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La rete idrica italiana perde acqua

Parole d’ordine:

Ammodernamento e Stoccaggio

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di Giulia Angelon

Acqua e vita scorrono insieme, ad ogni livello: ambientale, sociale ed economico. In Italia lo spreco di questa risorsa è ancora una questione delicata. Il paragone più frequente accosta la rete idrica del nostro Paese a un colabrodo mentre il tema dello stoccaggio, in concomitanza anche a eventi alluvionali estremi come quelli che lo scorso settembre e nel mese di maggio hanno avuto luogo nelle Marche e in Emilia-Romagna, resta marginale.

Secondo il più recente report ISTAT 2022 sugli anni 2019-2021, in Italia si perde più di un terzo dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, ovvero una media nazionale di circa il 36,2% del volume totale. 41 metri cubi di oro blu per chilometro di acquedotto (nei capoluoghi di provincia o città metropolitane) fuoriescono ogni giorno dalle tubature, con grandi differenze tra regioni e città lungo lo Stivale. Per arginare le perdite, il governo ha stanziato quasi 4 miliardi di euro. La copertura maggiore (2,9 miliardi) deriva dal PNRR mentre il miliardo restante proviene direttamente dallo Stato. L’obiettivo è quello di finanziare il potenziamento, completamento e manutenzione straordinaria delle infrastrutture di diramazione, stoccaggio e fornitura idrica in tutto il Paese.

Aumentano gli investimenti, migliora la rete idrica. Ma l’acqua persa è ancora tanta Nonostante il dato delle perdite della rete sia in calo rispetto al 2018 e gli investimenti annui per abitante nel settore risultino mediamente in crescita posizionandosi sui 56 euro annui per abitante, (+17% dal 2019 e +70% dal 2012, contro una media EU di 82 euro per abitante - Invitalia 2023), il sistema idrico italiano necessita ancora di interventi strutturali ingenti.

La maggior parte dell’acqua prelevata in Italia deriva dalle fonti sotterranee di acqua dolce. Ogni giorno, nelle reti di distribuzione dei capoluoghi di provincia/città metropolitana ne vengono erogati 236 litri per abitante (ISTAT 2022). “L’efficacia del generale incremento degli investimenti osservato negli ultimi anni – si legge nel comunicato di Utilitalia di marzo 2023 - sembra essere confermata dagli indicatori della qualità del servizio idrico e dalla minor frequenza degli sversamenti/allagamenti in fognatura. Tuttavia, si osservano differenti performance tra Nord e Sud”.

Nonostante l’acqua “persa” non scompaia, in quanto assorbita dal terreno, lo spreco di tempo e denaro è comunque ingente. I costanti problemi di dispersione si manifestano principalmente su due fronti: da un lato quello più consistente riguardante la rete idrica, dall’altro gli impianti di stoccaggio, deputati alla raccolta delle acque piovane in primis.

Un territorio che è un puzzle. L’Italia che “fa acqua” tra maglie nere e casi virtuosi

La rete di acquedotti italiani si estende per circa 430 mila chilometri e la sua costruzione è alquanto datata; come riportato anche dal FAI, il 60% della rete è stato posizionato più di 30 anni fa, mentre il 25% supera i 50 anni. L’obsolescenza unita a un’estrema diversificazione nella gestione della rete idrica sono le principali cause delle attuali perdite e sprechi.

Macerata (9,8%), Pavia (11,8%) e Como (12,2%) sono le province italiane più virtuose rispetto al dato della dispersione idrica reale.

Il dato medio nazionale della dispersione reale (36,2%) cela in realtà un profondo divario a livello territoriale. In alcune aree, soprattutto al centro-sud e isole, si disperde fino all’80% della risorsa idrica. Tra i capoluoghi, la media di perdite è di 131 litri di acqua al giorno per abitante. Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Molise e Sicilia sono maglia nera, con valori superiori al 50%. Tra le province, invece, i valori peggiori sono quelli di Latina (73,8%), Belluno (70,6%) e Siracusa (67,6%). Le più virtuose quelle di Macerata (9,8%), Pavia (11,8%) e Como (12,2%).

Dal punto di vista della gestione della rete, come sottolineato da Utilitalia “permane un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali in economia, diffuse soprattutto nel

Meridione, con investimenti medi annui di circa 8 euro per abitante”. Nonostante la carenza di acqua, un esempio virtuoso di organizzazione regionale per la gestione idrica è quello della Sardegna, dove, grazie alla legge regionale n. 19 del 2006 si è passati da una gestione per singoli Consorzi a una centralizzata, retta dall’Ente Regionale tramite l’Autorità di Bacino. Anche la città di Novara è riuscita a ridurre recentemente il 10% degli sprechi, da un lato con l’unificazione della gestione e dall’altro grazie all’implementazione di nuove tecnologie.

A gennaio 2023 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha assegnato la seconda tranche di investimenti per la riduzione delle perdite, finalizzata al restauro, ammodernamento e digitalizzazione della rete idrica italiana. 2 miliardi vanno all’ammodernamento delle infrastrutture primarie di cui l’85% al potenziamento e adeguamento della rete idrica e il 15% all’adeguamento in funzione antisismica. Per quanto riguarda la riduzione specifica delle perdite, sono stati stanziati 900 milioni in più rispetto ai 293 già stanziati e destinati soprattutto alla digitalizzazione delle reti di acqua potabile.

Uno stoccaggio efficiente per rispondere alle situazioni di carenza idrica

Alle criticità derivanti dalle perdite della rete idrica si aggiunge l’inadeguatezza su scala nazionale di molti sistemi di stoccaggio. Come evidenziato da ISPRA, il 15,4% del territorio italiano è classificato “a pericolosità media ed elevata di alluvioni” classificandosi tra le nazioni europee con maggiore apporto pluviometrico (quinta tra i Paesi Ue27 per apporti meteorici - ISTAT 2022).

“In media – scrivono nel report ISTAT - le precipitazioni annuali registrate in Italia nel periodo 1991-2020 sono state di 943 mm, pari ad un afflusso annuale medio di acqua piovana di circa 285 miliardi di metri cubi. Circa il 53% dell’acqua piovana (498 mm) è però tornato in atmosfera per evaporazione, dal terreno e dai corpi idrici, e per traspirazione attraverso gli apparati fogliari delle piante. La restante parte di acqua (47%) è rimasta sul terreno, una parte infiltrandosi nel sottosuolo (21%) e l’altra scorrendo in superficie (26%), andando pertanto ad alimentare gli acquiferi, i fiumi e i laghi naturali e artificiali del Paese”.

Nell’ultimo decennio osservato, il 2020, si presenta come uno degli anni meno piovosi nei Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana. In un periodo di eventi siccitosi da un lato e alluvionali dall’altro, uno stoccaggio efficiente si rivela estremamente utile per rispondere prontamente a situazioni critiche, come avviene - ad esempio - nella città di Rotterdam che si è dotata di vasche di raccolta delle acque piovane che confluiscono in grandi serbatoi sotterranei in grado di aumentare poi le scorte utilizzabili durante i fenomeni siccitosi.

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