Bergamo Salute - 2020 - 56 - luglio/agosto

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numero

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Anno 10 Luglio | Agosto 2020

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1 0 AN NI

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Dermatologia FUOCO DI SANT’ANTONIO. COME RICONOSCERLO E COSA FARE

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Alimentazione LA DIETA DELL’ABBRONZATURA

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Psicologia CORONAVIRUS E FAKE NEWS

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Crioterapia IL BENESSERE CHE VIENE DAL FREDDO

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Adriano Merigo

Le mie animazioni 3D per dare vita alle canzoni di Concato, Mina e Fossati Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 1


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numero

56

) EDITORIALE 7 Stringiamo i denti, ma non smettiamo di sognare ) ATTUALITÀ 8 BergamoScienza diventa maggiorenne ) SPECIALITÀ A-Z 12 Dermatologia Fuoco di Sant’Antonio. Come riconoscerlo e cosa fare 14 Endocrinologia Covid 19, da infezione virale a malattia cronica autoimmune 16 Neurologia Emicrania cronica, finalmente riconosciuta come malattia sociale ) PERSONAGGIO 18 Adriano Merigo Le mie animazioni 3D per dare vita alle canzoni di Concato, Mina e Fossati ) IN SALUTE 22 Stili di vita 5 motivi per schiacciare un pisolino 24 Alimentazione Dieta dell’abbronzatura. Ecco cosa mangiare per una pelle sana e dorata 26 Tonno in scatola. Guida alla scelta ) IN ARMONIA 28 Psicologia Coronavirus e fake news: un binomio pericoloso 32 Coppia Da coppia a famiglia adottiva

Anno 10 Luglio | Agosto 2020

) IN FAMIGLIA 34 Dolce attesa Come contrastare il gonfiore delle gambe in gravidanza 36 Bambini Bambini al sole? Con prudenza 32 Lock-down. Le conseguenze sui più piccoli ) IN FORMA 40 Fitness Allenamento verticale in acqua. Per allenarsi, tonificare e rilassarsi senza rischi 42 Bellezza La beauty routine per la pelle mista ) ATS INFORMA 50 L’altra faccia dell’emergenza Covid ) RICETTA 52 Muffin salato vegan alle zucchine ) RUBRICHE 54 Altre terapie Il benessere che viene dal freddo 56 Guida esami Test sierologici. Cosa sono e a cosa servono 58 Animali Filariosi

) DAL TERRITORIO 60 News 62 Onlus Ospedali dipinti 64 Il lato umano della medicina Da Almè al Nepal con un carico di vitamine 67 Malattie rare Sindrome di Werner 68 Testimonianza Con l’emofilia ho fatto 800 Km a piedi ) STRUTTURE 70 RSA Casa Mia Verdello 72 Cooperativa In cammino ) PROFESSIONI SANITARIE 74 Che cosa significa essere esperti in Wound Care ) REALTÀ SALUTE 77 Ortopedia Medical Farma 79 Clinica Dentale Pianeta Sorriso 81 Farmacia San Nicolò

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EDITORIALE

Stringiamo i denti, ma non smettiamo di sognare “Finalmente sono arrivate le vacanze e così la voglia di partire”. Avremmo probabilmente iniziato così il nostro editoriale del numero estivo di Bergamo Salute in un’altra situazione. Ma quest’estate è davvero un’estate strana, soprattutto per la nostra città e non poteva essere diversamente. Tutti abbiamo voglia di svagarci e goderci momenti rilassati insieme ad amici e parenti,

dedicarci per qualche giorno ai nostri hobby e passioni, dimenticando il lavoro. Ma dall’altra parte il ricordo vivido di quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi a causa dell’emergenza da Covid 19 ci frena dal ricominciare a vivere appieno. Un vivere che necessariamente è oggi diverso dall’anno scorso, con mascherine e distanziamento, con il quale però dovremo convivere ancora per un po’. Il

virus - lo dicono i numeri dei contagi giornalieri - è ancora in giro. Certo è molto meno aggressivo rispetto a marzo e i sistemi di sorveglianza sono efficaci e pronti ad arginare tempestivamente eventuali focolai, ma non per questo dobbiamo abbassare la guardia. Dobbiamo abituarci a questa nuova ”normalità” per il bene nostro e di tutta la collettività, anche nell’eventualità di una seconda ondata in autunno che nessuno ad ora può dire se arriverà o no. Questo non significa però rinunciare a godersi un po’ di meritato riposo - in città o in montagna, al mare o altrove - e imparare a trarre il meglio da ogni singolo momento e situazione, riscoprendo il valore delle piccole cose e dei rapporti con gli altri. Questo - noi almeno lo crediamo fermamente - è l’insegnamento che ci ha lasciato il Covid 19. Potrà sembrare retorico, e forse lo è, oppure da sognatori. Ma noi non vogliamo smettere di sognare e come noi tanti altri. Ed è con questa speranza che vi auguriamo una buona estate, sicuramente diversa dal solito e più difficile per molti, ma speriamo comunque ricca di cosa belle!

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ATTUALITÀ

BergamoScienza diventa maggiorenne E lo fa con un’edizione digitale - causa emergenza sanitaria ma che non rinuncia a ospiti internazionali di primissimo livello e tanti eventi

Ph: Laura Pietra

∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Quest’anno BergamoScienza, il festival di divulgazione scientifica organizzato dall’omonima Associazione, diventa maggiorenne. È infatti la diciottesima edizione quella che si terrà dal 3 al 18 ottobre. A causa del Covid 19 e per la sicurezza del pubblico, non ci saranno festeggiamenti ma tutti gli ospiti (e che ospiti, ben 5 premi Nobel e tanti altri scienziati) saranno in “digitale”. Sarà dunque un’edizione diversa da quelle abituali, un’edizione in streaming costruita con l’apporto determinante dei Giovani di BergamoScienza. «Faremo un festival nuovo e per questo abbiamo lasciato lavorare i Giovani 8 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Fino a settembre, sui canali web della manifestazione, si terrà un Pre-Festival con dirette streaming www.bergamoscienza.it” di BergamoScienza che ci seguono da sempre e hanno dimostrato di avere freschezza di idee, creatività, capacità di riflessione e un grande impegno per un futuro che è sempre più vicino» dice la presidente dell’Associazione BergamoScienza Raffaella Ravasio.

DAI VIRUS ALLA SOCIALITÀ DIGITALE: TEMI “CALDI” E URGENTI Non ci sarà il pubblico fisicamente, ma tutti in Italia potranno collegarsi in streaming al sito web www.bergamoscienza.it alla scoperta del mondo che cambia. «Mai come ora è necessario mettere la scienza al centro, non solo in termini di avanzamento della conoscenza che produce nuove soluzioni tecnologiche, ma soprattutto come modo di pensare, di comportarsi, di scegliere» sostengono gli organizzatori. «In questo periodo si stanno accelerando trasformazioni già intercettate dal Festival nelle scorse


edizioni come quelle relative al clima e alla tutela del nostro pianeta». Ma non solo. In questa diciottesima edizione ci saranno altre tematiche che richiedono approfondimenti urgenti come le nuove forme di socialità digitale, il problema della medicina personalizzata e di genere, l’invecchiamento della società, le sfide ambientali, la cyber sicurezza, i virus emergenti, l’ecosostenibilità del mare, i viaggi nello spazio e tanto altro.

CINQUE NOBEL E SCIENZIATI DA TUTTO IL MONDO Dal 3 al 18 ottobre sarà un vero e proprio fuoco di artificio con i cinque premi Nobel che racconteranno la loro visione del futuro dialogando con alcuni membri del comitato scientifico di BergamoScienza: Elizabeth Blackburn, Nobel 2009 per la Medicina; Barry Marshall Nobel 2005 per la Medicina; Martin Chalfie, Nobel 2008 per la Chimica; Craig Mello, Nobel 2006 per la Medicina; Jack Szostak, Nobel 2009 per la Medicina.Tante, come sempre, le conferenze, a

partire da quella con lo scrittore e divulgatore scientifico statunitense David Quammen, autore del bestseller Spillover, che parlerà di “Virus emergenti e ambiente”. E chiaramente si parlerà anche del Coronavirus. Tra i tanti illustri ospiti, l’antropologo e primatologo Richard Wrangham, dell’Università di Harvard, molto attivo nella salvaguardia dei gorilla di montagna, che interverrà su “L’evoluzione della socialità nella storia umana”. Lo zoologo Arik Kershenbaum, dell’Università di Cambridge, dialogherà con Roberto Ragazzoni, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Padova, sul mondo dei pianeti e degli esoscheletri nella conferenza “Ricerca di vita intelligente: cosa gli animali possono dirci sull’eventuale biologia oltre il pianeta Terra?”. Dopo l’inaugurazione, Elizabeth Blackburn terrà una conferenza nella quale approfondirà il tema che le è valso il Nobel 2009 per la Medicina: la scoperta del meccanismo che provoca l’invecchiamento cellulare e le strategie per ostacolarlo. Poi toccherà all’eco-

sostenibilità con la biologa marina Mariasole Bianco, specializzata nella gestione delle Aree Protette e punto di riferimento nazionale e internazionale per le politiche legate alla tutela dell’ambiente marino, che si confronterà con la biologa Francesca Garaventa, sul tema: “Il Mediterraneo, un mare di plastica: quanta ce n’è? Quali sono le conseguenze e cosa possiamo fare al riguardo?”. Interessante sarà anche il racconto che farà l’astronauta Luca Parmitano, rientrato con successo dalla missione Beyond, sulla sua ultima avventura nello Spazio e sul futuro dello stesso Spazio e della Terra. Dall’Università di Harvard, Naomi Oreskes, esperta di Scienze della Terra e del Pianeta, condividerà con il pubblico la sua teoria secondo cui un team di autorevoli scienziati lavora per confondere l’opinione pubblica sulla comprensione dei fatti scientifici come, per esempio, i cambiamenti climatici. La psicologa Diana Reiss, che fa parte del programma di laurea in Animal Behaviour and Comparative

LE SCUOLE BergamoScienza si contraddistingue per il suo rapporto con le scuole e il loro coinvolgimento nelle numerosissime attività laboratoriali rivolte a giovani e giovanissimi. Per l’edizione 2020, anche il format digitale prevede workshop e attività esperienziali che svilupperanno le principali tematiche del festival.

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ATTUALITÀ

Psychology della City University di New York, spiegherà la comunicazione nei delfini e in altri cetacei. Jared Mason Diamond, biologo, fisiologo, ornitologo, antropologo e geografo statunitense, ha conquistato il Premio Pulitzer per la saggistica nel 2017, con un libro dove ipotizza un nuovo tipo di storia basato sulla scienza che può formulare previsioni piuttosto che descrivere fatti in ordine cronologico. Il neuroscienziato James H. Fallon, della Irvine School of Medicine dell’Università della California, studia i cervelli di serial killer e altri criminali privi di empatia per il prossimo e di rispetto per limiti e regole, per vedere se esistono in essi pattern fisici ricorrenti.

NOVITÀ 2020: I DIVULGATORI DI SUPERQUARK+ Tra le novità di questa edizione speciale anche la presenza dei giovani divulgatori della trasmissione SuperQuark+, che animeranno 10 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

varie attività del festival raccontando la scienza con un linguaggio innovativo e capace di coinvolgere anche i più giovani. Sono lo scrittore e progettista dell’INAF Davide Coero Borga; la fisica nucleare Giuliana Galati; il chimico Ruggero Rollini; gli astrofisici Edwige Pezzulli e Luca Perri.

ALLA SCOPERTA DEL LEGAME TRA ARTE E SCIENZA Il pubblico di BergamoScienza potrà anche partecipare a esclusivi tour virtuali per ammirare, stando a casa propria, i laboratori del Metropolitan Museum of Art di New York, con la guida del direttore scientifico Marco Leona, che illustrerà alcune metodologie all’avanguardia per l’analisi di opere d’arte. Sebastiano Barassi, direttore delle collezioni e mostre della Fondazione Henry Moore, accompagnerà in un viaggio nello studio dove l’artista realizzava le sue sculture monumentali, con un focus sulle “Stringed Surfa-

ces”, piccole sculture che Moore realizzò dopo una visita allo Science Museum di Londra: un affascinante incontro tra rappresentazione artistica e strutture matematiche. Non poteva ovviamente mancare Bergamo: è previsto un tour nella Basilica di Santa Maria Maggiore, con il critico d’arte Mauro Zanchi, alla scoperta della ruota che sostiene le volte – che si dice sia stata realizzata su disegno di Leonardo Da Vinci – e delle 33 tarsie del coro, realizzate a inizio Cinquecento da Giovan Francesco Capoferri su disegno di Lorenzo Lotto. In programma anche una visita virtuale nei laboratori del CERN assieme ai suoi ricercatori, che racconteranno dell’acceleratore di particelle ATLAS, al cui progetto partecipano 3.000 scienziati e ingegneri, appartenenti a 182 istituti di 38 nazioni diverse. Insomma una ricca edizione, anche se solo digitale, per i primi diciotto anni di vita.


Tre nuovi consiglieri L’industriale Carlo Mazzoleni, neo presidente della Camera di Commercio, la biologa ricercatrice del Miario Negri Raffaella Giavazzi e il professor Enrico Gherlone, ordinario di malattie odontostomatologiche e rettore dell’Università Vita Salute San Raffaele, sono i nuovi consiglieri di BergamoScienza in rappresentanza dei tre Soci Fondatori: Camera di Commercio, Ubi Banca e Università Vita Salute. Il direttivo è così composto: Raffaella Ravasio, Presidente; Susanna Pesenti, Segretario Generale; Andrea Moltrasio e Mario Salvi Past President. Consiglieri: Alberto Barcella; Alessandro Bettonagli; Umberto Corrado; Lucia Fumagalli; Enrico Gherlone; Raffaella Giavazzi; Giorgio Gori; Patrizia Graziani; Gianvito Martino; Carlo Mazzoleni; Remo Morzenti Pellegrini; Stefano Scaglia; Enrico Seccomandi. «Diamo il benvenuto ai nuovi consiglieri e al nuovo revisore dei conti» dice la presidente dell’Associazione BergamoScienza Raffaella Ravasio. «E ringraziamo per il prezioso sostegno e lavoro di questi anni Paolo Malvestiti e Alberto Carrara. Un ringraziamento speciale va ai soci fondatori, agli enti, alle istituzioni e alle aziende del territorio che sostengono l’Associazione e che rendono possibili le nostre iniziative. È un sostegno che apprezziamo più che mai in quest’anno difficile, perché ci ha permesso di non arrenderci e di continuare a lavorare per portare la conoscenza scientifica ai nostri giovani e a tutti quegli appassionati di scienza che da diciotto anni seguono BergamoScienza con un coinvolgimento sempre crescente».

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SPECIALITÀ A-Z

DERMATOLOGIA

Fuoco di Sant’Antonio Come riconoscerlo e cosa fare

∞  A CURA DI ANDREA CARUGNO

L’herpes zoster, o fuoco di Sant’Antonio, in genere inizia con sensazioni insolite: prurito, bruciore o formicolio in un’area della pelle su un lato del corpo, a cui si possono aggiungere febbre, mal di testa o sensazione di malessere. Nell’arco di uno o due giorni di frequente compare un’eruzione cutanea su un lato del corpo con una distribuzione a fascia, più frequentemente al tronco (torace, addome e schiena).

UN DOLORE IMPROVVISO E LANCINANTE Il dolore del fuoco di Sant’Antonio di solito ha caratteristiche acute e può essere lancinante o bruciante. Può iniziare diversi giorni prima della comparsa dell’eruzione cutanea, tipicamente costituita da vescicole raggruppate a fascia. Sebbene in genere sia limitato alle parti della pelle colpite dall’eruzione cutanea, 12 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Il fuoco di Sant’Antonio è così chiamato perché, per la sua guarigione, in epoca medievale in Francia a partire dal XII secolo veniva invocato Sant’Antonio Abate, al quale veniva attribuito un potere taumaturgico contro la malattia” la sensazione dolorosa può essere abbastanza intensa, soprattutto negli anziani, da interferire con le attività quotidiane e il sonno. Entro tre o quattro giorni, le vescicole dell’herpes zoster possono diventare ferite o ulcere che, nelle persone con un sistema immunitario sano, si trasformano in croste

e non sono più infettive nell’arco di 7-10 giorni. L’eruzione cutanea generalmente scompare entro 3-4 settimane, mentre cicatrici e alterazioni del colore della pelle possono persistere a lungo dopo che l’herpes zoster si è risolto.

NEVRALGIA POST ERPETICA: LA COMPLICANZA PIÙ FREQUENTE Le complicanze del fuoco di Sant’Antonio possono verificarsi in chiunque, ma sono più probabili negli anziani e nelle persone con un sistema immunitario indebolito. La nevralgia post-erpetica è la complicanza più comune del fuoco di Sant’Antonio. Colpisce in genere le aree della pelle che sono state interessate dall’eruzione cutanea. Può essere da lieve a grave ed è spesso descritta come “bruciore”. Colpisce dal 10 al 15% delle persone e all’incirca la metà di questi casi si


verificano in individui con più di 60 anni. Nella maggior parte dei casi, il dolore della nevralgia post-erpetica migliora gradualmente nel tempo, anche se alcune persone continuano a provare dolore per mesi o anche anni. Un’altra forma a cui prestare particolare attenzione è l’herpes zoster oftalmico, che si verifica quando l’herpes zoster coinvolge il ramo oftalmico del quinto nervo cranico (nervo trigemino). Questa manifestazione può presentarsi inizialmente con “segni premonitori” quali mal di testa, malessere e febbre, ma anche dolore e alterazioni della sensibilità della zona dell’occhio, della fronte e dell’emivolto coinvolto. In seguito, con l’inizio dell’eruzione cutanea, possono verificarsi infiammazioni oculari come congiuntivite, uveite, episclerite e cheratite. I pazienti che sviluppano la cheratite sono quelli a maggior rischio di complicanze oculari, fino alla perdita della vista. Correlate al possibile coinvolgimento degli occhi sono le lesioni vescicolari cutanee sul lato o sulla punta del naso: indicano il coinvolgimento del ramo naso-ciliare del

DOTT. ANDREA CARUGNO Specialista in Dermatologia e Venereologia Unità di Dermatologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo

nervo trigemino, il quale innerva anche l’occhio. La diagnosi e il trattamento precoci sono fondamentali per prevenire il coinvolgimento corneale progressivo e la potenziale perdita della vista.

PIÙ A RISCHIO GLI OVER 50 Si stima che fino al 20% delle persone svilupperà l’herpes zoster durante la propria vita. L’infezione, che può verificarsi solo in chi ha avuto la varicella in passato, può riguardare persone di tutte le età, ma è molto più comune negli adulti dai 50 anni in su e in chi ha un sistema immunitario indebolito.

DAI FARMACI ANTIVIRALI AL VACCINO: COSÌ SI COMBATTE E SI PREVIENE Il trattamento di solito prevede l’utilizzo di farmaci sistemici antivirali e antidolorifici. Le aree interessate dall’eruzione cutanea devono essere mantenute pulite e asciutte. Può essere inoltre consigliato l’utilizzo di un antibiotico in crema per prevenire la sovra-infezione batterica delle lesioni vescicolose e crostose. I farmaci antivirali, se assunti entro 2-3 giorni dopo la comparsa dell’eruzione, impediscono la moltiplicazione del virus, aiutano l’eruzione cutanea a guarire più rapidamente e riducono la gravità e la durata del dolore. Dopo questo periodo, possono ancora essere utili se compaiono nuove vescicole. Esiste un vaccino disponibile per adulti di età pari o superiore a 50 anni che permette di ridurre la possibilità di sviluppare l’herpes zoster. Se si verifica comunque dopo il vaccino l’infezione può essere meno grave e solitamente si hanno meno probabilità di sviluppare la nevralgia post-erpetica.

HERPES ZOSTER E VARICELLA: CHE LEGAME C’È? L’herpes zoster è un’eruzione dolorosa causata dal virus varicellazoster (lo stesso che causa la varicella e appartiene a un gruppo di virus chiamati herpesvirus). Dopo che una persona ha avuto la varicella, il virus continua a risiedere nel corpo, nei gangli nervosi sensitivi craniali e del midollo spinale, senza causare sintomi. Successivamente nella vita, può diventare di nuovo attivo, causando l’eruzione cutanea. Non è possibile contrarre l’herpes zoster da un’altra persona, tuttavia, se non si ha mai avuto la varicella o non si è stati vaccinati contro la varicella, si può contrarre da qualcuno che ha l’herpes zoster. Ciò può accadere dopo contatto diretto (pelle a pelle) con una vescicola di herpes zoster o, più raramente, respirando il virus varicellazoster attraverso l’aria. Per questo motivo, se non si è mai avuto la varicella (o non si è vaccinati), è consigliato non stare a stretto contatto con persone che hanno l’eruzione cutanea.

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SPECIALITÀ A-Z

ENDOCRINOLOGIA

Covid 19, da infezione virale ∞  A CURA DI MASSIMO VALVERDE

Superata l’iniziale fase di assoluta emergenza, oggi Covid 19 potrebbe essere definita un’infezione virale non più pandemica ma sicuramente endemica che si presenterà ancora a lungo con alti e bassi, con periodi di apparente remissione e - come molti temono - con altrettanti picchi e rinnovata attività infettiva. Ad oggi possiamo affermare con la dovuta prudenza di aver sviluppato una discreta conoscenza dei suoi attuali meccanismi patogeni , anche se non è possibile escludere che le sue prossime ed eventuali recrudescenze possano esprimerne di nuovi e diversi. Dopo gli scorsi mesi, durante i quali erano state imboccate disperatamente tutte le possibili strade terapeutiche pur non conoscendone ancora tutti i meccanismi patologici, ora, in una situazione di calma apparente, la ricerca scientifica si è riorganizzata e fornisce quasi giornalmente nuovi dati. Vengono approfonditi i meccanismi di azione del virus, le terapie da impiegare, alcune delle quali già disponibili da lunghissimo tempo (come il cortisone nelle sue varie forme e presentazioni farmaceutiche), oltre a immaginare la scoperta di nuovi farmaci o la re-

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mota disponibilità futura di un vaccino specifico.

UNA RISPOSTA INFIAMMATORIA ABNORME CHE COINVOLGE TUTTO L’ORGANISMO… Cerchiamo allora di semplificare in modo scientificamente corretto la conoscenza della sequenza con la quale Covid 19 si sviluppa e provoca i danni che oramai ben conosciamo. Se all’inizio dell’epidemia si pensava fosse un’infezione virale che colpiva soprattutto le vie respiratorie, oggi sappiano che è ben altro, a cominciare dall’evidenza clinica che il virus inizialmente scatena una risposta infiammatoria abnorme. Questo avviene perché esso si lega in modo mirato ai recettori dell’angiotensina (ACE) che sono presenti con maggior densità in diversi nostri organi e distretti, a cominciare dal sistema respiratorio, vascolare e cardiaco, agli apparati riproduttivi, alla tiroide, alle strutture oculari, alle strutture nervose. L’infiammazione rapida ed estremamente grave di tutto il sistema vascolare che ne consegue provoca quella che in termini tecnici è nota come DIC - Disseminate Intravascular Coagulation, ovvero

un’imponente coagulazione disseminata in tutti i vasi sanguigni a partire dai più piccoli e sottili. Questa condizione è alla base del collasso irreversibile globale del tessuto polmonare con susseguente crollo della capacità di ossigenazione e morte per anossia (mancanza di ossigeno) del paziente che avviene più o meno rapidamente, salvo nei casi definibili come più lievi in cui il paziente sopravvive con gravi o gravissimi danni invalidanti permanenti.

…FINO A DIVENTARE UNA PATOLOGIA CRONICA ENDOCRINO - AUTOIMMUNE Questa stessa risposta infiammatoria unitamente al virus stesso, se non mortale, innesca però una seconda reazione di tipo autoimmune, cioè induce la formazione di auto-anticorpi che agiscono distruggendo lentamente i tessuti degli organi e delle strutture già citate, quali ad esempio la tiroide e gli apparati riproduttivi maschili e femminili. Questa condizione, dimostrata oramai con ampie evidenze scientifiche, fa sì che l’infezione da Covid 19 si trasformi in una patologia cronica endocrino-autoimmune multiorgano e


a malattia cronica autoimmune multidistrettuale che evolve autonomamente anche quando il virus non è più presente nell’organismo. In pratica il virus si comporta come una pietra lanciata in uno specchio d’acqua che al suo primo contatto provoca la formazione di una fontana di schizzi che scompare rapidamente lasciando però una serie di onde concentriche che rappresentano la reazione autoimmune che si propaga a lungo nel tempo.

LE NUOVE PROSPETTIVE DI CURA Alla luce di queste evidenze, comincia a farsi strada la soluzione, oramai generalmente approvata da molti sanitari in tutto il mondo, che incentra la terapia sull’uso immediato e iniziale dei corticsteroidi a dosi massicce (cortisone utilizzato nelle sue varie forme farmaceutiche già disponibili da tempo) unitamente ad altri farmaci terapeutici e di supporto. Il primo effetto del cortisone è quello di ridistribuire la carica linfocitaria, ovvero limitare la concentrazione di linfociti (ndr. cellule del sangue appartenenti ai globuli bianchi che regolano la risposta immunitaria) in un unico spazio tissutale in modo da poter controllare e “arginare” più

agevolmente lo sviluppo della reazione infiammatoria. Ovviamente i soli corticosteroidi non saranno mai in grado di controllare tutti gli effetti di Covid 19; per questo ci viene in aiuto, innanzitutto, la conoscenza e la disponibilità di farmaci specifici che si è accumulata in anni di sviluppo delle terapie immunosoppressive - ovvero di tutte quelle terapie messe a punto per permettere di procedere sempre con maggior sicurezza ed efficacia con i trapianti di organi - a cominciare dalla loro capostipite, la ciclosporina, sino ai farmaci anti rigetto più recenti e innovativi .Oltre ai farmaci immunosoppressori, risulta oggi fondamentale per la sopravvivenza del paziente a breve, medio e lungo termine e per poter sperare in una massima limitazione dei danni collaterali e a distanza, l’impiego degli anti-coagulanti, degli antibiotici, degli antimicotici, dei gastroprotettori e di molti altri farmaci sia terapeutici che di supporto, tutti già ben noti e ampiamente disponibili, che devono però essere impiegati tutti senza risparmio fin dal primo esordio della malattia, pena il globale fallimento della terapia. Anche in questo ci viene fortunatamente incontro

PROF. MASSIMO VALVERDE Specialista in Patologia della Riproduzione Umana, Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo

l’esperienza accumulata in questi lunghi mesi di lotta contro Covid 19, esperienza che ora ci permette di riconoscere più tempestivamente la comparsa della malattia e mettere in campo al più presto le varie terapie. Purtroppo le attuali conoscenze sia della malattia sia delle possibili terapie non sono in grado di escludere tassativamente il rischio che Covid 19 sia ancora una malattia letale , ma i semplici dati ad oggi disponibili dimostrano che l’efficacia di queste multiterapie è stata in grado di arginare in modo assolutamente efficace questo esito drammatico.


SPECIALITÀ A-Z

NEUROLOGIA

Emicrania cronica finalmente riconosciuta come malattia sociale ∞  A CURA DI GIOACCHINO TEDESCHI

A distanza di circa 15 mesi dall’approvazione della Camera (era il 18 aprile 2019), si è da poco concluso presso il Senato della Repubblica Italiana il percorso Parlamentare di approvazione della proposta di legge “Disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica 16 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

come malattia sociale”. La Società Italiana di Neurologia (SIN), la Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) e l’Associazione Nazionale per la Ricerca sulle Cefalee (ANIRCEF) plaudono al raggiungimento di questo obiettivo storico per i nostri pazienti, che dà finalmen-

te un giusto riconoscimento alla loro condizione di forte disagio. Confidiamo che alla nuova legge seguano rapidamente norme attuative che migliorino sia i percorsi diagnostici e terapeutici sia le condizioni sociali dei pazienti affetti da forme primarie di cefalee croniche.


QUANDO E IN QUALI CASI PUÒ ESSERE RICONOSCIUTA MALATTIA SOCIALE In particolare, il testo di legge prevede che il riconoscimento di malattia sociale venga previsto per i casi di cefalea accertati da almeno un anno, il cui effetto invalidante venga diagnosticato da uno specialista del settore presso un centro accreditato e che si manifestino nelle seguenti forme: > emicrania cronica e ad alta frequenza > cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici > cefalea a grappolo cronica > emicrania parossistica cronica > cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione > emicrania continua. Il provvedimento prevede, inoltre, l’emanazione di un decreto del Ministro della Salute che individui progetti finalizzati a sperimentare metodi innovativi di presa in carico delle persone con cefalea, i criteri e le modalità con cui le Regioni dovranno attuarli. Tale decreto dovrà essere adottato, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, entro 180 giorni dalla pubblicazione della legge e non potrà comportare nuovi o maggiori oneri pubblici.

I DIVERSI TIPI DI CEFALEE Esistono due grandi categorie: le cefalee primarie sono disturbi a se

stanti non legati ad altre patologie e sono le più frequenti, mentre le cefalee secondarie dipendono da altre patologie, come, ad esempio, cefalea da trauma cranico e/o cervicale, da disturbi vascolari cerebrali (come l’ictus), da patologie del cranio non vascolari (come tumori cerebrali, ipertensione o ipotensione liquorale). A loro volta, le cefalee primarie comprendono l’emicrania, la cefalea di tipo tensivo, la cefalea a grappolo e si distinguono per la tipologia, l’intensità, la localizzazione nella testa, la durata e la frequenza del dolore, e per gli altri sintomi concomitanti. Si stima che l’emicrania cronica riguardi dal 2 al 4% dei pazienti che soffrono di emicrania, i quali arrivano a comprendere fino al 25% della popolazione. Numeri impressionanti che danno la dimensione della patologia identificata dall’OMS come la malattia che causa maggiore disabilità nella fascia di età tra 20 e 50 anni, ossia nel momento della vita in cui siamo più produttivi. > L’emicrania si caratterizza per un dolore pulsante con intensità moderata-severa che, spesso, si localizza nella metà della testa e del volto e si accompagna a un particolare fastidio per i rumori, gli odori e la luce. Il paziente può avere serie difficoltà a svolgere le attività quotidiane perché ogni azione aggrava il dolore e, a volte (emicrania con aura), gli attacchi vengono preceduti da disturbi neurologici come, ad esempio, sintomi visivi. La crisi si manifesta solitamente insieme ad altri disturbi come vomito e intolleranza alla luce e ai rumori e può durare da alcune ore a due-tre

giorni. Due terzi dei pazienti emicranici sono donne. > La cefalea a grappolo, anche se più rara (0,2-0,4% della popolazione generale) poiché è caratterizzata da dolore severo è anch’essa riconosciuta come malattia sociale. Provoca attacchi dolorosi più brevi (una-tre ore) molto intensi e lancinanti che si susseguono una o più volte al giorno per un periodo di tempo di circa due mesi (grappolo), alternati a periodi senza dolore. L’area interessata è quella oculare e, al contrario delle altre due forme, la cefalea a grappolo colpisce prevalentemente gli uomini. In genere gli episodi si ripetono ciclicamente con una cadenza stagionale o di uno o due periodi all’anno. Una proporzione di pazienti soffre della forma cronica di cefalea a grappolo che non presenta periodi di remissione.

PROF. GIOACCHINO TEDESCHI Specialista in Neurologia Presidente SIN, Società Italia di Neurologia

Hanno collaborato il Prof. Pierangelo Geppetti - Presidente SISC e il Dott. Elio Agostoni - Presidente ANIRCEF. Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 17


PERSONAGGIO

ADRIANO MERIGO

Le mie animazioni 3D per dare vita alle canzoni di Concato, Mina e Fossati L’autore di “Oscar&Wilde”, i due anziani che vedete su Bergamo Salute, è un mago dell’animazione digitale e realizza produzioni per la musica, il cinema e la pubblicità ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Lui è il papà di “Oscar & Wilde”, la vignetta dei due simpatici pensionati trasformati nei cosiddetti “ingegneri stradali” che Bergamo Salute pubblica ormai da anni. Di lui c’è solo la firma, Adriano Merigo. Non tutti i nostri lettori lo conoscono, allora eccolo, ve lo presentiamo noi. Così sapete chi è che vi porta un po’ di buonumore quando leggete il nostro e vostro Bergamo Salute. Adriano ha 61 anni portati stupendamente ed è 18 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

un mago dei computer con cui fa tante animazioni in 2D e 3D. Chiuso nello studio sotto casa ha lavorato anche durante la quarantena per il Coronavirus, realizzando tra le altre cose anche un video di animazione per Fabio Concato che, proprio durante la quarantena, aveva lanciato l’ultima sua canzone, “L’Umarell” (in dialetto milanese) con la storia di un cosiddetto pensionato-ingegnere stradale. «Que-

sta mia animazione vuole essere solo una dedica a tutti quelli che hanno lottato contro il coronavirus e che io ho vissuto da molto vicino» dice il nostro Merigo. Un video che ha colpito anche il cantautore. «Un giorno arriva al mio staff una email di un signore che non avevo mai visto che mi chiedeva di dare un’occhiata al video realizzato per me, senza pretese e senza aspettarsi niente in cambio. Il video mi è piaciuto molto, ho trovato che quel


modo didascalico di raccontare la mia storia con un disegno animato fosse coerente al clima che ho cercato di esprimere con la canzone». E così “L’Umarell“ è diventato un video che si può vedere su Youtube. E “L’Umarell“ è solo l’ultimo dei videoclip animati da Adriano. Di recente si è dedicato al video per alcune canzoni dell’ultimo album della grande Mina e del cantautore Ivano Fossati, pubblicato dalla PDU e distribuito da Sony Music. Un grande successo. Se non volete comprare il disco - cosa che invece vi consigliamo perché ci sono 11 canzoni scritte da Fossati appositamente per Mina - potete andare su Youtube e godervi anche le animazioni realizzate da Adriano nel suo studio di Treviolo con la regia di Mauro Balletti, il fotografo ufficiale della Tigre di Cremona. Quella che ci ha colpito di più è “Tex Mex”, una bellissima canzone con uno stupendo video ambientato nel deserto virtuale del Texas. «Appena l’ho sentita ho avuto l’ispirazione di ambientarla lì» racconta Adriano. «Oltre alla produzione ho realizzato anche la parte di animazione. Non è stato un lavoro semplice. Ho incontrato Mauro Balletti, che conosco da una vita, mi ha fatto vedere le prime prove e le foto di Mina e Fossati insieme. Da lì abbiamo cominciato a lavorare sul singolo Tex Mex. Il punto di partenza è stato uno script di Mercedes Martini, la moglie di Fossati, che ci aveva fornito un soggetto per una storia texana. Ascoltando la canzone abbiamo capito che avremmo potuto ambientarlo in un Texas virtuale o lungo le distese di terra rossiccia ai confini del Messico. Mauro ha fatto i disegni molti dei quali appaiono anche nel video. È stato con me in studio tre giorni. I disegni li ho ancora qui. Eccoli, sono proprio belli».

Nel suo studio, tra cinque computer e una tavoletta grafica con cui dà vita alle sue animazioni disegnandoci sopra, ci sono altre due chicche: un primo piano di Mina dagli occhi ammalianti con tanto di dedica “Ad Adriano ciao” e un cuoricino disegnato, e la copertina di “Evolution” un disco degli Scotch, un gruppo musicale degli Anni 80. Mina gli ha donato il suo ritratto nel 1999 quando Adriano lavorava nella stessa casa discografica. L’altro invece ha una storia particolare. «Su Facebook ci sono gruppi di amanti della musica degli Anni Ottanta. Quello degli Scotch è un disco davvero bello e io avevo fatto una copertina con un uomo quasi

primitivo che indossa un paio di occhiali, seguito da dinosauri e da altri animali preistorici. Ho interpretato così graficamente l’Evolution» racconta Adriano. «Bene un giorno mi scrive su Facebook un giovane svedese amante di quella musica e innamorato dalla mia cover. “Sei proprio tu Adriano Merigo? Vorrei tanto comprare il disegno originale, sono disposto a pagare qualsiasi cifra”. Io ho detto di no, ma siamo diventati amici e al suo compleanno gli mando una mia creazione. Comunque ecco l’originale». E ce lo mostra. Lo custodisce gelosamente tra i ricordi più cari, come il primo piano della Tigre di Cremona e i tanti video che ha realizzato dal 1980.

Fotogrammi dal video de l’Umarell Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 19


PERSONAGGIO

ADRIANO MERIGO

La sua carriera inizia quasi per caso con il grande Bruno Bozzetto. «Ero amico di un giornalista, Francesco Moneta, che mi invitò ad accompagnarlo perché doveva fare un’intervista a Bruno Bozzetto. Era il 1980, avevo da poco finito gli studi all’Esperia (ndr. Istituto Tecnico Industriale) ma avevo la passione per il disegno, i cartoni animati e le vignette. Conosco così Bruno, gli faccio vedere i miei lavori. Gli “piacciono”, lui è sempre molto gentile, e mi chiede di collaborare con lui a una sigla per la Rai». Diventano amici e da allora partecipa ad altri progetti di animazione sia pubblicitari che scientifici, in particolare per la serie Quark di Piero Angela. Contemporaneamente realizza diverse copertine di dischi e CD con lo studio di post produzione Universal Video Corporation. Oltre a produzioni pubblicitarie inventa diverse sigle animate per programmi della Rai e videoclip per MTV. Ormai è lanciato e nel 1992 fonda a Milano, con Ernesto Paganoni, altro bergamasco Doc, Interactive Group Locomotion. “Uno studio innovativo che usa per la prima volta in Italia i nuovi computer grafici tridimensionali appena arrivati sul mercato” dice. Grosse produzioni, clienti importanti, agenzie pubblicitarie come Leo Burnett, Armando Testa, Mc Cann Erickson, case di produzione come FilmMaster, Central prodution. Nello stesso tempo Adriano collabora alla fase di post produzione di diversi videoclip per artisti come Va20 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

sco Rossi, Zucchero e tanti altri. Nel 1993 vince il Premio Immagine per l’animazione con il corto “Andiamo al cinema” di Bruno Bozzetto, un film di quattro minuti interamente realizzato in 3D. L’anno dopo fonda una nuova società con Carlo Alfano e Roberto Pelitti che si occupa di effetti speciali per il cinema come quelli per “La leggenda del pianista sull’oceano” di Giuseppe Tornatore

o “Vajont” di Renzo Martinelli. «Nel 1999 però lascio la Locomotion e ritorno a fare il free-lance collaborando con diverse case di produzione e studi di animazione» ci dice. «Attualmente continuo la produzione pubblicitaria e la realizzazione di animazioni sia in 3D che tradizionale per le maggiori case discografiche e filmati commerciali per case editrici e varie società». Ma disegni e video non sono la sua unica passione. Da una decina d’anni si occupa anche di videomapping su facciate di edifici. La prima in occasione di “Notti di luce” a Bergamo sulla facciata della Camera di Commercio e sulla facciata di Santa Maria Maggiore in Città Alta. E poi c’è la batteria, che suona tra un’animazione e un’altra. «La mia è una famiglia di musicisti. I miei fratelli più grandi suonano uno la chitarra, l’altro il piano». Da anni lui

e il fratello Valerio accompagnano i “Sant’Antonio David’s Singers”, il coro gospel bergamasco nato a Valtesse che dal 2006 ha tenuto centinaia di concerti. Attualmente è composto da circa 70 elementi e sei musicisti con un repertorio di brani spiritual e gospel diretti dal fratello di Adriano. E, per finire, la fotografia. «Mi piace molto lo studio della luce, anche perché nei lavori 3D è molto importante rendere fotorealistici ambienti ricreati al computer. Per diletto e quasi per gioco faccio parte di un gruppo internazionale che dà un punteggio alle foto che vengono pubblicate. Una delle mie è stata addirittura esposta in una mostra in Spagna, a Barcellona». E Oscar&Wilde? «Sono i miei personaggi. I pensionati che controllano i lavori stradali e che mi permettono di fare un po’ di ironia. Dieci anni fa mi venne in mente di realizzarli prendendo spunto da due vecchietti del MuppetShow che con il loro cinismo e ironia tipica inglese, commentano i vari numeri dello show. Perché non farli diventare commentatori della quotidianità di casa nostra? Dopo averne parlato alla redazione di Bergamo Salute sono stati adottati e ormai da più di otto anni commentano a loro modo i vari articoli della rivista». Intanto si siede alla tolda del suo studio: sembra una nave spaziale con cinque computer e una tavoletta grafica per creare altre animazioni e altri personaggi. «Mi sento come un Walt Disney del mio quartiere» dice sorridendo.


Non abbiamo mai smesso

di vederci.

Laura Cipolla, Silvia Saronni Animatrici

Volare con la fantasia, giocare per sentirsi leggeri. Sperimentare per la prima volta la tecnologia e scoprire magicamente che non si è poi così distanti. Non smetteremo mai di proporre una “normalità” quotidiana, di tenere vive le relazioni e la voglia di stare insieme. Abbiamo avviato nuove modalità di visita e percorsi di ingresso regolamentati. Vieni a scoprirli.

anniazzurri.it


IN SALUTE

STILI DI VITA

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motivi per schiacciare un pisolino Che sia “ino” però: non più di 40 minuti secondo gli esperti ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Siete tra quelli che in vacanza ne approfittano per concedersi la pennichella pomeridiana? Fate bene. Sono molte, infatti, le ricerche scientifiche che suggeriscono i benefici del pisolino per corpo e mente. Attenzione, però, perché sia davvero benefico non deve superare l’ora ed essere fatta nel momento giusto della giornata. «Il sonnellino deve essere collocato nella zona oraria pomeridiana fra le 14 e le 15, nella cosiddetta porta secondaria del sonno. In questo 22 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Alcune grandi aziende, come Microsoft, la Nasa e Google, favoriscono tra i loro dipendenti il power nap (riposino rigeneratore) con aree riservate per riposare in tranquillità per qualche decina di minuti e ricaricarsi”

orario vi è una fisiologica propensione al sonno e, in particolare, il sonno Rem tende a presentarsi in modo anticipato rispetto a quanto accade di notte» suggerisce il dottor Giuseppe Plazzi, presidente dell’AIMS, Associazione Italiana di Medicina del Sonno. «Questo rende la pennichella pomeridiana particolarmente riposante, purché sia breve. Il tempo cambia da persona a persona. Mediamente fra i 20 e i 40 minuti e mai più di un’ora. Prolungare troppo la pennichella


attiva un meccanismo del sonno che rende intontiti e spesso di cattivo umore anche per ore».

1. FA BENE AL CUORE Il sonno è una sorta di “vacanza cardiovascolare” perché riduce l’attività cardiovascolare in generale e può quindi avere effetti benefici sulla pressione e sull’attività cardiaca nel suo complesso. Un ampio studio di qualche anno fa, condotto su 23.681 persone sane seguite per sei anni, ha dimostrato che coloro che fanno frequenti sonnellini avrebbero il 37% in meno di probabilità di morire di malattia coronarica, mentre chi fa pennichelle saltuariamente avrebbe una riduzione del 12% del rischio di mortalità per patologia coronarica. Un’altra ricerca, condotta dai cardiologi dell’Asklepieion Voula General Hospital di Athene su 386 pazienti di mezza età, invece, ha evidenziato che chi era solito concedersi un pisolino pomeridiano aveva una pressione sanguigna più bassa. «Sebbene William Blake affermi che è meglio pensare al mattino, recitare a mezzogiorno, mangiare la sera e dormire la sera, il sonnellino pomeridiano sembra avere effetti benefici» ha commentato il dottor Kallistratos, uno degli autori della ricerca. «Due influenti Primi Ministri del Regno Unito erano sostenitori del pisolino pomeridiano. Winston Churchill diceva

che si dovesse dormire tra pranzo e cena, mentre Margaret Thatcher non voleva essere disturbata intorno alle 15.00. Secondo il nostro studio avevano ragione perché i sonnellini pomeridiani sembrano abbassare i livelli di pressione sanguigna e probabilmente possono anche ridurre il numero di farmaci antiipertensivi assunti».

2. MIGLIORA L’ATTENZIONE E LA CONCENTRAZIONE Una ricerca della Nasa su piloti militari e astronauti ha dimostrato che 40 minuti di pennichella migliorano del 34% le prestazioni e addirittura del 100% la prontezza di riflessi

pennichella pomeridiana, quindi, può contribuire ad abbassarli.

5. MIGLIORA L’UMORE A patto che non superi i 40 minuti, il pisolino pomeridiano aiuta a sentirsi meglio non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Si sa, infatti, che la mancanza di sonno favorisce l’irritabilità e il cattivo umore a causa dello squilibrio ormonale che ne deriva. E questo vale non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. Una pennichella pomeridiana, dopo una notte insonne o di sonno disturbato, aiuta a ristabilire la normale funzione neuroendocrina.

3. AUMENTA LA MEMORIA E L’APPRENDIMENTO La pennichella permette di riattivare le aree del cervello coinvolte nell’acquisizione dei ricordi al consolidamento dei ricordi, rafforzando così le connessioni neurali che formano la memoria. Una ricerca dalla Saarland University in Germania, condotta su 41 persone, ha dimostrato che chi aveva fatto un breve sonnellino (un’ora circa) era cinque volte più abile a ricordare coppie di parole imparate a caso.

4. RIDUCE LO STRESS La mancanza di sonno è legata livelli più elevati di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”. La

DOTT. GIUSEPPE PLAZZI Specialista in Neurologia Presidente dell’AIMS, Associazione Italiana di Medicina del Sonno

Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 23


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Dieta dell’abbronzatura Ecco cosa mangiare per una pelle sana e dorata ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Chissà quante volte l’avrete sentito dire: “se vuoi una bella abbronzatura devi mangiare tante carote”. Certo le carote da sole forse non fanno miracoli, ma certo è che anche l’alimentazione gioca un ruolo importante quando si tratta di abbronzatura, sia nel favorirla sia nel proteggere la pelle dai raggi UV. «Proteggersi dal sole e favorire un’abbronzatura dorata, uniforme e soprattutto sana è possibile anche grazie ai cibi giusti» conferma il dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista. «Ovviamente, però, questo a patto che ci si esponga al sole con le dovute precauzioni, ricordando che se da un lato fa bene ed è terapeutico (ndr. i raggi solari favoriscono la sintesi della Vitamina D, sostanza preziosa e indispensabile per molte funzioni del nostro organismo) dall’altro bisogna stare attenti alla quantità di raggi UV che variano a seconda dell’orario della giornata e al proprio 24 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

fototipo di pelle, che può essere più o meno predisposto ad abbronzarsi». Quali sono in particolare i cibi che aiutano davvero l’abbronzatura? La carota sicuramente è uno di questi, insieme a tutti quei cibi che contengono beta-carotene o comunque sostanze antiossidanti (come antociani, flavonoidi etc.). Il beta-carotene, infatti, a livello intestinale si trasforma in vitamina A, preziosa perché induce la forma-

La Vitamina E aiuta a riparare eventuali danni causati dal sole ed è un’alleata contro eritemi e irritazioni. Dove trovarla? Nell’avocado, nei tuorli d’uovo e nell’olio extravergine di oliva ”

zione della melanina, il pigmento che ci “colora” e che viene prodotto da particolari cellule chiamate melanociti con il compito di assorbire e “filtrare” i raggi UV che colpiscono l’epidermide così da proteggerla dai danni. Gli antiossidanti, invece, svolgono un effetto protettivo contro i raggi UV, principali responsabili dell’invecchiamento cutaneo. I cibi ricchi di queste sostanze si riconoscono perché hanno una colorazione gialla, arancio, rossa. Quindi via libera a pomodori (che contengono anche il licopene, potente antiossidante), peperoni, melanzane, melone, anguria, pesche, albicocche, prugne etc.. La carota, in più, contiene anche altre sostanze utili come la vitamina E, vitamina C, sali minerali, acqua e fibre. Il contenuto di acqua, in particolare, è importante perché contribuisce all’idratazione, fondamentale d’estate non solo per la salute della pelle e dell’abbronzatura ma di tutto l’organismo.


Assumendo molte carote la pelle può prendere una colorazione tendente all’arancio? In effetti sì, è possibile. Ma bisognerebbe consumarne una quantità elevata. Ci può essere un accumulo di beta-carotene a livello cutaneo, ma è comunque reversibile. Per le carote, come per qualunque altro cibo, vale un criterio di alimentazione equilibrata, che non privilegia mai un singolo nutriente. È meglio consumare la frutta e verdura che aiutano l’abbronzatura sotto forma di alimento fresco o in concentrato? Sicuramente con un concentrato o un estratto si rendono i nutrienti altamente disponibili, ma può es-

sere una soluzione non sempre a portata di mano. In ogni caso anche frutta e verdura fresca vanno benissimo purché ovviamente siano di stagione.

DOTT. PAOLO PAGANELLI Biologo Nutrizionista a Bergamo


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Tonno in scatola Guida alla scelta

∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Sottolio o al naturale, il tonno in scatola è uno degli alimenti più gettonati dell’estate. Di facile reperibilità, conservabilità e versatilità, secondo un’indagine dell’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) è ai primi posti tra i pesci più diffusi sulle tavole degli italiani. Ma è lo stesso, dal punto di vista nutrizionale, che consumare tonno fresco? Come scegliere quello migliore? Ce lo spiega la dottoressa Daria Fiorini, dietista.

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AMICO DEL CUORE E DELLA TIROIDE Le tecniche di conservazione del tonno in scatola consentono il mantenimento delle caratteristiche nutrizionali che sono simili a quelle del tonno fresco. «Che sia fresco o in scatola (purché di qualità), il tonno è un alimento molto ricco di proteine nobili (circa 25 26 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Doppie calorie per quello sottolio. Il valore energetico del tonno in conserva dipende dal liquido di conservazione: è pari a 100 calorie per 100 grammi di tonno al naturale e circa il doppio nel caso della versione sottolio”

grammi per etto), soprattutto quello cotto a vapore, e di lipidi di buona qualità perché costituiti in gran parte da acidi grassi essenziali omega 3 che hanno effetti benefici sulla riduzione del colesterolo e dei trigliceridi» spiega la dottoressa Fiorini. «Possiede un elevato indice di sazietà e ottime percentuali di ferro, selenio, fosforo, potassio e vitamina D

che contribuiscono a conservare tonici e compatti i tessuti. Il tonno inoltre, come tutti i prodotti della pesca, è un alimento ricco di iodio, utile per il corretto funzionamento della tiroide». In una cosa però differiscono. «Il tonno in scatola può essere consumato non più di una volta a settimana, poiché si tratta sempre di un prodotto confezionato e quindi con una certa quantità di conservanti. Al tonno fresco, invece, non è necessario imporre un limite d’assunzione».

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ATTENZIONE ALL’ETICHETTA Le tecniche applicate durante la lavorazione, la qualità delle materie prime e gli ingredienti utilizzati sono fattori che fanno la differenza. «Per questo motivo è fondamentale analizzare attentamente l’etichetta per controllare alcune caratteristiche» suggerisce la dietista.


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TAGLI DEL PESCE

DOTT.SSA DARIA FIORINI Dietista A Bergamo Villaggio degli Sposi

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SPECIE DEL TONNO UTILIZZATO «Tra le specie mediterranee più pregiate, oltre al tonno rosso (thunnus thynnus), troviamo il tonno alalunga, riconoscibile proprio per le sue lunghe pinne laterali e per la carne piuttosto chiara» continua l’esperta. «Qualitativamente meno pregiato è il tonno albacares o tonno a pinna gialla (detto anche yellow fin) che arriva dai mari tropicali ed è prevalentemente destinato all’inscatolamento per la carne rosea, morbida e compatta e per il costo contenuto». La legge impone che il tonno conservato appartenga al genere thunnus, senza necessariamente dover indicare la specie; obbliga però a usare una specie soltanto all’interno della stessa confezione.

«Determinante ai fini del sapore è anche la parte del pesce utilizzata. La legge non impone di indicare la porzione di tonno utilizzata, ma anche in questo caso, i prodotti che la indicano sono spesso quelli di qualità superiore» dice la dottoressa Fiorini. «La parte del tonno più pregiata si ricava dalla zona del ventre del pesce e viene commercializzata con il nome di ventresca. Si considera pregiata anche la carne ricavata dal dorso, detta tonnina, mentre viene attribuito meno valore nutrizionale alla cosiddetta busonaglia, cioè la parte di carne che si ricava da coda e pinne».

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LIQUIDO DI CONSERVAZIONE Il tonno conservato si trova sottolio o in salamoia (o al naturale). «Le variazioni di qualità e di prezzo dipendono anche dall’olio utilizzato» spiega l’esperta. «Normalmente l’olio utilizzato per la conservazione non è di qualità eccelsa poiché vengono prediletti l’olio di oliva o di semi, meglio quindi scegliere il tonno al naturale così da poter aggiungere un buon olio extravergine 100% italiano dopo averlo sgocciolato accuratamente. Il tonno al naturale in salamoia, invece, non contiene olio ma liquido acquoso addizionato al sale, a volte marino, in quantità variabile da un marchio

all’altro. Per verificare la qualità del prodotto, è utile valutare che il tonno sia privo di conservanti, coloranti o esaltatori di sapidità come il glutammato monosodico, riconoscibile dalla sigla E621».

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ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE Anche la vista può esserci d’aiuto per riconoscere un tonno di qualità. «Se all’apertura della scatoletta o dei contenitori in vetro il tonno si presenta intero, compatto, ben definito e di colore rosato, significa che sono state utilizzate parti di buona qualità. Al contrario, se la carne è sminuzzata in piccoli frammenti “affogati” nell’olio, è chiaro che si tratta di scarti della lavorazione» osserva la dottoressa Fiorini. «Il consiglio, dunque, è quello di scegliere contenitori di grandi dimensioni (dimensioni ridotte non si prestano a ospitare veri tranci di tonno) e di vetro. Il tonno conservato nelle scatolette, inoltre, può contenere tracce di piombo derivanti dal processo di packaging; questo rappresenta un problema che va ad aggiungersi al possibile accumulo di mercurio tipico dei pesci di grandi dimensioni, alla possibile presenza di istamina e all’elevato contenuto di sale necessario per la lunga conservazione a temperatura ambiente».

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IN ARMONIA

PSICOLOGIA

Coronavirus e fake news: un binomio pericoloso ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

L’emergenza Coronavirus ha fatto dilagare sui social media valanghe di fake news e bufale, che si sono diffuse in modo incontrollato e spesso pericoloso. Già, perché nonostante si tratti in molti casi di notizie false “prodotte” ad hoc, sono molte le persone che almeno inizialmente cadono nella loro rete, condividendole e amplificandone la portata. Ma perché le fake news sembrano avere su di noi un impatto più forte rispetto ad esempio a informazioni scientificamente provate? Lo abbiamo chiesto a Mauro Savardi, psicologo e psicoterapeuta.

Con il termine fake news (notizie false) si indicano articoli con informazioni inventate, ingannevoli, create deliberatamente per disinformare, creare scandalo attraverso i mezzi di informazione, aumentare il livello di audience e like, attorno a uno specifico canale e tema”

Dottor Savardi, perché le fake news riescono ad avere così presa sulle persone e a diffondersi in modo così “contagioso”? Spesso le fake news non sono facilmente identificabili come tali. “Oggi il cielo è verde” rappresenta un’informazione facilmente verificabile o falsificabile da chiunque.

Basta guardare il cielo fuori dalla finestra. Ma la news secondo la quale “Le zecche possono trasmettere il coronavirus” non è altrettanto facilmente verificabile per vari motivi. Innanzitutto perché insiste sull’emotività latente e palese delle persone in un momento storico vero e ben preciso, caratterizzato da emozioni di timore, terrore,

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paura, ansia, angoscia. L’informazione emozionale, anche se con un contenuto falso, nel momento in cui attiva la sensibilità emotiva prevalente, agisce d’effetto, spiazzando il lettore, che spesso può incappare nella trappola dell’adesione letterale senza verifica. La mente dell’uomo, infatti, non funziona come un freddo calcolatore, che misura ponderatamente il valore delle singole variabili in

DOTT. MAURO SAVARDI Psicologo e Psicoterapeuta


Dal fatto alla “bufala”: i diversi gradi di “credibilità”

gioco, a maggior ragione quando l’emotività è elevata. Faccia qualche esempio... Se la notizia viene fatta filtrare come un’informazione redatta da esperti o come conseguenza di un dibattito contrastato tra esperti differenti, ciò può generare livelli di credenza letterale come esito dell’affidamento univoco e cieco al parere di chi ne sa di più. In questo modo le persone non si pongono nemmeno il problema di porre in discussione ciò che viene affermato, dando per scontato che

Fatto: dato di esperienza “incontrovertibile”. Le conseguenze sono ciò che determinano l’innegabilità del fatto. Conoscenza scientifica: utilizza alcuni fatti e ne tralascia altri, per dimostrare la veridicità o la falsità di ipotesi con lo scopo, generalmente, di creare altri fatti utilizzabili come bene comune, quanto meno da un punto di vista teorico. La conoscenza scientifica analizza il flusso dell’esperienza osservandone le variabili che la costituiscono. Il bugiardino di qualunque farmaco è una dimostrazione di conoscenza scientifica. Effetti medicali ed effetti collaterali di un farmaco vengono riportati come esito di un’osservazione e sperimentazione clinica. Conoscenza basata sull’esperienza: rappresenta l’insieme del bagaglio di conoscenze che una persona e una cultura, per prove ed errori, si costruiscono attraverso la partecipazione alla vita e l’osservazione dei fatti che si ripetono in modo costante nel corso del tempo. Il patrimonio di proverbi contadini, riferibili al tempo e alla terra ne sono una testimonianza. Credenza: conoscenza implicita dove il livello di soggettività personale aumenta, in quanto si proietta già oltre il valore del singolo fatto, partendo comunque da singoli fatti. Le credenze che una persona ha su di sé e sugli altri, ad esempio, indicano le sue aspettative e idee sul proprio modo di essere e sul modo di essere degli altri. Ciò permette di costruirsi delle previsioni e delle aspettative sul mondo. Fake news: notizie redatte con informazioni, relative a fatti inventati, ingannevoli o distorti, rese pubbliche con il deliberato scopo di disinformare, creare scandalo attraverso i mezzi di informazione, aumentare il livello di audience e like, attorno a uno specifico canale e tema.


IN ARMONIA

PSICOLOGIA

i processi di verifica e falsificazione siano già stati operati a monte. Se un’informazione ottiene il consenso delle persone che conosciamo o ammiriamo, questo può ridurre le difese personali e creare un atteggiamento di maggior disposizione alla credenza di ciò che viene affermato. Non è casuale che personaggi pubblici e famosi, vengano procacciati dagli importanti marchi pubblicitari, al fine di sostenere il marketing di prodotti commerciali specifici. Se un’informazione attiva il dibattito, anche solo apparente, innalzando il rumore di fondo attorno ad un tema ben preciso, anche in negativo, ciò genera inevitabilmente un campo percettivo in cui l’attenzione del lettore viene catturata. Il puntino nero sullo sfondo bianco cattura l’attenzione più dello sfondo stesso. Una fake news, a maggior ragione in una situazione di emergenza emotiva e sanitaria collettiva, si comporta in questo modo. Se una notizia, pur essendo falsa, crea in noi “piacere” rispondendo a un bisogno di rassicurazione, perché in linea con le nostre personali opinioni, credenze, stile di vita, età, esperienza, è molto più probabile che venga presa per buona, senza alcun controllo. Se inoltre è contaminata da un’elevata quantità di “like” il lettore può facilmente accettarla come verosimile. Tutte queste variabili non agiscono individualmente, ma come ingredienti di un insieme. La mente umana, ma non solo, tende infatti a fare economia, riducendo il costo dell’elaborazione quando 30 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

questa è semplificata ed elaborata da altri. È più facile credere a un’informazione, anche se falsa, quando questa è architettata in modo articolato, secondo la linea delle variabili sopra descritte, piuttosto che discuterne e analizzarne ogni singola componente. Che cosa si può fare allora per non cadere nel tranello? Potrebbe sembrare scontato a questo punto, ma la prima cosa è diffidare a priori di tutto e tutti come bene esprime il proverbio “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. Ciò ha maggior senso all’interno di una realtà cosiddetta liquida, in cui ogni punto di riferimento è liquefatto, tanto da lasciare spazio a ogni possibilità possibile. Bisogna tuttavia fare attenzione anche alla semplicità di un contenuto; se un contenuto è troppo semplice, ma difficilmente verificabile, molto probabilmente c’è un problema. Costruirsi delle opinioni personali, anche discrepanti dalla moda, basate su delle conoscenze, non vere in senso assoluto - la verità è un lusso di pochi - ma oggettive e oggettivabili, rappresenta un ulteriore punto di partenza sano. Bisogna considerare inoltre che la mente, da un punto di vista evolutivo, è un costrutto relazionale prima ancora che personale, e ciò rappresenta un ulteriore elemento per difendersi dalle fake news: permette di aprirsi verso uno stile di pensiero disposto al confronto e non allo scontro unidiretto. Se guardarsi dentro rende ciechi, infatti, confrontarsi apre la mente.

LA COMUNICAZIONE AI TEMPI DEI SOCIAL Lo psicologo e filosofo americano Paul Watzlawick, già negli anni ’60, affermava che “comunque ci si sforzi, non si può non comunicare”. Ciò è ancor più vero oggi. La nostra società è pervasa infatti da ogni tipo di comunicazione o meglio mercificazione dell’informazione, su un livello che trascende le singole individualità. Tutto passa attraverso la comunicazione, non più solo privata, verbale o tramite il passaparola, ma attraverso l’amplificazione dei mass media ovvero social media. Dalla “pornizzazione” ed esibizione delle vite personali sui social network, alla raccolta dei flussi informativi e delle preferenze personali, al fine di creare delle proposte commerciali “personalizzate” su campioni di individui, se non addirittura su individualità singole, dalla creazione ad hoc di canali social con lo scopo specifico di influenzare le opinioni politiche, culturali, sociali, religiose, sessuali, commerciali, delle persone.



IN ARMONIA

COPPIA

Da coppia a famiglia adottiva I consigli per vivere serenamente questo momento emozionante ma delicato ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

L’adozione è un momento - o meglio un processo - molto delicato nella vita di una coppia. È la creazione di legami affettivi e mentali che hanno caratteristiche particolari. E spesso non è esente da difficoltà, nonostante il desiderio di creare una famiglia e di amare il figlio adottivo esattamente come un figlio naturale. Ecco allora i consigli della dottoressa Emanuela Zini, psicologa e psicoterapeuta, per far sì che questo passaggio da coppia a famiglia avvenga nel modo più sereno e soddisfacente possibile sia per i genitori sia per il figlio. Dottoressa Zini, il rapporto con un figlio adottivo può davvero essere uguale a quello che si instaura con un figlio naturale? Esattamente no. Le modalità affettivo e relazionali di un genitore adottivo sono differenti rispetto a quelle verso un figlio biologico, anche se si sente affermare il contrario. Differente, perché come afferma Arrigoni (2002) il figlio adottivo non è generato dalla fami32 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

glia ed è uno straniero, non inteso come nato in un altro Paese, ma perché “viene da fuori” rispetto al nucleo familiare esistente. Il bambino e poi l’adolescente adottivo deve costruire quindi il proprio Sé, il proprio senso di identità, i propri oggetti interni attraverso un lavoro più complesso di quello di un figlio naturale. Uno dei lavori più duri a livello psichico, in particolare, è dare un volto ai genitori integrando le rappresentazioni delle immagini dei genitori adottivi con quelle dei genitori naturali, anche se spesso fantasmatiche (perché il bambino adottato non sempre conosce l’identità dei genitori biologici). È complicato questo processo perché bisogna riconoscersi come “appartenenti a qualcosa; qualcuno da cui si ha avuto origine”. Quali consigli dare quindi ai genitori che stanno per adottare un figlio? Bisogna tenere in considerazione la presenza seppur fantasmatica dei genitori naturali. infatti quando si accoglie un bambino in casa ci si deve far carico anche del suo

passato, dei traumi subiti, del lutto dell’abbandono subito, a volte anche dell’abuso. Questi vissuti intaccano molte aree di vita del bambino adottato, come per esempio: la regolazione emotiva, l’area relazionale, l’adattamento sociale, a volte, anche l’apprendimento. Alcuni disturbi possono anche trasformarsi in vere patologie come il disturbo della condotta, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Nonostante l’adozione, a volte, avvenga nel primo anno di vita, la “I bambini adottati sono depositari almeno di due frammenti di storia che devono conciliare: la vita prima e dopo l’adozione. Gli adulti devono necessariamente tenere conto di questo elemento e armonizzarlo con il loro desiderio di essere genitori nonostante i cambiamenti, gli ostacoli e le difficoltà stesse legate all’adozione” ∞∞ MARIE ROSE MORO PSICOANALISTA E PSICHIATRA


letteratura riporta che i figli adottati possono, comunque, sviluppare maggiori problematiche rispetto ai figli naturali, non traumatizzati o comunque che crescono in ambiti sani e adeguati (Palacios e al 2005). Gli atteggiamenti tipici dei bambini possono essere: ritiro, bugie, comportamenti provocatori e sfidanti. Sempre dalla letteratura, però, si evince, in effetti, che le problematiche psicologiche e comportamentali si possono ridurre, dopo un periodo di inserimento del bambino nella famiglia adottiva (Dellagiulia, Lionetti e Barone, 2012). È fondamentale, quindi, che i genitori che intendono attivare un’adozione, siano adeguatamente informati e preparati ad accogliere un bambino, ricordando sempre che il trauma condiziona la sua vita. Ecco quindi alcuni suggerimenti. > Comprendere che i comportamenti problematici (oppositivo-provocatori) sono consequenziali all’interpretazione che il bambino fornisce rispetto ai comportamenti altrui. Le esperienze negative passate con la famiglia di origine hanno creato nel bambino l’idea

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di un’immagine di se stesso fortemente negativa, quindi fa tanta fatica a fidarsi delle persone. > Mettere in atto uno stile educativo equilibrato tra sostegno e conforto, ma anche regole: il bambino adottivo, seppur provocatorio, necessita di limiti costanti e di conseguenza anche rassicuranti. > Aiutare il bambino a conoscere e distinguere le emozioni. > Creare insieme al bambino un album che lo possa aiutare a narrare la sua storia (informazioni sulle sue radici, se si conoscono alcuni ricordi positivi con la famiglia biologica, l’incontro con la famiglia adottiva). E se dovessero emergere criticità? Come affrontarle? Nella fase post adottiva, qualora si presentassero maggiori criticità, è utile ricorrere a diversi possibili interventi. Uno di questi potrebbe essere un sostegno psicologico ed educativo ai genitori, per essere sostenuti a comprendere e rispondere ai comportamenti e ai bisogni del figlio. A volte è necessario attivare

un sostegno psicologico direttamente al bambino, con l’intento di aiutarlo a capire ed esprimere i propri vissuti e bisogni e a costruire una capacità riflessiva per dare un senso alla sua storia personale, spesso negata o evitata, perché troppo dolorosa. I traumi vissuti dal figlio adottato possono essere arginati, ma lasciano comunque delle tracce nella psiche, non per forza, sempre distruttive. In ogni caso, i genitori adottivi devono essere accompagnati a rimodularsi a ogni fase evolutiva, per essere di sostegno e aiuto al figlio.

DOTT.SSA EMANUELA ZINI Psicologa e Psicoterapeuta Studio di psicologia Ambivere

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Come contrastare il gonfiore delle gambe in gravidanza

∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Il 40% delle donne, durante la gravidanza, soffre di vene varicose e l’80% di gonfiore alle caviglie e ai polpacci. Anche se nella maggior parte dei casi questi disturbi non sono pericolosi per la salute della mamme e del feto, possono diventare anche molto fastidiosi e influenzare negativamente questa fase della vita, ancora di più durante la stagione calda. Ne parliamo con Marta Ada Guerini, ostetrica. Dottoressa Guerini, perché è così frequente che polpacci e caviglie si gonfino durante la gravidanza? In gravidanza il corpo della donna si modifica per accogliere e far crescere una nuova vita dentro di sé. Per quanto riguarda le gambe, il fisiologico aumento di volume sanguigno mette le vene sotto pressione. Inoltre, l’aumento dell’ormone progesterone rilassa le pareti dei vasi, rendendo ancora più difficile per le vene far risalire il sangue dalla parte inferiore del nostro corpo al cuore. Inoltre il peso crescente dell’utero comprime le vene pelviche e la vena

cava inferiore (una grande vena sul lato destro del corpo che riceve sangue dagli arti inferiori, dalla maggior parte degli organi pelvici e addominali e lo riporta al cuore). Tutto questo aumenta la pressione sanguigna nelle vene delle gambe e quindi la probabilità di sviluppare vene varicose. Il rallentamento della circolazione porta anche a un accumulo di liquidi che si manifesta con il gonfiore di piedi e caviglie. In quale periodo compaiono in genere i fastidi? Nella maggior parte dei casi nel primo trimestre, diventano più intensi con il progredire della gravidanza e si alleviano dopo poche settimane dal parto. I sintomi possono essere di diversa entità: dolore, intorpidimento, formicolio, crampi e una sensazione di pesantezza alle gambe. Possono anche essere presenti percezione che la vena pulsi, sensazione di prurito o bruciore. Se dovessero insorgere questi disturbi bisogna avvisare la propria ostetrica o ginecologo. Infatti, anche se molto improbabili, ci sono potenziali complicazioni, co-

Spesso ci si affida a prodotti fitoterapici, erbe o integratori per alleviare i sintomi di vene varicose ed edema. Ad oggi però non ci sono studi che dimostrino l’efficacia di questi prodotti in gravidanza e l’assenza di effetti collaterali per mamma e bambino) 34 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

DOTT.SSA MARTA ADA GUERINI Ostetrica Presso Politerapica, Terapie della salute Seriate (BG)

me trombi venosi (piccoli coaguli di sangue in vena), tromboflebite (infiammazione della vena), sanguinamento delle vene varicose, trombosi venosa profonda (coaguli di sangue nelle vene profonde, di solito gambe) ed embolia polmonare. Il movimento e una buona idratazione aiutano a prevenire queste rare complicazioni. Quali accorgimenti e rimedi si possono adottare per alleviarli? L’Organizzazione Mondiale della Sanità e le più importanti Società Scientifiche ritengono che le strategie più efficaci, più economiche e più sicure per alleviare i sintomi


di vene varicose e edema siano: > evitare lunghi periodi sui due piedi. In gravidanza è meglio non rimanere ferme in piedi per lunghi periodi. Se ciò è inevitabile, è utile fare delle pause per riposare e sollevare le gambe oppure per fare esercizi di stretching. Ad esempio si consiglia una leggera flessione del piede per allungare i muscoli del polpaccio; > dormire sul fianco. Negli ultimi mesi di gravidanza è utile riposare sul fianco, preferibilmente il sinistro. La vena cava inferiore scorre sulla destra del nostro corpo: dormendo sul fianco sinistro la si solleva dal peso dell’utero e si riduce così la pressione su gambe e piedi; > immergersi in acqua. L’acqua è un toccasana per la circolazione, che sia quella del mare, della piscina o quella gelata dei nostri fiumi! E perché

non regalarsi un bel pediluvio fresco mentre si guarda la tv o mentre si è in videoconferenza in smart working? Un sollievo potrebbe essere dato anche dalla calze a compressione graduata. Sono più strette alla caviglia e gradualmente si allentano sulla gamba per incoraggiare il flusso sanguigno verso il cuore. Per essere efficaci però devono essere della giusta misura: calze troppo larghe non hanno alcun effetto; calze troppo strette invece fanno da laccio e peggiorano il ristagno di sangue. Se la calza cade oppure si arrotola di continuo probabilmente non è della taglia giusta. Non è necessario indossare le calze durante la notte perché le vene non devono combattere contro la forza di gravità mentre siete distese. Potrebbe essere più facile indossare le calze prima di alzarsi dal letto perché le gambe sono sicuramente meno gonfie.

IN AEREO I lunghi viaggi in aereo aumentano il rischio di trombosi venosa ed embolia in tutta la popolazione. Non è chiaro se le donne in gravidanza abbiano o no un rischio maggiore. Ci sono però delle semplici misure preventive per ridurre al minimo questi rischi: > utilizzare calze a compressione graduata e muovere spesso le gambe; > evitare capi d’abbigliamento stretti ; > fare una passeggiata di tanto in tanto; > mantenere l’idratazione (ad esempio bere molta acqua, evitare la caffeina e non bere alcol).

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IN FAMIGLIA

BAMBINI

Bambini al sole? Con prudenza

∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Sole e bambini: un binomio che sembra particolarmente auspicabile in questa fase che segue il prolungato lockdown imposto dalla disastrosa pandemia da coronavirus. Serve invece prudenza. Perché tutta questa attenzione all’esposizione solare nei bambini? «Si tratta, come spesso avviene, di una questione di prevenzione: adottare, oggi, tutti quei comportamenti che riducano il rischio di problemi di salute più avanti nel corso degli anni» sottolinea il dottor Luigi Naldi, dermatologo. «Sì, il sole è un amico che può qualche volta riservare brutte sorprese. Intendiamoci. Senza il sole non ci sarebbe vita sulla Terra e l’esposizione moderata al sole permette, tra l’altro, la formazione di vitamina D, così importante per le ossa. Il problema è, come per altre abitudini, si pensi alla dieta, quello della quantità e intensità dell’esposizione. Per quanto riguarda il sole, sono, in particolare, i raggi ultravioletti che possono provocare danni alla pelle. Tali danni sono tanto maggiori quanto più la carnagione della pelle è chiara, la persona giovane e l’esposizione eccessiva al sole prolungata negli anni». 36 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

I RAGGI ULTRAVIOLETTI QUESTI SCONOSCIUTI I raggi ultravioletti emessi dal sole si possono dividere in tre gruppi a secondo della loro lunghezza d’onda. «I raggi ultravioletti C (UVC) hanno la lunghezza d’onda più corta e non arrivano sulla superficie terrestre se non in minima quantità» spiega il dottor Naldi. «I raggi ultravioletti B (UVB), hanno lunghezza media e sono i principali induttori dell’abbronzatura. I raggi ultravioletti A (UVA) hanno la lunghezza d’onda più lunga e concorrono, anch’essi, all’abbronzatura. Le lampade per l’abbronzatura dei saloni di bellezza emettono soprattutto raggi UVA».

ESPOSIZIONE ACUTA E CRONICA AL SOLE Per quanto riguarda gli effetti dannosi sulla pelle dei raggi ultravioletti, è importante distinguere le conseguenze di esposizioni eccessive, di breve durata, e quelle di esposizioni, magari non eccessive in sé, ma protratte negli anni. «In entrambi i casi, gli esiti sono influenzati dal tipo di pelle: quanto più la carnagione è chiara tanto più sarà suscettibile agli effetti negativi dei raggi ultravioletti» osserva l’esperto. «L’esposizione intensa e di breve durata può porta-

re alla cosiddetta ustione solare: la pelle si arrossa e vi è una fastidiosa sensazione di bruciore che dura qualche giorno. Se l’esposizione è particolarmente acuta, si può avere la formazione di bolle ripiene di siero. Gli effetti sono più importanti nei neonati e nei lattanti. I bambini piccoli hanno una pelle più sottile di quella degli adulti, inoltre un bambino molto piccolo può non essere in grado di dire che ha troppo caldo o che il sole è troppo forte, se ha sete o se è stanco. Un neonato o un lattante non può spostarsi autonomamente all’ombra. Nel bambino molto piccolo un’eccessiva esposizione solare può accompagnarsi a perdita di liquidi e disidratazione. Peraltro, l’effetto dell’ustione solare non termina una volta che l’evento acuto si sia risolto. Le ustioni solari durante l’infanzia o l’adolescenza influenzano la possibile comparsa del melanoma in età adulta. I rischi aumentano, in particolare, in chi ha pelle chiara e capelli biondi o rossicci. L’esposizione protratta nel corso della vita invece comporta altri problemi: la comparsa precoce di rughe e macchie antiestetiche sulla pelle (il cosiddetto foto-invecchiamento) e un aumentato rischio di tumori della pelle prevalentemente


epiteliali come il carcinoma squamocellulare».

I NEVI: C’ENTRANO QUALCOSA? I nevi sono lesioni benigne e rimangono tali nel corso della vita. «Tuttavia, a partire dai melanociti presenti sulla pelle e concentrati nelle lesioni neviche, si può avere lo sviluppo del melanoma e il numero di nevi può influenzare il rischio di sviluppo del melanoma» avverte il dermatologo. «Quindi chi ha molti nevi dovrebbe fare particolare attenzione con l’esposizione solare. Poiché però il melanoma compare, salvo casi eccezionali, in età adulta, non ha molto senso controllare i nevi nei bambini».

COME PROTEGGERE I BAMBINI I bambini sono particolarmente suscettibili agli effetti negativi delle radiazioni ultraviolette. Come pro-

teggerli? «Durante il primo anno di vita i bambini dovrebbero evitare l’esposizione diretta al sole. Meglio tenere il neonato all’ombra e utilizzare un parasole sul passeggino» suggerisce il dottor Naldi. «I vestiti proteggono il bambino dal sole: è bene utilizzare un pantalone largo, una blusa a maniche lunghe e un cappello a tese larghe. Si può anche utilizzare uno schermo solare, ma l’ombra è certamente preferibile in un neonato o lattante. Anche i bambini più grandicelli andrebbero protetti con vestiti adatti, evitando, per quanto possibile, l’esposizione diretta al sole durante le ore centrali della giornata (in genere, tra le ore 10 e le 15) quando i raggi ultravioletti sono più intensi. Per le aree del corpo scoperte si può utilizzare uno schermo solare. È preferibile un latte o una crema, senza alcool. È bene scegliere prodotti che filtrino la maggioranza dei raggi ultravio-

letti B e A (consultare l’etichetta) e che abbia un indice di protezione di almeno 30. Lo schermo solare va applicato circa 15-30 minuti prima di uscire, ripetendo l’applicazione spesso, soprattutto dopo il bagno o se il bambino suda» conclude lo specialista.

DOTT. LUIGI NALDI Specialista in Dematologia Unità di Dermatologia, Ospedale san Bortolo, Vicenza e Centro Studi GISED, Bergamo

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IN FAMIGLIA

BAMBINI

Lock-down Le conseguenze sui più piccoli ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Il lock-down e il forzato isolamento degli ultimi mesi ha avuto un forte impatto psicologico su tutti. I bambini, in particolare, ne hanno pagato il prezzo per primi con la chiusura delle scuole, già da febbraio. Ma, conseguenze immediate a parte, quali possono essere quelle “a distanza” in un fase così delicata come quella della crescita e dello sviluppo? «Iniziano a comparire alcune pubblicazioni scientifiche a riguardo, che identificano come principali rischi quelli legati ad attività fisica, sonno e alimentazione, come ai disturbi del comportamento e dell’umore» dice Silvia Conti, Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. «Tuttavia i dati sono ancora parziali e non conclusivi né generalizzabili rispetto all’impatto del distanziamento sociale sullo sviluppo dei bambini. Ho domandato dunque direttamente ad alcune delle famiglie che ho in 38 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

carico un feedback in merito al loro adattamento in fase di emergenza e di riapertura. E sono emersi alcuni elementi comuni dalle esperienze di vita in isolamento e di nuova socialità, ma anche alcune peculiarità, perché ciascuno ha avuto un’esperienza unica e significativa». Dottoressa Conti, quali sono stati gli aspetti negativi del distanziamento per i bambini e le famiglie? La mancanza della scuola è stata il punto negativo più sentito, in quanto le famiglie riconoscono nell’istituzione il ruolo educativo, didattico e sociale fondamentale per la crescita dei figli. Perdere i riferimenti quotidiani di insegnanti, educatori, compagni e amici ha segnato una mancanza relazionale importante per i bambini. Se per alcuni il lockdown è stato accompagnato dalla presenza di fratelli o anche degli

stessi nonni conviventi, per altri lo strumento delle videochiamate è stato l’unico modo possibile per realizzare una relazione, seppur a distanza. Non sempre però tale strumento si è rivelato positivo: per alcuni non è stato semplice accettare di vedere i propri cari in uno schermo e la videochiamata si è rivelata uno stimolo per sentimenti di solitudine piuttosto che una risorsa. Un altro tema comune è la mancanza del vissuto dello spazio. Anzitutto, le relazioni descritte sopra si compiono in spazi precisi, con regole precise, che sono molto importanti per rendere la quotidianità dei bambini comprensibile, sociale e serena. La giornata dei bambini consiste nell’esplorazione, nel vivere e conquistare gli spazi chiusi e aperti, della città, del paese, tra le strade, il parco e la scuola. Il divieto di uscire prima e la concessione di brevi passeggiate poi ha deprivato i bambini sia dell’attività fisica in


senso stretto sia di quell’esperienza edificante che può vivere il corpo in relazione allo spazio. In molti casi sono emersi nei bambini comportamenti problematici e faticosi da gestire, sentimenti di nervosismo, bisogno di scarico psicomotorio e difficoltà di comprensione e interpretazione dei divieti imposti. Ma vi sono stati anche aspetti positivi nel rimanere in casa più tempo? Certo, se riusciamo a escludere il motivo per cui le famiglie sono state costrette a casa e i lutti che le hanno coinvolte, i bambini sono riusciti anche a giovare dei momenti passati con i loro genitori a casa. Le famiglie mi hanno riferito un rallentamento della routine quotidiana e dunque maggiore disponibilità a rispettare i tempi dei bambini, garantendo loro più autonomia. Anche i genitori che hanno continuato a lavorare fuori casa hanno in molti casi potuto godere di più tempo con i loro bambini una volta rientrati. Le coccole, i giochi condivisi e le chiacchiere sono stati poi gli ingredienti fondamentali per le famiglie, che si sono strette più forte attorno a loro stesse. I bambini hanno spesso sorpreso gli adulti con la loro flessibilità di fronte all’importante cambiamento nelle loro vite e con la loro capacità di apprendere da qualsiasi esperienza. Come è stata la ripresa dei contatti sociali? I bambini hanno sviluppato difficoltà nelle relazioni? Generalmente i bambini hanno colto le ritrovate opportunità sociali

con felicità, sia con nonni e parenti sia con i coetanei. Nonostante i limiti della distanza interpersonale, dei giochi transennati, le mascherine e i guanti, hanno saputo adattarsi alla nuova realtà e lentamente hanno riscoperto la gioia dello spazio, dell’aria aperta e del gioco con i pari. I giochi preferiti sono stati le corse, le bolle e poi biciclette, scivoli e altalene, per ritrovare il gusto senso-motorio represso in quarantena. In alcuni casi, pur di uscire e vedere altre persone, i bambini si sono dimostrati attivi nell’aiutare i genitori con la spesa o le commissioni, salutando le persone per strada e assicurandosi che stessero bene. Qualcuno, diversamente, ha provato un iniziale timore nell’uscire o nell’avvicinarsi agli amici a causa della ancora presente paura del contagio. L’abitudine sviluppata di attività solitarie o parallele o gestite dall’adulto, ha in questo senso penalizzato i bambini più fragili. Non poter tornare al contatto fisico vero e proprio è stato sicuramente un limite. Tuttavia, ho potuto constatare che tutti i bambini, anche quelli più in difficoltà, hanno dimostrato una grande capacità di adattamento e comprensione, se accompagnati da una guida sicura degli adulti. Come stimolare le relazioni sociali dei bambini in estate? Quali sono i suoi consigli? Ciò che posso consigliare è anzitutto di accogliere le emozioni dei bambini, sia che si dimostrino preoccupati dal nuovo inizio sia che siano entusiasti e bisognosi di contatto sociale. Teniamo a mente che il mondo ha chiesto loro

molti adattamenti in pochissimi mesi. Tolleriamo anche le eventuali difficoltà nella gestione del comportamento, come il rifiuto di tornare a scuola oppure la fatica nel collaborare di nuovo con altri bambini. In caso di importanti difficoltà, è consigliabile rivolgersi a un esperto, altrimenti è il genitore a svolgere un importante ruolo di mediatore: nei primi incontri con i pari, potrà accompagnare e regolare le attività di gioco e conciliare i piccoli litigi; per tornare a scuola, trasmetterà ai bambini l’idea che la ripresa della quotidianità, della routine e della velocità non cancellerà ciò che di positivo l’isolamento ha creato. Infine, invito le famiglie ad uscire, in sicurezza, e permettere ai bambini di riguadagnare lo spazio e il movimento nel mondo in cui andranno a ricostruire piano piano le relazioni create, lasciate in sospeso e finalmente ritrovate. Ringrazio per il prezioso contributo le famiglie dei piccoli A., D., F., G. e S..

DOTT.SSA SILVIA CONTI Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Presso il Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo

Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 39


IN FORMA

FITNESS

Allenamento verticale in acqua Per allenarsi, tonificare e rilassarsi senza rischi ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Il nuoto e la corsa possono essere complementari? La risposta è sì. Introdurre l’allenamento in piscina nella propria routine può essere per un runner, un podista, ma anche per chi ama semplicemente correre, un aiuto allenante o defaticante. Non solo: l’acqua rappresenta un’alleata per chiunque voglia fare attività fisica in modo efficace, divertente e senza rischi. Non a caso le cosiddette discipline verticali in acqua, di cui l’acquagym può essere considerata il “capostipite”, riscuotono sempre più successo. Conosciamole meglio con Michel Zambetti, istruttore di nuoto e di una particolare disciplina che allena in acqua gli amanti della corsa, il Vertical Aquatic Style. 40 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Cosa si intende per discipline verticali in acqua? L’acqua vissuta in verticale ha rappresentato una rivoluzione nel mondo dell’esercizio e dell’allenamento fisico. Non solo perché porta benessere. Allenarsi in acqua non ha effetti collaterali. Camminare nell’acqua e mantenere l’equilibrio aiuta a scaricare e rafforzare, senza sovraccaricarle, ginocchia e articolazioni. Inoltre si potenzia il core (ndr. il “nucleo del corpo”, ovvero il complesso di muscoli compreso tra la porzione inferiore del busto e il margine inferiore del bacino) e la catena muscolare posteriore, che diminuisce il carico sulla colonna vertebrale riducendo qualsiasi tensione fisica, oltre che

psicologica ed emotiva. La resistenza dell’acqua durante i movimenti impegna il corpo attivando tutti i muscoli e impiegando la giusta dose di energia. Per questo allenarsi verticalmente in acqua, e non solo nuotando, tonifica, brucia grassi e aiuta ad allungare i muscoli affaticati e contratti. Quindi, se uno sportivo non sa nuotare può comunque allenarsi in acqua? Certamente sì! L’allenamento in acqua è vario e soprattutto calibrato, personalizzabile e diretto all’obiettivo. Chiunque può iniziare, anche se alle prime armi, perché non esistono controindicazioni. Solitamente si sceglie una vasca


didattica: di dimensioni contenute e di altezza non superiore al metro e trenta. Per necessità, infortunio o semplicemente piacere, sempre più runner, sportivi e atleti, inseriscono il nuoto e le discipline verticali in acqua nel proprio programma di allenamento.

un ambiente dove dare a muscoli e articolazioni un po’ di tregua, una sorta di recupero attivo. Non solo: l’esercizio in acqua stimola anche la mente; cambiare ambiente infatti e scegliere quello acquatico rompe la monotonia, un vero toccasana psicologico per lo sportivo.

Quali sono i benefici dell’acqua e del Vertical Aquatic Style per i runner e per gli sportivi in generale? Ecco una curiosità a cui spesso non si pensa: la temperatura dell’acqua svolge una doppia funzione. Offre refrigerio al muscolo che, nonostante stia lavorando, non si surriscalda; difficile quindi avvertire contratture o strappi. L’acqua e il moto circolare degli arti inferiori coinvolti stimolano invece la circolazione, sciogliendo l’affaticamento se presente. In più, l’acqua più fresca rispetto alla temperatura dell’ambiente dove si trova la vasca, tiene il corpo perennemente “sveglio”, ovvero costretto a riscaldarsi e quindi a bruciare calorie. Più in generale, qualsiasi attrezzo si utilizzi, l’allenamento in piscina consente una tonificazione armonica, continua e senza rischi. Ecco perché è indicato anche per coloro che si dilettano in più discipline terrestri e cercano nell’acqua un supporto:

Come si strutturano le lezioni “verticali” in acqua? Ci si allena a corpo libero, ma anche con grandi attrezzi come i treadmill (o tapis roulant), i jump (o molle) che consentono di aumentare o migliorare l’efficacia della lezione, soprattutto dal punto di vista cardio vascolare; i piccoli attrezzi come manubri, tondoludo, salvagenti, pinne e cinture, invece, potenziano in modo selettivo i diversi gruppi muscolari (compresi gli arti superiori). E se la funzione dell’acqua è soprattutto quella di rigenerare, la realtà è che molti sportivi la utilizzano per allenarsi a media e alta intensità, quando si hanno piccoli problemi infiammatori o allenarsi all’aria aperta non è possibile. C’è una differenza sostanziale tra allenamenti a bassa/media/alta intensità a terra e non: in piscina, grazie alla resistenza dell’acqua, si sollecita l’apparato cardio-respiratorio con un costo energetico alto. Un semplice skip alto, sollevando

le ginocchia al petto e svolto ad alta frequenza, può sostituire le classiche ripetute di corsa terrestre. Ma questa è solo una delle tante possibilità che la vasca offre. Indossando una cintura galleggiante, per esempio, è possibile simulare corsa e andature sfruttando sempre la resistenza dell’acqua, ma calibrando la velocità del movimento, in modo tale da scegliere quanta energia e quanta potenza allenare, sollecitando tutto il corpo. A una o a più fasi ad alta intensità, poi, ne seguono altre meno pesanti e di stretching. In acqua, insomma, si può proprio fare di tutto, con grandi benefici per il benessere psico-fisico.

MICHEL ZAMBETTI Istruttore di nuoto e Vertical Aquatic Style Presso BLU FIT Redona piscina e palestra


IN FORMA

BELLEZZA

La beauty routine per la pelle mista Gli accorgimenti da seguire soprattutto in estate ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Pori dilatati, pelle lucida in alcune zone del viso e opaca in altre. La pelle mista, cruccio per tante donne, in estate richiede ancora più attenzioni del solito. Per due motivi. Da un lato, in questa stagione si tende a usare fondotinta più leggeri che quindi svelano senza pietà le imperfezioni. Dall’altro le alte temperature comportano un aumento della produzione di sebo e microsudorazione cutanea, fattori che tendono a peggiorare la situazione. Cosa fare allora per limitare problemi e disagi? Ce lo spiega il professor Antonino Di Pietro, direttore scientifico dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis. 42 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Professor Di Pietro, innanzitutto cosa si intende per pelle mista? Un tipo di pelle non uniforme, con zone secche alternate ad aree grasse o impure. Le prime in genere si concentrano su guance, lati del viso, contorno occhi e bocca, mentre le seconde nella cosiddetta “zona a T, ovvero fronte, naso, mento. Questo deriva dal fatto che ghiandole sebacee della cute lavorano in modo non omogeneo: troppo poco nelle zone secche e troppo in quelle grasse. Si tratta di una caratteristica che può essere legata a fattori genetici e all’età, ma anche agli sbalzi ormonali, motivo per cui ad esempio è frequente che compaia durante la menopausa.

DOTT. ANTONINO DI PIETRO Specialista in Dermatologia Direttore scientifico dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis


Cosa si può fare, soprattutto in estate, per attenuare il problema e rendere la pelle più uniforme? La prima regola è detergere la pelle mattino e sera (gesto ancor più indispensabile se durante il giorno ci si trucca) con prodotti delicati, idratanti e sebonormalizzanti (no schiumogeni o troppo aggressivi). Sarebbe meglio scegliere formulazioni in gel o mousse. In caso, però, si sia abituate a usare il latte detergente, è bene ricordarsi di risciacquarlo sempre con abbondante acqua tiepida, sia perché contiene particelle grasse che rischiano di non far respirare la pelle sia perché se tutte le particelle di trucco o di smog non vengono eliminate del tutto possono occludere i pori causando follicoliti ed irritazioni. Per completare la detersione si possono applicare, subito dopo, prodotti a pH acido che servono per regolarizzare la produzione di sebo, come tonici a base di bardana, hamamelis e aloe (che ha anche un’azione lenitiva). Passando alla crema, anche in questo caso, è consigliabile che sia idratante e sebonormalizzante. Fra i principi attivi più utili per la pelle mista, ci sono la fospidina, idratante e antiage; le ceramidi, che mantengono l’elasti-

cità cutanea; l’acido ialuronico, che migliora l’idratazione in profondità; i fosfolipidi, derivanti dalla soia, che aiutano a rinforzare la membrana cellulare; la vitamina E, che riduce gli arrossamenti e regola la produzione di sebo.

ha un’azione regolarizzante sulle ghiandole sebacee. In ogni caso è opportuno che sia il medico a definire quale sia l’acido più indicato per la singola persona.

Ci sono maschere per il viso che possono aiutare? Per una pulizia più profonda può essere utile applicare, almeno una volta a settimana, maschere d’argilla, che hanno la capacità di attirare in superficie tossine, sebo e impurità residue. Rispetto alle maschere di argilla di una volta quelle di oggi sono arricchite di sostanze idratanti e riequilibranti (ad esempio con Alusil) per renderle più delicate e adatte anche alla pelle mista.

RIMAGE: UNA NUOVA “ARMA” CONTRO I PORI DILATATI Per limitare i segni che possono verificarsi sulla pelle in caso di pori dilatati e uniformare la pelle, da qualche anno è disponibile un nuovo trattamento dermatologico in grado di stimolare le cellule cutanee a produrre nuovo collagene: il Rimage con Fospidina. Consiste in tre fasi: prima si stende il mix fosfolipidi e glucosamina (Fospidina); quindi si passa una radiofrequenza a bassa intensità; infine, si completa si applica una lampada Led (infrarossi) che attiva le cellule. I risultati sono visibili subito, ma per un effetto duraturo sono necessarie 2-3 sedute a distanza di tre settimane.

E il peeling? La pelle mista può senz’altro beneficiare dell’azione esfoliante del peeling. È però fondamentale che non sia troppo aggressivo e ben “calibrato” sulle differenti esigenze della pelle. Per i pori dilatati, ad esempio, uno degli inestetismi più frequenti legati alla pelle mista, il più efficace è quello con acido acetilsalicilico che elimina tutte le cellule superficiali, ossigenando e illuminando l’epidermide, e



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Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Età / San Colombano Via Quintino Basso, 2 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Etaà / Villaggio degli Sposi Via Cantù, 2 Associazione Mosaico Via Scuri, 1/c Athaena Via Ronzoni, 3 Avis Monterosso Via Leonardo da Vinci, 4 Blu Fit / Nuoto Bergamo Alta Via Gusmini, 3 Cartolombarda Via Grumello, 32 Centro Acustico Italiano Via San Bernardino, 33/c Centro Sportivo Piscine Italcementi Via Statuto, 41 Centro per l’Età Evolutiva Via dei Partigiani, 5 Dott. Barcella Antonio c/o Centro Don Orione Via Don Orione, 6 Dott. Ghezzi Marco Via Zambonate, 58 Dott. Paganelli Paolo Via Angelo Maj, 26/d Dott.ssa Manfredi Grazia Via Giorgio Paglia, 3 Fisioforma Via Pitentino, 14/a Forneria Rota Via Silvio Spaventa, 56 Happy Friends Via Meucci, 2 La Casa di Eddy Via Carlo Serassi, 13 Medical Farma Via Borgo Palazzo, 112 Methodo Medical Center Via San Giorgio, 6/n OPI Via Rovelli, 45 Ordine Medici Bergamo Via Manzù, 25 Ottica Gazzera Via Gasparini, 4/e Palamonti/CAI Via Pizzo della Presolana, 15 Perform Sport medical Center Via Furietti, 10 Physis Istituto Int. Kinesiologia Via Tintoretto, 6 Prenatal Via Camozzi, 95

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ATS INFORMA

L’altra faccia dell’emergenza Covid L’impegno per l’accesso al cibo per tutti e la tutela della sua sicurezza ∞  A CURA DI ATS BERGAMO

Un evento sconosciuto e imprevisto ha travolto la città e la provincia di Bergamo e poi, in maniera diversa, il resto del Paese. La nostra attenzione si è concentrata - com’è naturale che fosse - sugli eventi drammatici di questo periodo, ma ce ne sono anche altri ben conosciuti e forse dimenticati. Tra questi i più evidenti sono due: il cibo come priorità assoluta e l’accesso al cibo che deve essere possibile per tutti. Le immagini che abbiamo visto testimoniano queste evidenze: le lunghe file all’ingresso dei supermercati, ma anche i volti dei volontari che si sono prodigati ogni giorno per portare cibo ad anziani, disabili, indigenti e famiglie in difficoltà. Pure la burocrazia si è “sciolta” di fronte alla necessità urgente di garantire prodotti alimentari a chi non poteva accedervi. A causa del lockdown si è riscoperto il piacere e il gusto di mangiare con i familiari; le famiglie italiane sono state più attente a non sprecare cibo, hanno ottimizzato il modo di fare la spesa e hanno utilizzato meglio il cibo acquistato. Questo contesto ha inciso molto anche sulla filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, una filiera lunga e complessa che ha visto settori che hanno segnato risul50 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

tati positivi, come la produzione e trasformazione, e altri che hanno subito un vero e proprio tracollo, come la ristorazione. Lo stop della ristorazione ha causato tonnellate di eccedenze in questi segmenti e il tracollo del settore sarebbe stato una disfatta se non si fosse pensato a recuperare quanto stoccato nei magazzini e pronto per essere utilizzato. Ma utilizzato per chi e come? Recenti analisi di Caritas Italiana e Banco Alimentare segnalano un aumento significativo, fino al 40% (60%, in alcune regioni), delle richieste di beni di prima necessità, di aiuto alimentare da parte dei cittadini, cibo e pasti a domicilio, empori solidali, mense. Contestualmente il lockdown ha comportato la chiusura temporanea o la riduzione del servizio di alcune strutture caritative a causa delle restrizioni imposte e per la difficoltà di rispettare le misure di distanziamento. Pur in presenza di queste limitazioni, le reti di solidarietà, anche attraverso il recupero delle eccedenze alimentari generatesi in alcuni settori della filiera agroalimentare, hanno permesso di raggiungere il 40% in più di persone da marzo ad oggi, passando da circa 1.500.000 persone a 2.150.000 (dati “Banco Alimentare Italiano”). E così, fin dai primi giorni della crisi, molte

aziende della filiera agroalimentare hanno contattato le reti delle associazioni del volontariato per salvare cibo buono e sicuro. Pur in mezzo a molte difficoltà le reti già organizzate sul territorio, da metà


marzo a oggi, hanno fatto arrivare più di cento tonnellate di cibo fresco a chi aveva poco o nulla da mettere in tavola. «Tutta questa attività doveva essere fatta nel rispetto delle procedure di sicurezza alimentare, perché questo cibo arrivasse sano e sicuro», sottolinea il dottor Antonio Sorice, Direttore del Dipartimento Veterinario. «E questo è stato possibile attraverso le collaborazioni con le Caritas, con le Associazioni del terzo settore del territorio, con i Comuni, con le imprese e con le istituzioni. Il rispetto delle procedure è garantito anche dal sistema dei controlli effettuati senza sosta dai Veterinari e dai Tecnici della Prevenzione di ATS, controlli e ispezioni che non si sono interrotti nemmeno durante

Perché se il cibo non è sicuro, non è cibo” il lockdown perché considerati indifferibili affinché proseguisse la possibilità, per le aziende della filiera, di commercializzare i loro prodotti e per garantire che il cibo arrivasse sano e sicuro sulle tavole delle famiglie». Controlli garantiti dall’impegno delle imprese e dalla fattiva collaborazione con il Dipartimento Veterinario e il Dipartimento Igiene e Sanità Pubblica dell’ATS, collaborazione grazie alla quale anche per il cibo in eccedenza, destinato attraverso le associazioni del volontariato alle persone in

difficoltà, è stata tutelata la sicurezza alimentare. «In questo contesto andrà ripreso e rilanciato, anche con nuovi strumenti e nuove iniziative ad oggi sconosciuti, l’accordo di collaborazione tra l’Assessorato alle Politiche Sociali di Regione Lombardia, Banco Alimentare, Comuni della Provincia e ATS Bergamo firmato il 5 febbraio scorso, in occasione della Giornata mondiale contro lo spreco alimentare, un accordo di collaborazione che ha l’intento di creare una rete di partnership sul territorio finalizzata al recupero delle eccedenze ed a raggiungere le persone più in difficoltà, assicurando l’accesso al cibo e la sicurezza alimentare» conclude il dottor Sorice. Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 51


Buffet

Muffin salato vegan alle zucchine

Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 15 min. 30 min. forno

Calorie a persona 450 Kcal

INGREDIENTI per 4 persone 350 g... Zucchine 150 g... Malto di riso 75 g...... Olio extravergine di oliva 75 g...... Semola di grano duro 75 g...... Farina integrale 150 g... Farina 0 7-8 g.... dado vegetale in polvere 1 ........... Bustina di lievito per dolci non vanigliato 1 ........... Pizzico di curry PREPARAZIONE

FABRIZIO MARTINELLI Cuoco Presso il Ristoro de Il Sole e la Terra di Bergamo

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In una terrina miscelare le zucchine a julienne precedentemente saltate in padella e raffreddate, l’olio extravergine di oliva, il malto di riso. In un’altra terrina mettere la farina tipo 0, la farina integrale, la semola di grano duro, il dado vegetale in polvere, il curry e la bustina di lievito. Mischiare bene le due componenti e riempire degli stampini da muffin leggermente oleati e infarinati. Cuocere in forno preriscaldato a 180°C per 25-30 minuti.



RUBRICHE

ALTRE TERAPIE

Il benessere che viene dal freddo ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Sistemica o localizzata. Sotto forma di cabine in cui immergere tutto il corpo o spray da spruzzare su una parte specifica. Contro la cellulite o per favorire la ripresa dopo lo sport. Oggi la crioterapia, ovvero “terapia del freddo” è sempre più diffusa: nella

LA PRESCRIVEVA GIÀ IPPOCRATE La crioterapia, intesa semplicemente come “trattamento con il freddo”, ha di per sé origini molto antiche. Veniva infatti utilizzata dalla medicina tradizionale in molte culture: gli Egizi furono tra i primi a scoprire quanto ci si potesse rinvigorire attraverso l’immersione in acqua fredda. Gli stessi soldati Romani erano soliti fare tuffi nei fiumi ghiacciati al termine delle battaglie. Ippocrate, il padre della medicina occidentale, era solito prescrivere acqua ghiacciata come trattamento per alleviare dolori e infiammazioni.

medicina tradizionale, nell’estetica, nel mondo beauty e in quello sportivo. E non si tratta solo di una moda lanciata da vip come Cristiano Ronaldo e Lady Gaga, ma di una “terapia” i cui benefici erano già noti nell’antichità (vedi box) e nel tempo sono stati oggetto di molti studi da parte della comunità scientifica internazionale (di cui circa 30mila pubblicati). «L’esposizione alle basse temperature può avvenire in diversi modi. La prima distinzione da fare è se il raffreddamento coinvolge l’intero organismo oppure una parte circoscritta» spiega Massimo De Nardi, Dottore di Ricerca in Neuroscienze e Laureato in Scienze Motorie. «Lo stazionamento in un ambiente con temperatura prossima o inferiore allo zero, l’immersione in acqua fredda, l’esposizione in una stanza a basse temperature, la criosauna, la criocamera e le docce ghiacciate costituiscono trattamenti che prevedono l’esposizione dell’intero organismo (a parte in alcuni casi la testa). L’applicazione delle borse del ghiaccio o di getti di acqua fredda, lo spray freddo, la crioterapia localizzata, la criolipolisi, la crioterapia dermatologica, la piastra a freddo, la maschera viso crioterapica, gli ice garments (ovvero i vestiti refrigerati), invece, sono esempi dell’applicazione della crioterapia in zone circoscritte del corpo».

Cominciamo dall’esposizione al freddo dell’intero corpo. Quali sono i benefici? Da un’approfondita e aggiornata analisi della letteratura scientifica internazionale si evince come l’esposizione sistemica e sistematica del corpo alle temperature criogeniche possa portare a diversi fenomeni fisiologici decisamente positivi. > Miglioramento della qualità del sonno: vige il detto popolare “mangiare al caldo, dormire al freddo”. Sembra infatti che la temperatura ideale della camera sarebbe tra i 15.5 ed i 19°C. A tal proposito è stato studiato, con effetti positivi, anche l’utilizzo di uno speciale casco refrigerato in persone che soffrono di insonnia. > Accelerazione del metabolismo basale, unita al cosiddetto fenomeno del “browing”, ovvero della trasformazione di grasso bianco in grasso bruno. Si passa quindi dal grasso accumulato a riserva a quello utilizzato per la termogenesi: un vero e proprio meccanismo “bruciagrassi”, così come confermato da un articolo pubblicato sul The Journal of Clinical Investigations. > Drenaggio dell’infiammazione grazie alla vasocostrizione seguita dalla vasodilatazione, ovvero dell’effetto “pompa”


responsabile per l’appunto della diminuzione della flogosi (infiammazione). Questo meccanismo è inoltre responsabile della riduzione dei gonfiori ed edemi e del riassorbimento di vene varicose e capillari (teleangectasie). > Effetto analgesico a seguito di un sensibile aumento della soglia di percezione del dolore. > Generale miglioramento nel benessere psico-fisico, con aumento della vitalità e diminuzione dell’ansia. > Diminuzione dei valori di colesterolo totale, colesterolo LDL, dei trigliceridi ed aumento del colesterolo HDL, oltre che regolazione dei livelli di zuccheri nel sangue. > Aumento del sistema immunitario poichè l’organismo attiva tutte le sue

difese a seguito dell’esposizione alle basse temperature. > Aumento delle beta endorfine, della norepinefrina, dell’adrenalina e del testosterone (specialmente negli uomini), ormoni grazie ai quali ci si sente rinvigoriti. > Effetto antiossidante, soprattutto a seguito di esposizioni ripetute, e azione anti-age che aiuta a prevenire l’invecchiamento cellulare causato dai radicali liberi.

bustire i capelli. Speciali tipologie di vestiti, i cosiddetti cool garments, vengono invece utilizzati dagli atleti per abbassare la temperatura corporea in situazioni di caldo estremo (pensiamo ad esempio a competizioni effettuate in particolari Paesi del Mondo)

Quali invece i benefici di un’applicazione localizzata? Può essere utilizzato anche per la rimozione delle verruche, per la riduzione di acne, brufoli e per la pulizia del viso. Esiste inoltre una piastra per capelli ad azione fredda, che raggiungendo una temperatura di -16°C, porta a rinvigorire e irro-

DOTT. MASSIMO DE NARDI Dottore in Scienze motorie Krioplanet Treviglio

Dalla nascita, in tutte le fasi della vita, ci prendiamo cura di tutta la famiglia • Andrologia/Urologia

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RUBRICHE

GUIDA ESAMI

Test sierologici Cosa sono e a cosa servono IL TAMPONE: OBBLIGATORIO IN CASO DI RISULTATO POSITIVO

∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

È stato uno dei temi centrali e più dibattuti nella seconda fase dell’emergenza da Covid-19. Parliamo del test sierologico, esame che permette di sapere se una persona ha sviluppato anticorpi contro il virus SARS-Cov-2. Questa indagine è utile, secondo gli esperti, per capire chi realmente è entrato in contatto con il coronavirus e poter così pianificare le prossime fasi soprattutto nell’ottica di un’eventuale seconda ondata in autunno-inverno. Ma quali anticorpi in particolare misura? Può fornire una sorta di “patente di immunità”? La parola alla dottoressa Barbara Amore, specialista in Biochimica e chimica clinica presso Bianalisi.

QUALITATIVI O QUANTITATIVI I test sierologici, che si effettuano con un prelievo venoso classico, sono sostanzialmente di due tipi: qualitativi e quantitativi. I primi, 56 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

meno specifici, stabiliscono se il sistema immunitario di una persona ha sviluppato anticorpi - e quindi se è entrato in contatto con il virus; i secondi, invece, sono più specifici e dosano le quantità di anticorpi prodotti. In entrambi i casi, gli anticorpi che si vanno a ricercare sono le immunoglobuline IgM e IgG. «Gli anticorpi IgM sono i primi a rispondere al contatto e sono presenti nel siero del sangue nei primi giorni di contatto e per tutta la fase acuta della malattia, per poi sparire dopo 20-30 giorni» spiega la dottoressa Amore. «Gli anticorpi IgG, invece, iniziano a comparire in coda alla fase acuta e poi permangono a protezione per un periodo più lungo. Ad oggi si sta ancora studiando l’efficacia della protezione di questi anticorpi e il loro perdurare nel tempo, motivo per il quale ad ora né questo né altri esami possono dare una “patente immunologica” testata»

Se il test sierologico risulta positivo, come anche indicato nella Circolare Ministeriale del 09 marzo 2020 e successive modifiche, è obbligatorio sottoporsi al test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei (comunemente chiamato tampone). Consiste nel prelievo, con un bastoncino cotonato, di materiale biologico presente nelle prime vie respiratorie (faringe e naso) e permette di verificare la presenza di RNA virale e quindi del virus nel corpo. In altre parole dice se il virus è attivo e quindi contagioso per gli altri.


COME INTERPRETARE I RISULTATI Se il risultato del test è positivo, significa che la persona ha avuto contatto con il virus. «È bene sottolineare, però, che la rilevazione della presenza degli anticorpi (positività) non è indicativa della presenza di virus nella persona e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità. La presenza del virus può essere confermata solo con il test molecolare da tampone naso-faringeo» avverte la dottoressa Amore. «Un risultato positivo per anticorpi IgM indica un probabile contagio recente o in fase acuta, mentre uno positivo per soli anticorpi IgG indica un

Il test sierologico non sostituisce il tampone. Il primo serve a individuare le persone che sono entrate in contatto con il virus e quindi “racconta” la storia della malattia, mentre il secondo fornisce un’istantanea della situazione momentanea”

probabile contagio pregresso». Se al contrario il test risulta negativo significa che non è entrato in contatto. «In caso di esito negativo sia per IgM sia per IgG, pur indicando l’assenza di riposta immunitaria, il test non esclude però la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce o asintomatica e relativo rischio di contagiosità della persona» continua la specialista. È evidente, quindi, che i risultati devono essere valutati dal medico curante insieme alla storia clinica della persona, anche considerando il fatto che sono possibili risultati falsi negativi e falsi positivi (dipende dalla sensibilità e specificità del test effettuato).


RUBRICHE

ANIMALI

Filariosi Come proteggere il nostro amico a 4 zampe ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

La filariosi è una malattia parassitaria che colpisce soprattutto i cani (di rado i gatti e gli altri animali domestici) con conseguenze che possono essere letali. La stagione calda è il periodo più a rischio e quello, quindi, in cui è importante non solo riconoscerla tempestivamente ma soprattutto prevenirla. Come? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Francesca Bosio, medico veterinario. Dottoressa Bosio, qual è la causa di questa malattia? La filariosi cardiopolmonare (o filaria) è una malattia trasmessa da un parassita della famiglia dei nematodi chiamato Dirofilaria Immitis (verme tondo con lunghezza variabile tra i 12, nel maschio, e i 32 cm nella femmina). L’ospite intermedio che veicola il parassita sono le zanzare del genere culex o aedes (zanzara tigre) mentre l’ospite definitivo è solitamente il cane, in maniera minore il gatto, furetto, volpi etc. 58 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

Come si contrae? Le zanzare pungono un animale infetto, ovvero portatore delle forme parassitarie adulte, e così facendo prelevano dal sangue le larve delle filarie (stadio L1). All’interno della zanzara, nell’arco di circa sette giorni, le larve maturano dallo stadio L1 alle stadio L2 e successivamente allo stadio L3 che rappresenta la forma infettante. Le larve, poi, migrano nella bocca della zanzara che così, al successivo pasto di sangue, le trasmetterà a un altro cane infettandolo. Inizialmente le larve si annidano nella cute, ma poi “entrano” nei capillari dove evolvono allo stadio larvale 4 e successivamente (160 giorni circa) allo stadio 5. Nei due mesi dopo, attraverso il sangue, raggiungono il cuore e le arterie polmonari del cane. Quali sono i sintomi con cui si manifesta la malattia? I sintomi della filariosi del cane possono essere estremamente

vari a seconda dello stadio della malattia e del grado di infestazione. Si distinguono, per gravità, quattro classi sintomatiche: > filaria in forma subclinica, diagnosticata solo tramite test di laboratorio effettuati come screening prima della profilassi preventiva, senza sintomi; > filaria in forma moderata, in cui il cane può manifestare

DOTT.SSA FRANCESCA BOSIO Medico Veterinario Clinica Veterinaria Villa Francesca Seriate


LE ZONE E IL PERIODO PIÙ A RISCHIO Fino a qualche anno fa la filaria era considerata una patologia diffusa solo nelle zone centro-settentrionali. Ad oggi, invece, si sta rapidamente diffondendo in tutto il Paese. Nuovi focolai di questa malattia nascono in aree non endemiche a causa del cambiamento climatico e di una maggiore predisposizione a viaggiare delle famiglie con il proprio cane, che ha portato a una maggior diffusione del vettore. Il periodo di maggior pericolo è quello in cui sono attive le zanzare, indicativamente da marzo a novembre con un picco nei mesi estivi.

sintomi aspecifici che vanno da affaticamento e calo di peso fino a soffio cardiaco e difficoltà respiratoria; > filaria in forma grave: le Dirofilarie causano lesioni cardiocircolatorie che portano a un’insufficienza cardiaca; le filarie diventano così grandi e numerose che possono andare anche a ostruire la vena cava portando l’animale alla morte. Ma è possibile prevenirla? Assolutamente sì, con una corretta profilassi farmacologica. La prevenzione può essere iniziata a partire dalle sei settimane di vita nel cucciolo e dovrebbe prevedere innanzitutto l’esecuzione di un test ematico in ambulatorio in grado di identificare gli antigeni prodotti dalle femmine adulte di filaria per verificare che il cane non abbia già contratto la malattia prima della somministrazione

DISFUNZIONI DEI TESSUTI GENITALI

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del farmaco. Il test è necessario quando non si è in regola con la profilassi annuale o non si è sicuri di aver effettuato sempre in modo corretto la profilassi in passato. Esistono diverse soluzioni: > una singola iniezione sottocutanea che, effettuata dal veterinario a inizio stagione, protegge il cane per tutto l’anno; > compresse da somministrare per via orale una volta al mese per tutto il periodo in cui sono presenti le zanzare; > prodotti spot-on da applicare sulla cute del dorso una volta al mese per tutto il periodo in cui sono presenti le zanzare. La scelta tra le tre opzioni deve essere valutata insieme al proprio veterinario sulla base di diversi fattori che riguardano sia le condizioni cliniche dell’animale sia il livello di compliance da parte del padrone.

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DAL TERRITORIO

NEWS

Al via il laboratorio di Calcinate capace di processare oltre 2500 tamponi al giorno È partito nelle scorse settimane il progetto pilota promosso dal Distretto Rotary 2042, in collaborazione con ASST Bergamo Est, Porsche Consulting e Multiply Labs (una start up con sede negli USA, ma creata da giovani bergamaschi) e in accordo con la ATS di Bergamo, per la sperimentazione di tecnologie innovative e modalità organizzative capaci di ottimizzare i processi operativi delle strutture di laboratorio per la rapida analisi di tamponi. La sperimentazione, resa possibile dalle donazioni raccolte attraverso il progetto finanziato dal Distretto, a cui hanno aderito diversi imprenditori della zona, è cominciata e i montaggi delle robotizzazioni, così come le prove sul campo, sono oramai terminate. La linea di 15 macchine, installate nel laboratorio di circa 300 mq. presso il Presidio Ospedaliero Territoriale di Calcinate (BG), ha già iniziato a processare tamponi ed è in grado di elaborare un tampone ogni 28 secondi, per un totale di 2500 tamponi al giorno. Tecnologie altamente sofisticate insieme a processi di digitalizzazione innovativi sono coadiuvati da un team composto da circa 12 persone tra dirigenti e tecnici, un gruppo di volontari e un servizio di assistenza da remoto per le questioni informatiche e biomeccaniche. Da qualche settimana è entrato a far parte degli addetti ai lavori anche Yumi, robot collaborativo creato da ABB Robotics, arrivato per coadiuvare i tecnici di laboratorio in alcune operazioni critiche del processo, garantendo affidabilità e sicurezza.

NEWS

Lions Club Ponte San Pietro: una sonda ecocardiografica transesofagea 3D per la Cardiologia I Lions Ponte San Pietro - Isola hanno donato una sonda ecocardiografica transesofagea tridimensionale per completare l’Ecocardiografo in uso negli Ambulatori della Cardiologia dell’Ospedale di Treviglio - Caravaggio nella diagnosi delle patologia cardiache. Fino ad oggi la Cardiologia dell’Ospedale di Treviglio era dotata di un Eocardiografo transesofageo bidimensionale (in 2D), strumento che viene utilizzato per valutare le strutture cardiache (valvole cardiache, cavità e muscolo) al fine di identificare i meccanismi responsabili di specifiche cardiopatie. Con l’arrivo della nuova sonda, l’ecocardiografia tridimensionale (3D) permetterà non solo di ottimizzare la qualità di immagine e di definizione delle strutture cardiache ma, arricchendo strumenti di diagnosi già presenti, anche di analizzare e studiare elementi anatomici che non possono essere visti all’interno del cuore con una normale sonda transesofagea.


Il 19 e 20 settembre Festival della Sostenibilità Sul Sentierone di Bergamo la due giorni con focus sulla mobilità sostenibile Torna sul Sentierone di Bergamo un weekend dedicato agli stili di vita e d’impresa green, in corrispondenza della Settimana europea per la mobilità sostenibile. Sono stretti i legami tra salute e mobilità, visti i tassi di inquinamento che nella Pianura Padana superano spesso i limiti consigliati. Per questo è importante riflettere su quali sono le proposte che cittadini, famiglie e aziende possono mettere in campo per contrastare

il fenomeno, che quest’anno si è arrestato solo per il lockdown. Tante le novità che saranno presentate: tra bonus, incentivi, nuove direttive e scelte per un futuro più pulito, il tema della mobilità sostenibile verrà approfondito in tutti i suoi aspetti. Come? Attraverso incontri dedicati si farà il punto sugli sviluppi della mobilità bergamasca post-Covid, con le novità dei trasporto pubblico, la mobilità dolce e in sharing. Approfondimenti

anche sulla logistica e la mobilità delle merci in città, senza dimenticare un’area espositiva con gli stand di enti, imprese, istituzioni e associazioni che ruotano intorno al vasto mondo della sostenibilità e dell’ambiente. Non mancheranno laboratori, iniziative e giochi per i più piccoli, mentre per i “grandi” la possibilità di test drive di auto a emissioni 0, bici e monopattini elettrici.

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DAL TERRITORIO

ONLUS

Con i nostri acquari dipinti diamo un sorriso ai bambini malati L’artista Silvio Irilli ha donato al Papa Giovanni tre pannelli per aiutare i piccoli pazienti

∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Si chiama “Ospedali dipinti” e ha come obiettivo “Dipingere un sogno e allontanare le paure”. Quelle dei bambini ricoverati negli ospedali in pediatria o in oncoematologia. Bambini sfortunati che soffrono a stare lontani dalle loro realtà e dai loro genitori. Ora anche all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo i piccoli possono avere più fiducia e meno timori guardando i tre separè donati al reparto pediatrico. Tre pannelli mobili, coloratissimi in cui, come in un acquario, nuotano 62 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

delfini che sorridono e fanno addirittura l’occhiolino, tartarughe che sembrano venirti incontro e tanti altri abitanti del mare tutti dai colori vivaci. A realizzarli è stato Silvio Irilli, un cinquantenne pittore torinese fondatore di “Ospedali dipinti”. «La donazione dei primi tre

separè all’Ospedale rappresenta per noi un messaggio di speranza per il futuro» dice Irilli. «Bergamo è stata colpita duramente dall’emergenza sanitaria e sta ripartendo con tanto coraggio e tenacia. Il Papa Giovanni, il personale medico e sanitario e i suoi piccoli pa-

Ospedali dipinti Se sei un’azienda, un’associazione Onlus o un privato che desidera donare uno spazio decorato in Ospedale contatta: Tel. 338 4403095 - info@irilli.com


zienti hanno bisogno di tutto il supporto possibile. Nel nostro piccolo abbiamo voluto degli strumenti utili per organizzare le corsie e garantire privacy, ma che possono anche donare un sorriso ai bambini, condividere un’emozione e aiutarli ad allontanare le paure che è la missione principale del nostro progetto». E per l’autunno ha pronto un nuovo progetto per rendere sempre più accoglienti e colorati e meno “paurosi” i reparti di pediatria del Papa Giovanni sempre in collaborazione con l’associazione “Il sogno di Iaia”, associazione no profit molto legata al territorio bergamasco e all’ospedale che si è preso cura di Iaia quando si è ammalata di un tumore raro, anni fa. “Ospedali dipinti” è un progetto artistico a disposizione di Onlus, Fondazioni e privati che vogliono donare reparti dipinti a strutture ospedaliere, nato otto anni fa dalla fantasia di Silvio Irilli, uno degli artisti più apprezzati e stimati nel panorama internazionale di arte contemporanea. È stato disegnatore di “Solletico” su Rai Uno, ha illustrato con i suoi disegni giornali sportivi e dello spettacolo. Ha creato i murales del Georgia Aquarium di Atlanta, negli Stati Uniti, dipinti tra il 2007 e il 2008, e il gigantesco soffitto d’ingresso dello stesso acquario, circa 300 metri quadrati, che ogni

anno ammirano oltre 2 milioni di visitatori. «Nel 2011 sono stato chiamato al Policlinico Gemelli di Roma per dipingere un corridoio di radioterapia oncologica» racconta Silvio Irilli. «I medici mi chiesero di provare a dare un’accoglienza diversa ai piccoli malati. L’obiettivo era creare interazione tra ambiente e paziente in un luogo normalmente associato ad ansia o tristezza. Ho pensato all’acquario come quelli che avevo dipinto ad Atlanta con onde, stelle marine, delfini e tartarughe sorridenti. I risultati sono stati entusiasmanti e il Policlinico mi ha incaricato di dipingere tutto il bunker di radioterapia, 1300 metri quadrati. In più ho trasformato l’acceleratore radioterapico in un sottomarino». E per i bambini sottoporsi alle cure è diventato quasi un gioco. Anzi qualche piccolo paziente tornato a casa chiedeva ai genitori “Ma quando torniamo nel sottomarino?”. Da allora Silvio non si è più fermato. Finora ha già cambiato il volto a tanti reparti di pediatria in diversi ospedali a cominciare dal Policlinico Gemelli di Roma, all’Ospedale di Novara, all’Annunziata di Taranto, al Frizzi di Lecce, all’Istituto dei tumori di Milano, al Monaldi di Napoli, al Ruggi d’Aragona di Salerno. Un acquario dietro l’altro. «Decorare un reparto di ospeda-

le non è solo abbellire con delle immagini un ambiente» spiega. «Significa portare un messaggio di accoglienza, di supporto ai dottori che devono seguire il paziente e accompagnarlo per una terapia. Soprattutto vuol dire regalare un po’ di sollievo ai pazienti che devono affrontare un percorso dove occorre coraggio e dignità. Diventa ancora più importante quando la terapia la devono affrontare i bambini che si trovano in un contesto per loro fuori dal mondo. È allora importante creare il loro mondo in un reparto ospedaliero che consenta loro di continuare a sognare. Ecco perché ogni opera che realizzo deve interagire con i bambini raccontando loro una storia affinché il loro percorso di malattia e terapia diventi un gioco». «Da quando è scoppiata questa emergenza ci siamo chiesti come potessero sentirsi i bambini ricoverati e le loro famiglie» dice la famiglia di Iaia. «Abbiamo accolto con grande gioia e gratitudine la notizia della donazione dei bellissimi separé all’ospedale: ci riempie il cuore pensare alla meraviglia che proveranno i piccoli pazienti quando vedranno queste opere. Il nostro più sentito grazie a Ospedali Dipinti, a Intergraphica (ndr. che ha contribuito alla donazione con la stampa digitale dei pannelli) e all’Ospedale Papa Giovanni XXIII per aver reso possibile questo sogno».


DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Da Almè al Nepal con un carico di vitamine ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Dalla storica farmacia Visini di Almé a uno sperduto villaggio in Nepal, a 1400 metri di altitudine e a tre ore di jeep da Kathmandu, il passo non è breve. Qui nella Bergamasca a dare consigli a chi gli si rivolge per problemi di salute, lì, in mezzo al nulla, ad aiutare 1500 abitanti, soprattutto bambini debilitati dalla mancanza di vitamine, dalla povertà e molti dalla tubercolosi. Eppure Michele Visini, titolare della farmacia fondata dal padre Giovanni circa 50 anni fa, non ha avuto problemi, anzi. «È stata un’esperienza travolgente, ho avuto la fortuna di poter essere parte di un minuscolo ingranaggio in cui convogliare vent’anni di professione. Ho ricevuto sorrisi, gratitudine, fiducia. Ho ricevuto più di quanto in pochi giorni ho potuto dare» dice. E ha organizzato campagne ed eventi per raccogliere fondi per inviare le medicine e le vitamine che servono ai piccoli nepalesi, per una cura di 64 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

almeno tre mesi. Una vagonata di scatoloni pieni. Il viaggio è nato quasi per caso. A segnalarlo al dottore è stata una sua collaboratrice. Una missione umanitaria in un villaggio del Nepal organizzata da Time4life, una fondazione modenese che da anni porta volontari in diverse realtà del mondo, dal Nepal al Nicaragua, alla Romania, sempre al servizio degli ultimi, in special modo dei bambini. Il villaggio è stato distrutto dal terremoto del 2015 e Jay Nepal, altra onlus che collabora con Time4life, sta cercando di portare avanti un progetto di ricostruzione. Fulcro del villaggio è il Bodgaun Medical Center costruito faticosamente qualche anno prima. Dopo aver letto la notizia, Visini non ha un attimo di esitazione. «Dentro di me da molto tempo conservavo la voglia di provare l’esperienza di svolgere la mia professione in altre terre, differenti, presso popoli diversi, lontani da noi» racconta

il farmacista. «Mi è piaciuta l’idea di fondo che muove queste due associazioni. Basano le loro attività sul famoso detto “Se incontri qualcuno che ha fame non dargli il pesce ma insegnagli a pescare”. No insomma all’assistenzialismo ,ma creare strutture affinché le varie comunità possano diventare più autonome possibili partecipando alla rinascita del territorio. Ho chiamato gli organizzatori e ho proposto di dare il mio contributo raccogliendo materiale sanitario necessario al centro medico. Mi hanno accettato e sono partito con un gruppo di 14 volontari provenienti da diverse parti d’Italia e con diverse realtà professionali». Un viaggio lunghissimo. L’arrivo a Kathmandu e poi ancora tre ore di jeep su strade problematiche. «Una volta arrivati a Bodgaun ho subito partecipato ad alcune attività e all’organizzazione che mancava quasi completamente. Come per la farmacia. Il mio giovane collega


nepalese non sapeva cosa c’era in magazzino, quali prodotti erano scaduti: questo rallentava tutto. Abbiamo riorganizzato tutto. Poi grazie ai fondi raccolti da Time4life è stato possibile aprire anche un campo pediatrico gratuito a Bhimtar, un villaggio a circa un’ora di cammino da dove eravamo alloggiati. E lì c’è stata una vera fiumana di donne con i loro bambini. 559 le persone visitate dai quattro medici coadiuvati degli infermieri e da decine di volontari. Io avevo preparato le opportune scorte di medicinali da portare con noi cercando di capire quali problemi di salute sarebbero stati riscontrati durante le visite. Non potevo sbagliare. Bisogna tener presente che nel Nepal rurale un campo medico in un altro villaggio ha grossi problemi di comunicazione e di spostamenti. Il villaggio è molto isolato e c’è tanta povertà, un altissimo tasso di anal-

fabetismo e problemi di alcolismo. Ma c’è anche la volontà di rinascere. A Bodgaun è stato costruito un centro medico, al quale è stato poi affiancato un centro nascite che ha ridotto la mortalità delle neomamma e dei neonati a seguito delle complicazioni del parto». Intanto i progetti vanno avanti. Ora Visini vuole distribuire vitamine a mille bambini per almeno tre mesi e aprire piccoli centri di diagnostica, cura ed educazione alla salute. «Vorrei anche mettere a punto un protocollo che porti all’educazione e alla tutela della salute. La mia è stata un’esperienza fuori dall’ordinario. Mi ha insegnato che ognuno di noi può contribuire a costruire qualcosa di buono e a cambiare le cose. Ed è il messaggio che lancio alle mie tre figlie con la speranza di poter rendere il mondo un posto un po’ migliore, anche se solo per

In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it! un’altra persona». E per farlo, sta coinvolgendo anche tutti i clienti delle sua farmacia e gli abitanti del suo paese e di quelli vicini in campagne ed eventi il cui incasso sarà devoluto ai Camp medici che ha nel cuore di organizzare appena possibile.

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SINDROME DI WERNER Codice di Esenzione. RC0060 Definizione. La sindrome di Werner è una condizione caratterizzata principalmente da senescenza precoce (invecchiamento precoce di tutte le cellule dell’organismo), a insorgenza in età adolescenziale-giovanile, e da anomalie endocrinologiche. Epidemiologia. L’incidenza è pari a circa 1: 20.0001:100.000; maschi e femmine sono affetti in eguale misura.

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BANDO 2020 La Fondazione A.R.M.R. bandisce sei borse di studio per ricercatori di età non superiore ai 38 anni che vogliano partecipare a progetti di ricerca sperimentali o clinici nel campo delle malattie rare. Le domande dovranno essere presentate tramite raccomandata entro il 15 settembre 2020. Tutti i dettagli su www.armr.it

Segni e sintomi. I pazienti non manifestano segni e sintomi della patologia sino all’età adolescenziale-giovanile (attorno ai 14 anni). Progressivamente compaiono le manifestazioni caratteristiche: bassa statura e tratti peculiari del volto (naso sottile e adunco, esoftalmo, ciglia e sopracciglia rade); i capelli tendono a incanutirsi e cadere, il torace diviene tozzo e protruso; gli arti superiori e inferiori si assottigliano per la perdita di tessuto sottocutaneo e muscolare; le mani e i piedi sono magri, le dita corte e deformate, la cute subisce un processo simil-sclerodermico. È frequente l’insorgenza di cataratta attorno ai 25-30 anni. Può comparire in forma incompleta e può aver decorso più o meno rapido. Eziologia. Ha un’origine genetica e una modalità di trasmissione autosomica recessiva. Diagnosi. Può essere confermata mediante indagine molecolare del gene responsabile.

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Terapia. La terapia è sintomatica e di supporto (non risolutiva); prevede innesti cutanei per le ulcerazioni e correzione chirurgica della cataratta, che va eseguita con particolari attenzioni per lo scarso potenziale di crescita dei fibroblasti (particolari cellule, tipicamente presenti all’interno dei tessuti connettivi, come il derma) e non deve contemplare l’utilizzo locale/sistemico di cortisonici. È consigliabile l’esecuzione di una consulenza genetica. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR

Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 67


DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Con l’emofilia ho fatto 800 Km a piedi ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

“Libera la vita. Storie di sogni che l’emofilia non può fermare”. E il sogno, anzi la sfida in piena regola, l’ha vissuto un giovane universitario bergamasco che lotta fin dalla nascita con l’emofilia. Nicola Pezzotta, 23 anni, di Bolgare, studente di ingegneria con architettura a Brescia, è riuscito nell’impresa portando a termine il Cammino di Santiago di Compostela. Anzi andando oltre, a Finisterre, 800 chilometri a piedi con il rischio di emorragie esterne e interne “evitate”, ogni tre giorni, con un’iniezione del farmaco che gli salva la vita. «Ho davvero liberato la mia vita» ci dice Nicola. «I medici mi avevano sconsigliato e vedendo la mia voglia di mettermi alla prova, mi raccomandavano cautela. Sognavo questa esperienza da qualche anno, ero all’ultimo anno del liceo artistico ed ero rimasto affascinato dal racconto di un mio caro amico che era andato a Santiago di Compostela a piedi. Si era trasformato, era diventato un altro, più positivo. Ne ho avuto la conferma andando insieme a Dublino. Io ero preoccupato ma lui mi è stato vicino aiutandomi molto» racconta. «Confesso che prima di partire per il Cammino ero un po’ agitato. Mi bloccava l’idea di dovermi portare dosi di farmaco per un mese, di dovermelo iniettare in situazioni sconosciute. Una volta per strada però ho sentito ogni insicurezza scivolare via. Ho capito subito che sarebbe stata una sfida fattibile e straordinaria. Ho imparato che il mondo è un luogo da scoprire e che l’emofilia può esse68 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

re messa all’angolo senza paura e con i giusti accorgimenti». D’altronde è proprio questo lo spirito di “Liberate Live. Libera la Vita. Storia di sogni che l’emofilia non può fermare”, un progetto promosso dall’azienda farmaceutica Sobi con il patrocinio della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo), un’iniziativa attiva in tredici Nazioni europee che ha coinvolto tante persone con emofilia, soprannominate Liberatores. In Italia sono circa 5 mila che vivono con un disturbo emorragico di origine genetica ed ereditaria e che provoca una coagulazione del sangue non corretta e che può portare, a causa di ripetuti sanguinamenti nelle articolazioni e nei muscoli, a dolore, rigidità e limitazione funzionale. Nicola non ha avuto problemi nel suo Cammino durato un mese in compagnia di una guida eccezionale, Nicolò Balini di Fara Gera d’Adda, videomaker di Human Safari, uno dei più famosi youtuber di viaggi e uno degli idoli del nostro universitario. «Ho cercato di permettergli di godersi l’esperienza nel modo più sicuro con l’organizzazione pre-partenza, l’allenamento e alcuni consigli in considerazione della sua situazione» commenta Balini. «Siamo partiti da Pamplona per evitare il valico dei Pirenei isolato e difficile in caso di maltempo, portando lo stretto necessario nello zaino: 2 paia di calzini, 2 mutande, 2 magliette, 1 pantalone, 1 pile, 1 piumino, 1 antivento, 1 antipioggia,

1 cappello e un paio di guanti». «È stata un’esperienza fantastica» continua Nicola. «Un viaggio bellissimo. A parte gli edifici storici nei quali a volta si dorme, o le camerate con 60-70 letti, le tappe più belle sono state quelle in cui ho mangiato, suonato e cantato con altri pellegrini e i momenti di raccoglimento in cui ciascuno racconta i motivi per i quali si è messo mi marcia. Si conoscono tante persone, con alcune si condividono tratti di strada ed esperienze. Come quelle che ho incontrato per strada e abbiamo formato un bel gruppo. Certo qualche problema c’è stato: ho dovuto imparare a farmi le iniezioni in spazi ridotti e scomodi sotto gli occhi di estranei. Com’è successo in un ostello quando un signore tedesco vedendomi con


gli uomini. Mia nonna e mia mamma sono portatrici sane del cromosoma Xe, quello difettoso che trasmette l’emofilia. Ho due fratelli minori, uno è emofilico come me, l’altro non ha nessun problema. I miei genitori mi raccontano che a dieci mesi, quando muovevo i Nicola ha realizzato il suo sogno primi passi, sono stato costretto a dimostrando che anche un emofi- mettere il primo catetere venoso, lico può fare un’esperienza straor- che serviva a iniettare il fattore dinaria percorrendo una ventina di VIII contro i sanguinamenti, e a chilometri al giorno per un mese. indossare ginocchiere e gomitiere Anzi di più, perché il futuro ingegne- per evitare traumi alle articolaziore/architetto arrivato a Santiago ha ni. Poi però ho avuto una brutta ripreso la marcia con il suo gruppet- infezione, sono finito in ospedale. to andando a Finisterre sull’Oceano Sono riuscito a superare anche Atlantico.Intanto sogna altre sfide: questo problema a prezzo però andare a Capo Nord, ma prima della somministrazione di altissime fare l’Erasmus a Palma di Majorca. dosi e dell’inserimento di un altro Insomma Nicola non riesce più a catetere venoso centrale che mi ha fermarsi. Riesce a controllare bene lasciato una cicatrice sul torace e la sua terapia anche se le iniezioni, mi ha creato qualche imbarazzo in quando è a casa, gliele fa la mamma passato tanto che a 14 anni stavo in che è infermiera. «Ho sempre sa- spiaggia con la T-shirt. Ma grazie ai puto di avere questa malattia» dice progressi della medicina e al sostePubblicità Bergamo salute Maggio 2019.qxp_Layout 1 28/04/19 13:02 Pagina 1 «è ereditaria e colpisce soprattutto gno dei miei che mi hanno sempre la siringa nel braccio ha pensato che fossi un drogato. Allora gli ho spiegato e lui come molti altri mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto. Un Cammino che ti segna spiritualmente e anche nel fisico. Ti cambia il modo di vedere le cose».

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it! trattato come se la malattia non ci fosse, conduco una vita normale e gioco anche a calcio e da sempre vado in piscina anche se da piccolo avevo un po’ vergogna perché dovevo proteggere il catetere con un gigantesco cerotto, ma non ho mai avuto problemi con gli altri bambini e poi con gli amici più cari e con le ragazze che anzi mi hanno sempre aiutato».

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STRUTTURE

RSA CASA MIA VERDELLO

Riapertura della RSA alle degenze prolungate e ai soggiorni di sollievo La struttura è pronta ad accogliere nuovi ospiti in sicurezza e con una rinnovata filosofia nata dall’emergenza Residenza Casa Mia Verdello riapre nel pieno rispetto delle normative e adempimenti Regionali: ad oggi la Residenza è “covid-free”, nessuno degli ospiti o degli operatori è ammalato o positivo al virus. Per la riapertura sono state realizzate difatti tutte le operazioni di messa in sicurezza, le sanificazioni, i tamponi al personale e agli ospiti. Ma facciamo un passo indietro per capire che cosa è successo veramente nei mesi passati in questa RSA che, come le altre del nostro territorio, è rimasta isolata in lotta con un nemico invisibile, il covid-19. «Ci siamo trovati, noi come tutti, a combattere una guerra alla quale non eravamo preparati, con le direttive della Regione e del Governo che cambiavano rapidamente, cercando noi stessi di fare tutto il possibile, nonostante la difficoltà di reperire i dispositivi di protezione, i tamponi etc.» racconta il dottor Egidio Passera, direttore della struttura. «Non ci interessano le polemiche e alcune “critiche”, vorrei solo fare arrivare il mio ringraziamento a tutti coloro che si sono impegnati in questa lotta, in particolare ai nostri operatori che hanno dovuto affrontare un periodo faticosissimo con la preoccupazione di andare 70 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

e tornare dalle loro case con il timore magari di poter trasmettere il virus. Le testimonianze di aiuto e solidarietà sono state tantissime, fra i molti non possiamo non raccontare l’iniziativa di ANA “PsiXBergamo” per il supporto ai dipendenti/collaboratori e l’intervento degli eserciti italiano e russo: il 22 marzo la struttura aveva effettuato privatamente una sanificazione accurata, ma il 13 aprile i militari ne hanno realizzata una seconda, interna ed esterna alla struttura, passando accuratamente fino all’ultimo ripostiglio o magazzino. Durante queste delicate operazioni devo dire che gli ospiti sono sempre stati molto collaborativi, hanno capito la sfida che il personale stava portando avanti con tante difficoltà e il loro sorriso e incoraggiamento ci hanno dato in certi momenti la forza di tenere duro. Così com’è importante ricordare che gli ospiti non sono mai rimasti del tutto isolati: nonostante la sospensione delle visite dei parenti, la Residenza ha allestito un servizio di chiamate telefoniche quotidiano e di videochiamate usando dei tablet (uno dei quali gentilmente donatoci)». La RSA, che fa parte delle Case di Riposo Cattoliche (Associazione S. Giuseppe), grazie alla disponibilità

del parroco Mons. Lucio Carminati, è riuscita - seppur con le dovute restrizioni - a continuare ad offrire per tutto il periodo anche importanti momenti di conforto spirituale, così necessari in una situazione di emergenza di tale portata.

RIAPRIRE: COME? «Stiamo imparando a tornare alla normalità, non quella di prima, ma a una nuova normalità. Per fare un esempio iniziamo a pensare ad una tipologia differente di utenza: persone spesso più giovani degli anziani che mediamente ospitiamo che hanno passato lunghi periodi in terapia intensiva e devono affrontare percorsi di riabilitazione in vari ambiti» spiega Passera. Sul fronte dell’organizzazione interna invece Casa Mia Verdello ha nominato un “Referente Covid-19”: il Direttore Sanitario guida l’équipe, intrattiene rapporti con le famiglie e coordina i diversi professionisti sanitari (fisioterapisti, educatori ed infermieri) in collaborazione con il Coordinatore, al fine di definire azioni che permettano di mantenere e tutelare la salute degli ospiti. L’aggiornamento continuo garantisce la massima informazione del personale sulle procedure da osservare.


«Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita dei nostri ospiti, accogliendoli in ambienti funzionali, sicuri, sereni e confortevoli. Crediamo che l’assistenza socio-sanitaria non vada intesa solo come servizio, ma anche come sensibilità e dedizione delle persone preposte. Questo per noi significa oltre a professionalità, relazione personale con l’ospite, ascolto costante dei suoi bisogni, costruzione di un rapporto di fiducia che duri nel tempo» chiarisce Passera.

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LA STRUTTURA La Residenza, inaugurata nel 2015 e concepita per persone con diversi gradi di autosufficienza, offre 100 posti letto, 70 dei quali con soluzione in camera singola, alta qualità ed elevato confort alberghiero (bagno privato, telefono privato, televisione a schermo piatto, letti medicalizzati e dispositivi di chiamata); la sistemazione in camera singola, da sempre apprezzata come garanzia di riservatezza e privacy dell’ospite, è oggi un’ottima proposta al fine di tutelare la sicurezza sanitaria. L’edificio che ospita la RSA, di oltre 6500 mq disposti su 3 livelli, è suddiviso in 5 “nuclei” in cui gli ospiti alloggiano, identificati con i nomi

delle valli del territorio bergamasco: Valle Imagna, Val Brembana, Val Cavallina, Val Seriana e Val Camonica. Ogni piano dispone di tutti i servizi necessari al buon funzionamento del nucleo stesso, quali il bagno assistito, l’office, l’infermeria e la palestra per la fisioterapia. La presenza del personale, competente e qualificato, è garantita 7 giorni su 7 e 24 ore su 24. Per fornire un sostegno flessibile, adatto a ogni individuo, e rispettare al massimo le sue esigenze e ritmi di vita l’équipe lavora in modo multidisciplinare con precisi protocolli. «Per aumentare la sicurezza a tutela della salute ad esempio ad oggi si è scelto di prediligere alle attività animative/educative e fisioterapiche “di gruppo” attività individuali “personalizzate”» sottolinea il direttore.

DEGENZE PROLUNGATE O SOGGIORNI DI SOLLIEVO Casa Mia Verdello rappresenta una valida soluzione per tutti coloro che stanno cercando possibilità di degenze prolungate, ma dispone anche di un numero di posti temporanei o stagionali. Questa opportunità è pensata per venire incontro alle esigenze di

quelle famiglie che hanno a carico un parente che richiede assistenza continuativa e che necessitano (ad esempio in assenza del personale badante) di appoggiarsi a strutture specializzate nella cura per determinati periodi di tempo.

ORPEA ITALIA

È la divisione italiana del Gruppo Orpea, fondato in Francia nel 1989 dal medico neuropsichiatra JeanClaude Marian. Il Gruppo, ad oggi diffuso in 22 Paesi, è presente in Italia con 19 strutture, 1.500 collaboratori e 1.980 posti letto tra Residenze per Anziani e Cliniche di Riabilitazione (Funzionale, Neuropsichiatrica, Cardiologica e Neuroabilitativa). I centri sono dislocati in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto e Sardegna. www.orpea.it

Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 71


STRUTTURE

COOPERATIVA IN CAMMINO

In cammino: dall’impegno durante l’emergenza alle prospettive per il post Con l’arrivo del Covid-19 la Valle Brembana è stata colpita al cuore. Innumerevoli sono stati i decessi nelle RSA, nei servizi residenziali, nell’Ospedale di San Giovanni Bianco e sul territorio, nelle case, tutti luoghi che sono per antonomasia il luogo della protezione. «Anche i nostri Servizi non sono stati risparmiati» dice Danila Beato, presidente della Cooperativa In Cammino che gestisce diversi progetti di residenzialità, a San Pellegrino Terme e in altri comuni della Valle. «Come impresa ci siamo da subito confrontati con questa pandemia, non abdicando al nostro ruolo di agenti di cura territoriale, accompagnati dalle persone che come noi non si sono fermate e con le quali abbiamo costruito e consolidato legami la cui preziosità si è resa e si rende evidente nella concretezza di ogni giorno, ognuno col proprio ruolo, dal medico di medicina generale al Sindaco, dal Responsabile di azienda al Direttore Sanitario di una clinica, dai referenti dei centri di primo ascolto alle tante relazioni di solidarietà e sussidiarietà con realtà imprenditoriali e con le persone della Valle». In che modo la vostra struttura si è trasformata per rispondere alle esigenze del territorio durante la fase di emergenza? Da subito sono stati ridefiniti i protocolli relativi a ogni singolo contesto, costruendo percorsi generati dal nulla, recependo i continui ag72 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

giornamenti normativi in materia di Covid-19, accompagnandone puntualmente l’attuazione anche attraverso la formazione continua degli operatori impegnati in prima linea. Abbiamo accresciuto e concentrato la nostra attenzione sulle nostre Residenze e in parallelo non abbiamo mai smesso di percorrere la Valle in lungo e in largo per portare le nostre cure domiciliari alle persone che ne avevano bisogno, anche attraverso l’istituzione dei Servizi ADI Covid e SAD Covid, sempre in prima linea e con una squadra d’infermieri, medico palliatore e OSS che si è adoperata con spirito di abnegazione e dedizione assoluta, anche nei giorni di emergenza massima, raggiungendo sempre e comunque anche le situazioni logistiche più critiche. In parallelo, abbiamo proceduto alla chiusura dei Servizi diurni, mantenendo un monitoraggio continuo delle situazioni e andando a rispondere alle situazioni urgenti di volta in volta createsi. Inoltre, è stato subito immediatamente a disposizione di tutta la popolazione - personale compreso - un servizio di supporto psicologico telefonico o online gratuito da parte degli operatori del nostro Consultorio, cercando - seppur a distanza - di accompagnare le persone in situazioni anche molto dolorose. Come avete tutelato la sicurezza dei vostri operatori e degli ospiti? La Medicina del Lavoro e l’Area delle Risorse Umane hanno as-

sunto un ruolo fondamentale. Le indicazioni date con tempestività e puntualità hanno permesso di contenere in modo significativo i rischi offrendo la garanzia della sicurezza del personale. È tristemente nota a tutti l’irreperibilità dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) soprattutto nel corso dei primi mesi; ciò nonostante come Cooperativa In Cammino, non abbiamo atteso o preteso di riceverli dalle istituzioni sanitarie e/o pubbliche, ma ci siamo attivati fin dai primi giorni per garantire la tutela dei nostri lavoratori mobilitandoci con ricerche in internet, contatti e trattative con innumerevoli fornitori, attivando contatti personali, lanciando appelli alla popolazione, macinando chilometri per reperire mascherine, tute, occhiali, copri scarpe, guanti, copricapo, visiere a tutto viso, che sono gli alleati più preziosi per lavorare con una certa tranquillità e salvaguardare più possibile la salute del nostro personale, ma anche degli ospiti delle nostre strutture. Non solo, abbiamo ritenuto importante dotarci di apparecchi per la sanificazione di ambienti, accessori e DPI, attraverso l’utilizzo dell’ozono e dei raggi ultravioletti, che consentono un ulteriore grado di protezione. Che cosa vi ha insegnato questa drammatica esperienza e quali sono le sfide che dovete affrontare oggi e in futuro? Oggi ci troviamo a dover ridisegnare senso e mappa della presenza


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di In Cammino in Valle Brembana: la cura e attenzione verso questo territorio è da sempre il nostro cardine principale e l’emergenza vissuta non ha scalfito bensì rafforzato quest’aspetto. Non possiamo però esimerci dal “far di conto” e pianificare dunque delle azioni che

generino una nuova sostenibilità all’impresa, significativamente provata dalle perdite generatesi in questi mesi, a seguito in particolare dalla chiusura di Servizi la cui riattivazione - laddove sarà possibile - comporterà ulteriore dispendio di energie anche economiche.

Cercare di non ridurre i servizi ma renderli più sostenibili attraverso azioni di ottimizzazione è la bussola che supporta le decisioni di questo tempo. Tra queste, il trasferimento del Consultorio “Priula” da Zogno c/o la nostra sede di San Pellegrino Terme, garantendo la stessa qualità di servizio offerto sinora, ma sgravando la Cooperativa di un affitto consistente. Non siamo dunque rimasti in attesa e non intendiamo subire passivamente gli eventi: la libertà di azione che ci siamo con sacrificio conquistata è risultata la carta vincente per affrontare questo tragico periodo. Ciò non significa “andare contro le regole”, ma poter essere protagonisti di regole che improvvisamente vengono a mancare e vanno costruite ex novo, con la collaborazione di chi agisce la stessa flessibilità e rende possibile l’inimmaginabile. Le nostre Residenze sono state attraversate dal Covid, ma continuano a essere un porto sicuro proprio per l’attenzione puntuale alla tutela e alla sicurezza, che vanno di pari passo con una quotidianità che si mantiene ricca di esperienze e condivisione di umanità rigenerante: la collaborazione con l’ASST-PG23, attraverso la Direzione infermieristica dell’ospedale di San Giovanni Bianco, ci ha permesso di gestire in piena pandemia i casi con patologia attiva individuandone la presenza attraverso la somministrazione dei tamponi alle persone inserite nei nostri Servizi residenziali, e ai nostri operatori, azioni che hanno certamente concorso al contenimento della diffusione del contagio. La concretezza dei legami, la “nuova” comunità che si è generata - e che auspichiamo possa durare nel tempo - sono state il valore aggiunto che ha supportato le nostre azioni, agite con lo stesso stile che da sempre la nostra Impresa ha promosso in questi anni: non attendere che la tempesta passi, ma provare a dare un nuovo ritmo ai propri passi, per danzare sotto la pioggia. Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 73


GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

Che cosa significa essere esperti ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Il trattamento delle ferite cutanee necessita di un intervento multi-professionale che valuta non solo la cura della ferita stessa ma anche l’assistenza al paziente nella sua totalità. All’interno di questo approccio un ruolo importante è svolto dall’infermiere specialista in Wound Care (cura delle ferite), figura ancora poco valorizzata in Italia, nonostante il problema delle lesioni croniche (lesioni da pressione, vascolari, diabetiche etc..). «Il Wound Care in generale è un problema ancora sconosciuto a molti e la mancanza di sensibilizzazione della popolazione su questo argomento è la principale motivazione di disorientamento di familiari/caregiver, che una volta colpiti, si trovano ad affrontare la situazione brancolando nel buio con il rischio di commettere errori talvolta fatali» dice Ivan Santoro Infermiere, Referente Regione Lombardia AISLeC (Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee). Dottor Santoro, cosa si intende per Wound Care? La cura delle ferite cutanee è un problema che insorge quando il processo di riepitelizzazione non è in grado, per vari fattori, di rigenerare la pelle. Possiamo distinguere diverse tipologie di ferite o lesioni cutanee a seconda della causa scatenante: lesioni da pressione o da decubito, di origine vascolare, di origine diabetica, neoplastiche e/o metastatiche, ustioni, deiscenze chirurgiche, ognuna di queste meritevoli di un approccio a 360° e con un intervento multidisciplinare. Le lesioni si distinguono, poi, in acute 74 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2020

I fattori che contribuiscono alla formazione di lesioni da pressione possono essere locali, come pressione, stiramento o taglio, attrito o frizione, oppure sistemici come età, riduzione della mobilità, malnutrizione, diabete, malattie febbrili” e croniche a seconda della durata del processo infiammatorio. Tra le tipologie di lesione, sicuramente alcune delle più difficili da curare sono quelle da pressione. Qual è l’approccio corretto? Nel corretto approccio alle lesioni da pressione è indispensabile far riferimento alle Linee Guida validate internazionali (A.H.R.Q. Agency for Healthcare Research and Quality ) a cui si rifanno anche quelle italiane. Si tratta di raccomandazioni di comportamento clinico agli operatori sanitari, elaborate attraverso un processo sistematico e multidisciplinare, con il preciso scopo di indicare le modalità di assistenza più appropriate. Le Linee Guida per la prevenzione delle lesioni da pressione (LDP) sono finalizzate al raggiungimento di quattro obiettivi: identificazione dei soggetti a rischio di lesione, che necessitano interventi preventivi, e dei fattori che li mettono a rischio; mantenimento e miglioramento del grado di tolleranza del tessuto alla pressione al

fine di evitare lesioni; protezione dagli effetti negativi provocati da forze meccaniche esterne (pressione, frizione e stiramento); riduzione dell’incidenza delle lesioni da pressione attraverso la realizzazione di programmi educativi. Qual è, in particolare, il ruolo dell’infermiere esperto in Wound Care? Le due grosse aree di intervento in materia di lesioni da pressione sono: 1. la prevenzione, che si traduce nella pianificazione dell’assistenza che valuta la capacità di alimentarsi correttamente, valutazione sulla supplementazione nutraceutica; pianificazione di una sistematica e corretta mobilizzazione; esecuzione di una corretta igiene della cute; controllo dell’incontinenza; verifica del corretto utilizzo di pre-

IVAN SANTORO Infermiere esperto in Wound Care OPI Bergamo , Referente Regione Lombardia AISLeC (Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee), Referente Ambulatorio Infermieristico Vulnologico Centro Medico Bergamo Sanità Redattore www.assocarenews.it www.ilditonellapiaga.it


in Wound Care sidi e ausili antidecubito e corretta informazione del caregiver; 2. il trattamento e cura della lesione. Il D.M. 739/94 art.1 punto 3 lettera C dice: “L’Infermiere pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico” e al punto D”: “Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostiche-terapeutiche”. Pertanto l’infermiere, debitamente formato, deve essere in grado di approcciarsi nel modo migliore in collaborazione con il team multidisciplinare al paziente con lesioni da pressione o con elevato rischio di formazione di lesioni da pressione. La principale indicazione rimane, comunque, rivolgersi esclusivamente a professionisti in grado di formulare una diagnosi infermieristica dalla quale dipenderà l’impostazione del trattamento della/e lesione/i. La prescrizione medica di esami del sangue e altri esami diagnostici renderanno più preciso il percorso da seguire, cercando di fare chiarezza su ruoli e competenze che ruotano intorno al mondo delle lesioni cutanee che è composto di vari professionisti quali chirurghi vascolari e plastici, diabetologi, internisti, nutrizionisti, infermieri esperti in wound care, fisiatri, podologi etc.

Ma come si diventa esperti in Wound care? Gli Infermieri esperti in WC sono figure professionali che durante il loro percorso lavorativo hanno avuto modo di seguire corsi specifici in WC, oltre che occuparsi direttamente della prevenzione e del trattamento delle lesioni croniche; differente è la figura dell’Infermiere specialista in WC per cui è necessario conseguire il Master Universitario di I° livello, in cui gli obiettivi prefissati dal piano di studi, oltre a quelli di anatomia e fisiologia, saranno, in sintesi: > conoscere i principi dell’Evidence Based Practice (pratica basata sulle evidenze) e sviluppare la capacità di utilizzare la metodologia della ricerca per problematiche inerenti al Wound Care attraverso l’analisi critica e metodologica della letteratura scientifica disponibile e/o reperibile; > acquisire le conoscenze necessarie per effettuare piani di prevenzione e trattamento e impostare un’indagine epidemiologica sul fenomeno delle lesioni cutanee. Purtroppo, per la mancanza di un riconoscimento delle competenze sia per lo specializzato sia per l’Infermiere esperto in Wound

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Care, ad oggi non vi sono chiare “corsie preferenziali” o sbocchi lavorativi specifici.

I NUMERI Alcuni dati epidemiologici hanno evidenziato che nel 2018 ci sono stati 65.000 decessi nei pazienti over 65 per complicazioni da lesioni da pressione, il 22,3% della popolazione italiana è over 65, per l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 2% della popolazione industrializzata è colpita da lesioni cutanee. In Italia secondo la Federanziani (2014) gli anziani affetti da lesioni da pressione spendono per le medicazioni legate alla loro patologia fino a 250€ euro al mese e il 13% supera questa soglia, nel territorio bergamasco dal 2002 al 2019, secondo ultimi dati ISTAT, si è passati da 155.271 a 234.057 di over 65).

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REALTÀ SALUTE

L’unica ortesi modulare su misura che riduce il dolore al ginocchio

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Una ginocchiera completamente modulare che riduce il dolore articolare cronico è il prodotto progettato in Tenortho Srl che sta rivoluzionando il mercato dell’ortesi per il ginocchio. Teno-dol è completamente realizzata su misura e nasce dalla collaborazione con il dott. Aldo Ferrari, primario della riabilitazione specialistica dell’ospedale di Cassano d’Adda (MI) e professore a.c. nel Corso di Laurea in Fisioterapia dell’Università degli Studi di Milano. L’obiettivo di questa collaborazione è quello di rendere disponibile in unico prodotto le esigenze di protezione e riabilitazione, al fine di velocizzare i tempi di recupero in caso di gonartrosi, problematica post-operatoria e riduzione dei dolori articolari. Teno-dol permette di stabilizzare l’articolazione sui tre piani di movimento e nel contempo la tutela nella fase dinamica, in modo da poterla inserire nel programma riabilitativo. L’impiego della ginocchiera Teno-dol può essere mantenuto nel corso della giornata, favorendo così la piena ripresa delle attività quotidiane, sia lavorative che sportive. Il tessuto brevettato ultraleggero in fibra di carbonio (C6Tex) garantisce libertà di movimento senza fastidi. I tiranti di Teno-dol sono elastici e per questo risultano perfettamente regolabili permettendo così d’indirizzare la corretta mobilità articolare.

«Il ginocchio è una delle parti anatomiche più complesse del corpo umano e anche una delle più soggette a stress fisico, fastidi, gonfiore e dolore. Proprio per questo l’articolazione del ginocchio può andare incontro facilmente a situazioni di gonalgia più o meno intense e frequenti. È provato che un paziente inattivo è un paziente difficile da riabilitare. Il paziente, stabilizzato con la ginocchiera

Teno-dol, rimane mobile e attivo» spiega Luca Lutti, tecnico Ortopedico di Medical Farma. Medical Farma è un’ azienda leader nel settore delle ortopedie-sanitarie che da più di 25 anni è radicata nella nostra provincia, con diversi punti vendita (Bergamo, Treviglio e Cassano d’Adda) dove è disponibile questa nuova ortesi. Tenortho interpreta il concetto della tradizione che corre verso il futuro; dalla passione della famiglia Tentorio, che dell’ortopedia ha fatto la sua ragione di vita, nasce una storia di successo imprenditoriale. Innovazione e tradizione, ricerca, cura nei dettagli e studio della materia prima sono i tratti distintivi che rendono Tenortho un’azienda unica nel suo genere: produttori del vero Made in Italy apprezzato nel mondo. Tenortho mette la persona al centro offrendole una reale possibilità di recupero della gioia del movimento.

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Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 77


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REALTÀ SALUTE

Stress Se il bersaglio è la bocca

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«Finita l’emergenza da Covid-19 ora è il momento di studiare e lavorare sui danni che ha lasciato». Chi parla è il dottor Maurizio Maggioni, odontoiatra, direttore sanitario della Clinica Dentale Pianeta Sorriso che è stato in prima linea nei mesi scorsi con il Rotary distretto 2042. «Quando lo studio ha chiuso mi sono dedicato a tempo pieno all’ospedale in fiera e al call center insieme ad altri 130 operatori sanitari, che hanno risposto a 424 chiamate di cittadini che chiedevano supporto di vario tipo» racconta l’odontoiatra. «Nel lavoro al call center e nel rapporto con i pazienti in studio, ora che l’attività è ripresa in sicurezza, ho osservato un alto livello di stress, che non ci lascerà a breve e di cui si occuperà anche il progetto Rocco (vedi box). In studio avremo a che fare con un maggior numero di pazienti con problemi gnatologici da stress» prevede il dottor Maggioni.

CLINICA DENTALE PIANETA SORRISO Dir. San. dott. Maurizio Maggioni Via Zelasco, 1 - Bergamo Tel. 035 213009 info@mauriziomaggioni.it www.pianetasorriso.it

Che cosa intende per problemi gnatologici da stress? I disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare e la malocclusione inducono una perdita di fluidità dei movimenti provocando dolori a livello dell’articolazione temporo-mandibolare; bruxismo, serramento, digrignamento; click mandibolare; difficoltà di apertura e chiusura della bocca; acufeni (fischi all’orecchio); nevralgia del trigemino; mal di testa; dolori cervicali; tensioni muscolari ai muscoli di viso, collo e spalle. La causa prima di questa catena di disturbi può essere interna (denti mancanti, posizione anomala degli elementi, riabilitazioni protesiche non corrette) o esterna, causata da stress che portano la persona a serrare o digrignare i denti. Come si individua la causa? In primis con un’accurata visita gnatologica supportata da radiografie e stratigrafie. Abbiamo poi un sistema di ultima generazione per l’Analisi Posturale Globale, formato da una pedana stabilometrica (per l’analisi del passo), uno specchio posto sopra il paziente, una fotocamera e un caschetto in grado di individuare i movimenti cervicali. Questa tecnologia computerizza-

IL PROGETTO ROCCO BERGAMO Promosso da ATS, AREU, Ordine dei Medici di Bergamo, Rotary 2042, Università Bicocca e del Michigan il progetto seguirà per un anno grazie a medici volontari l’evoluzione clinica di 500 pazienti, divisi in gruppi in base alla gravità dell’infezione. Al termine si terrà a Bergamo un congresso internazionale.

ta è utilissima sia per la diagnosi sia per verificare i progressi ottenuti con le cure. Come si può intervenire? Se il problema è interno dovremo lavorare sugli elementi mancanti, sulla posizione di quelli che causano malocclusione (a volte estraendoli), su ponti o protesi che non lavorano bene etc.. Entra in campo quindi un lavoro odontoiatrico e/o protesico a 360 gradi che deve essere pianificato in ottica gnatologica. Siamo specializzati in tutti i settori dell’odontoiatria e protesi dentaria e nell’approccio multidisciplinare anche delle situazioni complesse. Se la causa del disturbo è lo stress s’inizia ad alleviarne le conseguenze con un “bite” morbido personalizzato da usare almeno nel sonno. Parallelamente s’interviene sull’origine del disturbo con il supporto di uno psicoterapeuta e/o psichiatra. Il “bite” è molto utile anche per chi ha risolto un problema gnatologico interno e in chiave preventiva per chi ha affrontato grandi interventi riabilitativi, ad esempio con più ponti. Luglio/Agosto 2020| Bergamo Salute | 79



REALTÀ SALUTE

Il firewall per l’essere umano

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A differenza dello smog causato dall’inquinamento delle auto, delle caldaie e delle fabbriche, che possiamo percepire con l’olfatto e la vista, i campi elettromagnetici che costituiscono il cosiddetto “elettrosmog” passano inosservati ai nostri sensi. Parliamo di diversi tipi di onde elettromagnetiche come le microonde emesse da 4G/LTE, Wi-Fi, Bluetooth, cavi di alimentazione, smartphone etc. che appartengono al gruppo delle radiazioni non ionizzanti. Il fatto che non si percepiscano non significa che le radiazioni non interagiscano con gli organismi viventi. La comunità scientifica è divisa in correnti di pensiero diverse su questa materia, ne è un esempio l’acceso dibattito degli ultimi mesi sulla diffusione del 5G. Non mancano tuttavia fonti autorevoli che mettono in guardia dai rischi per la salute associati all’elettrosmog. Tra queste una comunicazione dello IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nel 2011 ha classificato i campi magnetici a radiofrequenza legati all’uso dei cellulari come possibili cancerogeni per l’uomo nel grup-

po 2B, legandoli a un aumentato rischio di tumori maligni al cervello. Chi sostiene la pericolosità di queste radiazioni suggerisce che alterino la comunicazione tra le cellule, di natura elettrica, provocando effetti “disinformativi” e distruttivi. Il cervello con la sua intensa attività elettrica che interessa trilioni di “link” sarebbe uno degli organi più vulnerabili. Si ipotizza che l’esposizione ripetuta alle radiofrequenze possa indurre alterazioni ad esempio alla capacità di rigenerazione e guarigione dei tessuti e causare stanchezza, mal di testa, acufeni, disordini del sonno, problemi digestivi, nervosismo. Potrebbe inoltre contribuire all’instaurarsi di condizioni patologiche come l’ipertensione, l’ictus, il diabete, le allergie, disturbi circolatori, Morbo di Alzheimer, malfunzionamento degli organi riproduttivi. Come proteggersi quindi? La risposta più ovvia sarebbe quella di evitare l’esposizione a queste radiazioni, ma la maggior parte di noi vive in aree urbane dove, anche prendendo alcune precauzioni (come non tenere il cellulare in carica sul comodino, usare gli auricolari etc.), non è possibile sottrarsi all’elettrosmog. «Per la mia Farmacia ho selezionato una linea di prodotti di produzione svizzera della RayGuard®, che possono proteggerci proprio come un “firewall” dai rischi di cui abbiamo parlato. Questi prodotti utilizzano una sperimentata misce-

la di minerali e metalli, finemente macinati e combinati insieme a una particolare spirale metallica. La miscela è stata studiata per coprire una banda di frequenze la più ampia possibile. Questi prodotti si possono usare per neutralizzare anche le cosiddette “geopatie”, causate da certe caratteristiche dell’ambiente naturale e non da dispositivi costruiti dall’uomo» spiega il dottor Maurizio Ugo Rodriguez, titolare della Farmacia San Nicolò e Presidente A.I.K.I. - Associazione Istruttori Kinesiologia Italiana. «I prodotti Ray Guard® hanno dimensioni diverse in funzione della superficie o area da proteggere, non hanno data di scadenza in quanto i minerali che li compongono non si deteriorano nell’uso. Si possono utilizzare in camera da letto, soggiorno, uffici, sale espositive e riunioni. L’abbattimento dell’inquinamento elettromagnetico non impedisce agli apparecchi elettronici di funzionare normalmente. Soprattutto se l’area è grande si suggerisce di posizionare il Ray Guard® quanto più vicino alle persone» consiglia il farmacista.

FARMACIA SAN NICOLÒ Maurizio Ugo Rodriguez Via Alpini, 35 Cividate al Piano (BG) Tel. 0363 945034 farmacia@drrodriguez.it www.drrodriguez.it

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Bergamo Salute anno 10 | n° 56 Luglio | Agosto 2020 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Rosa Lancia rosa.lancia@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Canva, Shutterstock, Adriano Merigo, Laura Pietra Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via Dalmine, 10/A - 24035 Curno (BG Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco

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COMITATO ETICO • •

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