Bergamo Salute - 2021 - 63 - novembre/dicembre

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numero

63

Anno 11 Novembre | Dicembre 2021

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

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Stagione influenzale 2021-2022 CHE COSA CI ASPETTA?

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Scompenso cardiaco LE NUOVE FRONTIERE DELLA CURA

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Virus respiratorio sinciziale ECCO QUELLO CHE C’È DA SAPERE

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Bellezza RETINOLO, ISTRUZIONI PER L’USO

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Luca Viscardi

Il Covid mi ha cambiato la vita Novembre/Dicembre 2021 | Bergamo Salute | 1


PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE

LE BUONE PRATICHE PER TENERE MONITORATO IL PROPRIO STATO DI SALUTE ORALE Per salute orale non si vuole intendere solamente assenza di malattia, ma molto di più: si tratstato di salute e di benessere della persona; esistono, ad esempio, correlazioni tra malocclusione dentale e alterazioni della postura corporea e tra parodontopatie e patologie dell’apparato cardiovascolare e diabete. Le malattie del cavo orale sono strettamente legate agli stili di vita (igienici e alimentari) e sono provocate in larga misura da batteri contenuti nella placca dentaria.

che visite specialistiche permettono il precoce intercettamento di eventuali processi patologici. Una buona igiene orale prevede innanzitutto il corretto spazzolamento dei denti, che deve avvenire almeno tre volte al giorno (dopo i interdentale. Tali manovre hanno lo scopo di eliminare meccanicamente la placca batterica dalle

residui di cibo. Per quanto riguarda invece le abitudini alimentari, un abbondante apporto di zuccheri con la dieta può determinare, da parte dei batteri cariogeni, la formazione di sostanze acide La mancanza di adeguati interventi di prevenzione può portare responsabili della demineralizzazione della componente inorgaad alti valori di prevalenza di carie e di parodontopatie, con per- nica dello smalto e della dentina. dita precoce di elementi dentari causa di edentulismo (parziale o Per questi motivi, le visite a cadenza periodica, oltre a creare una totale) e di conseguenti disagi funzionali ed estetici. La prevenzione delle malattie dei denti e delle gengive si fonda consapevolezza del proprio stato di salute, servono a far conosull’adozione e la pratica quotidiana di precise norme di com- scere i mezzi oggi a disposizione per una buona prevenzione e a portamento legate a pratiche di igiene orale. Inoltre, periodi- intercettare precocemente eventuali patologie.

LA PRIMA VISITA E LE VISITE PERIODICHE: IL RUOLO DELLO SPECIALISTA NELLA PREVENZIONE La prima visita odontoiatrica andrebbe fatta in età infantile, entro i tre anni di età. In questo modo, il professionista può verificare lo sviluppo dei denti, dell’ossatura della bocca e del palato e, in caso di piccoli problemi, può subito intervenire. È preferibile poi, sottoporsi regolarmente – almeno ogni 6 mesi - a visite periodiche dal dentista per identificare e poter curare, sin dalle prime fasi, eventuali processi patologici a carico dei denti e delle gengive.

LA DIAGNOSI PRECOCE In odontoiatria, le patologie dentali più comuni – la carie e la piorrea – sono patologie croniche e asintomatiche per molti anni. In certi casi, quando il paziente si rende conto del problema però, il rischio di danneggiare i denti potrebbe acutizzarsi.

INFORMARSI È IL PRIMO PASSO PER PREVENIRE


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) EDITORIALE 7 Il nostro Comitato Etico si allarga ) ATTUALITÀ 8 Stagione influenzale 2021-2022. Cosa ci aspetta? ) SPECIALITÀ A-Z 10 Cardiologia Scompenso cardiaco. Le nuove frontiere nella cura 12 Farmacologia Molnupiravir: un antivirale contro il Covid 14 Pediatria Nuovi farmaci e la terapia personalizzata contro la fibrosi cistica ) PERSONAGGIO 16 Luca Viscardi Il Covid mi ha cambiato la vita ) IN SALUTE 18 Stili di vita Fare a maglia. Una passione che fa (del) bene! 20 Alimentazione Barbabietola: il colore amico della salute ) IN ARMONIA 24 Psicologia A scuola di autoefficacia 28 Coppia Quando la coppia non comunica più. È troppo tardi o ci si può dare una possibilità?

Anno 11 Novembre | Dicembre 2021

) IN FAMIGLIA 30 Dolce attesa Cosa fare se la testa del feto è rivolta verso l’alto 34 Bambini Virus respiratorio sinciziale: ecco quello che c’è da sapere 36 Ragazzi Il sesso insegnato ai ragazzi ) IN FORMA 38 Fitness Ginnastica ritmica sportiva 40 Bellezza Retinolo, istruzioni per l’uso ) ATS INFORMA 42 Emergenza medici in Bergamasca: ATS al lavoro per trovare soluzioni ) RICETTA 50 Tartellette di castagne e nocciole con crema all’arancia ) RUBRICHE 52 Altre terapie Terapia neurale, un rimedio ancora poco conosciuto contro il dolore 54 Guida esami Quando serve l’agoaspirato alla tiroide 56 Animali Starnuto: quando preoccuparsi

) DAL TERRITORIO 58 News 60 Terzo Settore Associazione Mosaico 62 Farmacie La farmacia del futuro. Nuovi scenari per la salute dei cittadini 64 Il lato umano della medicina Danze di sguardi 67 Malattie rare Sindrome di Robinow 68 Testimonianza Il mio miracolo: dal coma alla maglia tricolore ) STRUTTURE 70 RSA Caprotti Zavaritt ) PROFESSIONI SANITARIE 72 Assistente sanitario ) REALTÀ SALUTE 75 20Fit 77 Engim Lombardia 79 Cooperativa In Cammino 81 Centro Fisioterapico Medico Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE

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EDITORIALE

Il nostro Comitato Etico si allarga Eccoci alla fine di un altro anno piuttosto complicato, anche se segnato da una situazione sanitaria un po’ più leggera del precedente. Forse nel 2021 è emersa in ritardo la fatica per quanto si è dovuto attraversare nei mesi passati. Soprattutto chi opera nelle strutture sanitarie, RSA, nell’assistenza in generale deve fare i conti con il burnout, lo stress lavorativo che da sempre risulta essere particolarmente pesante per gli addetti del settore socio-sanitario. Per loro c’è anche da far fronte a stanchezza e atteggiamenti di rifiuto o negazionismo da parte di una non esigua fascia di persone. Probabilmente mai come ora, negli ultimi anni, è stata forte la richiesta di un supporto psicologico da parte della popolazione, non solo per il burnout di cui si diceva, ma anche per l’aumento delle situazioni di lutto, di ansia e depressione dovute all’incertezza e alla paura per sé

e i propri cari, in termini di sicurezza sanitaria ed economica. È con grande soddisfazione, quindi, che accogliamo da questo numero nel Comitato Etico di Bergamo Salute proprio i Referenti territoriali di Bergamo e Provincia dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL), dottor Andrea Poerio e dottoressa Diana Prada. Forse non tutti i lettori sanno che Bergamo Salute dalla sua nascita, 11 anni fa, è stata accompagnata da un Comitato Etico e da un Comitato Scientifico che vegliano su quanto viene pubblicato, in termini di coerenza etica e deontologica e di correttezza dell’informazione medico-scientifica. Può essere più intuitivo comprendere la funzione del comitato scientifico nel rivedere i contenuti della rivista, ma qual è la funzione del Comitato Etico? Lo spieghiamo attraverso uno dei suoi aspetti più importanti: evitare la commistione tra pura informazione e pubblicità.

Bergamo Salute è un free press, lo trovate in diffusione gratuita in moltissimi punti della provincia di Bergamo. Ciò è possibile grazie alle realtà, alcune presenti sin dalla nascita della testata, che la sostengono investendo in pubblicità. Questa pubblicità però è sempre ben distinta dall’informazione medico scientifica: un impegno di direzione e redazione sotto l’occhio vigile del Comitato Etico. Vogliamo quindi esprimere un augurio per le feste di fine anno a tutti i nostri lettori e un caloroso ringraziamento ai preziosi collaboratori vecchi e nuovi dei nostri comitati. Senza i quali Bergamo Salute non sarebbe quello che è.

Adriano Merigo


ATTUALITÀ

Stagione influenzale 2021-2022 Cosa ci aspetta? ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Mentre i numeri del contagio da Covid 19 hanno ripreso una lenta ma costante risalita, ha cominciato a fare la sua comparsa anche l’influenza stagionale. Lo scorso anno si era registrato un terzo dei casi di influenza rispetto alla stagione pre-Covid: mascherine, distanziamento, scuole chiuse, parziale lockdown nei mesi freddi avevano di fatto impedito ai virus influenzali di circolare. Ora però, anche complice il parziale allentamento delle misure anticovid, la diffusione del virus influenzale potrebbe essere maggiore. Come proteggersi? Come distinguere una “semplice” influenza da un’infezione da Sars-CoV-2? Ne parliamo con il professor Fabrizio Pre-

gliasco, Direttore scientifico di Osservatorio Influenza, Virologo, Ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi.

una stagione di rischio medio/ medio-basso. Ci aspettiamo dai quattro ai sei milioni di casi, con il picco tra dicembre e gennaio. In particolare, prevediamo quattro virus, tra cui l’A(H3N2)».

INFLUENZA O COVID 19? UN VIRUS INFLUENZALE GIÀ “CONOSCIUTO” Ogni anno l’influenza ha una dimensione diversa in funzione di quanto è “nuovo” il virus influenzale. Più si modifica, infatti, maggiore è la platea di persone che può contagiare. «Quest’anno il virus si è modificato, ma non troppo, quindi meno persone saranno suscettibili alla malattia» osserva il professor Pregliasco. «Sarà quindi

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Distinguere l’influenza dal Covid non sarà facile, perché i sintomi, almeno quelli d’esordio, sono simili: almeno un sintomo respiratorio (ad esempio il naso che cola o chiuso, starnuti, mal di gola etc.); l’innalzamento brusco della temperatura corporea minimo a 38°C; almeno un sintomo sistemico generale, come ad esempio brividi, spossatezza, dolori articolari etc.. «In caso di comparsa di questi sintomi


la cosa migliore da fare è evitare spostamenti e limitare il più possibile i contatti con le altre persone, in forma preventiva, e sottoporsi al tampone per rimuovere qualsiasi dubbio, proprio perché la variante Delta non presenta più quei sintomi peculiari del Covid, tipo la perdita di gusto e olfatto, ma ha modificato leggermente la propria sintomatologia assomigliando molto all’influenza classica. Il trattamento raccomandato in caso di influenza è quello dell’automedicazione responsabile per attenuare i sintomi senza azzerarli, in accordo con il proprio medico curante. No quindi agli antibiotici se non su espressa indicazione medica, sì invece agli antipiretici» consiglia il professor Pregliasco.

L’IMPORTANZA DELLA VACCINAZIONE Curare l’igiene respiratoria (coprire la bocca e il naso se si tossisce o starnutisce), lavare spesso e con cura le mani, evitare i contatti con gli altri se si è malati sono i metodi più utili per ridurre la circolazione del virus. Ma, come stiamo vedendo con il Covid, l’arma più sicura di prevenzione rimangono comunque i vaccini. Ecco perché la raccomandazione rimane, come sempre, quella di vaccinarsi anche contro l’influenza. Anche se tendiamo a vedere l’influenza come un “banale” malanno di stagione, in realtà ogni anno 8-10mila persone

muoiono di complicanze dell’influenza. Il periodo più indicato per le profilassi è quello autunnale così da avere una copertura almeno fino a febbraio-marzo. Una novità di quest’anno è che il vaccino si potrà fare anche in farmacia. Maggiore attenzione, come sempre, deve essere prestata a over 65 e soggetti fragili. Sempre in un’ottica di limitare il più possibile la circolazione dei virus influenzali, quest’anno, come era già accaduto la scorsa stagione, il vaccino viene offerto gratuitamente anche alla fascia di popolazione che ha tra i 60 e i 64 anni, oltre che agli over 65 ed è raccomandato anche a tutti i bambini tra i 6 mesi e i 6 anni. «I bambini rimangono i principali “untori” per quanto riguarda l’influenza, tanto più in epoca pandemica perché è più difficile per loro seguire le regole di protezione come l’uso della mascherina, il frequente lavaggio delle mani, il distanziamento, ed evitare di toccare occhi e bocca. Quest’anno, con le scuole aperte e la maggiore mobilità, ci aspettiamo più casi di influenza tra i piccoli rispetto allo scorso anno» sottolinea il professor Pregliasco. Il vaccino antinfluenzale comunque è consigliato anche per le categorie meno vulnerabili per evitare l’assenteismo legato alla malattia e soprattutto facilitare la diagnosi differenziale tra i due virus. «Finora, grazie alla campagna vaccinale, siamo riusciti a tenere sotto controllo il nume-

PROF. FABRIZIO PREGLIASCO Virologo Ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell’IRCCS Galeazzi (Mi)

ro di contagi da Coronavirus, ma negli ultimi giorni si sta assistendo purtroppo a un nuovo aumento dei casi. La situazione va dunque monitorata in modo attento. Non è infatti escluso che nel prossimo inverno, complici l’arrivo del freddo e la diffusione di nuove varianti tra cui la variante Delta Plus, ci possa essere anche in Italia un ultimo colpo di coda del virus e che la stagione possa essere caratterizzata dalla compresenza di Covid-19 e influenza, malattie con sintomi appunto molto simili. In quest’ottica è bene non farsi dunque trovare impreparati. Utile utilizzare anche le vaccinazioni contro gli pneumococchi, che servono a proteggere dalle polmoniti e dalle bronchiti e che possono essere somministrate insieme all’antinfluenzale» conclude l’esperto.

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SPECIALITÀ A-Z

CARDIOLOGIA

Scompenso cardiaco Le nuove frontiere nella cura ∞  A CURA DI MAURIZIO TESPILI

In Italia lo scompenso cardiaco riguarda più di un milione di persone, con un’incidenza che aumenta all’aumentare dell’età. Secondo recenti stime, infatti, colpisce circa l’1% delle persone di età inferiore ai 55 anni ma oltre il 10% di quelle con più di 70 anni. Questa patologia riduce la capacità di lavoro del cuore e, se non trattata opportunamente, con il tempo può peggiorare così tanto da compromettere la qualità della vita. Per fortuna oggi esistono diversi trattamenti per curare questo disturbo. Tra le tecniche più innovative, c’è anche una procedura mininvasiva all’avanguardia, basata sull’impianto di un piccolo dispositivo chiamato Atrial Flow Regulator.

SE IL CUORE NON POMPA ABBASTANZA Lo scompenso cardiaco, o meglio l’insufficienza cardiaca, è una condizione che si verifica quando il cuore non riesce a pompare il sangue nella giusta quantità e con la giusta pressione. Il risultato di tale incapacità è una ridotta ossigenazione di organi e tessuti del corpo e una conseguente compromissione della qualità della vita. Si tratta di una problematica piuttosto diffusa ma non sempre semplice da diagnosticare per via della frequente mancanza di sintomi evidenti. Con il passare del tempo però, se non curata in modo adeguato, questa disfunzione cardiaca può costringere a corse improvvise al Pronto Soccorso e,

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nei casi più gravi, richiedere anche il ricovero.

TERAPIE DIVERSE A SECONDA DELLA GRAVITÀ Il trattamento dell’insufficienza cardiaca dipende dalla gravità dello scompenso stesso e dei sintomi. Se di lieve entità, può essere trattato apportando alcune modifiche al proprio stile di vita. Praticare regolarmente attività fisica aerobica d’intensità moderata ad esempio può essere d’aiuto per mantenere in buone condizioni la funzionalità cardiaca. Fondamentale è inoltre tenere sotto controllo la ritenzione idrica, poiché i liquidi in eccesso possono finire nei polmoni, rendere più difficile la respirazione e comportare un carico di lavoro


maggiore per il cuore. L’assunzione di liquidi per chi soffre di scompenso cardiaco deve essere quindi limitata a 1-1,5 litri ogni giorno (non solo acqua, ma anche bevande, senza dimenticare i liquidi contenuti negli alimenti come frutta, gelati, yogurt) e comunque regolata in base allo stato clinico e alla valutazione periodica dal medico cardiologo. È opportuno che ridotto sia anche l’apporto giornaliero di sodio (non più di 5 grammi di sale da cucina). Essenziale è infine tenere sotto controllo alcuni valori essenziali: peso corporeo, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, presenza di edemi. Su indicazione medica, poi, il trattamento dello scompenso prevede l’assunzione di farmaci, ad esempio ACE-inibitori (angiotensin–converting enzyme, ndr.), betabloccanti, fluidificanti del sangue (anticoagulanti) e farmaci diuretici. Qualora la terapia farmacologica non risultasse efficace oppure non tollerata dalla persona, è possibile che venga associata anche una terapia elettrica, che consiste nell’impianto di pacemaker o defibrillatori biventricolari in grado di “risincronizzare” la contrazione cardiaca (si parla infatti di “terapia di risincronizzazione cardiaca”).

SETTOSTOMIA INTERATRIALE PERCUTANEA: UN APPROCCIO INNOVATIVO Un’innovazione nella cura dello scompenso cardiaco è la procedura di settostomia interatriale percutanea con Atrial Flow Regulator. Questa procedura rappresenta, a

tutti gli effetti, un modo del tutto nuovo per trattare l’insufficienza cardiaca: un concetto rivoluzionario d’intervento che, diversamente dalle tecniche tradizionali, va a intervenire sul cuore grazie a un piccolo foro (di circa 8 mm.) che permette di “alleggerire” le pressioni di riempimento del ventricolo sinistro attraverso la creazione di una connessione tra l’atrio sinistro e quello destro, migliorando così in modo evidente i sintomi legati alla scompenso. La procedura, della durata di circa 40 minuti ed eseguita in anestesia generale, in particolare consiste nel realizzare una comunicazione interatriale (tra atrio sinistro e destro) mediante un foro nel quale viene impiantato un piccolo e innovativo device (Atrial Flow Regulator) a forma di anello in nitinolo, una speciale lega metallica, che garantisce una deviazione del flusso sanguigno da sinistra a destra (delle cavità atriali) con relativa riduzione della pressione intracavitaria atriale sinistra e indirettamente della pressione capillare polmonare, il cui aumento può essere responsabile della dispnea da sforzo. Gli studi condotti hanno dimostrato evidenti benefici nel follow-up tra cui una significativa riduzione dei sintomi e delle ospedalizzazioni, associata a un miglioramento della capacità funzionale. Trattandosi di una tecnica mininvasiva e percutanea con accesso dalla vena femorale, non c’è nessuna ferita chirurgica e la sintomatologia dolorosa è assente. La persona sottoposta a questa pro-

cedura può quindi tornare a casa già dopo tre giorni dall’intervento, senza dover ricorrere a cicli di riabilitazione, ma solo con l’indicazione di sottoporsi periodicamente alle visite di controllo ecografico e clinico concordate con lo specialista. Questo intervento rappresenta sì una grande innovazione tecnologica, ma con una importante ricaduta pratica nella cura quotidiana dei pazienti con grave scompenso cardiaco, un’arma efficace, all’avanguardia e sicura contro una patologia sempre più diffusa e invalidante. I pazienti candidabili sono quelli che, nonostante una terapia medica adeguata anti-scompenso cardiaco, continuano a lamentare una sintomatologia costante, come la dispnea (fatica a respirare) di grado severo cioè anche per sforzi lievi, o non sono candidabili a un trapianto.

DOTT. MAURIZIO TESPILI Specialista in Cardiologia Responsabile U.O. di Cardiologia Istituto Clinico Sant’Ambrogio (MI) Coordinatore area Cardiologia Istituti Ospedalieri Bergamaschi

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SPECIALITÀ A-Z

FARMACOLOGIA

Molnupiravir: un antivirale contro il Covid Portata alla ribalta negli anni Ottanta per la cura dell’AIDS, questa categoria di farmaci oggi sta vivendo una “seconda giovinezza” ∞  A CURA DI MASSIMO VALVERDE

La ricerca nel campo dei farmaci antivirali nasce da lontano ma si è sviluppata in modo significativo a partire dai primi anni Ottanta dell’altro secolo con l’entrata in scena dell’AIDS e con la necessità di individuare terapie che fossero in grado di limitare e/o sopprimere la riproduzione di questo virus a RNA in modo da portare l’infezione da AIDS da una progressione sicuramente letale quanto meno a una condizione di cronicizzazione se non di guarigione a lungo termine. La strada percorsa da allora è stata molto lunga e costellata da alterne vicende, dato che L’HIV è un virus a RNA che appartiene alla famiglia dei retrovirus ed è dotato di un meccanismo di riproduzione “unico” che utilizza un enzima specifico, la cosiddetta trascrittasi inversa, che gli permette di convertire il suo patrimonio genetico RNA in un doppio filamento di DNA che penetra nelle cellule del sistema immunitario per riprodursi sconvolgendone però il funzionamento a lungo termine (la “sindrome da immunodeficenza acquisita”). Malgrado la complessi-

tà di questo meccanismo riproduttivo oggi, circa 40 anni dopo il fatidico “paziente zero” infettato da questo virus, lo sviluppo della farmacologia antivirale ha reso l’attesa di vita di un paziente contagiato e messo in terapia prima possibile di fatto sovrapponibile a quella di un paziente non contagiato.

LA STORIA DEGLI ANTIVIRALI: DALL’AIDS ALL’INFLUENZA… Contemporaneamente si è sviluppata la ricerca dei farmaci antivirali attivi sui “normali“ virus a DNA come quello dell’Herpes e oggi, a partire dal loro capostipite (l’Aciclovir) la terapia per i virus erpetici si può oramai definire cristallizzata ed efficace a lungo termine grazie all’impiego di questa classe di farmaci che si sono dimostrati somministrabili anche in modo ciclico come nel caso dell’Herpes genitale. Alla fine degli anni Novanta erano stati poi brevettati i primi farmaci antivirali attivi sui virus a RNA, e primi fra tutti i virus influenzali, che nel tempo hanno però avuto un uso abbastanza limitato, dato che nella stragrande

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maggioranza dei casi osservati la malattia influenzale non veniva eradicata sin dalla prima dose, ma semplicemente si osservava una limitata riduzione del periodo in cui il paziente mostrava i sintomi. Questo non sembrava giustificare il costo della singola terapia rispetto a quello di una campagna di vaccinazione di massa, tanto più che da tempo sappiamo con un buon anticipo quale sarà la variante del virus influenzale che annualmente sarà preponderante nella popolazione e questo permette di approntare un vaccino antinfluenzale specifico per quell’anno.

… FINO ALLA MALATTIA DA COVID 19 Fatte queste fondamentali premesse sull’ampia e consolidata conoscenza dei farmaci antivirali, già nel mese di marzo del 2020, soprattutto grazie agli enormi finanziamenti messi a disposizione dai governi di tutto il mondo e in parallelo con la messa a punto di uno o più vaccini specifici per COVID 19 (e in seguito, come sappiamo, per le sue varianti che si sono man mano presentate


e che, ragionevolmente, continueranno a presentarsi nei prossimi anni) molti studiosi si erano mobilitati ripercorrendo le ricerche già acquisite sui farmaci attivi contro i virus a RNA per individuarne nel più breve tempo possibile alcuni che fossero in grado di limitare il più possibile i danni dell’infezione da COVID 19, trasformando la malattia da altamente letale a “qualche cosa” di più maneggiabile. Di fatto si è ripetuto il percorso già fatto per i farmaci antivirali messi a punto per l’AIDS, ma avendo a disposizione un’esperienza di 40 anni di studi e finanziamenti di fatto illimitati. Il risultato attuale è il Molnupiravir, che fa parte di una classe di farmaci definiti come “analoghi dell’RNA ribonucleico”, che agiscono inserendosi in un filamento dell’RNA del virus impedendogli quindi di crescere e replicarsi. Il farmaco è stato messo a punto in breve tempo grazie a una grande collaborazione tra enti universitari e industria. Questa sinergia ha portato a individuare un principio attivo somministrabile semplicemente per bocca e che, dai primi dati preclinici e clinici for-

niti dalle sperimentazioni in corso in tutto il mondo, ha dimostrato di essere attivo nei confronti della maggior parte delle più comuni varianti di Sars-CoV-2, riducendo drasticamente sia la mortalità dei pazienti contagiati sia gli effetti collaterali della malattia. Attualmente sul sito dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) il Molnupiravir viene definito come “un farmaco antivirale che può essere assunto per via orale. Si tratta di un inibitore dell’RNA polimerasi virale che interferisce con la produzione del materiale genetico (RNA) dei virus. Interferendo con la produzione dell’RNA del SARS CoV 2, si prevede che Molnupiravir impedisca la replicazione del virus”. Stante quindi sia il bagaglio di conoscenze acquisite e già citate nel campo dei farmaci antivirali sia l’urgenza di individuare e certificare nel più breve tempo possibile l’uso di uno o più farmaci antivirali attivi su SARS CoV 2 per poter così disporre di farmaci o, meglio, di miscele di farmaci antivirali in grado di curare l’infezione da SARS CoV 2“ … il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP)

PROF. MASSIMO VALVERDE Specialista in Farmacologia e Tossicologia, Patologia della Riproduzione Umana ed Endocrinologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo

dell’EMA ha avviato la rolling review dell’antivirale orale Molnupiravir (noto anche come MK 4482 o Lagevrio), sviluppato per il trattamento di COVID-19 negli adulti“. Questo processo di validazione è quindi già in uno stato avanzatissimo di sviluppo e s’ipotizza che entro i prossimi sei mesi il farmaco o le miscele di farmaci attivi su SARS CoV 2 saranno disponibili per uso clinico.

Rolling review: uno strumento emergenziale Come definito sul sito di AIFA alla data del 25 ottobre 2021 ( https://www.aifa.gov.it/-/covid-19-ema-avvia-la-rolling-review-di-molnupiravir ), “La rolling review è uno strumento regolatorio di cui l’EMA si serve per accelerare la valutazione di un medicinale o vaccino promettenti durante un’emergenza sanitaria pubblica. Di norma, tutti i dati sull’efficacia, la sicurezza e la qualità di un medicinale o di un vaccino e tutta la documentazione richiesta devono essere presentati all’inizio della valutazione nell’ambito di una formale domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Nel caso della rolling review, il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA provvede ad esaminare i dati non appena diventano disponibili dagli studi in corso. Una volta che i dati sono sufficienti, l’azienda può presentare una domanda formale. Grazie alla possibilità di esaminare i dati quando diventano disponibili, il CHMP può formulare un parere sull’autorizzazione di un medicinale in tempi più brevi. Durante la revisione ciclica e per tutta la durata della pandemia, l’EMA e i suoi comitati scientifici ricevono il supporto della task force EMA contro la pandemia da COVID-19 (COVID-ETF), che riunisce gli esperti della rete delle agenzie regolatorie europee per fornire consulenza sullo sviluppo, l’autorizzazione e il monitoraggio della sicurezza di medicinali e vaccini anti-COVID-19, oltre ad agevolare un’azione regolatoria rapida e coordinata”.

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SPECIALITÀ A-Z

PEDIATRIA

Nuovi farmaci e la terapia personalizzata contro la fibrosi cistica ∞  A CURA DI SERENA QUATTRUCCI

La fibrosi cistica è la malattia genetica grave più diffusa. Si tratta di una patologia multiorgano, che colpisce soprattutto l’apparato respiratorio e quello digerente, dovuta a un gene alterato, cioè mutato, chiamato gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che determina la produzione di muco eccessivamente denso. Si stima che ogni 2.5003.000 bambini nati in Italia, 1 sia affetto da fibrosi cistica (200 nuovi casi all’anno).

UN MUCO TROPPO DENSO CHE OSTRUISCE I BRONCHI E NON SOLO Il gene CFTR nella normalità, cioè quando non è mutato, regola il normale scambio di ioni cloro e acqua tra l’interno e l’esterno delle cellule epiteliali delle ghiandole mucose. Quando il gene CFTR è mutato, il passaggio dell’acqua dall’interno verso il lume ghiandolare della cellula non avviene e nelle ghiandole mucose viene prodotto un muco denso che ostruisce i bronchi causando infezioni respiratorie ricorrenti che portano nel

tempo a insufficienza respiratoria, principale causa di morte in questi malati. Inoltre le secrezioni dense a livello pancreatico creano ostruzione a livello dei dotti pancreatici impedendo agli enzimi qui prodotti di raggiungere l’intestino dove normalmente provvedono alla

LEGA ITALIANA FIBROSI CISTICA LIFC – Lega Italiana Fibrosi Cistica è l’Associazione dei pazienti nata oltre 40 anni fa grazie alla forza di volontà di gruppi di genitori che, uniti, si sentivano più forti e meno soli. Questo ancora oggi è il motore che guida l’Associazione, che ascolta e dà voce alle esigenze di pazienti e famiglie per migliorare le cure disponibili, le opportunità sociali, i diritti e la qualità di vita di ogni persona colpita da fibrosi cistica. www.fibrosicistica.it

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digestione degli alimenti. Dunque questa è una malattia che pur essendo multi organo colpisce più gravemente l’apparato respiratorio e quello digerente.

COME SI MANIFESTA Le manifestazioni tipiche e più frequenti della malattia in età pediatrica sono: > tosse dapprima stizzosa, secca, poi catarrale, dispnea (affanno) bronchiti e broncopolmoniti ripetute; > diarrea con emissione di feci oleose, maleodoranti; > scarso accrescimento; > sudorazione salata con grave rischio di disidratazione nella stagione calda.

LA DIAGNOSI? CON IL TEST DEL SUDORE La diagnosi viene effettuata mediante il test del sudore che consiste nella stimolazione della cute della regione dell’avambraccio a sudare, nella raccolta del sudore e nella misurazione della quantità di sale o meglio di cloro contenuto in esso. Valori di quantità


di Cloro maggiori o uguali a 60 mmol/l sono diagnostici per FC. Attualmente la diagnosi può essere estremamente precoce, già in epoca neonatale, per la possibilità di dosare la tripsina immunoreattiva, un marcatore presente nel sangue in quantità particolarmente elevata nei pazienti con fibrosi cistica. Una diagnosi precoce permette di iniziare tempestivamente la terapia consentendo una crescita normale e attuando una prevenzione del ristagno delle secrezioni nelle vie aeree in modo da ritardare l’evoluzione della malattia respiratoria.

NUOVE SPERANZE DALLA TERAPIA PERSONALIZZATA La terapia di questa malattia ha avuto negli ultimi anni un notevole sviluppo. I pazienti con FC sono obbligati sin dal momento della diagnosi a effettuare una terapia complessa che li occupa almeno tre ore tutti i giorni consistente in tre sedute di fisioterapia respiratoria accompagnate da aerosolterapia con mucolitici e antibiotici, assunzione di enzimi a ogni pasto per poter digerire e assimilare gli alimenti e cicli di terapia antibiotica per endovena in caso di riacutizzazione respiratoria. Inoltre per i pazienti adulti con grave insufficienza respiratoria che non rispondono più a terapia medica l’unica cura possibile consiste nel trapianto bipolmonare. Il

L’INCIDENZA, UGUALE IN MASCHI E FEMMINE La fibrosi cistica (FC) è una malattia genetica autosomica recessiva quindi non legata al sesso che colpisce indifferentemente maschi e femmine. Due genitori portatori sani cioè senza manifestazioni di malattia, ma portatori entrambi di una mutazione nel gene CFTR, possono generare un figlio con la fibrosi cistica con la probabilità del 25% a ogni gravidanza. La frequenza del portatore sano nella popolazione italiana è circa di 1 ogni 25- 26 persone.

trapianto di polmoni nella fibrosi cistica ha ottimi risultati in termini di sopravvivenza e di qualità della vita, tuttavia è un’opzione non disponibile per tutti a causa della scarsità di organi. La terapia finora sintomatica però sta subendo per molti pazienti un cambiamento radicale divenendo una terapia personalizzata cioè indirizzata verso le mutazioni del singolo paziente e consentendo quindi il trattamento della causa della malattia. I nuovi farmaci, chiamati modulatori della proteina CFTR, sono in grado di trattare circa il 70% dei malati FC presenti nel mondo e ci si augura che entro pochi anni siano disponibili altri farmaci che possano trattare tutti i pazienti, anche quelli con mutazioni genetiche rare.

PROF.SSA SERENA QUATTRUCCI Specialista in Pediatria Già Direttore Centro FC del Policlinico Umberto I di Roma Consulente Scientifico LIFC Membro del Comitato Scientifico del Registro Italiano FC

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PERSONAGGIO

LUCA VISCARDI

Il Covid mi ha cambiato la vita Il noto conduttore radiofonico Luca Viscardi confessa di aver trovato nuovi valori dopo la malattia ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

«Ho avuto il Covid, ho dovuto mettere il casco per giorni e giorni. Mi mancava l’aria. Non respiravo. Sono stato tra i primi ricoverati quando è scoppiata la pandemia. Ma grazie ai medici e agli infermieri, alla famiglia sono sopravvissuto e sono potuto tornare alle mie passioni, alla radio e alla tecnologia con MisterGadget». Luca Viscardi il noto conduttore bergamasco di tante trasmissioni radiofoniche, blogger e youtuber, ha scritto un libro sulla sua drammatica esperienza dal significativo titolo “La vita a piccoli passi” edito da Sperling & Kupfer. E infatti ha cambiato completamente la sua vita non solo professionale. «Il primo pensiero è al futuro. Oggi il Covid e domani? Magari sei impos-

sibilitato ad alzarti dal letto» spiega. «E allora rivedi tutta la tua esistenza e scegli di avere più rispetto nei tuoi confronti e nei confronti degli altri. E cerchi di mettere in pratica le cose che ti piacciono. Sono tornato a fare attività fisica, mi sono iscritto a un corso di nuoto, vado a piedi fermandomi ad ammirare ogni angolo interessante, ma ho, grazie a una nutrizionista, rivisto anche il mio piano alimentare e mi sento molto meglio fisicamente». Incontriamo Luca nel nuovo studio Next Digital Publishing tra telecamere e computer. «È una startup innovativa fondata con Massimo Colombo e Giona Granata» dice. «Ognuno ha le sue competenze in un unico ufficio. In pratica è l’evo-

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luzione di MisterGadget . Ma siamo anche un centro di produzione per terzi. I contenuti sono ovviamente legati alla tecnologia. Anche questa sfida è dovuta alla mia rinascita post Covid. Ho voglia di costruire valori con la tecnologia, spiegare come utilizzarla al meglio in modo semplice. In casa abbiamo dallo smartphone a tanti altri aggeggi tecnologici che però quasi sempre non usiamo per pigrizia». Ed ecco allora che sul sito di MisterGadget.tech appaiono tanti consigli per rendere la vita più facilitata: da come usare al meglio i computer, i telefonini, alla guida alle migliori applicazioni per conoscere la lingua italiana, alle migliori App che svolgono funzione di guida


durante un viaggio, ai droni, ai falsi SMS di Poste e di Banche, a tante curiosità, sempre in modo semplice. «Il nostro scopo è proprio quello di rendere di facile comprensione tanti argomenti che possono sembrare astrusi» commenta Viscardi. «E a questo proposito tra breve avremo una ragazza molto brava che saprà dialogare in modo ancora più semplice soprattutto con le donne». Luca ama la semplicità come d’altronde ha sempre fatto in radio, da quando a 17 anni ha esordito a Radio America che era in via Tasso a Bergamo prima di passare a Radio Beta e poi a RTL 102,5 nel 1988 con numerose trasmissioni tra le quali il seguitissimo Ed ecco a voi, poi diventato La Famiglia. A 17 anni inventò lo pseudonimo di Luca Viscardi. All’anagrafe è registrato come Gianluca Vegini nato a Bergamo il 5 gennaio 1969. «Viscardi suonava meglio era più radiofonico» dice ora. «Allora quasi tutti i conduttori delle radio usavano uno pseudonimo e lo feci anche io, lo scelsi sull’’elenco telefonico. Lo aprii e la pagina si fermò su quel cognome». E come Viscardi da trent’anni è uno dei più noti conduttori radiofonici. È stato direttore di RTL, di Play Radio, emittente del gruppo RCS, della bergamasca Radio Number One dove ha visto la luce il programma di tecnologia MisterGadget. Da febbraio è tornato a RTL 102,5 e innamorato di tecnologia ha contemporaneamente fondato la startup Next Digital Publishing portandosi dietro MisterGadget. Tech, scegliendo così una vita più regolare e meno caotica.

spiega. «Mi ha fatto riscoprire i veri valori della vita. Prima era una corsa continua, ero sempre pieno di impegni, di appuntamenti, in coda sull’autostrada. Ora sono più rilassato, faccio quello che mi piace. Insomma ho fatto mio il proverbio “Chi ha tempo non aspetti tempo”, in molti casi, rimandare certe scelte può rivelarsi controproducente e far perdere occasioni, soprattutto il sentirsi libero. Non sono più costretto agli orari, se una mattina decido di andare al corso di nuoto invece che in ufficio non mi devo sentire in colpa. E poi penso al Covid. Al rimpianto delle cose che non ero riuscito a fare prima». E nel suo libro “La vita a piccoli passi” scrive: «Avrebbe potuto uccidermi questo virus però non l’ha fatto. Non mi ha ucciso perché ho trovato medici straordinari, cure attente e un’energia fondamentale data dall’affetto di molte persone e forse anche dall’incoscienza. Non c’è stato un solo istante in cui abbia contemplato la morte tra gli scenari possibili per il mio futuro, ma ho realizzato in seguito che per i medici è stato un rischio

possibile per me». Ogni cosa, da allora, sembra diventata inutile: la radio, la tecnologia, i viaggi. Nel libro c’è un’esperienza terribile, il ricordo delle persone che non ce l’hanno fatta, i momenti in cui la morte sembrava accanto al suo letto, ma è anche una testimonianza contro i negazionisti. «Ho cercato di raccontare come si sta, come ci si sente senza aria e senza certezze per il futuro, anche per confutare le idee dei negazionisti che sono come i terrapiattisti. Quelli dicono che la Terra è piatta, questi sostengono che il virus non esiste, che è un complotto. Io il Covid l’ho provato sulla mia pelle, stavo rischiando di non poter riabbracciare mia moglie e mio figlio e le altre persone care. Come si fa a dire che il virus del Covid non esiste, che non vogliono vaccinarsi. Posso capire chi dice di aver paura, ma tutti quelli che scendono in strada per protestare non li capisco per niente. Sono solo degli estremisti che spaccano vetrine ed è sbagliato etichettarli come novax e nogreenpass, sono solo dei teppisti che purtroppo non vogliono restrizioni contro una pandemia che ha colpito senza pietà».

«Come dicevo prima, il Covid mi ha segnato profondamente» Novembre/Dicembre 2021 | Bergamo Salute | 17


IN SALUTE

STILI DI VITA

Fare a maglia Una passione che fa (del) bene!

∞  A CURA DI LELLA FONSECA

Un campione in tribuna sferruzza per tenere sotto controllo lo stress delle competizioni olimpiche. Questa è l’immagine che ha fatto il giro del mondo lo scorso agosto ai giochi olimpici di Tokyo 2020: il protagonista è Tom Daley, medaglia d’oro nei tuffi sincronizzati, campione olimpico e gay, “orgoglioso di essere entrambe le cose”. Immagini diventate virali quelle di Tom con i ferri in mano, la sua grande passione, come si può ammirare nel profilo Instagram “madewithlovebytomdaley” ricco di un campionario di lavori di ogni tipo: maglioni, coperte, copri teiere, plaid, pupazzi, unicorni. «Da anni mi applico al lavoro a maglia, e durante il lockdown mi sono perfezionato perché ho avuto ancora più tempo a disposizione» ha dichiarato il tuffatore. Il lavoro a maglia, fino a qualche anno fa considerato sulla strada del tramonto, retaggio delle nonne e delle vecchie zie, è tornato alla ribalta in molte nuove e inattese declinazioni, spesso ribattezzato con il suo nome anglosassone knitting. Per fare qualche esempio

Julia Roberts ha comprato i diritti del best seller “Le amiche del venerdì sera” di Kate Jacobs, che ruota intorno alla maglia, per farne un film e attrici del calibro di Cameron Diaz, Sharon Stone e Sarah Jessica Parker pare portino con sé ferri e gomitoli sul set.

UN POTENTE ANTI STRESS È ormai provato che lavorare a maglia aiuta a combattere stress, ansia, depressione e alleviare il dolore fisico. I movimenti regolari ripetuti, il vedere la propria creazione prendere forma lentamente, sono in grado di distogliere l’attenzione da ciò che affligge. Sferruzzare induce una sensazione di relax: è stato dimostrato che la tensione muscolare si allenta, la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna diminuiscono, con un meccanismo simile a quello che avviene nella meditazione. In più si può lasciare libera la creatività e l’inventiva personale. Da questa convinzione è nato il progetto Gomitolorosa che promuove il lavoro a maglia per favorire il benessere dei pazienti impegnati in terapie

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mediche nonché la solidarietà verso soggetti più deboli, facendo leva sul recupero delle lane autoctone e sulla salvaguardia dell’ambiente. Gomitolorosa nasce nel 2012 da un’idea del dottor Alberto Costa, riconosciuto a livello internazionale per il suo contributo alla cura dei tumori al seno, per le idee innovative nel campo della comunicazione scientifica e dell’insegnamento ai medici e per l’innalzamento degli standard delle cure mediche (www.gomitolorosa.org).

INSIEME È MEGLIO Se sono passati i tempi in cui nelle famiglie numerose la sera le donne si riunivano per fare la maglia, l’uncinetto o il ricamo, il desiderio di condividere momenti di lavoro manuale non è venuto meno nelle nuove generazioni, così sono nati circoli, club e gruppi di lavoro negli ambienti più disparati: biblioteche, negozi, librerie, associazioni, centri ricreativi, knit cafè. Una volta la tecnica si tramandava da madre in figlia o da nonna a nipote, ora si seguono corsi collettivi o ci si perfeziona grazie all’ampia offer-


ta web di tutorial, lezioni, guide. L’incontro della tecnologia con attività tradizionali come il lavoro a maglia ha prodotto una sorta di “globalizzazione delle tecniche”. Un tempo ogni Paese o addirittura ogni regione si distingueva per certi accorgimenti tecnici, dal tipo di ferri al modo per impugnarli o di passare il filo, oggi il web ha mescolato le carte. Ne sono un esempio l’affermazione della modalità con i ferri in grembo, il ferro circolare e i maglioni top down (lavorati in modo circolare a partire dal collo verso i polsi e la vita, mentre tradizionalmente in Italia si lavoravano le varie parti dal

basso verso l’alto e poi si cucivano insieme).

UN FILO CHE UNISCE E non è ancora tutto. Oltre a favorire occasioni per stare in compagnia e per rilassarsi, lavorare a maglia sempre più spesso permette di contribuire anche a buone cause. I progetti solidali basati su lavori a maglia collettivi o condivisi stanno vedendo una grande espansione. Pensiamo ad esempio a Viva Vittoria, nato a Brescia nel 2015, dove un gruppo pilota di donne ha cominciato a produrre quadrati di maglia di misura standard, a raccoglierli e cucirli per fare coperte

da stendere in una piazza (Piazza della Vittoria per l’appunto) dove venivano vendute per sostenere la lotta alla violenza contro le donne e sensibilizzare su questo tema. Negli anni seguenti molte città hanno seguito l’esempio di Brescia, ci sono state ormai 12 edizioni, tra le quali anche quella di Bergamo. O ancora Sheep, un’associazione senza fine di lucro fondata dal giornalista Saverio Tommasi con lo scopo di insegnare gratuitamente a lavorare a maglia a persone in situazioni di fragilità che tentano di riprendere in mano la propria vita e per distribuire coperte ai senza tetto (www. sheepitalia.it).


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Barbabietola: il colore amico della salute ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Dolce e succosa, la barbabietola è un ortaggio molto versatile, utilizzato spesso per arricchire moltissime ricette, dai primi fino ai dolci, grazie al suo sapore delicato e al suo colore accesso. Ma non solo. È anche una miniera di sostanze preziose per la nostra salute. Conosciamola meglio insieme alla dottoressa Federica Belotti, dietista.

Dottoressa Belotti quali sono le virtù della barbabietola? Perché vale la pena inserirla in una sana alimentazione?

I benefici della barbabietola sono molteplici. Ciò che la distingue dalle altre piante della sua famiglia è il suo intenso colore rosso-violaceo, dovuto alla presenza di pigmenti naturali (betacianine) con forti proprietà antiossidanti che contrastano l’invecchiamento cellulare. È ricca di sali minerali, soprattutto potassio, manganese e ferro. Dato che il ferro della barbabietola è un ferro vegetale (detto non-eme), se ne consiglia il consumo con il succo di limone, in modo tale che l’abbondante vitamina C favorisca l’assorbimento di questo tipo di fer-

NON CHIAMATELA VERDURA! La barbabietola (o rapa rossa) è un tubero, come la patata e il topinambur. Appartiene alla famiglia delle Chenopodiacee, così come la bieta da coste e gli spinaci, e non va confusa con la barbabietola bianca, utilizzata per la produzione dello zucchero. È una pianta erbacea a ciclo biennale, con fusti che possono arrivare a 1-2 metri di altezza. La radice commestibile è di colore rosso con una buccia esterna ruvida che di solito viene staccata e scartata (più maturo è il vegetale, più ruvida è la buccia), mentre le foglie hanno una particolare forma a cuore e, nelle specie coltivate, raggiungono una lunghezza di 20 centimetri. La fioritura della barbabietola rossa avviene durante i mesi caldi, tra luglio e settembre, e la raccolta avviene tra settembre e febbraio. Si può quindi acquistare fresca sui banchi del mercato solo durante il periodo autunnale e invernale.


ro da parte del nostro organismo. Le vitamine più presenti sono l’acido folico (vitamina B9), fondamentale nell’alimentazione delle donne in gravidanza, e la vitamina C, che grazie ai suoi forti poteri antiossidanti innalza le barriere del sistema immunitario. Inoltre è nota la sua capacità di favorire il processo digestivo, stimolando la produzione di succhi gastrici, favorendo il transito intestinale (grazie alla fibra alimentare) e alleviando le infiammazioni a carico dell’apparato digerente. Contribuisce anche a mantenere in salute tutto il sistema cardio-vascolare grazie alla presenza di nitrato, sostanza che permette al nostro organismo di produrre ossido nitrico (NO). Quest’ultimo è un composto essenziale per migliorare la circolazione sanguigna e ridurre la pressione arteriosa, svolgendo un’azione complessiva positiva sull’apparato cardiovascolare e riducendo il rischio di patologie a carico di questo apparato. Inoltre stimola la diuresi, aiutando a prevenire le infezioni alle vie urinarie. Ma la possono mangiare tutti o ci sono controindicazioni? Ad oggi non sono note controindi-

cazioni al consumo di barbabietola, a meno che non si soffra di allergia a questo vegetale. Attualmente non sono note interferenze tra il consumo di barbabietola rossa e l’assunzione di farmaci o altre sostanze. Come si cucina? È un ortaggio molto amato, non solo per il suo sapore zuccherino, ma anche per il suo colore intenso, che dà un tocco “vivace” ai piatti. È un ingrediente molto versatile, che può essere utilizzato in tante ricette, sia salate che dolci. Ecco alcuni modi con cui si può impiegare la barbabietola in cucina. È ottima come ingrediente in un risotto, per gustare il piacevole contrasto del sapore dolce della barbabietola con un formaggio fresco (come robiola, caprino o stracchino) o con lo yogurt greco. Buonissima anche consumata cruda, affettata finemente e aggiunta ad un’insalata oppure tagliata a fettine e servita come fosse un carpaccio, condita con un filo d’olio e limone. Può essere utilizzata anche per piatti in brodo, come vellutate o zuppe, o passata in forno per ottenere delle chips croccanti e colorate, perfette per gli aperitivi. Può essere anche

DOTT.SSA FEDERICA BELOTTI Dietista Humanitas Gavazzeni e Castelli, centri Sportpiù e Area donna, Studio medico a Trescore Balneario

frullata in piccola quantità insieme ai ceci per donare un tocco colorato al classico hummus. Per gli allergici al nichel è possibile utilizzarla al posto del pomodoro per preparare un sugo colorato da utilizzare per condire la pasta. Infine, per i più golosi, la barbabietola è un ottimo ingrediente anche per i dolci (come i brownies alla barbabietola). Per approfittare di tutte le proprietà della barbabietola, è possibile anche assaporarla in un estratto, magari abbinandola a carota e arancia, per fare il pieno di beta-carotene e vitamina C.

Tabella nutrizionale per 100 g di alimento: Energia 19 kcal Proteine 1,1 g . Carboidrati 4 g . Lipidi 0 g . Fibra 2,6 g . .

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IN ARMONIA

PSICOLOGIA

A scuola di autoefficacia ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Vi capita di provare ansia di fronte a situazioni nuove (o anche conosciute)? Di non riuscire a realizzare i vostri desideri? Di non ottenere i risultati che vorreste al lavoro o nello sport? Forse è arrivato il momento di allenare la vostra autoefficacia. Ma di cosa si tratta? E come fare per potenziarla? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Ester Varchetta, psicologa clinica. Dottoressa Varchetta, cosa si intende per autoefficacia? L’autoefficacia rappresenta la fiducia nella possibilità di influenzare e modificare gli eventi che ci riguardano e nella propria capacità di affrontare un compito specifico. Non si tratta di una generica fiducia

in se stessi, né di una misura delle competenze possedute, ma della convinzione di poter affrontare efficacemente determinate prove, essere all’altezza degli eventi, essere in grado di cimentarsi in specifiche attività e affrontare specifiche sfide. Il costrutto dell’autoefficacia ha origine dalla teoria della cosiddetta agenticità personale, che è la facoltà di generare azioni mirate al raggiungimento di uno scopo. Alla base c’è, quindi, la convinzione personale di essere arbitri del proprio destino. Secondo questo approccio più sono convinto di “sapere di saper fare” più riuscirò a mobilitare e organizzare le mie risorse personali per il raggiungimento di un obbiettivo prefissato, andando al di là del risultato ottenuto. Il focus non

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è il risultato atteso, ma la capacità di mobilitare e generare risorse personali rispetto a una specifica sfida. Ad esempio, prima di una corsa importante un corridore con una buona autoefficacia non penserà “ce la devo fare altrimenti sarò un povero fallito infelice”, ma si dirà “ce la posso fare!”. E se non dovesse arrivare per primo? Sarà comunque soddisfatto di quanto ha fatto, analizzerà le cause dell’insuccesso e si allenerà ancora e con maggior impegno. Quindi l’efficacia personale non è solo una questione di ottimismo generico o di autostima, ma è la convinzione di poter generare autonomamente nuove o vecchie capacità. Tale convinzione influenza il nostro modo di rapportarci con la realtà, che viene percepita come


un qualcosa che si può influenzare attraverso azioni impegnate. Numerosi studi hanno dimostrato che la convinzione di autoefficacia influenza notevolmente i livelli di prestazione, umore, impegno e lo stato di benessere e salute. Ma che differenza c’è tra autoefficacia e autostima? Spesso autostima e autoefficacia vengono sovrapposte mentre in realtà si tratta di due entità differenti con dei punti di contatto. L’autostima deriva dall’immagine che ho di me, quindi il valore percepito di me stesso. L’autoefficacia, invece,

riguarda la percezione rispetto alle capacità personali attivabili in un determinato contesto. Una persona può avere un’autostima di sé ma sentirsi non adatto allo svolgimento di determinati compiti o ruoli. Come dice Albert Bandura, psicologo e accademico statunitense, noto per il suo lavoro sulla teoria dell’apprendimento sociale, “il fatto di piacersi non è necessariamente causa di buone prestazioni; queste ultime sono prodotto di impegno e autodisciplina”. Ad esempio, posso avere un’immagine di me positiva, ma sentirmi inefficace come genitore o responsabile di un gruppo di

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PSICOLOGIA

“Le credenze personali sulle proprie capacità hanno un grande effetto sulle capacità stesse” ∞∞ ALBERT BANDURA

lavoro. È possibile, quindi, aumentare la propria autostima lavorando sull’autoefficacia, ma non viceversa. Chi ha una buona convinzione delle proprie capacità, solitamente si prefigge obiettivi sfidanti e s’impegna costantemente per poterli raggiungere, di conseguenza migliorerà anche la percezione del proprio sé. In che modo e in quali contesti il senso di autoefficacia condiziona la nostra vita? La convinzione di autoefficacia influenza differenti aree della propria vita come la tendenza a: > scegliere attività e compiti impegnativi come occasione di crescita personale; > perseguire aspirazioni ambiziose e realistiche; > impegnarsi a fondo per perseguire i propri obbiettivi; > reagire positivamente al fallimento; > non farsi sopraffare dall’ansia e dalle emozioni negative. Le persone che hanno un basso senso di autoefficacia tendenzialmente > si allontanano intimidite dalle attività “difficili”; > hanno basse aspirazioni e investono uno scarso impegno nel raggiungimento degli obbiettivi che scelgono per se stesse;

> di fronte a compiti difficili, indugiano a considerare le proprie carenze personali, gli ostacoli e le possibili conseguenze invece di concentrarsi sul cosa fare per riuscire; > tendono a ridurre il proprio impegno nel raggiungimento dell’obbiettivo; > recuperano lentamente il proprio senso di autoefficacia in seguito a insuccessi; > sono più propense ad “abbattersi”. È possibile allenare la propria autoefficacia? Come? Allenare la convinzione di efficacia personale ha dei notevoli vantaggi come: fronteggiare le difficoltà e gli imprevisti con un atteggiamento resiliente, porsi degli obbiettivi sfidanti, realizzare se stessi e promuovere una crescita anche del contesto in cui si agisce. Ma come sviluppare tale convinzione? Ecco i passaggi individuati da Bandura, rivisitati per favorirne l’applicabilità in qualsiasi ambito della propria vita, lavoro, studio, famiglia e sport. > Lavorare sulle convinzioni: aumentare la consapevolezza del proprio “dialogo interno” favorendo una visione positiva e realistica dell’obbiettivo che si vuole raggiungere (“ce la posso fare, ce la voglio fare, ho le capacità per…”). > Trovare un modello a cui ispirarsi facendo leva sulle “esperienze vicarie”. Come? Identificando delle persone, possibilmente vicino a noi, che possiamo osservare “rubando”

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comportamenti, atteggiamenti, che potremmo acquisire, attraverso un processo di apprendimento, per raggiungere il nostro obbiettivo. > Fare esperienze dirette. L’esperienza personale è una delle fonti più proficue per acquisire un forte senso di autoefficacia. Solo mettendoci alla prova, solo attraverso un’azione impegnata possiamo migliorarci, valutare eventuali sbagli e raffinarci nell’azione stessa. > Aumentare la consapevolezza dello stato emotivo. In altre parole dobbiamo abituarci a essere consapevoli delle emozioni che ci passano dentro, di come le percepiamo e interpretiamo.


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COPPIA

Quando la coppia non comunica più È troppo tardi o ci si può dare una possibilità? ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

La comunicazione è uno dei pilastri di ogni relazione, comprese quelle sentimentali. All’inizio di un rapporto entrambi i partner sono maggiormente predisposti al dialogo, alla conoscenza, a raccontare di sé e a scoprire l’altro. Con il passare degli anni, però, le cose possono cambiare. Impegni, difficoltà personali e lavorative, incomprensioni, piccoli conflitti, possono ridurre o rendere difficoltosi gli spazi dedicati alla comunicazione. «La coppia è un sistema “vivo” in continuo mutamento, così come gli individui che la compongono. Nella sua evoluzione si alternano momenti piacevoli, spiacevoli, di crescita, di stallo, crisi, conflitti e contraddizioni. Stare in coppia, pertanto, rimane

una sfida e non è affatto semplice poiché il susseguirsi di fasi che attraversano la vita di coppia obbligano i partner a lavorare sulle proprie caratteristiche personali e trovare il giusto incastro per andare avanti. In questo scenario, la comunicazione diventa un potente strumento di lavoro: le diverse modalità di adattamento della coppia che cambia nel tempo seguono un’evoluzione nell’interazione fra i due partner che a sua volta plasma anche la comunicazione includendo molteplici aspetti, da un lato la dimensione emozionale, ciò che il singolo partner pensa di sé, dall’altro la dimensione comportamentale, cioè come ci si comporta con il partner e quali azioni si mettono in atto per ricer-

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NON SOLO PAROLE Nella comunicazione di coppia - ma non solo - è fondamentale prestare attenzione anche a ciò che si comunica con il corpo, con il linguaggio non verbale (il tono di voce, un’espressione del viso, una postura del corpo …). Un altro aspetto importante è comprendere le modalità di comunicazione che possono essere efficaci per la coppia, in modo che il partner non recepisca un messaggio diverso da quello che l’altra persona voleva mandare. In questo senso, è utile verificare che ciò che viene comunicato sia stato ben recepito, o se frainteso, comunicarlo più chiaramente.


Una comunicazione chiara ed efficace è fondamentale per il benessere della coppia, in particolare perché: - aiuta a comunicare i propri bisogni al partner, in modo che possa recepirli, comprenderli e se possibile soddisfarli; - serve a favorire la cooperazione tra partner sia per risolvere i problemi e le difficoltà di uno dei due sia della coppia stessa; - è fondamentale per evitare sentimenti negativi quali frustrazione, incomprensione, assenza di empatia, solitudine, senso di vendetta e ripicca, conflitti in uno o entrambi i membri della coppia.

care il proprio e l’altrui benessere. Non sempre, però, questo processo è facile, anzi. Col risultato che la coppia non riesce più a trovare il modo per comunicare in modo efficace e sano per entrambi» osserva la dottoressa Daniela Rivoltella psicologa. Dottoressa Rivoltella, quali sono i nemici di una comunicazione efficace e sana tra partner? Sapendo che non esistono ricette precostituite, è comunque possibile individuare alcuni ingredienti che possano rendere la comunicazione amara fino ad avvelenarla arrivando alla condizione per la quale i partner non comunicano più. Elementi critici possono riguardare

ansia, gelosia, colpa, stress, apatia, perdita d’interesse e altri elementi che diventano garanzia di una comunicazione destinata a morire su se stessa, come discutere insistentemente, puntualizzando sempre il proprio punto di vista, ritirarsi e chiudersi nella speranza che l’altro capisca i bisogni che non vengono espressi, far riemergere il passato rinfacciando vicende lontane, il “te l’avevo detto”. Quest’ultima dichiarazione, in particolare, crea irritazione in chiunque perché se si è già arrabbiati con se stessi, il fatto che l’altro faccia notare che l’errore è stato commesso per non aver seguito suggerimenti dati - ammesso sia vero - suscita un senso di ribellione che allontana dal dialogo. Ma in questi casi è troppo tardi o si può ancora fare qualcosa per recuperare un dialogo sano? È complesso dare una risposta risolutiva ma l’invito è stare in ascolto, in primis, di noi stessi come individui e poi, della coppia, per individuare i possibili ingredienti “amari” che portano a rancori inespressi, incomprensioni, sensi di colpa, chiusura in se stessi, dipendenza affettiva. Qualora ci si trovi a vivere una condizione simile, forse, «non è mai tardi per cominciare a impegnarsi e provare a cambiare qualcosa del proprio atteggiamento, puntando sulla capacità che gli esseri

viventi hanno cioè la flessibilità di adattarsi all’ambiente in cui vivono per vivere un equilibrio». Se però la comunicazione e questo equilibrio di relazione si spacca per uno o più eventi che minano la coppia oppure si sfilaccia nel tempo può essere utile affidarsi a una consulenza psicologica professionale per andare a sensibilizzare la coppia. L’intervento sulla coppia può aiutare a più livelli, partendo da un “io” che si fonde nel “noi” affinché, parafrasando le parole del poeta Kalhil Gibran nel testo de “il Profeta”, ci si possa amare reciprocamente senza fare dell’amore un laccio. In questo modo sarà possibile aprire una meravigliosa danza in cui la coppia possa procedere in modo armonioso, sincronizzato, senza pestarsi i piedi e facendosi del male.

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Cosa fare se la testa del feto è rivolta verso l’alto ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

«La presentazione podalica è una mal presentazione del feto, in cui la testa, anziché essere posizionata in basso, nella pelvi materna, è rivolta in alto, verso il fondo dell’utero. In questa situazione, nella maggior parte dei casi si ricorre al parto cesareo. In realtà esistono alcuni trattamenti e tecniche che, opportunamente effettuate, possono permettere alla futura mamma di partorire in modo naturale». Chi parla è la dottoressa Monica Vitali, ostetrica e osteopata. Ci siamo rivolte a lei per conoscere meglio questa condizione, che è spesso fonte di preoccupazione per le coppie, e per avere qualche consiglio su come affrontarla.

Dottoressa Vitali, quanto è diffusa la presentazione podalica del feto? Una donna ogni 20 rischia di avere un feto in presentazione podalica in una prima gravidanza, questo rischio aumenta a una ogni 10 donne in caso di seconda gravidanza dopo precedente podalico e una ogni 4 donne in caso di terza gravidanza dopo due consecutivi precedenti parti podalici. Quali sono le cause? Studi osservazionali hanno rilevato correlazioni significative con fattori riguardanti la madre, il feto e la gravidanza: > epoca gestazionale inferiore a 37 settimane;

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> polidramnios (liquido amniotico in quantità superiore alla media) gemellarità; > patologie malformative a carico dell’utero o della pelvi; > impianto placentare anomalo come placenta previa o anomalie dell’adesione placentare; > malformazioni del feto. Pur associandosi a basso peso neonatale e a nascita pretermine, la presentazione podalica si verifica più frequentemente in donne di origine caucasica di livello socio-economico medio-alto, condizioni che in generale si associano a esiti di gravidanza e parto più favorevoli (il cosiddetto paradosso della presentazione podalica).


sarà necessario effettuare il parto cesareo.

LE VARIANTI DI PRESENTAZIONE PODALICA DEL FETO Podalico completo: le anche e le ginocchia sono flesse; podalico incompleto: una o entrambe le anche parzialmente o completamente estese; podalico franco o varietà natiche le anche flesse e le ginocchia estese.

Quali rischi può comportare? La presentazione podalica si associa a un’aumentata morbosità-mortalità perinatale, in parte legata alle condizioni stesse che determinano la presentazione podalica (per esempio prematurità, malformazioni congenite), in parte dipendente dalle difficoltà legate al parto vaginale in caso di presentazione podalica. È possibile che il feto podalico si giri spontaneamente? Più ci si avvicina alla data presunta del parto, minori sono le possibilità che il feto, se ancora in posizione podalica, riesca a ruotarsi da solo per assumere la corretta posizione. Se questa problematica persiste fino al termine della gravidanza, nonostante i tentativi per girarlo,

Quali sono i segnali che possono far sospettare che il feto sia in posizione podalica? La diagnosi è sia clinica sia strumentale. I segni clinici significativi sono: > movimenti fetali dolorosi localizzati nella parte bassa del bacino o sotto l’ombelico; > ballottamento della testa sotto l’arcata costale invece che a livello pubico; > battito cardiaco fetale percepito al di sopra della linea ombelicale; > Reperimento del podice all’esplorazione vaginale. La conferma diagnostica è data dall’esame ecografico. È possibile partorire spontaneamente in presentazione podalica? Il parto vaginale è un’opzione anche in caso di presentazione podalica del feto singolo a termine, purché la madre riceva informazioni adeguate ed esprima un consenso, vengano rispettati rigidi criteri di selezione e di gestione del travaglio e del parto e solo se i professionisti sanitari coinvolti nell’assistenza hanno un’appropriata esperienza e operano in una realtà ospedaliera che possa offrire, oltre a una expertise ostetrico-ginecologica e neonatale, una strumentazione diagnostica e di monitoraggio ade-

DOTT.SSA MONICA VITALI Ostetrica riabilitatrice, formazione osteopatica Centro Italiano Pavimento Pelvico

guata. In Italia, nel 93,5% dei casi di presentazione podalica si è ricorsi al taglio cesareo (fonte Cedap 2019). Per ridurre la frequenza delle presentazioni podaliche a termine ed evitare il ricorso al taglio cesareo sono stati proposti diversi interventi in gravidanza. Esistono trattamenti che possono favorire il rivolgimento del bimbo per consentire un parto spontaneo? > Rivolgimento manuale. La tecnica prevede di imprimere, con manipolazioni esterne sull’addome materno, un movimento al feto che lo porti a posizionare, con una “capriola”, l’estremo cefalico anziché podalico all’interno dello scavo pelvico.

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Il rivolgimento viene offerto in donne con gravidanza senza complicazioni e feto singolo, si esegue in Day-Hospital, con sala operatoria disponibile, e prevede: - ecografia che verifica presentazione, benessere fetale, liquido e placenta - cardiotocografia per escludere anomalie della frequenza cardiaca fetale - verifica della contrattilità uterina e somministrazione di farmaco tocolitico endovena - esecuzione della manovra sotto guida ecografica - ripetizione cardiotocografia - somministrazione immunoglobuline anti-D alle pazienti Rh negative. > Tecniche posturali. Consistono nell’assumere una posizione genupettorale (con le ginocchia a terra, il corpo incurvato in avanti in appoggio sui gomiti), o supina con la pelvi situata a un livello superiore al tronco per mezzo di un cuscino per favorire il rivolgimento. > Trattamenti osteopatici. Si effettuano attorno alla 30-32

settimana e si concentrano sugli aspetti anatomici, funzionali e posturali della pelvi, della colonna, dell’utero e dei suoi legamenti e di tutte le componenti che possono influenzare la posizione del feto e i suoi movimenti all’interno dell’addome per facilitarne la rotazione. Non esiste una sola tecnica specifica osteopatica che determina la correzione della posizione del bambino, ma si tratta piuttosto di rivolgere un approccio globale alle disfunzioni presenti nel corpo della mamma. L’osteopata ha il compito di valutarle e “correggerle”, creando le condizioni ottimali per la presentazione cefalica. Esistono anche alcuni trattamenti di Medicina Tradizionale Cinese (MTC) che non si contrappongono, né sostituiscono le linee guida della medicina convenzionale, ma agiscono sinergicamente e rappresentano una grande opportunità. Di quali tecniche si tratta? Moxibustione Trattamento sicuro e non invasivo,

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consiste nella stimolazione del punto di agopuntura BL 67 (margine esterno del piede presso l’angolo ungueale del 5° dito), mediante il calore generato dalla combustione di un sigaro di Artemisia essiccata e compressa. Si effettua a 32-33 settimane di gestazione. In uno studio pubblicato nel AJCM (2001), 133 donne alla 28 settimana di gravidanza o successiva hanno ricevuto un trattamento quotidiano di 30 minuti di moxibustione sul punto adatto, senza manipolazione cefalica esterna e il 92% dei feti ha ruotato. Agopuntura Anche in questo caso si va a stimolare il punto BL67 insieme ad altri punti di supporto. Con l’agopuntura il feto si capovolge generalmente durante la seduta o nelle ore successive. Sono suggerite una o due applicazioni tra 24a e 34a settimana, ma anche oltre vale la pena provarlo. Olii essenziali Si strofinano entrambi i lati dei fianchi e la pancia con olio essenziale di menta piperita e/o mirra opportunamente diluito con olio vettore; si massaggia con olio essenziale di chiodo di garofano il tratto dei punti di agopountura da BL60 a BL67, insistendo su quest’ultimo. Gli olii essenziali possono essere utilizzati anche in caso di condizioni materne che bloccano il corretto posizionamento fetale. Dalla letteratura emerge che l’indice di successo delle diverse tipologie di trattamento varia dal 30% all’80% con una riduzione significativa delle nascite in presentazione non cefalica e dei tagli cesarei. Diversi elementi condizionano il successo delle manovre, che varia dal 40% delle donne nullipare al 60% delle donne multipare. In ogni caso è sempre importante affidarsi a professionisti esperti.


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IN FAMIGLIA

BAMBINI

Virus respiratorio sinciziale Ecco quello che c’è da sapere ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

“Epidemia virus respiratorio in neonati: ospedali italiani pieni. Se avete bimbi piccoli fate attenzione”. Con queste parole, a fine ottobre, il cantante Fedez ha messo in guardia i suoi fan nei confronti del virus respiratorio sinciziale che ha colpito la seconda figlia, Vittoria, e a causa del quale è stata anche ricoverata in ospedale per qualche giorno. Ma di cosa si tratta? E quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare? Scopriamolo con l’aiuto del dottor Francesco Saettini, specialista in pediatria. Dottor Saettini, cosa s’intende per virus respiratorio sinciziale? Il virus respiratorio sinciziale (VRS) è un agente virale in grado d’infettare l’apparato respiratorio a tutte le età. In particolare è una causa molto comune d’infezione respiratoria pediatrica nei mesi invernali e primaverili (tra novembre e aprile). Molti bambini contraggono l’infezione nel primo anno e la quasi totalità entro i quattro anni di vita. Poiché non rende completamente immuni, cioè non protegge da eventuali reinfezioni, è possibile

e anzi comune il fenomeno delle “seconde infezioni”, anche se solitamente di minor gravità. Con quali sintomi si manifesta? Con un’infezione delle alte vie aeree respiratorie con raffreddore e tosse, eventualmente accompagnati da febbre. In circa la metà dei bambini, però, la prima infezione può evolvere in un’infezione delle basse vie respiratorie, come la bronchiolite, cioè l’infiammazione delle piccole vie aeree dei polmoni, e la polmonite, nelle quali compaiono anche respiro sibilante e difficoltà respiratoria. I bambini più piccoli (solitamente con età inferiore ai 6 mesi) possono inoltre presentare brevi interruzioni della respirazione (apnee) e difficoltà ad alimentarsi. Le infezioni successive interessano generalmente l’apparato respiratorio superiore. Come si trasmette? Per via aerea, attraverso goccioline generate da uno starnuto o dalla tosse, o per contatto diretto delle secrezioni nasali infette con le membrane mucose degli occhi,

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La prevenzione? Igiene e lavaggio delle mani come contro il Covid Il contenimento della diffusione del Virus respiratorio sinciziale passa attraverso le pratiche preventive di igiene che abbiamo imparato a mettere in pratica in questi mesi di pandemia. È fondamentale lavarsi frequentemente le mani e questo vale non solo per il bambino che presenta sintomatologia sospetta, ma per tutto il nucleo familiare.

della bocca o del naso. Il periodo d’incubazione (tra l’esposizione e i sintomi) è di circa tre-cinque giorni. Ma è pericoloso? Nella maggior parte dei bambini l’infezione decorre senza particolari complicanze e può essere gestita a domicilio. L’allattamento materno non dove essere interrotto, in quanto fonte di anticorpi e proteine con azione antivirale. È molto importante, però, che i genitori siano in grado di valutare pron-


tamente eventuali peggioramenti delle condizioni dei bambini, in particolare riconoscendo la comparsa di difficoltà respiratoria (ad esempio aumento della frequenza degli atti respiratori) e la difficoltà all’alimentazione. Il rischio di sviluppare infezioni complicate delle basse vie respiratorie è maggiore

DOTT. FRANCESCO SAETTINI Specialista in Pediatria Presso CasaMedica Bergamo

Nei bambini più a rischio di sviluppare una grave infezione, durante l’intera durata del picco stagionale, si può ridurre il tasso di ospedalizzazione somministrando mensilmente un farmaco, il palivizumab, che fornisce gli anticorpi contro questo virus

nei bambini con comorbidità (ad esempio con patologie cardiache, polmonari, neuromuscolari, fibrosi cistica o immunodepressione), nei prematuri e nei lattanti con età inferiore ai tre mesi. Come si diagnostica? Il sospetto d’infezione viene posto dal medico durante la visita ambulatoriale in caso siano presenti i sintomi descritti in inverno/primavera e durante focolai di Virus respiratorio sinciziale. La diagnosi, necessaria in caso di ricovero ospedaliero e a eventuali fini epidemiologici per contenere i focolai, viene eseguita attraverso diversi tipi di test (test rapido antigenico, molecolare o colturale) su campioni di secrezioni nasali.

Quando è necessario ricoverare il piccolo in ospedale? Il ricovero si rende necessario in una percentuale variabile tra 1% e 2% dei lattanti di età inferiore ai sei mesi in caso di difficoltà respiratoria e all’alimentazione. Nei bambini ricoverati la terapia è di supporto attraverso la somministrazione di ossigeno. L’utilizzo di altri farmaci (antibiotici, corticosteroidi, broncodilatatori) non sembra essere utile, mentre è fondamentale garantire un’adeguata alimentazione, che però può risultare difficoltosa in caso di tachipnea (aumento del numero di atti respiratori) e abbondanti secrezioni nasali. In questi casi trova indicazione la somministrazione endovenosa di liquidi.

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RAGAZZI

Il sesso insegnato ai ragazzi ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Come vivono il sesso gli adolescenti di oggi? Per rispondere adeguatamente prima sarebbe utile chiederci come lo vivono gli adulti, perché è da loro che i più giovani imparano modelli di comportamento. Ne parliamo con il dottor Marco Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta. Dottor Ghezzi, perché il sesso nella nostra società molto spesso è vissuto con difficoltà? Quando ci si espone nella propria nudità a un altro, il timore di non piacere e di non essere adeguati è comprensibile. Eppure, se ci pensiamo, è il corpo che spontaneamente spinge in quella direzione e capita che anche il corpo dell’altro segnali inequivocabilmente che l’incontro dei corpi è molto desiderabile. È scritto nel DNA, un fatto istintivo, una calamita inevitabile. E allora dove sta la difficoltà? Pensando ai giovani, c’è molta insicurezza: alcuni confondono il piacere dell’incontro sessuale con

una prestazione atletica da offrire, altri pensano di doversi conformare alle aspettative “youporn” del partner, altri ancora sono confusi rispetto alle loro inclinazioni tanto da rinunciare o gettarsi in situazioni limite con la speranza di trovare attraverso quelle esperienze una propria definizione sessuale: omo, etero, bisex, nosex… Tutta questa confusione non viene dal corpo, è il prodotto di un apprendimento culturale. Ci spieghi meglio, perché il corpo non c’entra? Facciamo un esempio concreto: ogni persona normodotata, debitamente bendata, che venga fatta oggetto di carezze e stimolazioni nelle zone erogene, si eccita. A prescindere da quale sia il sesso del complice del gioco. Il corpo risponde e reagisce semplicemente come è programmato a fare, a prescindere dalle classificazioni. Allo stesso modo il corpo si accende a stretto contatto con un corpo di

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un genere piuttosto che di un altro o magari di entrambi. Non è un’intenzione razionale. Il corpo fa semplicemente il suo dovere (sarebbe più corretto dire “il suo piacere”) in condizioni normali. Riguardo al contesto culturale poi, proviamo a pensare a quanto tempo è passato dagli anni Settanta del secolo scorso, data ufficiale di inizio del processo di sdoganamento del tema sesso. Altro dato su cui riflettere è che dal 1990 l’omosessualità è considerata dall’Organizzazione mondiale della Sanità una variante naturale del comportamento umano. Questo per dire che viviamo in una società in cui siamo molto più liberi di poterci esprimere, anche riguardo alla sessualità, solo che tanti ancora fanno fatica a farlo. Che cos’è che non funziona? Buona parte delle persone ha una visione limitata e inibita sul sesso, nutrita dagli unici canali informativi che se ne sono occupati con dedizione: i siti porno, i più cliccati al


mondo. E il problema è proprio qui. Il vuoto educativo delle istituzioni deputate a creare cultura, in primis la famiglia, poi lo Stato, attraverso le sue agenzie educative e in generale i media. Siamo in mano a youporn e i risultati si vedono. Se assistiamo ancora oggi a innumerevoli episodi di violenza e di degrado che coinvolgono la sessualità, spesso con il femminile come vittima, è anche perché il corpo e la sua natura sessuale non è ancora stato sdoganato né considerato degno di un posto nobile nel campo formativo della persona. Bisognerebbe insegnarlo ai ragazzi, descrivere la bellezza e la naturalezza del funzionamento del corpo sessuato, insegnare la sacralità e il rispetto del corpo, proprio e altrui, il significato non solo sensoriale e impulsivo di gesti così intimi, ma anche e soprattutto creativo, comunicativo e affettivo. Si dice “fare l’amore” non per caso. Questo discorso servirebbe anche per contrastare la visione del corpo come bene di consumo, da esibire, da abbellire, da vendere, proposta da quel piattume di cultura ahimè attualmente vincente che alla lun-

ga, nel vuoto educativo sul tema, può favorire il diffondersi di modelli di comportamento violenti e devianti. Come si potrebbe fare cambiare rotta alle giovani generazioni? Servirebbe tentare di entrare nel vuoto descritto e provare a iniziare a definirlo, con parole magari malferme, ma gentili e delicate, sincere. Il mondo femminile potrebbe esprimere più determinazione e coraggio nel proporre la propria visione, desiderio, conoscenza, in definitiva la propria natura nel dialogo col maschio, che è certamente perso e insicuro in questa fase storica. Questo movimento è più facile che parta dalla famiglia, per poi diffondersi e diventare cultura collettiva. Può far bene ai giovani e può far scoprire molto anche agli adulti. I genitori contemporanei infatti sono tendenzialmente sensibili, presenti, consapevoli dell’importanza del ruolo e più liberi di esprimere emozioni e sentimenti di quanto lo fossero i loro genitori. I giovani poi sono molto ricettivi e disponibili al dialogo, per tanti motivi. Culturali

MIKI

DOTT. MARCO GHEZZI Psicologo e Psicoterapeuta, Practitioner Emdr, Mental coach per atleti e imprenditori A Bergamo

certamente, ma anche relativi alla disponibilità infinita di informazioni che oggi possono ottenere dal web. Solo che se lasciati soli in questo mare magnum, il rischio è che finiscano per rimanere vittime passive di modelli malati, a cui tendere per conformarsi e per sentirsi all’altezza. Ci vuole un po’ di coraggio per superare quel piccolo spazio di imbarazzo che ancora rimane e parlarne, semplicemente parlarne.

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IN FORMA

FITNESS

Ginnastica ritmica sportiva ∞  A CURA DI LELLA FONSECA

Dopo il trionfo ai Giochi olimpici e ai Mondiali di ginnastica ritmica le nostre “Farfalle” hanno riportato sotto gli occhi di tutti la bellezza e l’armonia della ginnastica ritmica sportiva. È una disciplina della più vasta famiglia della ginnastica ed è caratterizzata dall’uso di piccoli attrezzi: fune, cerchio, palla, clavette e nastro. Come dice il nome, il ritmo ne è una componente fondamentale e viene sempre praticata con una base musicale. Tra gli sport olimpici è quello definito come “La disciplina che s’avvicina di più all’arte”. La ginnastica ritmica ha origini abbastanza recenti, si è sviluppata nei primi decenni del Novecento e in Italia è nata come disciplina educativa femminile in contrapposizione a tutti gli sport concepiti per una popolazione maschile e a una ginnastica d’impronta militare. All’epoca si chiamava Ginnastica ritmica moderna. Dopo i contatti avuti dall’Italia nel dopoguerra con altri Paesi europei e la costituzione di un Comitato internazionale è diventata anche una disciplina

sportiva della F.G.I. (Federazione ginnastica d’Italia) affiliata al C.O.N.I. e in poco tempo un’importante attività a livello mondiale e come disciplina olimpica. Ci introduce a questo sport Daniela Spagnolo Gamba, fondatrice di Orobica Ginnastica e già professoressa di educazione fisica nella scuola. Professoressa, la ginnastica ritmica sportiva è solo per ragazze e solo per giovani? La ginnastica ritmica è una disciplina per ora prettamente femminile come sport agonistico, anche se esistono studi e pratiche maschili con caratteristiche peculiari molto interessanti, seppure non vi siano campionati dedicati. Riguardo all’età è vero che la gran parte delle ginnaste sono giovani e sotto i 25 anni, ma è possibile usare gli stessi principi di base e la stessa tecnica anche per donne adulte che vogliono praticare un’attività salutare di mantenimento e benessere accompagnata dalla musica. Nella nostra società sportiva abbiamo organizzato con successo, per

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vari anni, corsi per adulte che non avevano mai praticato la ginnastica ritmica e si sono anche molto divertite. Le giovani ginnaste hanno sempre motivazioni agonistiche? No, non sempre, anche se le bambine e le ragazze in genere desiderano confrontarsi tra loro. Ci sono opinioni contrastanti riguardo l’attività agonistica in giovane età, ma esiste un agonismo positivo se guidato da insegnanti preparati anche dal punto di vista educativo. L’agonismo può essere disciplina (oggi molto carente nei giovani), senso morale, comprensione che per raggiungere risultati ci vuole impegno, miglioramento delle capacità motorie, salute e tante altre cose. In ogni modo la Ginnastica ritmica di base sarebbe auspicabile nelle scuole perché migliora la coordinazione neuro-muscolare, l’equilibrio, l’orientamento spazio/ temporale, il tono muscolare, la resistenza generale, la capacità oculo/manuale, la reattività muscolare, la collaborazione, la socialità oltre


al senso ritmico e musicale. Tutte capacità che sono i prerequisiti per praticare in seguito qualsiasi altro sport. A che età si può iniziare? Di solito verso i 6 anni, ma l’attività agonistica è prevista solo a partire dagli 8 anni. Per le bimbe più piccole sono previste attività propedeutiche dedicate che stimolano le capacità motorie e approcciano l’uso degli attrezzi. Assistendo alle performance superbe delle campionesse di ginnastica può nascere il dubbio che per le ragazzine in età evolutiva possa esserci troppa pressione e canoni fisici troppo stringenti. Sono preoccupazioni infondate? Non dobbiamo confondere la pratica agonistica ad alti livelli con

un’attività svolta in una società sportiva. Le ginnaste che vediamo gareggiare ai campionati mondiali, al di là di essere un numero esiguo, non fanno testo. Hanno raggiunto quei livelli nel tempo e progressivamente, in strutture adeguate e assistite in modo particolare anche negli impegni scolastici. Sono dotate di capacità motorie al di sopra della media e credo che sia giusto dare la possibilità ad ognuno di raggiungere il massimo delle proprie capacità. Anche nella nostra società l’obbiettivo è quello di aiutare le bambine e le ragazze a raggiungere il massimo delle proprie capacità personali. Ma non è importante il livello delle gare o dei confronti a cui partecipano. Per ognuna di loro si sceglie un programma che, seppure con necessario impegno, permetta di raggiungere obbiettivi adeguati e per le giovanissime do-

PROF.SSA DANIELA GAMBA SPAGNOLO Fondatrice Orobica Ginnastica Bergamo

po il podio vengono premiate tutte a parimerito o per fasce di colore. Tutto questo permette nel tempo di formare ginnaste che possono confrontarsi anche a livello nazionale con soddisfazione e se qualcuna si distingue in modo particolare può partecipare (se convocata) alle selezioni della F.G.I. e iniziare un percorso più impegnativo.

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BELLEZZA

Retinolo

Istruzioni per l’uso

∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

È l’anti-age più amato dalle star. Da Nicole Kidman a Julia Robert a Jennifer Lopez sono tante le attrici che non possono farne a meno per combattere i segni del tempo e rendere la pelle luminosa. Parliamo del retinolo: in siero o in crema, ma anche sotto forma di maschera o nel tonico, questo principio attivo negli ultimi anni sta vivendo davvero un momento d’oro, anche grazie alla messa a punto di nuove formulazioni che hanno permesso di stabilizzare questa molecola “ballerina,” consentendo di inserirla in concentrazioni elevate, fino al 2%. Ma quando è meglio usarlo? E come? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Alessandra Vasselli, cosmetologa AIDECO (Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologia). Dottoressa Vasselli, che tipo di sostanza è il retinolo? Il retinolo, forma alcolica della vitamina A, è un precursore dell’acido retinoico, una molecola particolarmente attiva che, a livello cutaneo, controlla la crescita e il ricambio cellulare dell’epidermide, un meccanismo che subisce un lento ma progressivo rallentamento con

l’età determinando una perdita di elasticità, morbidezza e vitalità della pelle. Come agisce? E quali benefici offre alla pelle? Quando si applica sulla pelle un cosmetico contenente il retinolo, si attiva un meccanismo di trasformazione: gli enzimi della pelle tendono a trasformare il retinolo in acido retinoico, perché solo in questo modo è possibile per la cute godere a pieno delle proprietà di questa sostanza. Questo meccanismo, che non è istantaneo ma richiede tempo, determina un’accelerazione del ricambio cellulare epidermico, grazie al quale lo strato corneo si riduce, lo strato basale inferiore si “rivitalizza”, con miglioramento anche dei componenti del derma (ndr. strato intermedio della pelle, fra l’epidermide, lo strato più superficiale, e l’ipoderma, lo strato

L’efficacia del retinolo si vede nel tempo: non dà risultati immediati ma in tre mesi assicura una remise en forme del viso”

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DOTT.SSA ALESSANDRA VASSELLI Cosmetologa Aideco Associazione Italiana di Dermatologia e Cosmetologia

più profondo). Il risultato è che le microrugosità e le macchie tendono a ridursi, migliorano idratazione e “tono” della pelle, il colorito della carnagione appare più omogeneo e luminoso. Le creme e i sieri con il retinolo sono adatti a tutti i tipi di pelle? Trattamenti cosmetici a base di retinolo sono adatti alle più comuni tipologie cutanee che mostrano i principali segni del crono e foto-invecchiamento: ispessimento cutaneo, ipercromie, micro e macro rugosità, atonia con decadimento del terzo inferiore del viso (la zona intorno alla bocca), collo e décolleté. Piccole accortezze andrebbero poste in particolare in caso di pelli particolarmente sensibili, per le quali l’utilizzo deve essere


Retinolo, retinoide o acido retinoico: simili ma diversi Pur avendo una derivazione comune dalla Vitamina A, “retinoide”, “retinolo”, “acido retinoico” non sono semplicemente modi diversi per definire la stessa sostanza, ma piuttosto sono composti che possiedono caratteristiche considerevolmente diverse, sia per struttura, sia per attività, sia per livello di tollerabilità. Il retinolo è una sostanza a uso cosmetico, mentre l’acido retinoico (e altri retinoidi) sono sostanze ad attività farmacologica e possono per questo essere contenuti solo ed esclusivamente nei farmaci, sotto prescrizione medica. L’acido retinoico è particolarmente attivo sugli epiteli dell’organismo, in particolar modo quello cutaneo e sull’attività della secrezione della ghiandola sebacea (acne e seborrea).

modulato e graduale nel tempo. L’ideale è prevedere due applicazioni la prima settimana, metterlo a notti alterne la seconda per passare poi a un utilizzo quotidiano, ricordando che un iniziale rossore è del tutto normale così come un po’ di secchezza e di pizzicore. È

opportuno, inoltre, evitare l’uso di cosmetici contenenti retinolo laddove siano riconosciute allergie e sensibilizzazioni al retinolo e bisognerebbe evitare l’applicazione immediatamente dopo aver effettuato trattamenti medico-estetici come laser e peeling. Durante tutto

il periodo di trattamento con retinolo è necessario utilizzare durante il giorno un fattore di protezione solare possibilmente ad alta protezione, sia per preservare i benefici anti-age ottenuti, ma soprattutto per evitare possibili foto-sensibilizzazioni causate dall’interazione con i raggi UVA ed UVB. È meglio utilizzarlo di giorno o di notte? Oppure è indifferente? ll retinolo, come gli altri prodotti cosmetici contenenti derivati della Vitamina A, vanno usati preferibilmente nelle ore notturne (ad esempio crema notte). Se utilizzati di giorno è meglio applicare successivamente prodotti di protezione solare con fattori di protezione medio/alto su pelle normalmente foto-esposta (come quella del viso o delle mani). Soprattutto per le pelli sensibili o molto sensibili è consigliabile non applicarli nella zona del contorno perioculare.


ATS INFORMA

Emergenza medici in Bergamasca: ATS al lavoro per trovare soluzioni

ATS Bergamo

∞  A CURA DI ATS BERGAMO

Sono attualmente 75 i cosiddetti ambiti carenti. «Innanzitutto è importante sottolineare cosa significa carente: è una definizione tecnica, termine previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale, che indica il numero massimo di medici che potrebbero essere inseriti in un determinato ambito. Pertanto quegli ambiti hanno già dei medici, ma ne possono essere inseriti anche altri al fine di migliorare il servizio territoriale con una maggiore e più capillare presenza di professionisti» spiega il Direttore generale di ATS Bergamo Massimo Giupponi. Il numero attuale dei medici di base nel capoluogo e provincia è in totale 614; di questi 562 sono titolari e 52 provvisori. «La Bergamasca ha sempre avuto una media di 660 medici di medicina generale, il numero massimo dovrebbe essere di 766, ma è un traguardo che non si è mai raggiunto e storicamente si attestano appunto su quella cifra» precisa Giupponi. Al momento sono 75 i posti di medici di medicina generale non coperti.

DOTT. MICHELE SOFIA Direttore Sanitario

Nel corso del 2021 dodici medici settantenni lasceranno l’attività per raggiunti limiti di età (70 anni): questo è l’unico dato certo e prevedibile per l’Agenzia di Tutela della Salute. Ma al 31 ottobre in totale i medici cessati erano ben 92 (58 titolari e 34 provvisori). Il che significa che ATS ha dovuto fare i conti con 80 cessazioni impreviste tra titolari e provvisori, praticamente una media di 8 medici al mese in dieci mesi. Si tratta di medici che decidono di cambiare tipo di lavoro o che scelgono di andare in pensione prima del limite massimo di 70 anni o altro ancora. Ad accrescere le difficoltà c’è anche quanto prevede l’Accordo Collettivo Nazionale: il medico è tenuto a comunicare la cessazione solamente 60 giorni prima. «Queste carenze non possono essere previste o calcolabili per procedere, in un tempo preventivabile, a interventi che permettano, pur nei limiti di un sistema organizzativo complesso, di coprire il posto lasciato vacante» prosegue Giupponi. Le prospettive, quindi, sono quanto meno impegnative.

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Un’opportunità, ma con qualche limite, è data dai medici iscritti al corso triennale per la formazione di medici di medicina generale (obbligatorio per i laureati iscritti all’Ordine dei Medici per esercitare come medici di base) che possono sì lavorare, e quindi coprire un posto all’interno di un ambito, ma solo in studi associati e per un massimo di 650 assistiti. Il bando per i medici corsisti è scaduto il 12 ottobre e sono arrivate 44 domande, inserite in una specifica graduatoria, deliberata da ATS. Sono in corso le operazioni di accettazione degli ambiti. A fronte di queste complesse situazioni, ATS Bergamo ha messo in campo una task force che possa procedere in modo organizzato e “disegnato” sulle esigenze del territorio per limitare i disagi e ovviare ai problemi che derivano dalla carenza dei medici di base, in sostanza per trovare soluzioni che siano operative e che vengano incontro ai bisogni dei cittadini, a fronte dell’oggettiva difficoltà di reclutare medici attraverso bandi


o con l’”immissione” di nuove forze lavoro che “escono” dai corsi di formazione. «Si tratta di tre gruppi lavoro, ognuno per ogni territorio delle tre Asst, composti da un rappresentante dell’Asst stessa, da uno per i Sindaci, uno per il Dipartimento di Cure Primarie di ATS,, uno dell’ufficio dei Sindaci, uno dei Medici di Assistenza Primaria e uno per le Farmacie» entra nel dettaglio il dottor Michele Sofia, Direttore sanitario di ATS Bergamo. «Sono gruppi che si occuperanno specificamente della carenza dei medici e sono già al lavoro. La strategia sta nell’organizzare soluzioni man mano che verrà segnalata la carenza di uno o più medici in ogni specifico ambito, per attutire o eliminare i disagi per gli utenti. Si tratta di una logica di co-partecipazione e di corresponsabilità rispetto a un problema che riguarda tutti, partendo comunque da una realtà effettiva per l’intero territorio bergamasco: nessuno è mai rimasto senza il medico di base».

Gli interventi che si possono attivare sono diversi e già sono stati applicati in differenti occasioni: in caso di mancanza di un medico di famiglia, con il coinvolgimento delle farmacie, per esempio si può organizzare la consegna delle ricette, per evitare lo spostamento degli anziani. Sempre per la popolazione più avanti con l’età, grazie all’apporto dei comuni, si possono aprire sportelli per la scelta e revoca del medico di base, così come con la collaborazione delle istituzioni locali si può intervenire per reperire i locali per aprire un ambulatorio o per organizzare i servizi di Cad (continuità assistenziale diurna) servizio che di fatto copre l’assenza di medici. «L’aumento dei massimali può essere un modo per ovviare alla carenza e in Bergamasca abbiamo già almeno una cinquantina di medici che hanno anche fino a 2.000 assistiti. L’aumento, è necessario sottolinearlo, va comunque approvato dal Comitato aziendale di ATS con i sindacati. Il problema per i bandi, come si è

visto, sta soprattutto nel fatto che proprio per una carenza strutturale di nuovi medici non si arriva mai a coprire i posti vacanti. Gli inserimenti in prima battuta riguardano i medici iscritti alla graduatoria regionale definita alla fine dell’anno precedente: nel 2021 sono stati inseriti 28 medici. Il bando fatto a giugno era rivolto ai medici inseriti nelle graduatorie di altre regioni: due sono stati i medici interessati e uno solo ha acquisito la postazione» continua Sofia. «Per quanto riguarda i medici corsisti, come detto possono avere un massimale di 650 assistiti e, quindi, sono sì un importante apporto, ma non possono essere considerati risolutivi per carenze molto strutturate. Per questo contiamo davvero sui gruppi di lavoro. Si riuniranno una volta al mese, valutando le singole situazioni dei medici che, per quel gruppo di competenza territoriale, hanno annunciato nei due mesi precedenti la cessazione: in questo modo gli interventi individuati dovrebbero risultare efficaci e tempestivi» conclude il Direttore sanitario di ATS Bergamo.

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RUBRICHE

ALTRE TERAPIE

Terapia neurale Un rimedio ancora poco conosciuto contro il dolore

∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

«La terapia neurale è una metodologia efficace contro il dolore, ancora poco conosciuta in Italia. Riconosce come causa fondamentale della malattia e del dolore lo squilibrio del sistema nervoso vegetativo o autonomo, che, come dice il nome, regola il funzionamento di ogni organo e tessuto in modo autonomo, cioè senza che noi ci pensiamo, e manda continuamente informazioni sullo stato di salute dell’organo o tessuto al cervello». Chi parla è la dottoressa Chiara Marossi, medico chirurgo, che si occupa da anni di medicina integrata. Ci siamo rivolti a lei per conoscere meglio questa terapia contro il dolore, molto praticata all’estero, in particolare in Germania e Spagna. Dottoressa Marossi, su che principi si basa la terapia neurale? Ogni giorno i nostri tessuti e organi si attivano, lavorano e poi si ripara-

La terapia neurale ritiene che il dolore cronico sia causato anche da anomalie elettrofisiologiche, chiamate campi di disturbo, generate da cicatrici o traumi che creerebbero dei “corto circuiti” anche in punti distanti del corpo” no grazie all’attivazione equilibrata del sistema nervoso autonomo. Questo avviene fisiologicamente. Quando abbiamo però un tessuto lesionato o infiammato, es. una cicatrice o un muscolo contratto o un’area infiammata e dolorosa, le cellule che lo costituiscono manderanno tramite il sistema autonomo impulsi nervosi alterati/disturbanti al cervello, che possiamo

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non percepire immediatamente e dunque conviverci per lungo tempo o avvertirli presto come dolore, fastidio o contrattura. Questo crea uno stress per il corpo, soprattutto quando cronicizza nel tempo. La terapia neurale interviene per interrompere queste informazioni disturbanti e fornire quindi la possibilità a quelle cellule di autoregolarsi e tornare alla loro funzione fisiologica. In che cosa consiste? Nell’iniettare piccolissime quantità di anestetico locale (procaina o lidocaina) diluito opportunamente in soluzione fisiologica dove serve, ovvero a livello della cute lesa/infiammata oppure, più in profondità, a livello dei trigger dolorosi muscolari. Questo farmaco ha l’effetto d’interrompere la conduzione del segnale disturbante e riequilibra le cellule e il sistema nervoso autonomo che le regola. L’effetto benefico è praticamente


immediato. A volte necessita di qualche seduta di richiamo. Ma è dolorosa? Ed è adatta a tutti? Si può sentire il fastidio della puntura, ma si utilizzano aghi molto fini per evitarlo. Non ci sono controindicazioni se non essere allergici a questi anestetici locali (evento rarissimo visto che sono utilizzati quotidianamente da tantissimi medici o dentisti unicamente per il loro effetto anestetico) ed è adatta a tutte le età. In quali casi, in particolare, può essere utile? Ha un efficace e rapido effetto su tutte le problematiche di dolore e infiammazione: dolori muscolari e articolari, come cervicalgie, lom-

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balgie e lombosciatalgie, dolore alla spalla, etc. ma anche cefalee muscolo-tensive e nevralgie. È molto utile anche per annullare il campo di disturbo generato spesso da cicatrici che sembrano innocue,s ma in realtà nascondono aderenze e trazioni sulle fasce muscolari che possono causare dolori e fastidi a distanza. Un esempio? Spesso la cicatrice da parto cesareo, oltre a creare tensioni in loco, può determinare fastidiose lombalgie o mal di schiena. Dobbiamo immaginare la nostra pelle come un grande circuito elettronico in cui le terminazioni nervose dialogano costantemente con il midollo spinale e di riflesso con tutti gli organi interni ad esso collegati. Una normale cicatrice, a cui spesso non diamo importanza,

può rappresentare un’interruzione del corretto e completo flusso di informazioni. La terapia neurale, in questi casi, agisce proprio per ristabilire questa “comunicazione”.

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GUIDA ESAMI

Quando serve l’agoaspirato alla tiroide ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

I noduli tiroidei sono tumefazioni che si formano all’interno della ghiandola tiroidea. Possono essere liquidi, solidi o misti e spesso non danno alcun sintomo. In genere vengono individuati attraverso un’ecografia alla tiroide. «Per stabilire se i noduli tiroidei sospetti siano benigni o maligni, e quindi diagnosticare la presenza di un cancro alla tiroide, il test, ad oggi, più affidabile è l’agoaspirato tiroideo con esame citologico» osserva la dottoressa Silvia Maria Accornero, endocrinologa. Dottoressa Accornero, in cosa consiste l’esame? L’agoaspirato tiroideo consiste nel prelevare mediante un ago sottile delle cellule e del materiale contenuti in un nodulo della tiroide, allo scopo di determinarne le caratteristiche e la natura benigna o maligna. Le cellule prelevate vengono poi esaminate con un test specifico chiamato esame citologico, che permette di osservarne le caratteristiche. In caso di necessità, possono essere eseguiti ulteriori test, come la rilevazione della presenza di ormoni o di mutazioni del Dna. Il prelievo delle cellule dal nodulo tiroideo viene eseguito pungendo il collo con un ago sottile montato su una siringa. Nella maggior parte dei casi, durante la puntura, viene eseguita contemporaneamente una ecografia (agoaspirato ecoguidato), in modo da verificare il corretto posizionamento dell’ago

all’interno del nodulo e limitare le complicazioni. Di che tipo di complicazioni si tratta? Le complicazioni, rare e di lieve entità, sono solitamente piccoli ematomi della tiroide, dei muscoli vicini alla ghiandola o del sottocute, che si riassorbono spontaneamente in pochi giorni. È un test doloroso? La puntura provoca un minimo dolore, paragonabile a quello di un prelievo venoso del sangue. Quanto dura? La puntura dura pochi secondi, bisogna però considerare anche il tempo necessario per disinfettare il collo prima di procedere e quello per applicare una pressione e il ghiaccio per qualche minuto dopo la puntura. È necessaria una preparazione particolare? Gli uomini con barba lunga fino al collo dovranno radersi. È fondamentale inoltre comunicare al medico tutte le medicine e integratori che si assumono, per valutare se è necessario fare delle modifiche alla terapia assunta, prima di eseguire l’agoaspirato. In quali casi può essere necessario effettuare questo esame? Le indicazioni a eseguire un agoa-

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L’ESITO? IN ALCUNI CASI PUÒ ESSERE “SOSPETTO” È bene che il paziente sia consapevole che non esistono solo risposte che indicano con buon grado di sicurezza la benignità o malignità del nodulo, ma anche referti citologici che non consentono una diagnosi oppure quadri sospetti. Risposte non diagnostiche o di sospetto sono previste da tutte le classificazioni nazionali e internazionali e sono presenti in tutte le casistiche. Non dipendono quindi dal medico che esegue l’esame o che esamina il campione, ma sono dovuti ai limiti dell’esame stesso. In caso di risposte non diagnostiche o di sospetto potrebbe essere necessario ripetere l’esame a breve distanza (settimane o mesi), oppure asportare chirurgicamente una parte di tiroide per risolvere il dubbio. Anche in caso di risposte di benignità potrebbe essere consigliata la ripetizione dell’esame dopo qualche anno nel caso in cui il nodulo crescesse o cambiasse l’aspetto.


spirato su un nodulo tiroideo derivano dalle dimensioni e dall’aspetto ecografico del nodulo. L’ecografia è pertanto un esame fondamentale per stabilire quali noduli devono essere sottoposti ad agoaspirazione. Un esame ecografico eseguito con una strumentazione tecnologicamente avanzata e da un ecografista esperto in ecografia tiroidea è in grado di identificare, oltre alle dimensioni precise del nodulo tiroideo, anche delle specifiche caratteristiche del nodulo, che indicano la benignità con buon grado di sicurezza. Altre caratteristiche di un nodulo come la struttura solida, il colore scuro (detto ipoecogeno), la forma irregolare e le calcificazioni costituiscono invece dei fattori di sospetto e suggeriscono l’opportunità di valutare se sia necessario agoaspirato tiroideo. Infine, prima di decidere se eseguire un agoa-

spirato su un nodulo della tiroide, non devono essere tralasciate alcune informazioni riguardanti il paziente. Chi ha parenti stretti con cancro alla tiroide o ha subito radioterapia sul collo, soprattutto se da bambini, han un maggior rischio di tumore tiroideo. Lo specialista endocrinologo valuterà quindi i dati forniti dall’ecografia e la situazione generale del paziente per stabilire se e quali noduli devono essere agoaspirati.

il rapporto rischio-beneficio della procedura per ogni singolo paziente.

Ci sono controindicazioni? Non ci sono controindicazioni assolute, però particolare attenzione va posta ai pazienti che assumono farmaci antiaggreganti e anticoagulanti o soffrono di patologie che aumentano il rischio di sanguinamento. Non ci sono nemmeno limiti di età, ma è sempre opportuno discutere con lo specialista

DOTT.SSA SILVIA MARIA ACCORNERO Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio Dottore di Ricerca in Medicina Interna e Terapia Medica Centro Medico Santagostino - la tua salute

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RUBRICHE

ANIMALI

Starnuto: quando preoccuparsi Tempo di raffreddori… anche gli animali ne soffrono? ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Le riniti, o comunemente raffreddori, interessano anche gli animali da compagnia e si manifestano innanzitutto con lo starnuto. Però, a differenza di quanto succede nell’uomo, in genere non si tratta solo di patologie banali, anche per l’importanza del senso dell’olfatto nella loro vita. Esistono, infatti, casi in cui per una semplice rinite l’animale, a causa della perdita dell’olfatto, smette completamente di nutrirsi. Ma quando ci si deve preoccupare? Quali sono gli altri segnali d’allarme da tenere in considerazione? Ne parliamo con il dottor Stefano Cattaneo, medico veterinario. Dottor Cattaneo, quando uno starnuto può essere la spia di qualcosa di grave? Starnuti singoli possono essere normali – cani e gatti esplorano l’ambiente e a volte possono inalare polvere o detriti e quindi starnutiscono – però, se ripetuti e accompagnati da scolo nasale ,è necessaria una visita veterinaria per individuarne la causa. Nel gatto le riniti sono molto frequenti per la presenza di due forme virali sostenute da calicivirus e da herpes virus. Fortunatamente esiste una vaccinazione che ha ridotto notevolmente la loro incidenza. Viene riscontrata però ancora frequentemente nei gatti randagi. Sono forme che iniziano con una rinite, spesso sono accompagnate da congiuntivite, e possono evolvere a broncopolmonite con una certa mortalità soprattutto nei soggetti giovani. Per questo motivo, nel caso di un gattino con “raffreddore”,

SE È IL CONIGLIO A FARE ETCIÙ soprattutto se accompagnato da congiuntivite, è bene non aspettare qualche giorno, per vedere se passa, ma portarlo per una visita veterinaria quanto prima. Purtroppo queste forme tendono a divenire croniche e a persistere per tutta la vita del gatto, riattivandosi in caso di stress (come nelle herpesvirosi dell’uomo). E nel cane? Nel cane le riniti sono meno frequenti e in genere hanno rilevanza le forme croniche. Unica eccezione, per cui la visita diventa urgente, è quando improvvisamente il cane inizia a starnutire ripetutamente e continuativamente, soprattutto se questo avviene nel periodo estivo: c’è il rischio che abbia inspirato il cosiddetto forasacco (una spiga). Un pronto intervento permette di individuare la spiga; se invece si attende che il forasacco continui a salire nella cavità nasale, può diventare a volte difficile individuarlo, anche in rinoscopia. Tornando alle

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Le riniti nel coniglio sono patologie spesso acquisite in allevamento (tecnopatie), legate alla presenza di un batterio, la Pasteurella, che si può trattare con una terapia antibiotica, che però difficilmente si risolvono. Essendo tecnopatie, sono già presenti all’acquisto dell’animale, per cui è bene tenere presente, quando si compra un coniglio, che la presenza di starnuti e scoli nasali indica un problema che, con alta probabilità, lo accompagnerà per tutta la vita. Queste patologie possono essere gravi, essendo il coniglio un animale obbligato alla respirazione per via nasale, per cui è importante valutare bene cosa fare (soprattutto se è pensato come un dono per un bambino).


riniti croniche è importante capire se lo scolo nasale è da entrambe le narici o monolaterale (si possono pulire le narici con un fazzoletto per capire quale presenta secreto). Nel primo caso si tratta in genere di rinite cronica su base infiammatoria, frequentemente secondarie alla presenza di parodontite e tartaro. I proprietari spesso sottovalutano l’importanza dell’igiene orale e assistiamo a volte a parodontiti veramente gravi che incidono sul benessere dell’animale e spesso hanno conseguenze sulla salute in generale. La rinite cronica è una delle possibili conseguenze e purtroppo anche la cura della parodontite, tramite detartrasi (rimozione del tartaro), non sempre riesce a risolvere la rinite secondaria una volta che si è instaurata. Le riniti monolaterali, invece, possono avere cause molteplici: infiammatorie, fungine e tumorali. Per quanto possa sembrare un problema

semplice, l’iter diagnostico è complesso, perché sono necessarie la rinoscopia, spesso una biopsia per l’indagine istologica e/o batteriologica, e la diagnostica per immagini anche avanzata (la TAC), in quanto possono coinvolgere le strutture adiacenti (spesso si instaurano delle sinusiti secondarie). Queste forme a volte possono essere dolorose per il cane o il gatto (in particolare le sinusiti fungine), tanto che l’animale cerca di evitare di essere accarezzato sulla testa. Ma ci sono casi in cui lo starnuto può essere episodico e quindi non legato a malattie? Assolutamente sì. Esiste ad esempio lo “starnuto inverso” che si differenzia per il fatto che avviene per aspirazione ed è legato in genere a patologie retrofaringee. Spesso è fonte di una grande preoccupazione per il proprietario, perché è molto rumoroso, ma in genere

non è legato a patologie gravi. La difficoltà risiede nel fatto che il proprietario non riesce a descriverlo correttamente al medico veterinario. In questi casi è molto utile realizzare un filmato dello starnuto, perché aiuta il veterinario a distinguerlo da altri rumori respiratori.

DOTT. STEFANO CATTANEO Medico Veterinario Specialista in sanità pubblica veterinaria Libero professionista presso Ambulatorio Veterinario Città di Albino


DAL TERRITORIO

NEWS

Genetica: la prima piattaforma di AI per il counseling genetico digitale L’Artificial Intelligence al servizio della genetica: è italiana, anzi bergamasca, la prima piattaforma sviluppata in Europa per la trasformazione digitale nel campo della salute genetica. Si chiama Genome Access (www.genomeaccess.it) e si pone come obiettivo migliorare la conoscenza sulle malattie genetiche e digitalizzare il processo di assistenza per chi si affida a una struttura di consulenza genetica. La piattaforma si rivolge a diverse tipologie di utenti, come chi convive con una malattia genetica o ha il rischio di svilupparne una per familiarità; o ancora chi ha eseguito e ottenuto risultati di un test del DNA e ha necessità di una spiegazione per comprenderli. Se infatti nel campo delle malattie genetiche si assiste a un’evoluzione sempre più rapida di conoscenza e tecnologie, la crescente facilità di accesso a analisi genetiche ad alta definizione - utilizzate ormai in quasi tutte le discipline cliniche - richiede professionisti che informino pazienti e clinici sulle caratteristiche e i limiti di queste particolari indagini, i possibili esiti e la loro accuratezza. Genome Access colma questa necessità, migliorando la consapevolezza verso le malattie genetiche e fornendo assistenza e supporto specifico e, allo stesso tempo, facilitando la possibilità di analizzare dati genetici grazie a specifiche competenze e tecnologie. La piattaforma è sviluppata dall’impresa sociale no-profit Kaleidos, associata a Confcooperative-Bergamo, da sempre dedicata alla progettazione e implementazione di progetti sperimentali e caratterizzata da un impegno orientato all’innovazione socio-sanitaria per la “fragilità”.

NEWS

Premiati i progetti Rotary per la pandemia Lo scorso 10 Novembre Roberto Xausia, Coordinatore Italiano per l’Immagine Pubblica Rotary, è intervenuto alla riunione Interclub dei circoli Rotary bergamaschi per premiare 3 esponenti dell’organizzazione che si sono specialmente distinti durante la pandemia per progetti di alta utilità sociale: Maurizio Maggioni, Letizia Mansutti e Alberto Barzanò. Il primo progetto in ordine di tempo è stato il call center (la cui infrastruttura è stata donata da Planetel) con cento medici e odontoiatri rotariani volontari che, di concerto con Areu Lombardia, hanno offerto consulenza telefonica ai cittadini nel momento di massima emergenza. Dalla stretta collaborazione tra il Distretto Rotary 2042, Porsche Consulting e Multiply Labs (una start up creata da giovani bergamaschi) con ATS Bergamo e ASST Bergamo Est a Calcinate è sorto l’innovativo laboratorio robotizzato capace di processare oltre 2500 tamponi al giorno (i macchinari sono stati acquistati con 250mila euro donati dal Distretto Rotary 2042). Per ultimo in ordine di tempo ha visto la luce il progetto medico scientifico Rocco Bergamo sulle conseguenze del Covid: sono stati reclutati 500 cittadini che hanno superato l’infezione e sono stati seguiti durante un anno per monitorare le sequele del Covid e ricevere trattamenti riabilitativi.


Ospedale Papa Giovanni XXIII: gatti “animati” per accogliere i bambini in sala prelievi Quattro gattini musicisti che suonano nella band “Buffycats”, ricreati sulle pareti e sui soffitti della sala d’ attesa e dei due box dedicati ai bambini del Centro prelievi dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. È questo il cuore del progetto sostenuto dall’Associazione “Il sogno di Iaia” e realizzato dalla casa di produzione Rainbow (che ha creato la serie animata “44 gatti” a cui i disegni si ispirano), pensato per rendere l’ambiente più accogliente e alleggerire così

l’ansia legata al momento del prelievo di sangue. L’iniziativa è il proseguimento di un percorso iniziato lo scorso anno con la sala d’attesa dedicata ai bambini che devono sottoporsi alla risonanza magnetica in Neuroradiologia, trasformata in una navicella spaziale con le pareti completamente dipinte con stelle, pianeti, razzi e moduli spaziali. «Il sogno in una stanza è un progetto nato nel cuore della piccola Ilaria, che immaginava il suo ospedale a colori e pieno di magia. Il suo

desiderio era donare la gioia e la meraviglia nel cuore e negli occhi dei bambini e siamo felici di aver realizzato una parte del suo sogno all’Ospedale Papa Giovanni XXIII insieme alla Rainbow, azienda più volte vicina alle nostre iniziative per migliorare la qualità della vita dei bambini ospedalizzati», ha commentato Ida Di Natale, la mamma di Ilaria, che porta avanti l’associazione Il sogno di Iaia ONLUS in sua memoria.

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DAL TERRITORIO

TERZO SETTORE

Progetto FoOL Associazione Mosaico a sostegno dei giovani disoccupati

Ph: Mosaico

Iniziativa in collaborazione con la Fondazione Istituti Educativi di Bergamo

Da dx Claudio di Blasi, presidente Mosaico; Michele dal Lago, ricercatore UNIBG collaboratore Mosaico; Cecilia Leccardi, ADAPT; Iolanda Riseri, 3menti

∞  A CURA DI ASSOCIAZIONE MOSAICO

Il Servizio Civile Universale e la Leva Civica Lombarda rappresentano possibilità sempre più importanti, offerte ai giovani anche per tracciare la strada del loro futuro professionale e aiutarli nel percorso della ricerca di un’occupazione. A questo scopo è stato ideato il sistema sperimentale “FoOL”, (Formazione, Orientamento, Lavoro), sviluppato da Associazione Mosaico APS, ente di gestione di Servizio Civile, in collaborazione con la Fondazione Istituti Educativi di Bergamo (FIEB). Il sistema “FoOL” si struttura attraverso una piattaforma utilizzata per tracciare le competenze trasversali dei ragazzi impegnati nel percorso di Servizio Civile Universale o Leva Civica Lombarda e si presenta infatti come un sostegno attivo per aiutare i giovani disoccupati e i NEET della

Provincia di Bergamo ad avvicinarsi al mondo del lavoro. L’iniziativa è stata presentata al pubblico venerdì 8 ottobre presso la Sala del Mutuo Soccorso in via Zambonate 33 a Bergamo. L’incontro è stato introdotto dal Presidente di Associazione Mosaico, Claudio Di Blasi e ha visto la partecipazione di Cecilia Leccardi, ricercatrice ADAPT e Michele Dal Lago di Associazione Mosaico. Sono state presentate anche le testimonianze di operatori volontari di Servizio Civile Universale e Leva Civica Lombarda. «Questo è l’inizio di un percorso» ha dichiarato Claudio Di Blasi. «Ci poniamo un obiettivo ambizioso: favorire l’occupabilità delle nuove generazioni, mettendo a disposizione degli attori che operano sul mercato del lavoro una misurazione, della durata un anno, delle

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competenze trasversali acquisite nel corso dell’esperienza del Servizio Civile e della Leva Civica». All’incontro è seguita una tavola rotonda con la partecipazione di Elisabetta Donati, del Centro per l’Impiego di Bergamo, Luna Riva della fondazione FIEB, Iolanda Risieri di 3menti e dello psicologo del lavoro Manuel Consonni, di Cesvip, con una lunga esperienza nel campo delle risorse umane. In particolare è stato proprio Consonni, nel corso del suo intervento, a sottolineare l’importanza delle competenze trasversali nel favorire l’incontro - tecnicamente: il matching - tra la richiesta di personale da parte delle aziende e i giovani in cerca di occupazione. «Un ragazzo può essere semplicemente valido all’interno di un’azienda così come può essere


validissimo all’interno di un’altra azienda» ha sottolineato Consonni. «Ma in questa valutazione non c’è da tenere conto soltanto delle soft skills di un giovane, ovvero le sue competenze trasversali. Occorre anche poter valutare la cultura aziendale di ogni data azienda. Quel ragazzo, proprio per le sue peculiarità, potrebbe infatti essere competente per una determinata tipologia di mansione, ma non esserlo all’interno di quell’azienda. Perché in quell’azienda, nelle sue particolari diramazioni interne, può anche darsi che vi sia una cultura aziendale diversa dal suo approccio globale». «In quest’ottica direi che tramite le osservazioni rilevate durante il servizio di leva civica, che ci dà la possibilità di seguire un ragazzo in un intero anno di servizio, e questo portale, dove si provvede a inserire monitoraggio della persona, ci viene

quindi permesso di capire meglio se quella persona si può integrare bene all’interno di quel particolare ambiente aziendale» ha proseguito lo psicologo del lavoro. « E, nel suo interno, anche in un determinato microgruppo di lavoro. Questo perché talvolta all’interno delle aziende vi sono “sottoculture” che sono create da quel piccolo ufficio, da quel reparto, che non rappresentano magari la visione e la missione stessa dell’azienda. Il fatto di poter conoscere la persona attraverso un sistema mirato di valutazione permette quindi di arrivare più velocemente al matching tra domanda e richiesta. Abbiamo vissuto un momento critico in cui si è davvero rilevato come le soft skills siano importantissime. Ci vuole quell’anello di congiunzione che permette ai ragazzi di poter allineare alle proprie competenze anche quelle parti tecniche che il lavoro

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poi richiede. Dico sempre alle persone che si candidano che la cosa importante è arrivare al colloquio. E lavorare sulle soft skills, a questo punto, è davvero fondamentale. E fondamentale è saperle valutare». Nel corso di tutti gli interventi è stata sottolineata quindi l’importanza estrema dell’esperienza di Servizio Civile e Leva Civica Lombarda non soltanto per il servizio effettivamente reso alla società dagli operatori volontari durante l’anno dell’impiego, ma anche in funzione dei vantaggi che derivano alla società dalla conoscenza delle risorse offerte sul territorio e per il territorio dall’enorme ricchezza sociale costituita dalle nuove generazioni. La registrazione completa dell’incontro e della tavola rotonda, divisa in quattro parti, è disponibile attraverso il sito www.mosaico.org o direttamente sul canale YouTube di Associazione Mosaico APS.

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DAL TERRITORIO

FARMACIE

La farmacia del futuro Nuovi scenari per la salute dei cittadini ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Nello scorso numero vi abbiamo raccontato l’evoluzione della farmacia, dai tempi degli “spezieri” a oggi, passando attraverso la pandemia da Covid 19. Ora, invece, vi porteremo nel futuro con uno sguardo su quello che diventerà, o meglio sta già diventando. «La farmacia del futuro sta diventando realtà e si sta plasmando. È un’occasione importante di evoluzione, se saputa cogliere nell’essenza di quello che realmente può diventare questo presidio per il territorio» sottolineano le dottoresse Maria Silvia Calvino Ramaccio e Elena Bottazzi, farmaciste. Ma in cosa consiste in concreto la farmacia del futuro? Innanzitutto si concretizza attuando le idee e i progetti dei primi interlocutori, i farmacisti, in collegamento con diverse altre figure sanitarie, uniti alle esigenze e alla domanda dei clienti-pazienti. Partiamo proprio da questi ultimi: il rapporto tra farmacista e utente è forse una delle dinamiche che

più profondamente ha presentato un’evoluzione positiva negli ultimi anni, arrivando ad assumere i contorni di una “sinergia”, primo vero cambiamento rispetto al passato e ai tempi attuali che abbiamo definito di “transizione”. Grazie alla fiducia, alla fidelizzazione, al ruolo sempre più evidente di presidio primario che sta assumendo la farmacia, si può dire che la relazione tra sanitario e paziente/cliente stia quasi tornando ad assomigliare a quella dei tempi passati, in cui l’”alchimista” era colui che poteva avere risposte per i sintomi psico-fisici, fornendo un aiuto a corpo e anima dell’individuo. Alcuni esempi sono evidenti anche grazie alle iniziative che mirano a mantenere e riconoscere la professionalità e la libertà nell’operare e nel consigliare i clienti/pazienti. Alcuni esempi sono la Farmacia San Faustino di Nembro, attiva anche sui social, o la Free Health Academy, fondata da professionisti sanitari per portare avanti “attualità, scienza, ricerca, obiettività”. Conasfa e #curatestesso sono altre due re-

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altà che dall’inizio della pandemia fino a oggi si sono sempre distinte per essere a fianco dei sanitari e dell’informazione indipendente, libera e attenta alla salute e alle esigenze degli operatori sanitari e dei pazienti, riconoscendo in chi si approccia a una delle diverse professioni sanitarie, l’uniforme missione e il ruolo di educatore alla salute da cui non può prescindere, soprattutto nei tempi attuali. Anche in seguito alla pandemia, un esempio concreto di attenzione al cliente a 360 gradi può essere quello della pharmaceutical care nell’approccio del farmacista alla gestione di problematiche psicologiche e psichiatriche. In che modo il farmacista può rappresentare un alleato anche per la sfera psicologica? Ancora oggi i disturbi che riguardano il campo della mente sembrano tenuti un po’ separati rispetto ai sintomi più strettamente fisici, mentre si sa dell’interscambio che entrambe le aree possono avere. Non entrando nella sfera della diagnosi e della prescrizione, di competenza dei medici di medicina generale e degli specialisti, si può però notare come questi ultimi, insieme agli psicologi e psicoterapeuti, abbiano cominciato a collaborare in maniera proficua sia con i farmacisti territoriali sia


con quelli ospedalieri. Una volta individuata la terapia, il paziente si può interfacciare prima con la farmacia ospedaliera e poi con la farmacia più vicina a lui. È chiaro quindi che il farmacista non possa esentarsi dal fornire risposte chiare e utili riguardo questa branca della patologia e della farmacologia; i farmaci psichiatrici sono forse tra i più comuni a presentare interazioni con altri medicinali, con i cibi, e a richiedere qualche ulteriore chiarimento riguardo per esempio la via di somministrazione. Per questo entra in gioco quello che comunemente viene definito counselling, erroneamente tradotto solo con “consigliare” anche se sarebbe più corretto definirlo come “prendersi cura”, “venire in aiuto”. Questo è infatti quello che cerca di fare il farmacista con il paziente che desideri avere chiarimenti riguardo la terapia, favorendo l’aderenza alla terapia stessa e rappresentando un’ulteriore figura di fiducia reperibile facilmente oltre al medico specialista. È evidente inoltre che anche il solo parlare e chiedere chiarimenti possa già essere considerato parte della terapia, soprattutto in situazioni psicologiche e psichiatriche. La figura dello psicologo in farmacia, inoltre, è un altro tassello significativo che sta mostrando ottimi risultati, per gli utenti e per rinforzare la collaborazione tra figure professionali, portando da un lato maggiore fidelizzazione e fiducia nel farmacista, dall’altro creando un ponte che avvicina i clienti e gli psicologi.

Quali sono gli altri ambiti su cui punta la farmacia del futuro? Pharmaceutical care significa anche trattare e approfondire l’universo della prevenzione: da sempre la farmacia è riconosciuta come la “casa” della prevenzione, dei consigli di salute. Numerosi sono ormai gli studi che riportano quanta attenzione si debba dedicare all’igiene intesa come l’igiene dello stile di vita, che comprende corretta alimentazione, igiene orale, consapevolezza di eventuali intolleranze e allergie, associazione dell’attività fisica per mantenere e amplificare la salute. Nel campo dell’integrazione e supplementazione si registra un buon numero di consumatori “fai da te” che cercano soprattutto nelle fasi iniziali di affidarsi alla rete per trovare informazioni e fare una sorta di autoprevenzione. Spesso però poi, non soddisfatti del risultato, dubbiosi o in difficoltà, trovano nella farmacia

e nel farmacista le rassicurazioni e risposte di cui avevano bisogno. In alcuni casi si tratta di clienti-pazienti con bisogni alimentari, intolleranze e con inclinazioni specifiche, che nei sanitari cercano conferme sulla compatibilità di assunzione di determinati prodotti con le loro esigenze e restrizioni. Anche in questo caso, la presenza di esami di prima istanza che possano dare indicazioni poi da approfondire e la sinergia e collaborazione con altre figure professionali, come fisioterapisti e osteopati, sta producendo frutti rigogliosi. Se la definizione internazionale di salute è “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”, appare chiaro ancora una volta come un’offerta che guardi all’integrità di mente e corpo, quindi al benessere del cliente-paziente inserito nel proprio contesto, possa risultare assolutamente adatta e in linea con il futuro.

DOTT.SSA MARIA SILVIA CALVINO RAMACCIO

DOTT.SSA ELENA BOTTAZZI

Farmacia San Faustino di Nembro

Comunicazione scientifica

Farmaciste del gruppo Agifar Bergamo (Associazione Giovani Farmacisti) Novembre/Dicembre 2021 | Bergamo Salute | 63


DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Danze di sguardi Un libro racconta il drammatico viaggio di un medico dal tunnel della terapia intensiva fino al ritorno alla vita

∞  A CURA DI LELLA FONSECA

«Vicino a me gira la morte con la falce e sceglie chi portare con sé. Ora la vedo in faccia e la sento molto vicina» sono le parole che Riccardo Gotti scrive in un messaggio whatsapp alla moglie Alessandra dal suo letto dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. È la metà di marzo 2020, all’esordio dello tsunami che colpirà il territorio bergamasco con tanta violenza. Riccardo inizia a percepire i sintomi del Covid e il 9 marzo si rivolge al Pronto Soccorso del “suo” ospedale, sì perché non è un semplice paziente, ma anche un medico, chirurgo vascolare, proprio dell’ospedale di Bergamo. Ha contratto l’infezione qualche giorno prima operando la gangrena di un paziente poi risultato positivo. Inizialmente è abbastanza tranquillo perché, come quasi tutti noi, in quella fase crede che la malattia si accanisca solo sugli anziani e sui fragili, mentre lui, under 50 e in ottima salute, dovrebbe superarla senza grandi rischi. Già nei primi giorni di ricovero purtroppo si rende conto che la realtà è un’altra: le sue condizioni peggiorano rapidamente, ha fame d’aria e gli viene prescritto il casco

della CPap, che però non basta e seguono la terapia sub-intensiva e poi quella intensiva. Intorno a Riccardo molti pazienti anziani e altri, anche più giovani di lui, soffrono lo stesso tipo di aggravamento e tanti, troppi, non ce la fanno, vengono portati via in un sacco verde chiuso da una zip, mentre si accresce la paura di chi resta in reparto. Nel primo periodo di ricovero mantiene il contatto con Alessandra e i loro quattro figli, tra i 12 e i 19 anni, attraverso il cellulare. A casa anche loro si ammalano di Covid e sono supportati da amici e vicini che provvedono ai bisogni essenziali. Alessandra è una donna forte ma il peso che deve portare non è solo quello della grave condizione del marito e la responsabilità di dare fiducia ai figli: anche suo padre si ammala e, spostato rapidamente da un ospedale all’altro, muore dopo pochi giorni in solitudine, la famiglia riceverà le sue ceneri nell’estate seguente, Riccardo ne avrà notizia solo molto tempo dopo. Vicino a lui ci sono i colleghi, alcuni dei quali sono anche cari amici, che seguono con trepida-

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In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it! zione le sue condizioni e cercano di non farsi influenzare dal vincolo umano con l’amico quando si trovano a prendere decisioni difficili sulle terapie da scegliere. Riccardo non migliora e a questo punto, in terapia intensiva, capisce l’importanza dello scambio di sguardi tra chi cura e il malato non in grado di comunicare se non attraverso gli occhi. Si arriva all’intubazione: il medico-paziente inizialmente chiede se si può evitare, il terrore di ad-


dormentarsi e non svegliarsi più è grande quanto la paura di abbandonare la famiglia, ma i colleghi insistono con fermezza «O ti intubiamo o muori». Queste parole pongono fine alla sua resistenza, si affida totalmente ai medici di cui conosce la lunga esperienza e l’abilità professionale, ma prima di addormentarsi chiede a un collega con cui è in grande confidenza di incaricarsi in modo esclusivo della comunicazione con Alessandra, in modo che non riceva notizie contrastanti o rimanga senza informazioni di prima mano. A intubarlo è il dottor Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza e Area critica del Papa Giovanni, che ricorda «Non potevo dare questa responsabilità a un altro. Certo, se qualcosa fosse andato storto, non mi sarei dato pace. Ma dovevo essere io a prendermi tutta la responsabilità». Il dottor Gotti rimane intubato per due mesi e mezzo, durante i quali molte complicanze si susseguono: quelle renali che richiedono la dialisi, altre infezioni batteriche, lesioni ai polmoni che per essere curati devono essere messi a riposo grazie alla ECMO (ossigenazione extracorporea a membrana, una tecnica che supporta le funzioni vitali mediante circolazione extracorporea ossigenando il sangue). I colleghi si sforzano di non per-

dere la speranza e trattano una complicanza dopo l’altra sperando sempre in una ripresa. Riccardo è addormentato e saprà solo al suo risveglio quanto è stato vicino alla morte. Il suo è stato, tra i sopravvissuti, il caso di Covid più grave trattato al Papa Giovanni.

Ma alla fine è Riccardo a vincere la battaglia contro il virus, con la massima gradualità viene risvegliato, rimossa la cannula ricomincia a parlare e quindi viene trasferito alla Casa degli Angeli di Mozzo per una complessa riabilitazione. I mesi di immobilità e la somministrazione di parecchi farmaci, soprattutto cortisone, hanno avuto effetti importanti sul suo fisico atletico: la massa muscolare si è ridotta e serve

riallenarla. Alla fine si rimette in piedi e torna a casa dove viene salutato dai vicini con striscioni e applausi, riesce a essere padrino di battesimo, come aveva promesso, del bimbo di un collega nato prima di essere addormentato. Nel frattempo suo figlio ha superato l’esame di maturità e si iscrive a medicina... La vita ricomincia e arriva il giorno di riaprire l’armadietto e indossare di nuovo il camice, di tornare a fare il medico, ma Riccardo non è lo stesso uomo né lo stesso medico di prima, lo ripete più volte alla presentazione del suo libro “Danze di sguardi” dove l’abbiamo incontrato. Il volume è scritto a più mani, le sue e quelle di chi gli è stato vicino come familiare, come amico, come medico, di chi ha sofferto, pregato, sperato nei lunghi mesi della malattia. Il libro è pubblicato da Aeper editore, micro casa editrice appartenente al gruppo Aeper, che si occupa di attività educative, sociali, sanitarie, culturali e d’inserimento lavorativo orientate ai bisogni delle persone, alla prevenzione del disagio, all’accoglienza e al reinserimento sociale. Tra queste attività vi è anche la rete delle famiglie affidatarie di cui anche Riccardo e Alessandra fanno parte da anni, avendo aperto le porte della loro casa a bambini e ragazzi che vivono situazioni di allontanamento dalla famiglia d’origine.

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INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.

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SINDROME DI ROBINOW Codice di Esenzione. RN1070 Categoria. Malformazioni congenite. Definizione. Sindrome malformativa caratterizzata da facies peculiare, avambraccia corte, ipoplasia dei genitali. Epidemiologia. La precisa incidenza della patologia è tuttora sconosciuta. Maschi e femmine sono affetti in eguale misura. Segni e sintomi. I soggetti affetti mostrano quasi invarialbimente un ritardo di accrescimento post-natale lieve-moderato. È presente una brevità degli avambracci; anomalie ulteriori meno frequenti sono rappresentate da mani tozze, clinodattilia (curvatura) del 5° dito, emivertebre, scoliosi, anomalie costali. I tratti somatici sono peculiari: fronte sporgente, appiattimento del profilo, ipertelorismo (occhi distanti), radice nasale bassa, anteversione delle narici, occhi sporgenti, rime palpebrali con inclinazione antimongolica, rotazione posteriore dei padiglioni, filtro lungo, bocca triangolare, processi alveolari ipertrofici, malposizione dei denti, micrognazia. Nei maschi assai frequenti micropene e criptorchidismo, nelle femmine ipoplasia di grande labbra e clitoride. Le anomalie genitali sono a volte così marcate da sollevare dubbi sull’attribuzione sessuale. Tra le complicanze da segnalare il riscontro potenziale di convulsioni, di ritardo del linguaggio e mentale. Eziologia. La malattia riconosce un’eziologia genetica. È stata inizialmente segnalata una modalità di trasmissione autosomica dominante, sebbene vi sia l’ipotesi dell’esistenza anche di una forma recessiva; le due forme non sono facilmente distinguibili. Terapia. Non è disponibile una terapia risolutiva del quadro clinico. È consigliabile l’esecuzione di una consulenza genetica da parte dei genitori e del soggetto affetto. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente Commissione Scientifica della Fondazione A.R.M.R

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Il mio miracolo: dal coma alla maglia tricolore Intervista alla campionessa italiana di paraciclismo che racconta la sua storia e spera nelle Paralimpiadi di Parigi ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

«È un miracolo. Se sono viva è perché qualcuno mi protegge». Claudia Cretti, 25 anni, campionessa bergamasca di paraciclismo, non ricorda affatto la caduta al Giro in Rosa del 2017 nella tappa Isernia Baronissi quando sulla sua bici si sfracellò in discesa a 90 all’ora. Finì in coma per tre settimane, operata due volte alla testa con i medici preoccupati sulla sua ripresa. «Ho scoperto solo con il tempo che la mia situazione era gravissima e che ho rischiato di non riprendermi più» racconta Claudia. E invece ce l’ha fatta. È tornata alle corse già nel 2019 vincendo un campionato italiano a Bassano del Grappa e bissando il successo quest’anno a Marina di Massa. «Non potevo accettare il responso dei medici. Mi dicevano che forse sarei finita su una sedia a rotelle. No, io volevo tornare in sella alla mia bici. Il ciclismo è la mia grande passione da quando ero bambina. Ero alle elementari ma non mi perdevo una tappa del Giro. Guardavo le imprese di Pantani e sognavo di imitarlo». E infatti ci è riuscita, anche se la sua famiglia, papà Beppe e mamma Laura, non era d’accordo sulla sua carriera ciclistica. Ma la forza di volontà di Claudia e soprattutto le tante vittorie li convincono: medaglia d’argento ai Mondiali juniores su pista a Seul, medaglia di bronzo agli Europei su pista in Portogallo e tanti altri successi in Italia e all’estero. È la stella nascente del ciclismo femminile, velocissima, batte tutte

nelle volate. È in Nazionale e sogna di partecipare alle Olimpiadi. Il suo sogno però si infrange nella settima tappa del Giro in Rosa il 6 luglio 2017 nei pressi di San Giorgio del Sannio, vicino Benevento. Mesi in ospedale, lunga e faticosa riabilitazione. Nonostante tutto, lei non si perde d’animo, non molla, anzi appena torna a casa a Costa Volpino inforca la bici e piano piano riprende gli allenamenti sotto la guida del fratello, anche lui ciclista, che però scioccato dal drammatico incidente di Claudia abbandona le competizioni. Un passo alla volta e la ragazza, dopo soli due anni, torna alle corse e vince il campionato italiano di paraciclismo donne e torna in Nazionale, partecipa ai Mondiali. Quest’anno, dopo il blocco nel 2020 delle gare per il Covid, nuovi trionfi tra cui la medaglia d’argento alla Coppa del Mondo a Ostenda e il titolo italiano. Ma anche una nuova caduta con la frattura del bacino mentre ad agosto si allena sulle strade di casa. Di nuovo in ospedale, altra riabilitazione, a riposo un paio di mesi. «Fortunatamente è capitato a fine stagione, così posso recuperare e rimettermi in forma per le gare del prossimo anno» ci dice Claudia. Intanto l’anno prossimo cambierà squadra, lascerà la marchigiana Born to win per passare al Team Equa. «Devo molto alla Born to win del presidente Roberto Baldoni che mi ha offerto la possibilità di tornare a gareggiare mentre ero ancora in

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ospedale. E ora la nuova avventura con la squadra di Ercole Spada. C’è una bella differenza correre con una squadra nelle gare di paraciclismo. Mentre tra le professioniste “normali” si aiutano tutte, nella nostra categoria ognuna corre per sé, anche se io ho una vera maestra in Nazionale, Francesca Porcellato, plurivincitrice di Mondiali, lei mi consiglia, mi dà la carica. Ed è diventata una mia grande amica, come Agnese Romelli di Clusone che ha quattro anni meno di me, spesso mia compagna di allenamento». A causa dell’incidente e del calendario delle varie gare Claudia ha lasciato l’Università UniSport di Trento, ma ha trovato l’amore, un giovane bresciano di Manerbio dal nome esotico, Daygoro. «Aveva letto una mia intervista sulla Gazzetta dello Sport e mi ha mandato una lettera piena di complimenti» racconta Claudia. «Abbiamo cominciato chattando sui social e alla


fine ci siamo incontrati ed è cominciata la nostra storia. Ormai siamo insieme da tre anni. Ci vediamo spesso. O io, durante l’allenamento, vado sul lago di Garda o lui viene a Costa Volpino. Spesso mi segue anche nelle gare pronto a cambiarmi le gomme della bici se foro. Ma per il momento stiamo bene così e non facciamo proget-

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

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ti di matrimonio. Ho ancora tanta passione per la bici e spero di poter partecipare alle Paralimpiadi di Parigi fra tre anni. Ho rischiato di andare a quelle di Tokyo, sono stata in raduno con la Nazionale ma poi i tecnici hanno scelto tre ragazze con l’handbike». La sua giornata è scandita dagli allenamenti intorno al lago di Iseo o a quello del Garda, dalla palestra e dalla lettura. «Sono un’appassionata di Ken Follett, ho letto tutti i suoi libri, uno al giorno. Ora sto leggendo “L’assassino cieco” di Margaret Thatwood. Mi piacciono i gialli e li divoro». Come la pasta quando fa molti chilometri o un’insalata leggera quando ne fa pochi. «Adesso però devo perdere un po’ di chili che ho messo dopo gli incidenti, e allora tanta palestra». Sempre sorridendo e disponibile ma con tanta voglia di “spingere” come sottolinea lei. A luglio la sua tenacia è stata premiata dal Consiglio regionale della Lombardia. «Oggi abbiamo premiato non solo

una grande atleta» aveva detto il consigliere Dario Violi «ma un esempio per tutti noi, una giovane ciclista che dopo un brutto incidente ha saputo rialzarsi ed è tornata in sella a vincere medaglie. Nello sport e nella vita ci vuole dedizione, passione e Claudia incarna in pieno lo spirito caparbio dei lombardi. L’augurio che le faccio è di non perdere mai quella grinta e quella tenacia che l’hanno resa così forte». E questo è anche il messaggio che Claudia lancia a chi come lei ha sofferto o soffre: mai lasciarsi andare, bisogna reagire. «Questi riconoscimenti mi rendono felice tanto quanto le vittorie sportive perché significa che c’è chi crede in me». E ricorda gli incontri con Alex Zanardi in Nazionale e Giro d’onore della Federazione nel 2016 del Coni e quello che lui le disse: «Non guardare la metà che non hai ma quella che ti è rimasta e ho fatto mio il suo motto: fai il meglio che puoi con quello che hai».


STRUTTURE

RSA CAPROTTI ZAVARITT

Un’oasi verde alle porte di Bergamo Prima di entrare nella struttura, visto che è una bellissima giornata di sole, ne approfittiamo per passeggiare qualche minuto nel bellissimo parco della casa, accompagnati dal Direttore Paolo Versace e dal Presidente Luca Fasulo, nel percorso che dal giardino terapeutico porta, passando sotto il pergolato, verso l’imponente cedro del libano che domina, con la sua altezza, i suoi colori e la sua ampiezza, l’edificio e tutto il parco. Anche se è ormai autunno siamo immersi in un verde ancora rigoglioso, arricchito di alberi d’alto fusto che circondano e quasi proteggono la Casa dall’ambiente esterno, una vegetazione che emana le sue migliori essenze dalle piante aromatiche e officinali del giardino terapeutico. Ci fermiamo a raccogliere un pomodoro, una piccola mela, mentre il Presidente della Casa di riposo Caprotti Zavaritt di Gorle ci racconta la storia dell’Istituto. «La Caprotti Zavaritt deve il suo nome alle due famiglie bergamasche che, nei primissimi anni Ottanta del secolo scorso, con due distinte iniziative, hanno creato le condizioni per avviare la Casa e alla comunità

evangelica valdese di Bergamo che da allora ne ha assunto la gestione. La donazione di una cospicua somma di denaro da parte di Arnaldo Caprotti, di famiglia laica vicina alla comunità evangelica di Bergamo, da destinare a opere di assistenza agli anziani, senza distinzione di sesso, religione o nazionalità, e la donazione di Enrica Zavaritt, appartenente a una delle famiglie più importanti della comunità evangelica di Bergamo, del terreno e dell’immobile dove ci troviamo ora, che dal 1959 ospitava un Istituto per fanciulle orfane o bisognose d’aiuto. Di qui la decisione dell’Assemblea della comunità, che vedendo nella concomitanza delle due donazioni un segno evidente della vocazione al servizio di quanti hanno bisogno, ha concordato con la Tavola Valdese, che rappresenta tutte le Chiese valdesi e metodiste d’Italia, di assumere la gestione della Casa affidandola a un proprio Comitato di gestione. La Casa è stata ufficialmente aperta nel 1984, ormai sono quasi quarant’anni che offre un servizio di accoglienza e assistenza di altissima qualità agli anziani e alle persone fragili, anche se nel tempo la tipologia di attenzioni e cure sono cambiate per andare incontro

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alle esigenze di una popolazione che invecchia con sempre maggiori problemi di non autosufficienza e pluripatologie». Proprio per rendere ancora più piacevole la vita all’interno della Casa, non solo per gli ospiti ma anche per i parenti e per il personale, il Comitato di gestione ha realizzato nel 2019 il giardino terapeutico e ulteriormente riqualificato il parco con numerosi innesti arborei, e di anno in anno, cerca di portare all’interno della Casa anche innovazioni tecnologiche che consentano di migliorare la qualità della vita di chi soggiorna ventiquattro ore su ventiquattro, di chi è impegnato nelle attività di cura e assistenza e di tutti coloro che vengono a visitare i propri cari. «Il nostro grande parco ricco di piante officinali, aromatiche, di alberi da frutto e di secolari piante d’alto fusto è molto importante per i nostri ospiti» spiega il direttore Paolo Versace. «Soprattutto nella bella stagione permette di rimanere all’aria aperta, anche nell’area attrezzata della orto-terapia. Negli ultimi due anni, che hanno costretto tutte le RSA a sospendere o ridurre, se-


Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia la Casa Caprotti Zavaritt mantiene le rette invariate da quasi dieci anni e per decisione del Comitato di Gestione continuano a essere istituite e riconosciute le borse a favore delle persone in situazione di disagio economico che annualmente consentono di ridurre il relativo peso economico finanziario che grava su ospiti e famiglie

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condo le direttive sanitarie, le visite dei parenti, è stato un insostituibile elemento di rottura della situazione di isolamento che si era creata nei primi mesi del 2020. È stato il primo luogo nel quale è stato possibile far rincontrare di persona gli ospiti con i propri cari. La nostra struttura è sempre stata molto aperta verso la comunità del paese e prima della pandemia, con l’amministrazione comunale di Gorle erano state tante le iniziative realizzate, concerti, mostre, ed era molto concreta la possibilità di aprire stabilmente il giardino anche alla cittadinanza. Ora abbiamo dovuto interrompere questo percorso, ma confidiamo di poterlo riprendere non appena terminerà la situazione di incertezza sanitaria». Quello della RSA Caprotti-Zavaritt non è un semplice giardino, ma un vero e proprio healing garden, progettato dall’agronomo Francesca Neonato. Healing garden significa “giardino terapeutico” e l’efficacia di questa terapia non-farmacologica è provata scientificamente: in una struttura del Parmense, ad esempio, l’introduzione di questa modalità ha portato a dimezzare la somministrazione di sedativi ai pazienti. Risulta inoltre che anche il personale socio sanitario ne tragga giovamento sul fronte del burnout, stress occupazionale, che colpisce specialmente questa categoria di lavoratori. Il giardino comprende un’area di accoglienza all’entrata, un frutteto della memoria di antiche varietà di melo della Valle Se-

riana, un pergolato per gli incontri, giochi in natura per i nipotini in visita (tunnel di noccioli, prato per correre…), percorsi per apprezzare profumi e colori della natura. Sono state piantate varietà particolari che fioriscono anche al di fuori della bella stagione e possono essere godute anche attraverso le finestre della struttura. «Il cantiere dell’healing garden è stato avviato nell’autunno del 2019 e avrebbe dovuto concludersi nella primavera 2020, ma a febbraio il Covid si è abbattuto con la violenza che conosciamo sul territorio Bergamasco e le RSA, per loro natura, sono state nell’occhio del ciclone. Abbiamo tenuto duro e nonostante tutto abbiamo inaugurato il giardino a settembre con qualche mese di ritardo, aggiudicandoci anche il primo posto al concorso “La Città del Verde”» ricorda Versace. L’Istituto dispone di 62 posti letto in 50 camere, con 42 posti accreditati a contratto e 20 accreditati non a contratto con ATS Bergamo. Oltre alla tradizionale accoglienza, dal 2008 ha iniziato a offrire anche il servizio del Centro Diurno Integrato (CDI) per n. 30 posti accreditati, purtroppo sospeso durante l’emergenza Covid. «La pandemia ci ha costretto temporaneamente a rinunciare a questa e ad altre attività. Ad esempio, negli anni scorsi era stato avviato un servizio sperimentale di assistenza notturna per i pazienti Alzheimer, per favorire il rilassamento della persona durante la

notte con modalità esclusivamente non farmacologiche utili a ripristinare il ciclo del sonno. L’obbiettivo era di contribuire al miglioramento della qualità della vita dell’anziano, evitando o ritardando, ove possibile, l’istituzionalizzazione e supportando le famiglie. Speriamo con tutto il cuore che verso la prossima primavera la situazione sanitaria migliori sensibilmente e sia possibile un ritorno alla quasi-normalità per gli anziani che ospitiamo, con una ripresa del contatto frequente con i familiari, le uscite di gruppo e tanto altro. Intanto abbiamo terminato di somministrare la terza dose di vaccino agli ospiti e al personale» conclude il Direttore. All’interno della RSA alcuni particolari ricordano ambienti domestici, ad esempio le sale arredate con mobili tradizionali e quadri, vi sono poi un salone polivalente con annessa biblioteca e pianoforte, sala per attività manuali, salottini di ritrovo, ampie terrazze coperte e arredate, bagni per i visitatori. Questi dettagli, insieme a una dimensione ridotta, permettono di offrire agli anziani un ambiente sereno, di rispettare in pieno la loro dignità anche non facendoli sentire sradicati dall’ambiente in cui vivevano. Nell’ambito delle terapie non-farmacologiche spiccano due bagni sensoriali, dotati di luci colorate, aromi e suoni per stimolare le percezioni e la treno-terapia che si realizza in una convincente ricostruzione di un angolo di stazione con un vagone ferroviario.

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GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

Assistente Sanitario In prima linea per la prevenzione, promozione ed educazione alla salute ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Una figura sempre più cruciale, specialmente in tempo di pandemia «La peculiarità della professione di Assistente Sanitario è individuare i bisogni di salute e le priorità di intervento preventivo, educativo e di recupero. Il professionista opera prevalentemente a livello territoriale, ma non solo, in ambito di igiene e sanità pubblica, medicina sociale, ricerca epidemiologica, assistenza sanitaria…insomma, ovunque sia necessario un approccio alla salute in ottica preventiva» spiega la professoressa Enrica Tidone, Direttore delle attività professionalizzanti del Corso di Laurea in Assistenza sanitaria dell’Università per gli studi di Milano. «Per esempio, durante la pandemia gli Assistenti Sanitari si sono occupati di sorveglianza delle persone positive al Covid e dei loro contatti cercando di identificare i diversi focolai e fornendo informazioni utili per la gestione dell’isolamento e della quarantena focalizzando sulle regole igieniche da adottare, cercando di aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’impegno personale e della coscienza civile nell’adozione di queste regole e collaborando con le istituzioni per il supporto a chi per diverse cause avesse difficoltà di gestire questi momenti».

Ma come si diventa Assistenti Sanitari? Il percorso formativo è universitario e prevede la frequenza del Corso di Laurea triennale in Assistenza Sanitaria (abilitante alla professione sanitaria di Assistente Sanitario). Il Corso di Laurea appartiene alla classe L-SNT/4 “classe delle lauree in Professioni sanitarie della Prevenzione”. È prevista l’acquisizione di 180 crediti formativi complessivi suddivisi da una parte in attività formative di base, caratterizzanti, affini, integrative e a scelta dello studente e dall’altra nelle attività didattiche professionalizzanti in percorsi cioè, che aiutano lo studente a coniugare le conoscenze teoriche in attività specifiche e a sperimentarle sul campo. Gli ambiti del tirocinio riguardano le attività di prevenzione che fanno riferimento ai Dipartimenti che fanno capo al Servizio Sanitario, sia in ambito territoriale sia ospedaliero, sia privato sia pubblico. Lo studente segue un percorso definito da un Progetto Formativo, viene affiancato da tutor formati e aggiornati negli specifici ambiti. L’ammissione, come per tutti i corsi di laurea per le Professioni Sanitarie, è a numero chiuso definito in base

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alla programmazione nazionale del MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca). La selezione avviene solitamente con un esame a quiz definito nei contenuti, nelle modalità e nelle date di effettuazione dal MIUR stesso. Dove si può frequentare il corso di studi vicino a Bergamo? Le Università che in Lombardia propongono il Corso di Laurea in Assistenza Sanitaria sono l’Università per gli studi di Milano e Brescia. Il numero previsto per UNIMI è 25 posti d’immatricolazione ogni anno e per Brescia 50 (ha una sede anche a Cremona). Al termine del percorso triennale è possibile iscriversi alla Laurea Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Prevenzione che ha sede all’Università degli Studi di Milano. Questo il percorso canonico, ma per chi lo desidera è possibile iscriversi a Corsi di Laurea Magistrale di altri percorsi. Con la laurea triennale è possibile frequentare master di primo livello, corsi di perfezionamento ed alta formazione, con la laurea magistrale è possibile accedere ai master di secondo livello e al dottorato.


In quali contesti opera questa figura? L’Assistente Sanitario opera generalmente in équipe multiprofessionali in contesti territoriali, ospedalieri, di prima accoglienza, aziendali. Per fare solo qualche esempio, i contesti fanno riferimento alla prevenzione primaria (promozione alla salute e vaccinazioni in tutte le fasi della vita), secondaria (screening di prevenzione oncologica) e terziaria in cui la valutazione del bisogno di salute e gli interventi riguardano persone portatrici di patologie croniche. L’impegno degli Assistenti Sanitari si concretizza nell’analisi del rischio infettivo e clinico, nell’applicazione di tecniche di analisi dell’errore, nella comunicazione con le famiglie, nella partecipazione alle équipe per la valutazione multidimensio-

nale. Sicuramente è una professione che vede l’applicazione dei propri strumenti in modo flessibile in tutto il percorso del ciclo della vita delle persone. Quali sono le sue competenze? Le competenze di base dell’Assistente Sanitario fanno riferimento a: > prevenzione, attraverso l’identificazione dei bisogni di salute sulla base di dati epidemiologici e socioculturali (individuazione dei fattori di rischio, sorveglianza sanitaria delle malattie infettive, effettuazione delle vaccinazioni, sorveglianza dell’igiene ambientale e delle malattie professionali); > promozione della salute, con la programmazione-attuazionevalutazione di interventi

sui corretti stili di vita nelle comunità; > educazione alla salute, con la valutazione dello stato di salute della popolazione e progettazione di interventi mirati. Le competenze trasversali sono riferibili all’area relazionale, innovazione, comunicazione, capacità di gestione dei gruppi e dei processi. Esiste un albo professionale? Gli Assistenti Sanitari sono tra le poche professioni sanitarie ad avere un loro Albo dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Attualmente l’Albo fa parte dell’Ordine che ingloba le professioni sanitarie: Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione (TSRM-PSTRP).

 Servizi di trasporto personalizzato per persone con difficoltà nello spostarsi: anziani, disabili in carrozzina, malati  Accompagnamento per accertamenti o esami specialistici presso ospedali, ASL, etc.  Dimissioni ospedaliere o da altre strutture sanitarie  Automezzi attrezzati con pedana sollevatrice, pavimento antisdrucciolo e cinture CENTRO PRIVATASSISTENZA BERGAMO, SERIATE, DALMINE E NEMBRO-VAL SERIANA Tel. 035 5905826 h24 | bergamo@privatassistenza.it Via dello Statuto, 18/b | 24128 Bergamo (BG)


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Con l’EMS l’allenamento mette il turbo

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STORIA DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA 62,4

61,8

61,7

22,6

22,6

23,3

21

20,3

1

3 Settimana

60

50 Peso Massa (Kg)

Allenarsi 20 minuti alla settimana per avere i risultati che normalmente si otterrebbero con 3-4 ore di palestra può sembrare una promessa impossibile? Non lo è se si passa dal normale esercizio fisico (con o senza attrezzi) alla nuova elettrostimolazione EMS, che permette di coinvolgere il 100% delle fibre muscolari e di raggiungere obbiettivi di dimagrimento e tonificazione in pochi mesi. «L’efficacia di questa stimolazione è stata dimostrata da studi scientifici d’importanti Università come quelle di Colonia, Beyreuth, Erlangen e Nuremberg e della prestigiosa Bad Oeynhausen Heart Clinic in Germania. In Europa il fenomeno è ormai consolidato, mentre in Italia si sta affermando ora» sottolineano Luca, Roberto e Matteo, esperti personal trainer laureati in Scienze Motorie e specializzati in ambito posturale e nutrizionale, che hanno fondato 20fit a Bergamo nel 2015. «I risultati sono oggettivi e misurabili: a inizio percorso effettuiamo una BIA (Bioimpedenziometria) per “fotografare” lo stato iniziale del cliente e la ripetiamo a metà e fine percorso» spiega Luca. «Vediamo ad esempio nel grafico il caso di una donna di 37 anni, alta 1,62 m che inizialmente pesa 62,4 Kg (22,6 Kg di massa magra e 21,0 Kg di massa grassa) e dopo 5 settimane di allenamento EMS (20’ a settimana) ha ridotto la massa grassa di 1,8 Kg e aumentato quella magra di 0,7 Kg.» chiarisce Matteo. «Il metodo è altamente personalizzato, si adatta all’obbiettivo che si vuole raggiungere: dimagrimento, tonificazione, rinvigorimento generale, anche per persone abitualmente sedentarie; tonificazione specifica

Massa magra

40

Massa grassa

30

20

10

per un certo sport, mantenimento muscolare per anziani. Anche per il mal di schiena e le contratture, ove vengano prescritti esercizi, l’efficacia è ben superiore a quella della ginnastica tradizionale» aggiunge Roberto. Adatto a tutte le età, l’EMS è la soluzione per chi ha poco tempo per andare in palestra o deve fare i conti con la pigrizia. Il rapporto con il trainer è diretto, one to one: si accede a uno spogliatoio individuale, la doccia è personale, non si deve portare nulla da casa,

19,2

5

niente borsone. Queste modalità permettono sia di ridurre il rischio di contagio Covid sia di allenarsi anche in una breve pausa della giornata lavorativa. 20FIT Via Broseta, 27 C - Bergamo tel. 035 217003 whatsapp 366 1295232 20fit.bg@gmail.com www.20fit.it Prenota la tua prova gratuita

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Engim Lombardia: in partenza il nuovo corso ASA gratuito ENGIM Lombardia eroga percorsi formativi in ambito socio sanitario dal 2005. Sono tantissimi gli ASA e gli OSS formati da ENGIM che lavorano nelle strutture del territorio. Attualmente le case di riposo (RSA) in Bergamasca sono 65 con 6000 ospiti, 32 di queste con 3500 ospiti aderiscono all’Associazione case di riposo. Il presidente dell’Associazione Cesare Maffeis ha recentemente denunciato la mancanza di Asa e Oss in queste strutture: sono numericamente la parte più rilevante degli addetti del comparto, almeno il 50-60%, e si valuta una carenza del 3.5%, pari a 130 operatori. Vista la situazione critica l’Associazione ha deciso di impegnarsi in prima persona per promuovere la formazione di nuovo personale, in partnership con l’Agenzia del lavoro Randstad e sfruttando un finanziamento di Formatemp che assicura la gratuità del percorso. Le RSA hanno chiamato ed Engim Lombardia ha subito risposto “Presente”.

nitario sta mettendo in difficoltà le struttura residenziali. Partirà pertanto tra pochi giorni, presso la nostra sede di Brembate di Sopra, il corso ASA gratuito destinato ai disoccupati» spiega Giuseppe Cavallaro, Direttore di Engim Lombardia. «Nei giorni scorsi abbiamo svolto un’accurata selezione per individuare i futuri corsisti che devono essere persone realmente motivate, ma allo stesso tempo devono avere le caratteristiche necessarie per svolgere una professione che richiede un alto livello di empatia e doti umane. Abbiamo ricevuto oltre 100 richieste ed effettuato 80 colloqui per poter selezionare i 25 candidati che sono poi stati sottoposti ad un colloquio successivo con l’Agenzia per il lavoro partner di questo progetto. Al momento ci sono ancora un paio di posti disponibili ma i colloqui non si fermano. Con grande impegno da parte no-

stra e dei nostri insegnanti, il corso che normalmente ha la durata di 12 mesi, verrà svolto in poco più di 6 mesi, proprio per rispondere prontamente all’accorato appello delle RSA. Sarà un corso intensivo ma non per questo di minor valore, abbiamo infatti selezionato insegnati che operano già nei servizi, proprio per garantire, in un minor lasso di tempo, la preparazione necessaria per svolgere questa professione» chiarisce la coordinatrice dei corsi Rosangela Crespolini. Il corso ha una durata di 800 ore, di cui 350 ore saranno di tirocinio che si svolgerà nelle strutture che hanno aderito alla programmazione del corso. In questo modo i corsisti avranno modo di conoscere da vicino i servizi dove andranno ad operare. A giugno 2022 saranno pertanto disponibili 25 nuovi operatori ASA, formati e pronti per essere inseriti nelle équipe di lavoro.

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«Da sempre il nostro lavoro non è solo quello di formare ma di essere parte attiva nella crescita del territorio: non potevamo pertanto sottrarci alle nostre responsabilità in questo periodo storico dove la scarsità di personale socio-saENGIM Lombardia “Centro” Brembate di Sopra Via 4 Novembre, 23 Brembate di Sopra Tel 035 332615 WhatsApp 3662409540 info@engimlombardia.org www.engimlombardia.org

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In Cammino, da sempre impegnata a crescere con il territorio della Valle Brembana, ha dato vita ad una serie di Residenze per la fragilità abitativa, in risposta alla costante sollecitazione di singoli e di famiglie in difficoltà. «Abbiamo a che fare sempre più spesso con persone che, per motivi diversi, attraversano momenti di fragilità tali da impedire la permanenza nei contesti di vita originari. Sulla base di queste esigenze proponiamo risposte abitative di convivenza. Sperimentare la convivenza svela la possibilità di scrivere inattese pagine di vita, abitare in modo nuovo ogni contesto, interpretare diversamente i bisogni basilari dell’esistenza umana, condividere spazio, relazioni e beni primari nell’intento di mantenere alta la qualità di vita. I nuovi incontri e i legami sono il motore principale per rigenerare senso e significato in un’esistenza che sembra essersi inceppata. Dalla cura della casa passa anche l’amore per le persone che la abitano. Non si può negare che vivere in un luogo bello sia appagante per gli occhi e per l’anima» spiega con entusiasmo Danila Beato, Presidente della Cooperativa. «Nelle valli i giovani sono pochi e

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spesso destinati ad altri orizzonti, si percepisce l’assenza delle nuove generazioni con la loro potenza generativa. Tuttavia non ci vogliamo rassegnare a subire l’ineluttabilità di un invecchiamento che depotenzia il senso dell’esistenza». Innovare un contesto abitandolo è la storia scritta nel corso degli anni dalla Cooperativa In Cammino, che ha scelto di insediarsi sul territorio montano della Valle Brembana, con la rinnovata ambizione di co-generare ecosistemi capaci di garantire prossimità alle persone che continuano a vivere e ad amare le asperità del territorio montano. «L’abitare innovativo fonda il suo approccio sull’intenzione di ripartire dagli antichi luoghi della vita, le comunità di persone che hanno abitato negli anni i paesi e le frazioni delle nostre Valli, per ridefinire, condividendole, nuove espressioni esistenziali, nuove prospettive» sottolinea la Presidente.


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REALTÀ SALUTE

Centro Fisioterapico Medico Ionorisonanza Ciclotronica: oltre la “solita” riabilitazione «Il Centro Fisioterapico Medico di Treviglio è attivo dal 1985, ci occupiamo di fisioterapia, riabilitazione ortopedica, neuromotoria e più recentemente anche del pavimento pelvico. La struttura offre la consulenza di medici specialisti in varie branche della medicina: ortopedia, chirurgia vascolare, medicina legale e delle assicurazioni, terapia del dolore e cure palliative, medicina estetica e otorinolaringoiatria, nonché un servizio di

consulenza psicologica e infermieristica». Chi parla è Gianluigi Carioni, fisioterapista e legale rappresentante del centro. «Ciò che rende il nostro centro abbastanza unico nel panorama bergamasco è la presenza dal 2001 di una tecnica dal nome abbastanza complicato: Ionorisonanza Ciclotronica. Questa terapia rientra nella famiglia della magnetoterapia, ma è molto diversa dall’applicare magneti a varie zone del corpo. La Ionorisonanza

Una terapia in continuo sviluppo

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

Il dispositivo SEQEX® nasce dalla ricerca condotta a metà degli anni Settanta dallo scienziato W.R. Adey, che scoprì la possibilità di stimolare gli ioni biologici negli esseri viventi attraverso l’uso di campi elettromagnetici a bassissima intensità e frequenza. Seguì il lavoro di Carl Blackman dell’Agenzia di Protezione dell’Ambiente americana che scoprì come i risultati ottenuti dipendevano dalla direzione dei campi elettromagnetici e per finire nel 1984 il Prof. A.R. Liboff lavorò all’ipotesi che il campo magnetico terrestre interagisse con i campi variabili applicati producendo il fenomeno noto come Ionorisonanza Ciclotronica direttamente all’interno dei tessuti. Nel 1987 fu autorizzata dalla FDA (Food and Drug Administration) la prima applicazione medica della Ionorisonanza per trattare i ritardi di consolidamento nelle fratture ossee e pochi anni dopo per aiutare la fusione spinale (nella spina bifida). Oggi in corso ci sono, in diverse parti del mondo, lavori in itinere e in conclusione per diverse patologie immunitarie e neurodegenerative e nella medicina integrata in oncologia, con risultati preliminari estremamente promettenti.

Ciclotronica prevede l’uso di un dispositivo denominato SEQEX®, progettato e prodotto in Italia ma basato su studi condotti negli Stati Uniti dagli anni Settanta (vedi box). I campi magnetici che impiega sono molto meno intensi di quelli dei magneti, sono vicini al magnetismo terrestre». In quale campo è utile la tecnica SEQEX®? L’applicazione medica più importante della Ionorisonanza Ciclotronica riguarda la riparazione delle ossa dopo un trauma, ma ci sono evidenze anche delle proprietà antalgiche (contro il dolore), antinfiammatorie, antiossidanti (i famosi radicali liberi) e sul microcircolo. Ci può descrivere il trattamento? Il dispositivo comprende un particolare tappeto su cui il paziente si distende, per applicazioni localizzate in alcune parti del corpo invece esistono specifici accessori. La terapia è assolutamente indolore, si può leggere o ascoltare musica durante il trattamento. Quanto dura una seduta? Le sedute durano 30-60 minuti. Già dopo poche sedute, 2-3 nella maggior parte dei trattamenti, si possono percepire dei risultati anche importanti.

C.F.M. Centro Fisioterapico Medico Dir. San. Dott.ssa M. P. Cappi Viale Monte Grappa, 25 Tel. 0363 47242 centrofisioterapicomedico @gmail.com www.cfmfisioterapia.it


Bergamo Salute anno 11 | n° 63 Novembre | Dicembre 2021 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Rosa Lancia rosa.lancia@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adobe Stock, Unsplash, Pixabay, Adriano Merigo, Mosaico Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via G. Garibaldi, 3 - 24030 Mozzo (BG) Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco

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Tiratura 30.000 copie/bimestre. Canali di distribuzione: • Abbonamento. • In omaggio in edicola con Il Giorno (Provincia di BG). • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

82 | Bergamo Salute | Novembre/Dicembre 2021

COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Sergio Clarizia - Pediatra Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

COMITATO ETICO • • •

Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Gianluca Solitro Presidente OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo Dott. Andrea Poerio e Dott.ssa Diana Prada Referenti territoriali di Bergamo e Provincia OPL Ordine Psicologi Lombardia

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AL TUO FIANCO Silvia Saronni, animatrice Anni Azzurri

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