Bergamo Salute - 2014 - 6 – novembre/dicembre

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numero PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

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anno 4 - novembre - dicembre 2014

Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

Enrica Merlo Il capitano della Foppa e i suoi sogni nel cassetto

Speciale freddo: occhio a mani e cuore! Dimagrisci con la dieta dell'acqua Uomo e donna, è possibile essere solo amici? In forma come i vip con il cross training



numero

6

anno 4 - novembre - dicembre2014 PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

IN FAMIGLIA

numero

28 Dolce attesa

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

6

anno 4 - novembre - dicembre 2014

L'assessore Nadia Ghisalberti Arte e agricoltura, la nostra ricetta per l'Expo

Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

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SPECIALE INVERNO Influenza: quest'anno sarà "mite" Il freddo? È nemico del cuore Aiuto, ho le dita bianche!

Mal di testa, a ognuno la sua terapia Orzaioli ricorrenti: attenzione ai grassi Perché il matrimonio fa così paura?

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Macchie solari addio!

12 IN QUESTO NUMERO Anche se nelle ultime settimane il clima è stato piuttosto mite rispetto alla stagione, pare che questo inverno ci attenderanno temperature molto rigide, più basse rispetto alla norma. Come difendersi dal freddo in arrivo? E ci sono rischi per la salute? Scopritelo nel nostro "Speciale inverno" dedicato proprio al freddo e al suo impatto sul nostro organismo. Per chi, invece, vuole perdere qualche chilo prima delle abbuffate natalizie vi presentiamo la nuovissima "dieta dell'acqua". E poi spazio a tanti altri temi per stare bene e sentirsi bene con se stessi e con gli altri… Non ci resta che augurarvi, come sempre, buona lettura e buone Feste!

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L'EDUCAZIONE ALIMENTARE

Editoriale Pronti per un 2015 rico di novità

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SPECIALITÀ A-Z Dermatologia Le afte, fastidiose compagne Gastroenterologia Poco alcol e grassi con moderazione, la ricetta per prevenire la pancreatite Oculistica Un raggio laser per fermare i danni del diabete agli occhi PERSONAGGIO

16 Un capitano con il sogno di diventare farmacista IN SALUTE 18 Prevenzione Tumore al colon, i controlli che ti salvano la vita 20 Stili di vita Salute e benessere a misura di app

Sempre insieme con il rooming-in 30 Bambini Vaccinazioni, attenzione a non abbassare la guardia RUBRICHE

39 Altre terapie Quando il canto diventa "cura" Guida esami Potenziali Evocati 42 Animali Cani e gatti: i cibi tossici da evitare

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STRUTTURE 44 Terme di Trescore 46 Istituto Clinico Quarenghi IN FORMA 48 Fitness In forma come i vip con il cross training 50 Bellezza Vene più forti e capillari meno evidenti con la TRAP

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REALTÀ SALUTE Studio Vincenti e Vecchi Svenson Villa San Mauro Centro MR Ipasvi

22 Alimentazione Il trucco, a sorpresa, per dimagrire: 8 bicchieri di acqua al giorno IN ARMONIA

24 Psicologia

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Le due facce dell'invidia

26 Coppia Uomo e donna, è possibile essere solo amici?

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DAL TERRITORIO News Onlus Insieme per mano Sagra della mela Malattie rare Associazione A.R.M.R. Testimonianza Correndo contro il cancro Allegato centrale: AMICI DI BERGAMO SALUTE


Il servizio di Medicina del Lavoro si rivolge alle aziende ŽīƌĞŶĚŽ ƚƵƫ ŝ ƐĞƌǀŝnjŝ ƉƌĞǀŝƐƟ ĚĂůůĂ ŶŽƌŵĂƟǀĂ ŝŶ ƚĞŵĂ Ěŝ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ Ğ ƚƵƚĞůĂ ĚĞůůĂ ƐĂůƵƚĞ ƐƵŝ ůƵŽŐŚŝ Ěŝ ůĂǀŽƌŽ (Dlg. 81/2008). >Ă ŶŽƌŵĂƟǀĂ Ěŝ ƌŝĨĞƌŝŵĞŶƚŽ ŽďďůŝŐĂ ů͛ĂnjŝĞŶĚĂ Ă provvedere͕ ƐƵ ĚŝƐƉŽƐŝnjŝŽŶŝ ĚĞů ŵĞĚŝĐŽ ĚĞů ůĂǀŽƌŽ͕ Ăůů͛ĂĐĐĞƌƚĂŵĞŶƚŽ ƐĂŶŝƚĂƌŝŽ ĚĞŝ ƉƌŽƉƌŝ ůĂǀŽƌĂƚŽƌŝ ƚƌĂŵŝƚĞ ŝŶĚĂŐŝŶŝ Ěŝ ůĂďŽƌĂƚŽƌŝŽ͕ ŝŶĚĂŐŝŶŝ ƐƚƌƵŵĞŶƚĂůŝ͕ ĂƵĚŝŽŵĞƚƌŝĞ͕ ĞĐŐ͕ ƐƉŝƌŽŵĞƚƌŝĞ͕ ǀŝƐŝŽƚĞƐƚ͘ hŶĂ ǀŽůƚĂ ů͛ĂŶŶŽ͕ ŝŶŽůƚƌĞ͕ ůĞ ĂnjŝĞŶĚĞ ƐŽŶŽ ƚĞŶƵƚĞ ĂĚ ĂƩĞƐƚĂƌĞ ů͛ĂƐƐĞŶnjĂ Ěŝ ƐŽƐƚĂŶnjĞ ƐƚƵƉĞĨĂĐĞŶƟ ŶĞůů͛ŽƌŐĂŶŝƐŵŽ ĚĞŝ ƉƌŽƉƌŝ ĂƵƟƐƟ͕ ŵƵůĞƫƐƟ Ğ ƚƌĂƐƉŽƌƚĂƚŽƌŝ͘ ƐĂŵŝ ƌĞĂůŝnjnjĂƟ ĂĚ ŚŽĐ ƉĞƌ ůĂ ƐĂůƵƚĞ ĚĞŝ ƉƌŽƉƌŝ ůĂǀŽƌĂƚŽƌŝ ƉĞƌŵĞƩŽŶŽ Ăůů͛ĂnjŝĞŶĚĂ Ěŝ ůĂǀŽƌĂƌĞ ŝŶ ƚƵƩĂ ƐŝĐƵƌĞnjnjĂ ĞĚ ĞƐƉƌŝŵĞƌĞ Ăů ŵĞŐůŝŽ ůĂ ƉƌŽƉƌŝĂ ĞĸĐŝĞŶnjĂ Ě͛ŝŵƉƌĞƐĂ͘

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EDITORIALE

Pronti per un 2015 ricco di novità

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alutiamo il 2014 con l'ultimo numero dell'anno e prepariamoci per un 2015 con grandi novità. Ebbene sì, dopo quasi 4 anni di grandi soddisfazioni, da gennaio, "Bergamo Salute" si rinnova a livello grafico; avrà una nuova veste estetica con combinazioni di colori più moderne e immagini sempre più accattivanti. I contenuti invece continueranno a rispecchiare la nostra linea editoriale che fino a oggi ci ha fatto apprezzare dai nostri, sempre più numerosi, lettori. La nostra redazione è in fermento perché, come si sa, ogni cambiamento porta con sé delle aspettative che speriamo possano riscontrare il giudizio positivo di chi legge, ma allo stesso tempo, cambiare, significa avere il coraggio di guardare avanti senza timore e sempre in un'ottica positiva. Questo numero ci accompagnerà al Natale, è dunque anche un'occasione per augurare a tutti i lettori di Bergamo Salute, buone feste e felice anno nuovo. Il nostro caloroso augurio va anche a tutte le persone che in questi anni hanno contribuito al successo di Bergamo

Salute. Persone splendide che hanno svolto da sempre un lavoro intenso, serio e con grande entusiasmo. Ci rivolgiamo a tutti i collaboratori, dai giornalisti al personale di redazione, dalla grafica ai commerciali, dai correttori di bozze ai fotografi. Un sentito GRAZIE per il vostro prezioso apporto! In questa circostanza vogliamo fare anche un sentito ringraziamento a tutti i membri dei nostri Comitati "Etico" e "Scientifico" nei quali sono coinvolti dei seri professionisti che, come noi, credono e investono il loro tempo in questo progetto d'informazione affinché i contenuti rispecchino sempre dei precisi criteri etici e di serietà che fino a oggi ci hanno contraddi-

stinto. Infine un grazie di cuore lo meritano tutti gli investitori pubblicitari che in questi anni hanno creduto in noi permettendoci di poter continuare a fare il nostro lavoro con la stessa passione del primo giorno. Continuate a seguirci e a farci capire che apprezzate i nostri sforzi per rendere sempre più interessante la nostra rivista. Buona salute a tutti.

Elena Buonanno Daniele Gerardi

Bergamo Salute

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SPECIALE

INVERNO

Influenza: quest'anno sarà "mite" Ma sono in agguato più di 260 virus parainfluenzali a cura di Elena Buonanno

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uella del 2014-2015 sarà una stagione influenzale mite. A dirlo sono gli esperti, che prevedono circa 3,5-4 milioni di casi, un po' meno dello scorso anno quando l'influenza aveva messo a letto circa 4,5 milioni di persone. Attenzione però ai "cugini" dell'influenza vera e propria, virus che, sempre secondo le stime, provocheranno da soli 6 milioni di casi. «Gli sbalzi termici, come quelli delle ultime settimane, favoriscono la diffusione dei virus simil-influenzali, mentre il freddo intenso e prolungato favorisce l'influenza vera e propria» spiega Fabrizio Pregliasco noto virologo, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Bio-

mediche per la Salute dell'Università di Milano, a cui ci siamo rivolti per avere qualche consiglio su come affrontare i malanni della stagione fredda.

Professor Pregliasco, innanzitutto che virus influenzali circoleranno quest'anno? I virus che arriveranno questo inverno sono vecchie conoscenze. C'è ancora l'A/H1N1/California, quello dell'influenza suina, nato nel 2009 e che sta finendo la sua "opera", e poi l'A/H3N2/Texas e il B/Massachusetts. Mentre fino a pochi anni fa ogni stagione aveva un solo virus protagonista principale, ora i virus sono di più: in generale tendono a

essere presenti tutti quelli che ci sono nel vaccino e non solo. Quest'anno per esempio è possibile che arrivi anche un quarto virus, il B/Brisbane. Tutti questi virus influenzali si "sommeranno" a quelli che già stanno circolando, cioè quelli parainfluenzali, che sono più di 260.

Ma come si fa a distinguerli? Il realtà spesso non è facile distinguerli. Quello che li differenzia, oltre al tipo di virus è, come accennato, il periodo di diffusione (l'influenza è più tipica dell'inverno inoltrato, con picco intorno a Natale). C'è poi un altro indizio che ci può aiutare a riconoscere la vera influenza

Adriano Merigo

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superfici contaminate, poiché i virus rimangono in vita per qualche minuto.

Come si evita il contagio?

dalle malattie da raffreddamento di origine parainfluenzale ovvero la presenza contemporanea di tre caratteristiche: febbre improvvisa oltre i 38 gradi per più di tre giorni, sintomi respiratori tra raffreddore, mal di gola, tosse, dolori muscolari e articolari. Le modalità di contagio, invece, sono le stesse e anche le cure sono molto simili.

Cosa fare se si avvertono i sintomi di influenza o sindrome para-influenzale? In caso di influenza bisognerebbe starsene a casa a riposo per tre-quattro giorni. È importante bere molto per reintegrare i liquidi e i sali minerali persi attraverso la sudorazione; fare pasti leggeri ma nutrienti, preferendo frutta e verdura. Molti dei casi guariscono così anche senza farmaci. In genere comunque sono sufficienti farmaci sintomatici di automedicazione per la febbre e il dolore. Quindi antipiretici, antinfiammatori e analDOTT. FABRIZIO PREGLIASCO Virologo, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell'Università di Milano

gesici. È importante che però i sintomi non siano azzerati del tutto. per poter monitorare l'andamento della malattia. Se le cose non migliorano dopo 3-4 giorni o se dopo un'apparente guarigione si evidenzia un ritorno della febbre e l'aggiunta di altri sintomi tra cui catarro (segno di sovrainfezione batterica) è bene consultare il proprio medico. Gli stessi consigli valgono anche per le sindromi parainfluenzali. Anche in questo caso sarebbe consigliabile stare a casa qualche giorno, assumere farmaci da banco per il trattamento dei sintomi (per abbassare la febbre, per alleviare l'emicrania e i dolori articolari, per decongestionare il naso, per sedare la tosse) senza però esagerare con dosi e quantità. In entrambi i casi bisogna evitare gli antibiotici, che non hanno azione sui virus, a meno che non vengano espressamente prescritti dal proprio medico.

Ma come si trasmettono questi virus? La principale via di contagio è quella aerea attraverso le goccioline respiratorie emesse con la tosse, lo starnuto o anche semplicemente parlando. Si possono però trasmettere anche per via indiretta, toccando

Il primo consiglio è lavarsi spesso e accuratamente le mani, con acqua e sapone e, quando non è possibile, con salviette umidificate, in particolare dopo aver tossito, starnutito o toccato superfici di uso comune, come le maniglie degli autobus o il carrello della spesa. È opportuno evitare di scambiarsi asciugamani, fazzoletti, bottiglie, bicchieri, posate, etc.

Qual è il periodo di incubazione e per quanto tempo si è contagiosi? L'incubazione dura circa una settimana e si è contagiosi da un giorno prima della comparsa dei sintomi a quattro giorni dopo.

Quali sono le possibili complicanze? Nei giovani, anche se molto raramente, si può sviluppare una polmonite virale. Nelle persone anziane invece il rischio maggiore, in caso di influenza vera e propria, è un sovraccarico del cuore, dovuto alla febbre alta.

AL VIA LA VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE Iniziata il 10 novembre, la vaccinazione antinfluenzale proseguirà fino al 31 dicembre. Le categorie per le quali è consigliata sono le stesse degli anni passati, cioè persone sopra i 65 anni, persone con patologie croniche cardiovascolari e respiratorie, diabete e malattie metaboliche, oltre a chi svolge compiti utili per la comunità.

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SPECIALE

INVERNO

Il freddo? È nemico del cuore Nei mesi invernali infarti, ictus e altre malattie cardiovascolari aumentano in modo sensibile. Ecco i consigli per ridurre i rischi a cura di Elena Buonanno

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o sapevate che in inverno il cuore soffre di più? A dirlo sono diversi studi, secondo i quali durante i mesi freddi i decessi per infarti, ictus e altre malattie cardiovascolari aumentano del 26-36 per cento. Ma che legame c'è tra freddo e salute del cuore? E cosa si può fare per aiutarlo a resistere alle temperature, che si preannunciano rigide, di questo inverno? Lo abbiamo chiesto al dottor Bruno Passaretti, cardiologo, e alla dottoressa Sabrina Oggionni, dietista.

Dottor Passaretti, come agisce il freddo sul nostro sistema cardiovascolare? L'inverno e le basse temperature possono giocare brutti scherzi a chi ha problemi di cuore. Il freddo infatti sottopone l'organismo ad alterazioni che causano un maggior consumo di ossigeno da parte del muscolo cardiaco. L'organismo, per proteggersi dal freddo e mantenere la tem-

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peratura corporea stabile, vasocostringe i vasi sanguigni e le arterie di tutto il corpo. Questo provoca un aumento delle resistenze vascolari e, di conseguenza, della pressione. Con il freddo nelle persone con problemi coronarici, ad esempio, avvengono le stesse alterazioni che avvengono durante uno sforzo: il cuore soffre perché deve pompare più sangue e le coronarie possono subire una vasocostrizione, cioè una sorta di spasmo, e se sono già affette da placche aterosclerotiche (depositi di grassi sulle pareti delle arterie) possono più facilmente causare un attacco di angina.(vedi box)

Ma questo vale per tutti oppure solo per chi già ha problemi di cuore? Vale per tutti ma soprattutto per i cardiopatici (persone con problemi di cuore come patologie valvolari, scompenso cardiaco etc.) che, spesso, sono anche ipertesi. Come abbiamo detto,

infatti, in inverno la pressione può aumentare provocando complicazioni. Di conseguenza il cardiopatico iperteso d'inverno dovrà talvolta aumentare, su indicazione del proprio cardiologo, il dosaggio dei farmaci per IL NOSTRO SISTEMA DI TERMOREGOLAZIONE Si chiama omeostasi la capacità dell'essere umano e di tutti gli organismi a sangue caldo di mantenere costante la temperatura corporea. Il fattore principale che ne garantisce l'efficacia è la circolazione del sangue: il sangue quando circola nelle arterie disperde calore, per questo quando fa freddo le arterie si restringono (vasocostrizione) in modo che il sangue circolando disperda meno calore possibile. A ridurre la dispersione del calore contribuiscono anche i muscoli, che lavorano di più nel tentativo di produrre calore. Al contrario quando fa caldo, la dispersione di calore da parte del sangue è necessaria e le arterie infatti si allargano (vasodilatazione) e le ghiandole sudoripare producono sudore.


la pressione. Inoltre gli anziani e le persone con problemi valvolari o di scompenso cardiaco possono sviluppare più facilmente infezioni polmonari, come bronchiti e polmoniti, che vanno a intaccare una situazione già in equilibrio precario. Il freddo insomma è una situazione particolare che va affrontata con grande attenzione.

Che accorgimenti si devono adottare in caso si soffra di problemi cardiovascolari? Un buon consiglio è evitare, durante l'esposizione a temperature rigide, di fare sforzi fisici eccessivi (non solo sport all'aperto ma anche attività "classiche" invernali come spalare la neve davanti al garage) e sottoporsi a stress emotivi che contribuiscono ad affaticare il cuore e far peggiorare i problemi cardiaci già esistenti.Vanno anche evitate le camminate dopo pranzo: allo sforzo della digestione si aggiunge lo sforzo fatto dal movimento dei muscoli delle gambe. Il cuore quindi è costretto a lavorare anche per mandare più sangue alla muscolatura e il rischio di avere problemi è molto più elevato.

Dottoressa Oggionni, si può aiutare anche con l'alimentazione? Esiste una "dieta salva-cuore" in inverno? Oltre al colesterolo, i grassi saturi sono i veri nemici delle arterie poiché tendono a far aumentare i livelli ematici del colesterolo totale ma, in particolare, di quello LDL (colesterolo "cattivo") che può depositarsi sulle pareti delle arterie contribuendo alla formazione delle "famose"

influenzare sia i livelli di colesterolo cattivo (LDL) abbassandoli, Specialista sia di colesterolo buono (HDL) in Cardiologia, responsabile aumentandoli. Fondamentale, Unità Riabilitazione e non solo per chi soffre già di Humanitas Gavazzeni problemi cardiaci, è ridurre il Bergamo più possibile il sale, che se consumato in eccesso può favorire un innalzamento della pressioDOTT. SABRINA OGGIONNI ne. Sarebbe bene poi non utilizzare dadi e prodotti a base di Diestista presso glutammato di sodio per insapoHumanitas rire i piatti. Va ridotto al minimo Gavazzeni Bergamo anche il consumo di piatti e sughi pronti, sia freschi sia surgelati, prodotti conservati sotto sale placche. Grassi saturi si trovano o in salamoia, e alimenti ricchi soprattutto nei prodotti di origi- di sodio come affettati, prosciutti ne animale come burro, strutto, e formaggi. lardo, panna, formaggi, carni rosse grasse e salumi, ma anche in ANGINA PECTORIS: UN DOLORE alcuni oli usati dall'industria aliAL CENTRO DEL PETTO mentare come l'olio di cocco e L'angina pectoris si manifesta con di palma. Sono alimenti quindi un dolore sotto lo sterno, che può che devono essere limitati quanirradiarsi alle spalle, alle braccia, do parliamo di prevenzione prialla gola, alla schiena e alla mandibola. Può durare da pochi a 10maria fino all'eliminazione di 15 minuti ed essere accompagnaalcune tipologie, in una prevento da respiro affannoso, rapido e zione secondaria, come nel caso poco profondo, senso di nausea, in cui si è stati colpiti da un evensudorazione abbondante, a volte vertigini. In Italia ogni anno colpito acuto come un infarto. Per sce il 3,3% degli uomini e il 3,9% quanto riguarda la carne è predelle donne tra i 35 e i 74 anni. A feribile consumare quella bianprovocare l'angina è la richiesta di un maggior afflusso di sanca (pollo, tacchino, coniglio) gue ossigenato al cuore per far perché quelle rosse contengono fronte a un maggior fabbisogno una maggiore quantità di grassi dell'organismo. Se la quantità di saturi. In alternativa, dobbiamo sangue ossigenato richiesta non arriva al cuore, ecco che scatta il imparare a mangiare più spesso dolore. In pratica, l'angina è una il pesce, 2 o 3 volte la settimatemporanea mancanza di ossigena, perché contiene i cosiddetti no al tessuto muscolare del cuore grassi "buoni", gli Omega-3, acidi (ischemia transitoria), alla base della quale c'è generalmente l'ograssi polinsaturi protettivi per struzione o la contrazione delle l'apparato cardiovascolare che arterie coronarie. L'ostruzione il nostro organismo non è in grapuò essere dovuta a depositi di grasso sulle pareti interne delle do di produrre e deve quindi asarterie, mentre la contrazione può sumere con la dieta. Una buona avvenire per esposizione a freddo abitudine è poi utilizzare oli veintenso, in seguito a forti emoziogetali e soprattutto l'olio di oliva, ni o anche spontaneamente. ricchi di grassi insaturi capaci di DOTT. BRUNO PASSARETTI

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SPECIALE

INVERNO

Aiuto, ho le dita bianche! Potrebbe essere il fenomeno di Raynaud, un'eccessiva sensibilità al freddo dovuta a diverse cause a cura di Viola Compostella

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uando la temperatura si abbassa è normale che le estremità del corpo, in particolare la punta delle dita delle mani, diventino fredde. Se però cambiano anche colore e fanno male possono essere segno di un'ipersensibilità al freddo o del fenomeno di Raynaud (detta anche "sindrome delle mani bianche"). «Il cambiamento netto di colore delle estremità (mani ma anche a volte naso e orecchie) che si verifica nel passaggio dal caldo al freddo, ad esempio quando si esce di casa senza guanti in inverno, è un fenomeno fisiologico, dovuto a un meccanismo di vasoregolazione che serve per evitare la dispersione di calore» osserva il professor Maurizio Pietrogrande, internista. In pratica, come accennato anche nel precedente articolo sul cuore, l'organismo per difendersi dalle basse temperature e trattenere il calore tende a restringere le piccole arterie, in questo caso quelle che portano il sangue alle dita. Tale restringimento (in termini medici si parla di vasocostrizione), determina un minor afflusso di sangue e PROF. MAURIZIO PIETROGRANDE Responsabile dell'Unità di medicina Policlinico San Marco Zingonia e Corpore Sano Smart Clinic di Stezzano

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quindi il cambiamento di colore della pelle che diventa più pallido. «Nelle persone in cui questo sistema di vasoregolazione per diversi motivi risulta instabile, può comparire il cosiddetto fenomeno di Raynaud, che si manifesta con pallore, seguito da arrossamento e poi discolorazione bluastra (fasi di varia intensità e durata) ed è dovuto a un'improvvisa e importante diminuzione dell'afflusso di sangue, seguita da dilatazione dei vasi e locale blocco della circolazione. Altri sintomi, oltre al colore, sono il formicolio, la perdita di sensibilità e il dolore pulsante che può interessare

non solo le punte ma anche parte delle dita. Si tratta di un fenomeno frequente in particolare tra le giovani donne, che non deve spaventare ma nemmeno essere sottovalutato».

Ma quali sono le cause di questa instabilità? In molti casi l'instabilità del meccanismo di vasoregolazione può avere un'origine solo funzionale, cioè non legata a stati patologici, ed essere favorita da abitudini lavorative (come nel caso dei pianisti o dei suonatori di flauto, esposti a vibrazioni continue), di vita (come nel caso dei fumatori) o dall'uso


di alcuni farmaci (ad esempio quelli usati per la cura delle cariodiopatie) o estrogeni. Esiste poi una componente per così dire costituzionale, come nelle giovani donne che risultano più soggette al problema degli uomini e una emotiva (vedi box). In altri casi, però, può essere la spia di problemi più importanti, come connettiviti e patologie autoimmuni (sclerodermia, lupus eritematoso sistemico, vasculite etc.) o arteriopatie ostruttive (arteriosclerosi obliterante, tromboangioite obliterante etc.) nelle quali il fenomeno di Raynaud, accompagnato anche da sintomi come ulcere cutanee, spesso rappresenta il primo segno clinico della malattia e un primo indizio di sofferenza delle pareti dei vasi. In genere il fenomeno di Raynaud "primario" insorge durante l'adolescenza e tende a migliorare con il passare degli anni. Nella maggior parte dei casi le forme dovute ad altre patologie, invece, si sviluppano più avanti negli anni.

E come si fa a sapere se all'origine c'è qualcosa di preoccupante? Per confermare la diagnosi e discriminare tra forme funzionali o patologiche e tra connettiviti e altre patologie, servono un'attenta visita, un prelievo di san-

gue per la ricerca dei cosiddetti anticorpi antinucleo e la capillaroscopia (detta anche angioscopia percutanea), esame che si esegue alla base delle unghie e permette di vedere come i vasi si dilatano e se sono sofferenti. Nelle forme funzionali in genere i capillari appaiono normali, mentre nelle forme secondarie a connettiviti e malattie autoimmuni si possono riscontrare delle tipiche anomalie (dilatazione dei vasi, microemorragie dei capillari, assenza di capillari/sclerosi). Esistono però anche forme borderline in cui si rilevano minime alterazioni, anche in caso di fenomeni funzionali (ad esempio in chi si mangia le unghie).

Come si può curare? Se il fenomeno di Raynaud è legato a un problema funzionale bisogna adottare alcuni accorgimenti per prevenirlo, come coprirsi bene, usare un doppio guanto (di seta o di nylon sotto e felpato sopra) in modo da creare un'intercapedine d'aria che mantenga le mani al caldo. Importante è poi eliminare abitudini di vita, in particolare il fumo che come abbiamo detto può peggiorare la situazione. Nei casi più seri può essere utile as-

LE TRE FASI DEL RAYNAUD La prima fase (dita bianche) è detta ischemica perché, in seguito alla riduzione del flusso di sangue, le dita diventano pallide e perdono sensibilità. Nella seconda fase, detta cianotica, le dita diventano bluastre a causa della stasi venosa. Infine, nella terza fase, il colorito delle dita è rosso perché il flusso sanguigno sta tornando alla normalità.

sumere farmaci vasodilatatori (in genere calcioantagonisti) o aspirina a basse dosi per evitare difetti di coagulazione. Se invece alla base del fenomeno ci sono patologie, autoimmuni o non, bisogna curare quelle. Contro molte forme di connettiviti, ad esempio, oggi abbiamo a disposizione armi terapeutiche efficaci che possono aiutare a prevenire le complicanze.

SE È COLPA DELLE EMOZIONI Il fenomeno di Raynaud può essere scatenato anche da emozioni forti. Ad esempio per uno spavento o prima di un esame o di un evento importante. Quando proviamo un'emozione forte infatti il nostro organismo rilascia più adrenalina, un ormone che provoca vasocostrizione periferica, con una marcata diminuzione del flusso a livello cutaneo e delle estremità.

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SPECIALITÀ A-Z

DERMATOLOGIA

Le afte, fastidiose compagne Stress, anemia, variazioni ormonali possono causare queste piccole ulcere in bocca, a volte anche molto dolorose a cura di Luigi Naldi

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a lingua batte dove il dente duole. Non è, tuttavia, sempre e solo questione di denti: può anche essere colpa di un'afta, un piccola ulcera da cui facilmente il dolore può essere "evocato" non solo dalla lingua che preme ma anche, semplicemente, durante la masticazione. Quello delle afte è un problema molto frequente e, in genere, piuttosto banale anche se parecchio fastidioso. Si calcola che circa una persona su due sperimenti la comparsa di almeno un'afta nel corso della propria vita con una prevalenza maggiore in età pediatrica.

Attenzione a stress e alimentazione A dispetto della frequenza, le

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modalità con cui si producono le afte non sono a tutt'oggi completamente chiarite. Due eventi sembrano centrali nel loro sviluppo: un'alterata composizione del microbiota del cavo orale (l'insieme complesso di micro organismi che risiedono in condizioni normali e con vantaggio reciproco del microrganismo e dell'ospite, nel cavo orale) e lo sviluppo di una reazione immunitaria diretta contro le cellule dell'epitelio mucoso. Una costellazione di fattori può facilitare questo processo patologico: i piccoli traumi locali, alcuni cibi (cioccolato, noci), l'impiego di alcuni dentifrici (specie quelli che contengono laurilsolfato di sodio), le fluttuazioni nell'asset-

to ormonale associate al ciclo mestruale, gli stress psicologici, un deficit di ferro, alterazioni transitorie o stabili dello stato immunitario.

La sua evoluzione: una sequenza di eventi "tipici" Tipicamente, le afte iniziano con una sensazione di bruciore o pizzicore. Dopo qualche giorno, nella sede dei sintomi, si osserva un'area arrossata a cui fa seguito un'ulcera di forma ovalare o affusolata con fondo biancastro (connesso alla presenza di depositi di fibrina, la proteina coinvolta nella coagulazione del sangue), con bordo rosso vivo estremamente dolente e un diametro di 3-4 mm. La gran parte delle afte persiste per un periodo variabile da 1 a 2 settimane e poi regredisce completamente senza lasciare traccia o lasciando un alone rosato. Le sedi più comuni sono la lingua, la parete interna delle labbra e le pieghe muco-labiali. Tuttavia le afte possono localizzarsi anche sul palato duro o sulle gengive oppure, più raramente, sulle mucose genitali in maniera isolata o combinata con le lesioni della


mucosa orale. Spesso recidivanti, possono ricomparire non solo nello stesso punto ma anche in altre sedi.

Grandi o piccole, da sole o in "gruppo"

LA TERAPIA: FARMACI E STILE DI VITA Misure non farmacologiche 1. Evitare cibi che scatenano o aggravano le afte (cioccolato, frutta secca). 2. Ridurre, per quanto possibile, lo stress psico-fisico. 3. Riequilibrare la dieta e controllare un'eventuale anemia sideropenica. Terapia locale 1. Prodotti che formano una barriera protettiva sull'afta (a base, ad esempio, di acido ialuronico, tocoferolo, o sodio alginato). 2. Anestetici locali come benzocaina o lidocaina. 3. Collutori antibatterici Terapia generale 1. Supplementazione con vitamina B12 (un recente studio controllato dimostra che tale supplementazione è efficace indipendentemente dalla documentazione di un reale deficit di vitamina B12). 2. Nel caso di aftosi complesse possono essere considerati trattamenti sistemici con: Colchicina, Dapsone e Talidomide.

Esistono grandi variazioni nella dimensione e nel numero delle afte. Si distinguono schematicamente tre possibili quadri: le afte minori, la variante più comune descritta sopra, quello delle afte maggiori e quello delle afte cosiddette erpetiformi, Le afte maggiori sono caratterizzate da ulcerazioni di grandi dimensioni, in genere superiori a un centimetro. Le lesioni sono di solito più profonde rispetto alle afte minori, persistono fino a oltre un mese e guariscono con cicatrici. Vi è dolore considerevole e a volte febbre e un rigonfiamento dei linfonodi sotto-mandibolari. Le afte erpetiformi (da non confondere con le lesioni dell'herpes simplex) sono molto più rare e sono caratterizzate da ulcerazioni multiple di piccole dimensioni con orale e/o genitale (in queste diametro di 1-2 mm. aftosi complesse le afte sono A volte ritornano… più spesso di tipo erpetiforme). e restano Sebbene nella maggioranza In base alla frequenza di com- dei casi le afte compaiono in parsa delle lesioni si parla di persone altrimenti in buona saafte semplici e aftosi comples- lute, in alcuni rari casi, specie se, caratterizzate dalla pres- se si tratta di aftosi complesse, soché costante presenza nel rappresentano una delle possitempo di tre o più afte in sede bili manifestazioni di una malattia sottostante. La più nota DOTTOR LUIGI NALDI condizione associata ad afte Specialista è la malattia di Behçet caratin dermatologia terizzata dalla presenza di afte presso Unità di Dermatologia orali e genitali, artrite, uveite A. O. Papa Giovanni e altre manifestazioni sistemiXXIII, Bergamo e Centro Studi GISED, che. La diagnosi è strettamente Bergamo specialistica. Altre condizioni

associate ad afte sono le malattie intestinali infiammatorie croniche, il deficit di vitamina B12, la neutropenia ciclica e alcune altre malattie associate a immunodeficienza inclusa l'infezione da HIV. Anche il trattamento con alcuni farmaci anti-tumorali può produrre afte come effetto collaterale.

Ridurre la durata, controllare il dolore, prevenire nuovi episodi Considerando la frequenza con cui le afte si presentano nella popolazione generale, non meraviglia che siano disponibili numerosi prodotti "da banco" per cercare di attenuarne i sintomi, per lo più a base di sostanze che producono un film protettivo sull'ulcera. In presenza di aftosi complesse devono essere escluse malattie associate. In questi pazienti possono essere necessari trattamenti sistemici con farmaci impegnativi (vedi box).

Contro le afte la tradizione popolare suggerisce diversi rimedi, a volte abbastanza pittoreschi, come l'impiego di: succo di limone, liquirizia, malva o rabarbaro, e l'applicazione di propoli, aglio, tè nero o silicio organico.

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SPECIALITÀ A-Z

GASTROENTEROLOGIA

Poco alcol e grassi con moderazione, la ricetta per prevenire la pancreatite a cura di Vittorio Corno

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n dolore fortissimo e improvviso, simile a una staffilata, alla parte alta dell'addome che si irradia lateralmente e dalla schiena. È questo il primo sintomo della pancreatite acuta, a cui si possono associare anche nausea, vomito, febbre o sudorazione. Quest'infiammazione del pancreas, che colpisce circa 15.000 persone all'anno, nella maggior parte dei casi è causata da una dieta troppo ricca di grassi e dall'abuso di alcolici. La cura? Dipende dalla gravità. Di certo una componente importante della terapia è rappresentata da un corretto stile di vita.

I nemici del pancreas Le principali cause di pancreatite acuta sono rappresentate dai calcoli biliari (in particolare i calcoli inferiori ai 5 mm. di diametro) e dall'abuso di alcol prolungato, che insieme sono responsabili di circa il 60-80% dei casi. Altre cause sono: ipertrigliceridemia 10% (50% delle pancreatiti acute in gravidanza), ipercalcemia, farmaci (ad esempio azatioprina, tiazidi, estrogeni); ostruzione dei dotti pancreatici, canali che fanno sì che gli enzimi digestivi arrivino nel duodeno dovuta a tumori o anomalie anatomiche (pancreas divisum), traumi pancreatici. In un 10-25% dei casi non è possibile identificarne la causa.

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Nella maggior parte dei casi, quindi, si tratta di una patologia prevenibile con un corretto stile di vita. Per questo è importante abituarsi a un regime alimentare equilibrato, che non sia troppo ricco di grassi (favoriscono sovrappeso e obesità, l'ipertrigliceridemia e la formazione di calcoli biliari), limitare il consumo di alcol e non abusare dei farmaci, che vanno assunti soltanto se è strettamente necessario.

DOTT. VITTORIO CORNO

Dirigente medico Chirurgia - Trapianti addominali 3 A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

la diagnosi insieme alle analisi del sangue) si evidenzia edema o gonfiore del pancreas che a volte può essere accompagnato da infiammazione del tessuto adiposo extrapancreatico. Una malattia •Pancreatite acuta moderata: si da non sottovalutare sviluppa un'insufficienza d'orLa pancreatite acuta è una gano (insufficienza renale, remalattia potenzialmente letale spiratoria etc.) transitoria (che con un ampio spettro di gravità. dura meno di 48 ore) e com•Pancreatite acuta lieve: i sin- plicanze locali come necrosi tomi si risolvono nel giro di pancreatica o peripancreatica, pochi giorni e generalmente il raccolte fluide pancreatiche o paziente viene dimesso nel giro peripancreatiche, trombosi deldi una settimana. Alla TC addo- la vena splenica (vena che riceme (esame fondamentale per ve il sangue dall'intestino, dal


pancreas e dalla milza). •Pancreatite acuta severa: si instaura un'insufficienza d'organo persistente (che dura più di 48 ore) e si associano complicanze locali. L'insufficienza d'organo che persiste per più di 48 ore si associa a un elevato rischio di morte. Circa l'80% dei pazienti, per fortuna però, presenta una pancreatite acuta lieve e ha un decorso generalmente privo di complicanze.

Cure diverse a seconda della causa La terapia di un episodio di pancreatite acuta comprende una terapia generica e una terapia che va ad agire sulla causa (eziologica). In caso di pancreatite acuta lieve la terapia generica si basa sull'assunzione di liquidi e antidolorifici. In caso di pancreatite moderata-severa può essere indicato, inoltre, ricorrere alla nutrizione enterale (somministrazione di alimenti attraverso un sondino). Nei casi più gravi, infine, può essere necessario il ricovero del paziente in terapia intensiva, una terapia antibiotica e il

SE DIVENTA CRONICA Quando l'infiammazione perdura a lungo o se si ripetono più episodi, diventa cronica, provocando un danno progressivo ed irreversibile e una fibrosi (ispessimento) progressiva dei tessuti che impediscono al pancreas di funzionare normalmente. I sintomi principali sono: dolore ricorrente alla parte alta dell'addome; dolore costante e invalidante; insufficienza pancreatica che si manifesta con dispepsia (difficoltà digestiva), steatorrea (eccessiva presenza di grasso nelle feci), diarrea, malassorbimento, perdita di peso e diabete mellito. Inoltre possono essere presenti delle calcificazioni nel tessuto pancreatico, dilatazione dei dotti pancreatici, calcoli e pseudocisti. La causa più comune della pancreatite cronica è l'abuso etilico (80%). Anche il fumo associato all'abuso di alcol è un fattore di rischio. Altre cause sono rappresentate da un'ostruzione cronica dello scarico dei succhi pancreatici (dovuto a calcoli o a tumori), dalla pancreatite autoimmune (5-11%) e dalla pancreatite idiopatica. Il trattamento della pancreatite cronica prevede: l'astensione dal fumo, dall'alcol e da diete iperlipidiche e iperproteiche, l'assunzione di enzimi pancreatici (lipasi) per il trattamento dell'insufficienza esocrina del pancreas; insulina per il trattamento del diabete; antidolorifici. In caso di ostruzione del dotto pancreatico da calcoli il paziente dovrà essere sottoposto a ERCP. Se il dolore persiste nonostante la terapia medica ed endoscopica, è possibile eseguire un intervento chirurgico (derivazione pancreatica digiunale o asportazione della testa del pancreas).

drenaggio percutaneo o chirurgico delle raccolte pancreatiche e peripancreatiche dovute all'infezione. Per quanto riguarda invece la cura eziologica, ovviamente, dipende dalla causa che ne è all'origine. Se, ad esempio, sono dei calcoli biliari associati a un'infiammazione e/o un'ostruzione del dotto biliare (con una bilirubina totale sul plasma maggiore di 5mg) è necessario effettuare innanzi-

tutto una ERCP (Endoscopic Retrograde Colangio Pancreatography), esame che permette di studiare e trattare i dotti, e successivamente una colecistectomia (asportazione della colecisti)per prevenire la recidiva di pancreatite acuta. Se invece è indotta dall'abuso etilico o da farmaci, l'assunzione di alcol o del farmaco responsabile deve essere interrotta immediatamente.

FEGATO

CISTIFELLEA

FEGATO

PANCREAS, CONOSCIAMOLO MEGLIO È un organo complesso, una grande ghiandola, che ha due funzioni importanti: è responsabile della produzione dell'insulina e del glucagone, due ormoni che servono per regolare il tasso di glucosio nel sangue; secerne (attraverso cellule chiamate acinari) enzimi digestivi che servono per la digestione dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi.

DUODENO

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SPECIALITÀ A-Z

OCULISTICA

Un raggio laser per fermare i danni del diabete agli occhi A cura di Stefano Tadini

L'

allungamento delle prospettive di vita delle persone affette da diabete mellito che si è verificato in questi anni ha, paradossalmente, causato l'aumento delle complicanze della malattia a carico di varie parti del corpo. Tra queste, una delle più a rischio è l'occhio e in particolare la retina, ovvero la parte dell'occhio costituita da cellule nervose che captano il segnale luminoso e lo inviano al cervello. Questa complicanza, anche se può comparire in qualsiasi momento del decorso della malattia, colpisce circa il 70% dei pazienti dopo venti anni di malattia.

Una malattia subdola che può portare fino alla cecità Il principale danno che causa questa malattia è un'alterazione del microcircolo sanguigno, a livello cioè dei vasi più piccoli, i cosiddetti capillari, dove il sangue cede ai vari tessuti ossigeno e sostanze nutritive. Nel corso degli anni, lentamente e inesorabilmente, il diabete determina prima alterazioni delle pareti dei capillari, fino a creare dei veri sfiancamenti (detti microaneurismi), poi la trasudazione della parte liquida del sangue (edèma), emorragie più o meno estese, microinfarti con ischemia (cioè la ridot-

DOTT. STEFANO TADINI

Specialista in Oculistica Habilita Ospedale di Sarnico

ta o scomparsa circolazione con conseguente mancato apporto di ossigeno e materiale nutritizio) di zone circoscritte. Successivamente intervengono processi di cicatrizzazione con formazione incontrollata di nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazione) che distrugge il tessuto "nobile" nervoso, determinando emorragie sempre più gravi e favorendo il distacco di retina. A questo punto la retinopatia diabetica viene I SINTOMI? SOLO QUANDO È TROPPO TARDI La retinopatia diabetica può restare per anni asintomatica. I sintomi compaiono infatti solo quando ha raggiunto uno stato molto avanzato e ha già determinato dei danni irreversibili. In questi casi si hanno: · abbassamento lento e graduale della vista (visus) con associata una distorsione delle immagini (metamorfopsie); · improvvisa perdita della visione in un occhio per una estesa emorragia o per l'occlusione di un grosso vaso.

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CHI HA IL DIABETE È ANCHE PIÙ A RISCHIO GLAUCOMA La presenza di retinopatia diabetica può scatenare forme di glaucoma (malattia del nervo ottico provocata da un'eccessiva pressione intraoculare) secondario. In questo ambito di grande aiuto è l'analizzatore delle Fibre del Nervo Ottico (GDX), grazie al quale è possibile effettuare la valutazione dello strato di fibre nervose retiniche mediante la polarimetria a scansione laser. L'analisi ottenuta viene paragonata dal database di riferimento con numerosi occhi sani di persone della stessa età. Le deviazioni rispetto al range normale sono rappresentate con chiarezza semplificando notevolmente l'interpretazione dell'esame. Il GDX ha un'alta sensibilità e specificità; la sua eccellente riproducibilità rappresenta la base per l'identificazione di cambiamenti anche minimi nel tempo, dovuti al progredire della malattia glaucomatosa.

chiamata "proliferante": diventa molto grave e inarrestabile sino alla cecità.

Gli esami (periodici) che preservano la vista Appare evidente, quindi, che la prima cura della retinopatia diabetica consiste nel controllo periodico (ogni sei mesi o un anno a seconda delle indicazioni del proprio oculista) dello stato della retina mediante un esame del fondo oculare dopo l'instillazione di appositi colliri che dilatano la pupilla (detti midraitici). Questo controllo periodico, consigliabile in tutti i soggetti affetti da diabete, viene realizzato innanzitutto attraverso l'esame del fondo

oculare e successivamente la fluorangiografia o l'OCT. La prima è una tecnica che permette l'osservazione delle anomalie vascolari retiniche a livello capillare nell'occhio vivente. L'esame consiste in un'iniezione endovenosa di un colorante, la fluoresceina sodica, che si distribuisce in tutti i vasi sanguigni e ne rende visibili il decorso e il calibro, la successiva acquisizione di fotografie mediante il fluorangiografo. Le immagini acquisite consentono di mostrare le alterazioni del microcircolo, le dilatazioni e occlusioni dei capillari e, nella fase conclamata, la presenza di edema, di ischemia e neovascolarizzazione. L'OCT, tomografia ottica a luce coerente, invece consente anche lo studio della maculopatia diabetica, la complicanza più importante della retinopatia diabetica che consiste nel rigonfiamento della macula ( la zona centrale della retina dell'occhio umano, la più sensibile agli stimoli luminosi), attraverso una fotografia della retina ottenuta con un particolare raggio luminoso.

La retina è una delle strutture più a rischio dell'occhio perché è ricca di vasi e ha bisogno continuamente e abbondantemente di sostanze nutritive e di ossigeno per funzionare bene

La terapia: fotocoaugulazione e stile di vita sano Il trattamento principale nelle forme di retinopatia diabetica è la fotocoagulazione laser. L'energia luminosa del fascio laser provoca sul tessuto che l'assorbe un effetto fotochimico meccanico e termico, in altre parole una "bruciatura" del tessuto e successiva cicatrizzazione delle aree di retina patologica, bloccando la progressione della malattia. In base alla gravità delle lesioni si eseguono o trattamenti mirati o dei trattamenti detti panfotocoagulativi che interessano gran parte del tessuto retinico. Fondamentale, poi, ovviamente, è il controllo della malattia "primaria", il diabete, attraverso le opportune terapie e uno stile di vita corretto (frutta e verdura in abbondanza e pochi zuccheri). Nelle fasi avanzate della malattia, quando si sono formate emorragie che invadono il vitreo oppure si è creato un distacco di retina, può essere presa in considerazione invece la terapia chirurgica "tradizionale", che consiste nella cosiddetta vitrectomia (rimozione del vitreo con sua sostituzione con sostanze trasparenti e tamponanti, come gas o olio di silicone) che può ridare una certa funzionalità visiva.

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PERSONAGGIO Enrica Merlo

Un capitano con il sogno di diventare farmacista La giocatrice della Foppapedretti si confessa e ci svela il suo sogno "segreto", dopo quello di riportare la sua squadra di pallavolo ai vertici della serie A a cura di Ildo Serantoni

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uella cominciata da poco è la sua ottava stagione a Bergamo. Arrivata qui da noi nell'estate del 2007, poco più che adolescente ma già in possesso di una spiccata personalità, Enrica Merlo oggi è una persona realizzata: come donna e come atleta. La nostra città è ormai diventata anche la sua, la maglia della Foppapedretti, squadra di volley di cui è capitano, le è cucita addosso come una seconda pelle. Il record di Francesca Piccinini,12 anni, rimane lontano, ma non irraggiungibile. Maurizia Cacciatori, Paola Paggi, Angelina Gruen, Jenny Barazza, Maja Poljak, Valentina Arrighetti, altre rossoblù di lungo corso, sono ormai alle spalle. È lei, insomma, la continuità della Foppa, l'anello di congiunzione tra la squadra dei grandi trionfi italiani ed europei e quella che vive oggi con grande dignità una fase di transizione. Con questa maglia madida di sudore e carica di medaglie, Enrica ha conquistato due Champions League (2009 a Perugia e 2010 a Cannes, battendo in finale due supercorazzate come Dynamo Mosca e Fenerbahçe Istanbul), lo scudetto del 2011, la Coppa Italia del 2008 e, ultima in ordine di tempo, la Supercoppa del 2012. «Molti mi chiedono come ci si senta a giocare in una squadra costretta a lottare per obbiettivi minimi dopo essere stata abituata ai grandi trionfi in Italia e in Europa» dice la giocatrice veneta, tra i massimi interpreti continentali del ruolo di libero. «Non nego che un po' mi dispiaccia e che av-

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verta molta nostalgia per quegli anni meravigliosi.Tuttavia, gli alti e i bassi fanno parte della vita. E poiché sono abituata a pensare positivo, guardo avanti con fiducia e con la convinzione di poter tornare a vincere. Altre società, in Italia, sono sparite dalla mappa del volley, sopraffatte dal difficile momento economico. La Foppapedretti è ancora qui, segno che crede nel futuro e punta a tornare lassù dove è stata per tantissimi anni: è un sogno bellissimo, che condivido, con la certezza di contribuire a realizzarlo». A Bergamo la capitana rossoblù si trova come a casa sua. «Vengo da Padova, una città che, pur essendo più grande, somiglia molto a Bergamo. Sono due città a misura d'uomo. E anche il carattere della gente non è diverso. Questo mi ha permesso di ambientarmi in fretta e adesso, dopo otto anni, mi sento metà padovana e metà bergamasca. Anche perché mi divido fra le due città: qui lavoro, mentre le giornate libere le trascorro con Andrea, il mio compagno, che ho conosciuto nel mondo della pallavolo (è arbitro di serie A con una laurea di ingegnere informatico nel cassetto) e nella vita di tutti i giorni gestisce un Gourmet a Padova. Inoltre, in un paese della provincia, Vescovana, vive la mia famiglia, alla quale ho lasciato... in affido alcuni dei miei cani». Già, i cani, la grande passione di Enrica insieme alla pallavolo. «Ne ho sei: una femmina cocker, Kira, vive qui a Bergamo con me; un altro cocker, Roger, maschio, sta con Andrea a Padova; gli altri quattro, tutti di razza Cavalier

King, me li tiene quel sant'uomo di mio papà. Kira è, insieme, una compagnia e uno svago. Chi mi conosce sa che di carattere sono aperta, però mi piace vivere la mia vita da sola. Mi ritaglio i miei spazi. Nelle ore libere da partite e allenamenti porto a spasso Kira nei parchi: lei corre e si diverte, io mi rilasso. Quando sono in palestra, Kira sta in casa, le lascio la televisione accesa e lei aspetta il mio ritorno». A vivere da sola, lontano dalla famiglia, Enrica ha cominciato molto presto. «Avevo 14 anni quando dalla squadra del mio paese sono stata presa dal Volley Padova e mi sono trasferita in città. Dopo tre anni mi sono trasferita a Reggio Emilia e poi qui a Bergamo. Fin da piccola, insomma, mi sono abituata ad arrangiarmi da sola e questa necessità è stata, alla lunga, una scuola di vita che ha giovato alla mia crescita come donna. Sono maturata in fretta, insomma. Ho imparato a cucinare e posso dire di essere diventata anche bravina ai fornelli: oltretutto, la vicinanza di un compagno gourmet è anche uno stimolo e un divertimento». A Padova e a Reggio Emilia, giocando e studiando, Enrica ha conseguito anche la maturità classica. Poi, però, l'impegno professionale non le ha consentito di proseguire negli studi universitari. La laurea in farmacia, che era in cima ai suoi obbiettivi ai tempi del liceo, resta lassù, come un sogno. «Non ho messo da parte del tutto l'idea, ma mi rendo conto che ogni anno che passa diventa più difficile. Ho soltanto 26 anni (ndr. è nata l'8 dicembre

1988) e conto di giocare ancora a lungo. Poi, chissà, potrei rimanere con qualche mansione nel mondo della pallavolo, che è quello in cui ho sempre vissuto e, di conseguenza, conosco meglio. Comunque, per ora, mi limito a vivere il presente. Qui alla Foppapedretti c'è molto da fare. Quest'anno la società ha messo insieme una squadra giovane e io, anche se ho soltanto 26 anni, mi sento un po' la chioccia di tutte queste ragazzine promettenti, insieme con Paola Paggi, arrivata pochi giorni prima dell'inizio del campionato. Non si potrà ambire a grandi obbiettivi, perché ci sono alcune squadre meglio attrezzate, come Piacenza, Conegliano, Busto Arsizio, Novara. Tuttavia cercheremo di ridurre il gap tecnico facendo leva sul cuore e sul carattere, che sono da sempre nel DNA della Foppapedretti. Ci sono le premesse, insomma, per gettare le basi verso un futuro che mi auguro possa tornare a essere ricco di risultati come lo è stato un passato nemmeno troppo lontano». Bergamo Salute

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IN SALUTE

PREVENZIONE

Tumore al colon, i controlli che ti salvano la vita Lo screening permette di individuare precocemente la malattia o polipi che potrebbero diventare maligni a cura di Elena Buonanno

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olpisce ogni anno in Italia più di 35mila persone ed è il terzo tumore per incidenza. Nella maggior parte dei casi è preceduto dalla comparsa, a livello del colon, di polipi ovvero formazioni benigne che diventano, nel tempo, maligne. Parliamo del tumore al colon. Le speranze di guarigione? Sono strettamente legate alla diagnosi precoce. Se individuata in tempo infatti, la malattia può essere curata: secondo le stime il 50% delle morti causate da questo tumore sarebbero evitabili se la malattia venisse diagnosticata tempestivamente. In che modo? Con appositi programmi di screening, finalizzati a individuare la malattia in assenza di sintomi. Come quello, gratuito, attuato anche nella nostra Provincia, che prevede la ricerca di sangue occulto nelle feci, un test facile da utilizzare, ripetibile, innocuo e non invasivo. Rivolto a uomini e donne di età compresa tra i 50 e 69 anni e realizzato grazie alla collaborazione tra Asl, strutture sanitarie, farmacie e medicina DOTT. PAOLO RAVELLI Direttore Gastroenterologia 2 Endoscopia digestiva A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

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di assistenza primaria (per informazioni numero verde 800 512330 del Centro Screening dell'ASL, dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 12.00), il programma di screening a Bergamo è stato avviato in via sperimentale nel 2005 in alcuni distretti, per poi essere esteso dal 2008 a tutto il territorio provinciale. «Dal 2008 l'adesione media allo screening è stata superiore al 60%» osserva Paolo Ravelli direttore Gastroenterologia 2 Endoscopia digestiva dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Coordinatore scientifico del Tavolo Tecnico provinciale dello screening colorettale. «Si tratta di dati incoraggianti, superiori alla media italiana, che però non ci permettono di abbassare la guardia. L'obbiettivo è intercettare quel 40% di persone che non aderiscono a questo programma di screening che possiamo davvero definire "salva-vita". Contro questo tipo di tumore, infatti, la prevenzione primaria, cioè quella che si basa sulla correzione dei fattori di rischio eliminabili come dieta, mancanza di attività fisica, fumo, alcol etc., risulta più debole che nei confronti di altri tumori, mentre la diagnosi precoce, di tumori o di lesioni pre-cancerose, può aumentare di molto le possibilità di trattamento terapeutico e le speranze di guarigione».

Un test indolore, innocuo, semplice che può fare davvero la differenza «Il tumore al colon, dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste questo organo (parte dell'intestino crasso (o grosso intestino), nell'80% dei casi si sviluppa a partire da polipi benigni» spiega lo specialista. «La trasformazione in cancro è un processo molto lento: richiede, infatti, dai 5 ai 15 anni» continua il dottor Ravelli. È in questa finestra temporale ampia che lo screening consente di individuare e rimuovere i polipi prima che si trasformino in tumore e diagnosticare precocemente forme tumorali allo stadio iniziale e quindi curabili. In entrambi i casi, uno dei segni più precoci (anche se non sempre presente) è un sanguinamento nelle feci, non visibile a occhio nudo, che può precedere anche di anni la comparsa di altri sintomi. Per questa ragione il test di screening attualmente in uso è la ricerca del sangue occulto nelle feci. «Il programma di screening prevede la spedizione dell'invito da parte dell'Asl a


eseguire il test ai residenti di età compresa tra i 50 e i 69 anni senza altri fattori di rischio se non l'età» continua lo specialista. «La raccolta del campione di feci può essere fatta a casa propria senza alcuna dieta di preparazione, semplicemente seguendo le istruzioni indicate sull'invito. Una volta raccolto il campione può essere consegnato a una delle farmacie aderenti allo screening». Questo esame, fondamentale per chi non presenta fattori di rischio, lo è ancora di più per chi è a rischio elevato, ovvero persone con familiarità per cancro al colonretto o polipo adenomatoso, con malattie infiammatorie croniche intestinali, per le quali il programma di controlli però deve essere concordato insieme al proprio medico in base al singolo caso.

Diagnosi precoce e cure mirate: così di vince la malattia Se l'esito dell'esame è negativo viene comunicato tramite una lettera inviata a casa,con il consiglio di ripeterlo, in assenza di sintomi, ogni due anni. «Se, invece, il test è positivo, cosa che succede mediamente nel 5-6% circa dei casi, e quindi sono rilevate tracce di sangue nelle feci, è necessario sottoporsi a un esame di secondo livello, cioè la pancolonscopia, per avere una diagnosi certa. È probabile infatti che il sanguinamento sia dovuto a un polipo adenomatoso che potrebbe evolvere in tumore. In oltre il 50% dei pazienti non si riscontrano lesioni potenzialmente neoplastiche ma il sanguinamento dipende da altre cause molto diffuse come ragadi, emorroidi o diverticoli».

Attenzione sì, quindi, ma senza eccessivi allarmismi. Anche nel caso in cui la colonscopia confermi la presenza di una lesione. «Oggi grazie alla diagnosi precoce e a terapie sempre più mirate ed efficaci (chirurgiche e radioterapiche) il tumore al colon è sempre più guaribile: il 60%, dei pazienti sopravvive dopo cinque anni dalla diagnosi di tumore, a patto ovviamente che la diagnosi sia il più precoce possibile» conclude il dottor Ravelli. I DATI STATISTICI L'incidenza del tumore del colon è 10 volte superiore tra le persone di età 60-64 anni rispetto a coloro che hanno 40-44 anni; il rischio di avere un tumore del colon-retto nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è di 1 caso ogni 20 uomini e di 1 caso ogni 32 donne.

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STILI DI VITA

IN SALUTE

Salute e benessere a misura di app a cura di Lucio Buonanno

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e ne s o n o per tutti i gusti e le esigenze: per controllare i battiti, calcolare le calorie, per chi cerca un figlio. Sono le app, come le chiamano i loro appassionati, ovvero applicazioni per pc, smartphone, tablet, pensate per migliorare la forma fisica e tenere sotto controllo la salute. Negli ultimi sei mesi c'è stato un vero e proprio boom: per le app di sport e benessere si è registrata una crescita del 62 per cento. A usarle sono soprattutto i giovani che attraverso lo smartphone vogliono misurare i chilometri percorsi a piedi o in bici, le calorie bruciate oppure quelle che hanno mangiato. Ma non mancano anche i più perfezionisti e "maturi" che alle app chiedono di monitorare la frequenza cardiaca o come correggere il movimento del corpo

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nella corsa. Ma come funzionano? Ne parliamo con il dottor Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di Informatica Medica dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri,autore di "Web 2.0 e social media in medicina". «I vari dati sull'attività fisica o sull'alimentazione vengono inseriti manualmente o in modo automatico giorno per giorno formando una specie di diario che viene poi condiviso sul social network. La condivisione dei risultati personali porta a un effetto emulazione all'interno della community che si riunisce intorno a un'impresa sportiva» spiega il dottor Santoro. «Inoltre le app per smartphone e tablet riescono a cambiare il comportamento delle persone in base alle loro esperienze perché spingono al raggiungimento di traguardi personali. Servono a misurare quanto si sta facendo bene e quanto ancora si dovrebbe migliorare. Applicazioni simili non registrano parametri vitali e di tipo medico per cui la loro condi-

visione non costituisce p ro bl e m i di sicurezza verso dati sensibili. Inoltre non c'è la necessità di sottoporle a un controllo medico».

Un diario virtuale (da condividere col medico) in caso di pressione alta o diabete Il discorso, però, cambia per le centinaia di applicazioni legate alla medicina. Dall'app per monitorare la pressione arteriosa, al diabete, all'individuazione delle retinopatie tramite fotocamera, alle malattie cardiache, all' app per l'artrite reumatoide ideata per "alleggerire" dai problemi causati da questa patologia autoimmune che colpisce oltre 400 mila persone in Italia in prevalenza donne, fino a


quella per gestire meglio il dolore cronico e per diagnosticare precocemente l'Alzheimer. Possono rappresentare un valido supporto purché però sempre sotto la supervisione del medico. «I maggiori utilizzatori sono soprattutto i pazienti con malattie croniche più propensi, rispetto agli altri, a stabilire relazioni con coloro che soffrono della loro stessa patologia» spiega l'esper-

i danni provocati dagli stupefacenti, dalle sigarette, dagli alcolici e dalla mancata attività fisica».

Per favorire il dialogo tra gli specialisti…

Intanto prendono sempre più piede negli ospedali e nelle cliniche le app dedicate ai medici appartenenti a una stessa community che, tenendo a portata di mano il tablet e lo smartphone, possono scambiarsi in tempo reale informazioni sui casi clinici, cercare consigli per una diagnosi e condividere le proprie conoscenze senza dover più ricorrere ai pc dislocati nei loro uffici. E uno studio sull'uso dei social media e delle app mediche da parte dei medici italiani lo sta facendo proprio il Laboratorio di Informatica Medica in collaborazione con l'Associazione Nazionale Meto. «Con le app si può registrare dici Cardiologi Ospedalieri e la e memorizzare tutto quello che Società Italiana di Urologia. Lo è misurabile: frequenza cardiaca, scopo è anche quello di incentipressione, elettrocardiogramma, vare il dialogo e il confronto con i fotografie che riprendono maccittadini da parte delle oltre 1200 chie e nei sulla pelle, glucosio strutture sanitarie italiane, pubblinel sangue e via dicendo. Insomche e private (dialogo e confronma una serie di parametri che, to che vede tra i primi in Italia poi, vengono inviati al medico l'Ospedale Papa Giovanni di Berper il telemonitoraggio. I paziengamo che ha dotato i suoi medici ti, come chi soffre di diabete, atdi tablet e smartphone con app). traverso le app possono tenere sul proprio telefonino un diario …e migliorare lo stile quotidiano che poi lo specialista di vita dei pazienti esaminerà e darà le opportune E mentre i maggiori big dell'hiterapie. Ma c'è anche l'app per la tech cercano di accaparrarsi il lotta all'abuso di alcol, di droga, mercato mondiale, che vale 6,7 alla vita sedentaria, al fumo. In miliardi di dollari, con qualche alcune passano anche messaggi dubbio sulla precisione delle che usano la strategia dei videapp e sulla privacy, il Laboratorio ogiochi ricordando quali sono del Negri va avanti nelle ricer-

DOTTOR EUGENIO SANTORO Responsabile Laboratorio di Informatica Medica Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri

che. «Con altri Centri di ricerca e Università abbiamo presentato all'Unione Europea dei progetti all'avanguardia che riguardano soprattutto la prevenzione con un notevole risparmio economico per la Sanità pubblica» dice. «Utilizzando le app studieremo i soggetti che presentano fattori di rischio, li sottoporremo a analisi e tenteremo di cambiare i loro stili di vita. Altri pazienti faranno il percorso tradizionale. Alla fine vedremo i risultati. Aspettiamo soltanto che l'Unione Europea dia il via libera a questi progetti e ci dia i fondi, che purtroppo scarseggiano per questa nuova frontiera nel campo della prevenzione».

QUELLA DEL 112 TI SALVA LA VITA Tra le centinaia di app che possono aiutarci a salvarci la vita c'è Where Are U ideata da AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza). "È un' app" come si legge nel sito "che permette di effettuare una chiamata di emergenza e inviare contemporaneamente la posizione esatta del chiamante alla centrale del numero unico dell'emergenza 112 della Lombardia. Viene trasmessa la localizzazione puntuale anche nei casi in cui non si conosce o non si è in grado di fornire dati precisi sulla propria attivazione". Where Are U è disponibile per iOS, Android e Windows phone , è gratuita e si può scaricare andando su www.areu.lombardia.it .

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Il trucco, a sorpresa, per dimagrire: 8 bicchieri di acqua al giorno Bere è indispensabile alla salute, ma ha effetti benefici anche sulla linea. Lo dimostrano dieci anni di studi a cura di Giulia Sammarco

D

ue bicchieri d'acqua prima di colazione, pranzo e cena. Uno a metà mattina e uno a merenda. In totale: otto bicchieri al giorno. Sempre a stomaco vuoto. È questa la dieta del momento. A metterla a punto Nicola Sorrentino, noto dietologo e autore del libro "La dieta dell'acqua" (edizioni Salani), insieme a Paola Gambino, medico termale. Le raccomandazioni base sono due e molto semplici: bere 8-10 bicchieri

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d'acqua, distribuiti durante tutta la giornata e sempre prima dei pasti, e prediligere i cibi ricchi di liquidi, verdura e frutta soprattutto. Ma come è possibile che l'acqua faccia dimagrire? "Beh, l'acqua riempie la pancia e aiuta a sentirsi sazi prima" potrebbe essere la risposta. Certo questo è uno dei motivi, ma non l'unico. Diverse ricerche, condotte negli ultimi dieci anni, hanno dimostrato infatti che questa bevanda avrebbe anche un altro effetto fondamentale per dimagrire e cioè aumenterebbe il tasso metabolico, cioè la velocità alla quale le calorie vengono bruciate per produrre energia. E non è tutto, gli studi suggeriscono anche un importante impatto dell'idratazione sui muscoli, sempre in un'ottica di dimagrimento. Generalmente, infatti, nelle persone in sovrappeso il tessuto muscolare tende a essere meno idratato e quindi meno attivo dal punto di vista metabolico; di conseguenza, cambiare questo stato può favorire una maggiore combustione di calorie. In tutti gli studi però, l'acqua ingerita a stomaco vuoto ha avuto un effetto di breve durata sul metabolismo (tra la mezz'ora e l'ora). Per questo, suggeriscono gli esperti, si dovrebbe bere molta acqua a più riprese, per esempio 500 ml

DOTT.SSA MARIANNA MESSA

Biologa Nutrizionista

quattro volte al giorno per un totale di due litri (circa otto bicchieri abbondanti). In questo modo sarebbe possibile addirittura quadruplicare il dispendio energetico. «L'acqua è l'alimento dietetico per eccellenza» conferma la dottoressa Marianna Messa, biologa nutrizionista. «Fa bene non solo alla linea ma in generale alla salute perchè non contiene alcuna caloria, è dotata di un elevato potere saziante, ha una funzione drenante che ci aiuta a eliminare le tossine e le scorie permettendoci di contrastare la stitichezza e il gonfiore. Anche se non ci sono delle regole precise sulle modalità il consiglio comunque è bere almeno 8-10 bicchieri d'acqua ripartiti durante la giornata e a piccoli sorsi. A cominciare dalla mattina appena ci si alza».

Dottoressa Messa, perché è importante bere acqua appena svegli? Bere acqua, ancor meglio un bicchiere di acqua tiepida/calda con succo di mezzo limone


infine, contribuisce anche alla bellezza, rendendo pelle, unghie e capelli più belli e luminosi.

Ma va bene qualsiasi tipo di acqua?

fresco, appena svegli e a digiuno, è utile per detossificare l'organismo e depurare in particolare fegato, cistifellea e reni ed aiuta la peristalsi intestinale oltre a bilanciare il pH (effetto alcalinizzante, vedi box) e rinforzare il sistema immunitario. L'acqua è il motore che fa funzionare i processi metabolici dell'organismo. Per cui cosa c'è di meglio per far ripartire al mattino il nostro corpo?

le alla nostra sopravvivenza: basti pensare che il corpo umano è composto in media per il 60% di acqua, anche se la sua percentuale e di conseguenza il fabbisogno varia con l'età. I bambini e gli anziani, ad esempio, hanno un fabbisogno idrico maggiore, ma anche situazioni come gravidanza, allattamento, pratiche sportive intense, febbre alta, diarrea e vomito necessitano di un maggiore introito di liquidi.

Ma anche in questa stagione? Assolutamente sì L'acqua è fondamentale non solo d'estate, ma anche nelle stagioni più fredde, poiché svolge numerose funzioni nel nostro organismo: regola la temperatura corporea, trasporta e solubilizza le sostanze nutritive nelle cellule, favorisce l'eliminazione delle tossine, regola l'equilibrio elettrolitico, regola il bilancio energetico, protegge gli organi come orecchio interno, occhio, cervello. È indispensabiUNA CONTRADDIZIONE APPARENTE Il succo del limone è notoriamente acido, tuttavia nel nostro organismo produce un'azione contraria, cioè alcalinizzante. L'acido citrico, che è la principale componente acida di questo frutto, una volta ingerito, si ossida e i sali che ne derivano danno origine a carbonati e bicarbonati di calcio e potassio che contribuiscono all'alcalinità del sangue.

Quali altri benefici apporta bere molta acqua? Aiuta a mantenere un corretto equilibrio acido-base, che consente all'organismo di svolgere in modo ottimale le funzioni metaboliche. In particolare, quando questo equilibrio viene meno, le scorie acide in eccesso (favorite da alimentazione scorretta, invecchiamento, stress, farmaci etc.) possono accumularsi (acidosi) e provocare varie disfunzioni. Per tamponare in parte l'acidosi, infatti, l'organismo è costretto ad attivare sistemi d'emergenza, non però senza conseguenze per il suo benessere. I sintomi caratteristici sono: stanchezza cronica, dolori muscolari, osteoporosi, dispepsia, colite, stipsi, infiammazioni urinarie e vaginali, problemi renali, agitazione ed irritabilità. Bere acqua (non succhi di frutta, vino, birra o bibite gassate e zuccherate!),

Scegliere la migliore acqua da bere dipende dalle esigenze della persona e può contribuire a mantenere la salute nelle varie fasi del ciclo di vita. Le etichette poste sui contenitori rappresentano un valido aiuto nella scelta dell'acqua più idonea alle proprie esigenze (vedi box). IMPARA A LEGGERE LE ETICHETTE! RESIDUO FISSO. Stima il contenuto in sali minerali e si esprime in mg/l e permette di classificare le acque in quattro categorie: • "minimamente mineralizzata <50 mg/l" povera di sodio indicata per chi soffre di ipertensione e nell'alimentazione dei neonati. Utile per prevenire calcolosi renale; • "oligominerale o leggermente mineralizzata >50 <500mg/l" vaforisce la diuresi, contiene poco sodio per cui è indicata in casi di ipertensione; • "mediominerale >500 <1000 mg/l" discreto contenuto di sali minerali la rendono utile nell'alimentazione degli sportivi, in generale nel periodo estivo in cui occorre reintegrare i liquidi ed i minerali persi con la sudorazione; • "ricche di sali minerali >1000 mg/l" è un'acqua terapeutica, molto ricca di sali. Per evitare sintomi da sovradosaggio è bene utilizzarla sotto consiglio di esperti; PH. Il pH delle acque minerali naturali è genericamente compreso tra 6,5 – 8. NITRATI. Sono un parametro molto importante da considerare, soprattutto per quanto riguarda l'alimentazione di neonati e bambini. Nei bambini le più indicate sono le oligo e mediominerali e tra queste le bicarbonato-calciche.

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IN ARMONIA

PSICOLOGIA

Le due facce dell'invidia "Perché lui sì e io no?"… "Ma se lui, sì forse posso anch'io!". Come trasformare un vizio capitale in uno stimolo per migliorarsi a cura di Elena Buonanno

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lzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non ha provato invidia. Nei confronti della vicina di banco più brava a scuola, dell'amico/a col fisico scultoreo e uno stuolo di pretendenti, del collega che sembra non sbagliare mai un colpo e colleziona un aumento dopo l'altro. Pare proprio che questo sentimento, uno dei sette vizi capitali, sia insito nella natura umana. Non è un caso

che compaia addirittura alle origini dell'umanità: in Eva che, invidiosa, crede al serpente tentatore che la induce a cogliere la mela dall'albero della conoscenza per diventare come Dio. Da allora, ne hanno scritto anche autori, filosofi e psicologi illustri di ogni epoca. Ma perché siamo così "sensibili" a questo sentimento? E siamo sicuri che sia sempre negativa e che, invece, un pizzico di "sana"invidia non possa essere sfruttato a nostro favore? Ne parliamo con la dottoressa Sofia Raffa, psicologa.

Dottoressa Raffa, cos'è l'invidia?

frustrazione, rabbia, sentimenti di inferiorità e di vuoto. Dal senso di mancanza che avvertiamo (specialmente quando ci confrontiamo con standard molto elevati e distanti da noi) siamo portati a credere di non avere risorse per raggiungere l'altro e da qui il desiderio può prendere la forma di odio e rabbia verso la persona invidiata, portandoci anche a denigrarla o danneggiarla.

Spesso si pensa sia un sentimento tipico dei bambini. È normale provarlo anche da adulti?

L'invidia è un sentimento presente in ogni fase della vita. PsiLa parola invidia deriva canalisti come Sigmund Freud dal latino "invidere" e Melanie Klein ne individuache significa "guarda- no l'origine già nei primi anni re biecamente". È un di vita e nelle relazioni precoci sentimento di astio che il bambino instaura con fie risentimento sca- gure di accudimento. Secondo turito dal confron- la Klein il bambino può provato con l'altro, re invidia verso il seno materdallo sguar- no quando se ne sente privato, do che po- perché esso tiene per sé il latte, siamo sull'al- l'amore e le cure di cui ha bitra persona sogno. Di fronte a questo senso mettendola a di privazione il bambino può confronto con mettere in atto diverse difese: noi stessi. Gli l'idealizzazione, la svalutazione, altri ci fanno da la fuga dalla madre verso altre specchio e a vol- figure, la svalutazione di se steste ci rimandano so e dell'oggetto invidiato, l'atticiò che sentiamo vazione dell'invidia negli altri e di non avere, pro- la spinta a riparare ciò o colui vocando in noi che si invidia. Se ci pensiamo,

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questi sono gli stessi vissuti che può provare un adulto di fronte alla cosa o alla persona invidiata. Secondo la Klein, quanto più questa invidia non è stata elaborata da bambini, tanto più verrà rivissuta in età adulta. Una forte invidia provata durante l'infanzia può avere conseguenze sullo sviluppo della personalità rendendo difficile sia provare piacere sia controllare gli impulsi aggressivi rivolti verso l'altro. Una manifestazione precoce di invidia, forse la più nota, è quella che il bambino prova nei confronti dei fratelli o degli altri membri della famiglia, piccoli e adulti. Anche nell'adulto, le persone invidiate sono spesso quelle più vicine e talvolta più simili a noi. Aristotele scrisse: "Noi invidiamo coloro che sono vicino a noi nel tempo, spazio, età o reputazione". Ciò avviene perché ci permettono di confrontarci con loro, ci

GLI OGGETTI (SIMBOLICI) DEL DESIDERIO Esistono diverse forme di invidia. Si può provare invidia per gli oggetti che altre persone possiedono, come una bella villa, un'auto di lusso, un cellulare di ultima generazione, etc. Talvolta dietro questo bisogno, più che una reale necessità, si nasconde la volontà di affermarsi con un oggetto che funge da simbolo. Possiamo invidiare una persona anche per il suo carattere, perché più simpatica, più intelligente di noi. In questa situazione siamo portati a percepirci inferiori e a vivere sentimenti negativi sia verso noi stessi sia verso la persona invidiata. Anche in questo caso la caratteristica che invidiamo nell'altro assume un valore simbolico.

spingono all'autovalutazione e possono portare a domandarci: "Perché lui sì e io no?". Dal confronto con l'altro e dall'invidia possono scaturire conseguenze negative, ma esiste anche una forma di invidia buona, ossia quella che nasce da una matura capacità autocritica.

lazione con l'altro, porta ad avvicinarsi a una persona per conoscerla meglio, seguirla, diventare confidenti e prenderla a modello. L'invidia, dunque, può avere due facce diametralmente opposte: da un lato il confronto con l'altro può portare la persona a vivere sentimenti negativi come rabbia e disprezzo sia E come si fa a trasformare verso se stessi, sia verso gli altri un sentimento negativo con vissuti di rifiuto e vergogna. in uno costruttivo? Dall'altro lato, l'invidia, vissuta Il primo passo è riconoscere come ammirazione, può portail sentimento apertamente e re ad avvicinarci all'altra persomanifestarlo senza ostilità né na, cogliere ed accettare i provergogna; in questo modo la pri limiti e attivare delle risorse persona impara ad accettare i per superarli. Questa forma di propri limiti. Se il proprio ideale invidia può avere effetti positivi non è troppo distante, inoltre, è sulla persona che, una volta ragpossibile pensare all'attuazione giunti i propri obbiettivi potrà di un piano per raggiungerlo. sentirsi appagata, soddisfatta e L'invidioso può attrezzarsi, met- accolta dall'altro. tere in moto risorse, energie e DOTT.SSA SOFIA RAFFA strategie per realizzare i propri obbiettivi e colmare le lacune Psicologa che lo separano dal suo ideale dell'età evolutiva rinforzando in questo modo ana Trescore Balneario che la sua autostima e la fiducia in sé. L'"invidia buona", inoltre, può essere uno stimolo alla reBergamo Salute

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IN ARMONIA

COPPIA

Uomo e donna, è possibile essere solo amici? a cura di Giulia Sammarco

C'

è chi dice che l'amicizia disinteressata tra uomo e donna sia possibile, chi invece pensa che sotto sotto sia solo un amore mancato e ci sia sempre, più o meno inconsciamente e almeno da una parte, un interesse sessuale. Certo è che il tema appassiona da sempre, dalla letteratura alla psicologia, passando per il cinema (basti pensare a film di successo come "Harry ti presento Sally" o "Il matrimonio del mio migliore amico" in cui il confine tra amicizia e amore si dimostra piuttosto labile). Anche su forum e social network è un argomento "caldo" con diverse fazioni che si "scontrano" animatamente. Ma come stanno davvero le cose? Ne parliamo con il dottor Silvio Mori, psicologo e sessuologo.

Dottor Mori, è possibile l'amicizia tra i due sessi? Dobbiamo innanzitutto capire cosa si intende per amicizia e come questa cambia nel corso degli anni. Da bambini, ad esempio, l'amicizia è soprattutto gioco ed esperienze condivise: l'asilo insieme, essere nella stessa classe alle elementari, l'oratorio, la squadra di calcio o basket, il gruppo di danza. E generalmente si cercano amicizie dello stesso sesso, anche se non è certo raro veder giocare una bambina con altri bambini, e viceversa. Per cui almeno fino a

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una certa età l'amicizia tra maschi e femmine è possibile e in fondo anche semplice.

il rapporto di amicizia è una forma di intimità, di vicinanza, di affetto. Che sono anche tre degli ingredienti delle relazioVuol dire che poi, con gli ni d'amore. E il confine, a volte, anni, le cose cambiano? può essere sottile. Molte coppie Con l'arrivo dell'adolescenza le adulte di oggi, se raccontassecose cambiano un po', diventa- ro la loro storia, direbbero che no più articolate e può suben- sono partite da un rapporto trare una componente sessuale. d'amicizia che piano piano si è Bisogna tenere presente che trasformato.


Vista così, sembra difficile riuscire a rimanere "soltanto" amici… Non è detto. L'esperienza ci insegna che è possibile l'amicizia tra un uomo e una donna, ma ci sono tante sfumature e forse qualche semplice regola da seguire. Innanzitutto bisogna distinguere le amicizie in cui entrambi sono single da quelle dove uno dei due (o entrambi) sono impegnati in una relazione (che sia ovviamente soddisfacente). In quest'ultimo caso avere un amico dell'altro sesso può essere molto "vantaggioso" perché aiuta ad avere un confronto utile per mettersi nei panni dell'altro/a e a capirne meglio il punto di vista.

DA MIGLIORI AMICI AD AMANTI E VICEVERSA: PUÒ FUNZIONARE? Può capitare di innamorarsi del proprio migliore amico. Sembrerebbe l'ideale: non si corrono i rischi legati all'incontro con un estraneo o lo stress dei primi appuntamenti. Invece, raramente questo tipo di relazione funziona. Più probabilità di successo, in genere, ha l'amicizia con l'ex marito/moglie o fidanzato/a. Se il rapporto si è chiuso consensualmente, può restare comunque complicità e tenerezza e un affetto "disinteressato", perché si avrà la certezza di aver preso tutto quello di buono che la relazione aveva da offrire.

l'imprevedibilità dei sentimenti. Quindi non si può affermare con assoluta certezza che un rapporto d'amicizia non potrà mai traSe invece entrambi sono sformarsi in qualcos'altro. Ma se single, come cambiano riusciamo a essere consapevoli le cose? di ciò, se entrambi attribuiamo Come detto, l'amicizia è una re- lo stesso significato e la stessa lazione forte, intima, personale, importanza alla relazione, se imche può assumere molteplici pariamo a conoscere le diverse sfumature. Con l'amico si va al sfumature di una relazione così cinema, a teatro, a cena, ma non particolare e i suoi limiti, allora solo: ci si confronta, ci si apre, si sì, è possibile l'amicizia tra uomipiange, ci si sorregge e spesso si ni e donne. annullano le distanze. E così, a volte, può capitare che la situa- Ma è il sesso che fa zione sfugga di mano e si trasfor- la differenza? mi in "qualcosa di più", perché Per molte persone sì (non a caso si ha comunque a che fare con quando in una coppia il sesso comincia a scarseggiare si dice spesso "sembriamo due amici"). Ma non tutti la pensano così. Sono sempre di più, infatti, i rap"Uomini e donne non porti d'amicizia che, pur restanpossono essere amici, perché il sesso ci si do tali, contemplano anche la mette sempre di mezzo. sfera erotica. Il problema vero, in Perché nessun uomo realtà, è quando uno dei due si può essere amico di accorge di provare una certa atuna donna che trova trazione per l'altro o addirittura attraente, vuole sempre qualcosa di più. Da qui il dilemportarsela a letto" ma: "devo rivelare i miei senti-

menti oppure no?" Con il rischio però di rovinare il rapporto. È in questo senso che esistono delle regole più o meno implicite, perché se si stabilisce dal principio che si tratta "solo di amicizia" è bene che entrambi riescano ad assumersi la responsabilità di restare entro i limiti di questo rapporto, anche se spesso può voler dire rinunciare a una passione o soffocare un sentimento. Se si riesce a mantenere la relazione d'amicizia entro questi limiti il legame si rafforza e spesso riesce ad offrire qualcosa in più dei classici rapporti d'amicizia tra persone dello stesso sesso.

In genere per chi è più difficile rispettare questi confini, per l'uomo o per la donna? Una recente ricerca dell'Università del Wisconsin, che ha preso in considerazione i rapporti d'amicizia tra più di 400 persone di sesso diverso, ha evidenziato che spesso è l'uomo che finisce per "rovinare" la relazione o comunque a complicarla, perché si scopre attratto dall'amica e cerca di fare il passo in più. Le donne invece sono generalmente più brave a tenere questi confini. Resta comunque il fatto che costruire e mantenere un vero rapporto d'amicizia che sia saldo e libero da altre componenti non è semplice. Ma comunque possibile. DOTT. SILVIO MORI

Psicologo e sessuologo, a Zanica e Curno

"Harry ti presento Sally", 1989 Bergamo Salute

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Sempre insieme con il rooming-in Stare nella stessa stanza fin dalle prime ore di vita del bimbo favorisce l'attaccamento madre-figlio, con benefici psicologici e anche "pratici" per entrambi a cura di Giulia Sammarco

«C

irca sessant'anni fa si pensava che, appena dopo la nascita, fosse utile separare il bambino e la mamma. I neonati stavano in spazi appositi, cioè le nursery, e le mamme e i papà potevano vederli solo in orari prestabiliti. Negli anni Settanta numerosi studi hanno dimostrato i vantaggi dell'immediata vicinanza sia per la mamma sia per il bambino. Si è deciso quindi di ridisegnare l'organizzazione dei reparti di maternità, prima rendendo i nidi accessibili senza limiti di orario e poi offrendo la possibilità di tenere il neonato nella propria stanza, in una culla vicino al letto, anche 24 ore se la mamma lo desidera». Chi parla è il professor Angelo Colombo, pediatra e neonatologo. Lo abbiamo incontrato per parlare di rooming-in (dall'inglese room, cioè stanza), ovvero della possibilità di tenere vicino il proprio neonato fin dai primi momenti di vita, una pratica che offre numerosi benefici sia al neonato sia alla neomamma, a patto che questa opportunità non venga imposta e che la donna non si senta abbandonata a se stessa. Il rooming-in favorisce l'instaurarsi di un legame profondo mammafiglio e l'avvio dell'allattamento al seno migliora l'umore della donna e tranquillizza il neonato, aiuta a prevenire la depressionepost-partum e riduce gli episodi di pianto del piccolo.

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Professor Colombo, quali sono in particolare i benefici per il bambino? Tenere il bimbo vicino a sé fin dai primi istanti di vita, per scaldarlo e nutrirlo, è un istinto naturale per la mamma, così come istintivo è per il piccolo cercare il calore del corpo materno grazie al quale si abitua alla nuova vita extrauterina in modo più graduale e soft. Dopo il parto, infatti, il neonato passa in modo repentino dall'ambiente dell'utero, caldo, delimitato, silenzioso, a uno completamente diverso, freddo, rumoroso, luminoso, qual è quello della sala parto. Essere preso tra le braccia della mamma, riconoscerne la voce, l'odore e il battito cardiaco per lui è rassicurante. Inoltre il prolungato contatto pelle a pelle (detto bonding) favorisce l'instaurarsi di un legame profon-

do tra mamma e neonato e un migliore avvio, e quindi successo, dell'allattamento al seno.

E per la mamma? Come dimostrato da diversi studi, il rooming-in riduce il rischio di depressione post-partum, stabilizza l'umore e aumenta la fiducia della madre nelle proprie capacità. Infine offre anche benefici pratici: rende più facile l'"addestramento" delle neomamme, che con l'aiuto e il supporto delle infermiere iniziano a prendere confidenza con la gestione delle esigenze quotidiane dei propri piccoli, mettendo le basi per la loro autonomia una volta tornate a casa. Il legame silenzioso madre-figlio, che inizia appena dopo il parto, continua ad essere importante anche per tutti i primi mesi del bimbo. Per questo, compatibilmente con gli impegni (ad esempio un altro figlio più grande) e le


Ma quindi il nido non serve più?

DOTT. ANGELO COLOMBO Coordinatore dell'Area materno-infantile del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro

No, il nido serve e dovrà sempre esistere. Innanzitutto per i bimbi che presentano lievi patologie e necessitano di terapie, ma anche per rispondere a esigenze particolari e a difficoltà della mamma che le rendono necessità della mamma, è auspi- momentaneamente impossibicabile proseguire questo contatto, le prendersi cura del neonato. tenendo il piccolo vicino il più Il rooming-in deve essere vissupossibile, anche nella stessa stan- to come un'opportunità, non za dei genitori (non nello stesso come un'imposizione, e deve letto però!). essere offerto senza regole fisse, lasciando alla mamma la liberE quando si può iniziare tà di scegliere se e per quanto il rooming-in? tempo effettuarlo. FondamenIl rooming-in inizia subito dopo tali, poi, sono le puericultrici, il parto, quando il bimbo viene che possono prendersi cura posizionato sulla pancia della del bebè quando la mamma mamma e si attacca al seno, ri- non se la sente, sostenerla e conoscendo l'odore materno incoraggiarla, qualora scelga il come familiare. rooming-in.

UN LEGAME FORTE CHE INIZIA GIÀ NELLA PANCIA Il bonding (dall'inglese to bond cioè unire) è un processo di attaccamento che si sviluppa nella relazione tra madre e figlio già a partire da quando il bimbo è nella pancia, fino a circa l'anno di vita. Ogni mamma già durante i nove mesi di gravidanza entra in relazione con il proprio bambino, parlandogli o accarezzando la pancia. Fondamentali, però, sono le prime ore dopo la nascita. Quando madre e figlio sono insieme, subito dopo il parto, infatti beneficiano di una particolare situazione ormonale che favorisce il reciproco riconoscimento e innamoramento. Il merito è dell'ossitocina, definito ormone dell'amore, che nelle primissime ore successive alla nascita raggiunge livelli massimi nell'organismo materno.

Radon: un pericolo invisibile nelle nostre case “In provincia di Bergamo, secondo la ASL, ŽŐŶŝ ĂŶŶŽ ƐŽŶŽ ŽůƚƌĞ ϱϬ ůĞ ŵŽƌƟ ƉĞƌ ƚƵŵŽƌĞ ƉŽůŵŽŶĂƌĞ ĐĂƵƐĂƚĞ ĚĂů ŐĂƐ ZĂĚŽŶ͘” Il RADON ğ ƵŶ ŐĂƐ ƌĂĚŝŽĂƫǀŽ ŝŶǀŝƐŝďŝůĞ͕ ŝŶĐŽůŽƌĞ Ğ ŝŶŽĚŽƌĞ͕ ƉƌĞƐĞŶƚĞ ƋƵĂƐŝ ŽǀƵŶƋƵĞ ŶĞů ƐƵŽůŽ͘ YƵĂŶĚŽ ĨƵŽƌŝĞƐĐĞ ĚĂů ƚĞƌƌĞŶŽ ŶĞůů͛ĂƚŵŽƐĨĞƌĂ Ɛŝ ĚŝƐƉĞƌĚĞ͕ ŵĂ ƐĞ ƉĞŶĞƚƌĂ ŶĞŐůŝ ĞĚŝĮĐŝ ƉƵž ƌĂŐŐŝƵŶŐĞƌĞ ĐŽŶĐĞŶƚƌĂnjŝŽŶŝ ƉĞƌŝĐŽůŽƐĞ ƉĞƌĐŚĠ ĂƵŵĞŶƚĂ ůĂ ƉƌŽďĂďŝůŝƚă Ěŝ ĐŽŶƚƌĂƌƌĞ ƵŶ ƚƵŵŽƌĞ ƉŽůŵŽŶĂƌĞ͘

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IN FAMIGLIA

BAMBINI

Vaccinazioni, attenzione a non abbassare la guardia a cura di Maria Castellano

S

olo un genitore su due ha portato a vaccinare suo figlio per lo pneumococco, uno su tre quello per il meningococco, appena il 18% l'antivaricella e solo il 10% l'anti-HPV. Due su cinque temono gli effetti collaterali, immediati e non, dei vaccini. Sono questi alcuni dei dati di una recente indagine condotta dall'Osservatorio Nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidòss). Ma è davvero giustificata tutta questa diffidenza nei confronti dei vaccini? E ha ancora senso, oggi, in Paesi cosiddetti sviluppati come il nostro, vaccinare i bambini? Ne parliamo con il dottor Cesare Ghisi, pediatra.

Un'arma per debellare malattie pericolose «I vaccini, in particolare quelli pediatrici, sono stati una grande conquista in medicina e tuttora rappresentano una strategia di prevenzione fondamentale» osserva il dottor Ghisi. «Fino ad alcuni anni fa, parlare di vaccinazioni infantili significava, per tutte le famiglie, difendere i propri figli da malattie che, nel secolo scorso, avevano causato epidemie con gravi patologie, frequenti disabilità e mortalità infantile. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, si

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era posta l'obbiettivo di debellare, con programmi di vaccinazione di massa, sia il vaiolo sia il morbillo malattie che, con la poliomielite e la difterite, erano la causa delle epidemie nel mondo». Il primo obbiettivo è stato raggiunto: il vaiolo è una malattia ormai scomparsa dal pianeta. Il secondo no: il morbillo infatti è ancora diffuso ed è ancora oggi la seconda causa di morte e disabilità in molte zone dell'Africa ed è epidemico in molte aree dell'Europa. Al contrario le vaccinazioni contro la

OBBLIGATORIE O RACCOMANDATE Oltre alle quattro vaccinazioni obbligatorie (antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica, antiepatitevirale B), il Piano nazionale per la prevenzione vaccinale del Ministero della Salute per il biennio 2012-2014 offre anche la possibilità di vaccinarsi già nei primi mesi di vita, con qualche variazione regionale, contro lo pneumococco, il meningococco di tipo C e l'Haemophilus influenzae tipo B (Haemophilus influentiae), responsabili di varie forme di infezioni respiratorie e meningiti, oltre al vaccino trivalente per morbilloparotite-rosolia, raccomandato anche agli adulti a rischio di infezione, e l'anti-HPV (Papilloma virus) per la prevenzione del tumore al collo dell'utero nelle bambine a partire dai 12 anni di età.

difterite e la polio, hanno enormemente limitato la diffusione di queste sindromi. «Da noi, dagli anni Settanta, grazie proprio alla diffusione di massa dei vaccini sono pressoché scomparse poliomielite, difterite, morbillo, rosolia e parotite. Successivamente sono stati introdotti nuovi vaccini contro l'epatite B, il meningococco, il pneumococco e l'hemophylus influenzae con riscontri altamente positivi» continua il pediatra.

La paura di effetti collaterali, dall'autismo ad altre malattie neurologiche Nonostante i dati incoraggianti, però, nell'ultimo decennio si è fatto largo nei Paesi cosiddetti sviluppati un movimento di opinione che ha portato alla diminuzione dell'aderenza alle campagne vaccinali, con rischi che, secondo la maggior parte degli esperti, non riguardano solo il singolo bambino che non viene vaccinato. «Da alcuni anni, da noi, non si dà più il giusto valore ai vaccini e si sottovalutano i rischi di recrudescenze di malattie non eradicate. Solo la vaccinazione di massa (almeno l'80%), infatti, impedisce la diffusione di germi/virus, fornendo quella che


po, nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo, le campagne vaccinali di molte organizzazioni umaSpecialista nitarie hanno permesso di far in Clinica crollare la mortalità infantile in pediatrica a Bergamo molte parti del mondo, fino a poco tempo fa colpite da devastanti epidemie (in primis India si dice una copertura di "gregge". e vaste zone dell'Asia e Africa). Questa corrente di pensiero che tende a mettere in discussione il Il rischio di nuove epidemie valore delle vaccinazioni è sta- «È evidente, quindi, che se da noi ta alimentata anche da alcune non rimarrà una buona sensibipubblicazioni "scientifiche" che lità a una copertura vaccinale attribuivano complicanze anche ottimale, dati i sempre più fregravi ad alcuni vaccini, come quenti flussi migratori interni ed autismo, malattie autoimmuni, internazionali, ci potrà essere un sclerosi multipla e altre patolo- ritorno di alcune patologie ingie neurologiche (vedi box). Stu- fettive di massa. Già negli ultimi di che poi sono stati smentiti o anni, anche in Italia si sono manon scientificamente dimostrati, nifestati focolai infettivi di morma mai ritirati dagli organi di billo, pertosse, parotite. Gli ultimi informazione di massa, siti web episodi proprio l'estate scorsa in in particolare». Allo stesso tem- due aree ben distanti geograficaDOTT. CESARE GHISI

IL LEGAME (SMENTITO) CON L'AUTISMO Un medico britannico, Andrew Wakefield, nel 1998 pubblicò una ricerca in cui ipotizzava una relazione tra vaccini e autismo. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Lancet, dopo una lunga disputa scientifica durata quasi 12 anni, fu poi smentita, al punto che la stessa rivista fu costretta a ritirare e ritrattare ufficialmente la pubblicazione, ammettendo che "diversi punti del lavoro erano scorretti". Il medico fu invece radiato dall'albo dei medici.

mente (Bologna e Olbia) quando centinaia di persone, anche giovani adulti, sono state colpite da morbillo (medici compresi!). Non si può abbassare la guardia. La prevenzione, in questo campo, è sinonimo di progresso» conclude il dottor Ghisi.

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ALTRE TERAPIE

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Quando il canto diventa "cura" Contro ansia, stress e insonnia, ma non solo... a cura di Maria Castellano

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antare è un bisogno primario dell'uomo sin dall'antichità. Chi di noi non ha mai provato il desiderio di cantare a squarciagola sotto la doccia o non ha una sua canzone del cuore? Tutte le culture scandiscono rituali con il ritmo, la musica e il canto. Le nostre nonne hanno memoria di canti di un tempo, ogni mamma cerca un suo canto per il proprio bimbo. Di esempi come questi ce ne sarebbero moltissimi. E in ogni esempio, c'è sempre, nel suono della voce, un collegamento diretto con uno stato emozionale profondo. La voce si blocca, trema, si spezza, grida, cambia intensità, cambia forma nel tempo». Chi parla è Miriam Gotti, attrice professionista, cantante, musicoterapista, docente teatrale e musicale. «La voce è una rappresentazione del proprio mondo interiore e, come tale, ha un potenziale fortissimo per esprimere se stessi, comuniMIRIAM GOTTI Pedagogista, attrice professionista, cantante, musicoterapista, docente di teatro e canto a Bergamo

care. Lavorare la propria voce, significa quindi lavorare anche sul proprio mondo interiore. Questo può essere considerato "terapeutico", sia sul piano psicologico sia sul piano fisiologico, nella gestione del respiro e nel riequilibrio posturale».

cia cerebrale. Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra degli anni Settanta, pioniere nel campo della ricerca legata alla fisica acustica e alle corrispondenze esistenti tra udito e guarigione fisica e spirituale, ha verificato come le armoniche e le frequenze acute migliorino l'umore.

C'è un rapporto tra canto e benessere? Qualche esempio?

Come il canto armonico può influenzare, invece, Sì, certo. Il suono della voce è un il benessere del corpo? tramite importante per il benessere. E in molte culture e tradizioni questo è ben conosciuto.Nella tradizione tibetana per esempio, o in Mongolia, il suono viene utilizzato come pratica di meditazione, preghiera, suono religioso o mistico. Il canto armonico, che consente di emettere fino a tre note contemporaneamente solo con l'uso della voce umana, è una tra le tecniche utilizzate proprio per incentivare uno stato di tipo meditativo-contemplativo. Infatti, per praticare questa tecnica, è necessaria una profonda conoscenza del corpo, una giusta dose di concentrazione e rilassamento fisico, un equilibrio tra emissione sonora e respiro. La frequenza molto acuta, in particolare, dà origine a una vera e propria "ricarica" della cortec-

Lo stato di meditazione e rilassamento si accompagna a modificazioni fisiche evidenti, la riduzione dei ritmi cardiaci di circa tre battiti al minuto, la riduzione dei ritmi respiratori che diventano molto più ampi e dilatati, il rallentamento delle onde cerebrali con maggior presenza di onde alfa e theta (frequenze nelle quali per esempio scaturiscono i sogni notturni), la creazione di nuove sinapsi neuronali nel cervello, e il potenziamento delle capacità di ascolto. I livelli di ansia e di stress si riducono notevolmente e spesso anche chi soffre di insonnia, asma, problemi respiratori e cardiaci (in parte influenzati, come dimostrato da diversi studi scientifici, dalla condizione psicologica) ne può trarre beneficio. Bergamo Salute

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Potenziali Evocati Per misurare la nostra risposta agli stimoli sensoriali a cura di Elena Buonanno

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gni volta che il nostro corpo riceve stimoli sensoriali (sonori, visivi, motori) dall'esterno, questi stimoli vengono trasformati in informazioni che, attraverso i nervi, sono inviate al cervello e da lì agli organi interessati (udito, vista, muscoli). È grazie a questo "percorso" che, in condizioni normali, possiamo vedere, sentire, muoverci. Ci sono però situazioni in cui i nervi non riescono a veicolare le informazioni in modo ottimale, ad esempio a causa di lesioni o compressioni dei nervi stessi. In queste situazioni, per capire se i nervi funzionano bene, possono essere utili i Potenziali Evocati (PE). Ne parliamo con la dottoressa Anna Furnari, neurofisiopatologa.

riferia portano le informazioni (sonore, visive, motorie) verso il cervello. In relazione al sistema sensoriale stimolato si possono dividere in potenziali somatosensoriali (PESS), visivi (PEV), acustici (PEA). Questi Potenziali Evocati studiano le vie afferenti, cioè le vie nervose che dalla periferia portano le informazioni all'encefalo. Poi vi sono i PE motori (PEM) che studiano, invece, le vie motorie che portano le informazioni dalla corteccia verso i muscoli. Per la buona riuscita di questi esami è importante che durante l'esecuzione il paziente sia il più rilassato possibile, riducendo così la presenza di artefatti da movimento nella registrazione e quindi la durata dell'esame.

Dottoressa Furnari, di che tipo di esami si tratta?

In quali casi servono o in presenza di quali I Potenziali Evocati sono esami disturbi possono servire? neurofisiologici che, attraverso la somministrazione con apposite apparecchiature di impulsi elettrici, visivi o uditivi, studiano le risposte del Sistema Nervoso Centrale a uno stimolo sensoriale o motorio esterno e analizzano i nervi che dalla peDOTT.SSA ANNA FURNARI

Specialista in Neurofisiopatologia della Casa di Cura Habilita di Zingonia

Dipende dal tipo di Potenziali Evocati. I PE somato-sensoriali (PESS), che studiano le vie sensitive partendo dal nervo periferico lungo il midollo spinale sino alla corteccia cerebrale, si usano in genere per studiare, oltre al nervo pudendo (cioè del pube), il nervo mediano/ ulnare (per gli arti superiori) e il nervo tibiale (per gli arti inferiori) in caso di sofferenze e nevralgie a carico di questi nervi, ma anche ad esempio lesioni midollari o lesioni talamiche e corticali. I PE visivi (PEV) stu-

diano invece il nervo ottico e la corteccia visiva e sono indicati in caso di sospette lesioni oculari e retiniche, del nervo ottico o della corteccia occipitale. Ci sono poi i PE acustici (PEA), che studiano il nervo acustico e il tronco encefalico e sono di fondamentale importanza nella valutazione della funzionalità uditiva nei neonati e nei bambini. Altre indicazioni sono: lesioni del nervo uditivo, lesioni del tronco cerebrale e talamo corticali. I PE Motori (PEM), infine, studiano la via che conduce lo stimolo che nasce nella corteccia motoria cerebrale e che attraverso il midollo spinale raggiunge i neuroni motori e quindi i muscoli. Sono utili in caso di dolore cronico, deficit di movimento, formicolii e paralisi, nel sospetto di lesioni dei nervi periferici e delle radici di braccia e gambe e lesioni midollari.

II NOSTRO CORPO: UNA FITTA RETE DI NERVI Il sistema nervoso comprende il cervello, il midollo spinale e i nervi. Comunemente si parla di sistema nervoso centrale, costituito da cervello e midollo spinale, e periferico. I neuroni del cervello comunicano tra loro e con le cellule di altre parti del corpo attraverso impulsi nervosi che, simili a correnti elettriche, viaggiano attraverso una fitta rete di vie nervose, portando lo stimolo dalla periferia al cervello e viceversa.

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ANIMALI

Cani e gatti: i cibi tossici da evitare! a cura di Maria Castellano

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iete abituati ad allungare al vostro cane o gatto quello che mangiate voi? Attenzione. Non tutto ciò che è commestibile per noi lo è anche per i nostri amici a quattro zampe. «La corretta alimentazione dell'uomo, com'è noto, deve essere più varia possibile. In questa varietà di alimenti, per noi sicuri, vi sono però cibi e additivi alimentari che risultano essere tossici per cani e gatti» conferma la dottoressa Eloisa Goglio, medico veterinario. «Se si sospetta l'ingestione di uno di questi cibi è fondamentale rivolgersi al proprio veterinario di fiducia ed evitare improvvisate medicazioni casalinghe che potrebbero anche aggravare la situazione». Scopriamo allora più nel dettaglio quali sono gli alimenti da evitare e perché possono essere così pericolosi.

CIPOLLA E AGLIO Cipolla e aglio fanno parte della famiglia di piante Allium che comprende anche porri, erba cipollina e scalogno. «La loro tossicità fu scoperta nel cane nel 1930 durante uno studio in cui cani alimentati con cipolle svilupparono anemia» spiega la dottoressa Goglio. «Recentemente sono stati riportati casi di gatti avvelenati per l'ingestione di cibo per neonati contenente cipolla in polvere. Cipolle cotte e crude, ma anche in polvere e di-

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sidratate, infatti, sono in grado di creare seri problemi». Ma questo vale per qualsiasi dose? «La dose tossica è meno di 5 g\kg per il gatto e 15 g\kg per il cane; in pratica per intossicare un cane di 5 kg è sufficiente solo mezza cipolla. La tossina responsabile è n-propil disolfuro che causa danni a carico sia dell'emoglobina sia della membrana dei globuli rossi con conseguente anemia».

UVA E UVA PASSA «L'ingestione di uva e uva passa è stata recentemente associata all'insorgenza di insufficienza renale acuta nel cane» continua la veterinaria. «La più bassa dose tossica ingerita risulta essere pari a 19,6 g\kg di uva e 2,8 g\ kg di uvetta».

CIOCCOLATO E CAFFÈ Questi alimenti contengono un gruppo di principi attivi chiamati Metilxantine: caffeina nel caffé, teobromina nel cacao e quindi nel cioccolato. «Dagli ultimi studi è emerso che la dose letale media di caffeina per il cane corrisponde a 140 mg\kg, mentre per la teobromina la dose letale media varia da 250 a 500 mg\kg» dice ancora la dottoressa Goglio. «I gatti sembrerebbero essere più sensibili del cane alle metilxantine ma queste intossicazioni sono più rare nel gatto per le loro abitudini alimentari altamente selettive. I sintomi di intossicazione compaiono piuttosto velocemente e si ripercuotono a livello di sistema nervoso, intestinale, cardiaco e renale, con conseguenze gravi fino alla morte».

ALCOL E PASTA DI PANE

Oltre agli alimenti citati vi sono anche altri cibi fortemente sconsigliati, tra questi: dolci in generale (caramelle, gelati, torte, etc.), pietanze fritte (patatine, pastellati etc.), intingoli e sughi (soprattutto se speziati, salati e grassi) e alimenti ad alto contenuto lipidico ( formaggi, insaccati etc.).

«La fermentazione degli zuccheri produce etanolo (alcol etilico). Questa sostanza è presente in molti prodotti e la sua tossicità negli animali da compagnia deriva dell'ingestione, accidentale o intenzionale, di bevande alcoliche (birra, vino e distillati) e di pasta di pane non cotta». Per il cane la dose letale minima corrisponde a 5,5 g\kg; la tossina viene rapidamente assorbita a livello intestinale e giunge rapidamente a livello cerebrale causando barcollamenti, ipotermia e depressione fino al coma.


XILITOLO

AVOCADO

Si tratta di uno zucchero usato comunemente in caramelle e gomme da masticare "sugarfree", dolci, bevande e dentifrici. «Questo zucchero viene rapidamente assorbito dall'organismo canino, aumentando considerevolmente i livelli di insulina: tutto ciò può sfociare in una grave ipoglicemia. Oltre a questo effetto, gli studi riportano anche gravi effetti tossici sul fegato. La dose tossica di xilitolo è inferiore a 0,1 g\kg per l'ipoglicemia e di 0,5 g\ kg per l'effetto sul fegato» spiega la veterinaria.

Questo frutto è velenoso sia per i cani sia per i gatti. «Tutta la pianta contiene una particolare tossina fungicida chiamata persin che provoca intensi disturbi digestivi con conseguenti sintomi gastrointestinali quali vomito e diarrea».

OSSA (SIA CRUDE CHE COTTE) Offrire ossa a cani e gatti può sembrare naturale e sano, tuttavia può essere molto pericoloso. «La loro pericolosità deriva da un fattore puramente "meccanico". Le ossa possono incastrarsi

nel palato, nella faringe (causando il soffocamento), oppure, a causa delle schegge, provocare lacerazioni a stomaco e intestino. Spesso i cani ingeriscono il cibo senza masticarlo. Anche le ossa a volte possono essere ingerite intere: questo può creare un'occlusione gastrica o intestinale. Se invece le ossa vengono masticate ed amalgamate con i vari enzimi digestivi formano una massa solida (fecaloma) che può causare una grave costipazione con rischio di intervento chirurgico» conclude la dottoressa Goglio. DOTT.SSA ELOISA GOGLIO

Medico Veterinario presso il Centro Veterinario Gorle


STRUTTURE

TERME DI TRESCORE

Intolleranze alimentari Tanti i test proposti per individuarle, uno solo approvato dalla Comunità Scientifica Internazionale a cura di Giulia Sammarco

S

arà capitato a molti di pensare che un fastidioso mal di testa o un senso di gonfiore o pesantezza allo stomaco potessero essere legati a "qualcosa che si era mangiato". Sì, ma cosa di preciso? E, soprattutto, siamo certi che sia così?

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Bergamo Salute

«In effetti sono molti i disturbi che possono essere legati al semplice consumo di cibi mal tollerati, pur a nostra insaputa, dal nostro organismo» dice il dottor Andrea Cazzaniga, direttore delle Terme di Trescore. «Spesso, però, può risultare difficile capire quali siano esattamente questi cibi (o, più frequentemente, i loro ingredienti!), dato che i sintomi possono comparire anche a distanza di 48-72 ore dalla loro ingestione». Come esserne sicuri allora? Con l'aiuto delle scienze biologiche i cui riscontri insegnano che le intolleranze su base alimentare provocano la produzione di anticorpi (IgG) finalizzati proprio a eliminare le protei-

ne riconosciute dall'organismo come "nemiche". È per questo che l'unico test a oggi approvato dalla Comunità Scientifica Internazionale risulta essere il Food Intolerance Test (FIT), basato sulla sola metodica diagnostica standardizzata, riproducibile e validata, la metodica americana ELISA che misura il "dosaggio" delle IgG. In particolare, uno studio pubblicato nel 2009 sul "Journal of Immunoassay and Immunochemistry" e basato proprio sul FIT mostra indiscutibilmente non solo che le principali forme di reazione avversa ai cibi si sviluppano nei confronti di lieviti, frumento, latticini e uova, ma pure che alcune intolleranze sono correlabili all'età (ad esempio albume e latte vaccino) e altre no (ad esempio lieviti). Proposto


rie di sintomi, a volte anche molto intensi, che seguono di pochi minuti l'assunzione della sostanza "incriminata". «In caso di intolleranza alimentare, invece, il sistema immunitario non viene coinvolto: il corpo, in conseguenza all'assunzione ricorrente di un determinato alimento, non riesce più a digerirlo correttamente e si scatena una reazione "tossica" nell'organismo che può comparire anche a distanza di svariate ore dall'assunzione dell'alimento. È comunque consigliabile affidar-

Allergia o intolleranza: non sono la stessa cosa Spesso allergia e intolleranza sono considerati come sinonimi, ma sono profondamente diverse. Vediamo perché. «Nel primo caso si verifica una vera e propria reazione immunitaria nei confronti di un cibo, percepito dall'organismo come un "allergene": elemento estraneo e, quindi, possibile fonte di danno» spiega il dottor Cazzaniga. Ecco che compaiono una se-

I principali disturbi da intolleranza alimentare sono: mal di testa, difficoltà digestive, gastrite, colite, stitichezza, gonfiore addominale, ritenzione idrica, cellulite, dolori articolari, acne, psoriasi, dermatite.

si a una metodologia diagnostica che abbia basi scientifiche e riconosciute per individuare con esattezza gli alimenti verso i quali siamo intolleranti».

La "cura" in caso di positività del test I cibi che vengono più spesso individuati come causa di intolleranze sono il lattosio, i lieviti, le solanacee, la carne suina, i crostacei e il frumento. «La dieta prevede l'esclusione totale di questi alimenti per alcune settimane impostando, sotto controllo medico, un corretto ed equilibrato regime alimentare per favorire al meglio i processi digestivi e disintossicare l'apparato digerente. Se opportuno, si può anche ricorrere a una terapia mirata a ridurre la disbiosi intestinale, cioè l'alterazione della flora batterica che è spesso una delle cause scatenanti dei sintomi da intolleranza alimentare. In seguito gli alimenti causa di intolleranza possono essere poi reintrodotti controllandone frequenza e modalità di assunzione» conclude il direttore. Bergamo Salute

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anche dalle Terme di Trescore in collaborazione con un laboratorio specializzato, il F.I.T. si differenzia quindi dagli altri test sotto diversi punti di vista. «Innanzitutto valuta la reazione delle IgG (immunoglobuline di tipo B) a contatto con gli allergeni alimentari» continua Cazzaniga. «Inoltre indica l'eventuale intolleranza o scarsa tolleranza (espressa in percentuale) verificata su un campione di ben 184 alimenti e offre un grado di ripetibilità superiore al 90%». Il paziente, dopo essersi sottoposto a un normale prelievo di sangue (da effettuarsi non a digiuno), entro i successivi 10/15 giorni potrà ritirare il risultato ed eventualmente valutarlo con il medico per verificare se vi siano particolari attenzioni da adottare in ambito alimentare. È assolutamente importante, infatti, che sia sempre un medico a fornire eventuali consigli conseguenti al risultato dell'esame, posto che l'eliminazione dell'alimento "incriminato" potrebbe rendere necessaria la sostituzione (con altri alimenti o con integratori) di specifici apporti all'organismo.


STRUTTURE

ISTITUTO CLINICO QUARENGHI

Diagnosi e cure sempre più mirate e a misura di paziente con la nuova RMN La struttura di San Pellegrino nel 2014 ha puntato su un importante rinnovamento tecnologico a cura di Maria Castellano

U

na nuova Risonanza Magnetica ad alta performance, con tunnel più corto che la rende adatta anche a chi soffre di claustrofobia e tempi di esecuzione dell'esame più brevi. È questa una delle ultime acquisizioni tecnologiche dell'Istituto Clinico Quarenghi, un investimento pensato per rispondere in modo più efficace alle richieste del territorio e alle esigenze dei pazienti. L'acquisto della nuova RMN non rappresenta una singolarità, ma

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Bergamo Salute

si inserisce nell'ambito di un piano di investimenti intrapresi nell'anno 2014 dall'Istituto Clinico Quarenghi volto a rinnovare in modo importante la dotazione tecnologica della struttura. «Questo rinnovamento tecnologico, in particolare, ha interessato la riabilitazione neuromotoria che è stata arricchita con il Lokomat (un sistema di locomozione robotizzata all'avanguardia per la riabilitazione delle persone con lesioni del midollo spinale) e con l' Opto-Gait (un raffinato

sistema per l'analisi computerizzata delle caratteristiche del cammino), la riabilitazione respiratoria per la quale è stato introdotto un innovativo spirometro - pneumotacografo e quindi la diagnostica per immagini, potenziata oltre che con la nuova RMN, con il software RIS PACS, un avanzato e collaudato sistema informatico di archiviazione e gestione delle immagini di radiologia» sottolinea il dottor Raffaele Morrone, direttore sanitario dell'Istituto Quarenghi.


Oggi l'acquisizione di tecnologie innovative rappresenta una condizione irrinunciabile per la crescita in sanità. La RMN del Servizio di Diagnostica per Immagini dell'Istituto Clinico Quarenghi è l'unica a disposizione della Valle Brembana, e mira a rispondere appropriatamente, con una tecnologia avanzata e innovativa, alle esigenze diagnostiche di un'intera comunità, altrimenti obbligata a compiere lunghi e disagevoli spostamenti. La riduzione del tempo necessario all'esecuzione delle indagini rispetto alla precedente RMN e la più ampia possibilità di utilizzo multidisciplinare della nuova apparecchiatura comporterà inoltre un'estensione del numero e della tipologia di prestazioni che saremo in grado di offrire all'utenza.

Quali sono, invece, da un punto di vista tecnico e diagnostico le caratteristiche che rendono questa apparecchiatura all'avanguardia? Si tratta di un'apparecchiatura RMN a elevate prestazioni, caratterizzata dalla produzione di immagini di alta qualità che permette una diagnosi veloce e sicura su una vasta gamma di applicazioni, routinarie e avanzate. Grazie a un'innovativa tecnologia applicata all'hardware ed al software del sistema, la nuova RMN consente una maggiore definizione delle immagini prodotte, accrescendone le potenzialità diagnostiche su

tutti i distretti corporei esaminati. Un ulteriore requisito che ha fortemente orientato la scelta verso l'acquisto della nuova tecnologia è il comfort che la macchina è in grado di assicurare al paziente: la spaziosa apertura del magnete e l'accurata scelta cromatica riducono efficacemente la sensazione di claustrofobia, mentre la diminuita lunghezza del tunnel, sotto il quale il paziente resta sdraiato nel corso dell'esecuzione dell'indagine, permette di eseguire tutti gli esami della colonna vertebrale a volto scoperto. Inoltre la notevole contrazione dei tempi di esecuzione (anche del 30-40 %) consente di ridurre la difficoltà del paziente a restare immobile per lunghi periodi di tempo nonché lo stato d'ansia che frequentemente accompagna l'esame.

Passiamo all'aspetto più strettamente medico: quali sono oggi le patologie per le quali la RMN rappresenta un completamento diagnostico utile o indispensabile? La risonanza magnetica cosid-

detta body trova ormai applicazione in tutti i distretti corporei (collo, torace, addome, arti etc.) sia come indagine fondamentale, specie per l'apparato osteoarticolare, sia come completamento di altre metodiche di indagine quali l'ecografia, la mammografia, la TAC. L'elevata definizione ottenuta per la visualizzazione delle strutture anatomiche, anche in assenza di utilizzo del mezzo di contrasto specialmente per quanto riguarda le parti molli, permette di utilizzare questo tipo di indagine, oltre che nei normali esami anche nella ricerca delle recidive di tumori, anche nello studio delle fistole e nella ricerca di focolai endometriali, quadri patologici per i quali le altre metodiche hanno una minore potenzialità nell'identificare la lesione. Se a questo si aggiunge il fatto che la RMN è un esame che comporta un'elevatissima resa diagnostica in assenza di radiazioni ionizzanti, si può ben comprendere come il suo impiego sarà sempre più frequente e destinato a ricoprire un ruolo crescente nell'ambito del panorama della diagnostica per immagini. Bergamo Salute

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Quali sono le potenzialità sul territorio rispetto a questa apparecchiatura?


IN FORMA

FITNESS

In forma come i vip con il cross training Un allenamento intenso, amato dalle star, che permette di trasformare il fisico e migliorare la resistenza a cura di Alessandra Perullo

È

l'ultima moda nel campo del fitness. Un allenamento tosto e faticoso che ha conquistato vip e gente comune. Star del cinema come Cameron Diaz, Jessica Alba, Jessica Biel ne vanno pazze. E anche in Italia non mancano le appassionate, da Elisabetta Canalis a Belen. È il cross training. Il segreto del suo successo? È vario e divertente, anche se faticoso. Come dice il nome (dall'inglese cross, cioè "incrocio", e fit "in forma") mescola diverse attività e tipi di allenamento. «Negli ultimi anni, il mondo dello sport ha assistito al progressivo affermarsi delle multidiscipline e, con esse, del ROBERTO CIVERA

Insegnante di fitness presso la Palestra Sport & Wellness di Cortenuova

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concetto di allenamento incrociato o cross training, un metodo che include diverse attività sportive» spiega Roberto Civera, insegnante di fitness. «Lo scopo di questa "contaminazione" è ottenere una preparazione più completa e gratificante: una vera e propria innovazione rispetto alla visione tradizionale». Ma di cosa si tratta esattamente? Il cross training è una tecnica d'allenamento che prevede la combinazione di diversi mezzi e gesti atletico-sportivi, con l'obbiettivo di migliorare il livello performante dell'atleta. Nel cross training ci si esercita con vogatore, salto della corda, arrampicata e spostamento di carichi pesanti. Si utilizzano manubri, anelli da ginnastica, sbarre per trazioni, kettbell (un peso a forma sferica con la maniglia). Insomma è molto vario e prende spunti da tutte le discipline sportive che determinano un miglioramento

della performance: sport di resistenza come corsa, ciclismo e nuoto; sport di forza come il sollevamento pesi; lavoro a corpo libero di coordinazione come la ginnastica artistica e lo yoga, tutto in un unico allenamento intenso. Questo tipo di allenamento in diverse discipline permette di "armonizzare" la muscolatura, favorendo l'attività di quei muscoli che l'esecuzione di esercizi sempre uguali stimola troppo poco o per niente.

Come nasce quest'idea di allenamento? L'allenamento incrociato nasce dalle multidiscipline come il triatlhon (sport che unisce nuoto, ciclismo e corsa in un'unica prova) che prevedono un utilizzo diversificato della muscolatura nelle singole discipline. Grazie a esse si è scoperto che l'alternanza delle discipline sportive determina un potenziamento crescente dell'organismo, portando l'atleta a un utilizzo sempre più consapevole del proprio corpo. L'affermarsi delle multidiscipline, dunque, ha permesso di rivalutare il concetto di allenamento incrociato, o cross training, la cui validità ha trovato diversi riscontri positivi nei soggetti che lo praticano.


Ci sono fasce muscolari che lavorano più di altre?

che difficilmente si trasforma in metodicità. Infine ha la peculiaIn realtà no. Il protagonista è rità di donare maggiore fiducia l'organismo nella sua globalità. in se stessi, fattore di primaria I benefici di questo approccio importanza a qualsiasi livello di sono sia fisici sia psichici: que- allenamento. sto tipo di allenamento migliora la condizione generale del Come si articola una lezione? corpo e del tono muscolare Il punto di partenza è la legge complessivo, incrementa le ca- cardine dell'allenamento sporpacità cardiovascolari e riduce tivo in generale: riscaldamento, il rischio di infortuni, la noia, il fase centrale/allenante e defasovrallenamento e il sovracca- ticamento. La diversificazione rico, derivanti dalla ripetizione prevista dal cross training si atdella stessa attività. Ovviamente, tua nella fase centrale, che varia poi, permette di bruciare molte in base agli obbiettivi dell'atlecalorie e quindi contribuisce al ta. Questo tipo di allenamento raggiungimento di una corretta mantiene come protagonista massa magra. La diversificazio- una disciplina centrale, su cui ne del gesto sportivo inoltre si inseriscono le attività trasverdetermina equilibrio, resisten- sali in aggiunta o in sostituzioza e forza muscolare, aerobica ne, scelte e calibrate a seconda e anaerobica, regalando alla della condizione muscolare del mente una pausa sempre nuova, soggetto.

VARIARE E ALTERNARE: L'ABC DI UN ALLENAMENTO EFFICACE GIORNO 1: Lavoro di resistenza aerobica e forza con sollevamento pesi GIORNO 2: Lavoro a corpo libero (trazioni, piegamenti etc.) e di mobilità articolare GIORNO 3: Lavoro di forza con sollevamento pesi unito a esercizi di velocità

A chi è adatto? Se attuato con le giuste proporzioni in base all'età e al grado di allenamento può essere praticato da tutti.

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IN FORMA

BELLEZZA

Vene più forti e capillari meno evidenti con la TRAP Un'innovativa metodica che, rinforzando i vasi dilatati, aiuta anche ad attenuare le cosiddette teleangectasie su gambe e cosce a cura di Viola Compostella

A

ppaiono su gambe e cosce. Hanno l’aspetto di ragnatele o ramificazioni più o meno estese. Possono essere rossastre o bluastre. Parliamo dei capillari evidenti, o per meglio dire teleangectasie, uno degli inestetismi più comuni tra le donne dopo i 30 anni (ma anche uomini). «La vera causa di questo problema, soprattutto quando si manifesta in modo evidente, è la dilatazione e l’incontinenza del sistema venoso (ndr. si parla di incontinenza quando il sangue refluisce nelle vene delle gambe verso il basso, invece di essere spinto verso l’alto). Queste condizioni generano un aumento della pressione nelle vene che si dilatano, dando origine a un circolo vizioso che si riflette sui capillari superficiali, che si dilatano a loro volta mettendosi in evidenza» spiega la dottoressa Marianna Facoetti, chirurgo generale e medico estetico. «Oltre al problema estetico (la dilatazione dei vasi può essere molto visibile e compromettere un buon aspetto di gambe e cosce), tutto questo può causare una serie di sintomi

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caratterizzati da pesantezza agli arti inferiori, formicolii, crampi, gonfiore, dolore, pigmentazione (macchie) e, nei casi più seri, ulcere». Oggi esistono diversi trattamenti per "cancellare" o almeno attenuare i capillari evidenti sulle gambe,come iniezioni sclerosanti, laser o radiofrequenza. Il limite è che, in molti casi, queste tecniche agiscono principalmente sull’aspetto estetico,ma non sulla "debolezza" delle vene e quindi il problema tende a ripresentarsi a distanza di qualche tempo. Una delle terapie più nuove e innovative in questo campo è la TRAP (Fleboterapia rigenerativa ambulatoriale tridimensionale), un trattamento nel quale i benefici estetici rappresentano per così dire un "effetto secondario".

Dottoressa Facoetti, in cosa consiste la novità di questa tecnica? Il principio su cui si basa è molto diverso rispetto ai trattamenti sclerosanti che vengono usati di solito. Si tratta infatti di una metodica che mira anziché a risolvere solo il problema estetico, a ricostruire la fisiologica struttura delle pareti dei vasi dilatati.La sclero-

terapia tradizionale invece agisce sull’effetto della patologia e non sulla causa, andando a chiudere (o obliterare) i capillari dilatati così da renderli meno visibili. Il problema è che, chiudendo quei capillari dilatati, con il tempo se ne dilateranno altri. Il sangue infatti da qualche parte deve passare. Anzi, più strade si chiudono, più aumenta la spinta con cui il sangue di ritorno dalle gambe si fa strada attraverso i capillari superficiali che così continuano a rompersi. Senza contare che alla fine queste tecniche cosiddette ablative o obliterative alterano la struttura anatomica e funzionale della circolazione venosa dell’arto. Il circolo venoso deve essere invece curato rispettando la sua anatomia e ripristinando la sua funzione. Solo ripristinando il corretto funzionamento di questo sistema, mediante una rigenerazione della parete, si può otte-

La fleboterapia rigenerativa ha visto la luce nel 1992 ad opera del professor Capurro, chirurgo plastico di Genova. Via via questa metodica si è andata affermando sia in Europa che negli U.S.A., affinandosi nella tecnica e nella modalità di esecuzione fino a garantire oggi dei risultati stabili e senza effetti collaterali.


nere un risultato stabile, che poi si riflette anche a livello estetico con la scomparsa dei capillari dilatati, minimizzando gli effetti collaterali ed eliminando anche la sensazione di gambe pesanti.

In pratica come si svolge la terapia? Si inietta la soluzione rigenerante trattando una gamba per volta, spesso ripetendo l’intervento anche due volte su una zona della stessa gamba. I capillari e le vene dilatate vengono sfruttati come porta d’ingresso per far DOTT.SSA MARIANNA FACOETTI Specialista in Chirurgia Generale e Medico estetico presso il Centro Massofisioterapico FitMassage di Presezzo

arrivare la sostanza a livello profondo, cominciando dal basso, e questo finché scompaiono tutti i capillari e le vene visibili. Successivamente si passa all’altra gamba. Non c’è dolore, non ci sono pigmentazioni, né rischio di infiammazioni. L’unica precauzione è quella di indossare calze elastiche per circa 6 mesi dopo la seduta, oltre a effettuare controlli periodici. Il trattamento, altamente specialistico, è eseguibile ambulatorialmente e non richiede l’interruzione delle normali attività lavorative e sociali.

A chi è consigliabile? Ovviamente a chi soffre per un disagio estetico legato a una situazione diffusa di capillari visibili ed evidenti e a chi presenta sintomi caratterizzati da pesantezza agli arti inferiori, formico-

I FATTORI DI RISCHIO L’incontinenza delle vene ha sicuramente una componente di familiarità, ma un ruolo importante è giocato anche dall’età e della stile di vita: fumo di sigaretta, sovrappeso, postura scorretta etc.

lii, crampi, gonfiore e dolore. Ma anche a chi abbia una predisposizione familiare alle vene varicose e alle dilatazioni capillari. Essendo un ripristino della fisiologia, si può considerare, oltre che una terapia, una prevenzione di problemi circolatori. Non c’è limite di età, ci sono solamente come controindicazioni la gravidanza, l’allattamento, terapie anticoagulanti in corso o pregresse tromboflebiti. Ha collaborato il dottor Fabio Longaretti

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a cura di Francesca Dogi

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egli ultimi dieci anni è notevolmente cresciuto l'interesse nei confronti delle tematiche ambientali e del loro impatto sulla salute dell'uomo e con esso i sospetti che molte patologie possano essere correlate al "degrado" ambientale. A cominciare da quello che deriva dall'inquinamento dell'aria. Secondo un recente studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2012 lo smog avrebbe provocato la morte di sette milioni di persone nel mondo, per tumore, malattie cardiovascolari, ictus e cardiopatie ischemiche. E lo smog non sarebbe l'unico "fattore di rischio" da cui guardarsi. «Si calcola che ognuno di noi si imbatta quotidianamente in almeno 500 sostanze chimico/ sintetiche» osserva il dottor Gianadrea Vecchi, odontoiatra dello Studio Medico Odontoiatrico Vincenti e Vecchi. «Diversi studi epidemiologici hanno riscontrato correlazioni tra il sovraccarico di questi inquinanti ambientali (chimici, metalli pesanti, elettrosmog, muffe etc., presenti in aria, acqua, suolo e cibo) e molte malattie croniche e disturbi funzionali (invecchiamento precoce, obesità, alterazioni neuroendocrine, alterazioni dell'apparato cardiovascolare e dell'apparato respiratorio etc.). In particolare, i dati

registrati negli ultimi anni sono piuttosto preoccupanti soprattutto per il diffondersi di patologie quali: sensibilità chimica multipla (MCS), fibromialgia (FM), sindrome da stanchezza cronica (CFS), Parkinson, Alzheimer e Sclerosi Laterale Amiotrofica. Un altro aspetto significativo è la crescita di patologie allergiche, spesso strettamente legate ai carichi tossici ambientali indoor e outdoor». Un problema emergente, soprattutto nei Paesi industrializzati, che sta suscitando sempre più attenzione non solo da parte della gente comune ma anche del mondo medico. Al punto da portare alla nascita della "medicina ambientale", che si occupa di prevenzione, diagnosi e trattamento delle patologie che possono essere messe in correlazione con "fattori ambientali" e inquinanti derivanti dalle attività umane. «La medicina ambientale clinica si occupa specificamente di indagare tali possibilità, verificarle grazie all'impiego di nuove indagini di laboratorio e strumentali, in modo da giungere a una corretta diagnosi e intraprendere così una terapia che vada ad agire sulla causa e non solo sul sintomo». Tra gli ambiti in cui questa branca della medicina, in particolare, sta prendendo più piede c'è l'odontoiatria. «L'o-

dontoiatria ambientale è una nuova disciplina "trasversale" per dentisti e medici di altre specialità. L'attenzione, in un'ottica interdisciplinare e olistica, non si limita alla cura di un singolo dente o alla scelta dei materiali odontotecnici, ma si orienta alla valutazione dello stato di salute globale del paziente, vagliando con attenzione e scrupolo le problematiche di ogni singola persona, con l'obbiettivo di prevenire o alleviare malattie infiammatorie croniche anche lontano dalla cavità orale. Spesso ci si dimentica infatti che esistono strette correlazioni tra la salute di denti e bocca e del resto del corpo» conclude il dottor Vecchi.

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SVENSON

REALTÀ SALUTE

Previeni la caduta dei capelli in 4 mosse a cura di Francesco Dogi ASSOCIAZIONE TRICOLOGICA SVENSON Bergamo C/O Poliambulatorio Habilita San Marco Piazza della Repubblica, 10 Tel. 035.222062

C

apelli che cadono. Come affrontare il problema prima che sia tardi? Ce ne parla Domenico Vergnaghi, presidente dell'Associazione Tricologica Svenson Italia, da trent'anni impegnata in studi e ricerche per risolvere il problema della caduta dei capelli.

1. Evitate stress e diete drastiche

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Forfora, prurito, sebo ma anche stress, squilibri ormonali, farmaci e diete sono i nemici che danneggiano i capelli e contribuiscono ad aumentarne la caduta. «Attenzione, non è facile riconoscere questo nemico al momento giusto. La maggiore parte delle persone si accorge del problema tardi e corre ai ripari dopo aver già perso una parte importante della capigliatura» osserva Vergnaghi.

mai è compromesso e non è più in grado di generare un capello sano. Esiste comunque un lasso di tempo in cui è possibile tornare indietro e rigenerare i follicoli. Superando questo limite, l'unico modo per riavere i propri capelli rimane il parrucchino».

3. Non pensate che sia una questione "da uomini" «In questi decenni abbiamo assistito a un notevole incremento dei casi di diradamento e calvizie femminile e anche a un progressivo abbassamento dell'età in cui questo problema si manifesta. Per questo, una corretta prevenzione è l'unica arma efficace se non vogliamo rimpiangere i capelli perduti» continua Vergnaghi.

4. Non rassegnatevi, ma affidatevi ad esperti

Il metodo messo a punto dagli esperti Svenson permette di in2. Non sottovalutate tervenire efficacemente anche i campanelli d'allarme sulla caduta dei capelli femminiUna certa caduta di capelli (tra li e sulla loro crescita a patto che i 40 e 100 capelli) può essere si agisca tempestivamente. considerata fisiologica. «A volte, «Proprio con lo scopo di aiutare però, i capelli che cadono non le persone a riconoscere il proricrescono, perché il follicolo pili- blema da subito, l'Associazione fero, cioè la radice del capello, or- Tricologica Svenson ha organiz-

zato una campagna di prevenzione. Per il mese di dicembre tutti potranno farsi controllare gratuitamente dai nostri tecnici tricologi per sapere se sono ancora in tempo per contrastare efficacemente la caduta di capelli. La nostra esperienza di oltre 30 anni, accompagnata da continue ricerche, conferma che intervenendo in tempo, questo processo può essere controllato in maniera efficace». Già dal primo manifestarsi delle anomalie (forfora, ipersecrezione sebacea, prurito) è possibile evitare l'assottigliamento dei capelli, il conseguente diradamento e la calvizie. DICEMBRE: MESE DELLA PREVENZIONE (GRATUITA) Per poter valutare le condizioni e le anomalie presenti sul cuoio capelluto è necessario un check-up approfondito che consiste in un controllo macro e microscopico del cuoio capelluto e dei capelli durante quale il tecnico tricologo aiuterà a capire la situazione e spiegherà quello che si può fare per salvare i propri capelli. Il primo nemico da eliminare è rimandare da oggi a domani. Per usufruire di questa iniziativa, basta una telefonata per prenotare il proprio check-up oppure consultate il sito www.svenson.it per richiedere un appuntamento on line.

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VILLA SAN MAURO

REALTÀ SALUTE

RSA e soggiorni temporanei per un'accoglienza a misura di ospite a cura di Francesca Dogi

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to il punto di vista alberghiero, pensata per accogliere persone autosufficienti o parzialmente autosufficienti che però necessitano di un ambiente controllato e protetto, anche solo per periodi brevi, situazioni di emergenza e occasioni particolari, ad esempio dopo un intervento o in seguito a un trauma che rende difficile stare a casa proprio senza dover ricorrere all'aiuto di figli o nuore o infermiere. Il soggiorno presso la nostra struttura può poi essere utile per abituare l'anziano al trasferimento definitivo oppure per dare sollievo temporaneo alle famiglie». Tutto alla Residenza Ciliegi è curato nel minimo dettaglio per offrire agli ospiti il massimo del comfort e ricreare un ambiente familiare. La struttura, immersa in un parco privato, con piantagioni di ciliegio e aree boschive, è priva di barriere architettoniche e dotata di corrimano lungo i corridoi. Le stanze, spaziose e confortevoli, sono dotate di ausili, letti regolabili e televisore, si affacciano su un giardino privato e offrono la pos-

VILLA SAN MAURO Via Gambirago, 571 24030 Pontida (BG) Tel 035 783128 - Fax 035 781137 segreteria@villasanmauro.com www.villasanmauro.it

sibilità di ospitare anche coppie di coniugi. È garantita l'assistenza 24 ore da parte di un operatore socio-assistenziale. E le "comodità" offerte dalla struttura non si fermano qui. «Per chi lo desidera, mettiamo a disposizione anche la possibilità di avvalersi di un'assistenza infermieristica privata in camera, di programmare visite specialistiche, percorsi riabilitativi, sedute fisioterapiche in palestra o nella piscina interna riscaldata. I nostri ospiti, poi, possono usufruire del servizio di lavanderia e mensa, o in alternativa pasti in camera, e di molto altro ancora, sempre nell'ottica di farli sentire il più possibile a loro agio, in un'atmosfera da "club" più che da struttura socio-sanitaria» conclude Lingeri.

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artire dal bisogno per costruire il servizio. È questa la filosofia di Villa San Mauro, moderna struttura residenziale situata sulle colline di Pontida che si rivolge a persone non-autosufficienti (anziani e non) o non assistibili a domicilio. Una filosofia che trova il suo massimo compimento nella nuova Residenza Ciliegi, da poco inaugurata, che va ad aggiungersi alla RSA, ormai diventata punto di riferimento per il territorio, al servizio di fisioterapia e al poliambulatorio. «La Residenza Ciliegi rappresenta una nuova sperimentazione di unità di offerta che ha come obbiettivo offrire risposte innovative e flessibili, al passo con le modificate dinamiche sociali, che mettono al centro la persona senza trascurare i bisogni della famiglia» spiega Cristiano Lingeri amministratore delegato di Villa San Mauro dall'inizio del 2014 (dopo il passaggio alla nuova gestione). «Si tratta di una residenzialità "leggera", con alti standard di qualità, anche sot-

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REALTÀ SALUTE

CENTRO MR

Medical pilates e pilates, movimenti "controllati" per stare in salute, anche in gravidanza Al via, da novembre, il nuovo servizio di Pilates per le donne in attesa a cura di Francesca Dogi

S

iate onesti con voi stessi. Quanto tempo dedicate all'allenamento fisico, allo sport e alla ginnastica? La maggior parte di voi risponderà nessuno o poco (lo dicono recenti dati, secondo i quali il 59% degli italiani non pratica attività fisica o se lo fa lo fa solo saltuariamente). Per un motivo o per un altro, per una scusa o per l'altra, ancora troppe persone, anche giovani, non conoscono il vero significato di sport e ginnastica e sembrano ignorare quanto il movimento sia benefico per il corpo. A patto, ovviamente, che sia costante, corretto e adeguato alle proprie caratteristiche fisiche. Per questo il Centro di Radiologia e Fisiotera-

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pia di Gorle, da oltre venti anni un punto di riferimento per la riabilitazione individuale e di gruppo, grazie a tre palestre e a più di venti fisioterapisti propone anche corsi di ginnastica dolce e di medical pilates, pensati per chi non è amante delle palestre tradizionali, ma non vuole rinunciare a mantenere in forma e in salute corpo e mente. «Quest'ultimo combina elementi di fisioterapia classica ed esercizi di pilates tradizionale con tecniche di riduzione dello stress fisico e mentale, con un metodo gentile, sicuro, non forzato» spiega la fisioterapista Delia Rossi. «I benefici sono diversi: questa attività fisica è un genere di movimenti lenti e graduali, adatti a

tutti, e si svolge sotto la supervisione di un fisioterapista». Il pilates tradizionale fu usato originariamente per i danzatori professionisti e per l'elite atletica ma le posizioni estreme e le sollecitazioni che questi due insiemi di soggetti potevano e dovevano sopportare non sono certo adatte alle persone normali. «Per questo molti studiosi di fisiokinesiterapia hanno sviluppato un pilates modificato che si adatti alle esigenze di tutti i giorni. Da questa corrente è nato il medical pilates, sviluppatosi per il sempre maggior credito che la tecnica ha riscosso tra i fisiatri (medici specialisti in prevenzione e recupero funzionale) che, mettendo in comune


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il loro sapere e il loro punto di vista biomeccanico con quello degli specialisti in pilates, hanno dato vita a questa nuova scuola. L'estrema dolcezza dell'approccio, il rispetto per le articolazioni inefficienti ma insieme la loro sollecitazione progressiva sono le caratteristiche fondanti del medical pilates i cui effetti più evidenti sono il recupero dell'elasticità, la consapevolezza della postura, l'allineamento vertebrale, la tonificazione e il bilanciamento muscolare. Inoltre, lo sviluppo di una più stretta correlazione mente/corpo porta i partecipanti in sintonia con la

colonna vertebrale, i muscoli e il respiro: il tutto finalizzato al recupero più rapido possibile non solo della salute ma del benessere profondo. Il medical pilates ha effetti benefici anche a supporto dell'allenamento sportivo e come attività di prevenzione perché per essere in salute è necessario prima di tutto avere una corretta postura» dice ancora la fisioterapista. Tanti benefici, quindi, in tutte le fasi della vita. Compreso uno dei periodi più delicati per una donna: la gravidanza. Non a caso, una delle ultime novità in arrivo al Centro MR è proprio il

servizio di pilates dedicato alle donne in gravidanza, attivo da novembre. Se infatti la gravidanza è uno dei momenti più belli nella vita di una donna, spesso le future mamme si chiedono se e in che modo possano raggiungere una forma fisica ideale per viverla nel modo migliore e affrontare al meglio l'arrivo del bambino. «L'attività motoria in gravidanza è fondamentale per mantenere il tono muscolare e una corretta postura, oltre a garantire la funzionalità degli apparati circolatori, linfatico, respiratorio e digerente, aspetti importantissimi sia durante tutto il periodo della gravidanza sia al momento del parto e dopo per aiutare la donna a ritrovare un nuovo equilibrio psico-fisico» osserva Delia Rossi. «Il Pilates, in particolare, rappresenta la soluzione più indicata a partire dal terzo mese ma anche per il postpartum. Dal punto di vista fisico, infatti, aiuta ad aumentare l'elasticità dei tendini, dei muscoli e delle articolazioni permettendo di affrontare con più facilità il momento del travaglio, mentre dal punto di vista psicologico contribuisce durante la gravidanza a prendersi cura di se stesse e ad accettare al meglio il cambiamento fisico che avverrà dopo la nascita del bambino» conclude l'esperta.

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REALTÀ SALUTE

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L'infermiere-stomaterapista, una figura altamente specializzata sempre più indispensabile a cura di Francesca Dogi

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«L

e competenze cliniche specialistiche dell'infermiere sono oggi sempre più tenute in considerazione dalle organizzazioni sanitarie lungimiranti e in questo panorama si inserisce perfettamente la figura dello stomaterapista, un infermiere che possiede capacità tecniche e scientifiche specifiche che gli consentono di gestire con competenza l'assistenza alla persona portatrice di stomia uro-fecale e la ripresa del suo ruolo familiare, sociale e lavorativo, promuovendone l'autonomia». Chi parla è il dottor Daniele Belotti, infermierestomaterapista presso l'Ambulatorio Stomizzati dell'Ospedale Bolognini di Seriate (Bg). «Due, in particolare, i pilastri su cui si deve basare l'attività dello stomaterapista: la professionalità, intesa come perfetta conoscenza della materia, in quanto le stomie possono ingenerare lo sviluppo di problemi funzionali che richiedono l'adozione di interventi complessi di prevenzione, cura, educazione e riabilitazione; la sensibilità e l'umanità per instaurare un rapporto di fiducia ed empatia con la persona assistita». La stomia coinvolge ogni anno in Italia circa 60.000 persone, delle quali più di 10.000 solo in Lombardia. «Si tratta di un'apertura creata chirurgicamente sull'addome, in seguito a un intervento

chirurgico altamente demolitivo (per incidenti, tumori o gravi malattie infiammatorie dell'apparato gastrointestinale o urinario), per mettere in comunicazione l'apparato intestinale o urinario con l'esterno. Essendo priva dello sfintere che garantisce la continenza, feci e urine non possono essere trattenute e fuoriescono. Questo inconveniente può però essere risolto se la persona assistita è accompagnata già da prima dell'intervento dall'infermiere-stomaterapista». Lo stomaterapista occupa quindi un ruolo importantissimo in tutte le fasi: pre-operatoria, in cui garantisce una formazione, successiva al colloquio con il chirurgo, che coinvolga anche la famiglia o i caregivers, si occupa del disegno pre-operatorio, un segno sul sito in cui viene effettuata la stomia in modo che la persona possa individuarla, e quindi gestirla, senza sforzo; post-operatoria in cui, con i colleghi infermieri, valuta la stomia immediatamente dopo l'intervento; insegna al paziente e alla famiglia il minimo di abilità specifiche necessarie prima della dimissione dall'ospedale; li educa a riconoscere le complicanze; verifica la necessità di un supporto domiciliare; fornisce i documenti e le informazioni necessarie per l'approvvigionamento dei presidi di raccolta (sacchetti); stabi-

lisce un programma di controlli ambulatoriali; informa il paziente sull'esistenza di Associazioni di pazienti stomizzati che promuovono iniziative educative e per la tutela dei diritti delle persone portatrici di stomia (ad esempio "ABS", l'Associazione Bergamasca Stomizzati). «Non tutte le strutture ospedaliere prevedono la figura dello stomaterapista. Quindi è importante che lo stomizzato conosca l'esistenza di questo professionista e degli ambulatori dedicati, affinché vi si possa rivolgere per avere risposte esaustive ai dubbi e intraprendere una soddisfacente riabilitazione» conclude il dottor Belotti. IPASVI BERGAMO Via Rovelli, 45 24125 Bergamo Tel. 035 217090 - 347 9627397 Fax 035 236332 collegio@infermieribergamo.it www.ipasvibergamo.it

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DAL TERRITORIO

NEWS

Un punto di ascolto e di aiuto gratuito per vincere lo stress

È

nato anche a Bergamo, sull'esempio di altre città italiane e lombarde (nella nostra regione, attualmente, sono attivi 3 sportelli a Milano ed 1 a Cremona), lo "Sportello stress", un servizio territoriale gratuito, pensato per individuare e risolvere le più disparate tematiche (familiari, personali, lavorative, sociali, etc.) riconducibili allo "stress di vita". Rispetto agli sportelli già esistenti, quello di Bergamo è caratterizzato da una metodologia unica: la sua peculiarità, messa a punto da A.N.S.E.S. ( Associazione Nazionale Stress e Salute), è legata al fatto che lo "sportello stress" è gestito in sinergia da un'equipe multidisciplinare, composta da psicologi, psicoterapeuti, ingegneri, medici, avvocati ed operatori di altre discipline, in modo da modulare gli interventi sugli specifici bisogni dell'individuo. Chiunque può avere accesso diretto e gratuito per una consulenza che implica più incontri.Attivo due ore a settimana da novembre, preferibilmente in orario tardo pomeridiano per favorire l'accesso all'utenza, si avvale, al momento, della collaborazione di 2 psicoterapeuti, 1 medico, 1 psicologo, 2 avvocati. Per informazioni: www.anses.it

Divertimento senza rischi

C

ontinua "Notti in sicurezza", progetto avviato dalla Provincia e dall'Asl di Bergamo due anni fa, che nel tempo si è esteso, coinvolgendo numerosi enti, istituzioni, privato sociale e realtà locali, tra i quali il Comune di Bergamo, la polizia stradale, azienda regionale emergenza urgenze Areu 118, gestori e associazioni di categoria Ascom e Confesercenti, associazione genitori Atena, Rotaract e Croce Rossa Bergamo. Obbiettivo: prevenire i comportamenti a rischio legati al divertimento notturno e all'abuso di alcol. Tra le ultime iniziative il "Safe Driver", realizzata in collaborazione con sei locali della provincia e grazie a trentina di volontari tra i 20 e i 25 anni che, suddivisi in quattro gruppi, nei locali aderenti, a turno, promuoveranno la buona pratica dell'"Autista designato – Safe driver (già utilizzata con successo anche in altri Paesi), invitando i gruppi di coetanei a scegliere al proprio interno un autista che non beva e che possa guidare la macchina riportando a casa gli amici sani e salvi. Simbolicamente, all'arrivo nel locale, gli verrà consegnato un buono per consumare gratuitamente un drink analcolico e, al termine della serata, dopo la conferma dell'alcoltest, un biglietto per un successivo ingresso gratuito. Dai primi di novembre, al via, anche il progetto taxi, che prevede corse a tariffe agevolate nel fine settimana, dalle 21 alle 6 per giovani, donne, ma anche over 65. Per informazioni: www.asl.bergamo.it.

Gli esperti di Bergamo Salute a Radio Alta

R

itorna l'appuntamento con gli esperti di Bergamo Salute a "Colazione con Radio Alta", contenitore del mattino condotto da Teo Mangione. Ogni ultimo giovedì del mese dalle 8,20 alle 8,50, su Radio Alta (fm 101.700 - 100.700) e Bergamo Tv (canale 17 digitale terrestre), specialisti, psicologi, biologi che collaborano con Bergamo Salute saranno ospiti della trasmissione per parlare di temi di grande interesse e attualità, prendendo spunto dagli ultimi articoli pubblicati sulle pagine della nostra rivista, e saranno a disposizione degli ascoltatori per rispondere a domande e curiosità.

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Uniti contro la violenza sulle donne

I

n quasi una famiglia su tre una donna subisce violenza. Ma solo 3 su 10 la denunciano. Ogni anno, più di 100 donne, solo in Italia, vengono uccise per mano di un loro familiare (in genere il compagno, il marito o fidanzato). Una situazione allarmante eppure troppo spesso sottovalutata. Proprio per non far spegnere i riflettori su questa "strage", la Sezione Territoriale di Bergamo di AIAF, Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori, il 25 novembre 2014 in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ha organizzato tre settimane di cultura, dal titolo "Gli avvocati sono con le donne contro la violenza": convegni e occasioni culturali volti ad analizzare e, dunque, a meglio comprendere, il tema tristemente noto della violenza sulle donne in ambito familiare. Durante le prime due settimane di novembre gli avvocati e le avvocatesse di AIAF Sezione Territoriale di Bergamo hanno coinvolto i ragazzi di alcune scuole medie superiori della città, confrontandosi con loro sulle risposte che la legge può dare per fermare la violenza. Dal 17 al 21 novembre, invece, si terranno tre convegni con la partecipazione di esperti conosciuti a livello nazionale. Infine, non certo per ordine di importanza, durante tutta la settimana, davanti al Teatro delle Grazie è stata allestita un'Installazione di Arte Pubblica dell'artista bergamasca Laura Morelli sul tema della violenza. L'evento è patrocinato dall'Ordine degli Avvocati, dal Comune di Bergamo.

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Dott. Emilio Bertuletti Psicologo a Bergamo

Aree di intervento

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% Autostima e difficoltà relazionali % Disturbi d’ansia e attacchi di panico % Disturbi dell’umore % Paure e Fobie % Disturbi psicosomatici % Disturbi del comportamento alimentare % Disturbi di personalità

% Senso di vuoto e smarrimento % Disfunzioni sessuali % Eventi di vita traumatici o stressanti % Problematiche nella relazione di coppia % Elaborazione di perdite e lutti % Disturbi correlati a sostanze e correlati a Stress

Iscritto all’Albo degli Psicologi dell’Ordine della Regione Lombardia n. 15275

Via Divisione Tridentina, 5 - 24121 Bergamo tel. 643495789920 Bergamo Salute

info@emiliobertuletti.com www.emiliobertuletti.com


ONLUS

DAL TERRITORIO

Un'associazione per aiutare i bambini di Calcutta a cura di Chiara Lorenzi

A

Natale puoi. Arriva puntuale, ogni anno, il tormentone che sembra quasi convincerci che sì, a Natale possiamo essere tutti più buoni, rispolverare intenzioni spesso dimenticate nel resto dell'anno, oltre, naturalmente, la solita lista di regali per parenti e amici in molti casi però comprati più per obbligo che "per cuore". Perché allora questo Natale non inseriamo nell'elenco anche un regalo un po' speciale, destinato a qualcuno che non conosciamo personalmente? "Ma cosa posso regalare a uno sconosciuto?" Molti si chiederanno. Qualcosa che non ha ma che dovrebbe avere per diritto. Una casa, per esempio. O una famiglia. O tutte e due. E come? Grazie ad associazioni come "Insieme per mano Onlus" che quest'anno festeggia il primo compleanno e l'avvio di una Casa Famiglia per bimbe di strada a Calcutta. L'associazione, con sede a Nembro, è costituita da un gruppo di donne con esperienza di cooperazione in Paesi in via di sviluppo. Proprio nella città della gioia è nata la spinta a realizzare qualcosa di concreto per i più bisognosi e indifesi: i bambini. «Sono due i progetti avviati» spiega Stefania Bonomi, presidente dell' Associazione. «Il primo riguarda la nutrizione, l'igiene e l'educazione scolastica dei bambini e un laboratorio di

cucito per le donne dello slum di Dapha, un quartiere costituito da baracche tra montagne di spazzatura "a cielo aperto" dove vivono circa 5000 persone in condizioni di estrema povertà. I bambini aiutano nello smistamento dei rifiuti, spesso tossici, contribuendo al guadagno di poche rupie necessarie a tutta la famiglia. I diritti fondamentali non vengono tutelati e questo genera dinamiche di sfruttamento dei più forti sui più deboli. Il progetto ha promosso azioni di sostegno che garantiscano condizioni minime di assistenza socio sanitaria ed alimentare. Sono in corso anche percorsi di scolarizzazione per i bambini più poveri, mentre per le donne è previsto l'insegnamento di una professione che possa renderle più autonome». Il secondo progetto, invece, prevede la

realizzazione di una Casa Famiglia. «A Calcutta i minori che vivono da soli in strada sono circa 100.000. Facili prede di abusi e sfruttamenti da parte di trafficanti d'organi e di schiavi, le bambine sono ancora più vulnerabili proprio perché culturalmente inferiori ai loro coetanei. Ricevono inoltre meno cure, istruzione e affetto. Per "Insieme per mano" è fondamentale diffondere modelli di comportamento basati sul rispetto, l'uguaglianza e la solidarietà affinché queste bambine, una volta adulte, possano sperare in una vita dignitosa» conclude Bonomi. Una speranza a cui ognuno può dare il suo contributo, magari proprio approfittando della "bontà" del Natale. Per informazioni www.insiemepermano.org

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CENTRO MEDICO OROBICO

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SAGRA DELLA MELA

DAL TERRITORIO

Una due giorni da record tra gusto e natura in Valbrembana a cura di Elena Buonanno

È

stata un'edizione da record la quinta Sagra della Mela, promossa dall'Associazione Frutticoltori Agricoltori della Valle Brembana, il Comune di Piazza Brembana e l'Associazione Alto Brembo, in collaborazione con Emozioni Orobie e Slow Food. Circa cinquemila persone, il 18 e 19 ottobre, hanno affollato il centro e il parco comunale di Piazza Brembana, tra degustazioni di prodotti, mostre, concorsi gastronomici, convegni e vendita diretta di prodotti del territorio, gastronomici e d'artigianato locale. Protagoniste, ovviamente, le mele prodotte in Val Brembana, Golden, Gala, Red Delicious, Renette Florina, Fuji, Topaz e Granny, ma anche di altre specialità tipiche del posto. Coltivate da centinaia di appassionati, che nel 2007 hanno costituito l'Associazione Frutticoltori e Agricoltori Valle Brembana (AFAVB), le mele della Valbrembana non sono solo un prodotto di qualità (hanno anche un marchio di tutela), ma un "segno" dell'attaccamento al territorio e della voglia di creare opportunità di sviluppo economico e occasioni di occupazione in un mondo, come quello agricolo, che oggi sta vivendo un momento di rinascita un po' in tutta Italia. In questi anni, in Valle, sono state messe a dimora almeno 120.000 nuove piante.

«Chi coltiva un albero da frutto segnala la volontà di restare in Valle, dimostra di crederci» sottolinea il presidente AFAVB Davide Calvi. «Il nostro impegno ha reso possibile il recupero di molti terreni, altrimenti abbandonati. La consulenza di tecnici esperti ci ha consentito di selezionare una qualità di alto livello, ottimizzando la resa dei frutteti e valorizzando al meglio le proprietà dei terreni. Le analisi hanno confermato che la Valle Brembana ha ottime peculiarità, che rivaleggiano con quelle di zone rinomate come il Trentino o la Valtellina». E ritornare alla terra significa anche rispettare la salute dell'ambiente in cui viviamo e la propria. «Spesso abbiamo un approccio clinico e problematico con l'alimentazione» sottolinea il dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista e membro del nostro Comitato

Scientifico che durante la Sagra ha partecipato a un'interessante tavola rotonda dal titolo "Compatibilità ambientale e alimentazione: una grande sfida per il futuro" e al laboratorio del gusto organizzato in collaborazione con Aspan (Associazione Panificatori Artigiani della Provincia di Bergamo) durante il quale le mele della Valle si sono "sposate" con la farina di tipo "1" ricavata da grano coltivato nella provincia di Bergamo. «Una giusta educazione del consumatore passa necessariamente attraverso i prodotti e il rigore con cui ne vengono seguite crescita e preparazione. In Germania si dice che è necessario "lavorare Local e pensare Global", per sottolineare come impegnarsi sul territorio, nel concreto della propria terra, sia una chiave decisiva di sviluppo sano e sostenibile» conclude Paganelli.

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MALATTIE RARE

DAL TERRITORIO

A.R.M.R. Insieme contro le malattie rare Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6000 secondo l'OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a 5 persone per 1000 abitanti secondo i criteri adottati dall'Unione Europea). Con base genetica per l'80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell'organismo umano. In questo numero parliamo della Distrofia Toracica Asfissiante.

Tel. 035/671906 Fax 035/672699 presidenza@armr.it www.armr.it

INCONTRI CON I SOCI E GLI AMICI DI A.R.M.R. • Sabato 29 novembre ore 10:00 Consegna Borse di Studio A.R.M.R. 2015 Camera di Commercio - Bergamo • Domenica 14 dicembre ore 20:30 il gruppo giovani della fondazione A.R.M.R organizza il tradizionale concerto Gospel dei coro Sant'Antonio David's Singers nella splendida Chiesa delle Grazie di Bergamo a favore della fondazione - ingresso libero

DISTROFIA TORACICA ASFISSIANTE Codice di esenzione. RNG050 Categoria. Malformazioni congenite. Definizione. Patologia congenita caratterizzata da un coinvolgimento specifico e prevalente a carico di torace, arti e ali iliache. Epidemologia. Circa 1\120.000. Maschi e femmine sono affetti in eguale misura. Segni e sintomi. Scarso accrescimento della statura accompagnato da una conformazione particolarmente stretta della gabbia toracica. L'anomalia toracica condiziona la presenza di ipoplasia (sviluppo ridotto) polmonare di grado variabile che costituisce, quando severa, la principale causa di morte precoce dei pazienti affetti. Dal punto di vista scheletri-

co si osservano inizialmente coste corte e orizzontalizzate, ali iliache ipoplasiche e tetti acetabolari orizzontalizzati. Successivamente compaiono brevità relativa degli arti a prevalente coinvolgimento a carico delle mani. Una frequente complicanza è rappresentata dall'insorgenza di insufficienza renale. Possibile anche il coinvolgimento del fegato. Tra le anomalie occasionalmente osservate sono da segnalare polidattilia (presenza di un dito in più), presenza di lacune ossee a livello del cranio, coinvolgimento pancreatico con cisti o fibrosi, degenerazione retinica, situs inversus (organi invertiti in modo speculare rispetto alla loro usuale posizione). Lo sviluppo intellettivo è di regola

normale, sebbene possibile la presenza di ritardo mentale. Eziologia. Causa genetica a trasmissione autosomica recessiva. Diagnosi.È esclusivamente clinica, poichè è ignoto il difetto di base. È possibile una diagnosi prenatale ecografica nei casi maggiormente espressi. Terapia. Possibilità di un'espansione della gabbia toracica con protesi acriliche. L'insorgenza di complicanze renali, epatiche e retiniche indirizzerà verso uno specifico follow-up specialistico. È utile la consulenza genetica. Dott. Angelo Serraglio Vice Presidente Commissione Scientifica ARMR

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Correndo contro il cancro La storia di Gabriella Doneda operata al seno per un tumore maligno che ha corso la maratona di New York a cura di Lucio Buonanno

«S

ono una delle dieci italiane, l'unica bergamasca, operate per un tumore al seno, che è andata alla Maratona di New York portandola a termine. Era il mio sogno. A farmi forza, chilometro dopo chilometro, c'era il ricordo di mia sorella Barbara, scomparsa nel 2008 per il mio stesso male, e tutte le donne che stanno combattendo questo mostro. Siamo dieci donne con storie diverse ma accomunate dal cancro al seno. Nessuna di noi può dire di aver sconfitto la malattia, ma sicuramente con questa prova massacrante abbiamo almeno provato a vincere la paura e a dare a chi soffre il messaggio che lo sport, soprattutto la corsa, aiuta a sentirsi vive e a stare meglio con se stesse». Chi parla è Gabriella Doneda, 39 anni di Brembate, bibliotecaria a Busnago dopo la laurea in lettere moderne all'Università statale di Milano. Occhi verdi, parlantina sciolta e un gran sorriso, va sempre di corsa. E correndo correndo ha perso i 14 chili che aveva messo su dopo l'operazione e durante le cure con sei cicli di chemio, venti sedute di radioterapia, e tanto cortisone. E ha ritrovato anche il buon umore. «Il cancro comunque ti resta addosso» ammette «e nulla sarà

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più come prima: lo avverti da piccoli segnali, le ossa che scricchiolano, le vampate, la fatica, la paura di morire. Ma bisogna reagire. Io ho ripreso a fare sport, nuoto e corsa. Quando macino i chilometri non mi sento più malata ma una donna come le altre. Mi sento viva anche se la fatica è tanta. E' una sensazione bellissima. Mi piace perché riesco a dimenticare i problemi, la malattia che mi porto dietro. Ecco perché io e le altre abbiamo aderito con entusiasmo al progetto #Nothingstopspink della Fondazione Umberto Veronesi. Abbiamo risposto in duecento operate di cancro al seno, ma siamo state selezionate solo dieci per partecipare alla

maratona di New York. Un'emozione indescrivibile. Per noi non contava il risultato, ma essere presenti, lanciare il nostro messaggio, seguendo quanto afferma il prof. Paolo Veronesi, presidente della Fondazione: "L'attività fisica è una potente alleata della salute, perché contribuisce a prevenire e curare molte altre patologie e riduce il rischio di recidiva tumorale. Correre significa dimostrare a se stesse che la malattia è un episodio passato e che, per stare bene, bisogna continuare a prendersi cura del proprio corpo".» Anche se lo sforzo e la fatica sono notevoli. «Faccio due allenamenti alla settimana a Milano e una marcia non competitiva al sabato o alla domenica» racconta. «A seguirci è lo staff di Gabriele Rosa, fondatore del Centro Marathon di Brescia,


medico specializzato in cardiologia e in medicina dello sport, che con i suoi atleti ha conquistato titoli mondiali, medaglie olimpiche e tantissime gare internazionali, ed è stato proprio lui a ideare #Nothingstopspink in collaborazione con la Fondazione. E così abbiamo avuto la fortuna di correre in mezzo a migliaia di persone. Era il mio, anzi il nostro sogno, mio e di mia sorella Barbara. Io correvo già e dicevo sempre a mia sorella che mi seguiva: "Dobbiamo andare insieme alla Maratona di New York". Barbara purtroppo si è ammalata nel 2007 ed è morta un anno dopo per un tumore triplonegativo, una forma molto aggressiva che colpisce le donne giovani e che ha scarse prospettive di cure».

pormi a lunghi cicli di chemio, e di radioterapia, assumere tante medicine e cortisone. Le terapie mi facevano star male, e anche se mi provocavano la nausea, cercavo un rimedio nel cibo: mangiavo davvero tanto e ingrassavo.» Era ingrassata di quattordici chili. Poi ha scoperto la dieta di Cascina Rosa, dell'Istituto Nazionale dei Tumori, una scuola di cucina e un centro per imparare a prevenire i tumori o a combatterli con ricette studiate apposta.

ho insistito: due, tre, dieci chilometri, e ora le marce non competitive e il 2 novembre la più importante maratona del mondo».

«Non bisogna mollare ma neppure credere di essere un campione: bisogna fare un passo alla volta con moderazione ma con tanto spirito di volontà. E vi posso ga«Lo stesso male che mi hanno rantire che correre mi fa sentire diagnosticato nel 2012. Quando viva e felice e si riesce a fare anme l'hanno rivelato sono rimache un vita più sana godendosi sta interdetta, travolta da un vorle piccole cose, che troppo spestice di sensazioni, sospesa. Non so, quando si sta bene, vengono volevo crederci. Mi sembrava di sottovalutate, e a ritrovare l'entugalleggiare in un'altra dimensiosiasmo. Io lavoro a maglia, faccio ne. E poi avevo paura di dirlo ai «Lì mi hanno ridotto le proteine parte de "In Cerchio", un gruppo miei genitori già così provati dal- animali, gli zuccheri. E da allora di auto mutuo aiuto per malati di la scomparsa di Barbara. Mi ha mangio legumi, frutta, verdure, tumore all'Ospedale di Bergamo aiutato il mio compagno. Sono pasta integrale e sono riuscita voluto dall'Associazione Oncoandata all'Istituto Europeo di a rientrare nei miei pantaloni di logica Bergamasca, e con queste Oncologia diretto dal prof. Um- prima. E ho ricominciato anche persone lottiamo e ritroviamo il berto Veronesi. Mi hanno operato a correre, qualche chilometro coraggio per affrontare la vita con la tecnica della quadrantec- alla volta. Il primo giorno è stato con più forza.» Intanto ogni sei tomia, importata dagli Stati Uniti, drammatico. Dopo dieci minuti mesi Gabriella deve sottoporche mi ha salvato il seno, senza ero stravolta. Era il primo gen- si ai controlli e a chi le chiede rovinarlo, senza amputazioni. naio dell'anno scorso, ma non come sta risponde: "Bene, fino al Poi il calvario: ho dovuto sotto- mi sono fermata. Il giorno dopo prossimo controllo". Bergamo Salute

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Bergamo Salute anno 4 - n°6 - nov. - dic. 2014

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

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