Bergamo Salute - 2017 - 38 – maggio/giugno

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numero

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Anno 7 Maggio | Giugno 2017

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

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Alimentazione DIETA CHETOGENICA. PRO E CONTRO

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Psicologia SELFIE. I RISCHI DELLA RICERCA DELLO SCATTO PERFETTO

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Bambini S.O.S. RAFFREDDORE DA FIENO

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Bellezza METTI KO LA CELLULITE

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

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Red e Chiara Canzian La nostra scelta vegana



numero

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Anno 7 Maggio | Giugno 2017

www.bgsalute.it

) EDITORIALE 7 Settimo anno? Altro che crisi. Bergamo Salute è cresciuta e comincia una nuova vita ) SPECIALITÀ A-Z 8 Otorinolaringoiatria Noduli e polipi alle corde vocali 10 Chirurgia vascolare Soluzioni sempre meno invasive contro la “sindrome delle vetrine” 12 Fisiatria Le cause e i rimedi per l’epicondilite ) PERSONAGGIO 14 Red e Chiara Canzian La nostra scelta vegana ) IN SALUTE 16 Stili di vita Tumori: le 9 regole della prevenzione 18 Alimentazione Dieta chetogenica. Pro e contro 20 Fave. 7 motivi per mangiarne di più ) IN ARMONIA 22 Psicologia Selfie. I rischi della ricerca dello scatto perfetto 26 Coppia Lontananza. Impara a vedere i lati positivi

) IN FAMIGLIA 28 Dolce attesa Ipertensione gravidica. Quali i rischi per mamma e bambino? 30 Bambini S.O.S raffreddore da fieno ) IN FORMA 32 Fitness Integratori e sport. Istruzioni per l’uso 34 Bellezza Metti KO la cellulite ) RICETTA 36 Torta morbida di zucca e cioccolato ) RUBRICHE 46 Altre terapie Contro lo stress prova la meditazione con le campane tibetane sulle amache 48 Guida esami Esame impedenziometrico. Per “misurare” lo stato di salute dell’orecchio 50 Animali Esche e bocconi avvelenati. Come difendersi e cosa fare ) VIAGGI DELLA SALUTE 52 Vacanze antistress

) DAL TERRITORIO 54 News 56 Onlus Associazione un porto per noi 58 Il lato umano della medicina Il coraggio e la paura dell’ultimo passo 61 Malattie rare Associazione A.R.M.R. 62 Testimonianza Con il sitting volley porto l’inclusione dei disabili nelle scuole ) STRUTTURE 64 Smart Dental Clinic 66 Habilita Ospedale Faccanoni di Sarnico ) PROFESSIONI SANITARIE 69 Vigilatrice d’Infanzia Infermiera Pediatrica ) REALTÀ SALUTE 73 Lav System 75 Farmacia Dr. Visini 77 Avalon 79 Diagnostica Domiciliare 81 We&Pets

Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute

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2016

Settimo anno? Altro che crisi. Bergamo Salute è cresciuta e comincia una nuova vita

2015

2014 2011

2013

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, ma anche secondo altre antiche culture, dall’India alla Grecia, la vita dell’uomo è scandita da cicli di sette anni. Non si parla di cicli rigidi che iniziano o finiscono in un certo giorno, ma di un flusso, di un ritmo che quasi tutti possiamo riconoscere nelle nostre vite. È come se ogni sette anni sentissimo sorgere la necessità di un cambiamento, di un rinnovamento. Scriveva Ippocrate, padre della medicina: "Nell’esistenza umana sono presenti sette tempi che chiamiamo età: lattante, bambino, adolescente, giovane, adulto, uomo maturo, anziano. Al periodo della prima infanzia (fino ai sette anni) subentra quello in cui si acquisiscono le prime conoscenze (7-14 anni), quindi quello che rivela la forza nelle emozioni passionali dell’adole-

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scenza (14-21 anni); giunge poi lo zenit della vita, i tre settenni della piena forza vitale e dei desideri d’espansione (21-42 anni). Il regno del malvagio Marte genera un improvviso mutamento e conduce alle lotte, alle amarezze e alle disillusioni di cui è ricca l’età adulta (42-49 anni). Poi, sotto lo scettro di Giove, si presenta ancora una volta un picco della vita, la maturità propriamente detta, la quale, saggia e serena, contempla le gioie e le sofferenze dell’esistenza, sempre contribuendovi con gaiezza (49-56 anni). Arriva infine, sotto la stella di Saturno, lenta e lontana dalla terra, la grande età in cui le forze vitali si raffreddano e pian piano si fermano”. Perché stiamo parlando dei cicli di sette anni? Perché proprio in questa primavera 2017 Bergamo Salute entra nel suo settimo anno. I lettori più af-

fezionati forse ricordano il bimbo sulla copertina del primo numero. Questo bimbo è cresciuto e ora a sette anni dimostra pienamente il suo carattere, è uscito dal nido e affronta nuove sfide: dalla fusione con InfoSostenibile al restyling del logo e dell’identità grafica, ai tanti progetti sulla carta e sul web che arricchiranno i prossimi anni. Quindi continuate a seguirci: a sette anni, come dicevano le nonne, abbiamo l’argento vivo addosso!

Elena Buonanno Daniele Gerardi

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SPECIALITÀ A-Z

OTORINOLARINGOIATRIA

Noduli e polipi alle corde vocali Perché vengono e come curarli

- A CURA DI MARIO PAPALIA

La comunicazione verbale e il canto, prerogative della razza umana, sono rese possibili dalla laringe, importantissimo organo di cui le corde vocali sono l’elemento centrale. Con il suo scudo cartilagineo robusto, la laringe custodisce le corde vocali che altro non sono che una coppia di legamenti e muscoli tesi nell’interno dell’organo stesso, regolati da un complesso sistema di muscoli e piccoli legamenti che ne modulano la chiusura l’apertura e la tensione. L’avvicinarsi delle corde vocali durante l’emissione di aria con i

DOTT. MARIO PAPALIA Specialista in Otorinolaringoiatria Responsabile Modulo di Chirurgia Endoscopica O.R.L. Unità di Otorinolaringoiatria Policlinico San Pietro

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polmoni, produce la vibrazione del rivestimento di mucosa delle corde stesse che dà luogo nell’uomo al dono della voce, così come la vibrazione dell’ancia del clarino produce il suono dello strumento. Un sistema, quello della voce, complesso e affascinante che, complice in particolare un abuso o uso scorretto della voce, può però compromettersi con la comparsa di edema (gonfiore), noduli e polipi sulle corde vocali. UNO “STRUMENTO” DELICATO, MINACCIATO DALL’ABUSO DELLA VOCE FIN DALL’INFANZIA La laringe, essendo un organo estremamente delicato e trovandosi in prima linea rispetto al mondo esterno, è sottoposta a diverse “minacce” e malfunzio-

namenti interni, dovuti a una cattiva gestione, che danno origine a svariate patologie. Fin dall’infanzia, in un mondo competitivo e rumoroso, i bambini imparano presto ad abusare della propria voce emulando gli eroi del calcio e dei cartoni animati, gridando in modo incontrollato. Già in questa fascia di età si manifestano le prime patologie funzionali (disfonia disfunzionale ipercinetica del bambino) che per fortuna possono essere ancora corrette con la logopedia. Sta ai genitori quindi educare i piccoli evitando atteggiamenti estremi e cattive abitudini (parlare uno per volta, spegnere la tv a tavola, non gridare). Con l’avanzare dell’età, oltre all’abuso della voce per vincere i rumori circostanti sempre maggiori, le corde vocali sono sottoposte a insulti ambientali


LA LARINGE, NON SOLO PER LA VOCE Si trova nella regione anteriore del collo (il pomo d’Adamo è la sua espressione visibile più evidente) e collega la trachea alla faringe. La laringe, grazie all'epiglottide, funziona da tappo per evitare che il cibo finisca nelle vie aeree e nei polmoni durante la deglutizione. Quando liquidi e solidi finiscono nelle vie aeree ("vanno di traverso”) vengono prontamente espulsi con il riflesso della tosse.

EPIGLOTTIDE

VISTA ENDOSCOPICA

FALSA CORDA VOCALE CORDA VOCALE TRACHEA

nocivi sempre più frequenti (inquinamento, fumo di sigaretta, vapori dell’alcool) e patologie di organi vicini come lo stomaco. È sempre più frequente il riscontro di patologie per esempio da reflusso esofago laringeo, in cui, i vapori acidi e alcalini della digestione producono lesioni della parte posteriore della laringe con

alterazioni della voce e senso di corpo estraneo molto fastidioso (bolo faringeo). FONOCHIRURGIA PER ELIMINARE NODULI E POLIPI, LOGOPEDIA PER PREVENIRLI Quando gli insulti nocivi diventano troppo frequenti la laringe reagisce con l’ispessimento

localizzato della mucosa, con formazione di noduli (tipici quelli dei cantanti) e polipi, cioè alterazioni strutturali della mucosa e dello spazio sottomucoso in corrispondenza del margine libero delle corde stesse. Il progressivo protrarsi non controllato di questi disturbi può arrivare, in pazienti predisposti, fino alla degenerazione maligna del rivestimento mucoso che trasforma il tessuto normale in tessuto tumorale. Per fortuna oggi, soprattutto in Italia, esiste una rete molto capillare di specialisti attrezzati a effettuare la laringoscopia a fibre ottiche, esame poco invasivo, ambulatoriale e con alta capacità e specificità diagnostica che permette di analizzare, fotografare con varie metodiche e monitorizzare lesioni anche piccolissime per sottoporle a cura. Una volta diagnosticato un eventuale problema di questo tipo, la fonochirurgia (branca super specialistica dell’otorino) permette di agire correggendo le piccole neoformazioni laringee, salvaguardando una buona qualità della voce con tecniche micro invasive e brevissimi tempi di ricovero in ospedale, seguiti da protocolli di rieducazione logopedica ambulatoriale. Grazie al sempre più tempestivo e precoce riscontro della patologia e alla migliorata diagnostica l’incidenza e la mortalità per cancro della laringe sono in netto e progressivo calo.

Le regole per mantenerle in salute Cosa si può fare per prevenire la formazione di noduli e polipi delle corde vocali? Innanzitutto avere uno stile di vita sano, seguendo un’alimentazione corretta e abolendo il fumo di sigaretta (la principale causa di cancro laringeo). Utile è poi evitare gli abusi della voce, eliminando l’inquinamento acustico, fin dalla tenera età. Chi usa per lavoro la voce (insegnanti, telefonisti, operatori delle fabbriche in ambienti rumorosi, cantanti) dovrebbe intervallare l’abuso continuativo della voce con ampie pause di “riposo”. In caso di calo persistente della voce, non dovuto a un banale raffreddamento, è consigliabile rivolgersi allo specialista che eseguirà una valutazione per mantenere intatto il meraviglioso dono della nostra voce.

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SPECIALITÀ A-Z

CHIRURGIA VASCOLARE

Soluzioni sempre meno invasive contro la “sindrome delle vetrine” - A CURA DI ROBERTO MEZZETTI

La chiamano “sindrome delle vetrine” perché quando se ne soffre si deve smettere di camminare per un dolore alla gamba, simile a un crampo, e fermarsi con la scusa di guardare le vetrine. In termini medici si parla invece di claudicatio intermittens. Spesso è la prima manifestazione clinica dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori, condizione caratterizzata dalla presenza di placche e ispessimenti all’interno delle arterie (nella maggior parte dei casi di natura aterosclerotica) che ostruiscono il normale flusso del sangue, impedendo una corretta vascolarizzazione e determinando una sofferenza dei tessuti degli arti inferiori. 10 | Bergamo Salute | Maggio 2017

SE NON ARRIVA ABBASTANZA SANGUE ALLE GAMBE In condizioni di riposo l’apporto di sangue all’arto è del tutto sufficiente, ma durante l’esercizio muscolare (basta una camminata), con l’aumento delle richieste metaboliche, diventa insufficiente. Il muscolo è così costretto a lavorare in condizioni di anaerobiosi (cioè in carenza/assenza di ossigeno), con il conseguente accumulo di metaboliti acidi, responsabili della sintomatologia dolorosa. Dopo un periodo di tempo di riposo, generalmente breve, il dolore e la contrattura muscolare regrediscono completamente e il paziente può ricominciare a camminare. La

progressiva riduzione dell’autonomia di marcia, che può essere dovuta all’evoluzione della malattia aterosclerotica, a una trombosi su una placca aterosclerotica, alla riduzione delle potenzialità del circolo collaterale, è indice di aggravamento del quadro clinico e può preludere al passaggio allo stadio successivo che in alcuni casi può anche evolvere verso forme caratterizzate da dolori notturni e stati gangrenosi. UN DOLORE SIMILE A UN CRAMPO CHE PASSA CON IL RIPOSO Il dolore della claudicatio intermittens è sempre di tipo crampiforme, compare sempre sotto


sforzo dopo un determinato percorso e diminuisce fino a scomparire sempre con il riposo in tempi piuttosto brevi. Il sintomo interessa, inizialmente, sempre lo stesso gruppo muscolare ed è in relazione alla sede e distribuzione delle lesioni. Più frequente è la claudicatio surale, ovvero quella che si manifesta a livello del polpaccio, ma si possono manifestare anche claudicatio glutee e di coscia.

ATTENZIONE A FUMO, IPERTENSIONE E SOVRAPPESO I fattori di rischio della “sindrome delle vetrine” sono gli stessi coinvolti nel processo aterosclerotico (ovvero la formazione di placche sulla superficie interna della parete arteriosa) di tutto l’organismo, età avanzata, fumo, diabete, elevati livelli di colesterolo e trigliceridi, sovrappeso, obesità, vita sedentaria, ipertensione arteriosa e predisposizione genetica.

LA DIAGNOSI? BASTA L’ECOCOLORDOPPLER Una corretta diagnosi mediante l’utilizzo della diagnostica vascolare non invasiva (l’ecocolordoppler) è in grado di stabilire la presenza di eventuali lesioni arteriose, la loro estensione e la loro sede e indirizzare quindi verso un'eventuale terapia. La claudicatio intermittens come già precedentemente detto, è spesso dovuta a malattia aterosclerotica, anche se non va dimenticato che esistono forme differenti dovute ad alterazioni infiammatorie o più semplicemente di natura anatomica. È quindi innanzitutto fondamentale una corretta diagnosi e individuazione delle cause per meglio definire il corretto approccio terapeutico. LA TERAPIA: FARMACI O CHIRURGIA MINI-INVASIVA La terapia può essere in alcuni casi medica e in altri chirurgica avvalendosi anche delle più moderne metodiche di terapia endovascolare. Nelle forme lievi si usano in genere farmaci va-

DOTT. ROBERTO MEZZETTI Specialista in Chirurgia Vascolare Responsabile Unità Chirurgia Vascolare Policlinico San Marco Zingonia, Corpore Sano Smart Clinic Stezzano e Medic Service Bergamo

soattivi (sostanze in grado di agire sui centri nervosi deputati al controllo della motilità dei vasi, cioè vene e arterie) o antiaggreganti. Quando invece le arterie sono così compromesse da richiedere una rivascolarizzazione si ricorre alla terapia chirurgica che negli ultimi anni è diventata sempre meno invasiva. In particolare, la terapia endovascolare, il cosiddetto “palloncino”, ovvero la dilatazione delle placche mediante un approccio percutaneo in anestesia locale, permette la risoluzione del problema attraverso un intervento chirurgico ben tollerato, assolutamente mininvasivo e con un ricovero di una sola notte. Solo nei casi più gravi, ormai, si rende necessario il by-pass chirurgico (utilizzo di vene del paziente o di tubi artificiali che vengono collegati alle arterie del paziente a monte e a valle delle occlusioni, permettendo così al sangue di arrivare fino ai tessuti in sofferenza). Maggio 2017 | Bergamo Salute | 11


SPECIALITÀ A-Z

FISIATRIA

Le cause e i rimedi per l’epicondilite - A CURA DI ANNA SPINETTI

Chiamata anche “gomito del tennista”, l’epicondilite, ovvero l’‘infiammazione dei tendini estensori delle dita e del polso a livello dell’epicondilo (sporgenza ossea del gomito), non colpisce solo chi gioca a tennis. Disturbo frequente, soprattutto fra i 30 e i 50 anni in diverse categorie di sportivi e lavoratori, non deve essere trascurato. Il rischio infatti è che diventi cronico. NON SOLO TENNISTI A RISCHIO L’epicondilite è una sindrome dolorosa dovuta a un’infiammazione del tendine dei muscoli epicondiloidei, cioè i muscoli che si trovano nella regione laterale del gomito e dell’avambraccio, originano dall’epicondilo, s’inseriscono sul polso e sulla mano e hanno la funzione di estendere il polso e le dita. La causa di questa infiammazione è in genere un sovraccarico funzionale di questi muscoli, sollecitati da movimenti ripetitivi, anche semplici (che però vengono ripetuti nel tempo) come scrivere, digitare sulla tastiera, suonare il piano. Per questo, a dispetto del nome, il problema può riguardare anche altre categorie di sportivi, come golfisti e schermitori, e lavoratori con attività lavorative pesanti, come operai che usano il martello pneumatico, carpentieri e muratori. Oltre alla sollecitazione meccanica, esiste anche una predisposizione personale. 12 | Bergamo Salute | Maggio 2017

DOLORE, MA ANCHE STANCHEZZA E INDOLENZIMENTO TRA I CAMPANELLI D’ALLARME Il sintomo tipico è un dolore nella parte esterna del gomito che talvolta irradia fino all’avambraccio e al polso. A volte, però, il dolore è preceduto da una sensazione di stanchezza e indolenzimento al muscolo che scompare con il riposo. Questo può portare a sottovalutare il problema finché il dolore non si manifesta in modo intenso, causando anche difficoltà a usare la mano per fare presa. ESAMI STRUMENTALI SOLO IN CASI PARTICOLARI Nella maggioranza dei casi è sufficiente la visita, durante la quale lo specialista, dopo l’anamnesi del paziente, procede con la pressione e palpazione della parte interessata per accertarsi della provenienza del dolore. In alcuni casi può essere indicata una radiografia, allo scopo di evidenziare l’eventuale presenza di calcificazioni a


livello dell’epicondilo ed escludere alterazioni di tipo scheletrico. Talvolta vengono prescritti esami strumentali tipo TAC o RMN per escludere patologie che possono scatenare una sintomatologia simile a quella dell’epicondilite (sofferenza cervicale, patologie articolari, sindrome del tunnel carpale, tendinite della cuffia dei rotatori etc.). LA CURA: RIPOSO, ANTIINFIAMMATORI E MESOTERAPIA NELLA FASE ACUTA, TERAPIE FISICHE E FISIOTERAPIA SE IL PROBLEMA PERSISTE Nella fase acuta è essenziale innanzitutto il riposo assoluto del muscolo, oltre ai Fans (antinfiammatori non steroidei) da assumere per via generale o da applicare direttamente sulla parte dolente. Benefici si ottengono anche dalla crioterapia (applicazione di ghiaccio) e dalla mesoterapia, cioè infiltrazioni sotto pelle di sostanze ad azione antinfiammatoria miorilassante e analgesica. Andrebbero invece evitate le infiltrazioni locali con corticoste-

DOTT.SSA ANNA SPINETTI Specialista in Fisiatria Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle

roidi che possono danneggiare il tendine e favorire la comparsa di discromie (macchie) cutanee anche molto evidenti. Se il problema non si risolve o tende a ripresentarsi con una certa frequenza, si possono utilizzare trattamenti di terapie fisiche come laserterapia, ultrasuoni, tecarterapia e onde d’urto, a volte associati a tecniche di rieducazione motoria per allentare la tensione sul tendine infiammato e aiutare a ridurre il rischio che il problema si cronicizzi. Utile può essere anche utilizzare un tutore per epicondilite durante attività

PER PREVENIRE? RISCALDARE I MUSCOLI PRIMA DELLO SPORT Una muscolatura tonica del braccio e dell’avambraccio contribuisce a stabilizzare l’articolazione del gomito e riduce il rischio di epicondilite. Importante è poi iniziare l’attività sportiva con un buon riscaldamento che aiuta a rendere muscoli e tendini più elastici. Via libera quindi a esercizi di stretching e di riscaldamento di avambraccio, polso e dita. Altri accorgimenti sono utilizzare specifici cinturini che fanno sforzare meno i tendini e applicare ghiaccio sull’avambraccio finita l’attività sportiva.

lavorativa o sportiva che ha la funzione di “scaricare” il tendine. Solo in casi rari si ricorre all’intervento chirurgico, che può essere eseguito per via mini-invasiva (percutanea, artroscopica o incisionale).

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PERSONAGGIO

RED E CHIARA CANZIAN

La nostra scelta vegana Lo storico musicista dei Pooh racconta, in un libro scritto a 4 mani con la figlia, come ha detto addio a carne, pesce, latte e uova, per la sua salute e quella del pianeta ©AlessandroCarlozzo

- A CURA DI ELENA BUONANNO

« Essere vegano mi ha salvato la vita. Due anni fa sono stato operato al cuore per una grave rottura dell’aorta. Se non sono morto è perché le mie vene erano perfettamente pulite, come quelle di un bimbo. E questo grazie al mio stile alimentare. Se non fossi stato vegano non sarei qui a rispondere a questa intervista». Chi parla è Red Canzian, storico compositore e musicista dei Pooh - trevigiano ma bergamasco d’adozione - autore, insieme alla figlia Chiara, del libro “Sano Vegano Italiano” (Editore Rizzoli). Un libro scritto a quattro mani in cui Red non solo racconta la sua esperienza da onnivoro a vegano (passando per vegetariano), ma accompagna il lettore in un percorso alla scoperta di un nuovo modo di vivere, più rispettoso dell’ambiente e della salute; 14 | Bergamo Salute | Maggio 2017

Chiara, un amore viscerale per la musica, come il papà, e soprattutto per la cucina, propone una cinquantina di ricette, rigorosamente vegane, elaborate da lei dopo aver fatto esperienza in ristoranti di vario tipo, tra cui quello dello Chef Pietro Leemann, il primo a ottenere una stella per un ristorante vegetariano. Abbiamo incontrato Red e Chiara durante una delle tappe del tour promozionale del libro per saperne di più. Quando avete deciso di diventare vegani? R È cominciato tutto quando, 20 anni fa, ho deciso di non mangiare più carne. L’ho fatto per motivi di salute. L’acido urico prodotto dalla carne mi faceva venire i calcoli e così ho smesso. Poi, nel tempo, con studio e co-

scienza, ho capito che il mondo potrebbe essere migliore se nessuna vita venisse sacrificata e allora ho rinunciato anche al pesce, alle uova e al formaggio… Ora sono vegano. Sono felice e sento che la mia impronta su questo mondo sarà leggera. C Io ho smesso sette/otto anni fa di mangiare carne, poi quattro anni fa è stata la volta del pesce. Per ora sono ancora vegetariana ma sono in un percorso che sicuramente mi porterà a diventare anch'io vegana perché sono consapevole che sia la cosa giusta da fare; ho solo bisogno di trovare il momento giusto per non rischiare di tornare sui miei passi. Ma è una scelta etica o di salute? R Prima di tutto salutistica, poi etica… ora davvero non mi rico-


nosco nell’uomo che mangiava il carpaccio e gli scampi crudi. C Nel mio caso invece è prevalentemente etica. Amo e rispetto troppo gli animali per mangiarli. Da dove nasce questo grande amore per gli animali? C Ho sempre avuto animali, cani, gatti, pappagallini, tartarughe, conigli e quando ero piccola avevo anche le galline che razzolavano nel giardino. Li ho sempre amati, ma l’abitudine di tutta la famiglia era quella di mangiare anche carne e pesce. Appena ho avuto la possibilità di vivere da sola e intraprendere nuove abitudini ho smesso di mangiarli. R Ritrovando e riconoscendo la nostra vera indole… solo così possiamo capire che gli animali sono esseri viventi, innamorati della vita come noi e quindi meritevoli di viverla questa vita. Noi non siamo carnivori in origine e lo siamo diventati in seguito alle glaciazioni che avevano distrutto le foreste che accoglievano e nutrivano i nostri antenati. Ci siamo ritrovati, nella savana, a rubare le prede, le carogne, ai veri carnivori e nutrendoci di un cibo innaturale per noi; così abbiamo abbassato la nostra età media da 60 a 35 anni. Ora è aumentata nuovamente ma solo grazie alle medicine che combattono i danni della carne, ma che spesso rischiano di produrne di nuovi. Come è nata l’idea di scrivere un libro insieme? R Dalla voglia di dare un volto e un senso ai nuovi vegani. Volevamo far chiarezza su tanti dubbi… "il latte fa bene", "la cucina vegana è complicata e costa di più", "ma senza proteine animali si diventa deboli"… tutte fandonie so-

stenute dall’industria della carne in combutta con quella farmaceutica. Ogni anno i poveri 30 milioni di animali allevati nel nostro paese vengono imbottiti con 130 tonnellate di antibiotici… il 70% di quelli prodotti vanno a finire nella carne che poi noi mangiamo. L’idea di coinvolgere Chiara è nata dal fatto che parlando con la gente ho capito che molti pensano che essere vegani sia difficile e costoso e così ho chiesto a mia figlia, se voleva scrivere la seconda parte presentando la parte gustosa della scelta vegana. Che tipo di vegani siete? Spesso i vegani passano per "un po’ troppo integralisti o intolleranti"…. R Il nostro è un libro gentile. Lo dichiariamo già nelle prime pagine. L’integralismo porta solo guerre e contrasti. Vogliamo lanciare un’idea, non un dictat e alla fine della lettura ognuno deciderà per la sua vita. Vogliamo raccontare la nostra verità, la nostra esperienza, ma confrontandola con altre verità nel massimo rispetto del pensiero altrui. I ve-

gani della prima ora, troppo arrabbiati e intransigenti, hanno fatto allontanare la gente dalla loro filosofia, seppur giusta. Io cerco il confronto, non lo scontro…. Il nostro libro vuole creare un ponte tra i vegani e gli onnivori e non un muro. E poi Chiara, con le sue ricette, riesce ad addolcire tutto. A proposito di ricette, è Chiara la chef di famiglia? R Tutti i vegani sanno cucinare, perché conoscono il valore prezioso del cibo ma la vera chef, in famiglia, è Chiara. Io improvviso, invento e mi arrangio, mentre Chiara ha preparazione, sensibilità e attitudine. Ha fantasia creativa e gran gusto nella presentazione dei piatti e poi ha un naso e un palato attenti alla minima differenza di sapore. Per il libro ha preparato una serie di ricette, talvolta reinterpretando quelle della tradizione italiana quando erano tutti vegani perché la carne non potevano permettersela. Ha fatto un lavoro davvero splendido, con 40 ricette suddivise nelle quattro stagioni e 10 dedicate ai dolci.

Red e Chiara Canzian nella tappa bergamasca del "Sano Vegano Italiano Tour" con Giuliana dell'Osteria D'Ambrosio Maggio 2017 | Bergamo Salute | 15


IN SALUTE

STILI DI VITA

Tumori le 9 regole della prevenzione Con uno stile di vita sano si potrebbero prevenire il 40% dei casi

- A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Il 40% dei casi di tumore (146mila diagnosi ogni anno in Italia) potrebbe essere evitato grazie allo stile di vita sano, all’applicazione delle normative per il controllo dei cancerogeni ambientali e all’implementazione degli screening. È questo il messaggio lanciato dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) in occasione della recente presentazione del rapporto annuale sullo “Stato dell’oncologia in Italia 2017”. Un messaggio che da un lato richiama l’attenzione sulla necessità di investire maggiormente, da parte delle Istituzioni, sulla prevenzione (in Italia, per la prevenzione nel 2014 di sono spesi 5 miliardi di euro, pari a solo il 4,22% della spesa sanitaria totale); dall’altro ribadisce l’importanza della prevenzione che ognuno di noi può mettere in atto adottando uno stile di vita sano. Ma cosa si intende per “stile di vita sano”? Ecco i consigli dell’AIOM. 16 | Bergamo Salute | Maggio 2017

➊ NO AL FUMO: il 25-30% di tutti i tumori è correlato al consumo di tabacco. Ogni anno, nel mondo, tre milioni di persone perdono la vita per questa causa.

➋ MODERARE IL CONSUMO

DI ALCOL: il consumo di bevande alcoliche aumenta il rischio di cancro del cavo orale, faringe, esofago e laringe. È inoltre fortemente correlato anche all’insorgenza di tumore del fegato, dell’intestino e della mammella nelle donne.

➌ SEGUIRE LA DIETA

MEDITERRANEA: è dimostrato che il maggior apporto di frutta e verdura, specie se crude, ha un forte effetto protettivo sul rischio di numerose forme tumorali. L’azione positiva è legata in particolare all’alto contenuto di fibre (che favorisce la maggior motilità intestinale, impedendo l’assorbimento di eventuali sostanze cancero-

gene) e all’elevata presenza di agenti antitumorali quali le vitamine antiossidanti.

➍ CONTROLLARE IL PESO: l’obesità e l’elevata assunzione di grassi costituiscono importanti fattori di rischio da evitare.

➎ PRATICARE ATTIVITÀ

FISICA: lo sport riduce in modo notevole le possibilità di sviluppare un cancro. I sedentari hanno una probabilità del 20-40% superiore di ammalarsi.

➏ NO ALLE LAMPADE SOLARI

E ATTENZIONE AI NEI: le lampade sono considerate cancerogene al pari delle sigarette. Un’esposizione precoce incrementa del 75% il rischio di melanoma. La presenza di nevi è inoltre indice di una maggiore predisposizione alle neoplasie della pelle e vanno quindi controllati.


➐ PROTEGGERSI DALLE

MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI: il 20% dei tumori deriva da infezioni prevenibili. Alcune, come epatite o Hpv, possono essere trasmesse con i rapporti sessuali. Per proteggersi è bene utilizzare sempre il preservativo.

(mammografia ogni due anni per le donne tra 50 e 69 anni); cancro del collo dell’utero (Pap-test ogni tre anni per le donne tra 25 e 64 anni); tumore del colon-retto (per uomini e donne ricerca del sangue occulto nelle feci ogni 24 mesi tra 50 e 69 anni).

➑ EVITARE L’USO DI

SOSTANZE DOPANTI: gli steroidi anabolizzanti comportano un aumento del rischio di tumori.

➒ PREVENZIONE

E SCREENING: in Italia, il Servizio Sanitario Nazionale fornisce gratis accertamenti per la diagnosi precoce oncologica. In particolare per: tumore del seno

20%

dei tumori deriva da infezioni sessualmente trasmissibili che si possono prevenire

78%

delle donne bergamasche ha eseguito la mammografia

62%

della popolazione in provincia di Bergamo ha aderito allo screening per il tumore del colon retto

25-30%

di tutti i tumori è correlato al consumo di tabacco

20-40%

in più per i sedentari la probabilità di ammalarsi

34%

dei cittadini bergamaschi è in eccesso ponderale

Bergamaschi virtuosi per adesione agli screening, meno per le abitudini Bergamo è una città virtuosa per adesione ai programmi di screening anti-cancro. Lo dimostrano i dati diffusi recentemente dall’ATS Bergamo. Nel 2015 il 62% della popolazione ha eseguito il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci per individuare in fase precoce il tumore del colon retto, percentuale superiore alla media nazionale (43%). E il 78% delle donne bergamasche ha eseguito la mammografia, fondamentale per la diagnosi precoce del tumore del seno (Italia 55%). Sul fronte dello stile di vita invece c’è ancora da lavorare: il 34% dei cittadini è in eccesso ponderale (il 26% per sovrappeso e l’8% per obesità); i sedentari sono il 19% e i fumatori rappresentano il 26% della popolazione; il 62% dei bergamaschi fa abitualmente uso di bevande alcoliche (i bevitori a rischio rappresentano il 21%). Maggio 2017 | Bergamo Salute | 17


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Dieta chetogenica Pro e contro - A CURA DI ELENA BUONANNO

MEGLIO EVITARLA SE… La dieta chetogenica è controindicata in caso di: / Gravidanza e allattamento / Insufficienza renale / Insufficienza epatica / Diabete di tipo I / Infarto miocardico recente / Alcolismo / Disturbi mentali

Se ne sente spesso parlare, soprattutto a ridosso dell’estate. Già, perché promette di far perdere peso in poco tempo. Esaltata da alcuni come uno dei modi più efficaci di dimagrire, demonizzata da altri per-

DOTT. PAOLO PAGANELLI Biologo Nutrizionista A Bergamo

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ché troppo selettiva nella scelta degli alimenti e quindi rischiosa, in realtà la dieta chetogenica, se seguita sotto attento controllo e con le dovute precauzioni, può essere un valido strumento in alcune situazioni e permette di raggiungere risultati che con altri regimi alimentari sarebbe impossibile. «Oggi siamo di fronte a un'emergenza nutrizionale. Sovrappeso e obesità costituiscono un problema enorme nel mondo occidentale. Sempre più bambini sono obesi e in sovrappeso e sempre più adulti vanno incontro alla cosiddetta sindrome metabolica con conseguenze devastanti per la salute» dice il dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista. «Il motivo è un’alimentazione sbagliata che spesso confonde i principi della dieta mediterranea fatta di carboidrati,

proteine, verdure e legumi, con pane, pasta, pizza, focacce, prodotti da forno in genere, che stimolano indiscriminatamente la produzione d’insulina (ormone che, tra i diversi compiti, ha quello di favorire l’ingresso dello zucchero nelle cellule) con conseguenze imprevedibili fino a pochi anni fa: bambini di età compresa tra gli otto e i quindici anni, obesi o fortemente in sovrappeso (12% e 22% prevalentemente nelle regioni meridionali) candidati al diabete di secondo tipo. Un’emergenza sanitaria che colpisce pesantemente anche il nostro Paese. Dimagrire con le diete classiche è però difficile, a meno che non si seguano delle rigide indicazioni nutrizionali; il peso scende lentamente e non sempre, soprattutto per chi è fuori casa, si riesce a seguire la


La dieta chetogenica si basa principalmente sul meccanismo della chetosi o acetonemia, ovvero un alterato metabolismo del glucosio che porta a una prolungata ipoglicemia e a un accumulo di corpi chetonici nel sangue”

UN AIUTO CONTRO EPILESSIA E OBESITÀ La dieta chetogenica è stata inventata nel 1924 dal dottor Russell Wilder presso la Mayo Clinic, negli Stati Uniti, per trattare diverse condizioni cliniche di cui la più nota e antica è l’epilessia infantile, a cui ha fatto seguito l’applicazione nell’obesità a partire dagli anni Settanta.

dieta consigliata dal nutrizionista. Ecco quindi che viene in aiuto la dieta chetogenica, un regime alimentare che si avvale di un metodo molto interessante e per certi versi rivoluzionario». Su quali principi si basa? Il principio è abbastanza semplice e si basa sul consumo di proteine ad alta qualità biologica, come quelle del pesce e dei legumi, allo scopo di proteggere

la massa magra, quindi muscoli, ossa, pelle, organi. Il ridotto apporto di zuccheri, assunti solamente con la verdura verde che ha un basso indice glicemico, obbliga l'organismo a utilizzare le proprie riserve di grasso come fonte di energia (vedi box). Ne segue una perdita di peso rapida; inoltre i corpi chetonici che si formano i primi giorni del regime alimentare controllato, riducono il senso di fame in modo fisiologico senza che la persona accusi senso di stanchezza. In queste circostanze sono comunque sempre permesse le verdure verdi che, oltre a esercitare un'azione importante sulla funzione intestinale, permettono di accompagnare le proteine assunte. Ma non è una dieta pericolosa per la salute, essendo così “restrittiva” nella scelta degli alimenti? Studi recenti hanno dimostrato che, se gestite correttamente da un biologo o un medico nutrizionista e ben bilanciate con un’adeguata quantità di verdura

verde per contenere il carico acido generato dalla quota proteica, queste diete sono efficaci e tollerate. È chiaro che non si potrà andare avanti all'infinito con una dieta di tipo chetogenico. Raggiunto il peso ideale, o comunque vicino agli obiettivi che ci si era prefissati, la dieta dovrà essere rimodulata con l'introduzione controllata dei carboidrati. Tuttavia verranno rispettare alcune regole che il nutrizionista avrà spiegato al paziente già prima della fase chetogenetica, cioè evitare quanto possibile alimenti contenenti grassi saturi o zuccheri semplici, previlegiando eventualmente gli zuccheri provenienti dalla frutta o dai carboidrati integrali. Inoltre è bene ricordare che mangiare non significa abbuffarsi senza criterio ma, essendo l'unico atto privato che compiamo in pubblico ha una valenza culturale e sociale. Come diceva il politico e gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin “l'uomo mangia, ma solo l'uomo intelligente sa mangiare”.

Grasso nel mirino, quando mancano gli zuccheri Il nostro organismo dispone di diverse riserve di energia. La principale, come quantità, è rappresentata dal grasso, ma la preferita sono gli zuccheri. Quando il glucosio (cioè lo zucchero nel sangue) scarseggia, l’organismo va a prendere l’energia che gli serve dagli acidi grassi o può convertire altre sostanze in zuccheri, attraverso un processo chiamato gluconeogenesi. Alcuni organi e tessuti come cervello e Sistema Nervoso Centrale, globuli rossi e fibre muscolari non sono in grado di utilizzare gli acidi grassi liberi; così, in condizioni di carenza di glucosio, possono utilizzare i corpi chetonici: sostanze derivate dalle scorte lipidiche la cui concentrazione è di solito molto ridotta in condizioni normali, ma aumenta in situazioni particolari come un digiuno prolungato o un lungo periodo senza introduzione di zuccheri.

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Fave

7 motivi per mangiarne di più

È l’unico legume che si può mangiare crudo, dopo averlo privato del tegumento. È ottima anche essiccata e decorticata, cucinata sotto forma di crema”

- A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Si possono mangiare crude o cotte. Contengono sostanze che contribuiscono al buonumore. Sono povere di calorie, ma ricche di fibre. Abbinate ai cereali possono essere una valida alternativa alla carne. Le virtù delle fave, legumi tipicamente primaverili (a seconda della fascia climatica e della varietà, si possono raccogliere da aprile ad agosto), sono davvero molte e sorprendenti. Conosciamole meglio con l’aiuto della dottoressa Simona Tadini, biologa nutrizionista.

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ALLEATE NELLE DIETE «Nelle fave abbondano le fibre, solubili e insolubili, le proteine, il Calcio e il Ferro, caratteristiche che, unite al fatto che l’apporto calorico, nell’alimento fresco, è 20 | Bergamo Salute | Maggio 2017

limitato (42 kcal/100 g), ne fanno un alimento di rilievo e utile nei regimi ipocalorici» osserva la dottoressa Tadini.

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GIÙ IL COLESTEROLO Le fibre solubili presenti nei legumi e quindi anche nelle fave, contribuiscono ad abbassare i valori di colesterolo totale e in particolare la sua frazione LDL (colesterolo cattivo). UNA VALIDA ALTERNATIVA ALLA CARNE «L’apporto proteico delle fave è elevato, tanto da renderle paragonabili alla carne, infatti aumenta da 5 g/100 g nell’alimento fresco per arrivare a 27 g/100 g in quello secco» continua l’esperta. «Se si considera che la

carne di bovino adulto apporta mediamente 21 g di proteine per 100 di alimento, possiamo ben considerare la fava un degno sostituto della carne. Attenzione però: abbinatela a un cereale, poiché l’apporto amminoacidico dei legumi si completa solo nei cosiddetti “piatti unici”. Anche il contenuto in Ferro non è da sottovalutare; passa da 2 a 5 g/100 g dal seme fresco a quello essiccato, contro una media di 1,5 g/100 g nella carne di bovino adulto. Se, quindi, si volesse optare per un'alimentazione prevalentemente vegetariana, seguendo alcuni accorgimenti (ovvero la trasformazione del ferro vegetale in ferro assimilabile tramite acidificazione, aggiungendo succo di limone al momento), non ri-


schieremmo di certo una carenza di Ferro».

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AMICHE DELLE OSSA Lo sapevate che il contenuto di Calcio delle fave è solo di poco inferiore a quello del latte vaccino? 90 g contro i 120 del latte intero pastorizzato. «Certamente è importante considerare che nel latte il rapporto Calcio/Fosforo è ideale per una completa assimilazione di questo sale minerale, ma se riusciamo a combinare bene gli alimenti, non dimenticando l’importanza delle acque minerali, saremo in grado di ottenere livelli adeguati di Calcio» sottolinea la nutrizionista.

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FAI IL PIENO D’ALLEGRIA! Oltre a migliorare la qualità dell’alimentazione, le fave contribuiscono anche alla nostra felicità! «Contengono una sostanza conosciuta come Levodopa che svolge numerose funzioni

sindrome di Parkinson, patologia degenerativa per la quale la Levodopa rappresenta il cardine della terapia.

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ZUCCHERI NEL SANGUE SOTTO CONTROLLO Consumare fave regolarmente aiuta nella prevenzione del diabete e nella modulazione della glicemia in coloro che già ne soffrono. «E non è ancora tutto. Hanno anche un’azione antiossidante grazie al loro contenuto in Manganese, il seme fresco è idratante e drenante delle vie urinarie» aggiunge ancora l’esperta.

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CONTRO IL DOLORE IN CASO DI CALCOLI E COLICHE RENALI La tradizione fitoterapica italiana consiglia infusi di fiori di fava come sedativo dei dolori in caso di calcoli e coliche renali, mentre il decotto di baccelli si dimostra utile nel ridurre l’albuminuria

Fave fresche crude per 100 g alimento . Proteine 5,2 g . Carboidrati disponibili 4,5 g . Zuccheri 2,2 g . Sodio 17 mg . Potassio 200 mg . Fibra 5 g

nel cervello; in particolare, essendo coinvolta negli stimoli che producono motivazione e ricompensa, ci infonde soddisfazione e buonumore» spiega la dottoressa Tadini. Alcuni studi hanno anche dimostrato un legame tra l’assunzione controllata di fave e il miglioramento della

(perdita di proteine nelle urine). «Non a caso nella medicina tradizionale cinese, la fava è consigliata per curare molto di ciò che ha a che fare con i liquidi corporei: è emostatica, diuretica e fa riassorbire gli edemi (gonfiori)» conclude la nutrizionista.

DOTT.SSA SIMONA TADINI Biologa Nutrizionista A Treviglio e Caravaggio

Tra storia e tradizione Secondo un’antica usanza nell’orto sarebbe bene coltivare sempre qualche pianta di fava, anche all’interno di altre colture, perché in grado di attirare su di sé i parassiti che quindi non infesterebbero gli altri ortaggi. La coltivazione delle fave era molto diffusa nell’antichità e il seme estremamente apprezzato tranne, pare, che da Pitagora. Narra la leggenda che preferì farsi raggiungere e uccidere dalle guardie di Cilone di Crotone, piuttosto che mettersi in salvo in un campo di fave. Si potrebbe ipotizzare che questa repulsione fosse dettata dal favismo (malattia genetica legata al cromosoma X che causa emolisi, cioè distruzione dei globuli rossi, in chi ne è affetto, se mangia fave) da cui avrebbe potuto essere affetto il filosofo. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 21


IN ARMONIA

PSICOLOGIA

Selfie I rischi della ricerca dello scatto perfetto - A CURA DI MARIA CASTELLANO

Selfie, dall’inglese self, tradotto “se stesso”, significa autoritratto fotografico eseguito con uno smartphone tenendolo in mano ”

Chi di voi non si è mai immortalato facendo un selfie da solo o con gli amici? Per chi ancora non lo sapesse, si tratta di puntare l’obiettivo della fotocamera verso di noi e… scattare! Molto probabilmente, con un sottile piacere misto di narcisi22 | Bergamo Salute | Maggio 2017

smo e vanità, tutti noi ci siamo fotografati davanti a uno specchio o a uno schermo di un cellulare. I più esperti e “professionali” magari anche con l’apposita asta allungabile. Una moda che non risparmia nessuno, dai teenager alle persone più “mature”,

dai politici ai medici, fino al Papa. Non a caso, secondo uno studio del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), l’Italia è al secondo posto nella classifica dei Paesi in cui si fanno più autoritratti digitali per poi condividerli sui social network. Ma cosa spinge le per-


ferenti, tuttavia esistono alcuni aspetti della personalità che potrebbero essere associati alla passione per i selfie» osserva la dottoressa Eleonora Castelli, psicologa.

sone a farsi un selfie e poi postarlo? «Sicuramente comprenderne le motivazioni non è facile, vista la complessità della natura umana e dei fenomeni generati nel contesto sociale. Diversi studi di psicologia hanno provato a dare una spiegazione al fenomeno, arrivando a conclusioni molto dif-

Quali sono, dottoressa Castelli, questi aspetti della personalità che rendono più inclini a farsi selfie? Esibizionismo? Narcisismo? Secondo alcune ricerche le persone che si fanno selfie appaiono estroverse, ovvero più socievoli ed entusiaste, caratterizzate da elevate capacità sociali e di autocontrollo, con la tendenza a pianificare le proprie azioni piuttosto che ad agire di impulso. Inoltre, l’estroversione si associa a un maggior utilizzo dei selfie per mostrare agli altri “come ci si sente”, mentre la coscienziosità permette di non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri ai propri scatti, positivi o negativi che siano. In alcuni casi, però, la ripetitività di questo gesto può accentuare tratti narcisistici, poiché favorisce una forte autocentratura, simile a quella sviluppata nel disturbo narcisistico di personalità (disturbo della personalità caratterizzato da bisogno di ammirazione eccessiva e mancanza di empatia verso gli altri, che si accompagna a un senso di superiorità). Il legame appare evidente: la possibilità di pubblicare a getto continuo foto di sé valutabili positivamente, fomenta aspetti narcisistici permettendo di ottenere quella “notorietà”, quell’esposizione mediatica e quella raccolta di ammirazione e approvazione,

che rappresentano per taluni individui rassicurazione e gratificazione. Eccesso di narcisismo a parte, quali altri pericoli possono nascondersi dietro a un eccesso di selfie? Scattare frequentemente fotografie di sé spinge a un confronto costante con la propria immagine, che in alcuni soggetti potrebbe trasformarsi in una vera distorsione della percezione corporea o provocare ansia e depressione. Inoltre, il tratto del neuroticismo o instabilità emotiva, tipico di persone che tendono a provare emozioni negative, come rabbia e tristezza, mediato attraverso i social media, si associa significativamente all’essere particolarmente preoccupati dalla possibilità di ricevere commenti negativi, originando spesso frustrazione. Ma quando da semplice “divertimento” può diventare preoccupante? Avere un profilo su un social e postarvi qualche foto piuttosto che una frase non è sintomo di

UNA PASSIONE IN ROSA In Italia sono le donne a scattare più selfie degli uomini, con finalità ludica e comunicativa e con la speranza di ricevere commenti positivi dagli amici sui social network.

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IN ARMONIA

“sindrome da selfie”. Se però al contrario il primo pensiero in un momento piacevole diventa farsi una foto da postare immediatamente, allora qualche dubbio dovrebbe venire. Come dicono J-Ax e Fedez nella canzone “Vorrei ma non posto” ("ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo") non c’è il pericolo di perdersi la vita vera in questa ricerca del selfie perfetto? Sì, in effetti il pericolo c’è. I selfie svolgono una funzione di mediazione sociale nella nostra quotidianità, dando la possibilità di condividere gli autoscatti in tem-

po reale, identificando luoghi e amici con cui ci si trova. Sembra che condividere contenuti assuma un ruolo centrale rispetto all’esperienza stessa che si sta vivendo, dalla passeggiata alla gita fuori porta, causando una deformazione percettiva per cui diviene più interessante mostrare ciò che si sta facendo piuttosto che restare in contatto con la realtà del momento e le emozioni che suscita. Lungi dal prospettare che l’utilizzo dei social media causi una perdita collettiva di interesse verso la vita “vera”, a favore di uno spostamento “virtuale”, sarebbe certamente auspicabile, già dalla tenera età, iniziare a col-

DOTT.SSA ELEONORA CASTELLI Psicologa Consulenza per il bambino e la famiglia

tivare la sensibilità alle emozioni e al presente per fare esperienze, utilizzando i dispositivi digitali e i canali web come valore aggiunto non sostitutivo.

Parola dell’anno nel 2015 Il fenomeno selfie è iniziato nel 2004, quando un utente di Flickr, piattaforma per la condivisione di foto, ha usato il termine per la prima volta. Nel giro di pochi anni è stato un vero e proprio boom, al punto che nel 2013 la parola selfie è stata inserita nell’Oxford Dictionary, come parola dell’anno. L’italiano Zingarelli ha aggiunto il termine nell’edizione 2015.

Adriano Merigo 24 | Bergamo Salute | Maggio 2017


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IN ARMONIA

COPPIA

Lontananza Impara a vedere i lati positivi - A CURA DI ELENA BUONANNO

Oggi, più che in passato, è diffuso il fenomeno del Living Apart Together “insieme ma separati”, ovvero coppie costrette a vivere separate per svariati motivi, soprattutto di lavoro e/o studio. La crisi economica ha portato a un incremento di queste situazioni, che ormai sono più diffuse di quanto si pensi. La conferma arriva anche dai dati Istat, secondo i quali quasi l’8% delle coppie italiane (cioè 4 milioni di persone) ha una relazione a distanza, per un tempo determinato o per il lavoro di uno dei due partner. Coppie destinate inevitabilmente a scoppiare? Non è detto. Come ci spiega la dottoressa Mara Seiti, psicologa. Dottoressa Seiti, quanto pesa la distanza nelle dinamiche di una coppia? È davvero possibile amarsi “da lontano” e mantenere un rapporto di coppia soddisfacente?

In un rapporto di coppia, la distanza costituisce senza dubbio un fattore di criticità, una vera e propria sfida per l’amore e la solidità del rapporto. Costringe una coppia a fare i conti con

molte difficoltà e con la necessità di trovare un equilibrio spesso molto diverso, per modalità, da quello che caratterizza le coppie conviventi o che caratterizzava la quotidianità condivisa. Sebbene

Equilibrio personale, di coppia e familiare? Si può con adeguate strategie di coping (fronteggiamento) > Garantirsi una buona rete di supporto sociale: familiari e amici sono una risorsa fondamentale per far fronte al senso di solitudine e rispondere anche ai bisogni della quotidianità. > Avere spazi per se stessi: coltivare interessi e passioni aiuta a mantenersi autonomi, a sostenere la mancanza e arricchisce la propria vita.

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> Mantenere continuità nella comunicazione col partner sfruttando i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia (telefono, webcam, skype, etc.). > Progettare i contatti e i momenti di ricongiungimento, in modo da non vivere nel dubbio e avere più certezza, soprattutto se ci sono i figli.

> Fare una sorpresa ogni tanto: sostiene la mancanza e conferma le proprie attenzioni. > Comunicare il proprio stato d’animo, senza però eccedere nei momenti difficili, cercando di trovare sostegno soprattutto nelle proprie risorse.


sia comprensibile temere che la distanza fisica possa portare alla cosiddetta “distanza affettiva”, è importante spezzare una lancia a favore di questa condizione, che peraltro spesso è inevitabile. Recenti studi di Crystal Jiang e Jeffrey Hancock della City University di Hong Kong (2013) hanno rilevato che, rispetto alle coppie che vivono vicine, le coppie che vivono a distanza riescono a sentirsi più in intimità col partner, si confidano maggiormente e preservano un’immagine più positiva dell’altro. Com’è possibile? Innanzitutto bisogna tener conto che, a fronte delle comprensibili difficoltà che comporta amarsi “da lontano”, esistono dei vantaggi sia individuali sia per la coppia stessa. Quali sono questi vantaggi? Innanzitutto l’indipendenza. Si gode di maggiore libertà e si ha a disposizione un tempo maggiore per sé e per le relazioni sociali (amici e familiari). Questo significa poter comunque coltivare una vita di relazione dalla quale ci si sente appagati. Altri elementi che possono essere letti in chiave positiva sono: la qualità del tempo (l’assenza di routine consente di vivere il partner senza darlo per scontato e di non cadere nelle trappole della convi-

> Avere fiducia nel rapporto e continuare a progettare insieme, a condividere gli accadimenti della vita quotidiana e a rendersi partecipi delle rispettive vite. > Motivare positivamente ai figli la necessità della trasferta, rassicurarli sulla presenza costante del genitore lontano.

venza quotidiana); l’intensità delle emozioni (la distanza crea una tensione che aumenta la voglia di vedersi con ricadute positive sulla passione e sul desiderio); la qualità della comunicazione (la lontananza sembra favorire una conversazione maggiore che mantiene i partner “più vicini”); la sicurezza nel rapporto (verificare la tenuta del rapporto di coppia consente di acquisire più sicurezza in esso). Nel caso in cui ci siano figli, inoltre, chi rimane con loro tende a stringere un rapporto più stretto e confidenziale. Infine non va sottovalutato che lo sviluppo della tecnologia e dei trasporti ha reso più facile sostenere le distanze. Oggi è possibile sentirsi e vedersi quotidianamente grazie al ricorso di canali di comunicazione all’avanguardia. Quali sono invece le difficoltà che inevitabilmente una coppia che vive separata si trova ad affrontare? Tra le difficoltà insite in un rapporto a distanza ci sono: il senso di vuoto e di smarrimento che accompagna soprattutto il primo periodo; la mancanza di intimità; le tensioni e le incomprensioni che possono crescere quando emergono stanchezza e fatiche nel sostenere la quotidianità, oppure quando subentrano

> Garantire l’autorevolezza genitoriale del partner continuando a confrontarsi sugli accadimenti quotidiani: genitore lontano e genitore assente sono due cose diverse. > Condividere con i figli i sentimenti di mancanza, senza temere di parlare con loro delle fatiche vissute (vostre e proprie) e poi concludere con ottimismo.

DOTT.SSA MARA SEITI Psicologa e Psicoterapeuta A Palazzolo sull'Oglio

insicurezza e gelosia. Infine, c’è il carico quotidiano della famiglia e dei figli. Il partner che rimane a casa si trova infatti a gestire da solo le incombenze quotidiane. Inoltre deve riuscire a far fronte sia ai propri bisogni emotivi sia a quelli dei figli. In conclusione vivere un rapporto a distanza richiede un buon livello di sicurezza personale e fiducia nel partner. Non tutti sono in grado di sostenere la lontananza prolungata ed è bene essere onesti con se stessi e con il partner, condividere la scelta, anche se forzata, e sostenersi vicendevolmente, soprattutto nei momenti più difficili per l’uno e per l’altro.

> Preparare insieme ai figli qualcosa per l’altro genitore, da mostrargli o per quando tornerà e organizzare momenti di piacevole condivisione familiare una volta insieme. > Dedicare attenzione e tempo al partner e ai figli quando si torna dopo una trasferta, giocando insieme, ma mostrandosi interessato e partecipe anche alle difficoltà e ai progressi quotidiani. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 27


IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Ipertensione gravidica Quali i rischi per mamma e bambino? - A CURA DI MARIA CASTELLANO

Riguarda fra il 4 e il 6% delle donne in gravidanza. In genere si manifesta con un incremento della pressione arteriosa durante i primi mesi. Parliamo dell’ipertensione gestazionale o gravidica. Ma quali sono i sintomi di questa condizione? Quali i rischi per il bambino o per la mamma? Quale l’eventuale terapia? Lo abbiamo chiesto al dottor Nicola Strobelt, ginecologo. Dottor Strobelt, cosa si intende per ipertensione gravidica? L’Ipertensione gravidica consiste in un innalzamento della pressione arteriosa della donna in attesa di un figlio. Rispetto all’ipertensione arteriosa, che insorge nel resto della popolazione, il problema è rappresentato dal

fatto che il restringimento delle arterie impedisce un afflusso regolare del sangue anche alla placenta e di conseguenza al feto. Per questo, se sottovalutata, l’ipertensione gravidica può portare a gravi rischi sia per la donna sia per il bambino. Quali sono i parametri oltre i quali si parla di ipertensione gravidica? I valori pressori considerati patologici sono 140/90 mmHg. I rischi direttamente legati all’ipertensione (distacco di placenta, danni vascolari cerebrali etc.) si riscontrano in casi con valori superiori ai 160/105 mmHg. Sono diversi rispetto a quelli considerati normali nelle altre fasi della vita? No, si tratta esattamente degli stessi valori per cui si ritiene iperteso qualsiasi soggetto.

DOTT. NICOLA STROBELT Specialista in Ostetricia e Ginecologia Responsabile Medicina Materno Fetale ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo

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In che periodo della gravidanza insorge in genere? L’insorgenza va distinta a seconda della tipologia di ipertensione che si verifica. L’ipertensione gravidica può infatti essere di due tipi: l’ipertensione gestazionale “classica” (una situazione benigna che può sopraggiungere nelle ul-

time 4-6 settimane dal parto) o la forma che prende il nome di preeclampsia. Si tratta di una forma associata a rischi significativi sia per la salute della madre sia del feto, che può comparire anche nel secondo e nel terzo trimestre, comunque dopo la 20° settimana di gravidanza. La preeclampsia porta quasi sempre a un’anticipazione del parto (nella maggior parte dei casi indotto dai medici per evitare o limitare danni vascolari alla madre, che possono compromettere anche il funzionamento di reni, fegato o polmoni, o per un difetto di accrescimento del feto, a causa della cattiva perfusione della placenta). Quali sono le cause? Le cause dell’ipertensione gravidica non sono note. La ricerca indaga fattori immunologici, genetici, ma anche lo stress ossi-


La "prevenzione": controlli periodici della pressione, dieta variata e movimento

dativo e il ruolo dei radicali liberi. In questo senso non sono note azioni di prevenzione di sicura efficacia. Quello che è certo è che esiste un legame fra l’ipertensione in gravidanza e l’età della gestante: maggiore l’età al momento del concepimento, maggiore sarà il rischio. Un altro fattore che determina un aumento dell’incidenza di questa patologia è l’essersi sottoposte a procedure di procreazione medicalmente assistita. Età e procedure contro l’infertilità spesso vanno di pari passo. Quello che conta, nell’individuare una donna a rischio di ipertensione gestazionale, è l’analisi della sua storia personale e familiare. Soffrire di problemi renali, già prima della gravidanza ad esempio, è un fattore di rischio, così come aver sofferto di ipertensione in precedenti gravidanze.

Quali terapie si devono adottare? La terapia per l’ipertensione gravidica è sempre il parto. La nascita del bambino riporta, in genere entro sei settimane, la pressione ai valori consueti. Come per altre patologie che si manifestano in gravidanza, è chiaro che il ginecologo deve valutare sia il benessere della madre sia quello del feto. L’obiettivo è quindi quello di ritardare il parto il più possibile e nello stesso tempo, se necessario, intervenire con dosi di cortisone per accelerare lo sviluppo polmonare del feto. Nei casi più severi vengono somministrati anche farmaci antiipertensivi, mentre alle donne che hanno sofferto di questa patologia nelle gravidanze precedenti si somministrano Calcio o aspirina a basso dosaggio.

Nelle gravidanze fisiologiche, senza complicazioni o fattori di rischio particolari, è sufficiente eseguire un controllo della pressione in occasione di ciascuna visita ostetrica e una o due volte nel corso dell’ultimo mese di gravidanza. Restano inoltre validi i consigli per tutte le donne in attesa di un figlio: una dieta variata e in stile mediterraneo, bere acqua quanto basta per garantire una buona idratazione ai reni, non fumare, evitare l’alcol, tenere sotto controllo l’aumento di peso e praticare un’attività fisica non traumatica. Considerata la stretta correlazione tra l’ipertensione gravidica e l’età della gestante, diciamo che un ulteriore intervento di “prevenzione” può essere considerata la scelta di cercare di avere figli il prima possibile, anche se sappiamo che i fattori che ritardano la decisione della donna in tal senso sono molti. Per le donne a rischio è consigliabile tenere un diario pressorio, nell’ultimo mese misurazioni ogni 24/48 ore, a seconda dei valori riscontrati e in ogni caso seguire le indicazioni del ginecologo. Per le donne a basso rischio nell’ultimo mese controlli ogni settimana. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 29


IN FAMIGLIA

BAMBINI

S.O.S. raffreddore da fieno - A CURA DI ELENA BUONANNO

Con l’arrivo della bella stagione pensiamo al sole, alle passeggiate all’aperto, alla natura che sboccia e fiorisce, ma per chi soffre di allergie stagionali è un periodo tutt’altro che piacevole. Colpa di starnuti, occhi che lacrimano, prurito, in altre parole della rinite allergica, problema che secondo le stime riguarderebbe il 14,5% dei bambini tra i 6 e i 12 anni. Il dato è in costante crescita, avvertono gli esperti, soprattutto nel mondo industrializzato e nelle città, complici anche l’inquinamento e lo smog. «La rinite allergica è molto comune nei paesi industrializzati e colpisce in media il 10-30% della popolazione» osserva la dottoressa Valentina Tono, pediatra. «Compare soprattutto in età adolescenziale, quando le sensibilizzazioni allergiche, in particolare verso i pollini, raggiungono la massima maturazione». Dottoressa Tono, ma cosa s’intende per rinite allergica? La rinite allergica, chiamata anche raffreddore da fieno, è un’infiammazione della mucosa na30 | Bergamo Salute | Maggio 2017

sale dovuta a una reazione del sistema immunitario in seguito al contatto con una sostanza a cui siamo allergici. I tipici sintomi sono la rinorrea, cioè lo scolo di muco anteriore o posteriore, la starnutazione, il prurito e l’ostruzione nasale. Altre manifestazioni possono essere: tosse, prurito e lacrimazione oculare, irritabilità e stanchezza. Quali sono le sostanze che più frequentemente possono scatenarla? Gli allergeni (le sostanze che provocano le allergie) maggiormente responsabili delle forme stagionali sono i pollini delle piante, alcuni tipi di alberi, erbe ed erbacee. Ma da cosa dipende il fatto di essere allergici o no? Quali sono le cause? Non esiste una causa diretta, ma sono noti alcuni fattori che aumentano il rischio di presentarla, ad esempio una storia familiare di predisposizione alle allergie, il sesso maschile, la nascita durante la stagione dei pollini, l’essere

primogenito, la somministrazione precoce di antibiotici, l’esposizione al fumo materno nel primo anno di vita. Come si fa a essere sicuri di soffrirne e sapere a quali allergeni in particolare si è sensibili? La diagnosi di rinite allergica è clinica, cioè si basa sulla storia e sulla visita del bambino, e non è necessario ricorrere a esami del sangue. Esistono però test allergici specifici (esempio prick test) che possono essere prescritti per individuare l’allergene o gli allergeni responsabili dei sintomi. Tuttavia i risultati devono essere sempre interpretati dal medico, in quanto può capitare che il bambino abbia i test positivi verso una sostanza, ma non presenti fastidi quando ne viene in contatto: cioè che sia sensibile ma non allergico. Che tipo di cura può aiutare a contenere il problema e alleviare i sintomi? La terapia convenzionale della rinite allergica si basa essenzial-


gli alimenti “parenti” per struttura molecolare a quelli che si trovano nei pollini. Queste molecole vengono riconosciute dal sistema immunitario dopo l’ingestione dell’alimento, scatenando una reazione alimentare cosiddetta crociata (allergie crociate). Una semplice mela, una pesca o delle fragole possono dar fastidio a chi è allergico alla betulla, così come i pomodori, le patate e gli agrumi possono irritare labbra e palato di chi è allergico alle Graminacee. mente sul cercare di evitare l’allergene e sull’utilizzo di farmaci antistaminici e/o cortisonici. Queste cure sono sintomatiche e vanno ripetute anno dopo anno nella stagione in cui solitamente si presentano i sintomi. In alcuni casi può essere proposta una terapia desensibilizzante, se ci troviamo di fronte a un’allergia singola o prevalente e la risposta alla terapia è scarsa o gli effetti collaterali dei farmaci poco tollerati. Si tratta di una sorta di vaccino, per desensibilizzare il bambino verso la sostanza a cui

DOTT.SSA VALENTINA TONO Specialista in Pediatria Master in Medicina Integrata presso l’Università degli studi di Siena Consulente presso CasaMedica

è allergico. Per il raffreddore da fieno, come per altre patologie, è possibile però individuare anche un trattamento di medicina integrata incentrato sul paziente e quindi personalizzato, utilizzando diverse tecniche complementari: in particolare l’omeopatia e la fitoterapia associate a una dieta, intesa come abitudine alimentare corretta e anche terapeutica. Per quanto riguarda l’alimentazione, è consigliabile avere una dieta varia, ricca di antiossidanti e vitamine provenienti da frutta e verdura. Inoltre è importante ridurre i grassi animali, evitare le margarine e i grassi trattati che si trovano nei cibi pronti e assumere quotidianamente olio extravergine di oliva e fonti di acidi grassi essenziali come l’olio di lino, i semi oleosi e il pesce. È bene consumare anche “alimenti antiinfiammatori” naturali come l’aglio, le erbe aromatiche, l’uva nera, i mirtilli e i frutti rossi (questi ultimi ricchi in resveratrolo, una molecola antiinfiammatoria e antiossidante). Si possono ottenere dei benefici sui sintomi, inoltre, evitando

Quali sono i rimedi omeopatici utili? Tra le terapie non convenzionali della rinite allergica, l’omeopatia si avvale sia di medicamenti sintomatici che permettono il trattamento dell’episodio acuto sia di una terapia di fondo volta a modificare le modalità di reazione del bambino nei confronti dell’allergene. Anche se non si è certi del meccanismo d’azione, si pensa che il rimedio stimoli e regoli i sistemi di difesa naturale dell’organismo e questo può spiegare i risultati nell’ambito delle allergie. Infine anche la fito-gemmoterapia si può impiegare sia come trattamento preventivo sia come terapia d’attacco. Si tratta di derivati naturali dalle piante, ad azione farmacologica vera e propria, come il Ribes Nigrum e la Rosa Canina. I farmaci di sintesi e i rimedi fitoterapici e omeopatici, in una visione di medicina integrata, possono essere utilizzati insieme, se necessario e secondo le indicazioni del medico, per ridurre se possibile l’impiego degli antistaminici e dei cortisonici e dei loro eventuali effetti collaterali. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 31


IN FORMA

FITNESS

Integratori e sport Istruzioni per l’uso - A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Chi pratica sport, soprattutto se ad alti livelli, assume spesso integratori nutrizionali di vario tipo per migliorare le proprie performance sportive o mantenersi più in forma. Ma sono davvero efficaci? E come scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze senza rischiare? «L’“integrazione sportiva” è oggi un capitolo importante per chi fa sport ad alti livelli o per chi cerca di ottenere dei risultati importanti attraverso l’attività sportiva» dice la dottoressa Elena Baini, farmacista. «Si tratta però di un mondo relativamente nuovo, che sta prendendo piede negli ultimi anni, nel quale non sempre è facile destreggiarsi». Ecco allora qualche consiglio. Dottoressa, per cominciare, cosa si intende per integratore? Secondo la normativa attuata 32 | Bergamo Salute | Maggio 2017

in Italia con il Decreto Legislativo 21 maggio 2004 n. 169, per integratori s'intendono prodotti alimentari destinati a integrare la comune dieta, che costituiscono un forte concentrato di sostanze nutritive, come vitamine e minerali o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico: in particolare amminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti sia pluricomposti, in forma pre-dosata. Ma una corretta alimentazione non basta per fornire tutte queste sostanze al nostro organismo? In quali casi possono diventare utili gli integratori? Un’alimentazione corretta, cioè un giusto equilibrio tra proteine, grassi e carboidrati, è la base per ottenere buone performance

sportive. Capita però che, soprattutto nei periodi in cui l’attività è più intensa, l’alimentazione non sia più sufficiente. In questi casi gli integratori possono rappresentare un valido aiuto. Tutti sanno che il corpo di chi fa sport è soggetto a traumi e spesso, per il troppo allenamento, risulta debilitato. È stato dimostrato che, in seguito all’intensa attività fisica e sportiva, le difese immunitarie diminuiscono e aumenta lo stress ossidativo. Questo porta alla formazione di radicali liberi e a un precoce invecchiamento cellulare che può causare: “Allenati come un atleta Mangia come un nutrizionista Dormi come un bambino Vinci come un campione” ANONIMO


> diminuzione del rendimento; > rischio di traumi; > crampi muscolari, stiramenti e dolori. L’integrazione è utile per evitare tutto ciò. In questi casi, oltre a sali minerali come il Magnesio e il Potassio contro i crampi, si possono assumere prodotti a base di Vitamina C. Quest’ultima aumenta le difese immunitarie proteggendo lo sportivo dai fattori di stress ambientale. In più si dovrebbero associare basificatori, utili a ripristinare l’equilibrio acido-base dell’organismo. Questo è un punto di partenza per chiunque faccia attività intensa: podista, ciclista, body builder, crossfitter. Ma ognuno di loro ha poi specifiche esigenze.

DOTT. SSA ELENA BAINI Farmacista Farmacia San Paolo di Azzano San Paolo

Ci può fare qualche esempio? Chi fa attività aerobica, ovvero a bassa intensità e a lunga durata (come la corsa, la camminata, la bici etc.), ad esempio, ha necessità di aumentare gli zuccheri. I ciclisti che corrono per ore ne consumano moltissimi: in un primo step il glucosio, poi gli amminoacidi per trasformarli in glucidi (cioè zuccheri). In questo caso si tende a consigliare le Maltodestrine a lunga catena, in aggiunta amminoacidi (i “mattoni” che costituiscono le proteine) per dare energia e carico al muscolo e un’idratazione ottimale prima dell’attività, ovvero bere 400ml di acqua con aggiunta di sali minerali per evitare crampi. Chi fa sport funzionali (attività che prevedono esercizi a corpo libero con l’utilizzo di attrezzi), invece, dovrebbe assumere prodotti in grado di ricostruire il muscolo che è sottoposto a tanti fattori di stress e traumi. In questo caso sono efficaci associazioni di amminoacidi essenziali, unite alla Creatina per migliorare la massa magra, la forza, la potenza, lo sprint. La Creatina è stata spesso oggetto di critiche. Vi era e vi è la convinzione che, se presa costantemente, possa creare problemi renali. Questo non è vero: se usata correttamente, anche tutti i giorni, non crea nessun danno né alterazioni renali. La Creatina, peraltro, è una sostanza naturalmente presente nel nostro organismo; si tratta infatti di un composto del metabolismo energetico sintetizzato dal fegato a partire dall’Arginina, S-adenosilmetionina e Glicina, usata nei muscoli per rigenerare ATP (Adenosina trifosfato) durante la contrazione muscolare. In conclusione, amminoacidi, Magnesio, Vitamine, Sali Minerali, Maltodestrine, etc. sono tutti ele-

Acqua e sali minerali durante e dopo l’allenamento Quando si suda l’organismo espelle grandi quantità di acqua e sali minerali (Sodio, Cloro, Potassio, Magnesio, Zinco etc.). Se questa perdita non viene adeguatamente reintegrata può portare a una riduzione delle performance fisiche e mentali. Per mantenere un buon equilibrio idrico-salino è quindi importante bere acqua (meglio se con piccole aggiunte di sali minerali) durante e dopo l’allenamento. Attenzione però: durante l’attività fisica è consigliabile bere a piccoli sorsi in modo da non avere mai quantità eccessive di liquidi nello stomaco. Se si prevede di sudare molto sarà utile bere anche prima dell’allenamento (300 - 400 ml di acqua circa).

menti che aiutano il rendimento, ma tutto deve essere ben gestito e ponderato. Ogni sportivo dovrebbe, per poter migliorare le performance, ma anche salvaguardare il proprio organismo, adottare un’integrazione studiata su misura per lui. A volte si sente dire “Vabbè è solo un integratore”. Sbagliato: anche l’integratore, nonostante non contenga principi attivi come ibuprofene o paracetamolo, può creare danno e non dare, di conseguenza, l’effetto voluto. Le modalità e il perché della somministrazione devono essere sempre ben scelti e gestiti. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 33


IN FORMA

BELLEZZA

KO Metti

la cellulite

- A CURA DI ELENA BUONANNO

Magre o più rotonde. Giovani e meno giovani. Tutte alle prese con la cellulite. La cosiddetta “buccia d’arancia”, secondo le statistiche, riguarderebbe ben l’85% delle donne, non risparmiando nemmeno vip, attrici e persino modelle. Insomma un problema, verrebbe da dire, democratico. Ma quindi “mal comune mezzo gaudio”? Assolutamente no. Anzi. Tra i vari inestetismi la cellulite nei sondaggi si guadagna sempre il primo posto, come quello più odiato e fastidioso. Ma cosa si può fare davvero per combatterla? Le creme servono? E si può in qualche modo prevenire? La parola alla dottoressa Marzia Baldi, dermatologa.

sano non solo il tessuto adiposo (grasso), ma anche il sistema circolatorio (microcircolo) e la pelle in superficie. Nel tessuto sottocutaneo si verifica uno sbilanciamento del tessuto adiposo: le cellule di grasso (adipociti) si “gonfiano” e premono sul microcircolo, provocando ritenzione idrica e un’iniziale infiammazione. Tutto questo si traduce sulla superficie cutanea: inizialmente nell'effetto “pelle a buccia d’arancia”; poi nella formazione di veri e propri micro e macro-noduli; infine nella riduzione dell’elasticità e nell'incremento dell’ipotermia distrettuale.

Dottoressa Baldi, innanzitutto che cos’è la cellulite? La cellulite è una patologia che nasce da numerosi e differenti processi patologici che interes-

Ma perché si forma? La cellulite è un fenomeno patologico complesso e multifatto-

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riale in cui convivono aspetti di predisposizione genetica-familiare, stile di vita ed eventuali alterazioni endocrine. Quali sono le aree del corpo maggiormente a rischio? La cellulite è un inestetismo tipicamente femminile e si manifesta in particolare agli arti inferiori (fianchi, glutei, coscia e ginocchio), ma anche all’addome e, in rari casi, agli arti superiori. Quali sono i trattamenti per combatterla? La riduzione degli eccessi volumetrici degli accumuli adiposi può avvenire attraverso trattamenti non invasivi, o poco invasivi, che utilizzano la mesoterapia o le onde d’urto. La mesoterapia è una tecnica d'infiltrazione di

DOTT. SSA MARZIA BALDI Specialista in Dermatologia Responsabile Ambulatori di Dermatologia Humanitas Gavazzeni

soluzioni iniettabili nel derma (lo strato intermedio della pelle). Le sostanze iniettate sono: di natura omeopatica, detta biomesoterapia, o farmacologica, detta intralipoterapia. La terapia con le onde d’urto è un trattamento di rigenerazione tissutale attraverso il quale si ripristina l’architettura del tessuto adiposo e si migliora il microcircolo e l’elasticità cutanea. Bisogna però sottolineare che, essendo un disturbo multi-fattoriale, l’approccio terapeutico deve essere multidisciplinare. Importante quindi è integrare una dieta equilibrata e una costante attività fisica con trattamenti medico-estetici personalizzati, ricordando che tutto ciò aiuta a migliorare, ma non a sconfiggerla del tutto. E le creme funzionano? La cosmetologia ha fatto passi da gigante indirizzando la ricerca su due filoni: da un lato c’è lo studio di principi attivi lipolitici e in grado di agire sul microcircolo (ad esempio caffeina, atp, berberina,lattoferrina); dall’altro c’è lo sviluppo di formulazioni in grado di giungere in profondità, nel tessuto adiposo, pur essendo applicati in superficie, sulla pelle (ad esempio gel, sfere di fosfolipidi o nucleotidi). Per vedere risultati apprezzabili però è fondamentale utilizzarli con costanza e per diversi mesi.

SÌ A CIBI SANI E MOVIMENTO, NO A FUMO E ALCOOL Uno stile di vita corretto, un’alimentazione sana abbinata a una costante attività fisica, rinunciare a fumo e alcool possono contribuire a ridurre l’insorgenza della cellulite. In particolare, per quanto riguarda l’alimentazione, per migliorare il microcircolo andrebbero evitati quegli alimenti che favoriscono la ritenzione idrica e il gonfiore: utilizzano meno sale e più spezie per insaporire i cibi, meno cibi conservati (in scatola, sotto sale o in salamoia), meno cibi affumicati, insaccati, affettati, formaggi soprattutto stagionati e snack salati. Inoltre, sarebbe utile limitare grassi saturi e zuccheri, presenti quest’ultimi in quantità notevoli nelle bevande e nei succhi. Aiuta senz’altro bere molta acqua, almeno due litri al giorno, per favorire la microcircolazione e l’eliminazione delle sostanze tossiche e di rifiuto che circolano nel nostro organismo.

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E DOLC


MIRKO RONZONI Chef di Goodfood Veg

PREPARAZIONE Fate scottare per 5 minuti la zucca tagliata a dadini in acqua salata, scolatela e frullatela. In una ciotola mettete i rossi d'uovo con lo zucchero di canna, montateli ben bene e poi aggiungete il latte, l'olio, la zucca, il brandy. Sbattete bene il composto e poi montate i bianchi a neve con un pizzico di sale, unite la farina alla fecola e al lievito, mischiate tutto e poi a cucchiaiate aggiungete al composto 2 cucchiai delle farine e 2 di bianchi. Continuate cosÏ fino a quando sarà finito tutto, per ultimo i pezzetti di cioccolato fondente. Imburrate una teglia, versate il composto, livellatelo e infornatelo a 180°. Sfornatelo, mettete la torta nel piatto di portata e spolverate di zucchero a velo.

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ALMAMORADA SILVIA Operatrice olistica e sonora Presso Yoga Bergamo

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mento con le campane tibetane sulle amache. Non vuole essere un semplice incontro di rilassamento, ma un’armonizzazione energetica. Attraverso i suoni delle campane tibetane infatti si vanno ad armonizzare i Chakra ed eventuali squilibri energetici che chi guida la meditazione avverte» spiega Almamorada Silvia, operatrice olistica e sonora, che al bagno sonoro unisce anche l’utilizzo dell’amaca. Iniziamo con il bagno sonoro con le campane tibetane, che cosa è e come si pratica? È un’esperienza molto rilassante e rigenerante, ormai abbastanza diffusa. Per chi non avesse mai visto una campana tibetana, ha una forma che ricorda una ciotola. Le campane tibetane sono forgiate con una lega composta

da 7 metalli, connessi ai 7 pianeti del sistema solare. Il suono viene ottenuto sfiorando il bordo della campana o dando dei tocchi. Durante il bagno sonoro chi suona le campane può rimanere fermo o girare nello spazio dove le persone sono sdraiate a terra o sull’amaca e la vibrazione delle campane avvolge e attraversa il loro corpo. Quando invece si fa un trattamento individuale le campane possono anche essere appoggiate sul corpo, il lavoro è più mirato e si parla di massaggio sonoro. Le reazioni di chi si immerge in questo bagno sonoro sono molto soggettive: alcune persone si addormentano, altre si rilassano come non mai, altre descrivono di aver fatto un viaggio molto lontano e di aver provato emozioni e ricordi che riaffioravano. Il bagno sonoro viene preceduto da una meditazione guidata che dolcemente accompagna alla fase sonora successiva. I suoni e le vibrazioni di queste antiche campane tibetane, unite alla meditazione profonda, ci accompagnano in una dimensione più sottile, ci mostrano spesso quali sono i nostri blocchi e su cosa possiamo lavorare per migliorarci e cre-


scere, ponendoci anche in contatto con quella parte più vera e autentica di noi che ci può offrire consiglio e supporto in momenti difficili. Durante il bagno sonoro si percepisce chiaramente che le vibrazioni non vengono solo udite dall’orecchio, ma tutto il corpo è in grado di recepirle; su questo si basa anche la musicoterapia. Perché unire il bagno sonoro all’amaca? L’amaca, come una sorta di nido, fa sentire le persone protette, al sicuro. Mentre godono un rilassamento profondo, sono cullate dall’amaca e inizialmente dalla voce che li guida in questo viaggio. La voce poi continua ad accompagnarli con le vibrazioni delle campane tibetane e il suono degli altri strumenti che eventualmente si inseriscono nel lavoro, in base alla necessità. L’amaca, che rievoca anche il grembo materno, fa sì che la persona sia

Una tradizione supportata dalla scienza Il massaggio sonoro affonda le sue radici nell’antica “arte di guarigione” indiana, antica di 5.000 anni. Moderni studi scientifici nell’area delle neuroscienze confermano che le vibrazioni sonore possono intervenire in maniera positiva su diversi disturbi e più esperienze hanno dimostrato che ascoltare determinate frequenze influenza il battito del cuore e altera la pressione sanguigna. La musicoterapia è oggi ampiamente impiegata in medicina, in situazioni come il coma, a sostegno di disturbi comportamentali, difficoltà di socializzazione, deficit mentali e sensoriali, autismo, Alzheimer, etc.

più portata a fare un’esperienza profonda; la posizione fetale, che spesso si assume nell’amaca, richiama l’introspezione e il guardarsi dentro. Ci si sente avvolti, coccolati, e in contatto con ciò che c’è in quel momento dentro di sé. Chi partecipa a questi incontri racconta che ogni volta è un’esperienza unica e sempre diversa, perché diversi siamo noi ogni giorno.

Come si svolge un incontro? La durata è di circa un’ora, più la successiva condivisione in cui si è invitati, se si desidera, a descrivere la propria esperienza agli altri partecipanti. S’inizia con una meditazione guidata alla quale segue l’armonizzazione sonora. Non serve una preparazione particolare, è meglio però cenare leggero o solo dopo l’incontro e usare indumenti comodi.

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RUBRICHE

GUIDA ESAMI

Esame impedenziometrico Per “misurare” lo stato di salute dell’orecchio - A CURA DI ELENA BUONANNO

Permette di ottenere informazioni sullo stato di salute e la funzionalità dell’orecchio, valutando l’elasticità del timpano e della catena di ossicini responsabili dell’udito. È l’esame impedenziometrico. Di facile esecuzione e indolore, può essere utile anche nei bambini e persino nei neonati per diagnosticare eventuali disturbi dell’orecchio in caso di riduzione dell’udito. Ne parliamo con la dottoressa Alexandra Tommasi, otorinolaringoiatra. Dottoressa Tommasi, di che tipo di esame si tratta? Si tratta di un esame otorinolaringoiatrico che permette di capire quali sono le cause di 48 | Bergamo Salute | Maggio 2017

perdita di udito, difficoltà di compensazione nel caso di sportivi o dolori auricolari durante voli aerei. Consente di ottenere informazioni sulla motilità/elasticità della membrana timpanica (per esempio nelle otiti medie catarrali, tipiche dei bambini); sulla pervietà della tuba timpanica (in apneisti e sub); sulla capacità di contrazione del muscolo stapedio, cioè il muscolo che fa contrarre la staffa (il terzo ossicino della catena ossiculare che trasmette il suono-vibrazione dalla

membrana timpanica al nervo acustico e che reagisce contraendosi più o meno a seguito di stimoli rumorosi) infine sulla catena ossiculare e sulla trasmissione nervosa della via acustica centrale. In quali casi è utile in particolare? È molto utile nella diagnosi e nel follow up delle frequenti patologie da raffreddamento che colpiscono i bambini: le otiti medie catarrali. Le raccolte di catarro dentro la cassa del timpano, provocano un calo dell’udito e la sensazione di “orecchio pieno” o di “orecchio chiuso” come se si fosse in galleria o in alta montagna. Queste sensazioni


DOTT. SSA ALEXANDRA TOMMASI Specialista in Otorinolaringoiatria A Bergamo

possono anche essere frequenti negli adulti che viaggiano spesso in aereo, a seguito dei cambi repentini di pressione a cui è sottoposto l’orecchio, che non vengono compensati in tempo dalla tuba di Eustachio (cioè non riesce ad aprirsi e a chiudersi in modo adeguato per far eguagliare la pressione interna all’o-

recchio rispetto a quella esterna). Quando questo succede si forma una raccolta di liquido o catarro nella cassa timpanica che può essere rilevata dall’esame timpanometrico. Questi sono disturbi ben conosciuti anche dai sub e dagli apneisti, esposti anch’essi a sbalzi pressori notevoli, anche se più frequentemente li descrivono come fitte dolorose e insopportabili. Inoltre l’esame impedenzometrico è utile per seguire l’evoluzione e per aiutare a fare diagnosi in patologie come l’otosclerosi. Si tratta di una malattia che colpisce prevalentemente le donne, con un picco evolutivo durante la gravidanza e consiste nell’anomala deposizione di osso intorno all’ultimo degli ossicini, la staffa. La staffa così si immobilizza riducendo le vibrazioni trasmesse dall’onda sonora al nervo acustico (all’esame non si otterrà quindi la risposta aspettata). Si possono poi indagare

cali uditivi fisiologici, cioè legati all’età o cali improvvisi, quando da un giorno all’altro il paziente riferisce di avere la sensazione di “non sentire più da un lato”. Infine, si studiano gli acufeni, quei rumori percepiti come fischi, sibili, scrosci, pulsazioni, uditi solo dal paziente. Come si esegue? Inserendo un tappino morbido, a forma di fungo, all’interno dell’orecchio dal quale viene emessa una pressione sonora di entità variabile in grado di mettere in movimento il timpano e la catena degli ossicini a esso annessi. È doloroso? Assolutamente no. Inoltre non ha bisogno della partecipazione attiva del paziente, a differenza ad esempio dell’esame audiometrico. Queste caratteristiche lo rendono adatto anche a bambini di pochi mesi.


RUBRICHE

ANIMALI

Esche e bocconi avvelenati Come difendersi e cosa fare

- A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

È uno dei peggiori incubi di chi ha un cane o un gatto. Parliamo dell’avvelenamento negli animali da compagnia: un problema spesso finito, negli ultimi tempi, alla ribalta delle cronache anche della nostra città, suscitando sentimenti in chi ama gli animali e in primis nei proprietari degli animali che ne sono rimasti vittime. Da un lato il dolore per la sofferenza che provoca nell’animale colpito (e nel suo proprietario), dall’altro il senso di impotenza che si prova quando, nonostante la tempestività dell’intervento e le cure prestate, l’animale muore. Infine la rabbia nei confronti di chi, a volte con assoluta volontà e spietatezza, continua a voler colpire degli animali innocenti. Ma è un pericolo molto diffuso? Quali precauzioni si possono adottare? E soprattutto come intervenire per evitare il peggio? Lo abbiamo chiesto alla 50 | Bergamo Salute | Maggio 2017

dottoressa Viviana Bonfanti, medico veterinario. Dottoressa Bonfanti, qual è la dimensione del problema nel nostro territorio? Partiamo da alcuni dati forniti dall’Istituto Zooprofilattico di Bergamo dove vengono portati i cadaveri degli animali morti per sospetto avvelenamento e dove si possono ricercare i componenti delle esche qualora se ne riesca a trovare una parte. Nella nostra Provincia vengono regolarmente analizzati diversi tipi di bocconi: in genere si tratta di composti a base di Metaldeide (lumachicida), Bromadiolone e Pirimiphos Metyl (rodenticidi). Nell’ultimo triennio, nella provincia di Bergamo, in circa un quarto dei bocconi analizzati si sono trovate tracce di queste sostanze, in netto aumento rispetto al triennio precedente. Le carcasse degli

animali analizzati (più cani che gatti) sono invece state riscontrate positive alle analisi, in percentuale variabile rispetto al triennio precedente, con un picco del 60% nel 2014. Quasi sempre le carcasse provenivano da zone di montagna, mentre le esche analizzate provenivano anche da zone di pianura e collina. Passiamo agli aspetti più pratici: come prevenire l’ingestione di bocconi avvelenati? Prima di tutto bisogna ricordare che cani e gatti istintivamente annusano e tendono a leccare ciò che trovano interessante per l'olfatto e gusto; quindi sarebbe buona cosa tenere i cani al guinzaglio quando si frequentano zone sconosciute. In questo modo possiamo preventivamente allontanare il nostro animale se lo vediamo insistere un po’ troppo su qualcosa.


Che cosa fare, invece, se ci si accorge che il proprio animale ha ingerito un’esca? Se, nonostante le precauzioni, dovessimo accorgerci che il nostro animale ha ingerito qualcosa di sospetto, sarebbe utile cercare di farglielo espellere facendogli bere acqua e sale. Se non avete a disposizione queste cose, meglio correre al primo centro veterinario dove potranno fare vomitare l’animale usando farmaci specifici. A volte, però, purtroppo ci si accorge che qualcosa non va solo dopo un po’ di tempo, quando l’animale comincia a manifestare dei sintomi clinici molto evidenti. Nel caso per esempio dei lumachicidi (tipici granelli di colore azzurro verde), il nostro animale presenterà vomito con emissione di schiuma azzurrastra, tremori, convulsioni e movimenti di pedalamento sdraiato sul fianco. In questi casi è assolutamente

necessario portare l’animale dal veterinario che gli somministrerà una terapia per via endovenosa per interrompere la crisi convulsiva e supportare la funzionalità degli organi interni, oltre a fare degli esami del sangue per valutare l’eventuale danno epatico o renale. La prognosi è sempre riservata perché dipende da diversi fattori: la quantità di esca ingerita, il tempo trascorso tra l’ingestione e l’intervento medico, l’età del soggetto e le sue condizioni di salute. A volte i sintomi si manifestano in modo meno evidente, come nel caso dei rodenticidi, sostanze che rendono il sangue di chi le ingerisce incapace di coagulare normalmente. In questi casi l’animale si potrà presentare affaticato, depresso, con le mucose pallide, potrà facilmente sanguinare per esempio dal naso o da piccole ferite e presentare feci scure. Anche in questo caso occorrono cure

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tempestive da parte del veterinario che gli somministrerà farmaci adatti, come la Vitamina K, o nei casi più gravi gli praticherà una trasfusione di sangue. Anche qui la prognosi è riservata. Per concludere, meglio tenere sempre sotto stretta osservazione i nostri animali quando li portiamo a fare una passeggiata: la libertà è bella, ma a volte per loro rischiosa.


VIAGGI

DELLA SALUTE

Vacanze antistress Al Vivosa Apulia Resort, un angolo di relax e divertimento per grandi e piccini nel cuore verde del Salento

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52 | Bergamo Salute | Maggio 2017

mente, c’è la Spa con hammam, sauna, biosauna, docce emozionali, area relax, piscina esterna riscaldata con zone idromassaggio, cabine per trattamenti e massaggi viso/corpo per lei/lui o in coppia. E non è tutto. Molte sono infatti le novità della stagione 2017, sempre all’insegna del benessere: dalla Creative Zen Photography un nuovo modo di concepire la fotografia in vacanza proposto nell’ambito delle attività dell’Antistress Academy, al Food therapy program con laboratori sull’energy cooking & healthy food e cooking lesson in spiaggia e in struttura; dal programma Antistress Golf Lessons con l’introduzione di una nuova tecnica mind oriented e la possibilità di provare il campo di nove buche di Antistress Golf nel parco naturale di Ugento all’Outdoor Energy Centre nel parco naturale, spazio dedicato al silenzio, al benessere psico-emotivo in

cui il cliente potrà meditare o partecipare a seminari, workshop e attività antistress organizzati dal team dell’Academy (per citarne alcune Oriental Arts, Mysi, Mindfulness, Yoga etc.). E mentre mamma e papà si dedicano alle attività che preferiscono, i più piccoli possono divertirsi al Mini e Junior Club o imparare il rispetto della natura al Campo Scout. Per un relax a misura di famiglia!

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DAL TERRITORIO

“Almenno Freestyle” e si torna a saltare! Il 7 e 9 giugno torna l’appuntamento con Almenno Freestyle: l’evento di motocross e freestyle a scopo benefico che per il settimo anno consecutivo diverte grandi e piccini di tutte le età. La novità di quest’anno è il doppio appuntamento: due serate, due team di motocross, tanti ospiti illustri e intrattenimento di qualità. Almenno Freestyle nasce da un progetto a cura di Amici per Bruno Onlus: una realtà nata dall’iniziativa di un gruppo di amici volenterosi di aiutare uno di loro, un amico di sempre, in un momento di forte difficoltà fisica e psicologica. Amici per Bruno nasce come ente no profit, ma estende presto la sua mission diventando una Onlus a tutti gli effetti. Oggi è portavoce e parte attiva di diversi progetti di solidarietà che aiutano persone bisognose nel paese di Almenno San Salvatore e non solo. Almenno Freestyle è iniziato così: uno spettacolo aperto alla comunità il cui ricavato, fin dalla prima edizione, ha esclusivamente scopo benefico. Per il settimo anno consecutivo, grazie alla collaborazione di sponsor e sostenitori generosi e sempre presenti, Almenno Freestyle promette conferme e annuncia novità. Tra le tante certezze la performance di motocross freestyle del Team DaBoot (7 giugno) e lo special trial show by Show Action Group (9 giugno). Non mancheranno intrattenimento musicale e ospiti d’eccezione, come il giornalista sportivo Paolo Beltramo e l’attore e comico Leonardo Manera. L'appuntamento per appassionati e curiosi è per il 7 e 9 giugno presso il campo sportivo di Almenno San Salvatore, a partire dalle ore 19.00. Tutte le informazioni sono disponibili sulla pagina facebook: @almennofreestyle.

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NEWS Due app che "parlano bergamasco" Ha vinto la medaglia d’argento del Premio Innovazione Salute in Sanità, promosso dal Politecnico di Milano e dall’Osservatorio Innovazione Digitale, come uno dei migliori progetti nella sezione “Servizi al Cittadino” tra più di 100 candidati. Si chiama MyHospital Serenissima ed è stata messa a punto da un giovane bergamasco, Giuseppe Venuti. Realizzata per l’Ulss 3 Serenissima di Venezia, questa app guida i cittadini/utenti attraverso i reparti, i servizi e i vari ambulatori delle strutture ospedaliere per raggiungere rapidamente i punti di interesse. L’applicazione, che segue la logica dei navigatori satellitari, è accessibile da smartphone e funziona anche senza connessione internet. Lo strumento fornisce anche informazioni che riguardano le sedi dell’azienda sanitaria, gli orari e i servizi offerti. Si rivolge invece alle neomamme “2Mums4Baby”, l’app creata da altre due giovani bergamasche, Stefania Brivio e Chiara Lorenzi, che aiuta a trovare velocemente un fasciatoio e un luogo adatto in cui cambiare il bebè in tranquillità. Per ora è disponibile solo per Android, ma entro breve il servizio sarà esteso anche ai dispositivi IOS. Sono 37 i locali attualmente censiti tra bar, centri commerciali, negozi, ristoranti e altre aree pubbliche. Una sezione apposita è inoltre dedicata ai parchi di città e provincia.


Al via il Festival dell’Ambiente Ritorna anche quest’anno l’atteso appuntamento con il Festival dell’Ambiente di Bergamo, organizzato dall’Associazione Festival dell’Ambiente e dal Comune di Bergamo - Assessorato all’Ambiente. Per tre giorni, dal 26 al 28 maggio lungo il Sentierone, oltre a spazi espositivi aperti dalle 10.00 alle 20.00 (sabato aper-

tura alle 9.00), si alterneranno momenti di condivisione, animazione, laboratori per bambini e incontri informativi e di approfondimento sul tema dell’Acqua, scelto come filo conduttore di quest’edizione. Acqua come nutrimento, fonte di vita e di approvvigionamento, come risorsa sostenibile e materia prima utilizzata quotidianamente nelle case, in agricoltura e nelle aziende. La manifestazione è anche un’occasione per conoscere più da vicino le molte realtà della provincia di Bergamo che lavorano pensando sostenibile nel campo della green economy, delle ener-

gie rinnovabili, dell’agricoltura e dell’alimentazione, della mobilità sostenibile, del volontariato. Il Festival si aprirà con il Convegno “Acqua di valore” in collaborazione con Uniacque spa in programma per le ore 10.00 di venerdì 26 maggio, durante il quale si potrà scoprire quali sono le caratteristiche dell’acqua che beviamo e di cui disponiamo comodamente a casa nostra. A seguire, alle 12.00, il taglio del nastro per l’inaugurazione ufficiale di questa sesta edizione. Altro appuntamento di rilievo, in tema di alimentazione sostenibile - perché acqua è anche nutrimento - sarà il convegno dal titolo “Dalle buone pratiche alle politiche: cibo, città e sostenibilità”, sabato 27 maggio alle 10.00. Questo e tanto altro al Festival dell’Ambiente 2017. L’invito a partecipare alla tre giorni green è per tutti, grandi e piccini, per un’ondata di sostenibilità.

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DAL TERRITORIO

ONLUS

Associazione un porto per noi - Onlus Da vent’anni accanto ai bergamaschi nella lotta contro l’ansia e la depressione

- A CURA DI ELENA BUONANNO

In 20 anni di attività ha aiutato centinaia di bergamaschi e bergamasche a uscire dal tunnel della depressione e dalla “gabbia” dell’ansia. Grazie alla collaborazione di psicologi e psichiatri, ma anche attraverso la creazione di occasioni di scambio, incontro e supporto tra persone che condividono lo stesso problema. Oggi l’Associazione un porto per noi Onlus è ormai un punto di riferimento per il territorio e per tutti coloro che soffrono di disturbi dell’umore, ma che spesso per vergogna o difficoltà economiche sono restii a chiedere un sostegno e a intraprendere un percorso di cura. «L’Associazione un porto per noi Onlus è un’associazione di volontariato senza scopo di lucro che opera da 20 anni sul territorio di Bergamo e provincia. Ha una lunga storia, passata attraverso l’affiliazione con L’Associazione Progetto Itaca - Milano; da cinque anni opera autonoma56 | Bergamo Salute | Maggio 2017

mente» dice la dottoressa Patrizia Amici, psicologa e vice-presidente dell’associazione. «L’associazione si propone come centro d'informazione, formazione e cura dei disturbi dell’umore (ansia e depressione). Al suo interno sono attivi stabilmente 15 volontari e conta 350 iscritti». Negli anni, l’associazione oltre ad aiutare concretamente tante persone, si è impegnata anche in una costante attività di educazione e sensibilizzazione nei confronti di questi disturbi, troppo spesso sottovalutati o non riconosciuti. «Abbiamo realizzato diversi progetti d’informazione presso le scuole superiori della città; dal 2014 siamo in rete con l’Associazione Europea Depressione (EDA Italia Onlus) e partecipiamo ad attività di informazione aperte al pubblico. Inoltre manteniamo contatti e collaborazioni con i Centri Psico Sociali della Provincia, con i Consultori Cittadini e con il Centro

Servizi Volontariato di Bergamo con il quale, dal 2014, organizziamo corsi per volontari e facilitatori. Crediamo infatti che per affrontare in modo efficace queste patologie sia fondamentale poter contare su una rete virtuosa» continua la vice-presidente. «Per quanto riguarda invece il sostegno alle persone, l’associazione offre la possibilità di accedere a gruppi di auto mutuo aiuto, a psicoterapie e visite psichiatriche e a uno sportello d’informazione e primo ascolto. In particolare per l’associazione rivestono grande importanza i gruppi di auto mutuo aiuto (AMA), strumento di estremo valore per supportare e accompagnare le persone nel loro percorso attraverso la sofferenza. Ogni gruppo è condotto da un facilitatore formato e supervisionato. Questi gruppi sono fondamentali come luogo di condivisione, confronto, sostegno e incontro reciproco; privi di qualsivoglia


tendenza a incasellare la sofferenza, si propongono come luoghi in cui manifestare in modo libero emozioni, pensieri, vissuti, idee. In altre parole costituiscono una rete sociale creata per produrre sostegno, empowerment (letteralmente “rafforzamento”) individuale e sociale. L’incontro nel gruppo infatti valorizza il singolo, lo rende soggetto attivo e gli permette di riconoscere l’altro come degno di fiducia. Ciò che costituisce valore nell’Associazione è l’idea che “insieme è meglio”, motivo per il quale diamo molto spazio all’appartenenza, al confronto e alla mutualità collaborativa. Ognuno, infatti, secondo noi, costituisce un tassello di estremo valore che va a costituire il tutto. “Siamo tutti un porto per qualcuno”…. Potremmo dire per parafrasare il nostro nome… un faro,

In Europa la depressione colpisce 40 milioni di individui, 3 milioni solo in Italia. Gli italiani che si ammalano sono tra il 4,4 e il 7% della popolazione. Eppure solo un terzo si fa curare” un porto a cui approdare. Tutti aiutati e tutti aiutanti». Un approccio partecipativo e aggregativo, quindi, che si traduce anche nell’organizzazione di attività ricreative e di svago che hanno come obiettivo offrire occasioni d’incontro e diminuire il senso di solitudine che a volte le persone con disturbi dell’umore provano. «Cerchiamo di mettere a disposizione un servizio di alto livello e quanto più possibile vicino alle esigenze delle persone che si rivolgono a noi». A partire dall’offerta psicoterapeutica, che propone diversi approcci e modelli psicoterapeutici: Psicoterapia Di-

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Risolvi facilmente i disturbi che compromettono la qualità della tua vita.

namica, Strategica Breve, Cognitivo Comportamentale e Psicoterapia dei Gruppi. Infine, la presenza di uno psichiatra che collabora strettamente con i colleghi psicoterapeuti ha l’obiettivo di sostenere e facilitare, in ogni modo, il percorso di guarigione, offrendo un approccio sinergico e integrato. Tutto a tariffe calmierate e sociali. «Come Associazione questo è un aspetto a cui teniamo molto, soprattutto in questi anni di crisi economica. Il nostro impegno infatti è aver cura delle persone e non solo curarle» conclude la dottoressa Amici.

Incontinenza urinaria

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Incontinenza ai gas-fecale

Cicatrici

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DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Il coraggio e la paura dell’ultimo passo - A CURA DI LELLA FONSECA

“Hai osservato, hai ascoltato e ne hai scritto, senza eccedere in sentimentalismo. Hai raccontato la vita. Un bellissimo ricordo che porterò sempre con me”. Queste sono le parole che il professor Umberto Veronesi ha rivolto all’autore del libro “Coraggio e paura" (edizioni Cinquemarzo), Cristian Riva, infermiere bergamasco che si occupa da più di dieci anni di cure palliative domiciliari. Il libro contiene dieci racconti, dieci storie di malati terminali e delle loro famiglie, in cui solo i nomi sono stati cambiati, i dialoghi, le emozioni, gli abbracci, le lacrime e i sorrisi sono stati raccolti fedelmente dall’autore. L’abbiamo incontrato per capire com’è nato questo libro, per aprire una finestra sul mondo del fine vita e delle cure palliative, una finestra appena socchiusa, proprio come quella sulla copertina, che la maggior parte di noi tende a ignorare finché il destino non ce la pone davanti, senza scelta e spesso senza che ne siamo preparati. Una finestra socchiusa che, nell’intento dell’autore, sta a significare il passaggio di luce. «È difficile vedere una persona alla fine della vita stare o dormire completamente al buio; vorrà sempre avere una piccola luce nella stanza. Per paura del buio, della morte stessa, del non svegliarsi più». Sì, perché la morte è nella società moderna un tabù. Fino a 50-100 anni fa la nascita e la morte avvenivano in casa e tutta la comunità parteci58 | Bergamo Salute | Maggio 2017

pava della gioia e del dolore della famiglia. Oggi non se ne vuole parlare, se non sottovoce. Ad esempio ai bambini non si parla mai della morte, spesso erroneamente il bambino viene allontanato dal morente, pensando di proteggerlo.

lascia il certo per l’incerto, abbandona la clinica e fa un salto nel buio verso questa nuova esperienza. Da subito l’area che lo interessa è proprio quella della gestione a domicilio di persone alla fine della vita o con dolore cronico benigno. «Il mio lavoro riguar-

È difficile vedere una persona alla fine della sua vita stare o dormire completamente al buio...

Cristian Riva si diploma infermiere nel 1994 e inizia a esercitare la professione in una clinica privata, ma dopo qualche anno è insoddisfatto e vuole cambiare. Nel 2003 prende il via l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), prima gestita solo dalle ASL (ora ATS), in seguito esternalizzata a Enti e Cooperative accreditate. Cristian

da fondamentalmente il fine vita e in piccola parte la gestione e il monitoraggio del dolore cronico benigno. Il medico di assistenza primaria (medico curante) attiva l’assistenza domiciliare e la famiglia o il paziente stesso scelgono l’Ente dal quale farsi seguire. Di vitale importanza è l’attivazione precoce del servizio, soprattutto


in ambito oncologico per costruire insieme un percorso di cura e relazione terapeutica con la famiglia e il paziente stesso. Ovviamente il bagaglio di conoscenze tecniche e infermieristiche è fondamentale, ma il nostro è in gran parte un lavoro di relazione. L’equipe di cura, oltre al medico di assistenza primaria è composta dell’infermiere che sviluppa un ruolo cardine nel percorso assistenziale, dal medico palliativista o terapista del dolore, dall’operatore socio sanitario (ove necessario) e anche dallo psicologo, ove richiesto. Il nostro compito è molto diverso da quello dell’infermiere ospedaliero. Quando entriamo in una casa non è come entrare in una stanza d’ospedale: insieme al malato troviamo la sua famiglia, che spesso ha bisogno del nostro appoggio quanto l’assistito. Quando varchiamo per la prima volta la porta di casa dobbiamo avere la massima apertura, non sappiamo quale situazione troveremo, dobbiamo conquistare la fiducia della famiglia, trarne i punti di forza e individuare i punti deboli. Dobbiamo conoscerci e fare sentire loro che avranno sempre un sostegno e potranno chiamarci in ogni momento ne avranno necessità; siamo infatti reperibili h24 per le situazioni più complesse». Come è nata l’idea del libro? Già scrivevi? "Coraggio e paura" è il mio primo libro, mi è sempre piaciuto scrivere, ma il libro è stata quasi una necessità, nata dal bisogno di fare conoscere questo lato nascosto della vita. Quando tornavo a casa da una giornata di lavoro spesso mi trovavo a fissare su dei bigliettini le frasi che i malati mi dicevano, perché erano troppo profonde, belle, emozionanti per perderle nella memoria.

Questi bigliettini poco a poco si sono trasformati nelle pagine del libro. Queste persone nel loro fine vita mi hanno dato moltissimo e il mio desiderio era condividere con altri questa ricchezza. Tutto il ricavato delle vendite del libro (che quasi inaspettatamente è andato e sta procedendo molto bene) lo sto utilizzando per adottare bambini a distanza. Ora sto ultimando il secondo... Con il tuo libro però tu vuoi anche fare capire che il dolore non è ineluttabile e sgombrare il campo dai molti pregiudizi… Certamente, in questo campo c’è molto da fare; si deve superare l’idea che il dolore faccia naturalmente parte della malattia e sia da accettare senza intervenire. Questo accade meno in altri Paesi. Molti credono che la somministrazione di oppiacei o la sedazione nei malati terminali sia una sorta di eutanasia, che acceleri la morte, ma non c’è niente di più sbagliato. Spesso l’abolizione di un sintomo refrattario e inaccettabile per chi è alla fine della vita (ad esempio una grave difficoltà respiratoria) può essere solo trattata sedando il paziente, con l’unico e sacrosanto obiettivo di farlo morire non prima, ma dignitosamente. Si pensa sempre che il dolore sia il sintomo più terribile. In realtà, salvo rarissimi casi, lo stesso viene sempre ben trattato. Ecco perché, più che di dolore, preferisco parlare di sofferenza. E la sofferenza più grande può essere proprio, ad esempio, la stanchezza. Il corpo che si trasforma e non risponde più ai bisogni più semplici. Una sorta di cambiamento in discesa che diventa spesso il sintomo più difficile e soprattutto quello meno trattabile. È difficile concepirla per chi è in salute; è una stanchezza che rende difficile anche parlare, pensare, riceve-

re la vista di una persona cara, ascoltare. Tre gradini possono diventare una montagna da scalare. In ogni caso il nostro compito sarà quello di “esserci”. I cittadini conoscono i loro diritti in questo campo? Bergamo di per sé è una realtà molto fortunata e pionieristica in questo tipo di servizio. Girando un po’ tutta l’Italia per presentare il libro ho scoperto realtà dove non esiste nulla di tutto ciò o se esiste non è certo paragonabile alla qualità offerta sul nostro territorio. L’attivazione precoce del servizio, la presa in carico in toto non solo del malato, ma di tutta la famiglia, la centralità del paziente, ma soprattutto l’autodeterminazione terapeutica per noi sono cardini irremovibili. A domicilio tutto si decide insieme, con e per il paziente. Ho conosciuto realtà molto diverse e molto lontane dalle vere cure palliative. Anche se la legge parla chiaro e garantisce a chiunque l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, questo in molte zone del nostro Paese non avviene. E quindi l’offerta è solo ospedaliera, ma l’ospedale non è il luogo dove morire. Come riesci a reggere il carico di un lavoro di questo tipo? Molti pensano che il nostro sia un lavoro molto triste, deprimente, ma non è così. Certo operiamo in situazioni difficili, ma sollevare dal dolore un malato, dare sostegno a una famiglia smarrita, sono grandi soddisfazioni, paragonabili a quelle di guarire o salvare vite. Ogni malato e ogni famiglia sono una storia a sé. Si dice che si muore come si è vissuto. Nel mio libro descrivo addirittura il caso di un malato che ha chiamato le persone più care per accomiatarsi in una sorta di festa. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 59


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A.R.M.R

Associazione Ricerca Malattie Rare

INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE

Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 1.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.

Incontri con i soci e gli amici di A.R.M.R /

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VENERDÌ 19 MAGGIO alle ore 20:00 Alla Cantalupa - Brusaporto Gran Galà A.R.M.R. 2017 MARTEDÌ 23 MAGGIO Visita Dirigenti gruppo Unicredit all’Istituto Farmacologico Mario Negri al Km Rosso, accompagnati dalla Presidente Fondazione A.R.M.R. Daniela Guadalupi Gennaro e dalla dott.ssa Ariela Benigni. Per informazioni: TEL. 035 79.85.18 - 338/44.58.526 segreteria@armr.it

Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT

IPERISTIDINEMIA Codice di Esenzione. RCG040 Categoria. Malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione, del metabolismo e disturbi immunitari (è chiamata anche "deficit di istidasi"). Definizione. L’iperistidinemia è un disordine del metabolismo dell’istidina (sostanza coinvolta nella formazione di proteine e con diverse influenze nelle reazioni metaboliche del corpo), caratterizzato da marcato aumento del livello di questo aminoacido nel plasma e nel liquido cefalorachidiano (che si trova nel sistema nervoso centrale) con aumentata secrezione dell’aminoacido stesso, dell’acido imidazolpiruvico e di altri metaboliti (prodotti di scarto) nelle urine. Epidemiologia. La prevalenza globale è attualmente stimata 1 su 10.000 mila in tutto il mondo. Maschi e femmine sono affetti in egual misura. Segni e sintomi. Le manifestazioni cliniche comprendono compromissione del linguaggio, ritardo dell’accrescimento e/o ritardo mentale. Eziologia. Questa condizione è dovuta al difetto di istidasi che normalmente trasforma l’istidina in acido urocanico. La malattia è ereditata. Test diagnostici. Il profilo aminoacidico mostra aumentati livelli di istidina nel plasma e nel liquido cefalorachidiano, oltre a un aumento inspiegato dell’alanina plasmatica. A livello urinario si riscontrano elevati livelli di istidina e del suo prodotto di transaminazione, l’imidazolpiruvato. La diagnosi biochimica può essere confermata con il dosaggio dell’enzima istidasi su epatociti o su fibroblasti. Terapia. Dieta povera di istidina, che determina un buon controllo biochimico, ma non un miglioramento clinico nei pazienti sintomatici. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Con il sitting volley porto l’inclusione dei disabili nelle scuole - A CURA DI LELLA FONSECA

Tutto procedeva per il meglio. Il lavoro andava bene, il suo matrimonio era fissato a settembre. Non poteva essere più felice di così, quando in pochi istanti, a Luglio 2005, tutto cambia per Paolo Gamba, all’epoca 37 anni, titolare di una piccola impresa di impermeabilizzazione e coperture a Brembate di Sopra. Mentre è in cantiere il muletto che stava manovrando si ribalta e lui rimane schiacciato: la gamba destra è solo fratturata, ma la sinistra è molto compromessa, con fratture esposte. Viene portato al Policlinico San Pietro dove lo operano e posizionano un Ilizarov (un anello metallico con fili che fissa la tibia esposta). Dopo il primo intervento seguono mesi di cure, medicazioni, camera iperbarica. A Ponte San Pietro Paolo può stare vicino alla sua attività; la sua salute certo è la prima preoccupazione, ma deve anche assolutamente mantenere in piedi la sua impresa. Ma non è affatto facile. La gamba sinistra non migliora. Non sente male, perché i nervi si sono danneggiati, ma le ferite non guariscono, il piede rischia la necrosi, non si può sospendere la terapia antibiotica, spostarsi è difficoltoso, deve sempre tenere la gamba distesa. Nel frattempo il matrimonio è stato rimandato a data da definire. Si sente in un vicolo cieco, senza apparente via d’uscita. Finché, grazie al supporto della futura sposa e dopo molti consulti specialistici tutti con 62 | Bergamo Salute | Maggio 2017

esito negativo, decide di andare agli Ospedali Riuniti di Bergamo per l’amputazione della gamba sopra il ginocchio. «Può sembrare assurdo, ma per me l’ampu-

molte opportunità. Dopo due anni, io e la mia fidanzata ci siamo finalmente sposati e la festa è stata doppia, visto che ero in piedi e camminavo!» ricorda Paolo.

tazione è stata una liberazione. Avevo capito che quella gamba non sarebbe mai guarita ed era un peso morto che mi portavo dietro a fatica.

Paolo non è tipo da piangersi addosso. Al centro di Budrio riceve assistenza per poter ricominciare un’attività sportiva, prova il nuoto e la bicicletta. Gli sembra di rinascere. Per lui il movimento e lo sport sono sempre stati una grande passione. Per quasi vent’anni prima dell’incidente era arrivato a dedicarsi anima e corpo alla pallavolo come giocatore e allenatore, andando in campo sette giorni su sette; poi l’impegno era diventato troppo pesante, difficile da conciliare con la gestione dell’impresa ed era passato al ballo, diventando insegnante di balli caraibici. Ma nel 2014, con la sua gamba nuova, complice un vecchio amico, ritorna al suo primo amore, la pallavolo. Ed è l’ennesima occasione, per Paolo, di dimostrare a

Dopo l’intervento sono andato a Budrio vicino a Bologna, al Centro protesi dell’INAIL e mi hanno dato il primo arto artificiale, un modello semplice per iniziare a prendere confidenza. Vedevo altre persone camminare bene con le loro protesi e mi sembrava una cosa impossibile, invece, con un po’ di pratica, anch’io mi sono rimesso in piedi. A Budrio ho visto molte persone meno fortunate di me, soprattutto bambini con malformazioni dalla nascita che non hanno mai provato a correre con le loro gambe, ho capito che avevo ancora


se stesso e agli altri che, grazie alla sua tenacia e determinazione, nella vita può raggiungere ancora molti traguardi. «Nel 2014 Massimo Barossi, un amico della pallavolo, subisce anche lui un incidente sul lavoro e l’amputazione. Va anche lui a Budrio e lì gli propongono il sitting volley, una specialità paralimpica che in Italia è poco conosciuta. Insieme partecipiamo a una dimostrazione a Pavia e così decidiamo di dedicarci a questa disciplina» racconta. Il sitting volley, da non confondere con la pallavolo sulla sedia a rotelle, è una variante del-

la pallavolo tradizionale in cui i sei giocatori per squadra sono seduti a terra nel campo, di dimensioni inferiori rispetto a quello normale, con una rete posta a 110 cm per gli uomini e 105 cm per le donne. «Abbiamo cominciato a giocare nel Missaglia, vicino a Lecco, poi siamo stati scelti per la nazionale italiana che nasceva in quell’anno, di cui sono capitano. La pallavolo è uno sport

molto tecnico e la nostra esperienza nella pallavolo standing ci è servita tantissimo. Nel 2015 abbiamo partecipato ai campionati europei in Germania, non ci siamo classificati perché il livello era altissimo, noi eravamo all’inizio come squadra, ma è stata comunque una bella esperienza».

ne ha come scopo permettere a ragazzi che non hanno le possibilità economiche di dedicarsi alla loro passione, sia sportiva sia artistica o altro ancora. Da due anni organizza a Brembate un torneo di sitting volley il cui ricavato viene interamente devoluto alla Onlus.

Nel Missaglia Paolo comincia anche un’attività con le scuole: porta il sitting volley nelle palestre scolastiche, dove bambini e ragazzi rispondono con entusiasmo. Durante questi incontri si fanno diverse attività fisiche a

La generosità di Paolo è evidente anche quando ci racconta con tristezza che a Budrio non tutti possono ricevere protesi dello stesso livello. Essendo un assistito INAIL, perché il suo incidente è stato sul lavoro, ha già ricevuto altre protesi più evolute dopo la prima. L’ultima è di pochi giorni fa, con il pistone controllato elettronicamente che gli permette di camminare con naturalezza. Ne ha una seconda non elettronica che può usare in acqua. Gli assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale invece ricevono solo una protesizzazione di base, molto meno sofisticata.

terra e alla fine, quando Paolo rivela che hanno giocato con un disabile, tutti si guardano stupiti. Sul pavimento della palestra erano tutti alla pari! Questa è l’inclusione messa in pratica. Il suo impegno verso le nuove generazioni si concretizza anche nel supporto alla Onlus “La passione di Yara”, nata a Brembate in ricordo della giovane ginnasta scomparsa tragicamente. L’associazio-

Ora in agenda ci sono una dimostrazione di sitting volley a San Pellegrino (nell’ambito di un evento organizzato con la partecipazione degli studenti dell’Istituto Alberghiero), il primo campionato italiano per club a Maggio e l’evento più importante: il campionato europeo a Novembre, in Croazia con la Nazionale Italiana… e chissà quanti altri appuntamenti. Paolo Gamba è un vulcano di energia e non ha certo intenzione di fermarsi ora!

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STRUTTURE

SMART DENTAL CLINIC

Carie nei più piccoli? Vietato sottovalutare - A CURA DI ELENA BUONANNO

Sono 11 milioni gli italiani che nel 2016 hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche (ricerca Censis-Rbm). In altre parole quasi uno su cinque. E quando si tratta di cure dentistiche il dato aumenta a uno su tre. Ma non è tutto. Secondo l’AIO (Associazione Italiana Odontoiatri) in sette anni, dal 2009 al 2016, in Italia gli accessi alle cure dentistiche sono calati del 35%. Il motivo? Sempre lo stesso, la crisi economica. Un quadro allarmante che non risparmia nemmeno i bambini, anzi. Basti pensare che il 33% degli under 14 non ha mai fatto una visita dal dentista. Eppure il 21% dei bimbi italiani ha avuto carie entro i 4 anni e il 43% prima dei 12 anni (dati da uno studio condotto su scala nazionale dal Centro di Collaborazione OMS per l’Epidemiologia e l’Odontoiatria di Comunità). «Contrariamente a quanto si pensa, il dente da latte cariato deve essere curato esattamente come quelli permanen-

ti» sottolinea il dottor Andrea Bianchi, odontoiatra pediatrico del Centro odontoiatrico del Policlinico San Pietro. Il centro fa parte di Smart Dental Clinic, network di 15 cliniche odontoiatriche del Gruppo Ospedaliero San Donato, accreditate con il Sistema Sanitario Nazionale. «Non solo perché la carie può essere anche molto dolorosa, ma anche perché un dentino irrimediabilmente cariato deve essere estratto, con conseguenze importanti per lo sviluppo dell’apparato dentale definitivo e della crescita ossea. Inoltre, anche una sola carie, che sia di un deciduo o di un permanente, si comporta come un focolaio infetto e potrebbe causare l’insorgenza di nuove lesioni cariose a distanza. È quindi fondamentale che i genitori non trascurino la salute dentale dei figli, affidandosi a medici competenti che sappiano consigliare un percorso di prevenzione o cura della patologia cariosa». Come fare allora a conciliare le esigenze di cura e di

salute (anche futura) dei più piccoli e le difficoltà economiche che molte famiglie vivono? Una soluzione è rivolgersi a un centro odontoiatrico convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale. Dottor Bianchi, a che età è consigliabile la prima visita dal dentista? A partire dai tre-quattro anni può essere consigliata una prima visita durante la quale viene effettuata la conta dei dentini, si controlla che non vi siano elementi cariati e si forniscono le istruzioni per una corretta igiene orale. In-

Le prestazioni in convenzione SSN Il Servizio Sanitario Nazionale garantisce agli individui in età evolutiva l’assistenza primaria, ciò consente di attivare in modo capillare, già dall’età pediatrica, strategie di prevenzione delle più importanti patologie così da favorire un miglior livello di salute. In particolare: > tutti i bambini da 0 a 14 anni usufruiscono delle cure dentali gratuite > per tutti i ragazzi da 14 a 16 anni è previsto il solo pagamento del ticket. Per accedere attraverso il Servizio Sanitario Regionale è sufficiente presentare l’impegnativa del pediatra di scelta con la dicitura “VISITA ODONTOIATRICA”. A oggi sono esclusi dal SSN i manufatti e le cure estetiche.

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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

torno ai sette anni si ha la completa eruzione dei primi molari definitivi: questi elementi vanno nella maggior parte dei casi sigillati, ovvero ricoperti da un leggero strato di “vernice” protettiva sulla parte masticante. Questa procedura rappresenta una valida strategia difensiva contro la carie, problema cha rappresenta una delle malattie croniche più diffuse al mondo. Quali sono le cause della carie? E perché alcune persone sembrano essere più soggette di altre? La carie è una patologia multifattoriale a carattere infettivo, alla base della quale vi è uno squilibrio nella composizione della flora batterica orale. In bocca troviamo tantissimi batteri, alcuni totalmente innocui, altri patogeni a determinate concentrazioni. Tra i batteri patogeni, il responsabile della patologia cariosa è lo Streptococcus Mutans, che agisce attaccando la sostanza dentale fino a disgregarla: ne deriva la lesione cariosa. Tali batteri la-

vorano al massimo delle proprie capacità quando in bocca trovano un ambiente ricco di zuccheri, nutrimento principale dello Streptococcus Mutans, oppure particolarmente acido. L’acidità del cavo orale dipende da molti fattori, a partire dalla composizione della saliva fino ad arrivare alla coesistenza di altri specifici batteri. La scarsa igiene orale e una dieta ricca di zuccheri semplici rivestono un ruolo fondamentale nell’instaurarsi della patologia cariosa, in quanto è proprio nella placca che si concentrano le sostanze nutritive necessarie alla proliferazione dei batteri cariogeni. È quindi fondamentale istruire i nostri pazienti al corretto spazzolamento dentale dopo ogni pasto e, in generale, ad avere un’alimentazione povera di zuccheri semplici. Otturazione a parte, cosa si può fare per contrastare il problema? A circa sei anni di età inizia la permuta dentale: vengono sostituiti gli incisivi decidui dai corrispet-

tivi elementi permanenti e, poco dopo, inizia l’eruzione dei primi molari permanenti. Questi elementi sono particolarmente a rischio, in quanto presentano una morfologia dei solchi articolata e profonda. Inoltre, erompendo posteriormente agli elementi decidui in un cavo orale ancora poco sviluppato, risultano particolarmente complessi da pulire in modo efficace, soprattutto considerando la dimestichezza nello spazzolamento non ancora acquisita da un bambino di sei anni. È però possibile proteggere questi elementi attraverso la tecnica della sigillatura che, come già detto, consiste nell’applicazione di una protezione a livello dei solchi dei molari. L’effetto preventivo e l’efficacia di tale pratica per i primi molari permanenti si attesta all’87,1% valutata a tre anni dalla sua applicazione, al 76.3% a quattro anni e al 65.0% a nove anni. Si tratta di una procedura altamente efficace e altrettanto semplice, ben tollerata anche dai piccoli pazienti più timorosi e quindi fortemente raccomandata. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 65


STRUTTURE

HABILITA OSPEDALE FACCANONI DI SARNICO

Degenza agevolata: il nuovo reparto dell’ospedale si tinge di verde Un nuovo progetto che prevede l’ampliamento dell’offerta di degenza, per poter dare al paziente prestazioni sanitarie e servizi di un istituto di riabilitazione intensiva con competenze specialistiche multidisciplinari. È questa la risposta messa in campo da Habilita Ospedale Faccanoni di Sarnico di fronte alle crescenti e sempre più variegate e complesse esigenze del territorio. «Abbiamo percepito la necessità di avere a disposizione posti letto per ricoveri a diverso impatto socio-sanitario e la priorità di garantire un percorso di continuità di cure in pazienti con particolari condizioni di fragilità» sottolinea il dottor Giovanni Taveggia, Direttore Sanitario dell’Ospedale, responsabile del progetto e responsabile dell’Unità Operativa di Riabilitazione. L’apertura di una degenza (cioè ricovero) a pagamento - a tariffe agevolate, ma con gli stessi standard sanitari di un ospedale di alto livello - chiamata Reparto Verde, è la nuova sfida di Habilita nell’offrire risposte alla popolazione più svantaggiata in termini di salute. Non sempre un codice o una diagnosi riescono a rappresentare la complessità clinica del paziente e una domanda non adeguatamente soddisfatta genera ulteriori costi e una percezione negativa di salute. «Il vantaggio sostanziale di un ri66 | Bergamo Salute | Maggio 2017

covero a Sarnico è rappresentato dalla possibilità di trovare professionisti capaci di agevolare il paziente nel percorso di guarigione o, quando questo non è completamente possibile, di percorrere tutte le strade terapeutiche per raggiungere il più alto livello di autonomia. Le competenze dei clinici, dei fisioterapisti, degli psicologi e degli infermieri sono il valore più grande della clinica» continua il dottor Taveggia. Habilita da quasi dieci anni è provider ECM (Educazione Continua in

Medicina) della formazione sanitaria e nello specifico della riabilitazione: corsi, congressi e attività formative sul campo sono gli strumenti che adotta per far crescere le competenze del personale e che trasferiscono sul paziente le migliori conoscenze scientifiche presenti in letteratura. «Il secondo cardine portante del lavoro è la tecnologia. Oggi i pazienti scelgono dove e come farsi curare: essere competitivi culturalmente significa studiare costantemente e conoscere le

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- A CURA DI FRANCESCA DOGI


Cento posti letto, ambulatori, diagnostica strategie di terapia più innovative. La forza di Habilita è stata da sempre la capacità di anticipare i tempi e disporre di tecnologie avanzatissime per la diagnosi e la riabilitazione». L’Ospedale di Sarnico mette sempre al centro il paziente, aiutandosi anche con la tecnologia. «La tecnologia è uno strumento terapeutico che non può sostituire in alcun modo l’uomo e la relazione del contatto umano: il segreto sta nell’usarla per sviluppare complicità terapeutica e la combinazione piacere-divertimento-soddisfazione nella cura. In Ospedale tutti i giorni si vivono esperienze di pazienti, di diverse età, che usano la tecnologia come gioco, si allenano giocan-

La struttura di degenza di Sarnico dispone di 100 posti letto per la degenza ordinaria (Riabilitazione e Medicina Interna) e tre di Day Hospital, oltre a poliambulatori specialistici completi di Diagnostica per Immagini: la proposta si concretizza con ricoveri a costi contenuti per il paziente, in camere di degenza singole o a due letti dotate di tutti i comfort di accoglienza e di assistenza medica e infermieristica. Effettuata l’accettazione per il ricovero, dal paziente o da un parente, o con l’aiuto del personale dell’Ospedale, il paziente verrà poi accolto dal Coordinatore del Personale Infermieristico nel reparto per la registrazione sanitaria e accompagnato in camera per essere messo a conoscenza del funzionamento dell’Unità di degenza, dove riceverà una guida informativa con le indicazioni utili per il soggiorno.

do e sfidano “la macchina” per vincere i loro limiti» aggiunge il dottor Taveggia. Presso l’Ospedale si possono trovare diversi reparti: dopo la legge regionale 23 del 2015, il Presidio di Sarnico è

stato riclassificato ad Istituto Socio Sanitario Territoriale, con attività ambulatoriali multidisciplinari e degenze di Riabilitazione e Medicina Interna convenzionate con il Sistema Sanitario Regionale.

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GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

Vigilatrice d’infanzia-Infermiera Pediatrica Un punto di riferimento per la salute e il benessere dei piccoli malati - A CURA DI MARIA CASTELLANO

È una figura nata ufficialmente in Inghilterra nel 1853. Alla vigilatrice d’infanzia spettava (e spetta ancora) l’assistenza infermieristica dei più piccoli. Un’assistenza a tutto tondo che includeva l’attenzione anche ad aspetti quali il divertimento e il gioco e al dolore, non solo del piccolo paziente ma anche dei genitori. Ma quali sono nel dettaglio i suoi compiti? Quale formazione e percorso bisogna seguire per diventare vigilatrice d’infanzia? E quali possono essere gli sbocchi professionali? Scopriamolo con l’aiuto di Alessandra Mangili, vigilatrice d’infanzia. Quali sono le mansioni della vigilatrice d’infanzia? La vigilatrice d’infanzia, oggi ridefinita Infermiere pediatrico secondo il profilo professionale (Decreto Ministeriale n°70 del 1997), è l’operatore sanitario che, in possesso della laurea abilitante e dell’iscrizione all’Albo,

opera in ambito sanitario ed è responsabile dell’assistenza infermieristica pediatrica (da 0 a 18 anni) di natura tecnica, relazionale, educativa, per gli aspetti preventivi, curativi, palliativi e riabilitativi. Le sue principali attività sono: la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati in età evolutiva e l’educazione sanitaria. In particolare: partecipa all’i-

dentificazione dei bisogni di salute fisica e psichica del neonato, bambino, adolescente e della sua famiglia; identifica i bisogni di assistenza infermieristica pediatrica e formula i relativi obiettivi; pianifica, condivide e valuta l’intervento di assistenza infermieristica pediatrica; partecipa a interventi di educazione sanitaria nell’ambito della famiglia e della

Dal 1852, nel secondo ospedale al mondo per bambini La storia dell’infermieristica pediatrica nasce per volere di Charles West che, nel 1852, fonda il secondo ospedale al mondo per bambini. Tra gli obiettivi che tale ospedale si poneva vi erano “la cura dei bambini”, lo sviluppo delle conoscenze mediche pediatriche e la “formazione dell’infermiere dei bambini”. La visione che West aveva dell’infermiera dei bambini era che dovesse avere una preparazione solida nell’interpretare e gestire in autonomia le variazioni cliniche del bambino, i trattamenti e tutta l’assistenza. Il primo corso di Vigilatrice d’infanzia fu istituito a Great Ormond nel 1853; il primo manuale di Infermieristica pediatrica How to nurse sick children fu pubblicato nel 1854.

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comunità, alla cura degli individui sani in età evolutiva, nel quadro di programmi di promozione della salute e prevenzione delle malattie e degli incidenti; all’assistenza ambulatoriale, domiciliare e ospedaliera dei neonati e dei soggetti di età inferiore ai 18 anni affetti da malattie acute e croniche; alla cura degli individui in età adolescenziale nel quadro di programmi di prevenzione e supporto sociosanitario; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente sia in collaborazione con altri operatori sanitari e si avvale, dove necessario, dell’opera del personale di supporto. In quali ambiti può lavorare? L’infermiere pediatrico svolge la sua attività professionale sia individualmente sia all’interno di équipe nelle strutture sanitarie pubbliche o private, ospedalie-

re o extra-ospedaliere, nei consultori famigliari, negli asili nido, nei centri di riabilitazione e a domicilio. Come si diventa infermiere pediatrico oggi? È possibile frequentare il corso a Bergamo? L’ordinamento italiano ha recepito l’esistenza di due diverse professioni fin dal 1940 con la legge 1098, che prevedeva la figura della vigilatrice d’infanzia accanto a quella dell'infermiera professionale. Nel 1954 sono stati istituiti i Collegi delle Infermiere professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’infanzia (IPASVI) quali responsabili della tenuta dei tre Albi professionali di riferimento. Dal 2000 il titolo di vigilatrice d’infanzia conseguito in base alla legge del 1940 è stato riconosciuto come equipollente a quello dell’infermiera pediatrica,

ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post base. Oggi il percorso di formazione prevede la Laurea in Infermieristica Pediatrica - Infermiere Pediatrico (D.M. 70/1997) della durata di tre anni con 1800 ore di tirocinio). I corsi di laurea in Infermieristica Pediatrica si possono trovare presso le università di Genova, Messina, Milano Università degli Studi, Napoli, Padova, Pisa, Torino, Roma (La Sapienza e Tor Vergata). Esiste uno specifico albo professionale? Sì, esiste un Albo professionale al quale bisogna essere iscritti per esercitare la professione: è il collegio IPASVI (Infermiere Professionale, Assistente Sanitario e Vigilatrice d’Infanzia). In Italia esistono ben 103 collegi, tra i quali quello di Bergamo al quale risultano iscritte a oggi solo 52 vigilatrici d’infanzia.



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REALTÀ SALUTE

Un buon sonno? Comincia dal materasso - A CURA DI FRANCESCA DOGI

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Il sonno è un momento fondamentale per la nostra salute e benessere: favorisce tutti i processi di rigenerazione e crescita, fisica e mentale. E non è tutto. Secondo sempre più numerose ricerche scientifiche dormire bene aiuterebbe anche a prevenire problemi muscoloscheletrici (mal di schiena, contratture etc.), problemi cardiovascolari (infarto in primis) e persino a ridurre il rischio di sovrappeso e obesità, oltre ovviamente a migliorare le performance fisiche e mentali durante la giornata. E una sana dormita passa, anche, attraverso il giusto materasso, considerato ormai una delle regole basilari per una corretta “igiene del sonno”. Ma come scegliere quello giusto per le proprie esigenze? Ce lo spiega Maurizio Mazzola, titolare di Lav System, azienda che vanta una lunga esperienza nella creazione e lavorazione di materiali, di imbottitura e sistemi di riposo e che ha fatto del costante miglioramento qualitativo e tecnologico il proprio fiore all’occhiello. Quali caratteristiche deve avere un buon materasso? Deve adattarsi adeguatamente al corpo, sostenendone la parte scheletrica ed evitando compressioni muscolari. Per ottenere questo, i nostri materassi utilizzano sia materiali viscoelastici, che si modellano con il calore

Grazie al software Ortho Axial e al controllo qualità su decine di migliaia di clienti, Lav System ha creato un configuratore per selezionare il materasso ideale (www.lavsystem.it/configuratore)

del corpo durante il riposo, sia schiume a base d’acqua prive di sostanze nocive, che con la loro struttura a microcellule rendono il prodotto indeformabile, oltre che traspirante. Il top di gamma è il materasso Lav Memory, che, grazie a un innovativo dispositivo, permette la regolazione personalizzata garantendo il miglior rapporto tra “accoglimento” e “sostegno”. Il Lav (Localized Air Variant) è un sistema brevettato che sostiene la curvatura della spalla e consente il riallineamento della colonna vertebrale. Cosa si intende per Memory? Che tipo di materiale è? Il Memory Foam è schiuma viscoelastica che si modella con il calore corporeo, dona alla spina dorsale una postura naturale, riduce i punti di pressione distribuendo il peso e aiutando a risolvere anche i problemi di circolazione. Frutto della ricerca NASA con l’obiettivo di aumentare il benessere degli astronauti, in seguito, grazie alla capacità di alleviare gli eccessi di pressione in soggetti lungodegenti, è stato ed è tuttora utilizzato in ambito medicale con proprietà antidecubito. Recentemente si è diffuso un notevole impiego nei materassi a uso privato. È inoltre un materiale

atermico, non è quindi in grado di aumentare il calore corporeo. Materiali a parte, come si fa a scegliere il materasso “su misura” per le proprie esigenze? Bisogna considerare alcuni fattori. Innanzitutto la posizione in cui si dorme abitualmente. Se tendiamo a stare in posizione supina, dovremmo optare per un materasso con una buona durezza; viceversa, se riposiamo su un fianco si deve preferire un piano di riposo meno rigido. Altro elemento è il peso corporeo. Anche in questo caso il livello di rigidità del materasso deve essere scelto in base al nostro peso, con un grado di durezza che aumenta per le persone più robuste. Infine c’è il problema della sudorazione eccessiva: in questo caso la soluzione ideale è rappresentata da piani di riposo in Memory Foam e Waterfoam che aiutano la dispersione del calore e donano freschezza alle superfici ventilate. LAV SYSTEM Via Martiri delle Foibe, 1 - Villongo (Bg) Tel. 035 926980 - info@lavsystem.it Numero Verde 800 226 291 www.lavsystem.it

Maggio 2017 | Bergamo Salute | 73



REALTÀ SALUTE

Prevenzione e salute cardiovascolare nella “farmacia dei servizi” Un binomio essenziale per una strategia vincente - A CURA DI FRANCESCA DOGI

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Insieme ai tumori, le malattie cardiovascolari rappresentano il primo “killer” anche in Italia. A dirlo è l’Istat. Da parte sua l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede che il numero di pazienti ad alto rischio cardiovascolare dagli attuali 300 milioni supererà i 600 milioni nel 2020. Da qui la necessità di puntare non solo su terapie sempre più efficaci e personalizzate, ma anche e soprattutto sulla prevenzione. «Osservando le statistiche relative ai farmaci etici (ovvero che si possono acquistare solo con ricetta medica) venduti mensilmente nelle farmacie italiane, si evidenzia una netta prevalenza dei farmaci destinati a disturbi dell’apparato cardiovascolare, cardiopatie, stati ipertensivi o problematiche del circolo periferico. In questo contesto, una corretta prevenzione può dare risultati eccellenti» dice il dottor Michele Visini, farmacista. Dottor Visini, quali sono le regole della prevenzione? Quando si parla di strategie preventive si fa riferimento a un ampio novero di linee guida e suggerimenti (quindi, in prima battuta, non di interventi correttivi che contemplino l’uso di prodotti farmaceutici e/o salutistici). Fare prevenzione significa provare a ridurre l’impatto di alcuni elementi che possono determi-

nare la comparsa di un’alterazione del corretto funzionamento dell’organismo; significa sostanzialmente prendersi cura di sé. Il primo consiglio è quello di monitorare con regolarità e frequenza variabile, a seconda del rischio statistico (proprio di ciascun individuo), alcuni semplici parametri. Per quanto riguarda le problematiche relative all’apparato cardiovascolare (ipertensione e patologie cardiache), ci si è concentrati in modo particolare sullo studio di fattori di rischio, che si suddividono in elementi non modificabili (età, sesso, familiarità) e modificabili (ipertensione, colesterolo, diabete, fumo, indice di massa corporea, stile di vita etc.). Sui primi non si può ovviamente fare nulla se non sottoporsi a controlli ciclici; i secondi possono invece essere monitorati, misurati ed eventualmente corretti. È a questo punto che la farmacia dei servizi può giocare un ruolo molto utile. Quale tipo di controlli, in particolare, si possono fare in farmacia? Pressione del sangue, diabete e colesterolo (anche se più correttamente andrebbe valutato l’intero profilo lipidico). Per quanto riguarda la misurazione della pressione arteriosa, si possono trovare in farmacia sfigmomanometri in grado di evidenziare un

potenziale rischio di fibrillazione atriale o alterazioni della regolarità del battito che possono, d’accordo con il medico di base, essere immediatamente valutati e analizzati con un elettrocardiogramma eseguito in farmacia e refertato, in brevissimo tempo, grazie alla telemedicina. Molto utili possono essere anche i monitoraggi nelle 24 ore secondo Holter della pressione arteriosa e dell’attività cardiaca. Sempre più diffuse sono anche le bilance impedenziometriche: strumenti in grado di determinare la composizione corporea grazie a un software, permettendo così di tenere il livello di grasso sotto controllo. I monitoraggi citati sono eseguibili in un numero sempre crescente di farmacie (oltre che ovviamente nei centri ospedalieri), con apparecchiature sempre più sofisticate e affidabili.

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Maggio 2017 | Bergamo Salute | 75



REALTÀ SALUTE

Crioterapia: il trattamento “non farmacologico” per il dolore acuto nel post-trauma - A CURA DI FRANCESCA DOGI

Le proprietà terapeutiche del freddo sono note fin dai tempi più remoti, ma solo negli ultimi decenni si è stabilito e dimostrato che la terapia del freddo (crioterapia) se usata correttamente, può risolvere moltissimi disturbi. Una terapia il più sicura possibile, senza effetti collaterali, non invasiva e indolore. Ne parliamo con il dottor Sergio Barbesta fisioterapista del Poliambulatorio Avalon, centro dove si possono trovare oltre 20 branche mediche sia accreditate con Servizio Sanitario Nazionale sia in regime privato. Per quali patologie è utile la crioterapia e lo shock-termico? Innanzitutto è bene sottolineare che affidarsi a un centro che utilizza macchinari di ultima generazione e tecnologicamente avanzati è il primo passo per essere sicuri di sfruttare i benefici

del freddo nel modo più corretto e soprattutto ottenere risultati tempestivi e duraturi accelerando anche i tempi di guarigione. Infatti con la nuova tecnologia che utilizza crioterapia, ipertermia e shock - termico controllato, si ha un'azione in grado di bloccare l’infiammazione e combattere il dolore in modo rapido, naturale e sicuro. Nel campo della medicina, l’impiego delle fonti naturali di freddo e di caldo possono assumere una straordinaria importanza, sia a fini antalgici sia curativi. In particolare, nei traumi, la crioterapia è sostanzialmente l’unico approccio terapeutico efficace e per certi versi possibile. La crioterapia e soprattutto la terapia da shock-termico, in cui a fasi di vasocostrizione seguono repentinamente fasi di vasodilatazione, si sono rivelate efficaci nel trattamento di tutte le pato-

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logie muscolari e articolari sia acute sia croniche (cervicalgie muscolo-tensive, lombalgie, artrosi) ma è necessario rispettare rigorosamente i tempi e modi di applicazione. Come viene eseguito il trattamento? Il trattamento viene eseguito da un fisioterapista esperto e addestrato e consiste in un massaggio con un manipolo ergonomico che viene posto in contatto con la parte da trattare e che permette di adeguare i parametri e il trattamento alle reali sensazioni del paziente. Solo così la terapia è davvero efficace.

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I benefici del freddo Effetto analgesico La diminuzione della temperatura dai 10 ai 20 gradi induce una diminuzione della conducibilità nervosa, con una conseguente riduzione del dolore. Effetto metabolico Conseguentemente all’azione del freddo si induce un rallentamento del metabolismo tissutale. Effetto muscolare Si ottiene direttamente con una

riduzione dello spasmo muscolare dell’edema interrompendo il circolo vizioso spasmo-dolore/dolorespasmo. Effetto estetico e anti-cellulite La crioterapia, lavorando a temperature tra i - 6° e - 8° in modo costante per tempi prestabiliti, causa la necrosi (morte) delle cellule adipose. Lo shock termico aiuta la rimozione e lo smaltimento delle cellule adipose necrotizzate. Maggio 2017 | Bergamo Salute | 77


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Diagnostica domiciliare Radiografie, Ecografie, ECG direttamente a casa con referto immediato

- A CURA DI FRANCESCA DOGI

Anche a Bergamo da qualche mese è possibile eseguire direttamente al domicilio radiografie, ecografie ed elettrocardiogrammi (ECG). Il Servizio è gestito da un gruppo di tecnici di radiologia (TSRM) e di radiologi di comprovata competenza. Tra loro il TRSM Luca Aresi, che abbiamo incontrato per saperne di più.

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Come vi è venuta l’idea di fare esami a domicilio? In Italia esistono realtà simili alla nostra, che stanno dimostrando la validità e le potenzialità del modello pluridisciplinare di assistenza a domicilio. Allora ci siamo chiesti “perché non mettere a disposizione anche nella Provincia di Bergamo un servizio di diagnostica per immagini a domicilio?”. A chi si rivolge questo servizio? Si rivolge a tutti i cittadini che vogliono ricorrere a un servizio alternativo con la possibilità di effettuare in tempi brevi le prestazioni senza spostarsi da casa o dal posto di lavoro. L’attività, inoltre, si rivela utile per persone “fragili” e con patologie croniche. Quali esami si possono eseguire? È possibile effettuare tutte le radiografie, ecografie ed elettrocardiogrammi. Radiografie del torace, dell’addome, della colonna vertebrale, del bacino e

di tutti i segmenti scheletrici (nel sospetto di fratture). L'ecografo, grazie all’esperienza pluriennale degli specialisti, ci permette di realizzare lo studio dell’addome, tiroide, mammella, muscolo-scheletrico, testicoli, etc. È possibile inoltre effettuare le indagini vascolari, doppler e color-doppler, dei vasi del collo e degli arti inferiori. Eseguiamo anche l’elettrocardiogramma (ECG) con valutazione e refertazione da parte del cardiologo. Ma è affidabile la qualità degli esami eseguiti a domicilio? Grazie allo sviluppo tecnologico è possibile portare al domicilio la stessa tecnologia usata nei centri diagnostici tradizionali, così da garantire indagini di elevata qualità. L’esito è subito disponibile? Sì. Il cittadino potrà visionare il referto del medico e l’indagine effettuata, consegnati immedia-

tamente sia in formato cartaceo sia elettronico (su un supporto USB dalle dimensioni di una carta di credito) su cui potranno essere memorizzati anche esami successivi. Come si può prenotare? La prenotazione può avvenire sul sito Internet all’indirizzo www.diagnosticadomiciliare.it oppure attraverso il numero verde 800 978 362 tramite il quale verrà concordato in tempi brevi l’appuntamento, fornendo tutte le informazioni necessarie. Accettazione, pagamento e fatturazione verranno effettuati direttamente in sede di esame.

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REALTÀ SALUTE

La salute del nostro animale domestico… viene dalla ciotola - A CURA DI FRANCESCA DOGI

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Ormai è risaputo che se i nostri amici animali vengono alimentati con prodotti di qualità ne beneficiano sicuramente in salute. Questo vale per loro proprio come accade per gli umani. Certamente chi cucina personalmente per i propri animali domestici conosce la qualità dei prodotti utilizzati. La maggior parte dei padroni però è obbligata, per mancanza di tempo, a optare per prodotti già pronti all'uso. Ma quale scegliere tra i tanti presenti sul mercato? Come essere sicuri che siano davvero di buona qualità? «Spes-

so davanti a una moltitudine di prodotti presenti sugli scaffali dei negozi, i proprietari non sanno quale prodotto scegliere» osservano Gabriele e Simona, titolari di We & Pets. Il negozio è un punto di riferimento per chi ama gli animali, dove trovare prodotti di alta qualità per tutti i gusti e le esigenze, accuratamente selezionati. L'attenta “guida” di venditori professionali a disposizione dei clienti consiglia i padroni nella scelta degli alimenti più adatti in base all'età, al temperamento e all'attività fisica del proprio animale domestico. «Esattamente come si consiglia di fare quando si scelgono alimenti da portare sulla nostra tavola, la prima regola è legge-

re attentamente l’etichetta. Ogni prodotto è corredato di una descrizione degli ingredienti grazie alla quale possiamo capire la qualità del prodotto. Il primo ingrediente indicato nell'etichetta è quello presente in maggior percentuale nel prodotto. Pertanto se all'inizio della lista ci sarà carne o pesce significherà che quel prodotto è sicuramente ricco di tali ingredienti; ma se come primo ingrediente ci sarà scritto cereali significherà che tale prodotto è ricco di cereali. Oltre a proteine animali, vegetali e cereali, i prodotti possono essere arricchiti anche con erbe officinali, frutti, verdure, integratori vari per mantenere l’animale in ottima salute. Un altro indice di ottima qualità è la presenza di conservanti naturali invece di conservanti artificiali o appetibilizzanti sintetici». Ovviamente, il prezzo dei prodotti di alta qualità è superiore. Bisogna però tenere conto che essendo più ricchi di sostanze nutritive di valore, possono essere somministrati in dosaggi minori. A tutto vantaggio della salute e della vitalità del vostro animale.

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Bergamo Salute anno 7 | n°38 Maggio | Giugno 2017 Direttore Editoriale Elena Buonanno Direttore Responsabile Daniele Gerardi Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Nello Ruggiero nello.ruggiero@marketingkmzero.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, ©Alessandro Carlozzo, Gian Luca Galavotti Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing km Zero Srls Via Broseta, 121 – 24128 Bergamo Tel. 035.258559 – Fax 035.209040 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Maria Castellano, Viola Compostella, Ilaria D'Ambrosi, Lella Fonseca, Giulia Sammarco Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°21019 © 2017. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

I canali di distribuzione di Bergamo Salute • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

COMITATO ETICO • • • • • •

Dott. Maurizio Pagnoncelli Folcieri Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Dott. Ezio Caccianiga - Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo Beatrice Mazzoleni - Presidente IPASVI

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