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VITA QUOTIDIANA IL GIORNALE DELLE SOLUZIONI Basta sacrifici

No al “tener duro” a tutti i costi per fare qualcosa che in realtà non ti rispecchia! Usa le migliori risorse per ciò che conta davvero

Massimo sforzo, minimo rendimento, spossatezza nale. È in questi tre passaggi che può riassumersi il risultato di una dannosa e frequente dinamica psicologica e comportamentale, che potremmo de nire “eroismo male indirizzato”. Ma cosa intendiamo con il termine eroismo? Eroe è una persona che, trovandosi in situazioni di estrema dif coltà (per sé o per la sua famiglia, tribù, popolo) e avendo di fronte ostacoli fuori dall’ordinario, trova le risorse mentali e siche, morali e strategiche, per superare le avversità attraverso una “memorabile impresa”, nelle quali dà tutto se stesso, uscendone trasformato (più saggio, più forte, più carismatico, più leggero, più sereno, secondo i casi). Ognuno di noi può essere un eroe: sono tante, infatti, le avversità della vita quotidiana

Resistere A Oltranza

e ci sono momenti in cui il loro convergere ci chiede di “superare noi stessi”, compiendo l’impresa. Non arrivano applausi, ovviamente, ma sono comunque vere e proprie gesta di resistenza, resilienza, coraggio, forza mentale, scelte rischiose, e così via.

Direzione contraria La dinamica cui abbiamo accennato, tuttavia, a volte non si conclude con la vittoria dell’eroe, bensì con uno scarso risultato, una grande stanchezza e un palpabile nonsenso. Perché? Proprio perché tutta questa capacità - potremmo dire: il meglio di noi stessi - viene abitudinariamente utilizzata per inseguire mete e risultati che non ci appartengono (o che hanno smesso di appartenerci perché siamo nel frattempo cambiati): per appagare bisogni indotti dall’esterno; per resistere

Non bisogna confondere la resilienza con l’eroismo superfluo

eroico può manifestarsi non in un comportamento attivo/assertivo, ma come forma di resistenza “senza fine” in una situazione in cui ci si trova male: un rapporto di coppia, un luogo o un tipo di lavoro, un ambiente familiare, una convivenza. Si utilizzano tutti gli strumenti della passività - pazienza, sacrifici, rinunce, sopportazioni - in nome di una tenacia nel non mollare, perché, per qualche motivo, si è degli “specialisti” in questo schema. Molti pensano di non potersi sottrarre a queste situazioni ma, in realtà, potrebbero. È l’atteggiamento di strenua sopportazione a impedirlo. Non è resilienza, ciò che prevederebbe di sviluppare una forza di rinascita. È solo resistere ciecamente, senza un progetto. Si tratta di una dinamica molto rischiosa. Da un lato per la salute (malattie, tracolli psicofisici), dall’altro perché peggiora la situazione in cui si ristagna. È fondamentale, quindi, sviluppare un senso del limite prima che la tensione e il malessere, in noi e in chi condivide questo “inferno”, esploda in forma di sintomi o di rabbia.