Bergamo Salute - 2018 - 43 – marzo/aprile

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numero

43

Anno 8 Marzo | Aprile 2018

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

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NOV ITÀ

E PAG RUBNUOIVNE RIC E HE

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Dermatologia

DERMATITE ATOPICA DELL’ADULTO: TANTE VARIAZIONI SUL TEMA

34 Coppia

QUANDO È LEI A GUADAGNARE DI PIÙ

42 Fitness

L’ALLENAMENTO PER COSCE E GLUTEI AL TOP

60

Guida esami

CON IMPEDENZIOMETRIA E CALORIMETRIA LA DIETA FUNZIONA MEGLIO

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

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Remo Morzenti Pellegrini L’Università di Bergamo: una cinquantenne... in piena salute Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 1


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Informazione sanitaria ai sensi della legge 248 (legge Bersani) del 04/08/2006.

Dir. San. Dott. M. Bazza.

Dir. San. Dott. T. Ballatore

Dir. San. Dott. L. Bergamelli


numero

43

Anno 8 Marzo | Aprile 2018

www.bgsalute.it

) EDITORIALE 7 Evviva la primavera ) ATTUALITÀ 8 Le nostre gemelle d’oro 11 Conquistiamo il nostro flow quotidiano ) SPECIALITÀ A-Z 14 Dermatologia Dermatite atopica dell’adulto: tante variazioni sul tema. 18 Diabetologia Buone notizie per i diabetici. È arrivata l’era dei farmaci e delle tecnologie “intelligenti” 20 Ortopedia Alluce valgo. Nessun dolore né cicatrici con la chirurgia mini-invasiva ) PERSONAGGIO 22 Remo Morzenti Pellegrini L’Università di Bergamo: una cinquantenne... in piena salute ) IN SALUTE 24 Stili di vita Legionellosi, ecco come difendersi 28 Alimentazione Avocado, 7 buone ragioni per mangiarne di più 30 La dieta della longevità ) IN ARMONIA 32 Psicologia Uno specchio nella stanza dello psicoterapeuta: a cosa serve? 34 Coppia Quando nella coppia è lei a guadagnare di più

) IN FAMIGLIA 36 Dolce attesa Infezioni in gravidanza. Quali sono i rischi e come difendersi 38 Bambini Non solo leggere, scrivere e contare 40 Ragazzi Hikikomori. La sindrome del distacco dalla realtà ) IN FORMA 42 Fitness Ecco l’allenamento giusto per cosce e glutei al top 44 Bellezza Doppio mento addio... senza bisturi ) LE RICETTE DELLA SALUTE 48 Pasta con i broccoli Merluzzo al cartoccio Finocchi gratinati ) RUBRICHE 58 Altre terapie Emicrania e cefalea? Prova con la riflessologia plantare 60 Guida esami Con impedenziometria e calorimetria la dieta funziona meglio 63 Animali Bau! Tempo di dichiarazione dei redditi a 4 zampe ) ATS INFORMA 66 Il cioccolato, una golosità che... non fa male

70 Festival dell’Ambiente 2018 74 Onlus Una speranza per i bambini autistici 76 Farmacie Complessi fitoterapici 79 Malattie rare Mioclono essenziale ereditario 80 Testimonianza Dal dramma alla speranza ) STRUTTURE 82 Habilita San Marco ) PROFESSIONI SANITARIE 85 OSS e ASA: prendersi cura delle persone fragili ) REALTÀ SALUTE 89 Clinica Dentale Pianeta Sorriso 91 RSA Bramante 93 Centro Medico MR 95 InsiemeAte Onlus 97 AnimalCenter Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE

) DAL TERRITORIO 68 News

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 3


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NOVITÀ

Evviva la primavera La aspettiamo con trepidazione per mesi. Non vediamo l’ora che arrivi per scrollarci di dosso il freddo, la pigrizia e il grigiore dell’inverno. Già perché la primavera è una stagione di rinascita e rinnovamento. Non per tutti però. Per circa due milioni di italiani, secondo le stime, l’inizio di questa stagione porta con sé ansia, stanchezza, insonnia, cambiamenti d’umore e irritabilità, ma anche bruciore di stomaco, acidità, nausea, reflusso, pesantezza, mal di testa. Senza contare i problemi dovuti al raffreddore da fieno e all’allergia. Se poi ci aggiungiamo

anche il cambio dell’ora con il suo effetto mini - jet lag il gioco è fatto. Cosa fare allora? Un primo consiglio è armarsi di pazienza: per fortuna si tratta di sintomi che passano da soli una volta che l’organismo si è adattato ai nuovi ritmi. Un toccasana per contrastare stress e malumore, ma anche problemi di reflusso gastro-esofageo (almeno nella loro componente più “emotiva”) e per il mal di testa, è approfittare delle giornate più lunghe per stare all’aria aperta, passeggiare e godervi il sole di primavera: il movimento e la luce favoriscono il rilascio delle endorfine, i cosiddetti “ormoni

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PAG E E NUOIN VE RUBRICH E

del benessere”, mentre gli ormoni dello stress sono meno attivati e automaticamente ci si sente più felici ed energici. E a proposito di rinnovamento primaverile e felicità, siamo lieti di annunciarvi una bella sorpresa: da questo numero Bergamo Salute avrà più pagine e nuove rubriche, con sempre più consigli, notizie e spunti per il vostro benessere e la vostra salute. 100 pagine, tutte da sfogliare e gustarvi, magari in un bel parco su una panchina… al sole. E allora sì che potrete davvero dire “benvenuta primavera!”.

Adriano Merigo Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 7


ATTUALITÀ

Le nostre gemelle

d’oro

Vi raccontiamo Sofia Goggia e Michela Moioli, le due sciatrici che hanno portato sul primo gradino del podio il nome di Bergamo alle Olimpiadi in Corea e poi in Coppa del Mondo, battendo le rivali e gli infortuni

∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Sono grandi amiche, entrambe bergamasche purosangue, una di Astino, l’altra di Alzano Lombardo. Hanno lo stesso preparatore atletico e spesso si allenano insieme in palestra. Hanno vinto due delle tre medaglie d’oro “italiane” alle ultime Olimpiadi invernali in Corea. Sono “gemelle”, anche per l’amore che hanno per gli animali. Sofia stravede per Belle, una femmina di pastore australiano, Michela per Rocco un vispo barboncino di dieci mesi che le ha mangiato il 8 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

passaporto due giorni prima di prendere l’aereo per la Corea del Sud. E sono “gemelle” anche nelle vittorie. Dopo l’oro olimpico hanno vinto entrambe la Coppa del Mondo di specialità. Scambiandosi subito sms e telefonate per complimentarsi l’una con l’altra. Ma sono soprattutto due ragazze acqua e sapone che hanno lottato contro gli infortuni e sono riuscite a salire sul podio più alto delle Olimpiadi. Sofia Goggia, prima italiana a vin-

cere nella discesa libera olimpica, che nello sci ha lo stesso sapore dei cento metri dell’atletica, Michela Moioli anche lei prima tricolore al mondo nello snowboard cross. Due ori fortemente voluti. Sofia lo sognava da quando aveva nove anni: in una scheda compilata prima della stagione sciistica del 2002 aveva scritto che il sogno della sua carriera agonistica era quello di vincere la discesa libera alle Olimpiadi. E alla prima partecipazione è riuscita nell’impresa. Quattro


Ph: Pentaphoto

anni fa infatti non aveva potuto partecipare bloccata dai guai alle ginocchia, gli ennesimi problemi. Ma caparbia com’è aveva giurato a se stessa di riprovarci. E nel 2017 dopo i brillanti risultati nelle gare di Coppa del mondo proprio qui a Pyengchang, ci aveva detto (vedi Bergamo Salute numero 36): «sulla mia pelle ho imparato che quegli incidenti sono stati necessari per arrivare fin qui. Ho dovuto guardare in faccia la paura, passare ore e ore in palestra per ritrovare la forza muscolare e fisica. Prima facevo un po’ la gradassa. Ero arrivata quarta al mondiale a soli vent’anni e mi davo aria da gran ganza. Invece l’infortunio in Canada mi faceva svegliare la notte con gli incubi, ho pensato tante volte di non farcela, di dover abbandonare gli sci, la mia grande passione da quando avevo quattro anni e cominciavo a sciare sulle nevi di Foppolo. Ma non po-

tevo e non volevo arrendermi. Ho lavorato duro, anche con lo psicologo della Nazionale e ho capito che dovevo tenere i piedi per terra, e andare avanti a piccoli passi, ma soprattutto lavorare, allenarmi con costanza e sacrifici e ho fatto mio il motto della Guardia di Finanza cui appartengo dal 2011: “Nec recisa recedit” che tradotto letteralmente “neanche spezzata retrocede”. In pratica “mi spezzo ma non mollo”». Dopo aver vinto in Corea in Coppa del Mondo l’anno scorso si era portata in valigia il tappo di champagne con cui aveva festeggiato e lo ha tirato fuori dopo l’oro olimpico. E così ha fatto di nuovo in Corea del Sud. Scendendo sulla lunga pista e sfiorando i 150 chilometri all’ora, ha messo tutte le avversarie in riga e ha conquistato la sua prima medaglia d’oro olimpica. Ma la gioia e le feste sono durate solo un paio di giorni. Sofia ha dovuto persino rinviare,

a causa degli allenamenti e delle gare, l’incontro con il Presidente della Repubblica che l’aveva invitata al Quirinale alla fine delle gare per la Coppa mondiale di specialità. «Grazie Presidente per un po’ sarò impegnata con la Coppa del mondo. Dopo sarò a sua disposizione». E si è scusata anche con i fan. Su Facebook ha postato: «Siete stati in tantissimi a scrivermi dopo la Discesa in Korea, ho il Samsung intasato, non sono riuscita a leggere tutti i messaggi ma a fine stagione proverò a rispondere a tutti... intanto vi ringrazio immensamente! Ora, come ben sapete, penso solo agli obiettivi che voglio raggiungere». Sofia è fatta così. Gentile e disponibile. Conquistare per la seconda volta la Coppa del Mondo dopo le Olimpiadi è stato l’obiettivo che si è posta la ventenne Michela Moioli.


ATTUALITÀ

appassiona parecchio ma è anche tanto tecnico, quindi la passione e la dedizione sono due aspetti fondamentali». Per il resto, Michela è una ragazza normale, che ama leggere, guardare film e uscire con gli amici. Una ragazza come altre, ma con una medaglia d’oro al collo per aver vinto la finale di snowboard cross detto anche Snowboarder X, SBX, Boardercross, Boarder-X o BX, una competizione ad alta velocità in cui un gruppo di atleti (solitamente quattro o sei) parte contemporaneamente su una pista piuttosto stretta in pendenza con salti, campanature, scalini e altri

ostacoli disegnati per mettere alla prova l’abilità degli atleti. Questa disciplina è entrata a far parte dei Winter X Games dal 1997 e dei Giochi Olimpici Invernali dal 2006. Dopo il successo olimpico l’azzurra ha scavato una buca in fondo alla pista del Phoenix snow park e ha sepolto lì il suo amuleto, un anello portafortuna con brillantini rossi, bianchi e verdi come la nostra bandiera. A rivelare l’aneddoto è stata l’amica e compagna di allenamenti Sofia Goggia. «Prima delle Olipiadi stavo attraversando un periodo difficile, avevo male al ginocchio. Sono tornata a casa e ho chiamato Michela. Siamo uscite insieme per andare a mangiare un sushi a Bergamo e per una chiacchierata pre-coreana. E Michi, come la chiamo io, mi ha raccontato di aver trovato quell’anello vicino casa. Ha detto certe cose che mi hanno colpito. Ho avvertito quasi una presenza misteriosa. Se lo sentiva che avrebbe vinto e quell’anello era un segno del destino».

Ph: Pentaphoto

Anche lei ha avuto la sua rivincita contro la sfortuna che quattro anni fa alle Olimpiadi di Sochi mandò in pezzi il suo ginocchio mentre stava disputando la finale. Ma anche lei, come Sofia, ha stretto i denti e ha ricominciato con gli allenamenti in palestra facendosi seguire da Matteo Artina, il preparatore atletico che le aveva consigliato proprio Sofia Goggia. Anche se è molto giovane (ha solo 22 anni) ha dimostrato di aver raggiunto la giusta maturità fisica e psicologica. «Ho iniziato a praticare snowboard all’età di otto anni» racconta. «Le prime gare le ho disputate a dodici anni con il club “Scalve boarder team”. Poi mi sono avvicinata allo snowboard cross e ho partecipato alle prime competizioni di Coppa Europa fino alla chiamata della Nazionale». E da lì, tanti allenamenti e sacrifici. «Bisogna sicuramente allenarsi al massimo perché il rischio di infortuni più o meno gravi c’è. È uno sport molto adrenalinico soprattutto per i più giovani, è divertente. Lo snowboard


Dallo sport alla vita di ogni giorno conquistiamo il nostro

flow quotidiano ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

“Tutto deve partire dalla testa”. Se chiedessimo a campioni come Sofia Goggia e Michela Moioli quale percorso li abbia portati sul podio la loro risposta al 99% potrebbe essere questa, al di là dell’allenamento e dei tanti elementi tecnici che caratterizzano lo sport dei tempi moderni. Ci sono atleti che riescono da soli a trovare un proprio modo di gestire la scalata al successo agonistico e altri che si affidano a coach e psicologi per trovare la strada verso il flow. Ma che cosa è Il flow? «In italiano flusso, nel gergo sportivo viene anche chiamato “entrare nella zona”» spiega il dottor Marco Ghezzi, psicologo dello Sport. «È quella condizione avvincente, nello sport e nella vita, in cui tutto riesce bene, in maniera automatica e armonica, in grande sintonia con se stessi e con gli altri, energici e molto concentrati su quello che si sta facendo, tendenzialmente un’esperienza memorabile». Dottor Ghezzi può farci un esempio pratico di cosa significhi entrare nel flow? Certo, partiamo proprio dal momento attuale. Mentre venivo a fare questa intervista mi preparavo mentalmente arrovellandomi su

pensieri razionali per rispondere con linguaggio preciso e tecnico, sforzandomi di trasporre in parole i concetti. Ma più andavo avanti più mi accorgevo che non lo stavo facendo con piacere, ma con un vago senso di apprensione e il risultato era artificioso, corretto ma privo di vita. Non avrei comunicato quello che volevo, non avrei comunicato con passione, non avrei trasmesso il senso del flow. Così ho lasciato spazio al cuore e l’ho lasciato parlare. Il cuore allora ha scaldato i motori, si è messo in moto e quasi subito mi ha detto che ero connesso, totalmente partecipe di quello che stavo facendo, con la curiosità e la voglia di esprimere liberamente il mio pensiero. Stavo entrando in flow! Ognuno di noi ha vissuto e vive occasionalmente stati di questo tipo e può succedere nelle esperienze più semplici e comuni. Quindi può accadere in tutte le attività quotidiane? Certo, succede alla casalinga che prepara il pranzo dimenticando la dimensione del tempo, allo s t u d e n te


ATTUALITÀ

totalmente concentrato su una materia che lo appassiona, al padre che fa i compiti col proprio bimbo in uno stato di rilassatezza che fino a pochi minuti prima non riconosceva, al musicista che si perde per ore in un accordo. Non bisogna essere necessariamente in uno stato alterato da chissà quale sostanza per entrare nel flusso. È possibile entrare nella zona a mente lucida, anzi esserci dentro pienamente ne è l’essenza. Concentrati, appassionati, liberi da pensieri esterni, fluidi. C’è una base scientifica a questa teoria? Si deve a un ricercatore americano di origine ungherese, Mihály Csíkszentmihályi, l’identificazione e la descrizione del flow, a cui è arrivato dopo aver intervistato migliaia di persone, tra atleti, creativi, artisti e tante persone comuni che si ritrovavano spesso a vivere questo stato. Questo psicologo, esponente della scuola di pensiero di psicologia positiva, ha poi elaborato un test che viene attualmente usato nel campo dello sport e del lavoro, per allenare le componenti psicologiche che predispongono più facilmente allo stato di flow. Tutti possiamo accedere a questo “stato di grazia”? Il flow ce l’abbiamo dentro tutti, ognuno ha il suo e il suo modo di entrarvi e di viverlo. Non si scappa, si passa sempre dalla straordinaria meraviglia e unicità che è l’essere 12 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

Non è un caso se yoga e meditazione, che utilizzano ampiamente la respirazione e provengono da una tradizione millenaria, siano tanto apprezzate oggi: sempre più persone vivono la sensazione di uno scollamento con la propria natura più profonda e cercano soluzioni” umano. Ora, proviamo a riflettere su quanto siamo oggi condizionati dal contesto e dalle aspettative sociali, quanto poco siamo abituati ad ascoltarci e ad ascoltare, quanto rumore di fondo venga provocato dagli aggeggi tecnologici di cui siamo dotati, quanta consapevolezza rischiamo di perdere affaccendati

continuamente su questioni contingenti. Può capitare quindi di perdere l’abitudine ad ascoltarsi e a sintonizzarsi con il proprio corpo, tant’è che spesso esso stesso può diventare estraneo, non si riesce a leggerne i segnali, oppure ne siamo troppo preoccupati. Come ci si può “ricentrare” in queste situazioni? Un esercizio di consapevolezza, semplice e facile da provare, è quello di fermarsi, prendersi una pausa, mettersi in una posizione comoda e libera da disturbo e badare solo al ritmo del respiro, ascoltare e percepire il proprio corpo che respira profondamente, i polmoni che si riempiono e si svuotano, il corpo che si rilassa e lasciare che la mente vaghi, cercando di non fissarsi su un singolo pensiero. Semplicemente osservare quello che accade. I ritmi fisiologici si acquietano, il cuore batte più tranquillo, il corpo si abbandona, il sistema nervoso


riconosce la calma del corpo rilassato e rilascia sostanze che generano benessere. La mente si apre, si hanno intuizioni su questioni che ci attanagliavano i pensieri, si sognano progetti, s’intercettano motivi di disagio etc.. Se si ha fiducia e si persiste, i risultati arriveranno. Vi potreste sorprendere, se non l’avete mai fatto, delle potenzialità di un esercizio così semplice. È attraverso la pratica che si trova la strada: curiosando, esplorando con disposizione positiva e desiderio, prendendosi del tempo per sé.

DOTTOR MARCO GHEZZI Psicologo dello Sport e Psicoterapeuta A Bergamo

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SPECIALITÀ A-Z

DERMATOLOGIA

Dermatite atopica dell’adulto: tante variazioni sul tema Prurito, depressione e ansia: sono queste le conseguenze per chi soffre di questa malattia infiammatoria cronica. Un problema che tende a peggiorare nei cambi di stagione ∞  A CURA DI LUIGI NALDI

Per comprendere cosa sia la dermatite atopica dell’adulto bisogna partire dal bambino. Durante la prima infanzia, un bambino su dieci sviluppa un eczema localizzato in varie aree del corpo, che prende il nome di eczema costituzionale o dermatite atopica infantile. Con l’età, i bambini con storia di dermatite atopica possono sviluppare, in quella che è stata definita come “marcia atopica”, allergie prevalentemente respiratorie, come rino-congiuntivite allergica e asma bronchiale, associate a un’aumentata produzione di anticorpi della classe IgE. La dermatite atopica del bambino tende a migliorare con gli anni fino a scomparire in un’elevata percentuale di casi. Tuttavia, in circa il 20% dei pazienti, la malattia persiste o ricompare dopo una fase di regres-

In tutti i casi, la pelle appare, in toto, più secca del normale e più suscettibile al prurito per stimoli anche banali (situazione definita nel mondo anglosassone come sensitive skin)” sione di durata variabile, in età adulta. Inoltre, in un certo numero di casi, il quadro clinico della dermatite atopica compare in età adulta in assenza di una storia di eczema nell’infanzia.

UNA STORIA CLINICA “A MONTE” MOLTO VARIABILE Nella dermatite atopica dell’adulto

vi può essere o meno storia di eczema in età infantile; se vi è tale storia, le lesioni possono o meno essere scomparse per un periodo di anni prima di ricomparire nell’adulto; vi può essere o meno un accompagnamento di asma bronchiale e rino-congiuntivite allergica; si può avere, infine, la comparsa dell’eczema, per così dire, a ciel sereno, in assenza di una qualsiasi storia di dermatite o altre condizioni dell’atopia nell’infanzia. A complicare ulteriormente le cose, la dermatite atopica, nell’adulto, può presentarsi con quadri clinici molto variabili, da lesioni croniche localizzate in alcune aree del corpo come mani, collo, palpebre, regione peri-orale e retro-auricolare, a lesioni diffuse con coinvolgimento anche di tronco e arti. L’andamento nel tempo è classificabile come “cronico-re-

Piccolo glossario Dermatite: termine generico che fa riferimento a qualsiasi condizione patologica di tipo infiammatorio che colpisca la pelle. Eczema: dermatite caratterizzata, in fase acuta, da arrossamento e formazione di vescicole con secrezione sierosa e da squame e ispessimenti in fase cronica.

Atopia: suscettibilità di un soggetto per lo sviluppo di alcune condizioni come una dermatite, definita appunto come atopica, asma bronchiale, rino-congiuntivite allergica. L’atopia può essere vista come una tendenza a sviluppare risposte esagerate a stimoli banali (iper-reattività) con innesco di reazioni immunitarie ad agenti tutto sommato

innocui come pollini, polveri di casa, pelo di animali, alcuni alimenti. L’atopia ha una base genetica.


cidivante”, caratterizzato cioè da persistenza di lesioni con fasi acute infiammatorie di durata variabile. Durante le riacutizzazioni, la cute si fa più arrossata ed essudante e l’eczema può estendersi a parti del corpo fino a quel momento indenni. Tali peggioramenti sono talvolta associati a infezioni cutanee ricorrenti. Il prurito è sempre intenso, persistente e diffuso, ostacolando la vita quotidiana, il morale e il sonno.

LA DIAGNOSI? SPESSO PER ESCLUSIONE La diagnosi è essenzialmente basata sulla valutazione del quadro clinico: se la malattia risale all’infanzia, è diffusa sul corpo e si associa a manifestazioni respiratorie tipiche dell’atopia, come asma o rino-congiuntivite allergica, l’inquadramento può essere semplice. Più difficile, una diagnosi in assenza di una storia in età infantile e per lesioni localizzate a un solo distretto cutaneo come mani o viso. In questi casi, la diagnosi differenziale più ricorrente è quella con un’altra forma di eczema, l’eczema da contatto allergico.

Microbiota e microbioma: il microbiota è l’insieme di microrganismi ospitati in maniera stabile da un organismo con vantaggio reciproco (mutualismo) mentre il microbioma è il patrimonio genetico del microbiota stesso.

Altre condizioni che possono simulare l’eczema sono la psoriasi e la dermatite erpetiforme.

LE CAUSE: UN DIFETTO DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA PELLE La pelle svolge un’importante funzione di difesa da agenti esterni. Ci sono prove che l’infiammazione nella dermatite atopica sia associata a un difetto della funzione di barriera cutanea. In molti pazienti è stata, ad esempio, dimostrata una mutazione del gene che produce la filaggrina, una proteina che lega le cellule dell’epidermide, lo strato più esterno della nostra pelle, rendendolo compatto. Il difetto di barriera provoca un aumento di permeabilità della pelle e il passaggio di acqua dall’interno del corpo verso l’esterno contribuendo alla secchezza cutanea. Accanto al difetto di barriera vi è un’alterata attivazione del sistema immunita-

Interleuchine: proteine secrete dalle cellule del sistema immunitario. Favoriscono la comunicazione tra le cellule e influenzano lo sviluppo delle risposte immunitarie.

rio con produzione di mediatori dell’infiammazione associati a una classe particolare di linfociti chiamati linfociti T-helper 2 come le interleuchine 4 e 13. Anche la particolare composizione del microbiota cutaneo sembra contribuire all’infiammazione e alla distribuzione delle lesioni sulla pelle.

DOTT. LUIGI NALDI Specialista in Dermatologia Direttore Unità Operativa complessa di Dermatologia, Ospedale san Bortolo, Vicenza Direttore Centro Studi GISED, Bergamo

Anticorpi: proteine (immunoglobuline - Ig) coinvolte nella risposta immunitaria, cioè nella lotta di un organismo contro agenti considerati potenzialmente dannosi (detti antigeni). Si distinguono, a seconda della loro composizione, cinque classi: IgG, IgA, IgE, IgM e IgD.


SPECIALITÀ A-Z

DERMATOLOGIA

EMOLLIENTI CONTRO LA SECCHEZZA, FARMACI E FOTOTERAPIA IN CASO DI LESIONI La gestione ottimale della dermatite atopica dell’adulto è un’impresa di lungo periodo. In primo luogo, si tratta di educare il paziente a ridurre l’impatto dei fattori che possono scatenare o accentuare il prurito e le manifestazioni cliniche. Il prurito è direttamente connesso con la secchezza cutanea e l’impiego regolare di emollienti e detergenti blandi che non sgrassino troppo la cute può contribuire a ridurne l’entità. Vanno evitati indumenti con fibre grossolane che possono irritare la pelle, come la lana, e preferiti indumenti con fibre compatte, come il cotone. Il prurito aumenta con l’aumento della temperatura, è quindi buona norma ridurre il riscaldamento degli ambienti domestici. Il clima marino può essere di giovamento. In seconda battuta, si tratta di ridurre la durata e l’intensità dei sintomi e degli episodi acuti attraverso l’impiego giudizioso di trattamenti. Per lesioni di limitata estensione si può fare ricorso a steroidi per uso locale o, in alternativa, a inibitori della calcineurina sempre per impiego locale. In caso di lesioni estese si possono utilizzare, in fase acuta, trattamenti steroidei per uso sistemico. In tal caso, è bene ridurre gradualmente il dosaggio una volta ottenuti gli effetti desiderati 16 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

fino a sospendere il farmaco. Per lesioni ad andamento più cronico si possono proporre cicli di fototerapia, cioè l’impiego di cabine con emissione di luce ultravioletta sotto controllo medico. Nei casi più gravi si possono impiegare, secondo precisi piani di trattamento, gli immunosoppressori sistemici come la ciclosporina, il metotrexate, l’azatioprina. Sebbene largamente impiegati non vi sono dati che indichino l’efficacia degli antistaminici nel ridurre il prurito.

NUOVI FARMACI ALL’ORIZZONTE L’armamentario terapeutico disponibile per controllare efficacemente l’attività della dermatite

atopica è, allo stato attuale, piuttosto limitato. Fortunatamente, sono in sviluppo nuovi farmaci in grado di bloccare in maniera selettiva specifiche molecole coinvolte nell’infiammazione che sostiene la malattia. Tra questi, alcuni anticorpi (si parla in questo caso di farmaci “biologici”) e alcune molecole di sintesi. Ricordiamo, in particolare, il dupilumab, un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’interleuchina 4 che sarà prossimamente in commercio anche in Italia. Numerose altre molecole sono allo studio con la speranza di rendere meno gravosa l’esistenza dei pazienti sofferenti di forme gravi e recalcitranti della malattia.

Attenzione a non confonderla con l’allergia Ci sono molti fraintendimenti e anche controversie tra medici, riguardo alla relazione tra dermatite atopica e allergia. In un certo numero di pazienti con dermatite atopica vi è un’aumentata produzione di anticorpi IgE diretti contro antigeni ubiquitari come pollini, polveri di casa, peli di animali che può associarsi a manifestazioni allergiche per lo più respiratorie come asma e rinocongiuntivite. Solo in una piccola proporzione di pazienti con dermatite atopica l’allergia può influire direttamente sull’eczema con un suo improvviso peggioramento per esposizione a uno specifico allergene. Rispetto all’allergia, molto più importante è il ruolo di fattori scatenanti non specifici come lo stress psico-fisico, il clima freddo-umido e le infezioni cutanee.


Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 17


SPECIALITÀ A-Z

DIABETOLOGIA

Buone notizie per i diabetici È arrivata l’era dei farmaci e delle tecnologie “intelligenti”

∞  A CURA DI ROBERTO TREVISAN

Il diabete è una malattia cronica, caratterizzata da alti livelli di glicemia (zucchero) nel sangue che, se non curata bene, può comportare gravi complicanze a cuore, occhi, rene, sistema nervoso e arterie. Sono circa 4 milioni in Italia le persone affette da questa patologia, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre). In questi ultimi anni la ricerca ha messo a disposizione nuovi farmaci e tecnologie che ne rendono più semplice e sicuro il trattamento. I farmaci a diposizione fino ad ora erano efficaci, ma esponevano i paziente al rischio di ipoglicemia (valori bassi di zucchero nel sangue), condizione non piacevole, che comporta sintomi come sudorazione, senso di fame, palpitazioni al cuore e, se non si assumono subito degli zuccheri semplici, può causare anche la perdita di conoscenza. La paura dell’ipo18 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

glicemia è una dei motivi principali che spesso rende difficile una cura adeguata del diabete. Un’ipoglicemia che si presenta mentre un diabetico guida l’auto o fa un lavoro pericoloso può comportare un elevato rischio di incidenti.

UNA PICCOLA RIVOLUZIONE: FARMACI SENZA RISCHIO DI IPOGLICEMIA PER IL TIPO 2 Il problema è in gran parte risolto dalla scoperta di nuove terapie per il diabete di tipo 2. Sono a nostra disposizione nuovi farmaci con nomi complicati, gliptine, GLP1-agonisti e glifozine, che sono in grado di ridurre la glicemia elevata del diabetico senza però portare all’ipoglicemia (un vantaggio evidente è che diminuiscono la necessità di pungersi frequentemente le dita per misurare la glicemia). Per questo sono definiti farmaci “intelligenti”. Questi nuovi farmaci non

Il diabete rimane una condizione cronica che richiede l’impegno del paziente a mantenere uno stile di vita il più sano possibile, ma tutte queste novità sicuramente alleggeriscono e facilitano una corretta gestione della patologia” solo abbassano la glicemia, ma limitano anche in modo significativo il rischio di complicanze, in particolare di infarto, motivo per il quale sono attualmente consigliabili nei pazienti che hanno problemi di cuore (glifozine e GLP1-agonisti). Un altro vantaggio rispetto ai vecchi farmaci è che possono anche


aiutare a dimagrire. Le glifozine infatti fanno perdere calorie grazie alla loro capacità di far urinare zucchero (e quindi calorie), mentre i GLP1-agonisti riducono l’appetito e quindi aiutano il rispetto della dieta. Ovviamente come tutti i farmaci, anche queste nuove molecole possono presentare effetti collaterali e vanno prescritti sotto la supervisione del medico diabetologo, anche perché necessitano di un piano terapeutico. Il maggiore problema è che sono costosi rispetto ai farmaci tradizionali: se tutti i diabetici in Italia assumessero questi farmaci, il costo per lo Stato aumenterebbe in modo importante. Perciò, al momento attuale, si cerca di prescriverli ai pazienti che maggiormente possono trarre vantaggio da queste nuove terapie.

NUOVE INSULINE, MICROINFUSORI TECNOLOGICI E SENSORI SENZA PUNGIDITO PER TENERE SOTTO CONTROLLO IL TIPO 1 Buone notizie anche per i pazienti diabetici di tipo 1 o che necessitano di terapia insulinica. Sono state sintetizzate nuove insuline in grado di mantenere meglio una concentrazione stabile nel sangue senza picchi. Queste nuove insuline lente, a lunga durata d’azione, sono in grado di ridurre la variabilità della glicemia con riduzione non solo delle ipoglicemie notturne, ma anche delle iperglicemie prima di cena. L’altra grande novità per i diabetici di tipo 1 sono i microinfusori per l’infusione continua di insulina associati a sensori sottocutanei per il controllo in continuo della glicemia. Sono dei veri

computer della grandezza di un telefonino che aiutano il paziente a somministrare insulina in modo “intelligente” attraverso una piccola cannula senza bisogno di iniezione: il sensore misura la glicemia e la comunica al microinfusore che grazie a un programma aiuta il paziente a correggere la glicemia premendo un semplice tasto. È il computer che decide in base alle informazioni ricevute la giusta dose di insulina da infondere. E non solo: alcuni modelli sono in grado di interrompere l’infusione di insulina se il sensore per la glicemia prevede la comparsa di un’ipoglicemia. Il diabetico non deve fare nulla: il microinfusore sospende l’insulina

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FORME DI DIABETE

Ci sono due tipi principali di diabete. > Il diabete di tipo 2 è la forma più frequente e costituisce più del 90% dei malati. Questo diabete, identificato in genere dopo i 50-60 anni e legato all’obesità e alla ridotta attività fisica, nella maggior parte dei casi non richiede la terapia insulinica. > Più raro è il diabete di tipo 1 (circa il 10% dei diabetici) che spesso inizia in giovane età, anche nei bambini, ed è dovuto a un’incapacità del pancreas a produrre l’insulina. In questi diabetici, l’unica terapia è l’insulina.

DOTT. ROBERTO TREVISAN Direttore UOC Malattie Endocrine - Diabetologia ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo

e riprende solo quando la glicemia ritorna a livelli di sicurezza. Questo è il preludio al cosiddetto pancreas artificiale, uno strumento che nel prossimo futuro (entro due-tre anni) da solo farà la terapia insulinica. Un’altra buona notizia per i pazienti in terapia insulinica tradizionale è la disponibilità di sensori per la misurazione della glicemia senza necessità di pungersi le dita. Questi nuovi strumenti per la misurazione in continuo della glicemia vengono inseriti nel sottocute mediante una piccola cannula nelle braccia o nell’addome: non solo forniscono in qualsiasi momento informazioni in tempo reale dei valori glicemici, ma mostrano anche se il valore di zucchero nel sangue sta salendo o scendendo. Sono come dei microcomputer che, leggendo l’andamento della glicemia, predicono come andrà nei minuti successivi. Il sensore segnala (anche attraverso allarmi sonori) se la glicemia è in aumento, se è stabile o se è in diminuzione, ma non solo: è in grado di predire la velocità del cambiamento dei valori di zucchero nel sangue e quindi aiutare la persona, in tempo, a mettere in atto le azioni per evitare ipo o iperglicemie.

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 19


SPECIALITÀ A-Z

ORTOPEDIA

Alluce valgo Nessun dolore né cicatrici con la chirurgia mini-invasiva ∞  A CURA DI VINCENZO RUGGIERO PERRINO

Provoca un dolore che a volte può diventare talmente intenso da non permettere di mettersi le scarpe o camminare. Senza contare che rappresenta un problema estetico soprattutto per le donne. È l’alluce valgo, una delle

DOTT. VINCENZO RUGGIERO PERRINO Unità Operativa Ortopedia e Traumatologia Humanitas Gavazzeni Bergamo

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patologie del piede più diffuse. Oggi però, grazie a tecniche chirurgiche sempre meno invasive, è possibile risolverla con un piccolo intervento che dura solo 25 minuti.

UNA DOLOROSA “CIPOLLA” AL PIEDE L’alluce valgo è caratterizzato da una deviazione dell’alluce verso l’esterno con formazione di escrescenze ossee (esostosi) e borsite a livello dell’articolazione metatarso-falangea (cioè tra metatarso e le falangi delle dita del piede). Oltre alla deformità evidente, esiste anche una deformità cosiddetta rotazionale per cui l’unghia dell’alluce stesso tende a guardare progressivamente verso l’altro piede. Entrambe queste deformità, oltre all’aspetto estetico, causano difficoltà nell’indossare anche comuni calzature e dolore sia a riposo sia, soprattutto, durante la deambulazione. Questo

IL RISCHIO DI RECIDIVE? MAGGIORE NELLE PERSONE GIOVANI Il rischio di recidive esiste indipendentemente dalle tecniche utilizzate. I dati della letteratura scientifica dicono che si può arrivare fino a una percentuale di rischio del 16%. Altri fattori che incidono negativamente sono legati all’età d’insorgenza: nei soggetti più giovani affetti da gravi deformità il rischio è maggiore.

perché portano allo spostamento di uno dei punti di appoggio del piede (la base dell’alluce e la testa del primo metatarsale) che tende a lateralizzarsi e, quindi, a cadere progressivamente più all’esterno (ovvero sotto le altre dita e le loro articolazioni). Questa condizione causa a sua volta, progressivamente, un’altra frequente patologia dell’avampiede, vale a dire la metatarsalgia con dita “en griffe” (dolore alla base dei metatarsi): il sollevamento di una o più piccole dita “ad artiglio” e la progressiva formazione di callosità di quella parte della pianta del piede. L’alluce valgo viene diagnosticato durante una visita medica ortopedica, comple-


tata con esami specifici (radiografie del piede in carico) e coadiuvata da una valutazione baropodometrica e podologica che contribuiscono a confermare e documentare la patologia per pianificare la migliore strategia terapeutica.

SCARPE TROPPO ALTE O A PUNTA? C’ENTRANO MA NON SONO LE VERE RESPONSABILI Le cause dell’alluce valgo sono da imputare al sovraccarico sull’avampiede, al sovrappeso, all’utilizzo di calzature scorrette (non necessariamente a tacco alto). Si tratta comunque di fattori che s’inseriscono spesso su una base genetica: esiste infatti una chiara predisposizione familiare, anche se questa predisposizione è più evidente nei maschi che sviluppano l’alluce valgo “ereditandolo” dalla madre.

PLANTARI, ANTIDOLORIFICI E ULTRASUONI PER LIMITARE I FASTIDI L’utilizzo di calzature comode a pianta larga, l’utilizzo di divaricatori notturni e diurni e di apposite ortesi o plantari su misura, sempre previa valutazione baropodometrica, possono essere utili nelle fasi iniziali

A soffrire di alluce valgo sono soprattutto le donne al di sopra dei 40/45 anni, anche se questa patologia insorge anche nelle giovani donne e negli uomini” o nei soggetti in cui l’intervento è controindicato, oppure, in attesa dell’intervento stesso. I sintomi possono essere controllati con l’uso di antidolorifici o antiinfiammatori, oppure, seguendo terapie fisiche come ultrasuoni a immersione o onde d’urto.

TEMPI DI RIPRESA VELOCISSIMI CON LA CHIRURGIA PERCUTANEA Il trattamento chirurgico è l’unico che può risolvere definitivamente il problema. L’indicazione a effettuarlo non è mai per motivi estetici, ma la risoluzione chirurgica è indicata solo in caso di dolore. La terapia chirurgica di questa patologia in genere avviane tramite osteotomie correttive (tagli dell’osso). Esistono

varie tecniche più o meno invasive, indicate per particolari e diversi tipi di deformità. In casi selezionati, la correzione dell’alluce valgo può avvenire attraverso la chirurgia percutanea mini-invasiva, che prevede l’effettuazione di piccole incisioni di pochi millimetri sulla cute. Attraverso queste mini incisioni vengono effettuate le adeguate osteotomie correttive per ristabilire la corretta meccanica del piede. Con questa tecnica non è necessario inserire mezzi di sintesi (viti o cambrie) metallici, il che, laddove sia possibile applicare tale tecnica, aumenta il confort per il paziente. Riduce infatti il dolore post-operatorio e non ha la necessità di future rimozioni dei mezzi di sintesi. L’intervento di chirurgia percutanea mini-invasiva dura circa 25 minuti e viene effettuato in anestesia loco regionale, mediante il cosiddetto ankle-block, ovvero una procedura che anestetizza solo dalla caviglia in giù. Dopo l’intervento il paziente deve subito camminare con l’ausilio di una scarpa ortopedica che manterrà per i primi 30-35 giorni dall’intervento. Il bendaggio sarà mantenuto in sede per almeno tre settimane, successivamente sostituito da un taping per aiutare il processo di guarigione.

La parola al tecnico ortopedico Nelle forme di alluce valgo in fase precoce - e quindi in caso di trattamento conservativo - il mondo della tecnica ortopedica può offrire differenti soluzioni ortesiche (ovvero tutori), di serie e su misura. Una parte di questi tutori ortopedici hanno come obiettivo principale la stabilizzazione e una minima correzione quindi evitano una potenziale progressione in valgismo dell’alluce e ne riducono, in parte, la sua deviazione; altri tutori invece, e generalmente sono in silicone, nascono per gestire conflitti che si generano tra piede e calzatura e mettono in protezione le zone dolenti; esistono infine soluzioni custom made (su misura) quali plantari su misura e ortesi in silicone su misura che il tecnico ortopedico realizza generalmente dietro indicazione dello specialista. Infine è doveroso segnalare l’ultimo ritrovato tra le soluzione ortesiche standard: il tutore dinamico per alluce valgo. Grazie alla presenza di uno snodo articolato in corrispondenza dell’articolazione dell’alluce la correzione è di tipo dinamico, consentendo di “dirigere il movimento articolare”. In alcuni casi, dietro consiglio dello specialista, può essere anche utilizzato nella fase successiva alla chirurgia. Luca Lutti, Tecnico Ortopedico Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 21


PERSONAGGIO

REMO MORZENTI PELLEGRINI

L’Università di Bergamo: una cinquantenne... in piena salute ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

“La nostra Università? È una cinquantenne nel pieno della sua vita: ha un’età per cui riesce a guardarsi indietro con sufficiente maturità, a riflettere sul presente con consapevolezza e dignità ma soprattutto a progettare ancora con entusiasmo, convinzione ed energia. Un po’ come il suo rettore”. Sorride e si illumina Remo Morzenti Pellegrini, clusonese, Rettore dell’Università degli Studi di Bergamo, mentre ci racconta della “sua” Università che quest’anno, proprio come lui, compie cinquant’anni. Una tappa importante che rappresenta non un traguardo ma un “nuovo inizio” con tanti progetti e iniziative all’orizzonte. Come ci racconta in questa intervista che abbiamo realizzato poco prima dell’inaugurazione della mostra “Incontrare Quarenghi a San Pietroburgo nelle fotografie di Pavel Demidov”, uno degli eventi clou delle celebrazioni del cinquantesimo con il quale l’Università si apre alla cittadinanza con eventi gratuiti per grandi e piccoli (per i dettagli www.50unibg.it). Rettore, come è cambiata l’Università in questi primi 50 anni? È cambiata moltissimo sotto tutti gli aspetti: dimensioni, organizzazione e dislocazione, offerta formativa. Basti pensare che all’inizio erano 300 studenti in 300 metri quadrati, tutti concentrati in Piazza Vecchia, per studiare in un’università voluta dalle forze economiche e sociali del territorio ma nata senza un programma definito. Il primo 22 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

Rettore dell’ateneo, Vittore Branca, già nel 1972 a fine del suo mandato, aveva immaginato quali dovessero essere i tratti essenziali della nostra Università e cosa non dovesse diventare, ovvero come i campus universitari americani, belli, funzionali, ma fuori dalla vita normale e avulsi dal tessuto sociale. Noi, diceva Branca, “dobbiamo invece trasformare i nostri centri urbanistici storici in tante sedi di studio. Gli studenti apprenderanno proprio dall’ambiente stesso lezioni non meno utili di quelle impartite nelle aule”. A distanza di 50 anni il sogno del primo Rettore si è realizzato. Oggi abbiamo oltre 18.000 studenti in quasi 80.000 metri quadrati di-

stribuiti lungo un’ideale “dorsale della cultura” che da Salvecchio va a piazza Rosate, scende lungo la Corsarola fino a Sant’Agostino, da lì si snoda lungo via Pignolo fino alla Montelungo, per arrivare poi in via dei Caniana e oltre il confine con il campus di ingegneria a Dalmine. La ex caserma Montelungo, che ospiterà alloggi universitari, un centro universitario sportivo e una grande piazza, sarà un punto di aggregazione sociale e di ritrovo, ideale completamento di quella saldatura tra città e università grazie alla quale Bergamo potrà a tutti gli effetti definirsi una città universitaria e un campus nella sua interezza, proprio come la immaginava Branca.

Ph: Laura Pietra


Dalla “monospecialità” all’unità dei saperi

Era il 1968 quando, con la creazione del Libero istituto universitario, dapprima con una Facoltà di Lingue e letterature straniere, in Città Alta nasce l’Università di Bergamo. Nel 1985 nasce la Facoltà di Economia e Commercio (certificata nel 2017 tra le 150 migliori al mondo secondo il ranking del Times Higher Education, su un totale di 980); nel 1991 viene attivata a Dalmine la Facoltà di Ingegneria; nel 2000, invece, è la volta delle Facoltà di Lettere e Filosofia e in seguito di Giurisprudenza.

A livello formativo, una delle cose che colpisce è l’attenzione crescente negli ultimi anni nei confronti dell’area della salute, pur non avendo una facoltà di medicina. Da dove nasce? La forza di un’università come la nostra, di provincia e generalista, è la continua contaminazione tra i saperi e le discipline e l’internazionalizzazione della didattica (ci sono ben 7 corsi di laurea interamente erogati in lingua inglese). La salute è il laboratorio che abbiamo scelto per sperimentare questi due principi, offrendo nuovi percorsi di studio che potessero rispondere alla sfide del futuro. Ci è sembrata il terreno ideale in cui far dialogare professionalità diverse. Inoltre non avendo una facoltà di medicina è una sfida anche culturale. I primi passi in questa direzione sono stati posti prima con l’avvio del corso di laurea magistrale in psicologia clinica, poi su impulso del Rettore Paleari con l’apertura di un centro di ricerca di Ateneo in “Human factors and technology in healthcare” (HTH). Tre anni fa abbiamo poi inaugurato il corso in “Ingegneria delle tecnologie per la salute”, che si propone di approfondire le dinamiche che interessano il tema della salute a 360 gradi (invecchiamento, materiali, organizzazione, fluidodinamica del sangue etc.), basandosi sull’apporto di colleghi di diverse discipline scientifiche e della collaborazione con Ospedali e centri di ricerca nazionali e internazionali e mettendo al centro il tema della gestione della cronicità (nell’anno

accademico 2018/2019 partirà anche il corso di laurea magistrale in Engineering and Management for Health, che si occuperà in modo particolare del tema della gestione delle malattie croniche). Un anno fa, invece, abbiamo attivato un corso di laurea interateneo in Medicine and surgery, totalmente pensato e erogato in lingua inglese, con l’Università di Milano Bicocca, che è la sede amministrativa del corso, con l’Università inglese del Surrey e l’Azienda ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo, oltre alla laurea triennale in Scienze infermieristiche in collaborazione con Humanitas University e sede in Humanitas Gavazzeni. A brevissimo infine partirà il Master in management sanitario ospedaliero, realizzato in collaborazione con il Gruppo ospedaliero San Donato. È evidente quindi come multidisciplinarietà e internazionalizzazione, resa possibile anche grazie alla vicinanza dell’aeroporto di Orio al Serio, stiano diventando sempre di più i segni distintivi

Remo Morzenti Pellegrini, si laurea all’Università di Bergamo nel 1994, studiando e lavorando, cioè insegnando, con una tesi in diritto amministrativo sugli appalti pubblici. È padre di due figli di 17 e di 15 anni.”

della nostra Università. Sempre in questo ambito, quando siamo stati chiamati a riflettere sul futuro del territorio nei prossimi 20 anni (non solo riflessioni accademiche) abbiamo voluto scommettere sulla salute come area di sviluppo anche industriale. Siamo stati avvicinati da più aziende, sia quelle che già si occupano di salute, sia quelle che operano in settori affini e hanno immaginato una loro riconfigurazione in ambito sanitario. L’idea che stiamo coltivando insieme è la creazione nel futuro di un distretto industriale della salute. L’Università, in sintesi, non deve essere vista come una “torre d’avorio”, ma parte integrante della società e del territorio con cui non si deve mai stancare di dialogare per poter individuare e quindi dare risposte alle reali e mutevoli esigenze, un vero e proprio osservatorio permanente. Possiamo proprio dire che l’Università è davvero in salute… Direi in piena salute. Abbiamo in previsione, nei prossimi anni, investimenti per altri 50 milioni di euro, interamente a carico dell’Università, per la ristrutturazione e l’ampliamento delle nostre sedi, a cominciare dalla ex caserma Montelungo, passando per il recupero del chiostro piccolo di Sant’Agostino, il completamento del campus di ingegneria di Dalmine, lo sviluppo ulteriore della sede di Caniana. Tutto per offrire ai nostri studenti un percorso di qualità e la possibilità di vivere e restare in questo campus diffuso nella città. Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 23


IN SALUTE

STILI DI VITA

Legionellosi ecco come difendersi ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Lo sapevate che le tubature di casa possono diventare terreno fertile per il batterio della legionella? E anche condizionatori d’aria che per questo vanno sempre mantenuti puliti? Proprio così. Non è un caso, infatti, se ciclicamente salgono alla ribalta delle cronache notizie di infezioni da legionella (Malattia del Legionario, più comunemente definita legionellosi) causate ad esempio dalla contaminazione di reti o bacini idrici o più semplicemente di ristagni di acqua e persino fanghi termali. Ma cosa è la legionella? Come avviene il contagio? Come si possono prevenire i rischi e ci sono precauzioni che ognuno di noi può mettere in atto anche a casa propria? Ne parliamo con il dottor Annibale Raglio, medico microbiologo. 24 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

Dottor Raglio, che tipo di malattia è la legionellosi? È un’infezione polmonare causata dal batterio del genere Legionella. Legionella pneumophila, il cui nome significa appunto “Legionella amante dei polmoni”, è la specie più diffusa. Il genere Legionella comprende 61 diverse specie (sottospecie incluse) e circa 70 sierogruppi. Dopo la prima identificazione nel 1976, si è osservato un po’ ovunque nei Paesi industrializzati un notevole incremento del numero di casi e questo può essere attribuito sia al miglioramento degli strumenti diagnostici disponibili e alla maggiore sensibilità dei clinici nei confronti della malattia, sia all’aumento delle occasioni di esposizione al batterio dovuto all’incremento del turismo, della frequentazione di centri-be-

PHILADELPHIA 1976 Il genere Legionella è stato così definito nel 1976, in conseguenza a un’epidemia che si era diffusa tra i partecipanti al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia. In quell’occasione, 221 persone contrassero questa forma di polmonite precedentemente non conosciuta e 34 morirono. La fonte di contaminazione batterica fu identificata nel sistema di aria condizionata dell’albergo.

nessere e alla sempre più diffusa installazione di impianti di condizionamento centralizzati negli ambienti ad uso collettivo, dotati di torri di raffreddamento e/o condensatori evaporativi. Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi etc.. Da questi ambienti raggiungono quelli artificiali, come


Primavera: tempo di manutenzione degli impianti di climatizzazione Le norme a tutela della salute e della sicurezza delle persone attualmente in vigore stabiliscono che è necessario applicare il “Protocollo di prevenzione della Legionellosi” in tutte le strutture (civili e industriali) nelle quali siano presenti impianti potenzialmente a rischio Legionella. Lo strumento più efficace per combattere la diffusione del batterio è la manutenzione periodica degli impianti di condizionamento e la loro sanificazione. Le aziende specializzate mettono a disposizione un servizio specifico di manutenzione che impiega prodotti appositamente studiati per combattere il proliferare del batterio negli impianti. Si tratta di un vero e proprio trattamento sanificante che si articola su due fronti: > la pulizia di filtri e pacchi alettati delle unità interne (fan-coils, unità di trattamento aria, split; ideali sono i prodotti a base di Sali quaternari di ammonio). > L’igienizzazione delle bacinelle di raccolta delle acque di condensa con un antibatterico in pastiglie a lento rilascio. È consigliabile effettuare la sanificazione ogni anno a inizio primavera, prima dell’attivazione degli impianti, in modo da affrontare la stagione estiva con un sistema in perfette condizioni igienico-sanitarie oltre che un rendimento ottimale sotto il profilo termico e meccanico. Paolo Motta, perito elettronico e frigorista Emmetre Clima Service

condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana. Ma come si trasmette? La legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente Legionella (per esempio docce o sistemi di aerosolizzazione dell’acqua). Le goccioline si possono formare sia spruzzando l’acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide. Gocce di diametro inferiore a 5µ arrivano più facilmente alle basse vie respiratorie.

Ci sono fattori di rischio che possono rendere più “sensibili” all’infezione? Fattori predisponenti la malattia sono l’età avanzata, il fumo di sigaretta, la presenza di malattie croniche, l’immunodeficienza. Il rischio di acquisizione della malattia è principalmente correlato alla suscettibilità individuale del soggetto esposto e al grado d’intensità dell’esposizione, rappresentato dalla quantità di Legionella presente e dal tempo di esposizione. Malgrado il carattere ubiquitario di Legionella, la malattia umana rimane rara; i tassi d’attacco nel corso di focolai epidemici sono bassi, inferiori al 5%. Come si manifesta? La legionellosi può manifestarsi in due forme distinte:

> la Malattia del Legionario vera e propria, che frequentemente include una forma più acuta di polmonite. Dopo un periodo d’incubazione variabile da due a 10 giorni (in media cinque- sei giorni), si manifesta come una polmonite infettiva senza caratteri di specificità né clinici né radiologici. Nei casi gravi può insorgere bruscamente con febbre, dolore toracico, dispnea, cianosi, tosse produttiva. Nei casi meno gravi l’esordio può essere insidioso con febbre, malessere, osteoartralgie, tosse lieve, non produttiva. La polmonite da Legionella non ha caratteristiche cliniche che permettano di distinguerla da altre forme atipiche o batteriche di polmonite comunitaria. Come tale va sempre sospettata tra le infezioni polmonari comunitarie e ospedaliere e, Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 25


IN SALUTE

STILI DI VITA

infografica

La legionellosi in Italia,

22,6

Casi per 1.000.000 di abitanti

2013

Letalità della legionellosi in Italia

1347 casi

Complessivamente la letalità della legionellosi si aggira tra il 5% e il 10%.

Il tasso di mortalità correlata all’infezione da Legionella dipende da alcuni fattori specifici (come la gravità della malattia, l’appropriatezza del trattamento antibiotico iniziale, il luogo in cui è stata contratta l’infezione, le condizioni pregresse del paziente) e può variare dal 40-80% nei pazienti immunodepressi non trattati, al 5-30% in caso di un appropriato trattamento della patologia.

per questo motivo, la diagnosi di laboratorio deve essere considerata

IL QUADRO NORMATIVO > Provvedimento Conferenza Permanente Stato Regioni 7 Maggio 2015 Linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi > Provvedimento Conferenza Permanente Stato Regioni 5 Ottobre 2006 n. 2636 Linee guida per la definizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione > European Guidelines for Control and Prevention of Travel Associated Legionnaires Disease > D.L. n. 81/2008 - T.U. Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

26 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

complemento indispensabile alle procedure diagnostiche cliniche. > la febbre Pontiac, una forma molto meno grave che, dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore, si manifesta in forma acuta simil-influenzale senza interessamento polmonare, e si risolve in 2-5 giorni. In cosa consiste la terapia? Gli antibiotici da utilizzare sono i chinoloni, i macrolidi e, con minor efficienza, le tetracicline. Al contrario, tutte le betalattamine, i carbapenemi, gli aminoglicosidi ed il cloramfenicolo sono inutili per il trattamento delle legionellosi in quanto non raggiungono concentrazioni intracellulari in grado di esplicare un effetto antibatterico. Che tipo di prevenzione si può attuare? La prevenzione delle infezioni da Legionella si basa essenzialmente: > sulla corretta progettazione e realizzazione degli impianti tecnologici che comportano un riscaldamento dell’acqua e/o la sua nebulizzazione (impianti a rischio). Sono considerati tali gli impianti idro-sanitari, gli impianti di condizionamento con umidificazione

Casi notificati all’ISS

dell’aria ad acqua, gli impianti di raffreddamento a torri evaporative o a condensatori evaporativi, gli impianti che distribuiscono ed erogano acque termali, le piscine e le vasche idromassaggio. > Sull’adozione di misure preventive (manutenzione e, all’occorrenza, disinfezione) atte a contrastare la moltiplicazione e la diffusione di Legionella negli impianti a rischio. Per quanto tali misure non garantiscano che un sistema o un suo componente siano privi di Legionella, esse contribuiscono a diminuire la probabilità di una contaminazione batterica grave.

DOTT. ANNIBALE RAGLIO Medico Microbiologo ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo



IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Avocado 7 buone ragioni per mangiarne di più

∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Chiamato dallo scrittore Ernest Hemingway “il frutto del paradiso”, l’avocado è un concentrato di principi nutritivi e un prezioso alleato della salute e della bellezza. Vediamone insieme le qualità con l’aiuto della dottoressa Daria Fiorini, dietista.

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È UNA MINIERA DI SALI, VITAMINE E ANTIOSSIDANTI È un concentrato di vitamine antiossidanti: vitamina E, carotenoidi (beta-carotene, tocoferolo e beta-sitosterolo) e vitamina C. Grazie ai suoi grassi, inoltre, l’avocado facilita l’assorbimento di vitamine liposolubili come la A. Contiene importanti quantità di vitamine del gruppo B (utili per il sistema nervoso) ed è fonte di colina (sostanza anticolesterolo e utile per la memoria) e di luteina (antiossidante che protegge occhi e vista). È inoltre ricco di potassio - utile in caso di 28 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

ipertensione, ritenzione e cellulite -, calcio -utile per le ossa- e magnesio – necessario per muscoli, cuore e cervello. Un’altra sostanza di cui l’avocado è ricco è il glutatione (GSH), l’antiossidante per eccellenza che contrasta l’azione dei radicali liberi favorendo la longevità. Uno studio del Nutrition Impact Institute del Minnesota, condotto su oltre 17 mila americani, ha evidenziato che la dieta di chi mangia abitualmente avocado risulta più ricca di fibre (36%), vitamina E (23%), magnesio (13%), potassio (16%) e vitamina K (48%).

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CONTIENE GRASSI BUONI ED È PREZIOSO COME L’OLIO DI OLIVA L’avocado scarseggia in carboidrati ma è ricco di grassi (10-30g in 100g di frutto in base alla varietà e al grado di maturazione). Per questo, già nel Settecento veniva utilizzato

NON SOLO POLPA! Anche il grosso seme centrale è prezioso per la salute. È infatti ricco di antiossidanti e aminoacidi (ne contiene una quantità maggiore rispetto alla polpa), vitamina E, fibre, minerali (calcio, magnesio e potassio) e altre sostanza benefiche utili per contrastare l’invecchiamento precoce, per ridurre il colesterolo cattivo e i trigliceridi e per rafforzare le difese immunitarie. Inoltre è antibatterico e antimicotico. È sufficiente lavarlo, asciugarlo, lasciarlo seccare all’aria aperta e grattugiarlo sui cibi. In alternativa, è possibile tostare il seme a fuoco lento finché diventa rossiccio, tagliarlo a tocchetti e polverizzarlo nel macinacaffè (si conserva in un vaso di vetro con chiusura ermetica).


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ABBASSA IL COLESTEROLO

DOTT. SSA DARIA FIORINI Dietista A Bergamo - Villaggio degli Sposi

in alternativa al burro sulle navi. Fornisce Omega 6 e una piccola quantità di Omega 3; predominando i grassi buoni, l’azione dei grassi saturi (cattivi) viene annullata. Questo frutto contiene, inoltre, l’acido oleico, un grasso monoinsaturo che si trova anche nell’olio di oliva, prezioso per l’azione benefica su cuore, cervello e arterie. L’olio di avocado ha una bassa acidità che lo rende gradevole se usato per condire. Ha un alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi (70%) tra acido oleico, linoleico e palmitico e fornisce circa il 10% di grassi saturi.

Tabella nutrizionale per 100 g di alimento: . Energia 231 kcal . Proteine 4,4 g . Carboidrati 1,8 g . Lipidi 23g . Acqua 64 g . Fibra 3,3 g

L’acido oleico e l’alfa-linolenico (Omega 3) sono grassi monoinsaturi benefici in grado di stimolare la produzione del colesterolo buono HDL e ridurre i livelli di colesterolo cattivo LDL e trigliceridi. A supporto di questo, l’Università della Pennsylvania ha condotto e presentato all’American Society for Nutrition Scientific Session and Annual Meeting at Experimental Biology uno studio che ha dimostrato che un abbondante consumo di avocado provoca un sensibile abbassamento del colesterolo cattivo, con un aumento dell’11% di quello buono.

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RIDUCE LA PRESSIONE Quest’azione è determinata dalla grande quantità di potassio (485mg in 100 g di prodotto) contenuta nella polpa. In 100 g di avocado è contenuto il 14% del fabbisogno giornaliero di potassio, mentre

in 100g di banane troviamo solo il 10% del fabbisogno. Questo lo rende utile anche per il ripristino dei minerali persi con la sudorazione durante l’attività fisica.

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CALMA LA FAME Una ricerca pubblicata sul Nutrition Journal ha dimostrato che mangiando mezzo avocado a pranzo, l’appetito diminuisce del 40%, mentre il senso di sazietà si prolunga per più ore. I ricercatori della Loma Linda University in California hanno scoperto che i cibi contenenti acidi grassi insaturi e acidi oleici (come l’avocado), stimolano la produzione di oleoiletanolamide (OEA), sostanza che sopprime l’appetito.

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È RICCO DI FIBRA Un avocado medio ne contiene ben 10g! il 75% della fibra contenuta è insolubile e accelera la digestione, mentre il 25% è solubile e conferisce un potere saziante.

È AMICO DELLA PELLE E DEI CAPELLI Dalla polpa disidratata dell’avocado si ottiene un olio dalle proprietà cosmetiche eccezionali: nutre la pelle secca rendendola rivitalizzata ed elastica; regola la produzione di sebo; idrata il cuoio capelluto favorendo la crescita dei capelli; rinforza i capelli ed elimina la forfora .

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 29


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

La dieta della longevità Un’alimentazione “green” con molta frutta a guscio e un po’ di pesce, poche proteine, pochi zuccheri e grassi saturi e molti carboidrati complessi, derivati da legumi e da altri cibi di origine vegetale. È questa la ricetta per vivere fino a 110 anni secondo Valter Longo, ricercatore e docente universitario di origine genovese, au-

LA MIMA-DIGIUNO La dieta Mima-digiuno, ideata sempre dal dottor Longo, prevede uno schema da seguire per pochi giorni e periodicamente e consiste nel consumare una serie di cibi che mimano il digiuno ma ne minimizzano gli effetti collaterali del digiuno (fame, ipoglicemia, ipotensione etc.), così da fortificare l’organismo.

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tore dei libri “La dieta della longevità” e “Alla Tavola della Longevità” (Vallardi), considerato uno dei massimi esperti dell’invecchiamento e le malattie a esso collegate. Con i suoi studi Longo ha dimostrato che curarsi con il cibo è possibile, anzi è la strada giusta per ridurre il grasso addominale, rigenerare e ringiovanire il nostro corpo abbattendo in modo significativo il rischio di cancro, patologie cardiovascolari e autoimmuni, diabete e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Dottor Longo, la dieta suggerita da lei per prevenire l’invecchiamento, e quindi le malattie che ad esso si legano, assomiglia alla dieta mediterranea? Diciamo che non è poi così distante dalla Dieta Mediterranea ma non è neanche distante dalla dieta di Okinawa Giappone o Loma Linda California. Le origini sono le stesse, ma sono le quantità e gli ingredienti a essere importanti. Per esempio, a differenza della dieta mediterranea, raccomando di mangiare poca frutta ed escludo sia carne bianca sia carne rossa e parlo di po-

che proteine fino a 65 anni e poi un aumento moderato dopo i 65 anni. È un tipo di alimentazione con cui siamo cresciuti ma che è stata contaminata da tanti altri alimenti. Però non basta ricordare e chiedersi se i nostri nonni avrebbero mangiato le stesse cose, bisogna partire dalla dieta giusta in base a risultati scientifici e clinici e poi scegliere gli ingredienti in comune con quello che mangiavano i nostri nonni. Quindi via libera ai carboidrati così spesso demonizzati? Una dieta ad alto contenuto di proteine e grassi animali, ma povera di carboidrati avrà nella maggior parte dei casi come conseguenza una perdita di peso, ma è associata a una maggiore incidenza di cancro e altre malattie. È una delle peggiori per la salute. Si associa a mutazioni delle cellule e dell’intero organismo che accelerano l’invecchiamento e l’insorgere di malattie. Però questo non vuol dire via libera a pasta, pane, riso e zuccheri, ma via libera a verdure e legumi, almeno per le persone che non sono intolleranti/ allergiche ad alcune di queste.


PROF. VALTER LONGO Specialista in Biochimica e Neurobiologia dell’invecchiamento Direttore del programma di Oncologia e longevità dell’IFOM - Istituto di Oncologia Molecolare di Milano

ro Le 15 regole d’o 1. Adottare una dieta vegana (che cioè esclude tutti i prodotti di origine animale, compresi latticini e uova) aggiungendo il pesce, limitandolo a 2-3 pasti a settimana e facendo attenzione a quello con alto contenuto di mercurio. 2. Ridurre al minimo i grassi saturi sia animali che vegetali e gli zuccheri. Limitare gli amidi (pasta, pane, riso etc.). 3. Consumare fagioli, ceci, piselli e altri legumi come principale fonte di proteine. 4. Fino a 65-70 anni mantenere basso il consumo di proteine (0,7-0,8 g per Kg di peso corporeo), mentre dopo aumentarlo leggermente per non perdere massa muscolare. 5. Consumare alte quantità di carboidrati complessi provenienti da verdure e legumi (pomodori, broccoli, carote, legumi).

6. Consumare quantità relativamente alte di olio di oliva (50-100 millilitri al giorno) e un pugno di noci o mandorle o nocciole. 7. Mangiare almeno due volte a settimana pesce, crostacei e molluschi con alto contenuto di omega-3/6 e/o vitamina B12 (salmone, acciughe, sardine, merluzzo, orate, trota, vongole, gamberi). 8. Seguire una dieta ricca di vitamine e minerali, ma integrarla due-tre volte a settimana con un multi-vitaminico/minerale di alta qualità. 9. Mangiare nell’arco di 12 ore al giorno (per esempio iniziare alle 8 e finire alle 20). 10. Non mangiare per almeno tre-quattro ore prima di dormire. 11. Intraprendere periodicamente cicli di cinque giorni di Dieta mima-digiuno (vedi box) ogni 1-6 me-

si, in base al bisogno e al consiglio del medico o nutrizionista. 12. Per persone sovrappeso o che tendono a prendere peso è consigliabile fare due pasti al giorno: colazione e pranzo oppure cena, più 2 spuntini da 100 calorie con basso contenuto di zuccheri (meno di 3-5 grammi), uno dei quali sostituisce un pasto. Consultare un nutrizionista per prevenire la malnutrizione. 13. A chi ha un peso normale e/o tende a dimagrire è consigliabile fare i tre pasti normali, oltre a uno spuntino da 100 calorie con pochi zuccheri. 14. Tenere sotto controllo peso e girovita per decidere il numero di pasti al giorno, se due o tre. 15. Mangiare selezionando i giusti ingredienti tra quelli che assumevano i propri antenati. Perché il cibo è anche storia e cultura. Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 31


IN ARMONIA

PSICOLOGIA

Uno specchio nella stanza dello psicoterapeuta: a cosa serve? ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Nelle stanze degli psicoterapeuti sono spesso presenti “oggetti” che possono essere considerati simboli dell’orientamento teorico del professionista. Veri e propri strumenti di lavoro che rispecchiano uno specifico modo di concepire come le persone funzionano e si sviluppano, come possono nascere i problemi e come è possibile risolverli. Il lettino, per esempio, è tipico degli psicoanalisti mentre i terapeuti della famiglia (sistemico-relazionali) possono lavorare con lo specchio unidirezionale. Ma cosa rappresenta e a cosa serve? Ce lo spiega la dottoressa Silvia Nessi, psicologa clinica. Dottoressa Nessi cosa rappresenta lo specchio nell’ambito della terapia familiare? Secondo il modello tradizionale, i terapeuti familiari lavorano in equipe. Ciò significa che più psicologi, solitamente due, collaborano sullo stesso caso con l’obiettivo di essere più efficaci nel minor tempo possibile. Questo modo di lavorare è consentito proprio dalla presenza dello specchio unidirezionale: mentre un terapeuta conduce il colloquio con il paziente, la coppia o la famiglia, un altro osserva la conversazione da dietro lo specchio. Tale strumento è stato introdotto nella terapia familiare per la prima volta negli anni Cinquanta 32 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

da Salvador Minuchin in America ed è considerato “uno strumento di osservazione e di ascolto straordinario” (Hoffman, 1974). A cosa serve? Permette di osservare in modo più accurato come le persone comunicano con i loro familiari e con il terapeuta. Esplorare queste interazioni è importante perché, per capire la sofferenza psicologica del paziente, è fondamentale comprendere il contesto in cui vive. Fino a qualche decennio fa, lo sviluppo mentale era attribuito esclusivamente alla maturazione del sistema nervoso. Ora, grazie agli studi sullo sviluppo cognitivo ed emotivo del neonato e alle numerose ricerche di neuroimaging, sappiamo che le esperienze quotidianamente vissute, e la loro qualità, contribuiscono a influenzare il processo di maturazione. Ad esempio gli studi sui neuroni specchio hanno dimostrato che solo osservando o prevedendo le azioni di un altro individuo si attivano le aree cerebrali che ci permettono di ripetere le stesse azioni. Proprio l’introduzione dello specchio unidirezionale e della videoregistrazione, accanto alle classiche procedure di infant observation, ha permesso di comprendere il ruolo fondante delle relazioni nella costruzione della mente. Ad esempio l’osservazione delle interazioni quotidiane tra madre e

CON I BAMBINI L’importanza dell’utilizzo dello specchio nel lavoro con bambini e ragazzi è di due tipi: > consente ai piccoli di muoversi liberamente e al terapeuta di osservarli nel modo più naturale possibile; > la videoregistrazione permette di sfruttare la potenza delle immagini. Spesso, parlare delle cose ha un impatto diverso che rivederle da spettatore. Può sorprendere guardare se stessi (riascoltare la propria voce, notare un tic), l’interazione con gli altri (una mamma che parla con il figlio, due fratelli che giocano) o notare cose che non si erano viste in tempo reale.


UNIDIREZIONALE E CON TELECAMERA È un vero e proprio specchio posizionato al centro della parete che funziona attraverso un gioco di luminosità tra le due stanze. In questo modo il terapeuta che sta dietro lo specchio può osservare la seduta in corso senza essere visto. Di solito, è corredato di telecamera e microfono per consentire ai terapeuti di rivedere le sedute e di mantenere memoria storica del lavoro svolto. La videoregistrazione è molto utile soprattutto se il paziente torna in terapia dopo anni.

neonato (mentre lo tiene in braccio, lo allatta, segue i suoi vocalizzi…) ha evidenziato come i due imparino a coordinarsi. In sintesi, la funzione principale dello specchio è quella di consentire l’osservazione delle relazioni: sia quelle tra i membri della famiglia (tra moglie e marito, genitori e figli, fratelli etc.) che tra la famiglia e il terapeuta. Oggi, questa metodologia è usata nelle terapie di coppia e familiari ma anche in quelle individuali. Quali sono i vantaggi? > Arricchisce l’osservazione. Nelle due stanze, i terapeuti possono vedere cose diverse: chi conduce il colloquio è più coinvolto nella conversazione mentre chi sta dietro lo

DOTT.SSA SILVIA NESSI Psicologa clinica Studio Dialego Bergamo

specchio ha una visione d’insieme e può concentrarsi su altri dettagli, come la comunicazione non verbale. Dal confronto di questi due differenti punti di vista emerge un’unica osservazione più ricca e accurata. > Allarga il campo di osservazione. Da dietro lo specchio si osserva sia la comunicazione tra i membri della famiglia sia quella tra i pazienti e il terapeuta. È un po’ come accade in una partita di calcio: l’arbitro è coinvolto nel gioco e può vedere da vicino giocatori e azioni, ma, in alcuni casi, decide di confrontarsi con i guardalinee e con il VAR, un “occhio elettronico”. Questo consente, nel calcio come in terapia, di comprendere al meglio le situazioni e di individuare i possibili interventi.

Come vive lo specchio il paziente o la famiglia? Per chi sta in seduta, lo specchio unidirezionale è un semplice specchio. Le persone vengono informate del suo funzionamento e del motivo per il quale è presente e viene utilizzato previo consenso scritto. All’inizio può suscitare curiosità ma, solitamente, dopo pochi minuti lo si dimentica perché risulta come un normale oggetto di arredo. Spesso, al termine della terapia, anche le persone inizialmente più diffidenti, affermano di non essersi sentite inibite nel parlare di sé. Si sentono inoltre tutelate poiché vivono lo specchio come uno strumento utile al proprio percorso.

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IN ARMONIA

COPPIA

Quando nella coppia è lei a guadagnare di più ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

La stragrande maggioranza delle donne, in Italia come in Europa, guadagna meno degli uomini (in media, circa il 15%). Può accadere però che la situazione si rovesci: nel nostro Paese, per esempio, una donna su sei percepisce uno stipendio superiore a quello del partner. «In questi casi la struttura tradizionale del legame di coppia viene messa in discussione: vacilla l’ideale del maschio come elemento che dà stabilità alla coppia e alla famiglia quando si tratta di lavoro e di retribuzione. In ragione di ciò possono affiorare nell’uomo emozioni contrastanti e perfino sentimenti di inferiorità e svalutazione di sé che 34 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

rischiano di mettere in scacco la relazione» osserva Leonella Bugini, psicologa e psicoterapeuta. «Questo perché si va a mettere in discussione lo stereotipo rassicurante della donna che mantiene una condizione di dipendenza nei confronti dell’uomo. Se la donna guadagna più dell’uomo, però, in genere l’attitudine è di non far pesare la situazione. Si può quindi parlare di una situazione di una superiorità economica che esiste ma che la donna preferisce dissimulare per preservare l’unità di coppia. A lungo andare questo però può creare frustrazioni nell’immagine di sé della donna stessa all’interno del legame».

Che cosa fare se l’uomo sente che all’interno della coppia viene meno il suo riconoscimento e il ruolo a causa della differenza di stipendio? Il denaro come la sessualità ha delle funzioni affettive profonde e simboliche che vanno ben al di là della soddisfazione dei bisogni immediati. Amore e denaro sono intimamente legati e dietro i problemi di denaro si rivelano conflitti latenti, che rimandano a difficoltà a riconoscere l’altro come è. Anche se le cose sono diverse nelle nuove generazioni, poiché gli uomini lasciano maggiore spazio ai sentimenti e hanno ruoli meno rigidi e stereotipati di quelli di qualche ge-


nerazione fa, può succedere che si fissi un sentimento di amarezza e di malcontento profondo. Cosa succede nella coppia? Le differenze di stipendio possono creare nell’uomo un senso di inferiorità e invidia e può venir meno a livello inconscio la valorizzazione e stima di sé, addirittura c’è la sensazione che la relazione stessa sia minacciata. C’è il rischio che l’uomo all’internodellacoppiasipercepisca a livello inconscio in una posizione regressiva e che la svalutazione di sé la faccia da padrona, andando a inquinare perfino il senso di virilità e il desiderio sessuale; si esprime cioè una rinuncia a un ruolo adulto, maturo che in una relazione di coppia è indispensabile. Alcuni uomini vivono male la situazione, si sentono mutilati e talvolta perfino inutili. In generale preferirebbero che la loro compagna guadagnasse meno di loro: ciò potrebbe rassicurarli dall’evitare una competizione con lei. Oppure può succedere che l’uomo, non sentendosi abbastanza sicuro, possa divenire ostile, senza essere consapevole del vero motivo della sua collera. Può allora sabotare il successo di lei in modo diretto, intrecciando una relazione extra coniugale, o più sottilmente rifiutandosi di partecipare alla cura della casa o dei bambini.

Ci possono però anche essere situazioni in cui l’uomo si adatta facilmente al ribaltamento dei ruoli. Magari anche facendo il “mammo” o “casalingo”. Può essere considerata una perdita di virilità? Quando il fondamento di protezione finanziaria della relazione amorosa non sembra più applicabile, l’uomo si deve reinventare una nuova modalità e su questa basare la relazione. Può assumere un ruolo “materno” che da un lato manifesta un desiderio di aiutare la sua compagna e dall’altro esprime un desiderio di affermazione e riconoscimento di sé. È un uomo che tutti vorrebbero, poiché è affidabile, responsabile e affettuoso e quindi agli occhi della partner desiderabile in tutti i sensi. Come si possono gestire queste problematiche e mantenere l’armonia? I processi che permettono di raggiungere un equilibrio emotivo stabile all’interno della coppia sono legati sia a competenze individuali nel regolare le proprie emozioni sia alla capacità di entrambi i partner di tollerare cambiamenti, stati di incertezza e modificazione di ruoli precostituiti causati da mutamenti nella vita reale. Ogni coppia può imparare a stabilire il valore della

DOTT.SSA LEONELLA BUGINI Psicologa e Psicoterapeuta Presso Porto di Telemaco Sedi Treviglio, Bergamo e Credaro

relazione all’interno di una scala di valori in cui non conta solo il potere “finanziario”. L’essenziale è vedere i singoli contributi come preziosi (ad esempio crescere i figli o fare carriera). La relazione deve essere immaginata come un terreno comune dove i due partner formano un’equipe, una squadra, e tengono conto del punto di vista dell’altro negoziando le proprie posizioni decisionali. Un uomo maturo, dal punto di vista psicologico, può sentirsi a suo agio se la donna guadagna di più. Quando questo non è possibile il terapeuta di coppia aiuta ciascuno dei due partner a comprendere che il rapporto di coppia può costituire un’opportunità evolutiva e il ruolo fondamentale che hanno le relazioni di vicinanza e di disponibilità affettiva verso l’altro.

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Infezioni in gravidanza Quali sono i rischi e come difendersi ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Quando si è in gravidanza e si ha già un bambino può succedere che la futura mamma entri più facilmente in contatto con virus e batteri responsabili delle malattie infettive più comuni negli anni dell’infanzia. Queste patologie, che non comportano seri rischi per la salute del bambino in età scolare, possono invece interferire con il benessere del feto. Prevenire è possibile? Come regolarsi per evitare il contagio, soprattutto quando si è già mamme e il proprio bimbo può “portare a casa” virus e batteri? «Prima di tutto va sottolineato che la gravidanza è una condizione fisiologica da vivere serenamente» dice Francesco Clemente, ginecologo. «Una futura mamma che contrae un’infezione virale non sempre la trasmette al feto. È importante, però, nel momento in cui dall’asilo dovesse arrivare la comunicazione di una malattia in corso, mettere in pratica alcuni accorgimenti per limitare il contagio, come non usare le sue posate o il suo bicchiere e lavarsi sempre le mani».

ultime fasi della gestazione il neonato può ammalarsi precocemente dopo la nascita. Se il bimbo è nato a termine, la situazione si risolve in genere senza conseguenze per la salute; i rischi sono maggiori se il neonato è prematuro» osserva il dottor Clemente.

SESTA E QUINTA MALATTIA Il rischio che una donna contragga la sesta malattia (infezione causata da un virus Herpes che si manifesta con l’esantema associato a febbre alta) in gravidanza è molto basso, perché nel 90% dei casi ci si ammala in infanzia e si è quindi immuni. «Se contratto in gravidanza è possibile che il virus raggiunga il feto causando aborto o manifestandosi nel neonato dopo la nascita causando febbre alta che si risolve in genere senza conseguenze per il bambino» spiega il ginecologo. L’arrossamento delle guance senza febbre è il segnale invece della quinta malattia. Questo virus non è molto contagioso ma, se contratto nella prima metà della gravidanza, c’è il rischio che il feto possa andare incontro ad anemia molto seria.

“MANI-PIEDI-BOCCA” «È causata da un enterovirus e generalmente non ci sono conseguenze negative per feto o gravida. L’esantema (ndr. eruzione cutanea diffusa) caratteristico è costituito da macule e vescicole localizzate in bocca, su palmo di mani e piedi. Quando il contagio avviene nelle 36 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

SCARLATTINA Malattia di origine batterica può presentarsi più di una volta negli anni dell’infanzia e si riconosce

per i sintomi caratteristici, ovvero “lingua a fragola” (coperta di una patina bianca e cosparsa di puntini rossi), mal di gola, esantema e febbre. «Se contratta nei nove mesi la scarlattina non mette a rischio direttamente la salute del nascituro, ma il rialzo febbrile, dovuto all’infezione, può causare un parto pretermine» dice l’esperto. «Per questo se il primogenito si ammala è opportuno che mamma e figlio eseguano un tampone faringeo. Se l’esito mostra la presenza dello stesso ceppo di streptococco, per prudenza alla futura mamma potrà essere prescritto un antibiotico compatibile con la gravidanza per risolvere rapidamente la situazione e prevenire eventuali complicazioni».

L’arma per proteggersi da rosolia, morbillo e varicella sono i vaccini. Alle donne che desiderano un figlio è consigliabile eseguire un esame del sangue per verificare l’immunizzazione e se necessario sottoporsi alle vaccinazioni sei mesi prima di iniziare la gravidanza.


MORBILLO «In Italia si sta verificando un incremento dei casi di morbillo tra gli adulti e il fenomeno interessa quindi anche le future mamme che sono recettive» avverte il ginecologo. «Se contratto in gravidanza, il morbillo non è associato a malformazioni del feto ma può complicarsi in polmonite, aumentando il rischio di un parto pretermine. Se la malattia si manifesta in prossimità del parto c’è il rischio che il piccolo si ammali. Il morbillo del neonato è una condizione molto seria che richiede l’ospedalizzazione. Per questo è importante cercare di prevenirlo, procedendo con un’infusione di immunoglobuline per via endovenosa entro sei giorni dal contagio se la futura mamma ha avuto contatti con una persona malata».

VARICELLA Se trasmessa al bimbo che cresce

in utero, può avere conseguenze importanti per la sua salute. «Il rischio è maggiore se la futura mamma si ammala entro la 20ma settimana di gestazione; dalla 20ma a 3 settimane prima del parto i rischi sono trascurabili» afferma il dottor Clemente. «In meno di 2 casi su 1000 possono verificarsi complicanze agli arti, occhi, patologie neurologiche o cutanee. Se contratta in prossimità del parto c’è il rischio significativo che il bimbo si ammali di varicella neonatale. Per questo motivo è importante iniziare, nei casi di varicella in gravidanza, la terapia specifica per ridurre i rischi».

provocare malformazioni fetali. La vaccinazione è estremamente consigliata. Se il contagio avviene entro la 11ma settimana di gravidanza il rischio di trasmissione è molto elevato con gravi danni fetali che vanno nel complesso nome di “sindrome della rosolia congenita”.

ROSOLIA È una malattia virale che si risolve positivamente nella gran parte dei casi, tuttavia se viene contratta durante la gravidanza può avere conseguenze gravi. È infatti la patologia infettiva che più di altre può

DOTT. FRANCESCO CLEMENTE Specialista in Ostetricia e Ginecologia ASST Bergamo EST


IN FAMIGLIA

BAMBINI

6 Non solo

I PUNTI DEL PROGRAMMA E.R.E.

leggere, scrivere e contare Educare al benessere psicologico… fin da piccoli! ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

> Incrementare la frequenza e l’intensità di stati emotivi piacevoli. > Favorire l’accettazione di se stessi e degli altri. > Facilitare il superamento di stati d’animo spiacevoli. > Aumentare la tolleranza alla frustrazione. > Favorire l’acquisizione di abilità di autoregolazione del comportamento. > Incentivare la cooperazione in alternativa alla competizione.

DOTT.SSA LAURA GRIGIS Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo

Favorire l’accettazione di se stessi e degli altri. Alimentare la collaborazione invece della competizione. Facilitare il superamento di stati d’animo spiacevoli. Sono questi alcuni degli obiettivi dell’Educazione Razionale Emotiva, programma psicoeducativo che mira a favorire una crescita emotiva armonica, in un’ottica di prevenzione del disagio psicologico del bambino, introdotto in Italia dallo psico38 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

logo e psicoterapeuta Mario di Pietro. Ma in cosa consiste? E perché è così importante educare i più piccoli anche e soprattutto dal punto di vista emotivo? Lo chiediamo alla dottoressa Laura Grigis, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Grigis, i bambini di oggi sono sempre più “formati” dal punto di vista delle competenze e conoscenze,

eppure, dal punto di vista emotivo, sembrano così fragili... È proprio così. I nostri bambini passano a scuola buona parte del tempo e anche per questo ci si è resi conto, ormai da qualche anno, dell’importanza di dare loro conoscenze che vadano oltre l’imparare a leggere, scrivere e far di conto. Gli anni della scolarizzazione costituiscono infatti un importante momento per lo sviluppo delle


competenze sociali: attraverso le relazioni con i coetanei, si ha l’opportunità di acquisire molte abilità. Il contesto scolastico ha tra i suoi compiti principali quello di favorire l’adattamento degli alunni, preparandoli alla quotidianità. È per questo motivo che in moltissime scuole, dalla primaria alle scuole secondarie, vengono attivati laboratori di informatica, canto e musica, educazione all’affettività e all’ecologia e tanti altri. Tutta questa nuova conoscenza però, sembra non tradursi per forza in un maggior benessere all’interno dell’ambiente scolastico e nemmeno a casa o con gli amici: i bambini sono spesso spaesati, a rischio, fragili e in difficoltà. Non si tratta di decidere di chi sia la colpa, di chi l’onere ad aiutarli e a renderli donne e uomini migliori; si tratta invece di capire che cosa manca. Nel tentativo di fornire loro una rete di conoscenze e competenze nuove e spendibili nella quotidianità, probabilmente ci si è dimenticati di qualcosa, ovvero di mettere in atto una forma di prevenzione al disagio, che riguardi il benessere psicologico in generale. In che senso? Spesso, in ambito psicologico, ci si avvicina a un professionista solamente quando il problema è diventato ingestibile e non più tollerabile. Agire solo “sull’emer-

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Educare al benessere psicologico, fin da piccoli, significa dotare i bambini (ma anche tutte le persone che quotidianamente entrano in contatto con loro) di nuove conoscenze e competenze, spendibili nella vita di tutti i giorni; queste nuove abilità costituiranno poi le fondamenta per la crescita e lo sviluppo di bambini emotivamente competenti” genza” diventa limitante e rende più difficile il trattamento e meno sicura la sua buona riuscita. La domanda quindi è: ci si protegge dalle malattie cardiache facendo sport e mangiando sano, perché non ci si può proteggere dalle difficoltà psicologiche? Si parla di educazione alimentare per intendere la prevenzione di patologie legate a una dieta scorretta, perché non pensare a un’educazione che prevenga il disagio psicologico, che ci insegni (fin da bambini) a stare bene con noi stessi e con gli altri? Questo è il senso dell’Educazione Razionale Emotiva (E.R.E.) introdotta da Mario di Pietro: viene attuata attraverso un percorso, che può essere didattico o individuale, che conduce il bambino ad acquisire consapevolezza delle proprie emozioni e dei meccanismi mentali sottostanti e ad apprendere modalità per fronteggiare in modo più funzionale le difficoltà che può incontrare nell’ambiente scolastico e familiare. L’importanza

di un programma come questo è legato al concetto di benessere e di prevenzione primaria: benessere inteso come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità (OMS, 1948); prevenzione primaria intesa come insieme di attività volte al mantenimento delle condizioni di benessere, attraverso il potenziamento dei fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori causali delle malattie. Per un genitore alle prese con le difficoltà del figlio, così come per un insegnante impegnato nella gestione di comportamenti-problema all’interno di una classe, è importante sapere che esiste uno strumento, efficace, che può essere utilizzato su due fronti: come strumento di sostegno alla difficoltà e supporto al cambiamento; come strumento di prevenzione al futuro disagio, per evitare il ripresentarsi del problema, una volta risolta “l’emergenza”.

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IN FAMIGLIA

RAGAZZI

Hikikomori la sindrome del distacco dalla realtà Un fenomeno nato in Giappone ma ormai dilagato anche in Europa

∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Crescono anche in Italia le diagnosi dei cosiddetti “hikikomori”, adolescenti e ragazzi che rifiutano qualsiasi contatto con l’esterno, autoreclusi in fuga da un mondo da cui si sentono emarginati e feriti. Un’epidemia silenziosa di fronte alla quale i genitori si sentono impotenti. Non è depressione, non è dipendenza dai videogames, non è solo un disturbo d’ansia. Ma allora che cosa è? Come riconoscerla? E cosa si può fare per affrontarla nel modo corretto? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Diana Prada, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Prada, cosa si nasconde dietro questo nome un po’ particolare? Hikikomori è un termine che deriva dal verbo hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi) e indica una sindrome sociale che si è diffusa dapprima in Giappone. Il termine hikikomori, coniato agli inizi degli anni Ottanta da Saito Tamaki, un noto psichiatra giapponese, nasce per definire un fenomeno di ritiro sociale, un isolamento dal mondo e da ogni forma di relazione. Il ministero della salute giapponese considera hikikomori chi non esce dalla propria abitazione per almeno

sei mesi, non studia e non lavora. Ci può spiegare cosa accade? Accade che adolescenti e giovani iniziano a ridurre i contatti col mondo esterno, rifiutano di portare avanti gli studi, cercare lavoro e via via qualsiasi attività che li porti fuori dalla propria casa. La camera diventa il rifugio principe. Il fenomeno a cui siamo di fronte porta come estrema pratica l’evitamento del contatto con la luce naturale, del contatto con le persone, una forma totalizzante di rifiuto volontario di tutto ciò che c’è “fuori”. Il ciclo veglia-sonno è fortemente altera-

Le cause > Caratteriali: gli hikikomori sono ragazzi spesso intelligenti, ma anche particolarmente introversi e sensibili. > Familiari: l’assenza emotiva del padre e l’eccessivo attaccamento con la madre sono indicate come possibili cause, soprattutto nell’esperienza giapponese. > Scolastiche: il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d’allarme dell’hikikomori. Molte volte dietro l’isolamento si nasconde una storia di bullismo vissuta a scuola. > Sociali: gli hikikomori hanno una visione molto negativa della società e soffrono particolarmente le pressioni di realizzazione sociale dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire. Tutto questo porta a una crescente difficoltà e demotivazione del ragazzo nel confrontarsi con la vita sociale, fino a un vero e proprio rifiuto della stessa. 40 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018


UN’EMERGENZA ANCHE IN ITALIA In Italia, secondo le stime dell’associazione Hikikomori Italia (www.hikikomoriitalia. it), gli hikikomori sono circa 100.000. Dal 2013 a oggi si sono costituiti diversi centri di studio sul fenomeno e un’associazione nazionale (Hikikomori Italia), all’interno della quale c’è uno spazio di confronto e gruppi di genitori che stanno vivendo l’isolamento dei propri figli.

to, di giorno si dorme, la notte si lascia scorrere il tempo senza far nulla o con attività solitarie come il disegno, i videogiochi, la lettura di fumetti, l’uso di internet e di giochi virtuali online. Cosa avviene in famiglia? Si assiste spesso a quello che potrebbe sembrare un paradosso emotivo. Da un lato, soprattutto nei genitori, scaturiscono sentimenti di tensione e terrore legati alla paura che il figlio possa farsi del male, correlati a sensazioni di enorme tristezza e senso di colpa verso se stessi, impotenti di fronte a un muro di gomma. Dall’altro tutti i componenti della famiglia si trovano ad avere un’anestesia

dei sentimenti. Questo anestetico in diversi casi viene reso evidente dalla privazione di sonorità delle parole del figlio che sviluppa una modalità comunicativa monotona e inespressiva. L’isolamento di cui stiamo parlando riguarda tutte le forme di contatto con l’altro, sia in contesto sociale, di amicizia, di studio, lavorativo ma anche interno alla famiglia, dove spesso si trasforma in situazioni che generano tensioni e violenza. Si può arrivare alla condizione in cui l’unica forma di contatto filiale è rappresentata dal passaggio del cibo attraverso la porta della propria stanza. Che ruolo gioca il rapporto con la rete e internet? A volte parlando di hikikomori si rischia di pensare che sia una forma di dipendenza da internet e che la rete non abbia nessuna possibilità di connotazione positiva nel poter riagganciare queste persone. Certo è che nella stragrande maggioranza dei casi si è di fronte a una creazione di realtà virtuali e parallele alla vita reale, ma ci sono stati casi in cui il veicolo di internet da trappola si è trasformato in nuova porta per ricondurre a un contatto con la realtà. Come si può intervenire per aiutare i propri figli a uscire da questo isolamento? Innanzitutto è fondamentale non trascurare eventuali campanelli d’allarme, come un insolito desiderio di isolamento o evitamento

di attività scolastiche o extrascolastiche, e cercare subito di comprendere le motivazioni profonde del disagio. Per farlo può essere utile un intervento piscologico o di sostegno. Il sostegno a questo tipo di situazione sembra essere nella maggior parte dei casi la combinazione tra terapia familiare e terapia individuale in ottica sistemica. Come racconta la dottoressa Lia Mastropaolo in un articolo sul tema “Nuove patologie adolescenziali o nuove emergenze sociali? L’hikikomori è solo giapponese?”, l’uso misto permette, al contempo, di ampliare e restringere il sistema familiare, fluttuando dall’individuo al sistema e dal sistema all’individuo, all’interno dello stesso percorso terapeutico. Il lavoro in parte con il singolo non impedisce al terapeuta di mantenere integra nella sua mente la visione d’insieme della famiglia.

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IN FORMA

FITNESS

Ecco l’allenamento giusto per cosce e glutei al top

∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Avere cosce più snelle e glutei più tonici. È questo il sogno di tutte (o quasi) le donne. Ancora di più ora che l’estate, e quindi la temuta prova costume, si sta avvicinando sempre di più. E così, puntuale, ecco il dilemma: qual è l’attività fisica più efficace per scolpire gambe e fondoschiena? «L’argomento “snellire cosce e glutei” è sempre stato, e lo è tutt’oggi, interessante e ricco di sfaccettature da conoscere e valutare con attenzione» suggerisce Giacomo Strabla, personal trainer. Da dove cominciare, allora, per modellare gambe e fondoschiena? Molte di voi storceranno il naso ma la prima attività che considero migliore è la “classica sala attrezzi/ pesi”. Vi starete sicuramente chiedendo: “ma come, i soliti attrezzi?” O peggio ancora: “i pesi”? La mia risposta è si! Non bisogna aver paura di incrementare la muscolatura allenandosi con i pesi, anzi grazie a questi e a un programma 42 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

d’allenamento adeguato, studiato su misura, si potrà lavorare in modo specifico stimolando molto bene il cambiamento della composizione corporea (ovvero più massa magra e meno massa grassa e/o liquidi in eccesso) e aumentando in modo deciso il proprio metabolismo basale. Abbinare agli esercizi con attrezzi/pesi anche del lavoro aerobico alla giusta intensità risulta una buona strategia. Inoltre variare periodicamente i programmi d’allenamento è un altro aspetto importante per stimolare in modo diverso le aree interessate e mantenere alto lo stimolo per continuare ad allenarsi. La seconda attività è il functional training (sotto varie forme e corsi). Qui il concetto principale è quello di stimolare l’intero corpo e tutte le qualità motorie che posside attraverso “esercizi funzionali” ovvero movimenti “naturali” che il corpo umano ha sempre eseguito quotidianamente nel corso dei secoli ma che con l’arrivo del benessere è andato a perdere o quanto meno a ridurre notevol-

mente. Un esempio: tirare-spingere-abbassarsi-correre-saltare etc.. La terza attività è rappresentata dai corsi di gruppo specifici per tonificare cosce e glutei. Quindi camminare o andare in bici non basta… Per quanto riguarda camminate-corse-biciclettate, se praticate alla giusta intensità, possono dare un contributo solo se affiancate

GIACOMO STRABLA Personal Trainer A Telgate (BG)


Via grasso e/o liquidi in eccesso “Snellire” significa ridurre il grasso corporeo in eccesso localizzato nell’area interessata o ridurre l’eccesso di liquidi presenti o entrambe le cose; per far sì che questo si verifichi bisogna stimolare la muscolatura locale/generale. Inoltre, monitorare periodicamente lo stato della composizione corporea tramite specifici test, permetterà di capire se si sta andando nella direzione giusta

a un’attività fisica di quelle citate sopra. Allenare nell’arco della settimana tutto il corpo in maniera completa (lavoro muscolare anaerobico abbinato a lavoro aerobico) è una metodologia molto efficace rispetto al solo lavoro localizzato o all’ancor meno produttivo solo lavoro aerobico. Tra le attività consigliate, esistono degli esercizi “chiave”? > Squat: movimento naturale che eseguiamo, spesso senza saperlo, tutte le volte che ci sediamo e ci rialziamo a piedi paralleli. Le varianti da eseguire quando ci si allena

sono più di una, dal mezzo squat a corpo libero a quello con sovraccarichi rappresentati da manubri e bilancieri fino agli squat jump per i più allenati e altro ancora. > Affondi: a livello articolare/ muscolare/coordinativo sono più impegnativi degli squat poichè il carico corporeo deve essere gestito principalmente dalla gamba anteriore. L’esercizio consiste nel fare un passo avanti e contemporaneamente piegare le ginocchia portando il ginocchio posteriore vicino al suolo per poi tornare nella posizione di partenza. Anche qui le varianti sono parecchie, avanti sta-

tici-avanti con passo-dietro-incrociati-con balzo-con sovraccarichi vari e via dicendo. > Stacchi da terra: altro movimento che stimola parecchi muscoli contemporaneamente e soprattutto quelli della parte posteriore del corpo in particolare nelle varianti a gambe tese. Consiste nell’inclinare il busto in avanti/basso con un carico tra le mani e ritornare in posizione eretta. Effettuare questi esercizi può sembrare semplice ma non è così. Imparare contemporaneamente a tenere in postura corretta la colonna vertebrale, muovere le varie “parti” del corpo in modo coordinato e respirare correttamente necessita dell’assistenza di un trainer che vi farà da guida evitando così il rischio di commettere errori. Se non avete la giusta esperienza e volete assicurarvi di centrare il vostro obiettivo fatevi guidare anche sulla scelta dell’attività da praticare, che dovrà essere adeguata alle vostre condizioni fisiche.


IN FORMA

BELLEZZA

Doppio mento addio… senza bisturi Non solo chirurgia plastica. Esistono diversi trattamenti per eliminarlo. Tra questi anche un farmaco che con poche e semplici iniezioni promette di “cancellarlo”

COLLO DA TACCHINO? ATTENZIONE A TABLET, PC E SMARTPHONE

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Rappresenta uno degli inestetismi più odiati per due adulti su tre (uomini e donne indistintamente). In molti casi, però, nonostante crei disagio lo si vive con rassegnazione, come se non ci fosse nulla da fare per correggerlo se non trattamenti chirurgici talvolta invasivi. Sbagliato! Oggi contro il doppio mento esistono molte “armi”. Tra le ultime arrivate anche un nuovo farmaco che sarebbe in grado di eliminarlo in tempi medio-brevi. Ne parliamo con il dottor Massimo Buttinoni, medico estetico. Dottor Buttinoni, innanzitutto cosa si intende per doppio mento e quali sono i fattori di rischio che lo favoriscono? Per doppio mento s’intende la presenza di un eccesso di grasso sottocutaneo localizzato al di sotto della mandibola, nella porzione anteriore e laterale del collo. Spesso si associa a un mento piccolo, poco proiettato in avanti e sfuggente. Può essere presente sia nell’uomo sia nella donna anche già verso i trent’anni di vita dando un effetto del viso tondo particolarmente accentuato e andando ad alterare il profilo del volto. Quanto alle cause, può avere una base ereditaria, può insorgere con l’età o a seguito di un’alimentazione sbagliata che 44 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

porta a un eccesso di peso, ma può anche essere dovuto a una postura scorretta (vedi box). Esistono trattamenti che funzionano davvero per eliminare il problema? Prima di tutto la prevenzione, ovvero: mantenere una postura corretta, eseguire esercizi mirati che tendono a mantenere tonica la muscolatura, evitare variazioni di peso corporeo importanti che provocano rilassamenti cutanei. Nei casi invece di lievi e moderati accumuli si possono avere ottimi risultati utilizzando un nuovo farmaco sintetico che simula il comportamento dell’acido desossicolico, una sostanza che svolge un’azione citolitica, che cioè rompe la membrana della cellula adiposa quando viene iniettato. Il risultato è quindi quello di “sciogliere” il grasso che viene poi riassorbito ed eliminato dall’organismo. La distruzione del grasso induce anche una risposta del tessuto che determina la formazione di nuovo collagene nella zona trattata, con conseguente effetto lifting della pelle del collo. Altro protocollo efficace è quello messo a punto dal professor Ceccarelli che si attua infiltrando il grasso con soluzioni contenenti acido ascorbico (vitamina C) con conseguente riduzione del numero di

L’utilizzo nel tempo dei dispositivi elettronici (pc, tablet e smartphone) determina, a causa della postura assunta, la comparsa precoce di rughe a livello del mento e delle pieghe chiamate collane di venere che tanto odiano le donne. Il collo viene così definito “collo da tacchino” o tech neck. Oltre che sul collo, l’inestetismo si estende anche al mento che si presenta per l’appunto come doppio mento con la pelle rilassata e in molti casi destrutturata. Chinare il capo in avanti durante l’utilizzo dei dispositivi elettronici mette a dura prova le vertebre e di conseguenza dal punto di vista estetico la nostra pelle. Pensate che, se tenendo il capo diritto il collo sostiene circa 4 o 5 chili, flettendolo in avanti di 30 gradi questo peso raggiunge i 18 chili.


mamente invasivo e si può tornare alle normali abitudini di vita subito dopo il trattamento.

adipociti. Si tratta di una metodica innovativa che rispetta la fisiologia e biologia dell’organismo. Anche l’utilizzo dei fili di biostimolazione e di trazione, inseriti attraverso sottili aghi, permette di raggiungere buoni risultati. Si tratta di fili in polidiossanone, una molecola biocompatibile e completamente riassorbibile, che oltre ad agire a livello cutaneo dando tono ed elasticità riducono anche le adiposità localizzate. Il trattamento è mini-

Nel caso di doppio mento importante invece cosa si può fare? È possibile intervenire anche in questo caso con diverse metodiche. > Liposuzione “classica” in anestesia locale. In caso di presenza di pelle rilassata è consigliabile eseguire anche un mini-lifting per raggiungere un risultato ottimale. > Miniliposcultura laser assistita o laserlipolisi. Attraverso una piccolissima incisione s’introduce una fibra ottica inserita in una microcannula che trasporta l’energia del laser direttamente all’interno dei tessuti: questa rompe le cellule adipose e trasforma il grasso in un liquido oleoso successivamente riassorbito ed eliminato dall’organismo. > Microlipocavitazione ultrasonica. È una tecnica all’avanguardia che sfrutta il meccanismo degli ultrasuoni per mezzo di una multifrequenza ultrasonica pulsata e va a sollecitare le cellule di grasso, le

DOTT. MASSIMO BUTTINONI Esperto in Medicina Estetica e del Benessere A Bergamo

rompe sciogliendole, permettendo di ridare al corpo una forma più armoniosa. Permette il trattamento, mirato, del grasso resistente ai trattamenti tradizionali. Inoltre la multifrequenza pulsata agisce sulla struttura di sostegno del grasso e della pelle, offrendo un effetto lifting della zona trattata e rendendo la pelle aderente al nuovo volume ottenuto.

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Lericette della salute Primo piatto

Pasta con i broccoli

Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 30 minuti

Calorie a persona 400 Kcal

INGREDIENTI per 4 persone 300 g... Pasta 400 g... Broccoli 1............ Patata 1............ Spicchio d’aglio qb......... Pepe nero qb......... Sale qb......... Parmigiano grattugiato qb......... Olio extravergine di oliva PREPARAZIONE Per prima cosa lavate e tagliate le cime dei broccoli, per poi farli sbollentare per circa 10 minuti. In un ampio tegame scaldate l’olio extravergine di oliva con l’aglio e poi unite i broccoli e la patata tagliata a dadini. Buttate la pasta nell’acqua bollente utilizzata per i broccoli e salate. Proseguite la cottura del condimento aggiungendo al bisogno l’acqua della pasta. Scolate la pasta al dente direttamente nel tegame, senza eliminare del tutto l’acqua, e completate la cottura. Mescolate per insaporire, pepate, aggiustate di sale e servite; infine, se gradito, spolverate con del Parmigiano.

DOTT.SSA ARIANNA MAGONI Dietista a Bergamo e Selvino (Bg)

46 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

Salviamo l’acqua di cottura! E riutilizziamola. In questa ricetta l’acqua di cottura dei broccoli è stata reimpiegata per la pasta, ma si può riciclare anche successivamente per effettuare cotture al vapore, come base per un brodo e per ammollare i legumi, se non salata.


Merluzzo al cartoccio al profumo di agrumi INGREDIENTI per 4 persone 4............ Filetti di merluzzo 2............ Arance 1............ Mandarino 1............ Limone qb......... Pepe nero qb......... Sale qb......... Olio extravergine di oliva

Secondo piatto Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 15 minuti Marinatura 30 minuti

PREPARAZIONE Tagliate gli agrumi partendo dal centro e tenete da parte 2-3 fettine di ognuno. Spremete poi le arance, il mandarino e il limone utilizzati. Marinate nel loro succo i filetti di merluzzo per circa mezz’ora, girandoli di tanto in tanto. Poi prendete quattro fogli di carta da forno, uno per filetto, e su ciascuno posizionate due fette di agrume e sopra il merluzzo marinato. Aggiungete delicatamente due cucchiai di marinatura, un pizzico di sale, pepe e un cucchiaino di olio extravergine di oliva; infine disponete in superficie una fettina di agrume, se avanzato. Chiudete la carta da forno dall’interno e sigillate le estremità con dello spago conferendo al cartoccio una forma a caramella, assicurandovi che le parte liquida non fuoriesca. Cuocete nel forno preriscaldato a 180°C per 20-25 minuti e servite.

Tempo di cottura 20 minuti in forno

Calorie a persona 160 Kcal

Cuocere al cartoccio è un ottimo metodo, poichè da un lato permette di limitare la quantità di grassi da usare durante la cottura, dall’altro concentra le note sensoriali della frutta, delle erbe aromatiche e delle spezie aggiunte, consentendo di evitare o minimizzare l’aggiunta di sale

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 47


RICETTA

Contorno

Finocchi gratinati

Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 40 minuti

Calorie a persona 250 Kcal INGREDIENTI per 4 persone 2............ Finocchi medi 2............ Cucchiai di farina fioretto di mais 1............ Cucchiaio di semi di sesamo qb......... Rosmarino e salvia tritati a piacere qb......... Sale qb......... Olio extravergine d’oliva PREPARAZIONE

SIMONETTA BARCELLA Esperta di cucina naturale Co-autrice del libro “Il Cibo della Gratitudine”

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Pulite i finocchi e tagliateli a fette spesse. Sbollentateli in acqua salata per qualche minuto; devono rimanere croccanti perché completeranno la cottura in forno. Una volta scolati, metteteli in una teglia e irrorateli con olio extra vergine di oliva (EVO). Massaggiateli con le mani in modo che l’olio si distribuisca uniformemente. Mescolate farina, sesamo, erbe e sale e cospargete i finocchi. Infornate a 180° per 15-20 minuti o fino a doratura (dipende dal forno).




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Dott. Paganelli Paolo Via A. Maj 26/D Dott.ssa Barbieri Marta Via V. Monti 11 Dott.ssa Grigis Laura Via T. Tasso 31 Dott.ssa Manfredi Grazia Via G. Paglia 3 Fisioforma Via G. D’Alzano 5 Ipasvi Via Rovelli 45 Istituto Medico Polispecialistico Via G. Garibaldi 14 L’ortopedia Via V. Bellini 45 Medicalfarma Via Borgo Palazzo 112 Ordine Medici Bergamo Via Manzù 25 Ottica Gazzera Via Gasparini 4/E Palamonti/CAI Via Pizzo della Presolana 15 Porto di Telemaco Via Casalino 8 Privatassistenza Via dello Statuto 18/D Progetto Famiglia Via Angelo Maj 17/C Residenza Anni Azzurri Via Colognola ai Colli 8 Still Osteopathic Clinic Via Calzecchi Onesti 6 Studio di Podologia Dott. Zanardi Tommaso Via Suardi 51 Studio Dott.ssa Vitali Monica Via Camozzi 111 Studio Medico Odontoiatrico Dott. Vincenti & Vecchi Via Don L. Palazzolo 13 Studio Odontoiatrico Dott. Maggioni Maurizio Via Zelasco 1 Wocare Rotonda dei mille 4 BOLGARE Studio Dentistico Dott. Capoferri Stefano Via G. Verdi 6/A BONATE SOPRA Ortopedia Tecnica Gasparini

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Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 51


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ALTRE TERAPIE

Dalla testa ai piedi Emicrania e cefalea? Prova con la riflessologia plantare ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

«Parlare di due estremità opposte per alleviare o risolvere un problema fastidioso e a volte debilitante come il mal di testa sembrerà strano, eppure per la riflessologia plantare è una concreta possibilità». Chi parla è Massimo Bernardoni, riflessologo dal 1989. Lo abbiamo incontrato per conoscere meglio questa pratica antichissima che affonda le sue radici nella medicina tradizionale cinese e promette, stimolando con particolari tecniche di massaggio o pressioni specifiche zone del pie-

MASSIMO BERNARDONI Riflessologo e Floriterapeuta A Bergamo

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de, di aiutare a ritrovare il benessere. Anche in caso di mal di testa. Come nasce questa pratica e su quali principi si basa? La riflessologia plantare è una tecnica che tratta le nostre terminazioni corporee, piedi e mani, risalente almeno a 4.300 anni fa. La riflessologia si basa sul principio che ogni punto del piede riflette un organo specifico: sfruttando questo sistema di connessioni del corpo umano, attraverso la stimolazione e compressione di alcuni punti della pianta del piede, va ad agire sugli organi a essi correlati. Il primo riflessologo moderno fu il medico odontoiatra William Fitzgerald (USA 1872-1942). A lui si deve la suddivisione in dieci linee longitudinali, cinque per parte, più tre linee trasversali, delle dita di mani e piedi (i cosiddetti “Meridiani di Fitzgerald”). La sua sperimentazione iniziò intorno al 1902 e nel 1917 pubblicò il suo primo libro, “Zone therapy, or relieving pain at home” (“Terapia zonale, come alleviare

il dolore a casa propria”). Intorno agli anni Trenta Eunice Ingham, sua collaboratrice, intuì il valore della “terapia zonale” applicandola ai soli piedi, scoprendo i rapporti tra punti sensibili e anatomia del piede. Tracciò così la prima mappa delle zone del piede rapportate agli organi del corpo che è rimasta pressoché invariata fino ai giorni nostri.


Ma come si fa a capire su quale punti agire? Variano a seconda del tipo di mal di testa? La riflessologia plantare ci permette di agire su determinati tipi di mal di testa (cefalee ed emicranie) che possono comparire saltuariamente o essere presenti da tempo. Esistono punti sulle dita del piede che ci permettono di stabilire quale organo è da riportare in equilibrio e la zona specifica del mal di testa ci dà un’indicazione degli organi da trattare attraverso la riflessologia plantare. Un dolore sulla sommità del capo, ad esempio, indica solitamente uno squilibrio derivato da stanchezza legata ad attività intellettuale o carenza di riposo notturno e richiede la necessità di un riequilibrio della zona della vescica urinaria sul piede. Un dolore sul lato della testa, invece, indica la necessità di riequilibrio della vescica biliare e del fegato sui punti riflessi del piede. Anche la localizzazione a destra o a sinistra è fonte di interesse per il riflessologo che può intervenire poi con diverse metodologie per risolvere, o alleviare, il problema. Anche la forma delle dita può svelare le priorità di intervento, così come l’a-

Già nel 1500 il grande scultore Benvenuto Cellini scriveva nella sua biografia come la riflessologia plantare fosse nota in Italia e di essersi curato “dolori diffusi” mediante “robuste pressioni sulle dita delle mani e dei piedi”

spetto olfattivo. Il nostro corpo è un tutt’uno e la riflessologia plantare agisce attraverso punti riflessi che, se opportunamente stimolati, funzionano come veri e propri pulsanti che inviano messaggi al nostro sistema nervoso centrale, che a sua volta li rimanda ai nostri organi. La riflessologia plantare ovviamente non è una bacchetta magica: spesso serve cambiare alimentazione e stile di vita, ma sicuramente è una strada da percorrere per affrontare il mal di testa. Con il consiglio di rivolgersi però sempre e solo a professionisti del settore.

Per approfondire: D.C. Byers,La riflessoterapia del piede,Edizioni Mediterranee

Come si svolge una seduta e quanto dura? La seduta dura tra i 30 e i 40 minuti, durante i quali il riflessologo, usando le dita e i pollici, localizza le zone doloranti del piede che rivelano un problema nella parte del corpo “collegata”. L’obiettivo è eliminare gradualmente, durante le sedute, condizioni di congestione, infiammazione o tensione, spesso interconnesse, ripristinando l’equilibrio del corpo.

Anche contro mal di stomaco e ansia Oltre al mal di testa, i disturbi più trattati con questa tecnica sono quelli relativi alle vie urinarie e agli organi sessuali, il mal di stomaco, problemi di ansia, stress e insonnia. Esistono alcune controindicazioni al trattamento, ovvero in gravidanza e durante il ciclo mestruale


RUBRICHE

GUIDA ESAMI

Con impedenziometria e calorimetria la dieta funziona meglio ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Avete deciso di mettervi a dieta, ma avete paura di non raggiungere i risultati sperati? Quest’anno potrebbe essere quello fortunato se dalla vostra parte ci sono gli alleati giusti. Grazie all’impedenziometria, esame che permette di calcolare la massa grassa, magra e d’acqua, e alla calorimetria, che misura il consumo energetico a riposo, potrete “targhettizzare” al meglio la vostra dieta e monitorare i risultati passo dopo passo (il peso non è l’unico parametro da tenere sotto controllo). Come ci spiega il dottor Valerio Barbieri, dietologo. Dottor Barbieri, come funziona l’esame impedenziometrico? Questo esame è fondamentale per misurare la composizione corporea e, nello specifico, per calcolare la massa grassa, magra e la quantità d’acqua nell’organismo. Questi dati forniscono un quadro più preciso del paziente, che a parità di peso può rispondere in modo diverso agli stimoli, sia interni (salute e ma-

lattia) sia esterni (dieta, attività fisica, farmaci etc). È quindi utile innanzitutto prima di iniziare una dieta, ma anche durante per valutarne l’andamento e l’efficacia, verificando anche se la perdita di peso è attribuibile a una reale perdita di peso o ad esempio a una perdita di acqua. Come si svolge? È simile a un elettrocardiografo: si applicano due elettrodi su una mano e due su un piede. In pochi secondi la macchina incrocia i parametri dell’organismo con formule di calcolo validate e fornisce i dati relativi a massa grassa, magra e acqua, indicando se i valori rientrano nella normalità per sesso, età, altezza e peso totale. Grazie a queste preziose informazioni, la condizione del paziente può essere ben valutata dal punto di vista clinico, si può studiare un’alimentazione che risponda alle reali caratteristiche fisiche e metaboliche della persona e monitorare i suoi cambiamenti.

Passiamo ora alla calorimetria, cosa misura? La calorimetria indiretta (CI) calcola in modo accurato e non invasivo il metabolismo basale (il consumo energetico nelle condizioni di massimo riposo), che insieme all’energia consumata in attività fisica e

Dimagrire? Non è solo una questione di peso Il peso è un parametro sicuramente importante quando si segue una dieta, ma da solo può essere fuorviante. Spesso ad esempio, soprattutto all’inizio di una dieta, i chili che si perdono sono di acqua e non di massa grassa (falso dimagrimento). In alcune condizioni in cui il ricambio idrico risulta alterato (gravidanza, ritenzione idrica, insufficienza renale, uso di diuretici nella terapia dell’ipertensione arteriosa, disfunzioni surrenaliche etc.) invece è possibile che pur avendo una perdita di massa magra il peso rimanga stabile a causa dell’aumento di acqua. In tutte queste situazioni l’impedenziometria permette di verificare con precisione se la perdita di peso è attribuibile a una reale perdita di massa grassa e non di liquidi o massa magra-muscoli (cosa che succede ad esempio nelle diete non equilibrate in cui l’organismo invece di utilizzare il tessuto adiposo come dovrebbe fare, brucia la massa magra).

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L’impedenziometria si basa sul dato fisico che l’acqua è un buon conduttore di corrente elettrica, mentre il grasso è un isolante quasi perfetto. Poiché la massa magra è costituita prevalentemente da acqua, determinando il contenuto di acqua dell’organismo, è possibile risalire al contenuto in massa magra, e di conseguenza a quello di massa grassa.” durante l’attivazione del metabolismo in seguito ai pasti (termogenesi indotta dalla dieta) generano il consumo energetico totale di una persona nell’arco della giornata. Tramite il calorimetro è possibile analizzare l’ossigeno consumato, l’anidride carbonica rilasciata e calcolare indirettamente l’energia prodotta.

Come funziona? Il paziente respira per alcuni minuti nel casco di cui la macchina è dotata, che rileva il contenuto dell’aria inspirata ed espirata. Il risultato finale sarà un numero intero di calorie che indica quanta energia serve all’organismo per sostenere il proprio metabolismo basale. Questo dato è molto utile per indicare il regime alimentare migliore e monitorare l’andamento dietetico.

DOTT. VALERIO BARBIERI Scienze dell’Alimentazione Referente Centro di disturbi alimentari Policlinico San Pietro e dietologo a Smart Clinic Oriocenter


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Tempo di dichiarazione dei redditi a 4 zampe ∞  A CURA DI LELLA FONSECA

Gli animali da compagnia, soprattutto i cani, sono diventati veri e propri componenti della famiglia tanto che per mantenerli siamo disposti a spendere e a fare sacrifici anche economici. E non si tratta di cifre di poco conto. Da una recente indagine è risultato che per un cane di taglia media si spendono in media 1.800 euro l’anno, mentre per un gatto circa 800 euro. Avvicinandosi il periodo della dichiarazione dei redditi abbiamo chiesto al dottor Mauro Valtulina, commercialista, quali spese si possono detrarre.

detrarre dalla propria dichiarazione dei redditi le seguenti spese: > prestazioni professionali rese dal veterinario; > acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario; > analisi di laboratorio e interventi presso le cliniche veterinarie. Sono invece escluse le medicine che si comprano senza “ricetta”, gli antiparassitari e i mangimi. Sono detraibili solo le spese sostenute per animali da compagnia o per la pratica sportiva (come ad esempio i cavalli) non per gli animali da allevamento etc..

Dottor Valtulina, che cosa si può detrarre? Chi ha un animale domestico può

Chi può chiedere la detrazione? Possono essere detratte solo le spese sanitarie che riguardano

QUANTO SI PUÒ DETRARRE? Le spese mediche e quelle per l’acquisto di medicinali destinati agli animali domestici prevedono una detrazione Irpef del 19% per un limite massimo di spesa di 387,34 euro. Il limite non è relativo al singolo animale ma si riferisce a tutti gli animali posseduti. Per calcolare il valore effettivo della detrazione bisogna sottrarre dalla cifra delle spese sostenute la franchigia (cioè il limite minimo di spesa) di 129,11 euro. Per fare un esempio: se nel 2017 farmaci e cure veterinarie ci sono costati 500 euro, la detrazione verrà calcolata solo su 370 euro.

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RUBRICHE

ANIMALI

DOTT. MAURO VALTULINA Commercialista A Bergamo

animali legalmente posseduti. In caso di verifiche per un cane, ad esempio, bisogna esibire l’iscrizione all’anagrafe canina o presentare la documentazione relativa al microchip. Per altri animali domestici serve la documentazione rilasciata dall’Ats o dal medico veterinario. È possibile dimostrare che un animale ci appartiene anche attraverso il

rilascio del cosiddetto pet passport (che viene emesso dal servizio veterinario della propria Ats) o presentando le fatture dell’acquisto o i documenti di adozione. Che documenti di spesa si devono presentare? Le spese veterinarie devono essere documentate attraverso le ricevute fiscali intestate al contribuente

L’assicurazione? Non è detraibile, ma è meglio farla La polizza che copre i danni causati dai nostri amici a quattro zampe non è detraibile, ma essere assicurati è altamente consigliabile. Mediamente costa 30-50 euro l’anno e ci mette al riparo da grossi grattacapi nel caso in cui, ad esempio, il nostro cane morda una persona o un altro cane. «Si tratta di un contratto assicurativo specifico atto a coprire la responsabilità civile per danni causati a terzi, lesioni personali causate a persone o altri animali, nonché danneggiamento o deterioramento di cose altrui da parte del proprio animale. Solitamente le coperture assicurative prevedono una franchigia, cioè la copertura interviene dopo la soglia di una certa somma di danno causato,

al di sotto di detta soglia deve farvi fronte il proprietario» spiega l’avvocato Guido De Virgiliis di Bergamo. Ma attenzione: non tutte le polizze sono uguali. «Alcune, ma non tutte, prevedono copertura anche per la garanzia della colpa, cioè se l’animale è sprovvisto ad esempio di guinzaglio, in questo caso è evidente la concorsualità nel causare l’evento, che ricade sul proprietario. In mancanza di tale clausola la copertura assicurativa non opera e quindi si deve far fronte al risarcimento di tasca propria. Lo stesso discorso vale se l’animale scappa. La colpa del proprietario, in questo caso, è la cosiddetta colpa in vigilando, cioè la colpa nel non aver in modo corretto prestato attenzione, vigilato sull’animale che

uscito dalla sfera di controllo del padrone crea un danno ad altri. Se invece è stato affidato a un terzo la colpa si ripartisce tra proprietario e affidatario dell’animale. Tutte ipotesi che in un contratto assicurativo si possono prevedere per porsi al riparo da ogni evenienza» mette in guardia l’avvocato. «Secondo la normativa vigente, è obbligatorio stipulare una polizza se lo ha già stabilito un veterinario oppure se l’animale ha già aggredito, ferito o dato segni di pericolosità. La razza non determina l’obbligatorietà, ma bisogna stare molto attenti a leggere la polizza perché alcune escludono razze ritenute pericolose o coprono solo una percentuale dei danni per queste razze» conclude Guido De Virgiliis.


e rilasciate dal medico veterinario, oppure con scontrini “parlanti” (quelli che includono il codice fiscale del proprietario) emessi dalla farmacia che vanno conservati per cinque anni. Questi documenti possono essere intestati anche a un familiare che fa parte dello stesso nucleo familiare del proprietario e che è a suo carico dal punto di vista fiscale.

“Sconti” speciali se si sceglie il canile Dal 2016 molti Comuni italiani hanno introdotto uno sconto sulla Tari – la tassa sui rifiuti – per chi adotta un cane al canile. Si tratta di uno sgravio che dura tre anni dal momento dell’adozione. Per sapere se il proprio Comune prevede questo sconto, bisogna chiamare l’ufficio tributi della città in cui si vive o consultate il sito ufficiale del proprio Comune.


ATS INFORMA

Il cioccolato una golosità che… non fa male

∞  A CURA DI ATS BERGAMO

Il cioccolato com’è noto a tutti è un alimento buono, goloso, appagante e salutare, sia per grandi che per bambini, determinando vari effetti benefici. Ma lo è per tutti? In assenza di specifici problemi di Salute, per cui il medico curante potrebbe indicarne l’esclusione dall’alimentazione, la risposta è sì ma... rigorosamente fondente! Gli effetti benefici del cioccolato fondente sul cuore e sul sistema cardiovascolare sono noti da tempo e documentati da studi scientifici e sono legati al contenuto nel cacao di due flavonoidi (catechine e procianidine) con una potente azione antiossidante. Per garantire un contenuto alto di queste sostanze è raccomandato consumare un cioccolato fondente almeno al 70% di cacao, meglio ancora se la percentuale è superiore, perché più è alta più alto sarà il potere antiossidante e meno sarà il contenuto di altri ingredienti sempre presenti come burro di cacao e di zucchero che è bene contenere nella nostra alimentazione. Il cacao contiene anche triptofano, un precursore della serotonina, conosciuto 66 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

anche come l’ormone del buonumore che fa del cioccolato fondente un buon antidepressivo. Ma se fa così bene se ne può mangiare quanto si vuole? La cattiva notizia è che il cioccolato è molto calorico (100 grammi di fondente apportano 500 calorie), quindi bisogna consumarlo con moderazione. La porzione corretta da consumare anche ogni giorno è un pezzetto grande come due quadratini di una tradizionale tavoletta. Se la caffeina esercita su di voi un effetto eccitante, è necessario fare attenzione anche al momento della giornata in cui lo consumate, perché il cioccolato contiene teobromina, una sostanza con proprietà simili a quelle della caffeina. E infine gli amanti del cioccolato al latte se ne facciano una ragione. Appagheranno il palato ma non riceveranno alcun beneficio per la salute: uno studio condotto dall’INRAN (Istituto Nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, oggi CREA- NUT) ha dimostrato che le molecole del latte

catturano quelle protettive del cacao (peraltro contenute in ridotte quantità rispetto al fondente) annullandone gli effetti benefici. L’unico effetto quindi è quello di introdurre calorie vuote; per non parlare del cioccolato bianco che non contiene proprio alcun gram-


mo di cacao. Allora soddisfiamo la nostra golosità, ma con un occhio alla salute e all’etichetta! «Per valutare la qualità del cioccolato fondente» sottolinea la dottoressa Daniela Parodi, Responsabile dell’Unità Operativa Semplice Igiene della Nutrizione del Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria dell’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo, «risulta fondamentale saper leggere correttamente e in modo esaustivo l’etichetta del prodotto, controllando che la tipologia di pasta e il burro di cacao siano elencati per primi tra gli ingredienti, seguiti dallo zucchero ed eventualmente dagli aromi naturali elencati, mentre non devono essere presenti altri grassi vegetali

come ad esempio l’olio di palma, di cocco e il burro di Karité». Scegliere consapevolmente gli alimenti, leggendo le etichette, rappresenta un atto primario di responsabilità verso il nostro benessere e verso quello dei nostri cari, pertanto è fondamentale prestare molta attenzione alla nostra salute e agli alimenti che consumiamo.

Vi sono avanzate uova di Pasqua? Ecco buona notizia. Potete godervele senza troppi sensi di colpa... anzi. Purché però siano rigorosamente fondenti!”

Il decalogo del ministero della salute per leggere l’etichetta L’etichetta è la carta d’identità dell’alimento che riporta informazioni sul contenuto nutrizionale del prodotto fornendo indicazioni utili sui diversi alimenti (cioccolato compreso) al fine di favorire una dieta corretta ed equilibrata. > Leggi scrupolosamente le etichette sulle confezioni. > Ricorda che le illustrazioni riportate sulle confezioni sono puramente indicative. > Fai attenzione all’ordine degli ingredienti di un prodotto che sono elencati in modo decrescente. > Consuma il prodotto entro la data di scadenza indicata in etichetta. > Non confondere la data di scadenza di un prodotto con il termine minimo di conservazione. > Controlla il peso netto/sgocciolato dell’alimento. > Se soffri di allergie alimentari controlla sempre nell’elenco degli ingredienti la presenza di eventuali allergeni. > Mantieni sempre i prodotti refrigerati e surgelati alla temperatura indicata sull’etichetta e riponili, subito dopo l’acquisto, nel frigorifero o nel congelatore. > Se compri pesce in pescheria controlla i cartelli esposti. > A parità di qualità e prezzo preferisci gli alimenti confezionati con materiale riciclato/riciclabile.

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DAL TERRITORIO

NEWS

Inaugurata la biobanca: i segreti del corpo umano nel “caveau” del Papa Giovanni XXIII Dieci tank con circuito di azoto liquido per la crioconservazione di cellule e tessuti. È questa l’ultima dotazione tecnologica, in ordine di arrivo, che ha permesso di completare l’allestimento della Biobanca dell’ASST Papa Giovanni XXIII. Come suggerisce il nome, la Biobanca è una sorta di grande archivio o deposito in cui, grazie a sofisticate attrezzature, vengono raccolti, catalogati e conservati campioni biologici umani provenienti sia da soggetti sani sia da pazienti affetti da malattia. Si tratta di tessuti, liquidi biologici (sangue, saliva, urine, cellule) e acidi nucleici (DNA e RNA). Nel 2017 sono stati 79.000 i campioni affidati dai ricercatori del Papa Giovanni XXIII alla Biobanca per la crioconservazione. Attualmente sono conservate in Biobanca circa 135.000 aliquote di campioni biologici. Il saldo per l’anno 2017 è dunque positivo, se si considerano le 70.500 aliquote uscite a fini di ricerca. La Biobanca custodisce anche tessuti umani a scopo di trapianto. Su 307 tessuti transitati nei suoi locali nell’anno 2017, circa due terzi (199) sono stati prelevati nelle sale chirurgiche del Papa Giovanni XXIII. Dopo i controlli e la catalogazione nella Biobanca sono stati trasferiti alle Banche regionali di riferimento per essere trapiantati su pazienti in lista d’attesa di tutto il territorio nazionale. Gli altri 108 tessuti hanno fatto il percorso inverso e sono stati utilizzati nelle sale chirurgiche del Papa Giovanni XXIII. Le Biobanche custodiscono quindi i segreti del corpo umano.

NEWS

“Ed è subito calma” l’autoipnosi per ritrovare la serenità Come dire addio a ansia, panico, stress e ritrovare il proprio equilibrio con l’ipnosi? Potete scoprirlo alla conferenza gratuita e aperta a tutti “Ed è subito calma” tenuta dalla Dott.ssa Enrica Des Dorides, esperta in ipnosi, terapia cognitivo-comportamentale, EMDR e tecniche di benessere e autrice dell’omonimo libro (edito da “Tecniche Nuove”). Durante la conferenza che si terrà mercoledì sera 4 aprile alle ore 21.00 nel salone di Via Borgo Santa Caterina, 62, si potrà sperimentare un primo approccio alla autoipnosi rapida per vincere ansia, panico e stress, con il metodo IPNOMIND ®. Per chi volesse poi approfondire l’esperienza, è prevista anche la proposta di un seminario nella domenica 15 aprile 2018 dalle 09.30 alle 16.00. Per ulteriori informazioni, potete scrivere a desdorides.e@virgilio.it, circolo. culturale.minardi@gmail.com oppure telefonare al 333 8029667 (ore serali).


Bergamo “capitale dell’accoglienza” Sabato 7 e domenica 8 aprile Bergamo ospita il “Premio Italia a Tavola”, due giorni di convegni, iniziative legate alla cultura e all’arte e appuntamenti enogastronomici dedicati al mondo della ristorazione, dei bar e dell’ospitalità con un centinaio di giornalisti attesi, italiani e stranieri. L’iniziativa è organizzata da dieci anni dalla rivista Italia a Tavola (nata 33 anni fa e che ha sede nella nostra città) per valorizzare tutte le figure e realtà che lavorano nella filiera del cibo, come un’unica grande squadra di professionisti, dal

produttore di materie prime fino al cameriere, senza dimenticare chi il cibo lo racconta, cioè i giornalisti e i critici gastronomici. La manifestazione ha preso il via lo scorso dicembre con il sondaggio online “Personaggio dell’ anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza” che ha polverizzato ogni record precedente registrando la partecipazione di ben 313.300 votanti. Nessuna classifica di merito ma solo un modo giocoso per sentirsi tutti più vicini e premiare chi nel proprio ambito professionale si è

distinto maggiormente agli occhi del pubblico. Sette le categorie del sondaggio: per i “Cuochi” il più votato è stato Rocco Pozzulo, per i “Pizzaioli” Giuseppe Vitiello, per i “Pasticceri” Iginio Massari, per i “Maitre, Sommelier e Manager d’hotel” Luca Vissani, per i “Barman” Marina Milan, per gli “Opinion leader” Patrizio Roversi e infine per la categoria speciale dei “Campioni” (istituita in occasione di questa 10ª edizione per rimettere in gioco tutti i vincitori delle passate edizioni del sondaggio) ha trionfato Ernst Knam.

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DAL TERRITORIO

FESTIVAL DELL’AMBIENTE

Festival dell’Ambiente 2018 Ritorna dal 18 al 20 maggio l’evento di Bergamo sulla sostenibilità e sulle buone pratiche ambientali ∞  A CURA DI GIANLUCA ZANARDI

Maggio non porta con sé solo la bella stagione, ma anche una ventata d’aria fresca negli eventi bergamaschi, tra i quali spicca quello che è diventato a tutti gli effetti un punto fermo della primavera in città: il Festival dell’Ambiente. La tre giorni a tinte “green” è infatti pronta a tornare anche nel 2018, più precisamente nelle date del 18-19-20 maggio, con la sua 7a edizione. Quindi quest’anno bisognerà attendere una settimana in meno rispetto al solito per calarsi nel clima di condivisione che questo festival riesce a creare nel centro cittadino. Il Festival dell’Ambiente riunirà le molte realtà del territorio che lavorano per creare massima sintonia tra l’ambiente e le persone: dalla green economy alle energie rinnovabili, dall’agricoltura all’alimentazione, dalla mobilità al terzo 70 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

settore, dalle cooperative al volontariato e tempo libero. Il tutto chiamando a raccolta i cittadini nei luoghi che rappresentano il cuore pulsante della città come il Sentierone, il Quadriportico e Piazza Dante e che, con il tempo, si sono trasformati nel fulcro del Festival. Il format è quello ormai consolidato, con gli spazi espositivi posti sulla promenade del Sentierone che rimarranno aperti al pubblico dal venerdì alla domenica dalle 9 alle 20. Si aggiungeranno convegni, momenti di confronto, animazione ma anche laboratori e approfondimenti.

VERSO L’EDIZIONE 2018 Il Festival è organizzato in collaborazione con l’Associazione Festival dell’Ambiente e il Comune di Bergamo - Assessorato all’Ambiente, che stanno lavoran-

do con il periodico cittadino InfoSOStenbile alla realizzazione di un programma per tutti i gusti e le età. Come di consueto, il taglio del nastro ufficiale avverrà nella mattinata di venerdì 18 maggio e sarà preceduto dal momento dedicato alle scuole, durante il quale ragazzi e ragazze di varie età avranno la possibilità di esporre i loro progetti “sostenibili” davanti a una folta platea di coetanei. Questa giornata rappresenta un importante momento di condivisione e confronto di buone pratiche che possono essere attuate in favore di un maggior rispetto dell’ambiente. Il Festival dell’Ambente si presenta anche come l’occasione per fare il punto su quello che è stato fatto a distanza di un anno e rilevare le buone pratiche in atto a Bergamo, nel suo territorio ma non solo. Tornando con la mente al grande


tema del 2017, l’accento era stato posto sull’importanza dell’acqua in quanto bene prezioso da capire e salvaguardare anche in ambito domestico. Gli approfondimenti avevano indagato anche il grande valore di un semplice gesto come quello di aprire e chiudere il rubinetto di casa. Partendo dalle premesse della scorsa edizione ma ampliando molto di più il discorso, uno dei temi che si sta pensan-

do di approfondire quest’anno è quello dell’edilizia sostenibile e dei benefici che può portare a livello ambientale. Nel corso dei tre giorni ci sarà poi spazio per il classico convegno sull’economia solidale, che mette in luce gli aspetti più strettamente legati alla società e al diritto delle persone. E, proprio per entrare in contatto diretto con le persone, “Bergamo Salute“ sarà presente durante tutta la manife-

stazione con il proprio gazebo dedicato dove, oltre a poter prendere le riviste e abbonarsi, sarà possibile anche realizzare alcuni test, ad esempio quello del passo, con professionisti che lavorano sul territorio. Sabato e domenica poi, non mancheranno i laboratori dedicati ai più piccoli di moBLArte che organizzerà uno spazio dove si educherà al valore dell’ambiente in modo divertente.


DAL TERRITORIO

FESTIVAL DELL’AMBIENTE

Il terzo settore si prepara a essere, anche nel 2018, l’asse portante del Festival dell’Ambiente

Il Festival dell’Ambiente di Bergamo, anno dopo anno, è impegnato nel veicolare l’importanza delle piccole scelte quotidiane nella creazione di un’economia e di una società che siano più giuste e sostenibili. In questa ottica lo spazio del Quadriportico sul Sentierone è tradizionalmente dedicato alle realtà del terzo settore bergamasco. Associazioni, enti e cooperative noprofit hanno la possibilità di utilizzare gratuitamente gli spazi del festival per esporre i progetti e le attività portate avanti nel corso dell’anno. L’evento diventa quindi una vetrina per trasmettere ai cittadini i valori che spingono i volontari a mettersi a disposizione della comunità. Ma il contributo del terzo settore non si ferma qui. Infatti le associazioni collaborano attivamente al festival sia attraverso il racconto delle singole esperienze durante convegni e incontri, sia con altre attività che completano il programma della manifestazione. Tornerà per tutto il sabato e tutta la domenica anche il Mercato della Terra di Slow Food con i propri prodotti “buoni, puliti e giusti”. Un piccolo cambiamento avverrà invece per la cena sostenibile, realizzata nell’edizione 2017 alla Domus Bergamo di Piazza Dante. Quest’anno, la cena verrà sostituita dal pranzo solidale per passare una domenica dedicata al rispetto e all’inclusione sociale. 72 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

EDIZIONE DOPO EDIZIONE... Il Festival dell’Ambiente desidera ogni anno “rinfrescarsi” proponendo attività e idee nuove e per farlo è sempre in cerca di associazioni, cooperative, aziende o istituzioni interessate a proporre iniziative e progetti, che possono essere segnalati a: info@associazionefestivaldellambiente.it. Per rimanere aggiornati sul programma potete consultare il periodico InfoSOStenibile o il sito www.associazionefestivaldellambiente.it.



DAL TERRITORIO

ONLUS

Una speranza per i bambini autistici ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

”A te che leggerai quanto scrivo, ti voglio parlare di me, dei sogni che avevo e che non potrò realizzare, fra questi l’abito da sposa che ho costruito nella mia mente per la mia bambina. Assurdo penserai, una madre che fa progetti a lungo termine, eppure io sono così, una sognatrice che non si arrende mai, forse per quello oggi sono qui e ho realizzato grazie all’aiuto di tanta gente questa associazione. Mia figlia non indosserà mai quell’abito quando non sarò più nel suo presente; lei vivrà in un istituito e per me credimi è una lama conficcata nel cuore. Per questo sto combattendo per realizzare una struttura fisica “Nella casa di Dorothy” che vorrei nascesse sul territorio di Brembate di Sopra. Ho creato, con l’aiuto di molti un gruppo ben affiatato e convinto di farcela, questa associazione! Io ci credo e ci crederò sempre! Dam74 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

mi una mano nella realizzazione della casa, che sarà l’abito da sposa che regalo a mia figlia per quando non sarò più nella sua vita, partecipa alle serate e aiutaci nella raccolta fondi “. È questa la toccante lettera di Tiziana Valsecchi, mamma di una bambina autistica. Si è battuta, prima ha dato vita a una chat WhatsApp e a un blog indirizzati a chi come lei affronta ogni giorno le sfide dell’autismo e a volte si sente terribilmente solo. La chat si chiama “Nella casa di Dorothy”, perché spiega Tiziana «come il leone che cerca il coraggio, lo spaventapasseri che anela

all’intelligenza e l’uomo di latta che desidera un cuore, anche i genitori di figli autistici hanno bisogno di tutte queste doti per affrontare le difficoltà quotidiane». Dalla chat si è passati ora all’associazione. «L’associazione no profit di genitori di soggetti dello spettro autistico finalmene esiste» ci racconta. «Ci abbiamo creduto fino in fondo, abbiamo lottato e ora eccoci qui: ora stiamo raccogliendo i fondi che ci serviranno per i nostri bambini, primo tra tutti la realizzazione di una struttura fisica “Nella casa di Dorothy”. E si pensa al futuro dei bambini, al “dopo di noi” quando i genitori non ci saranno più ma i

Nella casa di Dorothy Per informazioni Tiziana Valsecchi Tel. 3299805488 Facebook: Nella casa di Dorothy Per donazioni: IT10E0569622902000005591X48


L’AUTISMO Definito scientificamente disturbo dello spettro autistico, è considerato un disturbo dello sviluppo neurologico che si manifesta entro il terzo anno di età. Comporta gravi deficit nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale e problemi di comportamento sia con i genitori sia con i coetanei. La caratteristica più evidente è l’isolamento dal mondo.

piccoli, diventati grandi, avranno sempre bisogno di qualcuno, di un aiuto. E l’associazione serve anche ai genitori; fanno amicizia, si trovano per un caffè, per una pizza, parlano dei loro problemi e scaricano così il bagaglio emotivo che ciascuno si porta dentro. I progetti sono tanti: sollievo e aiuto alle famiglie, soggiorni di vacanze al mare, attività di integrazione dei piccoli autistici con ragazzi normodotati, incontri con le istituzioni per raccontare i veri problemi delle famiglie, apertura di uno sportello pedagogico. E per questo l’associazione ha organizzato un nutrito calendario di incontri e serate nella sala consiliare del Comune di Brembate

Sopra che ha dato il suo patrocinio. Nella prima serata, a dicembre 2017 c’è stato uno spettacolo e la raccolta di fondi. Poi incontri con relatori medici, psicologici, pedagoghi, che si tengono al sabato e si concluderanno il 26 maggio quando le mamme racconteranno in prima persona le loro toccanti, a volte drammatiche, esperienze e parleranno delle preoccupazioni per il futuro dei loro figli. Ma anche di quel po’ di speranza che hanno trovato grazie a “Nella casa di Dorothy” Ad aiutare questi ragazzi spesso ci sono soltanto le loro famiglie, l’associazione “Nella casa di Dorothy” ha bisogno di aiuti e di fondi e lancia un appello a chi vuole dare una mano concreta con una donazione.


DAL TERRITORIO

FARMACIE

Complessi fitoterapici che differenza c’è tra tinture madri e macerati glicerici?

∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Contro acidità di stomaco, tosse, infiammazioni. Per depurare l’organismo. Per contrastare ansia e irritabilità. Spesso quando si pensa ai “farmaci naturali”, si pensa a rimedi che possano alleviare disturbi senza comportare alcun rischio. Ma siamo davvero sicuri che sia così? «Innanzitutto definiamo meglio “naturale”, ovvero una sostanza

reperibile in natura, che non necessiti di sintesi chimica in laboratorio» precisa la dottoressa Valentine Galizzi, farmacista. «Ciò non è sinonimo di innocuo o privo di effetti collaterali. Sappiamo infatti che in natura ci sono veleni potentissimi. Ecco quindi che diventa necessario conoscere le dosi terapeutiche e le limitazioni d’uso anche per il “farmaco naturale”».

Dottoressa Galizzi, cosa si intende per fitocomplesso? Il fitocomplesso è ciò che si estrae dalla droga vegetale, cioè dalla parte della pianta che contiene i principi attivi. La sua attività terapeutica è dovuta non a una sola sostanza, ma a un insieme di principi attivi, spesso molto numerosi e chimicamente diversi fra loro. Ecco il motivo per cui resta ancora molto da scoprire

Dal raffreddore all’allergia... I rimedi “cult” Tinture madri > Echinacea. Varietà angustifolia e purpurea: possiede spiccate proprietà immunostimolanti, antivirali, cicatrizzanti, antinfiammatorie. È utile sia per prevenire che per curare tutte le malattie da raffreddamento come febbre, raffreddore, tosse, ma anche per infezioni del sistema urinario, come cistite e prostatite. > Ribes Nigrum. Utile per drenare e disintossicare l’organismo, anche in caso di reumatismi, artrosi e gotta e per la funzionalità del microcircolo.

Macerati glicerici > Ficus Carica. Depurativo in caso di acne, alitosi, afte, allergie; calmante per il colon irritabile, la nausea, l’enterite; utile anche in caso di ansia, insonnia, depressione, tosse secca, gastrite. > Ribes Nigrum. Utilizzato per le sue proprietà antistaminiche e antinfiammatorie, in caso di dermatiti o allergia ai pollini (anche con asma). Ha inoltre proprietà toniche e immunostimolanti. > Rosa Canina. Possiede proprietà immunomodulanti e antinfiamma

torie, grazie alle quali viene usato nelle forme di allergie. I piccoli frutti freschi (bacche) e le gemme della pianta sono considerati le sorgenti naturali più ricche di vitamina C, presente in quantità 50-100 volte superiore rispetto a quella delle arance o limoni. Proprio l’alta concentrazione di vitamina C comporta delle interazioni in caso di uso concomitante di antiacidi a base di alluminio o farmaci a base di litio.


in merito al meccanismo d’azione di questi preparati, che essendo composti anche da più di 50 sostanze chimiche diverse, possono presentare differenti proprietà, anche contemporaneamente. Questa composizione molto varia può avere dei vantaggi rispetto alla singola molecola attiva: le diverse sostanze hanno fra di loro sinergismo e l’una può ridurre l’eventuale tossicità dell’altra. Due delle formulazioni più frequenti sono le tinture madri e i macerati glicerici. Che differenza c’è? Entrambe le formulazioni costituiscono gran parte delle formulazioni in gocce. Le tinture madri vengono prodotte mettendo una parte di pianta a completa maturazione a macerare in dieci parti di soluzione idroalcolica per 10 giorni o più. La raccolta della droga deve avvenire nel rispetto delle regole dettate dalla farmacopea per quanto riguarda la tempistica. I macerati glicerici invece, vengono preparati con le gemme (organi embrionali delle piante che contengono costituen-

”Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit” (“Tutto è velenoso: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto”) ∞∞ PARACELSO, medico, alchimista, botanico e astrologo svizzero

gradiente alcolico) e assunti anche tre volte al giorno, a seconda dello stato di salute e delle motivazioni per cui si ricorre al rimedio. Quali sono, invece, le limitazioni? In caso di bambini sotto i tre anni, donne in gravidanza o persone con una grave compromissione dello stato di salute generale o in cura con una complessa terapia medicinale è necessario valutare con attenzione i possibili rischi prima di affidarsi a una terapia a base di fitocomplessi.

ti particolarmente attivi) raccolte a fine inverno, tritate e messe a macerare in glicerolo e alcool per 21 giorni. In seguito vengono spremute e filtrate in modo da ottenere il cosiddetto macerato glicerico di base. Tramite successiva diluizione (1 a 10) con glicerolo al 50%, alcool etilico al 30%, acqua al 20%, si ottiene il macerato glicerico M.G. 1 DH. Quali sono le dosi consigliabili? In generale le tinture madri e i macerati glicerici vengono dosati in gocce, dalle 30 alle 60, diluiti in acqua (anche tiepida per abbassare il

DOTT.SSA VALENTINE GALIZZI Farmacista A Treviolo (BG)


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INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 1.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.

Incontri con i soci e gli amici di A.R.M.R /

LUNEDÌ 16 APRILE ore 19 Centro Ricerche Cliniche per le Malattie Rare “Aldo e Cele Daccò” Villa Camozzi a Ranica Riunione Soci

/

LUNEDÌ 23 APRILE ore 18 Oratorio Don Bosco di Zogno Delegazione A.R.M.R. Orobie Gli adolescenti incontrano la Ricerca

/

VENERDÌ 25 MAGGIO Gran Galà 2018 Festeggiamenti per il 25° anno di A.R.M.R.

Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT

MIOCLONO ESSENZIALE EREDITARIO Codice di Esenzione. RF0070 Categoria. Malformazioni congenite. Definizione. Il mioclono essenziale ereditario è caratterizzato da contrazioni muscolari brevi, rapide, shocklike, più o meno diffuse a livello del corpo. Epidemiologia. Rara, a prevalenza non nota. Maschi e femmine sono affetti in eguale misura. Segni e sintomi.La malattia esordisce abitualmente dopo i cinque-sette anni. La muscolatura del tronco è maggiormente interessata di quella degli arti, ma qualsiasi muscolo può essere coinvolto. Eziologia. La malattia riconosce una causa genetica. Diagnosi. La diagnosi è clinica e strumentale. Non esiste al momento un test genetico di conferma diagnostica. La forma va distinta dal mioclono acquisito parainfettivo, molto simile come sintomi ma che appare dopo un episodio febbrile di natura verosimilmente virale. Il mioclono sintomatico può essere associato a numerose patologie neurodegenerative. Infine è necessario distinguere la forma da quella di tremore essenziale, disturbo di comune riscontro a trasmissione genetica. Terapia. Il trattamento del mioclono può risultare difficile. Il clonazepam, farmaco appartenente alla classe delle nitrobenzodiazepine, è spesso efficace. Nelle forme resistenti può risultare utile l’associazione di clonazepam, piracetam (farmaco appartenente alla categoria dei racetam, sostanze che migliorano le performance cognitive stimolando un recettore del glutammato), mysoline (farmaco antiepilettico), acido valproico. Alcuni pazienti rispondono bene al 5-idrossitriptofano.

Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 79


DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Dal dramma alla speranza Ho perso mia moglie, la madre di mio figlio, dopo anni in stato vegetativo. Ora voglio aiutare bambini e ragazzi con genitori nella stessa situazione ∞  A CURA DI LELLA FONSECA

«L’ho preso in braccio, ho pianto, ho rotto le acque, l’ho partorito, eravamo soli io e Mattia, ho pianto tutto il pianto che avevo, il mio e il suo e anche quello di Viviana, che non poteva più tenerlo in braccio e ci sarebbe mancata per sempre». In queste toccanti parole tratte dal libro “Ti dico la verità” (Lindau editore) si condensa il dramma che Luca Nisoli ha affrontato otto anni fa, quando il figlio Mattia aveva solo sei mesi di vita e la moglie Viviana è caduta in stato vegetativo per l’improvviso ritorno di un idrocefalo (ndr. condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano) che si pensava ormai curato. Luca, oggi quarantenne, di Brignano Gera d’Adda, ha combattuto per quattro anni, fino alla morte della giovane moglie, crescendo il piccolo Mattia e seguendo giorno dopo giorno Viviana, ricoverata prima alla casa degli Angeli di Mozzo e poi in una struttura privata a Zingonia. Dopo la corsa in ospedale e un intervento chirurgico d’urgenza era subito stato chiaro che le condizioni di Viviana erano disperate, il successivo periodo di riabilitazione e gli accertamenti confermarono questi timori: non sarebbe mai più uscita dallo stato vegetativo. E così infatti è stato. Il libro, uscito alla fine del 2017, racconta l’odissea di Luca, il dolore di vedere, nel giro di pochissime 80 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

ore, la propria vita e i propri sogni con Viviana annullati, la sfida di crescere da solo un figlio e nello stesso tempo stare accanto alla mamma in stato vegetativo irreversibile, cercando di mantenersi sempre lucido, vero, onesto e sincero con Mattia. Perché la verità era l’unica strada che avrebbe

permesso al bambino di farsi una ragione del dramma che stavano vivendo, di sapere che aveva una mamma, anche se lei non poteva più comunicare con lui. «Gli ho raccontato sempre la verità. Ho cercato di fornirgli tutti i tasselli, affinché potesse costruire per intero il percorso della sua vita. Non ho

Per acquistare il libro e contribuire al “Progetto Mattia” si può contattare la pagina Facebook “Ti dico la verità”.


In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!

mai edulcorato nulla, neppure la morte. Quando un bambino ti fa delle domande, non puoi fuggire e non puoi neppure raccontare delle frottole. Spesso sarebbe più comodo, ma la comodità non fa coppia con la realtà» dice Luca. Autrice del libro è Paola Turroni, scrittrice e social worker, che ha tradotto in parole tutto quello che Luca le ha raccontato in diversi incontri, spesso insieme a Mattia. In queste conversazioni la storia di Luca si è espressa così vivida che Paola non ha potuto far altro che scrivere il libro in prima persona. Questo volume ha però una doppia vita: da un lato risponde all’esigenza di Luca di raccontare la sua storia, per sé, per gli altri, e soprattutto per Mattia che quando sarà più grande lo potrà leggere; dall’altro, ha come obiettivo avviare un progetto di solidarietà a favore dei minori che si trovano a crescere con un genitore in stato vegetativo. Le strutture, almeno nella nostra Regione, sono in grado di far fronte degnamente all’assistenza di questi malati, che spesso passano anni di lento declino prima di consegnarsi alla morte, ma accanto al malato ci

sono le famiglie, che si vengono a trovare in uno stato di fragilità, soprattutto nel loro anello più debole, i bambini e i ragazzi. Un’area grigia che passa spesso inosservata ma ha un’enorme necessità di essere accolta e supportata. «Nel dramma ho avuto la fortuna di avere una famiglia d’origine che, abitando nella stessa casa, mi ha aiutato giorno dopo giorno a sostenere la sfida, a reggere le fatiche e le sofferenze, a lavorare, assistere Viviana e crescere Mattia senza allontanarlo dal suo ambiente domestico» dice Luca. Nel tornado che ha scosso le loro vite la famiglia è stata un paracadute, un’ancora che purtroppo però non esiste in tutti casi. È la solitudine il dramma più grande per chi si trova a vivere l’angoscia della malattia. Proprio per far fronte a queste situazioni è nato il “Progetto Mattia” che prevede la costituzione di un “salvadanaio” nel quale vengono devoluti i ricavi della vendita del libro ed eventuali donazioni private. Gli interventi di sostegno nei confronti delle famiglie bisognose saranno realizzati con personale qualificato individuato dall’associazione “Uno nessuno centomila” di Luino. Essere seguiti

nel percorso scolastico o poter fare un’attività sportiva sono esigenze fondamentali per questi minori, le loro necessità vengono vagliate caso per caso. Al fianco di Luca c’è Fabio Cavallari, coordinatore del progetto, giornalista e scrittore. «Ormai siamo al via, abbiamo individuato due bambini i cui genitori in stato vegetativo sono assistiti presso la residenza Ovidio Cerruti di Capriate, saranno seguiti da uno psicologo e da un educatore» racconta Luca. «Mi sento molto toccato da queste situazioni, oggi Mattia ha otto anni, mi rendo conto quanto sia stato importante frequentare regolarmente la materna e le elementari, fare quasi tutto quello che facevano i compagni, giocare a basket. Lo sport ci ha aiutato molto in questi anni. Vorrei che tutti i bambini come lui potessero crescere con questi salvagenti. Purtroppo negli anni a venire questa emergenza famigliare è destinata a diventare più grave. I progressi delle cure mediche fanno sì che molte persone, soprattutto vittime di incidenti, che fino a qualche anno fa non ce l’avrebbero fatta rimangano in vita, ma in stato vegetativo» conclude.


STRUTTURE

HABILITA SAN MARCO

Il servizio di ortopedia si rinnova Ambulatori ortopedici dedicati, specializzati nelle diverse parti del corpo, dalla schiena al piede e alla mano, coordinati dal dottor Sinicato, specialista nella chirurgia protesica di ginocchio e anca ∞  A CURA DI FRANCESCA DOGI

Un servizio di ortopedia completamente rinnovato che va sempre di più verso la massima specializzazione. Habilita Poliambulatorio San Marco Bergamo dispone oggi di un’équipe di professionisti esperti in grado di effettuare visite specialistiche diversificate a seconda del singolo distretto corporeo e delle esigenze specifiche: dallo specialista dell’arto superiore (mano, gomito e spalla) a quello del piede, della colonna o dell’anca. Ogni paziente ha quindi la possibilità di essere visitato da un medico specializzato nelle patologie specifiche dall’arto o della zona interessata. Con lui approfondiamo le patologie che riguardano l’anca e l’intervento di protesi che in alcuni casi diventa l’unica terapia possibile. «La patologia dell’anca si può manifestare con piccole avvisaglie, quali un fastidioso dolore all’inguine, alla regione glutea o alla coscia, ad esempio salendo o scendendo dalla macchina; il bisogno di fermarsi un attimo prima di mettersi in cammino dopo essere stati fermi seduti o sdraiati a lungo; o ancora la difficoltà progressiva nel vestirsi con la necessità di accorgimenti per mettersi calze e scarpe» spiega il dottor Sinicato. «Può diventare doloroso e difficile sedersi su se82 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

dute basse, come accade anche nel bagno di casa, o salire in bicicletta; si rende necessario ridurre la propria autonomia fuori casa, nonostante l’aiuto di un braccio amico o di un appoggio. Persino la comparsa di una vaga lombalgia potrebbe essere un’avvisaglia che qualcosa all’anca non va bene». In alcuni casi, in particolare quando il dolore diventa troppo invalidante, può rendersi necessario (in seguito ai dovuti accertamenti e a una consulenza specialistica ortopedica) ricorrere a un intervento di artroprotesi d’anca. Già da diversi anni questo intervento ha tratto giovamento dalle innovazioni che la tecnologia costruttiva protesica e il miglioramento delle tecniche chirurgiche hanno permesso di introdurre. Una delle più rilevanti, negli ultimi tempi, è stata il cosiddetto accesso mininvasivo all’anca, tecnica nella quale il dottor Carlo Maria Sinicato (che opera nella Clinica “I Cedri” di Fara Novarese, acquisita da Habilita alla fine del 2016) è specializzato. «Questa metodica, eseguita per via anteriore, permette di accedere all’articolazione stessa senza ledere alcun muscolo o tendine» spiega il dottor Sinicato. «Venne descritta la prima volta da Hueter nel 1881, ma fu successivamente

perfezionata da altri chirurghi come l’americano Smith – Petersen che la rese maggiormente nota nel 1917 e dal quale prese il nome. Dopo alterne vicende, questa via d’accesso riacquistò vigore tra i chirurghi ortopedici, fino ai giorni nostri. Oggi viene utilizzata in più di 80 reference center nel mondo e cresce di pari passo il numero di pazienti trattati (più di 95.000) e il numero di chirurghi utilizzatori di questa specifica via. Tecnicamente questa metodica, definita AMIS (Anterior Minimal Invasive Surgery), si avvale di un passaggio anatomico tra il muscolo tensore della fascia lata e il muscolo sartorio che permette, attraverso un’incisione di ridotte dimensioni


rispetto a altre vie chirurgiche, di raggiungere l’articolazione dell’anca e impiantare una protesi che risulta da subito estremamente stabile in virtù del fatto che la meccanica dell’articolazione non viene alterata. Questo si traduce in una possibilità di ripresa funzionale estremamente precoce, nella ridotta necessità di utilizzo di stampelle e in un rientro a casa più veloce e meno faticoso». «L’intervento effettuato nella Casa di Cura “I Cedri” di Fara Novarese si avvale di un insieme di tecniche di chirurgia mininvasiva, o meglio a risparmio tissutale, strumentari altamente specifici e impianti protesici in alcuni casi dedicati, che dicata a soggetti giovani con elevate necessità funzionali, ma anche a persone non più giovanissime, per le quali la ridotta ospedalizzazione e la precoce mobilizzazione possono fare la differenza». Naturalmente è poi necessario un periodo riabilitativo per recuperare in pieno la funzionalità dopo l’intervento. Nella Casa di Cura “I Cedri” è presente anche un’Unità Operativa di Riabilitazione, che lavora in sinergia con i chirurghi ortopedici, per studiare e pianificare programmi specifici di riabilitazione per i pazienti reduci da un intervento. Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 83

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consentono di ottenere un ridotto sanguinamento, minor risentimento doloroso nel post operatorio, un recupero funzionale drasticamente più rapido» prosegue il dottor Sinicato «Questo consente una ridotta ospedalizzazione con tempi di degenza, per interventi non complicati di protesi d’anca, di pochi giorni. Quindi un minor rischio di intercorrere in complicanze di origine nosocomiale, una riduzione dell’incidenza di complicanze vascolari, una più veloce ripresa della propria vita sociale e di relazione, così come un più veloce reinserimento nel lavoro. Risulta in-



GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

OSS e ASA: prendersi cura delle persone fragili ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Una si occupa dei bisogni primari della persona per favorirne il benessere psico-fisico, aiutandola nelle attività quotidiane e nell’espletamento delle funzioni personali essenziali. L’altra lavora in stretta collaborazione con gli infermieri nell’assistenza ai pazienti e alle persone fragili. Parliamo rispettivamente dell’ASA (Ausiliario Socio Assistenziale e dell’OSS (Operatore Socio Sanitario), due figure sempre più richieste, anche e soprattutto a causa dell’allungamento della vita e del conseguente aumento delle malattie croniche. Ma di cosa si occupano nel dettaglio una e l’altra? Qual è il percorso per prepa-

rarsi a queste professioni? E quali gli sbocchi lavorativi? «Nel 20172018 sono stati 172 i corsi per Ausiliario Socio Assistenziale ASA (88) e per Operatore Socio Assistenziale OSS (84) erogati in Regione Lombardia. Si tratta di corsi rivolti a persone maggiorenni che diventano professionisti nel settore socio sanitario rispondendo al bisogno crescente di assistenza alla persona derivante dall’innalzamento della speranza di vita e dall’aumento di incidenza delle malattie croniche» spiega Giuseppe Cavallaro, direttore di ENGIM Lombardia. «In base ai dati Excelsior UnionCamere 2017, il fabbisogno annuale in Lombardia

si attesta sulle 5.000 unità di cui il 90% coperto soprattutto con assunzioni a tempo determinato (nel 40% dei casi si tratta di sostituzioni) ma con una difficoltà di reperimento pari al 20%. Questi dati aprono reali opportunità di impiego per i nostri adulti in riconversione lavorativa e per i giovani inoccupati in uscita dal sistema scolastico (nel 20% dei casi non si richiede pregressa esperienza sul campo). Interessante è che le strutture socio sanitarie ritengono adatti nel 70% dei casi sia i maschi sia le femmine, infrangendo la percezione culturale che vede le donne più portate a questo tipo di professioni». Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 85


GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

Cominciamo con l’ASA. Che formazione è richiesta e che tipo di mansioni può svolgere? L’ASA si consegue frequentando percorsi formativi regolamentati da Regione Lombardia (Dgr. 24 luglio 2008 n. 7693) della durata di 800 ore (di cui 350 ore di tirocinio curricolare) che, pur non dando un’abilitazione nazionale, sono facilmente riconosciuti, con modalità specifiche per ciascuna regione, nel territorio nazionale. L’ASA interviene affiancando diverse figure professionali sia sociali sia sanitarie in servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario a ciclo diurno, residenziale o domiciliare. Svolge mansioni principalmente indirizzate a mantenere e/o recuperare il benessere psico-fisico della persona, assistendola nelle attività quotidiane e aiutandola nell’espletamento delle funzioni personali essenziali. Per accedere ai corsi ASA, oltre a possedere la maggiore età, è sufficiente avere la licenza media. Da sottolineare il vantaggio di poter proseguire direttamente ai corsi per acquisire il titolo di OSS (nel 2017/2018 sono stati 33 i corsi di riqualifica ASA in OSS in Lombardia) con sole 450 ore di formazione rispetto alle 1.000 previste. L’OSS, invece, che percorso deve seguire e in che ambiti può lavorare? L’OSS si consegue frequentando percorsi formativi abilitanti in base all’Accordo Stato - Regioni del 22 febbraio 2011 che permettono, per 86 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018

chi possiede il diploma di istruzione o una qualifica professionale triennale, con appunto 1.000 ore di formazione (di cui 450 di tirocinio) di ottenere un titolo valido in tutto il territorio nazionale. È un professionista che opera in strutture sanitarie private e pubbliche (in questo caso si accede per concorso), sociosanitarie e assistenziali, residenziali e semi-residenziali. Rispetto all’ASA qui si parla di una professione più specialistica che, lavorando in stretto rapporto con gli infermieri, sta prendendo sempre più spazio negli ospedali e nelle case di cura, cioè sul fronte sanitario, occupandosi di attività non mediche nei reparti. Rifà i letti, porta i pasti ai pazienti, accompagna i degenti in bagno e li accudisce, cura l’igiene personale e somministra la terapia sotto sorveglianza degli infermieri. Si occupa del trasporto dei pazienti all’interno del presidio ospedaliero utilizzando le apposite carrozzine o i letti. Pulisce gli ambienti in cui si trovano i malati e aiuta l’infermiere nella loro pulizia. A dicembre del 2017 è stato approvato dal Senato il Ddl Lorenzin che tra le altre cose riscrive la procedura per il riconoscimento di nuove professioni sanitarie, stabilendo un sistema potenzialmente aperto. Questa procedura, che passerà per il parere tecnico scientifico del Consiglio superiore di Sanità, inquadrerà l’OSS in un nuovo profilo di professionista sanitario (insieme a assistente sociale, sociologo e educatore professionale) con una modifica da parte del Ministero dell’Istruzione del ri-

ordinamento didattico per formare i “nuovi OSS”. Per chi è già OSS non dovrebbe cambiare nulla, almeno a livello formativo, però è certo che siamo di fronte a un profilo che si evolverà e potrebbe diventare tra le professioni più richieste dagli allievi degli istituti professionali di indirizzo che non decidono di proseguire gli studi nel percorso universitario di Scienze infermieristiche.

“SIMILI” MA DIVERSI In comune i percorsi formativi per diventare OSS e ASA hanno: Il costo interamente a carico dell’allievo (in media 1.600 euro per l’ASA e 1.900 euro per l’OSS); l’alta percentuale di ore di tirocinio curricolare; il fatto che sono erogati dagli enti formativi accreditati Regione Lombardia; la centralità delle competenze “trasversali” (lavorare in gruppo, problem solving, autonomia, flessibilità e adattamento). Tra i due titoli però ci sono differenze sostanziali, sia per le mansioni sia per la didattica e il valore del titolo.



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∞  A CURA DI FRANCESCA DOGI

«I muscoli del corpo sono collegati tra loro dalle cosiddette catene muscolari. Spesso uno squilibrio a livello occlusale (cioè una chiusura non corretta delle arcate dentali) può manifestarsi a una certa distanza dalla bocca con dolori o anomalie nella postura. Individuata la causa del difetto occlusale lo possiamo trattare agendo sui denti naturali o sulle eventuali protesi». Chi parla è il dottor Maurizio Maggioni, odontoiatra, fondatore e direttore della Clinica Dentale Pianeta Sorriso, struttura specializzata in tutti i settori dell’odontoiatria e nell’approccio multidisciplinare in particolare per il trattamento di situazioni complesse. «Quando un paziente non vuole affrontare le cure necessarie a eliminare il difetto proponiamo l’uso di un bite, che, se ben progettato, è in grado di portare la mandibola nella posizione corretta ripristinando l’equilibrio che era venuto meno». Una volta normalizzata l’occlusione, possono intervenire con successo il fisioterapista o l’osteopata per ristabilire l’equilibrio muscolare del paziente. «Abbiamo recentemente acquisito un sistema di ultima generazione per l’Analisi Posturale Globale, formato dalla combinazione di una pedana stabilometrica (per l’analisi del passo), di un particolare

specchio posto sopra il paziente, una fotocamera e un caschetto in grado di individuare i movimenti cervicali. I dati raccolti dai diversi dispositivi sono combinati e analizzati da un sofisticato software che ci offre un’analisi molto precisa di tutti gli aspetti posturali. Questa moderna tecnologia, nostro fiore all’occhiello in ambito posturale, è utilissima sia per programmare gli interventi sul paziente sia per verificare i progressi ottenuti con le cure. Va ad aggiungersi alla gamma di tecnologie avanzate che per noi sono routine: laser per la cura e la diagnosi odontoiatrica, nuovi sistemi radiologici a bassissimo dosaggio, sistemi diagnostici senza radiazioni, modellamento 3D delle impronte, pulizia con Air brush, ozonoterapia, sedazione cosciente e protesi e chirurgia con cad-cam». Pianeta Sorriso schiera 11 professionisti odontoiatri ed igienisti, selezionati nelle migliori cliniche e università, specializzati in ortodonzia invisibile e tradizionale, conservativa, igiene, implantologia, chirurgia orale, pedodonzia e da ultimo anche medicina estetica, come complemento ai trattamenti dentali per raggiungere il miglior risultato estetico. «Giunto a 30 anni di attività, ho individuato alcuni giovani professionisti con una preparazione eccellente che condividono

la mia filosofia e saranno in grado di garantire la migliore continuità di Pianeta Sorriso» spiega il dottor Maggioni. «Siamo in grado di dare servizi a 360° nell’odontoiatria di ultima generazione».

CLINICA DENTALE PIANETA SORRISO Via Zelasco, 1 - Bergamo Tel. 035 213009 info@mauriziomaggioni.it www.pianetasorriso.it

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 89



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RSA Bramante si amplia Una risposta di qualità alle esigenze geriatriche della comunità bergamasca ∞  A CURA DI FRANCESCA DOGI

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Il Gruppo Edos - attivo da anni nella gestione di residenze per anziani e categorie fragili, con 16 strutture in tutta Italia e circa 1.400 posti letto - consolida l’offerta del bacino sanitario della valle bergamasca con lo sviluppo dell’ampliamento di RSA Bramante di Pontida, caposaldo dell’area per la cura e assistenza ad anziani auto e non autosufficienti. RSA Bramante, struttura rilevata dal Gruppo toscano del giugno 2016, vedrà la creazione di ulteriori 20 posti letto totali - oltre ai 49 già esistenti e accreditati - in un nucleo di nuova costruzione e in un’ala in ristrutturazione totale. I primi 12 posti saranno già attivi tra meno di un mese, per rispondere alle necessità di ospitalità territoriali. La creazione poi di uno speciale anello di recinzione, in armonia con l’ambiente circostante, permetterà alla struttura di accogliere anche ospi-

ti con condizioni cognitivo-comportamentali particolari, fornendo al territorio un ambiente di elevata sicurezza. Non solo spazi nuovi, ma anche progetti nuovi dedicati alla cura cognitiva di anziani con particolari necessità. «RSA Bramante amplia i propri servizi con attività interattive guidate da una psicologa e incentrate sulla singola persona, in compartecipazione con le famiglie» racconta Roberta Zanardi Responsabile Struttura RSA Bramante. «Si tratta un percorso composto da esercizi dolci come il “Memory training” e il “libro della vita”, il cui focus è conservare, o addirittura ripristinare, le facoltà cognitive, consentendo agli educatori di proseguire nel lavoro di cura dell’ospite in attività di équipe». Moderna e luminosa, RSA Bramante risponde alle finalità di cura geriatrica e di accoglienza per persone anziane autosufficienti e non,

Il Gruppo Edos a Exposanità di Bologna Edos parteciperà, dal 18 al 20 aprile, a Exposanità, presso Bolognafiere, stand B63 del padiglione 19, dove verranno presentati da H.A.R.G. - Healthy Aging Research Group - partner del gruppo, i primi dati relativi a “Wean Care”, prezioso progetto sperimentale dedicato ai soggetti con fragilità alimentari e disfagia di cui alcune strutture del Gruppo sono state pilota in Italia. Per maggiori informazioni 800 966159 o www.edossrl.it.

con soggiorni temporanei e definitivi: attiva 24 ore su 24 con cure sanitarie, attività assistenziali, riabilitative e di animazione per mantenere e rafforzare le capacità funzionali, motorie, cognitive e relazionali degli ospiti, si avvale di apparecchiature all’avanguardia ed è guidata da uno staff sanitario multidisciplinare con esperienza, sensibile e attento… per offrire un’assistenza qualificata, continua e dolce.

RSA BRAMANTE Via Gambirago 570 Pontida (BG) Tel. 035 783128

Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 91



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0ssigeno-ozono terapia la cura naturale per il dolore ∞  A CURA DI FRANCESCA DOGI

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Dall’ernia del disco all’artrite psoriasica, dall’herpes ai disturbi della circolazione fino alle fibriomialgie: sono tante le patologie che possono trarre giovamento dall’ossigeno-ozono terapia, tecnica terapeutica che sfrutta la capacità dell’ozono, combinato con l’ossigeno, di ridurre la produzione di radicali liberi (i principali responsabili dell’invecchiamento cellulare) e di sostanze tossiche per le cellule. Ne parliamo con il dottor Ademir Festa, fisiatra presso il Centro Medico M.R. di Gorle, moderna struttura polispecialistica presente sul territorio bergamasco da oltre 30 anni, all’interno della quale è possibile trovare una vasta gamma di servizi e trattamenti medici sicuri, efficaci e innovativi, come appunto l’ossigeno-ozono terapia. Dottor Festa, cosa si intende per ossigeno-ozono terapia? È una terapia, priva di controindicazioni, effetti collaterali e indolore, che si basa sulla somministrazione di una miscela gassosa, originata mescolando l’ozono con l’ossigeno. Metodica che ha più di un secolo di vita, oggi rappresenta un rimedio rivoluzionario per la salute e il benessere fisico. A seconda della patologia da trattare la concentrazione di ozono è diversa: maggiore nella cura delle patologie ortopediche, minore per i problemi circolatori e per la medicina estetica. Come si svolge il trattamento? Le vie di somministrazione più comuni sono intramuscolare, sottocutanea, intrarticolare, endovenosa (autoemo infusione), insuffla-

zione rettale, vaginale e nasale. Per ottenere un buon risultato è fondamentale la corretta scelta della metodica di somministrazione. Per quali problematiche è indicata? La potente azione antinfiammatoria e antidolorifica dell’ossigeno-ozono viene sfruttata anche nel trattamento delle patologie ortopediche più frequenti come cervicalgia, tendiniti, lombalgia, patologie sportive, periartriti, artrosi etc.. L’azione antinfiammatoria è dovuta al fatto che l’ossigeno-ozono favorisce l’eliminazione delle sostanze mediatrici del dolore e dell’infiammazione, come istamina, serotonina, prostaglandine, sempre in modo del tutto naturale. Ma è efficace anche per l’ernia del disco? Sì, viene usata per risolvere il problema delle protrusioni discali e dell’ernia del disco permettendo di ridurre l’infiammazione e il dolore e, in molti casi, evitando l’intervento chirurgico. La discolisi consiste nella somministrazione, tramite iniezione, dell’ozono medicale in concentrazioni e quantità ben definite in corrispondenza del

disco intervertebrale interessato dall’ernia. L’ozono-ossigeno attiva la disgregazione dei doppi legami di zolfo, di cui è ricco il contorno discale, e quindi permette la disidratazione del tessuto del disco intervertebrale. A seguito della riduzione di volume del disco diminuisce la pressione intradiscale che rappresenta la causa dell’infiammazione e del dolore.

CENTRO MEDICO MR Dir. San. Prof. Massimo Valverde Via Roma 28 - Gorle (BG) Tel. 035 290636 - 4236140

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Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 93



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Il percorso del Virtual Dementia Tour ® Una finestra sul mondo della demenza ∞  A CURA DI FRANCESCA DOGI

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La perdita delle autonomie quotidiane della persona che vive la demenza richiede alla sua famiglia un intervento che consenta di mantenere il più possibile relazioni attive nella quotidianità. La sfida che oggi ci troviamo ad affrontare a livello sociale, quindi, è: come può il territorio supportare gli anziani e le loro famiglie in un bisogno che va oltre l’assistenza di tipo sanitario e coinvolge in modo pieno la sfera della quotidianità delle persone non più autosufficienti? Anche con progetti innovativi come il Virtual Dementia Tour® (VDT®), un percorso esperienziale, originale e scientificamente provato per costruire una maggiore comprensione del tema della demenza, ideato da P.K. Beville M.S, specialista in geriatria e fondatrice di Second Wind Dreams®, organizzazione internazionale no profit, con sede a Roswell (Georgia). È stata riconosciuta come la numero uno negli Stati Uniti nell’impegno per trasformare la percezione dell’invecchiamento attraverso la realizzazione dei sogni per le persone anziane. A oggi il VDT è stato sperimentato da oltre due milioni di persone in 20 Paesi nel mondo. In Italia, la diffusione del

VDT è stata affidata in esclusiva e per la prima volta all’Associazione InsiemeAte Onlus, un’impresa sociale che fornisce assistenza domiciliare a favore di persone fragili e delle loro famiglie, per garantire benessere e qualità della vita all’interno della propria casa. «Durante l’esperienza del VDT, facilitatori qualificati guidano i partecipanti, equipaggiati con dispositivi brevettati che alterano i loro sensi, mentre

Quando la demenza colpisce, colpisce l’intera Comunità, non solo l’individuo” cercano di compiere comuni mansioni quotidiane ed esercizi» spiega Paola Brignoli, direttore operativo dell’Associazione InsiemeAte Onlus «il VDT permette ai caregiver di sperimentare in prima persona le difficoltà fisiche e mentali che le persone con demenza devono affrontare quotidianamente e di usare a loro volta questa esperienza per fornire una migliore assistenza centratasullapersona(Person-Centred-Care)». Il progetto coinvolgerà

INSIEMEATE ONLUS Via Francesco Baracca 28 San Paolo d’Argon BG Numero verde 840 000 640 info@insieme-a-te.it www.insieme-a-te.it

gli operatori professionalmente deputati all’assistenza delle persone anziane, le famiglie e il contesto sociale in cui la persona fragile vive, nello specifico. > Nell’ambito professionale di assistenza e cura delle persone anziane. Il VDT è ideato per la formazione del personale in contesti clinici e/o educativi (operatori di RSA, case di riposo, servizi a domicilio, scuole di medicina, organizzazioni specializzate nell’assistenza anziani etc.) al fine di offrire una visione in grado di modificare la prospettiva e le modalità con cui lo staff si approccia al tema dell’assistenza alla persona. La conclusione è che la qualità della vita degli assistiti migliora e i caregiver possono beneficiare di una riduzione del numero di situazioni gravose e di un miglioramento nella relazione. > All’interno della Comunità. Il Virtual Dementia Tour è stato sviluppato anche per mostrare a tutti uno scorcio del mondo della demenza e consentire di comprenderla per elaborare consapevolezza e informazioni necessarie in qualsiasi contesto in cui venga sperimentata la demenza (lavoro, famiglia etc.). «La partnership tra Second Wind Dreams e InsiemeAte consentirà quindi di utilizzare un approccio metodologico scientifico e certificato, ovvero operare con strumenti validi e riconosciuti per la sensibilizzazione di tutti gli attori della rete sociale con cui si interfaccia la persona che quotidianamente vive il tema della demenza» conclude Paola Brignoli. Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 95



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Guida alla scelta della pappa ∞  A CURA DI FRANCESCA DOGI

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Qual è l’alimentazione più adatta al vostro amico a quattro zampe? Come scegliere i migliori prodotti per lui? La prima cosa è affidarsi a esperti del settore e a negozi che offrano prodotti di qualità. Come Animal Center di Dalmine, dove si possono trovare alimenti e accessori di alta qualità, selezionati con cura nel corso degli anni, e un personale altamente preparato grazie ai numerosi corsi di aggiornamento. Fondamentale per orientarsi nella scelta del cibo è imparare a leggere l’etichetta. Ne parliamo con la dottoressa Simona Papa, medico veterinario. Dottoressa Papa, che cosa ci dice l’etichetta? L’etichetta è divisa in due parti: ingredienti e composizione analitica. Per quanto riguarda gli ingredienti, le materie prime di un alimento per cane o gatto devono essere elencate in ordine decrescente. Salvo particolari patologie o esigenze del singolo animale, e salvo diversa indicazione del veterinario curante. Il primo ingrediente dovrebbe essere carne o pesce. ANIMALCENTER Strada Statale 525 29 Dalmine(BG) Tel. 035 0432113 Facebook: Animal Center

A proposito di carne che differenza c’è tra carne cruda, carne disidratata e farina di carne? Carne fresca e carne disidratata sono da preferirsi rispetto alle farine e ancor di più a “carne e derivati” e a “carne e sottoprodotti”. Carne fresca e carne disidratata sono costituite da muscolo destinabile anche al consumo umano.

che non brucia. È costituito prevalentemente da minerali di cui le carni fresche sono molto ricche. In passato si riteneva che a ceneri alte corrispondesse qualità inferiore, oggi non è più necessariamente così se tra gli ingredienti è presente un buon quantitativo di carne fresca perché ricca di ferro, zinco e selenio. Le ceneri variano dal 6 al 11% circa.

Che cosa si intende, invece, per composizione analitica? La componente analitica si divide in: proteine, carboidrati, grassi e ceneri. > Proteine: non tutte le proteine, così come non tutti i carboidrati sono uguali, cambiano per esempio il loro valore biologico e la loro digeribilità. > Carboidrati: non sono dannosi per la salute dell’animale, ma in generale è meglio che non superino il 30% perché tendono a far ingrassare, specie se l’animale è piuttosto sedentario. Poiché non sono quasi mai riportati in etichetta, l’unico modo per sapere quanti sono è partire da un 100% e sottrarre tutte le altre percentuali (proteine, grassi, ceneri, etc) più un 13% circa di umidità, anch’essa quasi mai riportata. > Grassi: hanno funzione energetica e in genere sono presenti in ragione del 15-20%. > Ceneri: è la parte di alimento

Ma il prezzo è un indicatore di qualità? Un alimento dal prezzo molto basso, sicuramente non è di qualità. Questi prodotti spesso contengono elevate quantità di ingredienti difficilmente digeribili per i nostri amici animali se somministrati in alte dosi. Il costo giornaliero per mantenere un animale non varia in modo significativo utilizzando un prodotto di alta o bassa qualità, in quanto quest’ultimo, per soddisfare le esigenze nutrizionali quotidiane, va generalmente somministrato in quantità maggiori rispetto al prodotto di qualità. Ovviamente, non vuol dire che se costa molto allora sia necessariamente buono. Però eliminando la fascia troppo bassa di prezzo avremo già escluso circa i 3/4 delle proposte che potrete trovare nella grande distribuzione e probabilmente almeno nella metà di un petshop medio. Marzo/Aprile 2018 | Bergamo Salute | 97


Bergamo Salute anno 8 | n°43 Marzo | Aprile 2018

Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Nello Ruggiero nello.ruggiero@marketingkmzero.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, Pentaphoto, Francesco Legramanti, Laura Pietra Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing km Zero Srls Via Broseta, 121 – 24128 Bergamo Tel. 035.258559 – Fax 035.209040 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco, Gianluca Zanardi

COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

COMITATO ETICO • • • • •

Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo Beatrice Mazzoleni - Presidente IPASVI

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993 © 2017. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche. I canali di distribuzione di Bergamo Salute • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it 98 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2018


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