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Le soluzioni ai cambiamenti climatici? Passano anche attraverso le misure di adattamento

di Giacomo Capodivento

Nel 2009, per la prima volta nella storia, il numero di persone che vivevano nelle città ha superato quello di coloro che vivevano nelle campagne e ad oggi le città sono al centro delle economie locali e nazionali e sono responsabili dell’80% del Pil globale. Tutto ciò concorre ad accrescere l’impronta ecologica (global footprint) delle aree urbane, che consumano tre quarti delle risorse globali pur occupando appena il 3% dell’intera superficie terrestre.

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Per migliorare l’impatto ecologico dei centri urbani, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ha individuato come undicesimo obiettivo - sono 17 gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) - la necessità di rendere le città e gli insediamenti umani più inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili.

Stando al report del 2021 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile (ASviS) su Città e Comunità Sostenibili e al Rapporto Istat SDGs 2021, le performance dell’Italia sono carenti sotto molti aspetti e al di sotto della media europea. Le maggiori criticità possono essere riassunte in quattro ambiti: dissesto geologico, idrologico e idraulico, gestione delle zone costiere, biodiversità, insediamenti urbani.

I cambiamenti climatici rappresentano, e rappresenteranno in futuro, una delle sfide più rilevanti da affrontare a livello globale, non solo per il territorio italiano che si trova nel cosiddetto “hot spot mediterraneo”, un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai mutamenti climatici. Le strade da percorrere possono essere due: intervenire sul macro problema attraverso risposte globali, o ricorrere alle misure di adattamento, con risposte locali più mirate e praticabili: mitigare ciò che è irreversibile e sperimentare soluzioni adattive per correggere il tiro dell’impatto antropico sull’ambiente.

Misure di adattamento: quali e quante sono?

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) definisce tre tipologie di interventi di adattamento:

• adattamento anticipatorio o proattivo, realizzato prima che gli impatti dei cambiamenti climatici siano stati osservati

• adattamento autonomo o spontaneo, innescato da cambiamenti ecologici nei sistemi naturali e da cambiamenti di mercato o benessere nei sistemi umani

• adattamento pianificato cioè frutto di una decisione politica, basata sulla consapevolezza della necessità di un intervento

Proprio a questo scopo, nel 2021, per stimolare la capacità di adattamento, rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici, la Commissione europea ha presentato la nuova Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, sostituendo la precedente del 2013.

Nel gennaio 2023 il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha recepito tali indicazioni che sono confluite nel Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC). L’obiettivo principale è fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socio economici e naturali e trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.

Adattarsi a un clima che cambia: un grande sforzo collettivo che coinvolge attori diversi

Quando si parla di misure di adattamento ci si riferisce a quegli interventi che anticipano gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, attraverso l’adozione di misure per prevenire o ridurre al minimo i danni che ne potrebbero derivare. Si possono distinguere misure soft, come policy, interventi giuridici, sociali, gestionali che migliorano i comportamenti individuali e aumentano la consapevolezza, oppure misure verdi che sfruttano gli ecosistemi naturali per migliorare la capacità adattiva. Infine, ci sono le misure infrastrutturali e tecnologiche mirate a rendere resilienti edifici, reti e territori.

Riassumendo, tra le finalità del PNACC ci sono:

• l’attivazione di infrastrutture per lo scambio di dati e analisi sull’adattamento e la realizzazione di attività volte a promuovere la partecipazione e aumentare la consapevolezza di cittadini

• la valutazione dei costi e dei benefici delle misure di adattamento

• lo sviluppo e l’attuazione di strategie e piani di adattamento ai diversi livelli

• l’integrazione di criteri di adattamento in piani e programmi settoriali per contenere le vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici

• il regolare monitoraggio e una valutazione dei progressi compiuti a livello nazionale, settoriale e territoriale

Il piano d’azione prevede 361 azioni di adattamento, classificate secondo criteri quali l’urgenza, la tipologia, l’orizzonte temporale e istituzione competente e l’implementazione di una governance territoriale unitaria.

L’ASviS, commentando il piano, suggerisce di ottimizzare la governance rafforzando la coerenza delle politiche e rendendo il PNACC immediatamente operativo. Inoltre, è necessario prediligere soluzioni nature based, non operare in logica emergenziale ma preventiva attraverso il ricorso a stress test territoriali che permettano di aggiornare i piani di emergenza. Bisogna, inoltre, definire i finanziamenti e assicurare una dotazione adeguata di risorse umane e, cosa non meno importante, assicurare la partecipazione della società civile alle politiche di adattamento come previsto dalla legge europea per il clima.