OPENINGS | L'HOUSE ORGAN DI EDILPIÙ | N.1 2022 - TOWARD HOME

Page 1

«La vita è un cerchio che si allarga fino a raggiungere i movimenti circolari dell’infinito»

[Anaïs Nin]

editoriale

08

PRIMO PIANO | Il cerchio in viaggio 16

INTERVISTA | Studio orizzontale 24

LUOGO | Making of 30

RICERCHE | Casa Museo Remo Brindisi 40

INTERVISTA | Chi ha fatto LuOgo 48

EDILPIÙ | Inaugurazione di LuOgo 54

INTERVISTA | Progetto Mercurio 60

RICERCHE | Architettura e stelle 68

INTERVISTA | LuOgo e musica 76

OPENINGS_

Toward home

Anno III - N. 1

Direzione editoriale

Chiara Tartagni

Direzione creativa

Gianluca Gasperoni

Progetto grafico

KAERU - kaeru.it

Testi

Chiara Tartagni, Anna Gasperini (art. p. 76)

Coordinamento

Nicolò Montevecchi, Giusy Di Stasio

Fotografie

Intro p. 7: Gianluca Gasperoni

Art. pp. 8, 24, 30, 40, 50, 54, 60, 68, 76: Gianluca Gasperoni

Art. pp. 52, 53: Marco Onofri

Art. p. 17: Orizzontale

Stampa

La Greca Arti Grafiche - Forlì (FC)

Edilpiù S.r.l.

Via Piratello, 58/2 48022 - Lugo (RA) - edilpiu.eu

Finito di stampare nel mese di gennaio 2023

Il presente è un progetto editoriale indipendente, finanziato esclusivamente in forma privata, privo di periodicità e distribuito brevi manu gratuitamente.

Pertanto - ai sensi della L 62/2001 - esso non rappresenta c.d. testata giornalistica.

IN CHIUSURA | L’imperfezione del cerchio

Il cerchio

Il Cerchio lo ritroviamo ovunque, è una forma geometrica legata al simbolo della Vita, rappresenta la perfezione, l’omogeneità, l’assenza di divisione e distinzione. Tutto in natura riprende la simbologia del cerchio: dall’atomo ai pianeti. È la base di tutti i simboli connessi alla Geometria Sacra, non a caso è stato da sempre considerato e usato da diverse culture del mondo.

Per sua natura l’essere umano ha bisogno di chiudere le forme: la percezione che ha del mondo è di qualcosa che ha un inizio e una fine, una forma compiuta; come il voler sapere la fine di un libro, di un film o di una serie televisiva.

Questo accade anche per le situazioni irrisolte della nostra vita, che se non affrontate rimangono in sospeso lasciando la possibilità, in quello spazio vuoto, non compiuto, di far entrare distrazioni e rallentamenti, riproponendo situazioni simili che ci fanno sentire bloccati. Noi con questa edizione di Openings chiudiamo un cerchio e un ciclo. Allo stesso modo ne apriamo uno nuovo, con un nuovo progetto editoriale che prenderà vita.

5
Marcello Bacchini

«Dato che tutti noi abbiamo diritto di godere dei raggi solari, il cerchio ci ricorda che abbiamo anche pari diritti di espressione, possibilità, espansione»

6
7

Da cielo a terra: il cerchio in viaggio

Critica sentimentale

ll sole naviga sulle onde dell’orizzonte. Il cerchio rosso è il passeggero di una barca, sottile e maneggevole, com’è giusto che sia per l’astro che segna le ore diurne. Ma con questa imbarcazione d’oro puro, il dio Ra non diffonde il proprio calore rigenerante solo sulla terra dei vivi. Di notte egli porta la luce anche nell’Oltretomba. Così narrano gli inni rivolti al dio e i libri che raccontano il mondo dei defunti. Siamo nell’antico Egitto, il medesimo luogo in cui un faraone fece una scelta controcorrente in quella cultura politeistica: adorare solo ed esclusivamente Aton, il disco solare, fonte di ogni vita. Una rivoluzione a tal punto radicale da portarlo a scegliere un altro nome per sé stesso, da Amenhotep (“Amon è soddisfatto”) ad Akhenaton (“Orizzonte di Aton”). E sappiamo che cambiare nome significa cambiare destino.

Una delle prime forme su cui si posa l’occhio umano è dunque proprio il cerchio, a delimitare la presenza essenziale del nostro sole. Da qui sgorgano i raggi che determinano la nascita di nuova vita e il suo costante rinnovamento. The Sun is God: sono le parole con cui il pittore Joseph Mallord William Turner si accomiatava da questo mondo.

Di strutture circolari sono ricolme le culture di ogni parte del nostro pianeta, nella costruzione simbolica e nella pratica quotidiana. È quindi un caso che la dottrina buddhista abbia scelto proprio questa forma per chiarire i suoi principi base, fin dalle mura dei templi?

La Ruota dell’esistenza è del resto nota anche come Ruota del divenire: se per la mentalità occidentale la linea del tempo è diritta e destinata a interrompersi, cosa che ci incute terrore, essa è invece un ciclo

9 PRIMO PIANO |
Il cerchio in viaggio

ininterrotto per la visione orientale. Proprio da tale percezione nasce la paura: come sottrarsi a un continuo perpetuarsi di sofferenze?

Il moto concentrico è presente anche in Occidente con altre fattezze: la Ruota della Fortuna. Non solo protagonista di quiz contemporanei, essa è fin da tempi ben più antichi il centro pulsante di numerose rappresentazioni. Fra queste spicca l’Arcano X dei tradizionali mazzi di tarocchi. Qui la Ruota è l’ineluttabile avvicendarsi di felicità e dolori, guadagno e perdita, fino alla fine dei giorni terreni. Così la fanno “parlare” Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa in La Via dei Tarocchi: «Ho imparato che tutto quello che comincia finisce, e tutto quello che finisce comincia. Ho imparato che tutto quello che si eleva ridiscende, e tutto quello che ridiscende si eleva. Ho imparato che

tutto quello che circola finisce per ristagnare, e tutto quello che ristagna finisce per tornare in circolo». L’immaginario dell’Occidente ci fa incontrare anche una peculiare interpretazione della Creazione: il divino architetto che disegna il mondo con un compasso, concezione spirituale e figurativa che il credo massonico farà proprio. È proprio nell’atto di concepire il creato che William Blake ritrae Urizen, incarnazione della legge e della ragione nella mitologia costruita ex novo dal visionario artista e poeta. A unire quelle che sommariamente possiamo identificare come cultura occidentale e cultura orientale interviene un’arte singolare, che precede il metodo scientifico e a esso si arrenderà: l’alchimia. Unendo conoscenze filosofiche, metallurgiche ed esoteriche, l’alchimia avrebbe consentito di trasmutare

10

L’identità circolare è densa di sfumature, moti e ritorni.

i metalli vili in oro, ottenere un sapere illimitato e influire sulla lunghezza della vita fino a raggiungere il traguardo dell’immortalità. Al-kīmiyā’ in lingua araba è proprio la pietra filosofale, catalizzatrice del risanamento della materia. Un obiettivo in cui Carl Gustav Jung legge una relazione con la psicanalisi. L’alchimia è la volontà di coniugare gli opposti per giungere alla liberazione interiore: esattamente lo scopo della psicoterapia. Per Jung, che studiò a lungo gli intrecci culturali fra Occidente e Oriente, il mandala è l’equivalente della quadratura del cerchio, ossia la congiunzione dei contrari. L’incontro fra opposti nei

testi alchemici viene tradotto in immagini mostrando l’unione fra donna e uomo, Luna e Sole. Eccoci tornati al primo punto espanso della nostra vita di specie, il primo potente cerchio che ha colpito il nostro sguardo. Dato che tutti noi abbiamo diritto di godere dei raggi solari, il cerchio ci ricorda che abbiamo anche pari diritti di espressione, possibilità, espansione. Rotonda è la leggendaria Tavola a cui sedevano Re Artù di Camelot e i suoi cavalieri. Vediamo così un’altra sfumatura dell’identità circolare: l’assenza di gerarchie, la distribuzione coerente ed egualitaria del potere. In una tavola rotonda non esistono posizioni

11
PRIMO PIANO | Il cerchio in viaggio
12 PRIMO PIANO | Il cerchio in viaggio

L’unione di opposti si trasforma in un nuovo elemento unico.

13

PIANO | Il cerchio in viaggio

PRIMO

d’onore o motivi d’emarginazione. Tutti hanno il proprio posto. L’assenza di privilegio non è però necessariamente equivalente a un beneficio. Può esservi uguaglianza anche nella repressione e nella prigione della Storia. Lo sapeva bene un regista che della circolarità ha fatto la propria firma concettuale e stilistica: Stanley Kubrick. Basta dare uno sguardo a tutta la sua opera cinematografica per notare che essa è caratterizzata dalla stessa maestosa, opprimente grandezza dei progetti di Étienne-Louis Boullée. La forma sferica del suo cenotafio per Isaac Newton, mai realizzato, è la perfetta rappresentazione dell’anima settecentesca, che al terrore della fine risponde con il dominio formale. In Kubrick la circolarità è incapacità di evolversi. Non è un caso che proprio il XVIII secolo finisca per essere anche il nostro futuro. Così infatti si conclude la vicenda umana di Bowman in 2001: Odissea nello spazio (1968): in una stanza dalle atmosfere neoclassiche. Proprio il cerchio è la forma geometrica dominante nel film che ha rivoluzionato la fantascienza. Come non pensare a HAL 9000, l’occhio vigile, perturbante e fallibile che è un’emanazione dell’occhio cinematografico?

In cerchio si muovono i prigionieri di Arancia meccanica (1971), durante l’ora d’aria loro concessa. Un movimento ulteriormente sottolineato dal cerchio bianco tracciato sulla pavimentazione. A questa scena pare abbia dato spunto La ronda dei carcerati (1890) di Vincent Van Gogh, a sua volta reinterpretazione di un’incisione di Gustave Doré (Newgate: The Exercise Yard, 1872). È qui che vediamo tutta la potenza di un moto eterno che non va però da nessuna parte, che si innesta e si esaurisce in sé. È l’implosione interiore data

dalla separazione dal resto del mondo, dall’isolamento e dall’alienazione. È l’asfissia della circolarità. È l’uroboro, il serpente alchemico che si morde la coda a simboleggiare l’eterno ritorno necessario a raggiungere la perfezione, ma anche un cerchio magico che protegge e difende. Sì, perché il cerchio è anche sicurezza, onestà, essenza umana. È legame fecondo con ciò che ci circonda. L’anello nuziale non è forse un cerchio? E non si dice ancora oggi che fra le persone può scattare una certa “alchimia”? Le parole di Bruno Munari sono come sempre auspicio e suggello: «In natura il cerchio lo troviamo facilmente, basta gettare un sasso nell’acqua calma. La sfera invece nasce spontaneamente dalle bolle di sapone. Gli alberi crescono secondo un andamento circolare concentrico: una sezione ne mostra gli anelli. Un cerchio fatto a mano ha dimostrato la bravura di Giotto. La prima cosa che disegna un bambino assomiglia al cerchio. La gente si dispone spontaneamente in cerchio quando deve osservare qualcosa da vicino, provocando la nascita dell’arena, del circo, dei recinti di borsa». E quando le persone assumono in modo del tutto naturale tale forma, lo fanno proponendosi le stesse possibilità per tutti. Il cerchio è pura uguaglianza, flusso costante, movimento compiuto eppure infinito. L’unione di opposti in un elemento unico, yin e yang, il lato in ombra e il lato soleggiato della collina. La consapevolezza che la parità è naturale e autentica, ma anche un equilibrio di cui prendersi la responsabilità. *Fonti: Alejandro Jodorowsky, Marianne Costa, La Via dei Tarocchi, Feltrinelli 2005 - Carl Gustav Jung, Psicologia e alchimia, Bollati Boringhieri 2006

14
15

Da punto a spazio

16 Il progetto LuOgo

Dialogo orizzontale

L’estate del 2022 ha visto l’installazione di LuOgo presso l’area antistante la Rocca Estense di Lugo. I partecipanti al workshop appositamente dedicato hanno dato vita alla piccola arena temporanea su progetto e direzione del collettivo orizzontale. Con Margherita Manfra e Roberto Pantaleoni, architetti e co-fondatori dello studio, abbiamo conversato di LuOgo, forme paritarie e relazioni propizie.

Come definireste la vocazione del collettivo orizzontale?

Il nostro studio è nato nel 2010 intorno a un’idea di spazio pubblico e delle sue dinamiche progettuali e sociali. Eravamo studenti che avevano alimentato quel primo interesse grazie all’esperienza all’estero. In molti paesi europei, l’ambito accademico consente di sperimentare nella pratica. Noi abbiamo portato

17 INTERVISTA Studio orizzontale
18
Civico Civico (Riesi – CL), progetto di rigenerazione urbana.

questo approccio in Italia e in particolare a Roma, che presenta una casistica molto ampia di spazi pubblici: in attesa di trasformazione, abbandonati... È stato il nostro settore di ricerca. Oggi è il nostro lavoro. Il progetto LuOgo è nato in sinergia con Edilpiù e l’Amministrazione di Lugo. Quanto è importante il sodalizio fra istituzioni e imprese? (Manfra) È fondamentale. LuOgo è figlio di una rarissima congiuntura, in cui le basi erano già solide e il rapporto tra pubblico e privato si è tradotto nel raggiungimento di obiettivi comuni, con ricadute su territorio e impresa. Si sono inanellate relazioni di

responsabilità reciproca fra noi, gli sponsor locali e una salda rete di aziende. (Pantaleoni) Rifletto da molto tempo su questo tema. Credo sia tempo di smettere di demonizzare il privato e il suo intervento nel pubblico. In questo caso, un nuovo elemento è stato destinato a una fruizione comune e del tutto gratuita. È una restituzione enorme, perché ne rimane l’uso pubblico. Questa è la discriminante fondamentale, che produce energia attiva e collettiva. Qual è stata la vostra reazione durante il primo sopralluogo? Ci si è palesato uno spazio singolare, con una grande

19 INTERVISTA | Studio
orizzontale

complessità di elementi e un’identità ibrida. Tutto ciò non è fonte di contrasto, ma conserva un incredibile equilibrio figurativo, con una quantità di aree aperte all’uso pubblico che potrebbe far invidia alle grandi città.

Come vi siete relazionati con l’architettura circostante e in particolare con la Rocca di Lugo?

La Rocca è uno sfondo meraviglioso, un punto di vista privilegiato sull’installazione, una quinta con cui non avremmo mai potuto entrare in competizione. La forma a tronco di cono ricorda vagamente le mura della Rocca, anche se LuOgo è stato costruito come uno spazio permeabile, non fortificato o divisivo. Inoltre, con la scelta dell’insegna abbiamo voluto preservare lo sguardo onirico, quasi felliniano, delle luci già presenti in loco, e costruire una visione immaginifica:

un elemento di festa che arriva in città, un tendone da circo che magicamente appare e scompare. In quanto architettura effimera, LuOgo è una sorta di sonda in forma fisica. Vi aspettate che lasci tracce?

(Manfra) Le tracce possono essere fisiche, come il segno sul prato, fino all’esperienza di un luogo abitato e vissuto. La matrice originaria del progetto è un altro oggetto temporaneo: se Lunette era un punto, LuOgo è uno spazio. Da Lunette in poi, si stratifica la memoria, che non è nostalgia del passato ma di possibilità.

L’area in cui è sorto LuOgo è residuale, ricalca le mura storiche. Quando vi sostiamo, siamo portati a guardare in su, o verso il Pavaglione. Invece ha la dignità di essere uno spazio a sé.

(Pantaleoni) Essendo una sonda e non un aratro, non lascia tracce ma le recupera. Qual è la sua funzione?

20
Mulino (Cuneo Nuova), gioco urbano intergenerazionale.
INTERVISTA | Studio orizzontale

Mettere alla prova. Crediamo che arrivare con un progetto predeterminato per lo spazio pubblico sia totalmente sbagliato. L’architettura effimera ci permette di ritarare il progetto o riconoscere la direzione positiva. È come il rover inviato su Marte: prende, non lascia. Capisce il territorio, esplora, analizza. LuOgo può restituire risultati, ricordi e bisogni, ma lascerà un’unica traccia: il prato un po’ ammaccato. Quali associazioni vi scatena la forma del cerchio? (Manfra) Archetipo dell’abitare umano. È una forma nomade, immediata, agerarchica. Consente di dialogare in una maniera morbida e più diretta. La magia del cerchio è che non ha inizio o fine, ma è concluso. (Pantaleoni) Il gesto di fondazione di Romolo!

È una figura molto antica, anche tribale. Definisce lo spazio. Non ha una gerarchia, come la Tavola Rotonda. All’interno dei villaggi crea un luogo, perché dentro il cerchio si sta insieme. Non a caso è presente proprio al centro del nome LuOgo, che è un’arena e un ambiente di incontro. Per questo ci siamo anche interrogati sul ruolo del palco al suo interno. Di solito, finché un concerto non inizia, il palco è inaccessibile, una sottrazione dello spazio pubblico. Questo spazio doveva avere vita propria anche fuori dagli eventi, con un palco non frontale. Vi si cerca l’ombra, vi si staziona con benessere. Permette di leggere, chiacchierare, passare del tempo. E il cerchio ha risposto a tutte queste necessità.

Italian style, Outdoor design. IMAGO® É UN CAMBIO DI PROSPETTIVA NELLA TUA IDEA DI VIVERE LO SPAZIO ESTERNO. IL RIFLESSO DEL TUO PENSIERO CHE ANNULLA LA DIFFERENZA FRA DENTRO E FUORI. corradi.eu

Come si fa un LuOgo?

Il dietro le quinte

In quanto cantiere aperto, la realizzazione di LuOgo ha dato vita non solo a un nuovo elemento nel cuore della città, ma anche a un concatenarsi di vissuti e scoperte. Tutto questo a partire dalle persone che hanno partecipato allo studio e alla costruzione di un’architettura temporanea, pensata per attivare (o riattivare) meccanismi relazionali e spaziali. Tutto ha avuto inizio dal workshop, partito grazie alla call aperta sulla rivista CASABELLA: hanno risposto studenti e architetti, accomunati dalla curiosità e dalla passione per questo lavoro, che hanno potuto sporcarsi letteralmente le mani uscendo dagli schemi teorici e dai consueti modelli 3D. Capire la pratica e tradurla in realtà: ecco i fondamenti su cui si è basato il workshop. Una volta raggiunta Lugo, i partecipanti sono stati accolti dai principali promotori del progetto, studio

24 LUOGO | Making of

orizzontale, Edilpiù e Amministrazione Comunale, che fin da subito hanno posto le basi per un autentico dialogo. Alloggio eletto durante il percorso era una struttura conviviale a Bagnacavallo, da cui ogni mattina studenti e architetti partivano per raggiungere Lugo e dare il via ai lavori fino a tarda sera. È stato allestito un vero campo di lavoro, che veniva spostato seguendo l’orientamento del sole, con l’obiettivo di rinfrescarsi all’ombra e proteggersi dal caldo. Tutti hanno lavorato alacremente per un’intera settimana gomito a gomito, imparando a fare gruppo per aiutarsi a vicenda. Hanno contribuito in prima persona anche i responsabili

dell’ufficio marketing Edilpiù, che, svestiti i panni di “committenti”, hanno favorito la parità di ruoli. Un’apertura che ha distinto anche i momenti conviviali, come le cene impreviste in piena campagna. Il tutto in un contesto affascinante come quello del centro di Lugo, in cui si concentrano 1000 anni di Storia ed è possibile passeggiare fra Rinascimento, Metafisica e Razionalismo. Un centro animato e popolato, la cui “misura d’uomo” ha permesso a tutti di muoversi in autonomia. Margherita Manfra, co-fondatrice di orizzontale, ci racconta quanto sia stato prezioso il contributo

26
|
LUOGO
Making of

del gruppo di lavoro: «Sono stati tutti fantastici. Il nostro studio ha davvero numerose esperienze di workshop alle spalle, ma in questo caso lo scambio reciproco è stato enorme. Sono stati capaci di mettere nel lavoro qualcosa di sé. E oltre a essere bravissimi a lavorare, sono stati inarrestabili, per ore sotto il sole e con 38 gradi. Grazie all’accoglienza che ci hanno riservato Edilpiù, l’Amministrazione Comunale e tutta la cittadinanza, la sensazione era quella di vivere in famiglia e sistemare casa. Gli stessi passanti, incuriositi, si fermavano per sostenerci moralmente viste le temperature elevatissime.

27
«Abbiamo numerose esperienze di workshop, ma in questo caso lo scambio reciproco è stato enorme»

«Grazie anche all’accoglienza che ci hanno riservato Edilpiù, l’Amministrazione Comunale e tutta la cittadinanza, la sensazione era quella di vivere in famiglia e sistemare casa. Quando il lavoro parte da buone premesse, il risultato non può che essere appagante»

Quando il lavoro parte da buone premesse, il risultato non può che essere appagante».

Roberto Pantaleoni, co-fondatore di orizzontale, aggiunge una componente fondamentale del processo. «Per me l’emblema di questo lavoro è un momento in particolare: quando Marcello Bacchini ci ha portato in piazza un frigorifero casalingo, per darci ristoro nel caldo torrido. Ci è stato regalato di tutto, dal gelato alle birre fino alla frutta. Dobbiamo ringraziare non solo i cittadini e i negozianti locali, ma anche le aziende partner: cito per tutte Ravaioli Legnami, che ci ha portato due casse di buonissime albicocche appena raccolte. Io sono abituato per motivi personali all’accoglienza di questo territorio, la Romagna per me è una seconda casa». Per Margherita Manfra è stata in parte una novità: «Anche se avevo già esperienza di Romagna, era comunque poca. La dimensione conviviale e la capacità di accoglienza di cui abbiamo beneficiato mi ha fatto capire che qui si vive bene sul serio. Anche per me la condivisione di quel frigorifero ha significato molto. Qualcuno ci ha anche portato dei magneti da applicarvi sopra e gli studenti hanno trovato un bel modo per utilizzarli: era proprio sul frigo che fissavano gli appunti sulle varie fasi dell’installazione».

Fra le scoperte inaspettate del collettivo e dei partecipanti al workshop ce n’è stata una eminentemente culturale e storica: il cosiddetto “diritto di capperaggio”, derivato dalla crescita spontanea e ultrasecolare di Capparis spinosa nelle fessure delle mura della Rocca Estense di Lugo. «Per noi romani le pareti ricoperte da piante di cappero sono qualcosa di familiare», racconta Margherita Manfra. «Ma durante la prima visita ho scoperto che l’Amministrazione è delegata alla raccolta di capperi, il Vicesindaco in particolare: gli operatori raccolgono le gemme di cappero che verranno poi messe in salamoia e regalate agli ospiti del Comune o alle coppie di sposi. Abbiamo anche scoperto che l’Amministrazione ha istituito un “diritto di capperaggio” sui capperi non prelevati dagli operatori, permettendo agli appassionati di raccoglierli fino all’altezza che riescono a raggiungere da terra. E da qui ci è venuta un’idea: costruire una scala a pioli per estendere ancora di più quel diritto». Il risultato finale è l’esperienza umanamente viva ed emozionante con cui si è dato vita a un progetto di cui andare orgogliosi, che ha provocato l’attivazione di uno spazio e permetterà in futuro di coglierne i frutti.

28 LUOGO | Making of
29
Dallo studio alla pratica: LuOgo prende forma nel cuore di Lugo.

Casa Museo Remo Brindisi: un manifesto

RICERCHE | Casa Museo Remo Brindisi

Spazio, tempo, luce

«Il quadro non è tondo»: sono le parole con cui Leporello cerca di disfarsi della povera Donna Elvira nel Don Giovanni di Mozart. La stessa cosa, seppur con tutt’altro senso, avrebbe potuto forse dire Nanda Vigo, che progettò per Remo Brindisi la sua Casa Museo di Lido di Spina (RA). Sì, perché se vi ritroviamo circolarità e linee ricurve, è per volontà del committente. Vigo non amava la forma del cerchio, se non per contrasto. Al contrario, aveva una predilezione per il quadrato. Ma da questa divergenza di intenti e inclinazioni è nata una dimora unica nel suo genere, una gemma preziosa incastonata nel nostro territorio.

La milanese Fernanda Vigo, detta Nanda, è una figura artistica dalle infinite sfumature e pionieristica in più di un modo. Prima di tutto, in quanto donna in un settore quasi del tutto maschile. E in seguito per

le sue scelte progettuali, che, volando fra una disciplina e l’altra, si sono prese uno spazio esclusivo. E “spazio” è la parola chiave. Tante le collaborazioni e le affinità che l’hanno stimolata, da Filippo De Pisis e Lucio Fontana fino a Frank Lloyd Wright e Gio Ponti. Ma tutto era iniziato da una folgorazione sperimentata a 4 anni: la rifrazione della luce sul vetrocemento della Casa del Fascio di Giuseppe Terragni. Vigo ha coniugato nella propria ricerca pluridecennale la fascinazione per la luce e l’attrazione per la dimensione spazio/tempo. Una relazione conflittuale e allo stesso tempo fertilissima. «La luce va seguita senza opporre resistenza. Non potrà che illuminarci», diceva. Remo Brindisi fu a sua volta un esploratore, dal Realismo all’Espressionismo fino all’Informale. Segnato dalle esperienze vissute durante la Seconda Guerra

31

Mondiale, il pittore era un viaggiatore indefesso nella natura umana e nella sua bestialità, così come negli ingranaggi sempre più soffocanti della vita moderna. Il percorso creativo di Vigo e Brindisi non fu tutto rose e fiori: nacque un dissidio fra i due quando Vigo scelse di ispirarsi alla struttura del Guggenheim Museum di New York progettato da Wright. Edificata nel verde della pineta fra il 1971 e il 1973, la Casa Museo Remo Brindisi restò aperta alle visite estive fino al 1996, anno in cui l’artista morì lasciandola in eredità al Comune di Comacchio: un atto d’amore nei confronti di un luogo presso cui il maestro aveva scelto di riposare per

sempre, forse perché Lido di Spina riportava alla sua memoria i paesaggi scoperti durante la leva militare. La stessa Vigo sottolineava quanto i termini “casa” e “museo” fossero determinanti nel definire i due corpi della dimora, quello museale e quello abitativo, in un’integrazione viva ma fatta di distinzioni. Esplorare l’interno significa farsi accogliere dal vano cilindrico che è nucleo e punto di partenza, o perdersi lungo la scala elicoidale come all’interno delle conchiglie madreperlacee fotografate da Edward Weston. Significa conoscere il Brindisi pittore, con gli strumenti del mestiere pronti all’uso, e il Brindisi collezionista di

32
RICERCHE | Casa Museo Remo Brindisi

giocattoli meccanici, grazie all’angolo della memoria. La collezione museale, esattamente come la casa in sé, vuole essere un manifesto delle arti del Novecento e del loro inscindibile legame. Fontana, Savinio, Sironi, Balla, Manzoni, Rotella, Schifano, Warhol, Bacon, naturalmente lo stesso Brindisi: sono solo alcuni degli artisti ospiti della collezione. Per seguire la via del totale e illuminante contrasto, torna in mente il Flugelheim Museum di Gotham City nel primo Batman burtoniano (1989). Già il nome svela l’intento satirico di questo museo immaginario, che guarda caso è proprio la caricatura del Guggenheim:

33
«Vigo non amava la forma del cerchio, se non per contrasto. Ma da questa divergenza di intenti e inclinazioni è nata una dimora unica nel suo genere»
34
RICERCHE | Casa Museo Remo Brindisi

Le forme circolari si intersecano con linee rette e spigolose.

35

Brindisi

la sua struttura è una sorta di claustrofobica nave Art Déco, con un’accozzaglia scriteriata di dipinti e sculture. Senza soluzione di continuità, le ballerine di Degas si alternano ai ritratti di Lincoln e Washington, icone del sogno americano. I pomposi gentiluomini di Van Dyck si accostano all’autoritratto di Rembrandt e all’Approaching a City di Hopper, su cui il villain spennella Joker was here!. Ed ecco il nostro che blocca la propria furia iconoclasta su una sola opera: Figure with Meat (1954) dello stesso Francis Bacon. Il papa Innocenzo X di Velázquez è ormai circondato da carcasse animali, probabilmente anch’egli carne morta, la bocca spalancata in un grido muto. È l’incarnazione del terrore e del decadimento umano, una vanitas molto più efficace di quelle classiche. È il perfetto

connubio di disperazione e follia, dunque Joker non può che sentirlo proprio. Tutta la Gotham inventata dallo scenografo Anton Furst è un incubo in stile Art Déco e il museo ne è la condensazione delirante. L’esatto opposto della volontà di Vigo e Brindisi, la cui opera di sintesi è sotto i nostri occhi.

Parliamo del resto dello stesso Furst che aveva ricreato il Vietnam in Inghilterra per Full Metal Jacket (1987).

E il nome di Stanley Kubrick non può a sua volta essere ignorato, perché entrare dentro Casa Remo Brindisi significa farsi travolgere da una luce che è tutto tranne che terrestre, data dal suo rimbalzo sugli specchi e sulle piastrelle in klinker bianco a fughe calibrate. È la stessa luce smaltata e innaturalmente candida di 2001: Odissea nello spazio, girato proprio nel periodo in cui Nanda

36
RICERCHE | Casa Museo Remo
Remo Brindisi all’opera (Credits: Casa Museo Remo Brindisi).

Cura artigianale e precisione industriale: Eurall è il risultato dell’incontro tra passione e ricerca, un binomio speciale che ci permette di offrire prodotti di elevata qualità e affdabilità. Da oltre 30 anni progettiamo e realizziamo serramenti e sistemi oscuranti 100% made in Italy

Via Pollarola, 20 San Bernardino di Lugo (Ra) | T. 0545 914297 | www.eurall.it

PROGETTARE IL CHIAROSCURO

Vigo progettava questa dimora. E Kubrick era quel tipo di creativo disposto a comprare obiettivi Zeiss della NASA per girare le scene a lume di candela di Barry Lyndon (1975). Una scelta avveniristica, ma non la prima del genere. Per la creazione di una lampada oggi iconica, la grande appassionata di fantascienza Nanda Vigo scelse di usare i led, che in quegli anni erano introvabili in Italia. Tanto che dovette volare a Cape Canaveral per acquistarli proprio presso la NASA. La lampada Golden Gate fu progettata nel 1971, lo stesso anno in cui iniziava l’edificazione di Casa Remo Brindisi. Ed è verso lo spazio, “ultima frontiera”, che vuole

condurci questa artista straordinaria, come dichiara in un’intervista del 2019 a Ciro Marco Musella per Elle Decor: «Io spero di guidarvi molto lontano, verso le stelle. Lontano ma non lontanissimo: voglio andare verso le stelle, che è da dove proveniamo, quasi fosse un ritorno primordiale in un mondo fantastico. Con quale stato d’animo si compie il viaggio non sta però a me definirlo, ognuno è libero di farlo come meglio crede. Io mi limito a guidarlo con un mezzo adatto per andare fuori, senza dubbio sulla astronave Enterprise». *Si ringrazia Laura Ruffoni, Servizio Istituti Culturali del Comune di Comacchio, per averci dato libero accesso all’edificio.

38
RICERCHE |
Casa Museo Remo Brindisi

VIVI AL MASSIMO LA TUA CASA CON LE SOLUZIONI CONNESSE DI SOMFY

TAPPARELLE E PERSIANE INTELLIGENTI

Semplifca la tua vita quotidiana, aumenta il livello di sicurezza e migliora l’efcienza energetica della casa.

• Gestione delle persiane senza bisogno di uscire o di alzare le zanzariere.

• Apertura e chiusura di tutte le tapparelle con un solo clic o tramite comando vocale.

• Simulazione di presenza e verifica/controllo a distanza.

• Ottimizzazione automatica del comfort termico grazie ai sensori, sia in estate che in inverno.

TAHOMA SWITCH

Il comando intelligente per centralizzare e connettere tutti i dispositivi domestici.

Installa tapparelle, tende da sole, porte di garage e cancelli motorizzati che siano in grado di connettersi via internet al tuo smartphone. Questo è il primo passo per rendere la tua esperienza in casa più completa, sicura e confortevole.

Aggiungendo le funzioni connesse di TaHoma Switch, puoi facilmente connettere la maggior parte dei dispositivi della casa solo con un click.

La routine quotidiana sarà più semplice e potrai ottenere allo stesso tempo più comfort, sicurezza e efficienza energetica.

e molto altro!
...

Per una vita collettiva

Chi ha fatto LuOgo?

Una delle (tante) peculiarità di LuOgo è la modalità con cui il progetto ha preso vita. Sapientemente coordinati dal collettivo orizzontale, si sono applicati l’impegno, le mani e il cuore di persone che hanno scelto di partecipare al workshop e sono state selezionate sulla base di criteri ben definiti. Vogliamo citarle tutte: le studentesse e gli studenti di architettura Davide Bergo, Beatrice Di Rosa, Martina Esposito, Anna Margini, Paola Meneghetti, Paul William Vatanamu e l’architetto Elisa Valli. Abbiamo avuto il piacere di conversare con Beatrice Di Rosa, che ci ha raccontato riflessioni, sensazioni, riscoperte. Perché hai scelto di partecipare al workshop per la costruzione di LuOgo? Cosa ti ha colpito del progetto e come ha stimolato la tua immaginazione? Da studentessa, il workshop di Lugo ha rappresentato

41 INTERVISTA | Chi ha fatto LuOgo

«LuOgo ha acquisito una funzione didattica, con l’augurio che attraverso questa esperienza parta dagli stessi cittadini il bisogno di concretizzarne altri»

per me una grande occasione per prendere parte alla realizzazione concreta di un manufatto architettonico, addentrandomi in prima persona nelle dinamiche attorno al lavoro di squadra e osservando da vicino tutte le fasi necessarie alla concretizzazione del progetto. Con una struttura pensata per essere semplice da realizzare e funzionale, questo dispositivo si è sviluppato all’interno di un’area verde di risulta, trasformandola da zona di transito a spazio di sosta e aggregazione. Quello che mi ha colpito di più è stato il modo in cui i cittadini hanno accolto questo intervento sin da subito, riconoscendolo come uno strumento per farli stare bene assieme. Come si sono svolte le fasi di incontro, studio e realizzazione?

Il primo giorno che siamo arrivati a Lugo siamo stati accolti da Edilpiù e dal Comune per introdurci a ciò di cui avremmo fatto parte nei giorni successivi. Abbiamo avuto la possibilità di esplorare il contesto: dalla visita alla Rocca fino al Museo Baracca, luoghi di tradizione e affetto per i cittadini di Lugo. Già il giorno seguente sono cominciati i lavori sotto la supervisione dei

42 INTERVISTA
| Chi ha fatto LuOgo

LuOgo è anche la bellezza di un mestiere indispensabile.

43

progettisti di orizzontale. Lavorare all’interno di un team così vario e guidato da professionisti è stato per me un grande momento di crescita e arricchimento. La cosa che più ho apprezzato è il clima di condivisione che si è instaurato: ciascuno di noi, anche chi come me è uno studente alle prime armi, ha avuto la possibilità di sentirsi un elemento utile all’interno di questo processo. La collaborazione ha permesso tutto ciò ed è stata indispensabile per trovare soluzioni a determinati problemi incontrati nella pratica, oltre che a garantire la realizzazione del dispositivo in una sola settimana.

Durante il workshop avete dato vita a un grande cantiere fatto innanzitutto di relazioni. Cosa ti ha dato questa esperienza?

Le relazioni sono state il motore che ha permesso a LuOgo di prendere vita. Tra il collettivo orizzontale, l’azienda Edilpiù, il Comune di Lugo, Casabella formazione, ProViaggiArchitettura, le numerose imprese che hanno supportato l’iniziativa e infine noi partecipanti. Quello che non mi aspettavo quando ho deciso di partecipare era che in così pochi giorni si sarebbe creata una squadra così equilibrata e che avrei potuto imparare così tanto non solo a livello lavorativo

44
INTERVISTA | Chi ha fatto LuOgo

Da una squadra equilibrata a un grande risultato per tutti.

ma anche personale, dentro e fuori il cantiere. Costruire con le mie mani sotto il sole di giugno e vedere il risultato di questo lavoro di una settimana animarsi attraverso le voci di adulti e bambini, mi ha reso consapevole di come, a volte, bastino piccoli e mirati interventi per ridare nuova vita e migliorare gli spazi che viviamo, operando con e per le persone. LuOgo mi ha sicuramente ricordato quanto sia bello e indispensabile il mestiere per cui sto studiando.

Come vi siete relazionati invece con gli spazi intorno a voi?

Un cantiere tra la Rocca, il Pavaglione e piazza Baracca

ha sicuramente rappresentato un plus dell’intervento, così come poter osservare da vicino come quegli spazi siano capaci di trasformarsi durante le varie ore del giorno per accogliere le celebrazioni, il mercato o semplicemente le passeggiate serali. La presenza di LuOgo ha favorito e aumentato ancora di più le possibilità d’uso di questo spazio, andando a dare nuova vita e significato a quegli elementi iconici, spingendosi oltre il loro valore simbolico e monumentale. LuOgo è un’architettura temporanea. Riesci a immaginare quale traccia lascerà dietro di sé?

45
«La presenza di LuOgo ha aumentato le possibilità d’uso di questo spazio, andando a dare nuova vita e significato a quegli elementi iconici»

Come ci è stato raccontato durante il workshop, LuOgo ha rappresentato una seconda tappa all’interno di un processo di riattivazione di un vuoto urbano, avviato l’anno precedente con l’esperienza di Lunette. Il modo in cui il dispositivo è stato accolto e sfruttato nei mesi estivi può ben dimostrare come questi interventi, seppur limitati nel tempo, facciano crescere nei cittadini la consapevolezza di essere parte di una realtà più ampia ed eterogenea, portandoli a prendere parte a nuove pratiche di vita collettiva. LuOgo ha quindi acquisito indirettamente una funzione didattica, con l’augurio che attraverso questa esperienza parta dagli stessi cittadini il

bisogno di concretizzarne altri ancora. Se pensi alla forma del cerchio, qual è la prima associazione mentale che ti viene in mente? Architettonica, fisica o concettuale che sia. Il cerchio è il simbolo più semplice e immediato utilizzato per indicare qualcosa che attiri la nostra attenzione. Richiama l’idea di purezza geometrica e continuità, è dotato di infinite facce, non vi è un prospetto preferenziale, bensì è uguale da ogni angolazione lo si osservi: così LuOgo definisce un ambito raccolto e intimo, uno spazio in cui succede qualcosa di magico, qualcosa che scaturisce dal continuo dialogo alla pari con il contesto circostante.

47
INTERVISTA | Chi ha fatto LuOgo L’inaugurazione di LuOgo: un primo prezioso momento di accoglienza.

Fra LuOgo e Lugo

L’aggregazione fluida

L’inaugurazione di LuOgo ha rappresentato molto più che un evento “standard”. Si è già rivelata l’occasione per tradurre in realtà il più potente obiettivo di questa arena all’aperto: diventare un elemento di aggregazione nel cuore della città di Lugo. Il progetto ha trovato linfa vitale grazie all’unione di intenti del collettivo orizzontale, di Edilpiù e dell’amministrazione lughese. È stato proprio il Sindaco di Lugo Davide Ranalli a identificare nell’urbanistica e nell’architettura «gli strumenti con i quali attraversare questo tempo difficile». Ed ecco che LuOgo si fa portatore di un principio fondamentale: «lo spazio urbano deve essere strumento di incontro tra le persone e le idee». Marcello Bacchini ha esplicitato quei valori che mettono in comunicazione Edilpiù con il territorio lughese e le persone che lo costruiscono e lo fanno progredire ogni giorno. LuOgo è quindi il «perfetto esempio di come una microarchitettura temporanea possa porsi come elemento di aggregazione in città, proponendosi come spazio trasformista e permeabile con la piazza e i cittadini. LuOgo mette al centro le persone e le relazioni che si generano fra cittadini e città, ma anche fra le aziende che hanno aderito al progetto».

Diverse sono infatti le imprese che hanno voluto contribuire attivamente alla realizzazione di LuOgo, facendone un esempio virtuoso di come si può fare rete e al contempo portare valore aggiunto al tessuto cittadino. Non a caso, l’evento e la serata che ne è seguita hanno visto la partecipazione di una cittadinanza incuriosita e coinvolta, anche grazie alle precedenti giornate di workshop. È stato del tutto spontaneo prendere posto all’interno dell’arena, in piedi o seduti, così com’è stato naturale per i bambini sperimentare ed esplorare gli spazi presenti (compresi altalene e scivoli). La condivisione, agevolata dalla “spinta gentile” di LuOgo, si è fatta così fluida, autentica e genuina. Gran finale dell’inaugurazione è stata la splendida performance musicale di Matteo Scaioli, in collaborazione con il Ravenna Festival. Compositore, strumentista e produttore ravennate, Scaioli ha dato vita a un momento magico in cui la tecnologia moderna si è unita al sound unico dato dai grammofoni a manovella: una sorta di macchina del tempo, perfettamente coerente con l’atmosfera di un LuOgo universale. Perché quando lo spazio cittadino e la cura del bene comune coincidono, è possibile godere di un benessere che da individuale si fa collettivo. E viceversa.

51 EDILPIÙ Inaugurazione di LuOgo
Sulla soglia di una nuova dimensione con il contributo della musica.
52
«LuOgo pone al centro le persone e le relazioni che si generano fra cittadini e città»
53
Architetti, appassionati, cittadini, tutti uniti dentro e per LuOgo. EDILPIÙ | Inaugurazione di LuOgo

Mercurio ha trovato un LuOgo sulla Terra

Il progetto musicale

Nel nostro sistema solare c’è un pianeta dai molti primati. È il più vicino al sole e dunque il più veloce nel proprio moto di rotazione. È anche il più piccolo, nonché quello con l’orbita in assoluto più eccentrica, ossia meno circolare. È il pianeta che Dante Alighieri associa al Secondo Cielo del suo Paradiso e che ha ispirato la creatività di autori di fantascienza come Isaac Asimov. Il suo nome è quello di un dio romano che a sua volta è diverso da tutti gli altri: è l’astuto messaggero divino, rapido e incostante protettore di commercianti e ladri, ma anche della medicina. Non a caso, nella tradizione astrologica occidentale rappresenta l’intelligenza più agile e critica, così come le abilità comunicative. Oggi il nome di questo pianeta risuona anche a metà della nostra settimana, nel giorno che le culture nordiche hanno dedicato a Odino, padre degli dèi norreni. Un nome condiviso con un elemento

argenteo, pesante eppure volatile, il cui simbolo alchemico è la perfetta unione dei tre archetipi Luna, Sole e Terra. Il padre di tutti i metalli, secondo Carl Gustav Jung e i suoi studi sull’alchimia. Tutto questo risponde alla complessa identità culturale di Mercurio. Il suo nome è ora condiviso da un progetto musicale di natura assolutamente unica. Mercurio ha preso ufficialmente il via con un concerto in anteprima all’interno di LuOgo, in collaborazione con Lugocontemporanea. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Palmeri, che del progetto è una delle anime. Sei architetto, designer e musicista. Come porti avanti questa tua dimensione creativa multidisciplinare? Diciamo che si tratta semplicemente della mia natura. Non una modalità che chieda particolari sforzi o fatiche, al di là del tempo da dedicare ad ogni cosa, che, come sappiamo, è l’incubo di tutti. Mentre frequentavo

54 INTERVISTA | Progetto Mercurio
Lorenzo Palmeri, architetto, designer, musicista e docente.

Architettura studiavo composizione. Quando è arrivato il momento ho deciso di non scegliere tra le due cose, ma continuare a portarle avanti insieme. Com’è nato il progetto Mercurio e che tipo di spirito lo anima?

Questo progetto musicale è nato da uno scambio di messaggi durante il lockdown tra me e Simon Tong, chitarrista di The Verve, The Magnetic North, The Good the Bad & the Queen, Gorillaz, Damon Albarn. Ci presentò qualche anno fa Franco Battiato in una bellissima giornata. Ci siamo detti che ci sarebbe piaciuto scrivere della musica insieme e così è stato.

In seguito, ho coinvolto altre persone: Lele Battista, cantautore e polistrumentista che è stato la voce di La Sintesi; Elio Marchesini, percussionista della Scala che ama spaziare dalla musica classica fino alle avanguardie; Patrizio Simonini, compositore e produttore. Ognuno di noi ha portato in questo spirito globale il proprio singolo spirito in estrema libertà. Io stesso ho deciso di abbassare di molto le mie necessità di controllo sulla direzione che i brani avrebbero preso, lasciando che diventassero figli del lavoro di tutti. Mercurio è un disco di ricerca e di crescita, molto interessante credo, di sicuro non nato per lo streaming di massa, anche se

56

non si può davvero mai prevedere l’esito di qualcosa. Il progetto è stato presentato in anteprima presso LuOgo. La localizzazione ha contribuito alla creazione di un contesto? Come ha influito LuOgo su Mercurio? Beh, quello di LuOgo è stato di fatto il primo live del gruppo di musicisti afferenti a Mercurio. Per la prima volta il materiale scritto e registrato è stato suonato davanti a un pubblico curioso, attento e selezionato, come si è dimostrato quello di LuOgo. La conformazione circolare del palco, che ci ha permesso di guardarci negli occhi durante tutta l’esibizione, è stata senz’altro un formidabile strumento di unione tra noi.

INTERVISTA | Progetto Mercurio 57
La sperimentazione ha coinvolto un pubblico molto attento.
«La conformazione circolare del palco, che ci ha permesso di guardarci negli occhi, è stata senz’altro un formidabile strumento di unione»

LuOgo è un’architettura temporanea. Riesci a immaginare quale traccia lascerà dietro di sé? Credo lascerà memoria e un’eredità virtuosa. Mi auguro che anime sensibili abbiano colto l’importanza e lo spessore di questa iniziativa e che si prodighino affinché possa essere ripetuta di anno in anno. Se pensi alla forma del cerchio, qual è la prima associazione mentale che ti viene in mente?

Architettonica, fisica o concettuale che sia. Il cerchio è il simbolo del cielo, così come evidentemente dell’unione, dell’insieme. Tra tutte le figure geometriche, è forse quella che si presta più universalmente alla metafora. Non va dimenticato che il cerchio è una delle prime figure ordinate disegnate naturalmente, in modo istintivo, dai bambini.

«Men at War è il titolo della XVIII edizione di Lugocontemporanea, una riflessione sul potere dell’arte in tempo di guerra. Un potere che, se forse non può influire sulle scelte e sulle conseguenze, certamente può donare almeno un poco di sollievo all’anima»

58 INTERVISTA | Progetto Mercurio

Il moto dello sguardo

Architettura e stelle

Paradossalmente, ma forse non troppo, è il cielo a definire la nostra interpretazione della vita terrena e perfino decisioni politiche dal profondissimo significato. Dall’osservazione delle stelle l’essere umano ha concepito le costellazioni e il sistema dello Zodiaco, sulla base di intensi intrecci archetipici e mitologici. Il giorno in cui prese ufficialmente il potere a Firenze ispirò a Cosimo I de’ Medici la scelta della propria impresa, ossia l’emblema di riferimento: il futuro Granduca di Toscana indicò il Capricorno, segno zodiacale corrispondente al 9 gennaio 1537.

Una determinazione più potente di qualsiasi dichiarazione verbale, poiché il Capricorno era stato individuato come personale ascendente da personaggi come Augusto.

Come volgiamo il nostro sguardo agli astri fin

60 RICERCHE | Architettura e stelle
L’antenna parabolica della Stazione radioastronomica di Medicina.

«“Siangli note non poche istorie, abbia udito con diligenza i filosofi, sappia di musica, non ignori la medicina, abbia cognizione delle leggi dei giurisprudenti, intenda l’astronomia e i moti del cielo”. Con queste parole Vitruvio descrive l’architetto perfetto»

dalla notte dei tempi, allo stesso modo ci guardiamo intorno e progettiamo gli spazi in cui vorremmo muoverci. Perché lo studio dei movimenti planetari e stellari ha avuto per lungo tempo l’obiettivo di celebrare la divina creatività e di conseguenza favorire il futuro più prospero possibile per l’umanità. Sollevati verso l’alto, i nostri occhi si posano da sempre su di un’immensa cupola, sulla cui illusoria e irresistibile superficie si spostano oggetti luminosi.

«Sia perciò egli letterato, esperto nel disegno, erudito nella geometria, e non ignorante d’ottica, istruito nell’aritmetica, siangli note non poche istorie, abbia udito con diligenza i filosofi, sappia di musica, non ignori la medicina, abbia cognizione delle leggi dei giurisprudenti, intenda l’astronomia e i moti del cielo». Con queste parole Vitruvio descrive l’architetto perfetto: una figura ad ampio raggio, con una rilevante conoscenza del cosmo e delle sue leggi.

Palazzi, templi e perfino interi centri abitati furono progettati ed edificati sulla base dei movimenti stellari, dunque con un orientamento di direzione ben preciso o con una struttura radicalmente connessa all’entità celeste da venerare. Perfino i riti di fondazione si basavano su quanto accade sopra le nostre teste.

Se il sole è ciò a cui dobbiamo la vita, per diverse culture è stato naturale il passaggio simbolico alla figura della ruota, pietra miliare lungo la strada dell’evoluzione in civiltà. In numerose rappresentazioni dell’astro solare e della corrispondente divinità, dal greco Apollo al Sūrya induista, troviamo la figura del carro in luogo della barca. Lo stesso Sūrya ne possiede uno trainato da sette cavalli, tramutatosi in una delle più imponenti architetture del mondo: il Tempio del Sole di Konark, in Orissa. Il viaggio del carro solare è qui assicurato dalla presenza di dodici paia di ruote, presenti nel tempio con un diametro di quasi dieci metri ciascuna.

Una struttura eminentemente circolare caratterizza la disposizione dei megaliti presso il sito neolitico di Stonehenge, su cui si sono spesi numerosi studiosi. Fra questi spicca Isaac Newton con la sua particolare teoria: il complesso sarebbe una rappresentazione del sistema solare, con la stella correttamente al suo centro, il tutto sotto il dominio dell’azione gravitazionale. Stonehenge sarebbe dunque un’ottima candidata a essere un osservatorio astronomico, in particolare dedicato al moto solare. Il legame fra architettura e astronomia si fa infatti

62 RICERCHE | Architettura e stelle

Un luogo di sosta per l’osservazione di una rotazione eterna.

63

realtà straordinariamente fisica nella coincidenza di obiettivi. È così per gli osservatori di tutto il mondo, talvolta veri capolavori architettonici. È questo il caso della Torre Einstein di Potsdam, in Germania, opera dell’architetto Erich Mendelsohn. Inaugurata nel 1924, la torre è un concentrato di istanze espressioniste. L’osservatorio astrofisico ha uno scopo ben preciso: fungere da laboratorio sperimentale per la verifica della deviazione luminosa, a sua volta parte integrante della teoria della relatività. Di fronte alla torre si ha la sensazione di essere piccoli ma ben accolti: è l’effetto di una struttura “organica” (come la definì lo stesso

Einstein) e al contempo ammorbidita dalle linee ricurve e serpentine. Sul percorso della luce, del resto, la progettazione si è sempre soffermata nel corso della Storia, con risultati talvolta sorprendenti. Esempio lampante è la Cappella degli Scrovegni a Padova, le cui pareti ospitano i magnifici affreschi di Giotto. L’orientamento dell’edificio e delle sue finestre dava vita a un particolare gioco di illuminazione proprio il 25 dicembre, giorno quantomai significativo. Se indirizziamo lo sguardo verso il nostro territorio riscopriamo affascinanti sintesi fra celeste e terrestre, in un continuo richiamo e raccordo di forme. Ecco

64
| Architettura e
RICERCHE
stelle

stagliarsi sulla pianura la Stazione radioastronomica di Medicina (BO), gestita dall’Istituto di Radioastronomia dell’INAF. Grazie all’antenna parabolica di 32 metri di diametro e alla Croce del Nord, formata da due grandi rami perpendicolari, la stazione riesce a mappare il cielo captando anche sorgenti radio a bassa frequenza. È un’identità ossimorica, quella della stazione: un luogo di sosta e meditazione dedicato all’osservazione di una rotazione eterna. Come in un’orbita tutta sua, il pensiero si sposta seguendo lo stesso respiro, rovente e gelido al tempo stesso. Lo ritroviamo in tutt’altra opera della riflessione umana, nell’ambientazione di un film che con lo spazio ha molto a che fare, anche se non lo vediamo mai veramente. È Gattaca (1997) di Andrew Niccol. Per rendere l’esterno e l’interno della stazione spaziale è stato scelto il Marin County

Civic Center, progettato da Frank Lloyd Wright e completato nel 1962. Una scelta intrigante, poiché il film risulta visivamente rétro pur raccontando una storia futuristica. La storia si fonda su una realtà futura, in cui l’unico modo per avere una vita soddisfacente è avere buoni geni. Cosa succede quando un “non valido” sceglie di ignorare le regole non scritte, ma molto chiare, di questa società? Può ritrovarsi a seguire il proprio sogno di diventare astronauta, combattendo una diagnosi infausta e lo stigma sociale. Perché a volte per rovesciare la prospettiva basta sollevare un poco lo sguardo e seguire la corsa dell’Universo.

*Fonte primaria: Carlo Cresti (a cura di), Architettura e costellazioni celesti, Angelo Pontecorboli Editore 2022. Si ringrazia per la disponibilità Simona Righini, tecnologa di INAF.

66 RICERCHE |
Architettura e stelle
IN FOTO: MODELLO LACCATO RAL 9016 / C20

Un LuOgo di musica

Con Matteo Penazzi

68 INTERVISTA | LuOgo e musica

Lo spazio e il suono

LuOgo ha vissuto tante vite nel corso della sua permanenza nel cuore di Lugo. Una di queste è certamente quella degli eventi che si sono tenuti al suo centro, una calamita che attirava cittadini, passanti, turisti. Fra le tante iniziative che hanno animato questa piccola arena, il concerto all’alba del pianista Pietro Beltrani si è rivelato un momento particolarmente suggestivo… anche per motivi atmosferici. Beltrani, eclettico ed esperto musicista, ha portato dentro LuOgo le composizioni di Claude Debussy, un autentico “pittore dei suoni”. Una scelta coerente con la vocazione di Lugo Music Festival, la manifestazione promotrice dell’evento, che si propone di portare musica, cinema e cultura al pubblico più ampio possibile e sempre nel segno della sostenibilità. Ci racconta tutto Matteo Penazzi, che di Lugo Music Festival è il direttore artistico.

Cosa ti ha portato fino alla direzione artistica di Lugo Music Festival e cosa ti ha segnato nel tuo percorso? Un’esperienza essenziale per me è la collaborazione con il direttore artistico di World Youth Orchestra. Questo progetto di peacekeeping coinvolge giovani musicisti di ogni nazione e religione, provenienti da

tutto il mondo. Porta un messaggio inequivocabile di fratellanza soprattutto in paesi con situazioni di rivalità. L’impatto è reale e potentissimo. Israele e Palestina, Russia e Ucraina improvvisamente si ritrovano insieme, nella stessa orchestra. Ma è una cosa del tutto naturale: i musicisti sono troppo abituati alla bellezza, quindi le divisioni non possono esistere. Progetti come questi si traducono in qualcosa di profondamente radicato nella realtà, come ad esempio iniziative dedicate a bimbi orfani che non avrebbero la possibilità di studiare musica. La stessa libertà di coinvolgimento, senza limiti di credo o politica, la ritrovo in Lugo Music Festival. Cosa significa per il nostro territorio ospitare questa manifestazione? Che tipo di ispirazioni e aspirazioni porta?

Mi viene in mente il famoso esperimento del Rat Park: se il singolo topo veniva inserito in un ambiente simile a un parco, in gruppo con altri topi, diminuiva la sua dipendenza da sostanze stupefacenti. L’isolamento sociale o il senso di comunità hanno un effetto incredibile sulle dipendenze. Lo stesso che può avere la musica sul benessere e sulla salute delle persone. Al contrario degli scienziati che hanno condotto

69

«La gente ha capito che un progetto come LuOgo poteva moltiplicare l’energia umana. Il temporaneo deve lasciare tracce durature»

l’esperimento, io non ho dati precisi, ma posso dire che la musica è sicuramente un’ottima scusa per aggregarsi e porta con sé un potenziale risveglio dall’isolamento. È un’occasione per rinascere. Noi occidentali siamo intrappolati in modalità di partecipazione standardizzate. In altri luoghi del mondo, o anche in alcune specifiche realtà italiane, sono invece attivi progetti di riscatto sociale con la musica al centro, perché è come il cibo: unisce allo stesso modo. Ritorno sull’esempio di musicisti palestinesi e israeliani: la musica può unire anche chi si considera ogni giorno un nemico. E in 6 anni di progettualità questo riscontro è ormai più che evidente.

Musica e architettura condividono molto, a livello concettuale così come progettuale. Ti è mai capitato

70 INTERVISTA |
LuOgo e musica
71
Pietro Beltrani nel cuore di LuOgo e del concerto all’alba.

di pensare a una partitura musicale come a un edificio?

In questo caso potrei pensare ai ruoli di due strumenti musicali: piano e violino. Il primo costruisce l’armonia attraverso molte note, mentre di solito il violino produce una sola nota alla volta, dando la sensazione di non avere fondamenta. Nella partitura del pianoforte una mano crea l’armonia e l’altra la melodia. C’è sempre bisogno di un’armonia sotto e una melodia sopra, altrimenti sarebbe come una casa nuda. Prima devono esserci i pilastri e poi li si veste con muri, arredamento e storie delle persone che abitano quella casa. All’interno di un unico spazio io posso festeggiare

il compleanno, stare male, fare un aperitivo. LuOgo è a sua volta un contenitore che è stato abitato da varie storie.

Il bellissimo concerto di Pietro Beltrani si è tenuto proprio all’interno di LuOgo. Come si sono relazionati a tuo sentire lo spazio e la musica durante questo evento?

Ci tengo a ricordare un avvenimento piuttosto significativo dell’atmosfera che si era creata: proprio all’inizio del brano La cattedrale sommersa di Claude Debussy ha iniziato a piovere! In LuOgo spazio e musica si sono relazionati in modo diverso da quello standard,

72 INTERVISTA
|
LuOgo e musica

con un pubblico ampio e composto anche dai curiosi che passavano durante l’arco del concerto. È stato capace di attirare e accogliere anche chi non sapeva dell’iniziativa. Non a caso la progettualità di Lugo

Music Festival è tutta basata su spazi aperti. La musica si sposta e fa spostare. Quando partecipi a un evento, vieni a conoscenza di un altro evento ancora… e così ti sposti di nuovo.

Architettura e musica possono condividere lo stesso obiettivo di accoglienza civile?

LuOgo ci ha mostrato che è possibile accogliere entrambe, così com’è stato per altri eventi avvenuti

al suo interno. Credo che un architetto abbia una grande responsabilità. L’architettura in sé è accoglienza uterina, è un grembo, anche quando non ha tetto. Vorrei davvero che la sinergia nata per quella porzione di prato diventasse qualcosa di stabile. Servono tutti i contributi possibili: chi compone, chi suona, chi apprezza, chi investe. La gente ha capito che un progetto come LuOgo poteva moltiplicare l’energia umana. Il temporaneo deve lasciare tracce durature. Se pensi alla forma del cerchio, a quale melodia l’associ?

La valse di Maurice Ravel. Parte con un richiamo al

73
La musica ha attirato anche chi era estraneo all’iniziativa.

valzer, caotico, confusionale e solamente accennato. Va assolutamente ascoltato tutto, perché il valzer vero e proprio parte solamente dopo un minuto e mezzo. Ora immaginiamo che l’uomo e la donna, ballando il valzer, disegnino continuamente dei cerchi come se avessero la grafite di un compasso sotto ai piedi. È come se disegnassero continuamente un cerchio che si sposta e anzi, ne disegnano due differenti: un cerchio vero, per così dire, e uno più schiacciato, ellittico. Oltre al riferimento geometrico,

La valse è doppiamente coerente, perché inizia con una nebulosa primordiale: è l’inizio del processo creativo. È il momento in cui nasce un’idea, che poi si organizzerà nella mente grazie al contatto con altre persone, manifestandosi in qualcosa di sensato, definito. La musica a sua volta è la disciplina che organizza il suono, così come l’architettura è la disciplina che organizza lo spazio. La musica ha bisogno dello spazio perché le onde si propaghino e diventino suono.

74 INTERVISTA |
LuOgo e musica

Incontrare la bellezza. Scoprire il benessere. Scegliere la sostenibilità.

Vieni in uno Studio Finstral e vivi le finestre in modo nuovo. finstral.com/studio

Vivi le finestre in modo nuovo. Ti aspettiamo in uno Studio Finstral.

L’evocazione conclusiva della più perfetta delle forme, in una vita (quella umana) in cui alla perfezione si può solo tendere.

L’imperfezione del cerchio

Un simbolo

«Il senso di pienezza che sperimentiamo quando ci implichiamo nelle realtà, fa sì che la conoscenza non sia appena una raccolta di informazioni, ma un entrare in relazione con il mondo, un atto generativo della nostra persona»

76 IN CHIUSURA | L’imperfezione del cerchio

IN CHIUSURA L’imperfezione del cerchio

Senza inizio né fine, senza lati né angoli, il cerchio è la più perfetta delle forme. Ogni cosa può essere contenuta al suo interno e ogni cosa emerge al di fuori di esso. Il centro, origine della sua costruzione, racchiude in sé una potenza generatrice unica. Un simbolo di creazione che rappresenta la vita, la consapevolezza e la conoscenza. La vita però, nella sua costante ricerca di consapevolezza, ci porta a comprendere come la nostra strada non possa seguire una perfetta geometria, ma solo tendere ad essa. Identifichiamo il nostro centro e iniziamo la corsa in un percorso che è tutto fuorché lineare. La cultura e l’arte giapponese hanno un simbolo ricorrente, l’ensō (letteralmente “cerchio”). Il disegno dell’ensō è un gesto spirituale. Viene disegnato con un’unica

pennellata circolare, ma solo in rari casi diventa una linea chiusa. L’imperfezione apparente di quella linea che si interrompe e della pennellata che non arriva a completare la sua opera è però ciò che racchiude la sua perfezione, perché lascia lo spazio per il movimento, la crescita e lo sviluppo. Il mio cerchio non si chiude, ma mi riscopro felice. Il senso di pienezza che sperimentiamo quando ci implichiamo nelle realtà, fa sì che la conoscenza non sia appena una raccolta di informazioni, ma un entrare in relazione con il mondo, un atto generativo della nostra persona. Il tempo acquisisce un valore irriducibile e ci spinge a non esaurire questo movimento, unica possibilità di giungere alla nostra personalissima forma di perfezione.

78

IN CHIUSURA L’imperfezione del cerchio

80
NUOVO STUCCO PER CARTONGESSO 4 Pronto all’uso, non è necessaria alcuna premiscelazione 4 Elevata resistenza alla fessurazione anche in assenza del nastro di rinforzo, certifcata 4A secondo EN 13963: 2014 4 Certifcato EC1+, A+ 4 Livello di qualità: Q1 e Q2 4 Bianco, inodore, leggero e sofce 4 Packaging: 5 litri 4 Art. 422664

SPAZIO ALLA FELICITÀ

Parola d’ordine? Naturale. Come l’incastonarsi di una stanza diversa da tutte le altre in uno scrigno speciale: un ristorante che è sapere, fantasia e accoglienza. Come l’illuminarsi della finestra con vista cucina, che prende vita grazie al gioco di tonalità e contrasti armonici. Come una cornice che trasforma l’atto del cucinare in una scelta d’arte.

edilpiu.eu
[Ristorante San Domenico - Imola, Progetto di A2 studio]
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.