutto per affrontare la crisi. «La crisi ci ha “vincolato” – prosegue Ferretti - abbiamo dovuto rivedere parte della politica commerciale aziendale; siamo stati costretti a selezionare con più accuratezza la merce da acquistare con la conseguente eliminazione di alcuni prodotti o in qualche caso d’interi fornitori. Da un paio di anni a questa parte abbiamo però introdotto diverse tecnologie all’avanguardia per la realizzazione di calzature e plantari su misura, quali lo scanner del piede in 3D e la fresatrice Cad Cam come

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implementazione della pedana baropodometrica già in uso da più di venti anni. Questo ci aiuterà non solo a migliorare significativamente la qualità del prodotto finale, ma anche a mantenere i prezzi contenuti nonostante il costante aumento del costo delle materie prime». Mapis, Medicazione Antisettica Prodotti Igienico Sanitari, viene fondata nel 1946 dal cavalier Alfredo Pellicciari nel centro storico di Fabriano. Oggi quella stessa realtà guarda positivamente al futuro. «Intendiamo mantenere quello che per noi oggi rappresenta il nostro status, ovvero essere un’azienda “sana” del territorio. In secondo piano, ma non meno difficile da affrontare sarà il ricambio generazionale. Per fare questo – conclude Ferretti - abbiamo già introdotto molti giovani in azienda, con la convinzione che la nostra esperienza e professionalità non scompaiano con noi». MARCHE 2013 • DOSSIER • 115


TECNOLOGIE

Grafica e prestampa, il settore tiene Il comparto grafico è ancora solido e può contribuire al rilancio del sistema industriale italiano. Innovazione tecnologica e flessibilità sono le strade da intraprendere per adattarsi al mercato Lorenzo Brenna

n Italia il settore di grafica, stampa e prestampa offre ancora garanzie e nonostante il periodo di incertezza economica ha chiuso lo scorso anno con una ulteriore crescita del fatturato. Il maggior giro d’affari deriva dall’esportazione, le aziende italiane guardano con interesse a mercati emergenti o in ripresa. Il mercato offre prospettive interessanti, ma potranno coglierle solo quelle aziende in grado di mostrare flessibilità, attenzione al cliente e all’innovazione tecnologica. Sono requisiti fondamentali, come conferma Mario Mancini, titolare della Isma Color. «L’adozione di tecnologie sempre più evolute - spiega Mario Mancini - ha portato la

I Mario Mancini, titolare della Isma Color Srl di Ostra (AN) www.ismacolor.it

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nostra azienda a specializzare le competenze dei propri operatori tramite la partecipazione a corsi esterni e a sessioni di formazione interna su cromia e ritocco. Un fatturato in crescita ci ha consentito di continuare ad investire in tecnologia e in formazione, mentre la tendenza generale delle aziende italiane è in questo momento quella di contenere i costi». Tra le caratteristiche principali dell’azienda marchigiana c’è la capacità di adattarsi alle richieste della committenza e una grande flessibilità. «La nostra azienda può vantare rapidità del servizio, flessibilità delle proposte e non da ultimo preparazione tecnica del personale a cui l’esecuzione viene affidata. Sicuramente questi sono anche i fattori critici di successo della società». Un ruolo importante lo riveste la nuova sede di Ostra, diventata operativa nel 2011 e dotata di impianti tecnologici all’avanguardia. «Certamente tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’investimento nella nuovissima sede di Ostra - conferma il titolare della Isma Color - il trasferimento ha consentito infatti alla nostra organizzazione di avere a disposizione più spazi in cui realizzare prove tecniche con il supporto


Mario Mancini

dei principali produttori di tecnologia». Abbiamo chiesto a Mario Mancini di spiegarci meglio il lavoro che viene svolto dalla Isma Color. «Operiamo nel settore della prestampa come service esterno per gli operatori del settore della stampa offset e flessografica. I nostri servizi consentono alle aziende di esternalizzare una parte molto tecnica e complessa del processo di stampa, delegando ai nostri tecnici la predisposizione dei file e delle lastre necessarie a stampare i propri prodotti». Nell’ottica della flessibilità Isma Color punta a fornire un servizio sempre più ampio e a 360 gradi. «Per soddisfare le richieste di clienti esigenti, ci siamo approcciati al mondo della stampa digitale, installando la nuova macchina da stampa Minolta 6000” che garantisce caratteristiche di alta qualità. Tra i progetti attivi ad oggi c’è anche la collaborazione con Kodak per realizzare un beta test europeo di un nuovo processo di lavorazione delle lastre flexocel, che parte dall’incisione di una pellicola ad alta definizione con risultati qualitativi e di resistenza sicuramente superiori rispetto alla tecnologia tradizionale». L’azienda si rivolge soprattutto a clienti che operano in settori in cui la qualità dello stampato è determinante. «I principali utilizzatori

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Stiamo collaborando con Kodak per realizzare un beta test europeo di un nuovo processo di lavorazione delle lastre flexcel

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di lastre flexo sono le industrie del “food” o la grande distribuzione a cui sono destinati shopper e buste. Il target a cui l’azienda mira è caratterizzato da aziende che realizzano un prodotto elaborato, curato e attraente per rinomati brands italiani ed europei e in cui il servizio, la cura e l’assistenza al cliente, la flessibilità oltre alla tecnologia, sono determinanti». I presupposti per il 2013 sono quindi buoni e nonostante lo stallo economico l’azienda non sembra risentire della crisi. «Il 2013 non può non essere visto come un anno di crescita - conferma Mario Mancini in cui si continuerà nel percorso intrapreso, ampliando ulteriormente la capacità produttiva, grazie al raddoppio della linea di lavorazione delle lastre flessografiche e in cui si proseguirà nel percorso di miglioramento e crescita del personale tecnico». MARCHE 2013 • DOSSIER • 119


COMUNICAZIONE

Il futuro del marketing è nell’internet mobile Cresce a ritmi sostenuti la diffusione degli smartphone nel nostro paese. E sta generando una rivoluzione nelle strategie di comunicazione delle imprese. Ilaria Bruzzechesse fa il punto della situazione Luca Càvera

iù 53 per cento nel 2012. Questo lo scatto in avanti del mobile internet nel nostro paese, dove oggi circolano 27 milioni di smartphone in mano a 22 milioni di utenti che li utilizzano per la navigazione. Dall’analisi dei numeri e da una recente ricerca dell’Osservatorio mobile internet, content & apps della School of management del Politecnico di Milano emerge una direzione chiara per chi investe nel marketing: il futuro è mobile. Ed è un mercato che oggi vale oltre 600 milioni di

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euro. Per sentire il punto di vista degli addetti ai lavori, secondo Ilaria Bruzzechesse, responsabile marketing dell’agenzia di web marketing BusinessFinder: «L’attenzione sulla fruizione di contenuti via smartphone è già alta. Il mobile ha certamente potenzialità enormi e maggiori saranno le possibilità che ancora non riusciamo a prevedere. Di base oggi stiamo lavorando affinché tutti i nostri servizi siano fruibili anche su mobile. Se il comportamento degli utenti web ha già fatto un ulteriore balzo in avanti con la naviga-


Ilaria Bruzzechesse

BusinessFinder, agenzia di web marketing, è un marchio Interconsult Srl, società con sede a Milano e Matelica (MC) www.businessfinder.it

zione in mobilità, la maggioranza delle aziende italiane è ancora molto indietro nella comprensione delle potenzialità di Internet». Il brand BusinessFinder nasce nel 1999 con i servizi di email marketing B2b per poi ampliare la sua offerta con servizi di search marketing e social media marketing. In oltre quattordici anni BusinessFinder ha gestito l’attività di web marketing di oltre 3mila clienti, fra cui aziende leader di settore dell’elettronica di consumo e testate giornalistiche nazionali, anche se il core business dell’agenzia è focalizzato sulle Pmi. «La consapevolezza dell’imprenditoria italiana rispetto alla necessità strategica di una comunicazione mirata attraverso il web deve ancora maturare pienamente. Inoltre, la crisi di questi anni ha penalizzato gli investimenti nel marketing. Dobbiamo far capire all’impresa che questi servizi, a prezzi contenuti rispetto alle attività tradizionali di promozione – ma naturalmente non a costo zero – , oggi possono fare la differenza sul mercato per le attività economiche di ogni dimensione e categoria merceologica. Tuttavia nonostante questa base di partenza e le difficoltà economiche di molte imprese, riceviamo segnali che ci dicono che questa consapevolezza è destinata a crescere nel medio periodo». Sulla scia dell’enorme popolarità di Facebook, uno dei servizi maggiormente richiesti dalle imprese è quello di social media marketing. «Fino a quando abbiamo proposto solamente servizi di email marketing abbiamo lavorato con aziende che si rivolgevano a un target B2b, in quanto siamo proprietari di un database di email business. Il web marketing è un canale strategico per tutte le aziende e, soprattutto per coloro che si rivolgono agli utenti finali, l’utilizzo dei social networks può rappresentare un mezzo molto efficace per raggiungere un target che abbia caratteristiche molto specifiche, in termini demografici e di interessi. La possibilità di questa elevatissima profilazione consente lo studio di una comunicazione incisiva con alti tassi di risposta e di raggiungimento degli obiet-

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Attraverso il social media marketing si raggiunge un’elevata profilazione del target e un alto coinvolgimento degli utenti

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tivi di business. Tuttavia noi ci poniamo sempre con un approccio innanzitutto di consulenza, cercando di capire quali sono le reali esigenze dell’azienda, quelle del suo target e in che maniera possiamo abbracciare entrambe attraverso i diversi servizi di web marketing. Capita infatti che al primo contatto l’azienda abbia già un’idea di azione, però non sempre questa è effettivamente la scelta migliore e il nostro ruolo è appunto individuare il canale e la strategia migliore». Nell’ambito del social media marketing, BusinessFinder si occupa della gestione della presenza delle aziende sui social networks: la creazione delle fan page è solamente il punto di partenza al quale segue lo studio di una strategia mirata che si focalizza sul coinvolgimento e l’interazione con la community dei fans attraverso un post planning di comunicazione e lo sviluppo si applicazioni che generino viralità. MARCHE 2013 • DOSSIER • 125





DIRITTO D’IMPRESA

Con l'apporto delle sue specifiche competenze legali, il giurista d’impresa riveste un ruolo strategico nella sfera manageriale di una realtà produttiva. Concorre alla formazione dei processi decisionali interni e la guida nelle fasi economiche più delicate

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DIRITTO D’IMPRESA

LA LEGALITÀ COME FATTORE DI BUSINESS Nel mercato globale, consolidare l’immagine aziendale sul piano della correttezza procedurale e del rispetto delle norme è fondamentale. Raimondo Rinaldi spiega come il giurista d’impresa può rivelarsi «volano di competitività» Giacomo Govoni

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er assicurare un adeguato aggiornamento e il corretto inquadramento giuridico di ogni attività produttiva, la consulenza legale appare oggi un capitolo d’investimento indispensabile per le imprese. Conoscere le regole, nell’era globale, non basta: occorre che l’impresa le assimili e le interiorizzi attraverso un’efficace azione di compliance. Una funzione chiave anche per tenere alta la reputazione aziendale, specie in quegli ambiti di business dove la fiducia costituisce un fattore di merito ai fini della transazione. «Non conosco ricerche che quantifichino i pro e contro – spiega Raimondo Rinaldi, presidente dell’Aigi, l’associazione nazionale giuristi d’impresa - ma cresce la consapevolezza sul fatto che la compliance sia essenziale per il corretto governo dell’impresa. Si pensi ad esempio alle recenti sentenze in tema di sicurezza del lavoro». 130 • DOSSIER • MARCHE 2013

Quali sono i compiti del legale d’impresa all’interno dell’azienda? E quali le aree d’intervento? «Il giurista d’impresa è responsabile di identificare, valutare e gestire i rischi di natura legale. Mantenendo piena indipendenza intellettuale, deve contribuire attivamente ai processi decisionali dell’impresa non solo aiutandola a prevenire i rischi derivanti dalla violazione di norme, ma altresì cogliendo le opportunità che possono scaturire dall’adeguamento alla legge stessa. A tal fine deve avere un’approfondita comprensione dell’organizzazione, dei processi e degli obiettivi dell’impresa. Gli ambiti di intervento sono quelli tradizionali della consulenza e assistenza in ogni area del diritto e più recentemente quelli relativi all’attività regolamentare, all’etica d’impresa e alla governance».


Raimondo Rinaldi, presidente dell’Associazione italiana giuristi d’impresa

Combinando le competenze professionali e manageriali, l’avvocato d’impresa può aggiungere valore al business

In quali strutture aziendali la figura dell’avvocato d’impresa rappresenta più che in altri un driver di competitività? «Nel complesso mondo globale di oggi, dove l’impresa deve tener conto di normative a livello locale, nazionale, sovranazionale, il puntuale rispetto della legge è sempre più il volano della competitività. In tale contesto l’impresa, anche media o piccola e in qualsiasi settore svolga la propria attività, non può prescindere da un corretta gestione del rischio legale. E il legale d’impresa ne è uno dei principali attori che combinando competenze professionali e manageriali può aggiungere valore al business». Quanto il controllo della legalità in azienda consente di “risparmiare” rispetto alla non conformità? «La tempestiva comprensione e applicazione delle normative del settore in cui si opera aiuta a evitare i costi derivanti dalla loro violazione in termini di sanzioni anche penali o di possibili conseguenze come la nullità di contratti e la sospensione di autorizzazioni. In più offre l’opportunità di rivedere i meccanismi interni di vita aziendale, di modificarli e migliorarli rendendo la gestione più efficiente». Prendiamo il campo della proprietà industriale e della difesa del marchio: attraverso

quali attività tutelate l’interesse delle aziende su questo terreno? «Lo sviluppo tecnologico, di internet e dei social media richiede alle imprese sempre più attenzione verso la protezione della loro proprietà industriale e intellettuale. A seconda dell’organizzazione interna, il giurista d’impresa collabora con le funzioni tecniche e commerciali nella stesura e negoziazione dei contratti di ricerca e sviluppo, di trasferimento di tecnologia, di licenza di know-how; nella gestione delle attività necessarie per la registrazione di brevetti e marchi; nella difesa anche giudiziale. Più in generale partecipa alle strategie e alle decisioni di business relative». Come si compone la disciplina normativa che regola il rapporto avvocato d’impresacliente? «Oggi l’avvocato dipendente di un’impresa privata può dare consulenza e assistenza stragiudiziale al proprio datore di lavoro, ma non può iscriversi all’albo avvocati né rappresentare in giudizio. Ciò a causa dell’incompatibilità dovuta alla sua asserita mancanza d’indipendenza quale lavoratore subordinato mentre l’avvocato di un ente pubblico, anche se privatizzato, può iscriversi a un elenco speciale annesso all’albo». MARCHE 2013 • DOSSIER • 131


DIRITTO D’IMPRESA

Quale sarebbe un adeguamento auspicabile in tal senso? «In altri paesi tali preoccupazioni sono state superate tramite misure comportamentali e organizzative. In tal senso si è espressa anche l’Agcm. A parte per la discriminazione rispetto agli avvocati pubblici e alle altre professioni, il divieto andrebbe quindi rimosso perché non essenziale a tutelare l’interesse pubblico e perché renderebbe, specie per i giovani, più flessibile il passaggio dal mondo dell’impresa a quello della professione o viceversa». Si dibatte da tempo sul nodo del segreto professionale, che non protegge i giuristi d’impresa italiani. Come incide questo fattore nel confronto con i colleghi esteri? «Il segreto professionale è il cardine del rapporto fiduciario tra cliente e avvocato. Un parere legale necessita di una comunicazione franca e aperta con il cliente e quindi protetta da confidenzialità. Rendere un parere legale, con indipendenza, contribuisce al rispetto della legge. In Italia gli avvocati dipendenti di un’impresa privata non possono iscriversi all’albo e avvalersi del segreto professionale. In molti altri paesi, come nel mondo anglosassone, non vi è discriminazione tra avvocati in132 • DOSSIER • MARCHE 2013

terni ed esterni. In un’economia globale, specie nelle aziende multinazionali, anche questo aspetto può essere un elemento per valutare un sistema e fare delle scelte di impresa». L’associazione che lei presiede svolge un’ampia attività di formazione. Su quali percorsi vi state focalizzando? «Siamo fortemente convinti che la formazione sia una leva strategica per l’affermazione del ruolo del giurista d’impresa. Per questo ci rivolgiamo sia a coloro che intendono affacciarsi alla professione sia a chi ne fa già parte. La base della nostra formazione è la Scuola nazionale di specializzazione per giuristi d’impresa che da 8 anni offre un percorso didattico con professionisti di grande esperienza volto a coniugare la conoscenza giuridica, pratica e la gestione manageriale. Un altro percorso formativo è presente in convenzione con la Luiss a Roma. Dal 2003 con la Giuffrè Editore pubblichiamo la “collana Aigi” con approfondimenti tematici. Su tutto il territorio nazionale svolgiamo poi seminari e convegni per i nostri associati anche con istituzioni, autorità, studi legali ed esperti di settore e per i prossimi mesi sono già state avviate iniziative di aggiornamento sulle principali problematiche e novità».



DIRITTO D’IMPRESA

RISTRUTTURARE SECONDO CRITERI DI FATTIBILITÀ

Accordi di restructuring e piani di risanamento: soluzioni non liquidatorie che riducono l’ipotesi fallimentare di un’impresa. I rischi penali legati a tali processi però ci sono e «a volte vengono sottovalutati» rileva Riccardo Bovino Giacomo Govoni

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a vocazione naturale di un’impresa moderna è quella di far crescere il proprio core business e renderlo capace di reggere il confronto internazionale. Un traguardo che talvolta può scontrarsi con fattori interni o esterni all’impresa tali da azzerarne ogni creazione di valore o, nei casi più gravi, distruggendo quello preesistente. In quest’ultimo caso l’impresa che aspira a non cessare l’attività e a rimanere sul mercato è chiamata ad adottare per la sua stessa sopravvivenza percorsi di ristrutturazione, detti anche di turnaround. «L’impresa che intende avviare tale processo - spiega Riccardo Bovino, esperto di diritto societario - ha bisogno di advisor legali, finanziari ed esperti contabili ben selezionati e percepiti come un unico team, su cui l’impresa può fare pieno affidamento». Di che genere di consulenza necessitano le medie e grandi aziende in questa fase? «Sul piano strettamente legale occorre un’assistenza specialistica nella materia, ma inte134 • DOSSIER • MARCHE 2013

grata e presidiata da competenze ampie del diritto dell’impresa. È ovviamente richiesta una certa capacità ed esperienza nella negoziazione con i creditori, di cui il ceto bancario è solo una parte di un quadro complesso ove vi sono importanti fornitori, le cui posizioni a volte possono generare insolvenze a catena. Scontata la conoscenza del diritto fallimentare, ritengo infine sia fondamentale la conoscenza delle fattispecie penali, che il management richiede». Come interviene il legale d’impresa nella gestione del rapporto fra azienda e banche creditrici, cruciale nel processo di restructuring? «L’avvocato dell’impresa in crisi deve avere un’ottica diversa da quella richiesta per la soluzione di una controversia o in un negoziato di compravendita. Quando ad esempio si avanzano proposte ai creditori, specie se banche, non si deve mai dimenticare come la crisi abbia cause sistemiche e anche tali soggetti scontino limiti e paletti


Riccardo Bovino, avvocato del foro di Milano esperto di diritto societario e contratti commerciali

imposti dalle nuove regole del gioco. Questo aspetto ha un ruolo determinante nella ricerca di una soluzione che abbia reale fattibilità. Ovviamente, quanto è più alto il grado di sofisticazione dell’operazione, tanto più si ricorre a strumenti di livello tecnico-giuridico complesso: penso ad esempio agli strumenti finanziari partecipativi». In quali rischi penali può incorrere la società sottoposta a ristrutturazione e in quali la banca finanziatrice? «Qualora l’operazione di ristrutturazione non vada a buon fine e si pervenga al fallimento, per amministratori, direttori generali e imprenditori commerciali (e sindaci, ove non abbiano correttamente controllato) possono sorgere responsabilità penali legate a scelte effettuate in prossimità della crisi o durante l’operazione di risanamento. Il reato di bancarotta, la distrazione di asset o l’effetto di far acquisire una preferenzialità sono fattispecie che possono realizzarsi e che portano in sé rischi per l’imprenditore come per gli organi sociali, a volte sottovalutati. D’altro canto, per ripartire non si può prescindere dalla disponibilità di nuova finanza. Questo tema, dal lato delle banche, espone gli istituti di credito a una possibile responsabilità penale dei propri funzionari per il concorso nei reati di bancarotta, seppur il nuovo articolo 217-bis L.F. certa-

mente ridimensiona tale rischio». In che misura un processo di risanamento avviato a tempo debito potrebbe limitare il ricorso alla cassa integrazione? «Un piano di risanamento del debito di una realtà imprenditoriale in crisi richiede inevitabilmente una politica di riduzione di costi. Temo quindi che, in questo ambito d’intervento, il costo del lavoro nel nostro Paese giochi un ruolo fondamentale non solo rispetto alle politiche di sviluppo, ma anche in un’operazione di risanamento. In questo, il ricorso alla cassa integrazione resta purtroppo uno strumento che – appunto – consente di ammortizzare il sacrificio che, in una prospettiva di continuità, è richiesta all’impresa nel suo complesso». Quanto la valorizzazione della funzione di compliance può esser strategica per prevenire situazioni di crisi aziendale? «Personalmente ritengo che la “struttura legale” non può non avere la stessa attenzione della struttura patrimoniale che, da sola, non basta più a fornire a terzi elementi su cui orientare le scelte nel contesto globale. La funzione di compliance certamente agevola la possibilità di avvedersi per tempo dell’insorgere di anomalie prodromiche a stati di crisi economica, finanziaria e patrimoniale; ma allo stesso tempo consente a investitori, anche esteri, di comprendere meglio le criticità e le potenzialità di un’impresa». MARCHE 2013 • DOSSIER • 135


MOBILITÀ

Verso un territorio smart l territorio e le città stanno diventando sempre più intelligenti, più smart. Un passo importante che porterà al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Come? Attraverso l’impiego dell’Ict nel campo della comunicazione, della mobilità, dell'ambiente e dell'efficienza energetica. Cambiamenti che la PluService di Senigallia sembra aver anticipato. Nata come software house per aziende di trasporto pubblico locale ha visto mutare il concetto di mobilità. «La nostra – spiega Giorgio Fanesi, fondatore di PluService e oggi presidente e Ceo della società – è una storia

I Giorgio Fanesi è fondatore di PluService e oggi presidente e Ceo della società. PluService si trova a Senigallia (AN) www.pluservice.net

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La concezione di mobilità è mutata diventando sostenibile e diretta a utenti multitasking. Per questo è necessario mettere in campo competenze che portino allo sviluppo del territorio in chiave smart. Ne parliamo con Giorgio Fanesi Nicoletta Bucciarelli

d’innovazione nell’IT. 2 sedi e 4 presidi commerciali in Italia, 100 collaboratori, 250 clienti in 70 provincie italiane, 50 portali di ricerca per soluzioni di viaggio, 140 sistemi di bigliettazione elettronica, 2000 applicazioni installate, 11 milioni di prenotazioni, 3500 agenzie on-line. Negli anni siamo riusciti a risolvere problematiche di grande complessità ed elaborato soluzioni e ottimizzazioni che significano economie di scala, migliore organizzazione e maggiori risorse per investimenti. Allo stesso tempo abbiamo guardato alla domanda di servizi più accessibili e utili per l’utenza anticipando le tendenze dei consumi e dei servizi per utenti evoluti e multitasking». Come avete affrontato i cambiamenti della mobilità italiana? «Con Superdriver, la nostra soluzione ERP per aziende di trasporto passeggeri, abbiamo razionalizzato tutte le funzioni organizzative interne

dei nostri clienti e facilitato ai loro utenti, l’accesso ai servizi. Non a caso sono arrivati riconoscimenti e premi a livello internazionale, l’aggiudicazione di Bandi Europei, le partnership con multinazionali, e il Progetto Stadium per i Mondiali di Città del Capo. La mobilità sta evolvendo in chiave sostenibile per ragioni economiche, ambientali e di stile di vita, e noi ci stiamo orientando verso soluzioni dedicate come il trasporto a chiamata, i taxi collettivi o la green mobility, oltre a migliorare il servizio del Trasporto Pubblico Locale e GT- lunga percorrenza. La frontiera è l’intermodalità e l’ultimo miglio, quello che può cambiare la vita delle persone e la percezione di un territorio organizzato». La mobilità è diventata parte di una suite di servizi che l’utenza chiede al territorio smart? «Esattamente. Il territorio smart è quello dove la piazza, il campanile, la storia di ogni


Giorgio Fanesi

20%

QUOTA DI FATTURATO INVESTITA OGNI ANNO IN R&S PER RISPONDERE ALLE ESIGENZE DI UN TERRITORIO CHE SI FA SMART

comunità smettono di essere un limite all’aggregazione per diventare – attraverso una piattaforma tecnologica - il nodo di una rete globale che rende efficiente, interrelato, visibile e accessibile il locale. Nel territorio smart ognuno mantiene identità e vocazioni ma come attore di una rete ampia di servizio e modernizzazione. Per questo noi investiamo know how e capitale cognitivo e lo mettiamo a disposizione del territorio e dei suoi stakeolders – pubblici e privati – per elaborare soluzioni che incrocino vantaggi e convenienze per tutti gli attori». Come definirebbe il territorio smart?

«Un insieme di tecnologia e relazioni. Per molti versi è più semplice concepire e realizzare l’infrastruttura tecnologica che governare l’infrastruttura di relazioni. Per rispondere a questi bisogni abbiamo creato MyCicero, una piattaforma multicanale – smartphone, touch screen e web - multiservice e multifunzione. Il territorio nel palmo della mano. Un’offerta di cultura, turismo, ospitalità e servizi. Un network delle città turistiche, la Card dei teatri e dei musei, l’informazione aggiornata in tempo reale. MyCicero è un riferimento plasmato sulle esigenze di ognuno. Ed è uno

strumento di rating e feedback alla qualità territoriale, affidabile perché poggia su dati riconosciuti e certificati». Come si è arrivati allo sviluppo di vantaggi orizzontali tra soggetti, territori e funzioni? «Con investimenti, esperienze e collaborazioni, come quella con il professor Bogliolo dell’Università di Urbino per un sistema di QArtCode che sviluppa politiche d’informazione, valorizzazione e fidelizzazione ai territori, alle reti di servizio e a singoli eventi. Il nostro auspicio è che MyCicero diventi sempre più un insieme di servizi, sviluppo e semplicità». MARCHE 2013 • DOSSIER • 143


LOGISTICA

Logistica, tra opportunità e complicate dinamiche Silvio Baldassarri svela le ultime opportunità nel settore logistica, come l’internazionalizzazione e la concorrenza in Estremo Oriente. Tra vecchi problemi e nuove soluzioni Remo Monreale

azi, infrastrutture, reti di rapporti e differenze economiche geograficamente determinate, cambiano le regole del gioco da paese a paese. Quando la logistica è internazionale, sono tanti i fattori da tenere in considerazione per elaborare una strategia di successo. Tra questi, l’aspetto che riguarda la dimensione della singola società di trasporti è tra i più importanti: determina, infatti, quali “partite” si possono giocare, in un mercato globale complesso e in cui la conoscenza delle dinamiche interne al singolo paese è decisiva. Ne parla Silvio Baldassarri, presidente di Ots (Overseas Transport Systems) Spa, attiva in trasporti internazionali. «La nostra – spiega Baldassarri – è un’organizzazione strutturata in forma di network, con 39 filiali con cui

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copriamo tutti i continenti. Nei paesi in cui non siamo presenti, ci affidiamo ad agenti su cui contiamo come su una nostra filiale. Questo ci permette di assolvere il primo compito che un’azienda come la nostra è chiamata a svolgere: conoscere i paesi in cui si opera e le caratteristiche che presentano a livello logistico». Quali sono gli ostacoli che incontrate più spesso? «Cambiano da paese a paese. Il nostro sviluppo segue il trend di mercato e i mercati per noi storicamente più im-

portanti si trovano in paesi come gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Canada, il Giappone e l’Australia. In generale, comunque, il nostro compito è mettere a disposizione dei clienti la nostra conoscenza delle problematiche, soprattutto burocratiche, che s’incontrano nei paesi in cui si esporta». Come si presenta l’Italia da questo punto di vista? «Siamo un paese molto critico a causa di una complessa dinamica della burocrazia, soggettività forte da parte di ogni


Silvio Baldassarri

Silvio Baldassarri, presidente di Ots Spa, con sede a Civitanova Marche (MC) www.otsspa.com

centro di potere, c’è una libera interpretazione delle leggi che non ci lasciano lavorare in maniera omogenea su tutto il territorio italiano. Abbiamo molti aspetti che creano instabilità e scoraggiano le aziende straniere a venire in Italia» Quali sono gli altri paesi su cui vi siete concentrati? «La Cina è entrata in un regime di forte concorrenza con altri paesi, tuttavia continua a svolgere un ruolo primario all’interno dei nostri business. Anche l’India si sta rivelando

uno scenario interessante per l’import – export italiano, così come i paesi del Sud America, nonostante i problemi burocratici e i filtri posti dai loro governi al traffico di prodotti provenienti dall’estero, allo scopo di stimolare la produzione interna. Particolare attenzione rivolgiamo anche ai paesi del Medioriente». Dunque in che modo siete collocati sul mercato globale? «Noi siamo in una posizione intermedia, se si guarda la piramide che compone la classificazione del nostro settore. Siamo uno scalino sotto i big dei trasporti: una fascia che ci permette a volte di competere con grandi attori, soprattutto quando il committente ha bisogno di un servizio su misura, quindi altamente flessibile, caratteristica che il big per definizione non ha. Il nostro punto di forza, quindi, è la flessibilità, anche per una questione di dimensioni aziendali».

+3 Mln L’INCREMENTO ANNUO DI FATTURATO REGISTRATO DALLA OTS SPA ALL’INTERNO DEI BILANCI RELATIVI AGLI ULTIMI TRE ANNI

Quali sono le aspettative per la chiusura del 2013? «Stiamo lavorando molto sulla comunicazione e ci aspettiamo dei passi avanti in quest’ambito. Abbiamo sviluppato una divisione di marketing con un pool di professionisti del settore per interpretare al meglio le esigenze di mercato in cambiamento: un social network aziendale in cui tutti i dipendenti delle diverse filiali possono ritrovarsi, presenza nei principali social network per lo scouting e recruiment e lo sviluppo delle relazioni con i clienti, piattaforme di gestione di newsletter e delle comunicazioni. I nostri sistemi di comunicazione e di vendita sono all’avanguardia». MARCHE 2013 • DOSSIER • 147




INTERNI

Tra funzione e design Quelli che un tempo venivano considerati ostacoli alla funzionalità di un ambiente interno oggi diventano elementi d’arredo indispensabili per definirne il carattere. Ne parla Fernando Garofoli Emanuela Caruso

l vivere moderno ci sta imponendo alcune sfide interessanti: risparmiare spazio, gestire in maniera intelligente gli ingombri, risolvere i problemi di compatibilità tra elementi d’arredo. Ovviamente, stiamo parlando di interior design, che continua a chiedere a gran voce il giusto equilibrio tra funzionalità estrema, design, innovazione e space saving. Progettati per imprimere carattere a qualsiasi tipo di ambiente, gli elementi e complementi d’arredo devono essere componibili e compatibili, accessibili e pratici. È proprio a partire da queste nuove linee guida del

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La Garofoli Spa ha sede a Castelfidardo (AN) www.garofoli.com

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settore che il Gruppo Garofoli, società leader nella progettazione, costruzione e commercializzazione di porte, ha ideato e realizzato collezioni originali e innovative. «Abbiamo cercato di offrire al mercato – spiega Fernando Garofoli, fondatore dell’azienda – non solo porte ma anche parquet e cabine armadio perfettamente compatibili l’uno con l’altro e capaci di uscire dal loro mero ruolo funzionale per diventare parte integrante dell’arredo. Ne è un esempio la porta rototraslante, il cui meccanismo a perno rende la porta apribile e girevole in entrambi i sensi. In questo modo, il raggio d’aper-

tura si riduce e la porta da ingombro e ostacolo diventa elemento d’arredo curioso e d’avanguardia, in grado di rispondere alle moderne esigenze di space saving». Ma proprio come specificato da Fernando Garofoli, il gruppo non si concentra più solo sulla produzione di porte, e infatti tratti particolari e davvero nuovi si possono trovare anche nella linea di parquet. «Il nostro parquet utilizza legno di altissima qualità, proveniente solo da foreste gestite in maniera ecosostenibile. Il punto forte di questa collezione sta nella capacità di essere completamente abbinabile a porte, ante armadio e boiserie, così da dare all’ambiente una continuità di stile unica


Fernando Garofoli

200 mila PORTE REALIZZATE OGNI ANNO DAL GRUPPO GAROFOLI. NUMERO A CUI SI VA AD AGGIUNGERE QUELLO DELLA PRODUZIONE DI CABINE ARMADIO, BOISERIE E PARQUET

e ricercata. Parlando poi di cabine armadio, siamo in grado di realizzare pannelli di rivestimento, ante e armadiature studiati per specifici ambienti, per chiudere spazi preesistenti, per delimitare stanze o chiudere angoli prima inutilizzati». Le nuove collezioni del Gruppo Garofoli non si limitano, però, a quelle citate, e infatti includono anche la Grain, che come precisa Fernando Garofoli è «un’innovativa generazione di prodotti che risponde con determinazione a esigenze di praticità, estetica e accessibilità. Le porte Grain puntano sull’impatto visivo e sulla marcata tattilità ottenuta con laminati a effetto 3D, la nuova frontiera nel mondo dell’ar-

redo. Attraverso queste porte, la cui texture richiama il bassorilievo della venatura del legno, si esalta la multisensorialità degli ambienti». Ogni lavorazione e ogni prodotto della società Garofoli si distingue per la qualità del tutto made in Italy dei materiali e della produzione, per la cura posta nei dettagli, e per la selezione del legno. «L’obiettivo della nostra impresa è quello di realizzare prodotti di qualità che siano capaci di esprimere al meglio il valore estetico e tecnico del buon design italiano. Per questo motivo siamo alla costante ricerca di nuove lavorazioni, nuovi materiali, nuovi metodi per lavorare rispettando l’ambiente, e nuove finiture e cromie. Molte delle tecnolo-

gie che utilizziamo durante i vari step produttivi – che comprendono approvvigionamento delle materie prime, stoccaggio, lavorazioni iniziali dei materiali, verniciatura, assemblaggio, controllo qualità e spedizione – sono coperte da brevetti registrati». La società, presente in Italia con una rete vendita che le consente di soddisfare la domanda di privati, aziende, imprese edili e contract, è attiva anche all’estero, dove il marchio Garofoli è apprezzato in particolare in Europa – soprattutto Francia e Spagna – Russia, Stati Uniti e Africa. «Siamo presenti in 40 stati in tutto il mondo e attualmente guardiamo con sempre maggior interesse ai mercati orientali e al settore del contract». MARCHE 2013 • DOSSIER • 153


TURISMO

Una risorsa fondamentale per l’economia Occorre valorizzare il patrimonio storico e artistico di cui l’Italia dispone e sfruttarne le potenzialità economiche che esso rappresenta per il nostro paese. Renzo Iorio illustra gli interventi fatti finora e quelli su cui bisogna lavorare Nicolò Mulas Marcello

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l patrimonio culturale e ambientale dell’Italia potrebbe essere un’occasione di crescita, ma spesso a frenarne il rilancio è l’assenza di un coordinamento tra le varie realtà territoriali. Riuscire a intercettare i flussi turistici mondiali, come ad esempio quelli orientali, potrebbe essere una strada percorribile per rilanciare il turismo in Italia. «Il fatto che altri paesi come la Spagna spiega Renzo Iorio, presidente di Federturismo - mettano il turismo al centro dei piani di crescita del paese, è la dimostrazione che all’estero il turismo è considerato un asset strategico su cui investire risorse ingenti e focus di azione di governo». Cosa occorre fare allora in Italia? «Il nostro Paese ha il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale con oltre 3.400 musei, circa 2.000 aree e parchi archeologici ed è dotato di un grande patrimonio naturale con i suoi 800 parchi. Un patrimonio ricco come il nostro impone focus, risorse e competenze forti in grado di corrispondere alle sue necessità e potenzialità. Il problema è che la gestione secondo logiche rigorose di valorizzazione economica urta contro il disordine amministrativo in cui operano le competenze 156 • DOSSIER • MARCHE 2013

necessarie. Per esempio la logica del distretto e del coordinamento degli interventi contrasta con la diversità degli enti e delle amministrazioni che sovrintendono a diversi monumenti, anche nella stessa area. Per non parlare della necessità di coordinare l’intervento delle Regioni. Per stabilire un rapporto proficuo fra beni paesaggistico-culturali e turismo occorre seguire logiche di distretto e soprattutto puntare su un modello di sviluppo del paese che includa la dimensione del paesaggio, della cultura e del turismo tra gli assi portanti». Come è cambiato negli ultimi anni il turismo straniero in Italia e quali tipi di promozione vanno attuati? «Nonostante l’Italia sia tra le prime destinazioni turistiche nei desideri dei viaggiatori internazionali cattura quote sempre minori di flussi turistici. È evidente che una parte rilevante di tale deficit competitivo è da imputarsi alla scarsa efficacia delle politiche di promozione e attrazione del Paese e alla mancanza di coordinamento tra le iniziative degli enti e gli operatori turistici. Occorre quindi ripensare le azioni promozionali in termini di efficacia ed efficienza. Dobbiamo, tra l’altro, risolvere al più presto la scarsa percezione del prodotto-desti-


Renzo Iorio

Renzo Iorio, presidente di Federturismo

c nazione che è il vero male che attanaglia il turismo italiano: segmentando i mercati, innovando la metodologia del linguaggio online, rafforzando il brand e impostando una comunicazione coerente e integrata». Cosa dovrebbe imparare secondo lei l’Italia dagli altri Paesi in termini di gestione del turismo? «Il fatto che altri paesi come la Spagna mettano il turismo al centro dei piani di crescita è la dimostrazione che all’estero il turismo è considerato un asset strategico su cui investire risorse ingenti e focus di azione di governo. È fondamentale anche per noi elaborare un masterplan nazionale del turismo dotato di risorse adeguate che ci consenta di competere con tutti i maggiori Paesi concorrenti e accompagnare lo sviluppo del settore con una serie di investimenti pubblici e privati adeguati. Tra le priorità assolute c’è l’ammodernamento delle strutture e delle infrastrutture legate al turismo, con interventi in linea con i criteri di sostenibilità ambientale e articolati attorno al senso e alla cultura dei territori. Per competere sui mercati internazionali, gli operatori italiani devono compiere un salto tecnologico, dotandosi di infrastrutture e competenze, per poter offrire prodotti e servizi

Il prodotto balneare italiano, anche se continua a riscuotere successo nel caso della Puglia e della Sicilia, sta subendo una flessione perché poco competitivo

secondo le modalità richieste dal mercato». Sta per aprirsi la stagione estiva, quali sono le aspettative per questo 2013 per quanto riguarda le località turistiche di mare e i luoghi d’arte? «Nonostante le interessanti promozioni di advance booking lanciate dai principali tour operator, anche quest’anno la crisi economica sta facendo registrare una cautela nell’acquisto dei viaggi da parte dei consumatori. Il prodotto balneare italiano, anche se continua a riscuotere successo nel caso della Puglia e della Sicilia, sta subendo una flessione nelle preferenze degli italiani perché poco competitivo per il rapporto qualità-prezzo rispetto alle altre destinazioni del Mediterraneo come Grecia, Spagna o Mar Rosso. Il turismo culturale e d’arte occuperà anche quest’estate i primi posti nella classifica dei prodotti turistici preferiti dai viaggiatori. In ogni caso saranno essenzialmente i turisti stranieri a sostenere le nostre destinazioni e le nostre aziende».

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TURISMO

Ridare slancio alle attività ricettive Snellire la burocrazia è uno dei punti fondamentali per fare ripartire l’economia, anche quella legata al turismo che soffre ancora di politiche poco incisive. Luciano Pompili spiega come gli albergatori marchigiani stanno reagendo alla crisi Nicolò Mulas Marcello

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Luciano Pompili, presidente di Federalberghi Marche

a stagione estiva per le località balneari marchigiane ha aperto i battenti anche se a causa delle previsioni incerte non è ancora decollata. «Le prenotazioni arrivano a rilento - spiega Luciano Pompili, presidente di Federalberghi Marche - e si stanno offrendo forti sconti per riuscire ad avere le conferme. Confidiamo nel prossimo bel tempo e speriamo in un cambio di rotta. Temiamo che alla fine i dati possano essere negativi rispetto allo scorso anno». Come hanno reagito alla crisi economica gli albergatori marchigiani? «La maggior parte sta cercando nuove forme di commercializzazione, specialmente attraverso Internet, e cerca nel contempo di investire anche sulla qualità dei servizi offerti. Purtroppo, spesso i prezzi sono quelli di 4 anni fa se non più bassi, specialmente in occasione di offerte speciali che, anziché essere eccezioni, stanno diventando una insostenibile costante. Inoltre, la riqualificazione necessita di fondi per ridare slancio alle attività ricettive che spesso vengono penalizzate dalle banche; fortunatamente non da tutte. Dall’altra parte i costi aumentano senza possibilità di argine. L’apparato burocratico,

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normativo e amministrativo non conosce limiti, diventa sempre più isterico e opprimente: non gli basta più sottrarre denaro con ogni mezzo e scusa, ora ci toglie anche il tempo che normalmente dovremmo dedicare al lavoro e quindi a produrre. È la cosa più assurda che un apparato, per sua natura improduttivo, possa fare nei confronti di quel mondo che ha invece proprio la funzione di produrre reddito e dal quale trae la linfa vitale». Quali sono i punti più importanti della programmazione della politica turistica regionale? «Il piano di promozione turistica triennale e i collegamenti aeroportuali con capitali estere. In Italia la Regione Marche è la seconda regione per numero di bandiere blu. La visibilità sta facendo dei punti importanti specialmente con il programma Carosello. Va spinta maggiormente la

comunicazione attraverso i mass media. Abbiamo già visto dagli altri come girare un film, un reality o una novella in una certa località fino ad allora poco nota possa portare un enorme vantaggio in termini di attrattiva per la località stessa. Possiamo dire che Andrea Camilleri è uno dei migliori promotori della Sicilia, così come i film di Leonardo Pieraccioni lo sono per la Toscana». L'azione di promozione turistica della Regione prosegue attivamente in ambito nazionale e internazionale. Questa strategia ha portato risultati? «La regione sta guadagnando terreno in termini di promozione; probabilmente i risultati, in proporzione agli investimenti fatti, non sono ancora quelli che si sperava. Comunque si è mossa in diverse direzioni e pensiamo che la costanza nel tempo possa portare maggiori risultati».



POLITICHE ENERGETICHE

Una rete intelligente per i flussi di energia Per risollevare il comparto energetico italiano bisogna ripartire dalle fonti rinnovabili, dalla ricerca e dalle “smart grid” per migliorare la gestione dell’energia. Parola di Claudio Brunacci, presidente della Assem Lorenzo Brenna

Italia è tra i paesi europei che registra i prezzi dell'energia più elevati. Per invertire questa tendenza sarebbe importante che gli stati membri completassero rapidamente il mercato unico e che ci fosse un maggior sostegno alle fonti rinnovabili. Nella fattispecie l’Italia dovrebbe migliorare la rete elettrica. È urgente l'adeguamento delle reti e la gestione della loro non programmabilità rispetto alle altre fonti elettriche. Assem è una delle poche realtà italiane scelte per realizzare le cosiddette smart grid. Si tratta di un progetto potenzialmente molto utile ai fini dello sviluppo del settore energetico. «L’ampliarsi della generazione distribuita da fonti rinnovabili e la diffusione di nuovi impianti hanno portato a un cambiamento radicale nella distribuzione dell’energia

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- spiega Claudio Brunacci, presidente della Assem - la rete elettrica non è più solo un canale per trasmettere e distribuire energia elettrica dalle grandi centrali ai clienti, ma diventa una “smart grid”, ovvero una rete intelligente in grado di accogliere flussi di energia bidirezionali, di fare interagire produttori e consumatori, di determinare in anticipo le richieste di consumo e di adattare con flessibilità la produzione e il consumo di energia elettrica». Una rete in grado di comunicare scambiando informazioni

sui flussi di energia, gestendo con migliore efficienza i picchi di richiesta, evitando interruzioni di elettricità e riducendo il carico dove è necessario. «Uno dei principali driver che pilotano questa evoluzione sono gli obiettivi europei “20-20-20” – chiarisce Claudio Brunacci - che prevedono entro il 2020 la riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, l’aumento dell’efficienza energetica del 20 per cento, e il 20 per cento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In Italia il


Claudio Brunacci

La Assem Spa si trova a San Severino Marche (MC) www.assemspa.it

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primo passo concreto in questa direzione è stato compiuto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Il regolatore italiano, con visione d’avanguardia rispetto ad altri contesti europei, ha scelto di spingere per lo sviluppo di smart grid, offrendo ai distributori incentivi per la presentazione di progetti innovativi in reti attive, con l’obiettivo di favorire la diffusione della produzione da fonti rinnovabili e l'uso efficiente delle risorse. Sono state ammesse al trattamento incentivante otto progetti pilota relativi a reti attive.

Assem è orgogliosa di essere tra le otto imprese che a livello nazionale sono state scelte per portare avanti tale sperimentazione». Il comparto energetico italiano ha le potenzialità per crescere e contribuire alla ripresa del Paese, a patto, secondo Claudio Brunacci, che il governo faccia chiarezza. «Penso che sia giunto il momento di mettere ordine in un settore di vitale importanza come quello energetico. L’Italia ha un costo dell’energia più alto di tutti gli altri partner europei. Bisogna affrontare il problema superando i pregiudizi e le visioni arretrate legate alle vecchie fonti energetiche, perseguendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili e investendo nella ricerca. Bisogna rivedere il sistema autorizzativo, facilitando e semplificando i vari processi. Bisogna anche assicurare durata e stabilità ai sistemi di incentivazione che però dovrebbero essere ripensati per evitare che generino distorsioni sul mercato senza

QUOTA DI PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI CHE L’ITALIA DEVE RAGGIUNGERE ENTRO IL 2020

provocare reali benefici sul fronte del costo dell’energia prodotta». L’ultimo biennio è stato soddisfacente per Assem, che per il futuro punta sulla flessibilità e sull’efficientamento delle infrastrutture tecnologiche. «Il bilancio è positivo non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo del servizio reso ai cittadini - spiega il presidente della società - soprattutto nelle ridotte tempistiche di realizzazione delle richieste di connessione che ci vede tra i migliori distributori a livello nazionale. Tra i progetti importanti che abbiamo realizzato c’è stato il revamping della centrale idroelettrica di proprietà e nel prossimo futuro ci sarà anche la realizzazione di un impianto idroelettrico lungo il fiume Potenza». MARCHE 2013 • DOSSIER • 163


RINNOVABILI

L’indotto delle rinnovabili La green economy può essere lo strumento per uscire dalla crisi. Bisogna solo sfruttare le risorse naturali di cui è ricca l’Italia grazie alla sua posizione e all’eterogeneità del territorio Lorenzo Brenna

energia elettrica che consumiamo è perlopiù prodotta da centrali a combustibili fossili. Questo implica, solo nel nostro paese, l’annuale immissione nell’atmosfera di circa 150 milioni di tonnellate di Co2. La soluzione è l’utilizzo delle cosiddette energie pulite. Oltre agli innegabili benefici ambientali l’utilizzo di risorse rinnovabili implica impor-

L’

La Troiani & Ciarrocchi Srl ha sede a Centobuchi di Monteprandone (AP) www.gruppotec.it

164 • DOSSIER • MARCHE 2013

tanti vantaggi economici. Nel suo complesso l'industria delle rinnovabili fattura oggi circa cinque miliardi di euro. Il settore ha vissuto un costante sviluppo negli ultimi anni. Questo incremento è in buona parte dovuto al successo del fotovoltaico, segmento in cui l’Italia risulta al primo posto nella graduatoria mondiale per potenza entrata in esercizio. Tra gli elementi maggiormente positivi c’è l’aumento dell’occupazione. Solo nel 2013 il mercato delle rinnovabili ha creato oltre 130.000 posti di lavoro. La green economy potrebbe aiutare il paese ad uscire dalla crisi. Purtroppo attualmente appalti, grandi opere e infrastrutture sono quasi fermi dato che lo stato è impegnato a risanare i suoi conti. Il settore privato, a causa del calo dei consumi, è in difficoltà e le aziende non riescono a investire. Eppure esistono nel settore dell’energia ancora oggi enormi opportunità, come ci spiegano Renato Ciarrocchi e Roberto Troiani, amministratori della Troiani & Ciarrocchi. «La green economy può rap-

presentare una rara opportunità di ripresa per molte imprese - afferma Renato Ciarrocchi - lo Stato dovrebbe liberalizzare, ma non deregolarizzare, lo sfruttamento di alcune risorse. Ad esempio in Italia esistono migliaia di corsi d’acqua che potrebbero essere sfruttati per l’istallazione di micro centrali idroelettriche, eppure tale iniziativa oggi richiede un anno per l’autorizzazione e un percorso burocratico farraginoso. Oppure, oggi i comuni spendono circa un miliardo di euro all’anno per la pubblica illuminazione, se lo stato desse in gestione tali impianti al privato, questo potrebbe ammodernarli rientrando del proprio investimento grazie al risparmio energetico che ne deriverebbe». La società marchigiana era inizialmente specializzata nella realizzazione di impianti tecnologici e di reti di distribuzione dell’energia elettrica. Ha in seguito esteso la propria attività ad altri settori, come gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili. «In futuro ci focalizzeremo sul project finan-


Renato Ciarrocchi e Roberto Troiani

cing per quanto riguarda il pubblico e investimenti in campo energetico nei settori privati - spiega Roberto Troiani - il successo di un’azienda con progetti innovativi è legato a doppio filo all’accesso al credito e al supporto legislativo dello stato. Stiamo anche sviluppando diversi nuovi progetti, come idroelettrico, biogas, biomasse, impianti di smaltimento rifiuti urbani ed efficienza energetica». Si conferma la tendenza delle imprese italiane a investire anche all’estero. «Puntiamo ad ampliare il nostro raggio d’azione - conferma Renato Ciarrocchi - siamo già presenti in Senegal, Romania, Ucraina ed Emirati Arabi». Peccato che la burocrazia rappresenti un freno per lo svi-

luppo del comparto. Abbiamo chiesto agli amministratori della Troiani & Ciarrocchi su cosa, Stato, associazioni e imprese potrebbero fare leva per stimolare la crescita del settore. «Il futuro di progetti importanti sta nella capacità di programmare nel medio-lungo periodo. Oggi imprenditori e associazioni di categoria dovrebbero guardare là dove al momento non siamo innovativi e capire che investire in tale direzione sarebbe un’operazione a costo zero, in quanto l’investimento si pagherebbe da solo con i benefici che questo porterebbe nel tempo. Il denaro per fare ciò potrebbe essere reperito in campo finanziario a fronte di garanzie di Stato o di si-

300 POSTI DI LAVORO CREATI DALLA TROIANI & CIARROCCHI GRAZIE ALL’INCREMENTO DELLA PRODUZIONE

stema». Il settore è quindi in stand by, nonostante le enormi potenzialità. «Il 2013 è iniziato con un processo volto a ridiversificare il mix produttivo dell’azienda, consapevoli però dei pochi spazi a disposizione, a causa dell’attuale crisi. Nel futuro prossimo i nostri sforzi si concentreranno verso quegli investimenti a basso margine di rischio in cui, banche o venture capital vorranno accompagnarci per continuare a mantenere attivo questo paese». MARCHE 2013 • DOSSIER • 165




LEGALITÀ

Un approccio investigativo trasversale L’evasione fiscale nelle Marche genera numeri preoccupanti e accresce il rischio di favorire trasferimenti illeciti di denaro. Il comandante Giovanni Mainolfi spiega quali azioni svolgono i finanzieri per contrastare tali fenomeni Giacomo Govoni

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alcolare con esattezza il volume di sommerso economico prodotto nel nostro Paese è tecnicamente impossibile, trattandosi di un’attività di produzione di beni e servizi che per definizione sfugge all’osservazione diretta. Tuttavia, secondo una recente indagine svolta dall’Associazione italiana contribuenti, l’economia sommersa in Italia vale circa il doppio di quella di Francia e Germania e raggiunge il 21,4 per cento del prodotto interno lordo, per un valore pari a 346 miliardi di euro l’anno. «Tra le regioni in cui sono aumentati gli evasori fiscali - spiega Giovanni Mainolfi, comandante regionale della Guardia di finanza - le Marche si collocano al nono posto, con un poco confortante incremento del 14,2 per cento». A guidare la classifica dei più refrattari al fisco - e di conseguenza anche dei più sorvegliati in chiave antiriciclaggio - vi sono gli industriali, i bancari e assicurativi, che insieme rappresentano i due terzi del totale degli evasori, seguiti dal 10,7 per cento di commercianti, il 9,5 per cento di artigiani, il 7,6 di professionisti e il 7,3 di lavoratori dipendenti. In questo scenario, come orientano i loro interventi le Fiamme gialle marchigiane? «Secondo una duplice linea d’azione: il contrasto a fenomeni di massa come l’omesso rilascio di scontrini e ricevute fiscali nel settore 168 • DOSSIER • MARCHE 2013

tributario o l’indebita percezione di prestazioni sociali agevolate nel comparto pubblico, da un lato, e la lotta contro le frodi o i comportamenti illeciti più complessi, dall’altro. L’azione incessante dei finanzieri dei reparti marchigiani è volta all’aggressione dei patrimoni illeciti costituenti il profitto o il reimpiego e all’intercettazione dei canali finanziari che veicolano i proventi derivanti dall’attività delittuosa. Basti pensare che il solo nucleo di polizia tributaria di Ancona, nel recente passato, ha accertato un riciclaggio di oltre 60 milioni di euro». Nell’ambito degli accertamenti condotti, quali infrazioni alla normativa antiriciclaggio ricorrono con più frequenza nella realtà marchigiana e quali le sanzioni previste? «Nel periodo 2009-2013, la realtà marchigiana ha accertato 14 violazioni di carattere penale, con la denuncia a piede libero di 28 persone. A queste vanno aggiunte le violazioni penali previste per riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, entrambe punite con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da 1.032 a 15.493 euro. Per quest’ultime, sono state accertate 10 violazioni, con la denuncia a piede libero di


Giovanni Mainolfi

Nel mirino della Gdf Marche ci sono innanzitutto aeroporto e porto di Ancona, naturalmente destinati a essere crocevia di traffici illeciti

38 persone e quantificato un riciclaggio per complessivi 60,5 milioni di euro. Per quanto riguarda invece le violazioni amministrative, nello stesso periodo nelle Marche sono state accertate 38 violazioni e contestate violazioni a 160 soggetti, con l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie minime per un totale di quasi 5,9 milioni di euro». Come cambia la vostra attività ispettiva nei confronti di professionisti, commercialisti in testa, rispetto a quella nelle imprese? «Tra i destinatari degli obblighi antiriciclaggio figurano anche i “professionisti”, in particolare gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili e nell’albo dei consulenti del lavoro; i notai e gli avvocati quando, in nome e per conto dei propri clienti, compiono operazioni di natura finanziaria o immobiliare o li assistono; i prestatori di servizi relativi a società e trust; i re-

visori contabili, ora revisori legali. Tali sog- Sopra, getti sono tenuti al rispetto degli obblighi di Giovanni Mainolfi, comandante della adeguata verifica, registrazione e conserva- Guardia di finanza zione dei dati, segnalazione di operazioni so- delle Marche. spette, comunicazioni al Ministero dell’eco- A sinistra, il porto di Ancona nomia delle infrazioni, senza tuttavia necessità di aggregarli; adozione di misure di controllo interne e formazione del personale; adempimenti degli organi di controllo, se presenti. Due le tipologie di controlli previsti: l’ispezione e il controllo antiriciclaggio. L’attività ispettiva svolta nei confronti dei professionisti non si differenzia, in buona sostanza, da quella nei confronti degli altri destinatari della normativa antiriciclaggio, pur presentando delle peculiarità». Voi svolgete un ruolo centrale anche sul fronte della verifica dei pagamenti. In quale scenario legislativo operate? «L’articolo 49 del decreto 231/2007 stabilisce MARCHE 2013 • DOSSIER • 169


LEGALITÀ

60,5 mln LA CIFRA PROVENIENTE DA OPERAZIONI DI RICICLAGGIO ACCERTATI DALLA GUARDIA DI FINANZA REGIONALE NEL PERIODO 2009-2013

il divieto di trasferimento, effettuato a qual- torio rivolto ai privati che non ottemperano alle siasi titolo fra soggetti diversi, di denaro contante, di libretti al portatore o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, quando il valore oggetto dell’operazione è pari o superiore a 1.000 euro. Il trasferimento è vietato anche se effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati allo scopo di eludere la legge. Tuttavia è possibile effettuare i trasferimenti eccedenti la soglia di legge avvalendosi delle banche, degli istituti di moneta elettronica e di Poste italiane. Per gli assegni, è permesso l’utilizzo di quelli emessi in forma libera solo per i pagamenti inferiori a mille euro. Per quanto riguarda, infine, i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a mille euro, sussiste il divieto di detenerli». Come si sta sviluppando negli ultimi tempi la vostra azione in questo senso? «In tale cornice legislativa, l’azione del corpo si sviluppa in un’ottica di prevenzione, assicurando un diuturno controllo del territorio, con particolare riguardo all’aeroporto Raffaello Sanzio di Ancona-Falconara e al porto di Ancona, naturalmente destinati a essere crocevia di traffici illeciti. Per quanto riguarda, invece l’aspetto repressivo, esso si fonda sul sistema sanziona-

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disposizioni in materia di circolazione del denaro contante e degli altri mezzi di pagamento e ai destinatari degli obblighi antiriciclaggio». I finanzieri rappresentano l’anello forte di un sistema antiriciclaggio più articolato. Quali meccanismi di segnalazione possono migliorare al fine di aggredire con maggiore efficacia i patrimoni illeciti? «Nell’ultimo biennio si è registrato anche per le Marche un forte incremento di segnalazioni formulate dagli operatori. Il corpo si è dotato di strumenti e processi di analisi che colgono, tra le tante, quelle suscettibili di più proficuo sviluppo e riguardanti contesti investigativi già sotto la lente dell’autorità. Nell’attuale scenario, è prioritario prevenire la formazione di capitali di origine criminale, approfondendo le segnalazioni di operazioni sospette e le ispezioni antiriciclaggio. Dall’altro, aggredire i patrimoni illecitamente accumulati da organizzazioni delinquenziali, avvalendosi degli strumenti previsti dalla normativa antimafia. In questo ambito, i finanzieri marchigiani puntano soprattutto alla valorizzazione, attraverso approcci investigativi trasversali, delle segnalazioni pervenute, per risalire a eventuali casi di riciclaggio o ad altre condotte illecite, oltre ai possibili rilievi di natura tributaria».



TRAPIANTI

Propulsori del processo donazione-trapianto Nel solco di un lavoro di squadra che in pochi anni ha reso le Marche la regione più propensa a donare organi e tessuti, Francesca De Pace coordina un’attività trapiantologica che sta compiendo progressi eccellenti Giacomo Govoni

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Francesca De Pace, coordinatrice del Centro regionale trapianti delle Marche

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ra le prime regioni italiane a introdurre lo strumento del consenso/diniego alla donazione sulla carta d’identità, le Marche sono una terra d’elezione in fatto di trapianto di organi. Lungo la strada tracciata in 8 anni dal Centro regionale trapianti e dal suo ex coordinatore Dulio Testasecca, l’attività trapiantologica locale è riuscita a capitalizzare al massimo un patrimonio di donatori che vale alla regione il miglior tasso di procurement italiano. Da inizio 2013 il timone del Crt è passato a Francesca De Pace che lo coordina dagli Ospedali riuniti di Ancona, dove lavora dal 2009 e dove ha sede il centro. «Il sistema donazione-trapianto costituisce un’eccellenza sanitaria nazionale - sottolinea la dottoressa De Pace - e di questo dobbiamo ringraziare Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, che da anni lavora in maniera esemplare nella costruzione della nostra rete». Qual è la capacità attrattiva del vostro Crt e come si rispecchia nella dinamica delle liste d’attesa? «Dal 2005 a oggi sono stati effettuati già 555 trapianti tra fegato, rene e pancreas; attualmente 30 sono i pazienti in lista d’attesa per il fegato e 174 per il rene. Più della metà provengono da fuori regione: Umbria, Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, ma anche da regioni lontane, come Lombardia e Campania. Ultimamente abbiamo trapiantato di fegato anche


Francesca De Pace

una giovane signora toscana. Negli anni i pazienti extra regionali sono aumentati sia per i trapianti che per la lista d’attesa per il rene. La più numerosa per domanda e perché consente la doppia iscrizione». In termini di attività trapiantologica, da quali organi arrivano i risultati più significativi e come avete ampliato la gamma di applicazioni terapeutiche negli ultimi tempi? «I progressi sono stupefacenti: nuovi farmaci rendono possibile trapianti in pazienti con virus Hiv. Ancona è fra i pochissimi centri in Italia ad attuare questo trapianto, grazie all’equipe chirurgica diretta da Marco Vivarelli. Dal 2007 abbiamo effettuato 21 trapianti epatici su pazienti Hiv e sopravvivenza e qualità dei risultati sono sovrapponibili alle casistiche internazionali. Nuove tecniche e abilità dei chirurghi permettono trapianti epatici molto complessi come la emitrasposizione cavo-portale, in caso di trombosi completa della vena porta, pochissimi casi nel mondo. Accettiamo pazienti con indice di Meld molto alto, cioè estremamente gravi, anche rifiutati da altri centri». Le Marche sono da tempo la regione con il procurement più alto d’Italia. Quali sono le strutture in prima linea nella raccolta e sensibilizzazione sul tema? «Sono le rianimazioni e i coordinamenti ospedalieri alla donazione, istituiti in base alla legge 91 del 1999. Nelle Marche abbiamo 13 coordinatori ospedalieri, medici anestesisti e rianimatori che operano con abnegazione e altissima professionalità. Il procurement è alto malgrado calino i decessi con lesione encefalica e l’età media dei donatori - 65,5 anni - sia la più alta d’Italia. Fattore che complica la valutazione medica del donatore». Nel 2012, tuttavia, l’Aido di Pesaro ha segnalato un tasso di opposizione in aumento. Come leggere questo dato? «Penso che in una regione con soli 1.500.000 abitanti il tasso di consensi e di dinieghi sia altalenante. In una realtà con numeri piccoli, basta una sola opposizione per farlo precipitare. È già avvenuto nel 2008 e ricapiterà: il segreto è non scoraggiarsi e lavorare insieme a istituzioni e associazioni, senza allarmismi. Indub-

biamente anche nelle Marche ci sono sacche di resistenza, ma siamo fermamente intenzionati a eliminarle: se le persone sono correttamente informate non dico di no, anzi, vanno a rendere dichiarazione di volontà». Dal punto normativo, quali strumenti incentivano la cultura del dono? «La legge 91/99 è stata determinante. Ha operato il cambiamento in Italia, tanto che siamo fra i primi paesi al mondo come donazione. Anche la legge sulla metodica di accertamento di morte con criteri neurologici ha giocato un ruolo importante, perché in nessun paese come in Italia esiste un periodo di osservazione lungo sei ore, tre medici specialisti che formano il collegio, neurologo, medico legale e anestesista rianimatore, diverso dal curante». Si può fare di più? «Tutto si può migliorare. Ad esempio rendendo obbligatoria nelle scuole la formazione in merito alla donazione e medicina dei trapianti; oppure richiedendo al giovane studente, più sensibile a certi argomenti, la dichiarazione di volontà al conseguimento del diploma di maturità. Quanto alla formazione interna, come centro regionale terremo una serie di corsi di formazione specialistica di medici e operatori sanitari in tutti i presidi ospedalieri marchigiani che operano procurement. Inoltre, è in via di sviluppo un progetto di potenziamento della rete generale di procurement tessuti in collaborazione con il 118. In cantiere c’è, infine, la richiesta di collaborazione da parte dei media locali per periodiche “rivisitazioni” dell’argomento». MARCHE 2013 • DOSSIER • 177


ODONTOIATRIA

Tre nuove tecniche per l’ortodonzia invisibile Bracket bianchi, ortodonzia linguale e allineatori mobili. Soluzioni che permettono di riacquistare il sorriso senza i limiti e l’invasività imposti dalle modalità di intervento tradizionali. Le ultime novità presentate da Alessandro Paolucci Luca Càvera

a voglia di migliorare il sorriso è uno degli input principali che spinge a sedersi sul lettino del dentista. Nel soddisfare questa domanda, il dentista oggi è favorito sia dalla possibilità di trattamenti ortodontici invisibili, nei casi di riallineamento, sia, per quanto riguarda l’implantologia, da corone in ceramica integrale o zirconio-ceramica, con riabilitazioni complete su impianti a carico immediato. Mezzi e strumenti che consentono di risolvere problematiche che portano con sé insicurezze psicologiche e che al contempo limitano l’invasività e la traumaticità delle tecniche tradizionali. Approfondiamo questi e altri temi legati alla salute della bocca con il dottor Alessandro Paolucci, odontoiatra specialista in ortognatodonzia del centro medico Paolucci di Jesi e collaboratore di diversi studi odontoiatrici come consulente di ortodonzia e implantologia. Quali sono le terapie più avanzate che permettono di risolvere gli inestetismi dentali? «Oggi, nell’ortodonzia, è possibile superare il problema estetico, in passato legato soprattutto all’utilizzo degli apparecchi, con tre soluzioni. La prima soluzione è rappresentata da apparecchi attaccati esternamente sui denti ma con bracket

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Il dottor Alessandro Paolucci, odontoiatra del centro medico Paolucci di Jesi (AN) www.centromedicopaolucci.it

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bianchi, che in parte limitano il problema dell’impatto estetico. Esistono poi apparecchi che permettono di sfruttare quella che definiamo ortodonzia linguale, una tecnica in cui gli bracket anziché essere disposti sulla parte esterna, e quindi visibile, del dente vengono attaccati internamente. Questa seconda soluzione, da un punto di vista biologico e a livello di risultati è del tutto sovrapponibile alla tecnica esterna. Accanto a queste due possibilità esistono poi gli allinea-


Alessandro Paolucci

tori, ovvero delle mascherine mobili e trasparenti, che il paziente indossa sempre tranne che durante i pasti». Al di là del fattore visibilità, le nuove tecniche quali differenze presentano rispetto alle tradizionali? «Le tempistiche di durata della terapia sono assolutamente sovrapponibili a quelle delle tecniche classiche. Anche perché il tempo necessario a ristabilire un bel sorriso dipende, più che dalla terapia, dalla situazione iniziale di disallineamento che deve essere corretta. Per quanto riguarda poi in particolare l’uso degli allineatori mobili, questo è indicato principalmente nei casi meno complessi e sicuramente non in quelli estrattivi – quando cioè per risolvere un problema di sovraffollamento si tolgono dei denti, in maniera tale da creare lo spazio per il corretto allineamento. Quindi, da un certo punto di vista, attualmente, questa tecnica presenta molti più limiti rispetto all’ortodonzia fissa. E, inoltre, è strettamente legata alla collaborazione del paziente. Infatti, mentre l’ortodonzia fissa, per definizione, agisce di per sé, in quella mobile è fondamentale la collaborazione del paziente». Anche l’implantologia ha fatto numerosi passi avanti. Quali sono i principali? «È possibile dare un risultato immediato sia dal punto di vista estetico sia funzionale, assicurando sorriso e denti fissi ed eliminando del tutto le protesi mobili. Anche la traumaticità è diminuita, infatti spesso questi interventi sono eseguiti ambulatorialmente ed è quindi possibile assicurare, anche nel giro di 24-48 ore le estrazioni dei denti, il posizionamento degli impianti e la riabilitazione delle due arcate in contemporanea. A ridurre così tanto i tempi ha contribuito soprattutto l’uso di software che permettono di pianificare tutti i dettagli dell’intervento. In questo modo, poiché tutto viene previsto prima, l’inserimento degli impianti

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Il tempo necessario a ristabilire un bel sorriso dipende, più che dalla terapia, dalla situazione iniziale di disallineamento che va corretta

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nella bocca del paziente avviene immediatamente, rendendo l’intervento semplice e a bassissima invasività». Cosa pensa del diffondersi della cosiddetta sanità low cost e del turismo odontoiatrico? «Le considero due tendenze abbastanza pericolose, perché si tratta spesso di interventi che danno poca tutela al paziente. Occorre infatti sottolineare che un’odontoiatria di buon livello ha dei costi di gestione abbastanza importanti, che sono però quelli che garantiscono la qualità del risultato. Il low cost non può che tradursi in un risparmio sui materiali e la sicurezza, cosa che di certo non può andare a vantaggio del paziente, se non sotto il profilo meramente economico». MARCHE 2013 • DOSSIER • 183


ODONTOIATRIA

Perché è importante sorridere L’evoluzione dei materiali e la tecnologia applicata alla ricerca hanno permesso di raggiungere risultati clinici straordinari. Ma tutto ciò non serve a nulla se poi la popolazione non può accedervi Francesco Mancinelli

volgere la professione odontoiatrica, in questo momento storico, è particolarmente complesso. Proprio ora, ancor più di prima, si deve cercare di esser vicini ai pazienti restituendo alla figura dell’odontoiatra una qualifica prettamente medica. L’ortodonzia si propone di migliorare non solo l’allineamento dei denti, ma anche l’armonia delle labbra e del volto, la funzione masticatoria, la conservazione dei denti e dei tessuti di sostegno, le funzioni articolari e neuromuscolari. Dobbiamo lottare per far sì che a nessuno sia negato il diritto alla salute garantendo a tutti la possibilità di sorridere. Ma perché è così importante sorridere? Agli inizi del novecento il fisiologo francese Israel Waynbaum avanzò la teoria che il mo-

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vimento dei muscoli facciali attivasse meccanismi ormonali a livello cerebrale. Paul Ekman ha ripreso tali teorie confermando lo stretto legame presente fra la meccanica dei movimenti del volto e il sistema nervoso autonomo, che regola il battito cardiaco, la respirazione, la circolazione sanguigna e le funzioni gastriche. La possibilità di sorridere è una delle principali caratteristiche che distingue l’uomo dagli animali. Ma, realmente, quali effetti produce sul nostro corpo? Numerosi studi scientifici confermano molteplici effetti positivi, fra cui quelli antidepressivi e antidolorifici, lo stimolo a lavorare meglio e la diminuzione delle affezioni cardiache. Quante persone ci hanno confidato la paura di mostrare il loro sorriso? Tocca a noi quindi comunicare questo semplice messaggio: “Always smile”. Lesioni cariose da usura, traumatismi e malposizioni degli elementi dentali possono esser la causa di inestetismi che non ci permettono di sorridere come vorremmo. L’affermarsi delle tecniche adesive ha però rappresentato una rivoluzione nell’ambito dell’odontoiatria conservativa. La possibilità di creare un legame stabile ed efficace fra materiale da ricostruzione e tessuto dentale ha comportato infatti innumerevoli vantaggi: biologici – con procedure minimamente invasive e risparmio di tessuto sano – ed estetici, grazie a materiali dotati di un’elevata capacità mimetica. I compositi dentali hanno reso possibile l’esecuzione di restauri che possono es-


Francesco Mancinelli

In apertura, OPT arcate mascellari in fase di dentizione mista. A destra, in alto, immagine di malocclusione dentale con agenesia elementi 1.2 e 2.2. Sotto, immagine di normocclusione. Il dottor Francesco Mancinelli, medico odontoiatra, esercita la professione ad Ancona e Serra San Quirico drmancinellimd@gmail.com

sere definiti estetici, in quanto vengono ad armonizzarsi con il naturale aspetto degli altri elementi dentali grazie alla possibilità di imitazione del colore, dell’aspetto superficiale e della traslucenza dei denti naturali. La scelta di eseguire restauri adesivi diretti o adesivi indiretti è regolata dal tipo di riabilitazione da eseguire: nei settori posteriori la scelta tra intarsi e ricostruzioni dirette è determinata dalla grandezza della cavità, dalla presenza di smalto cervicale e dallo spessore delle pareti. Nei settori frontali la ricostruzione diretta è indicata in rimozione di precedenti restauri incongrui o discromici, elementi traumatizzati e piccole lesioni cariose. Nelle grandi riabilitazioni estetiche si procede con tecniche adesive indirette mediante la cementazione di veneer o faccette in materiale composito o ceramica. Molto spesso in presenza di malocclusioni e malposizioni dentarie non si può più ricorrere a discipline conservative, ma è necessario ricorrere alle terapie ortodontiche. Nello scenario di oggi l’ortodonzia clinica può esser suddivisa nelle diverse attività quali prevenzione delle malocclusioni, ortodonzia intercettiva e cura precoce, ortodonzia correttiva e ortodonzia dell’adulto, che coincidono con gli aspetti più comunemente conosciuti. L’ortodonzia dell’adulto ha acquisito un interesse crescente negli ultimi venti anni. I motivi sono da ricollegarsi alla migliore estetica degli apparecchi ortodontici, alle nuove sofisticate possibilità offerte dalla biomeccanica, a una migliore com-

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Numerosi studi scientifici confermano gli effetti positivi di sorridere: antidepressivi e antidolorifici, stimoli a lavorare meglio e diminuzioni delle affezioni cardiache

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prensione della biologia del movimento dentario e a un accresciuto desiderio da parte dei pazienti di curare problemi di mutilazione dentaria con una combinazione di ortodonzia e riabilitazione protesica. D’altro canto evidenze scientifiche hanno confermato che il trattamento ortodontico precoce, effettuato nella fase della dentatura decidua e all’inizio della dentatura mista, è più efficace nel modificare la crescita delle basi ossee mascellari e mandibolari, offrendo risultati più stabili nel tempo che necessitano di successivi trattamenti di correzione ortodontica meno prolungati e causano una minore frequenza di recidive. MARCHE 2013 • DOSSIER • 185


CHIRURGIA ESTETICA

L’innovazione nel modellamento del corpo Attraverso la tecnica del trasferimento del grasso oggi è possibile aumentare il volume del seno senza ricorrere alle protesi in silicone. La Vaser High Definition, invece, permette di modellare altre parti del corpo. Alberto Di Giuseppe descrive le tecniche di ultima generazione per ricreare l’armonia delle forme Valerio Germanico

er molte donne le dimensioni e la forma del seno influiscono sull’autostima e la fiducia nel proprio corpo. Al di là delle situazioni congenite, fattori come la perdita di peso, l’allattamento al seno, l’invecchiamento e i geni possono causare la discesa o la perdita di tono, di pienezza e di volume del seno. Se in questi casi le pazienti si rivolgono alla chirurgia estetica per rimediare a questi inestetismi, numerose sono poi le donne che, di fronte alle dimensioni esigue del proprio seno, scelgono di ricorrere a interventi per aumentarne il volume. «Se tradizionalmente questo tipo di intervento prevedeva l’inserimento di impianti in silicone, adesso è possibile migliorare la forma e il volume del seno senza ricorrere alle protesi, bensì con un trasferimento di grasso, se disponibile, appartenente alla stessa paziente». A presentare questa nuova possibilità è il professor Alberto Di Giuseppe di Ancona, specialista in chirurgia plastica e maxillo-facciale. «I vantaggi dell’aumento del seno con il trasferimento di grasso sono importanti – prosegue il professor Di Giuseppe –. Innanzitutto, non utilizzando protesi di silicone non vengono introdotti nel corpo della paziente oggetti estranei e si evitano i problemi che questi possono generare nel tempo, oltre al fatto che l’intervento è sicuro per le procedure di valutazione della ghiandola mammaria. L’uso del grasso, poi, consente di dare al seno una consistenza

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Sopra, prima e dopo l’intervento di aumento del seno con trasferimento del grasso. Nella pagina accanto, prima e dopo l’intervento di Vaser High Definition. Il professor Alberto Di Giuseppe, specialista in chirurgia plastica e maxillo-faciale, esercita ad Ancona e a Pesaro alberto.digiuseppemd@gmail.com


Alberto Di Giuseppe

molto più naturale: l’effetto è assolutamente indistinguibile rispetto al pre-intervento e con risultati permanenti negli anni – se si mantiene lo stesso peso corporeo. Un ulteriore vantaggio, poi, nel caso in cui sia possibile prelevare il grasso direttamente dalla paziente, è l’esecuzione di due procedure durante un unico intervento – eseguibile anche in anestesia locale sotto sedazione e consente un recupero più rapido rispetto all’impianto delle protesi –: con la prima si rimodella e scolpisce la zona di estrazione, con la seconda si provvede all’aumento del seno». Nelle procedure di trasferimento del grasso il professor Di Giuseppe sfrutta la tecnica Vaser High Definition, un sistema di purificazione di innesto adiposo molto efficace, che consente il trasferimento di quantità importanti e adeguate di grasso, che viene preso dalle tasche ostinate di grasso, in genere dall’addome o dalle cosce. «La tecnica Vaser può essere utilizzata efficacemente anche per interventi di miglioramento dell’aspetto e per ricreare l’armonia delle forme senza ricorrere a tecniche invasive, abbattendo così la percentuale di complicazioni post-operatorie possibili quando ci si sottopone a interventi classici di liposuzione. Tuttavia non è una soluzione praticabile nei casi di grandi rimozione delle incrostazioni di grasso, in quanto non è un sistema per la perdita di peso, però può essere uno strumento per ottenere un corpo più tonico e scolpire la forma fi-

sica. È invece l’ideale per chi desidera modellare parti del corpo in seguito a un dimagrimento o per chi presenta accumuli di grasso in zone circoscritte. O per chi, ancora, desidera tonificare muscoli specifici». Le aree di intervento sulle quali maggiormente si interviene con la tecnica Vaser High Definition sono lo stomaco, soprattutto per gli uomini e per le donne che desiderano un addome piatto e scolpito senza le fastidiose maniglie dell’amore. Ma dà ottimi risultati anche nella tonificazione delle cosce, delle braccia, della schiena o delle natiche. Esistono comunque delle controindicazioni, come evidenzia in conclusione il professor Di Giuseppe: «È una tecnica non adatta per quei pazienti che recentemente hanno perso molto peso, per coloro che hanno una lassità dei muscoli e della pelle o che presentano elevate quantità di smagliature nella zona dello stomaco o per quei soggetti che si trovano in uno stato grave di sovrappeso – dato che la tecnica non consente di rimuovere grandi accumuli di grasso. In generale, poi è sconsigliata per tutte le persone che abbiano gravi problemi di salute». MARCHE 2013 • DOSSIER • 189




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