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QUANDO LE AFGANE POTEVANO SOGNARE

Laura Cima

Laura Cima ex deputata alla Camera, per due mandati, in qualità di componente della commissione Affari esteri e comunitari, assieme ad altri esponenti del Parlamento italiano ai tempi del presidente Hamid Karzai dal 13 al 15 febbraio 2002 si è recata in Afghanistan. Dopo tanti anni ecco il suo ricordo.

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L’incontro con le ministre è stato proprio interessante perché sono le uniche che hanno raccontato concretamente quello che tentavano di cambiare nel paese mentre Hamid Karzai cercava di mantenere l’equilibrio tra le forze di occupazione, tra cui eravamo noi, e le tribù afgane, pastun, azere, e quelle ancora legate ai talebani e ad Al Qaeda.

Era il periodo dei governi fantoccio, della famiglia di Bin Laden che viveva indisturbata negli Stati Uniti. Tutto l’occidente guardava l’Arabia Saudita; la Nato non aveva alcun motivo per rimanere in Afghanistan, ma gli Stati Uniti la resuscitarono per non rimanere da soli nel rivendicare la tragedia delle torri gemelle. Tanti afgani ritenevano che finché l’ONU non avesse disarmato i fondamentalisti non si sarebbe potuto arrivare alla vera democrazia. L’Afghanistan ha una organizzazione tribale, durante il primo governo Karzai le ministre e le loro collaboratrici andavano vallata per vallata a parlare con i capitribù e la popolazione, si impegnavano a contrattare affinché le donne potessero studiare e togliere il burqa, convincevano le donne e i capi che era indispensabile che bambine e ragazze frequentassero le scuole che stavano aprendo e ascoltassero gli insegnamenti delle maestre laiche che stavano collocando.

Le donne dovevano partecipare a tutti i lavori e liberarsi di burqa e veli che le impacciavano e partecipare anche alle assemblee politiche insieme agli uomini e dire la loro. Naturalmente i capi tribù all’inizio furono tenuti buoni, ma subito si coalizzarono per far resistenza e spingere i mullah a premere su Karzai che, poiché gli occupanti non fecero obiezioni, nel secondo governo mise solo uomini e cacciò ministre e collaboratrici. Mantenendo tuttavia una facciata di emancipazione per i giornalisti occidentali. Anche le maestre furono messe a tacere e fu ripreso l’insegnamento della sharia, ritornò l’emarginazione delle donne dalla politica. Contemporaneamente fu ripresa la coltivazione ed esportazione dell’oppio, che significava tanto denaro. La corruzione fu dilagante. Una corruzione sulla quale gli occupanti non misero nessun freno, anzi, la indirizzarono a loro sostegno. Non entro nel merito delle armi che furono distribuite al fantomatico esercito governativo, ma anche ai talebani e a Bin Laden per cacciare i russi. Gli afgani restarono nelle mani dei corrotti.

Le donne erano naturalmente tagliate fuori da tutto ciò, ma volevano veramente cambiare e valorizzare il loro bellissimo paese.