Bergamo Salute - 2020 - 55 - maggio/giugno

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numero

55

Anno 10 Maggio | Giugno 2020

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

1 0 AN NI

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Attualità COVID-19 LA CURA CHE VERRÀ

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Psicologia E SE BASTASSE UNA SOLA SEDUTA DI PSICOTERAPIA?

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Coppia LE REGOLE PER UN MATRIMONIO “IN SALUTE”

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Ragazzi BALBUZIE CHE COS’È E COME AFFRONTARLA

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

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Medici e infermieri Non chiamateci eroi


LA PREVENZIONE DENTALE IN PRIMO PIANO PRENOTA IL TUO CHECK UP

LA PREVENZIONE È LA MIGLIOR CURA

CENTRI ODONTOIATRICI A BERGAMO E PROVINCIA 800.688.549 Caredent Italia S.r.l. - Sedi operative di Albino (Direttore Sanitario: Dott. Nicola Attilio Rossi), Romano di Lombardia (Direttore Sanitario: Dott. Federico Previtali), Seriate (Direttore Sanitario: Dott.ssa Maria Vittoria Meravini), Stezzano (Direttore Sanitario Dott. Tommaso Ballatore, Trescore B. (Direttore Sanitario: Dott. Federico Meravini), Treviglio (Direttore Sanitario: Dott. Matteo Bazza), Villa d’Almè (Direttore Sanitario: Dott.ssa Korica Marija). Dental Curno S.r.l - Sede operativa di Curno (Direttore Sanitario: Dott. Matteo Braschi). Informazione sanitaria ai sensi della legge 248 (legge Bersani) del 04/08/2006.


numero

55

Anno 10 Maggio | Giugno 2020

www.bgsalute.it

) EDITORIALE 5 Bergamo, tre mesi dopo ) ATTUALITÀ 6 Covid-19. La cura che verrà ) SPECIALITÀ A-Z 10 Gastroenterologia Ernia iatale. Quando serve la chirurgia? 14 Oculistica Ectropion, non è solo una questione estetica ) PERSONAGGIO 16 Medici e infermieri Non chiamateci eroi ) IN SALUTE 20 Stili di vita Spesa in tempi di Covid 22 Alimentazione Ortoressia: quando mangiare sano diventa un’ossessione 24 Agretti: un sorprendente gusto primaverile ) RICETTA 26 Omelette con agretti e stracchino ) IN ARMONIA 28 Psicologia E se bastasse una sola seduta di psicoterapia? 30 Coppia Le regole per un matrimonio “in salute”

) IN FAMIGLIA 32 Dolce attesa Sindrome dell’aborto spontaneo ricorrente: cause e terapie 36 Bambini Quando il piccolo ha paura del dottore 38 Ragazzi Balbuzie. Che cos’è e come affrontarla

) DAL TERRITORIO 62 News 64 Onlus Telefono amico Bergamo 66 Testimonianza Un dolore al gluteo che non passava per colpa dei denti 68 Ho vinto i pregiudizi con le mie canzoni e la sedia a rotelle

) IN FORMA 40 Fitness Tabata, l’allenamento brucia-grassi 42 Bellezza Cura dei capelli a casa. Istruzioni per l’uso

) STRUTTURE 70 RSA Bramante

) ATS INFORMA 50 Le Malattie Rare e le Reti di Assistenza ) RUBRICHE 52 Altre terapie Alghe, dal mare uno scrigno di cosmetici, integratori e principi attivi 54 Guida esami Biopsia cutanea. Quando serve e come si esegue 59 Animali Animali da compagnia e nuovo coronavirus: quali rischi ci sono?

) PROFESSIONI SANITARIE 72 Un albo per i fisioterapisti ) REALTÀ SALUTE 75 Tecnosystem 77 Centro per l’Età Evolutiva 79 Associazione Insiemeate Onlus 81 Krioplanet Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE

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EDITORIALE

Bergamo, tre mesi dopo Dalla fine di febbraio il nostro territorio è stato travolto da un’onda di contagio e di morte che non avremmo mai potuto immaginare. Proprio qui, in una piccola città di provincia, nei paesi delle nostre valli. Ancora non sappiamo quanti e quali fattori siano stati decisivi nel determinare il triste primato di Bergamo. Si parla della mancata istituzione della zona rossa ad Alzano, della partita Atalanta Valencia, degli alti livelli di polveri fini nell’aria nel momento del massimo contagio, ma non è questa né la sede né il momento per approfondire questi aspetti. Ritorniamo alle stampe ora, dopo una pausa forzata di alcuni mesi, con un numero inevitabilmente impregnato dell’esperienza che abbiamo vissuto: il personaggio di copertina è, nel suo insieme, il personale sanitario che è stato in prima

linea durante l’emergenza: medici, infermieri, professionisti delle varie discipline sanitarie, soccorritori, volontari etc. A loro va tutta la riconoscenza nostra e della comunità bergamasca. E insieme a questo ringraziamento non può mancare il nostro abbraccio virtuale a tutte le famiglie che hanno perso i loro cari, in quello che nella nostra città è stato un vero e proprio “lutto collettivo”. Durante il lock down la nostra redazione ha cercato di mantenere il contatto con i suoi lettori attraverso il web, veicolando sempre e solo notizie da fonti attendibili e testimonianze di solidarietà che ci aprivano il cuore in mezzo a tanta angustia. Lontani ma vicini, abbiamo continuato il nostro lavoro nell’incertezza che ci accomunava tutti, abbiamo deciso di dare una nuova veste all’homepage di

Bergamo Salute per renderla più agile e per offrire contenuti online esclusivi. Come tanti bimbi che in questo periodo sono rimasti delusi di non poter festeggiare il compleanno con gli amici anche Bergamo Salute, in silenzio, ha compiuto a maggio 2020 i suoi 10 anni. La copertina di compleanno è rimasta nel cassetto, poco male. Quello che desideravamo veramente commemorare era l’allentamento della stretta della pandemia, i bollettini positivi delle terapie intensive, il diradarsi delle sirene delle ambulanze che hanno scandito i momenti più bui. E, ora, finalmente possiamo farlo. Senza comunque mai abbassare la guardia.

Adriano Merigo

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ATTUALITÀ

Covid-19 La cura che verrà ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

La fase 3 del Conoravirus sembra cominciata con grandi speranze. I reparti di terapia intensiva, dove sono stati curate migliaia di persone, si stanno svuotando, a Bergamo, a Brescia, a Milano. Purtroppo ci sono ancora decessi. Ma pochi, fortunatamente, rispetto alle migliaia di vittime di questo virus micidiale e silenzioso. In questi tre mesi i medici hanno tentato di tutto per salvare le vite dei pazienti. Eparina, antivirali, antinfiammatori, farmaci usati per malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide o il Lupus: 6 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

sono stati usati, anche in combinazione tra di loro, diversi tipi di farmaci e sono stati messi a punto diversi protocolli terapeutici che, seppure sperimentali, in molti casi hanno funzionato e restituito i pazienti ai loro cari. Ora la sfida, in attesa del vaccino, è individuare la cura più efficace e con meno effetti collaterali. Ogni ospedale, durante l’emergenza, ha messo a punto una terapia. L’Istituto Mario Negri, di cui è direttore il professore bergamasco Giuseppe Remuzzi, ha così sinte-

tizzato le terapie sperimentate in una trentina di studi. «Sono terapie che hanno lo scopo di bloccare la replicazione del virus e di ridurre la durata e la gravità della malattia. Al momento i farmaci sperimentati e usati nei pazienti sono medicinali già impiegati nella lotta all’HIV, contro l’ebola, contro la malaria e per malattie come l’artrite reumatoide, contro i parassiti, contro la gotta, contro il tromboembolismo venoso». Tanti tentativi qualcuno con un certo successo. Ma gli studi in tutto


Da malattia respiratoria a sistemica

il mondo proseguono, ce ne sono almeno mille. Tra questi quelli che stanno dando ottimi risultati sono due che vedono Bergamo in prima linea: la plasmaferesi e l’infusione di anticorpi. La prima è un prelievo di sangue da un soggetto in cui la componente liquida viene separata dai globuli rossi, quelli bianchi e le piastrine attraverso la centrifugazione. «E’ una tecnica che viene da lontano» dice il professor Remuzzi. «È stata già utilizzata con l’epidemia di spagnola, con la sars, l’ebola, per la poliomelite, il morbillo e la parotite».

La malattia provocata dal nuovo Coronavirus, COVID-19 (dove «CO» sta per corona, «VI» per virus, «D» per disease e «19» indica l’anno in cui si è manifestata), è ormai riconosciuta come un’infezione sistemica, che cioè riguarda tutto l’organismo e non solamente l’apparato respiratorio come inizialmente si era pensato. Fin dall’inizio i sintomi più frequenti, sui quali ci si è concentrati, sono stati febbre, stanchezza e tosse secca, e in seconda battuta indolenzimento e dolori muscolari, congestione nasale, naso che cola, mal di gola. Successivamente si è visto che alcune persone ne sviluppavano anche altri, dalla congiuntivite alla diarrea, all’anosmia/iposmia (perdita /diminuzione dell’olfatto). Dopo ancora, sono emersi anche legami tra sintomi dermatologici (come eczemi) e Covid e soprattutto tra problemi cardiovascolari e Covid. È diventato così sempre più evidente che il COVID-19 fosse ben più complesso, nei suoi meccanismi di azione, rispetto a quanto sembrava inizialmente. Secondo gli esperti, quindi, la malattia ha due fasi, la prima virale e la seconda infiammatoria. «Il virus inizialmente si localizza nell’epitelio respiratorio nelle vie aeree superiori, dove avviene il contagio ed avvia la sua replicazione. Da qui i sintomi che conosciamo tutti quali raffreddore, associato o meno a congiuntivite, difficoltà nel riconoscere gli odori (anosmia), febbre» spiega il dottor Andrea D’Alessio, responsabile dell’Unità di medicina interna e oncologica del Policlinico San Marco, dove è stato realizzato uno studio relativo all’utilizzo del Ruxolitinib, farmaco con effetti antinfiammatori legati all’inibizione del rilascio di citochine approvato a inizio aprile dall’Agenzia del farmaco. «Il virus poi colonizza l’epitelio respiratorio discendendo e raggiunge i polmoni. Questo avviene in misura variabile nella maggioranza dei soggetti. Inizia così la tosse e la mancanza di fiato, definita come dispnea. Se tutto si esaurisse con la fase virale, guariremmo più o meno tutti, come avviene per altre forme influenzali. Per una maggioranza di soggetti in effetti l’infezione si esaurisce qui. Alcuni però hanno una reazione immunitaria abnorme, non regolata, come avviene nelle malattie autoimmuni. Il sistema immunitario produce una quantità enorme di mediatori infiammatori, chiamati citochine. Questa sindrome da rilascio di citochine una volta innescata si automantiene e determina danni in numerosi organi. Il danno vascolare non è presente solo nei polmoni ma si diffonde al rene, al cuore, al fegato, all’intestino e al cervello, determinando quella sindrome sistemica multiorganica che può condurre a morte i pazienti».

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ATTUALITÀ

COME DONARE La donazione di plasma viene effettuata, previa attenta valutazione clinica e laboratoristica di idoneità alla donazione, con una procedura di plasmaferesi, che dura circa 40 minuti. Chi vuole dare il proprio prezioso contributo a questo progetto ed ha le caratteristiche richieste (età 18-67, un tampone positivo e due tamponi negativi), può fare richiesta via email all’indirizzo: simt.qualita@asst-pg23.it.

“La tecnica di estrazione degli anticorpi è invece nuova rispetto alla plasmaferesi” spiega il dottor Pietro Ruggementi, primario di Nefrologia del Papa Giovanni, autore con il suo staff della ricerca in collaborazione con l’Istituto Mario Negri. “L’isolamento degli anticorpi è stato sviluppato e impiegato per la cura di una rara malattia del rene, la nefropatia membranosa in cui gli anticorpi attaccano l’organo. Grazie a una sofisticata apparecchiatura gli anticorpi dannosi vengono estratti dal sangue del paziente ed eliminati. Nel caso del coronavirus la macchina è stata convertita per prelevare dai soggetti guariti dal Covid questi anticorpi che poi vengono reinfusi nei pazienti in gravi condizioni. La procedura dura circa due ore ed è indolore per il 8 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

donatore. Il sangue viene prelevato con una cannula, gli anticorpi vengono filtrati dalla macchina che poi restituisce al donatore il sangue privato dagli anticorpi”. Dopo l’estrazione, la sacca viene portata al Centro trasfusionale del Papa Giovanni per i test necessari a garantire che non vi sia presenza di altri virus come l’epatite, poi viene congelata a 80 gradi sotto zero in attesa di avere un paziente con lo stesso gruppo sanguigno. In pratica si tratta di filtrare il plasma delle persone che hanno sconfitto la malattia e sono in convalescenza ottenendo così un concentrato di anticorpi da infondere ai malati ancora in lotta con il nuovo virus. I risultati sembrano soddisfacenti ma gli stessi scienziati sottolineano che si tratta di studi anche se finora

hanno contribuito a salvare pazienti che forse avrebbero incrementato il numero delle migliaia di vittime del Coronavirus. Tutti gli esperti però concordano che il virus potrà essere debellato solo quando sarà trovato il vaccino. Qualcuno dice a fine anno, altri nel 2021, ma intanto le Case farmaceutiche, le Università, i Centri di ricerca in tutto il mondo si stanno prodigando per trovare gli antidoti a questo flagello che ha sconvolto l’umanità. Per il momento ci sono solo due possibilità per sapere se si è stati contagiati: i test sierologici e i tamponi. Tutti devono continuare nel massimo rispetto delle norme igieniche, come l’uso delle mascherine, il lavaggio frequente delle mani e la distanza di sicurezza di almeno un metro tra le persone.


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SPECIALITÀ A-Z

GASTROENTEROLOGIA

Ernia iatale Quando serve la chirurgia? ∞  A CURA DI SALVATORE GRECO

Riguarda circa il 15% degli italiani, percentuale che sale nelle fasce di età superiori ai cinquant’anni. In alcuni casi non dà sintomi, in altri invece può essere causa di reflusso gastroesofageo e manifestarsi con bruciore di stomaco, difficoltà di deglutizione, tosse secca. Parliamo dell’ernia iatale. In genere per tenerne sotto controllo i disturbi basta una terapia farmacologica, ma in alcuni casi selezionati può essere necessario ricorrere alla chirurgia.

SE LO STOMACO “PASSA” NEL TORACE Per ernia iatale si intende il passaggio di una porzione dello stomaco dall’addome al torace attraverso lo iato diaframmatico. Lo stomaco normalmente si trova per intero all’interno dell’addome, che è separato dal torace da un muscolo piatto e largo, simile a una cupola, detto diaframma. Molte strutture anatomiche passano dall’addome al torace o viceversa: l’aorta, la vena cava, l’esofago etc.. Il foro nel diaframma che permette il passaggio dell’esofago nell’addome, e quindi il congiungimento dello stesso con lo stomaco, è chiamato iato diaframmatico e costituisce una sorta di valvola complessa che in condizioni normali impedisce lo 10 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

scivolamento dello stomaco verso il torace. L’esame che permette di diagnosticarla è la gastroscopia.

DA SCIVOLAMENTO: LA PIÙ COMUNE E A VOLTE REVERSIBILE Esistono tre diversi tipi di ernia iatale: > ernia da scivolamento: è la più frequente (presente in circa il 90% dei casi); si caratterizza per il passaggio di una porzione dello stomaco attraverso lo iato esofageo. La giunzione gastroesofagea viene così spinta verso l’alto provocando in molti casi il disturbo tipico della malattia da reflusso gastroesofageo. Questo passaggio è talvolta reversibile e particolarmente sensibile agli sbalzi di pressione addominale. Uno sforzo eccessivo o un colpo di tosse o il flettere il torace verso gli arti inferiori (come quando ci si allaccia una scarpa) possono aumentare la pressione intraaddominale e quindi facilitare la fuoriuscita dell’ernia che può poi ritornare spontaneamente nella sua posizione iniziale; > ernia da rotazione o paraesofagea: la giunzione tra stomaco ed esofago rimane

nella sua sede naturale mentre il fondo dello stomaco passa in torace. È una condizione più rara; > ernia mista: tipo di ernia iatale con caratteristiche proprie di entrambe le forme precedentemente descritte. L’ernia iatale per alcune persone è del tutto asintomatica e può essere scoperta occasionalmente durante accertamenti (gastroscopia, radiografia del tubo digerente etc.). In altre persone, invece, può essere causa di disturbi più o meno gravi legati al passaggio di materiale gastrico in esofago (reflusso gastro-esofageo), come dolori al torace e senso di bruciore allo

DOTT. SALVATORE GRECO Direttore U.O. Gastroenterologia II ed Endoscopia digestiva ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo


STOMACO NORMALE

sterno (pirosi epigastrica), rigurgiti acidi, senso di amaro in bocca, salivazione intensa, raucedine, tosse, anche sintomi di laringite.

ETÀ, AUMENTO DELLA PRESSIONE ADDOMINALE, PESO IN ECCESSO TRA LE CAUSE E I FATTORI DI RISCHIO Le esatte cause che conducono a uno sfiancamento dello iato esofageo e alla migrazione dello stomaco non sono ancora del tutto chiarite, ma alcune ragioni possono essere: > l’invecchiamento, che porta a una perdita di fibre elastiche e conseguente indebolimento e deformazione del legamento tra esofago e diaframma, per cui lo stomaco non viene più trattenuto in addome; > tutte le attività che causano un persistente e intenso aumento di pressione addominale, come il sollevare carichi pesanti, la

ERNIA IATALE DA SCIVOLAMENTO

necessità di spingere durante l’evacuazione delle feci, il vomito, la tosse persistente; > anomalie congenite o ereditarie dello iato, in un numero ristretto di casi; > anomalie ereditarie della sintesi del collagene; > disordini della curvatura della colonna vertebrale; > traumi del diaframma o esiti di chirurgia nella regione dello iato. Tra i fattori di rischio riconosciuti ci sono: > età superiore ai 50 anni; > obesità (un BMI superiore a 30 si associa a un aumento del rischio di 4-5 volte).

L’INTERVENTO CHIRURGICO SOLO QUANDO I FARMACI NON “FUNZIONANO” La riparazione chirurgica di un’ernia iatale da scivolamento non è necessaria se non è associata a malattia da reflusso. In presenza

ERNIA IATALE DA ROTAZIONE

di malattia da reflusso, quando la terapia medica non è sufficiente a controllare i sintomi o quando non è possibile protrarre la terapia medica, la chirurgia diventa indicata. In caso di ernia paraesofagea o mista, sono più frequenti sintomi legati all’ostruzione del transito alimentare (come il rigurgito, la tosse o l’inalazione di ingesti), difficoltà respiratorie da compressione sui polmoni da parte dello stomaco o di altri visceri erniati, dolore legato alla sofferenza vascolare associata ad una torsione dello stomaco (volvolo gastrico) con conseguente ulcerazione e sanguinamento che possono portare ad anemia e carenza di ferro, o nei casi più severi evolvere in una perforazione dello stomaco. In questi casi la chirurgia si rende necessaria per riportare lo stomaco ed eventuali altri visceri erniati nella corretta posizione in addome, ristabilendo un corretto transito alimentare e l’adeguato flusso di sangue allo stomaco. Maggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 11


SPECIALITÀ A-Z

GASTROENTEROLOGIA

UNA PLASTICA ANTIREFLUSSO La chirurgia dell’ernia iatale può essere affrontata per via toracica o addominale, ma l’approccio laparoscopico mininvasivo (tramite piccoli fori praticati nell’addome) è quello preferito, perché associato a minori complicanze, ridotta degenza in ospedale e minore dolore postoperatorio. L’approccio addominale tradizionale rimane di scelta in emergenza, in caso di perforazione dello stomaco con peritonite (in tal caso si potrebbe anche rendere necessaria una resezione dello stomaco), oppure in caso di ernie voluminose e complesse. L’intervento si compone essenzialmente di tre parti:

> la liberazione dello stomaco erniato dalle aderenze in torace, il suo riposizionamento in addome e quando possibile l’asportazione del sacco erniario (la membrana che circonda lo stomaco erniato); > la riparazione dello iato, che viene ristretto con punti di sutura e, in caso di sfiancamento con un difetto voluminoso, eventualmente rinforzato mediante il posizionamento di una rete protesica (in materiale plastico o biologico); > la creazione di una plastica antireflusso sul fondo dello stomaco (fundoplicatio), che

consiste nel ripiegare la parete dello stomaco attorno alla parte finale dell’esofago, per creare un meccanismo a valvola che impedisca il reflusso del succo gastrico acido in esofago. Nei giorni successivi all’intervento sarà necessario osservare una dieta semiliquida o frullata, procedendo con gradualità nella reintroduzione degli alimenti solidi e masticando accuratamente.Generalmente,ma non sempre, può essere eseguito uno studio del transito con mezzo di contrasto radiologico prima della dimissione, che in genere avviene dopo due-tre giorni.

La terapia per il reflusso gastroesofageo Con il termine reflusso gastroesofageo si indica la risalita in esofago di quanto è contenuto nello stomaco; è un’evenienza molto frequente e pressoché quotidiana in gran parte dei soggetti, anche in assenza di sintomatologia dolorosa. Si parla invece di malattia da reflusso gastroesofageo quando il reflusso si fa più prolungato nel tempo e gli episodi sono più frequenti, soprattutto dopo pasti abbondanti, dopo assunzione di alimenti come cioccolata, menta, cibi speziati o più conditi, più ricchi di grassi, vino bianco; è più presente nelle persone in sovrappeso. La terapia farmacologica si basa sull’utilizzo di farmaci che inibiscono la secrezione acida gastrica quali inibitori di pompa protonica (prima scelta) o antiH2. Utilizzabili nelle forme più lievi o come completamento anche antiacidi o alginati (che tamponano l’acidità gastrica) e procinetici (farmaci che accelerano lo svuotamento gastrico). Normalmente dopo una terapia di attacco con inibitori di pompa a dosaggio pieno, si prosegue per altre quattro- sei settimane con la terapia antisecretiva a dosaggio di mantenimento, poi gradualmente si tenta di sospendere. A questo punto la terapia può essere ripresa al bisogno, in pazienti con sintomi lievi e recidive infrequenti, oppure puó diventare continuativa nei pazienti con esofagite iniziale severa giá all’esordio, in quelli con recidiva precoce della sintomatologia (tipica o atipica) e nei pazienti con complicanze (per esempio esofago di Barrett).

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SPECIALITÀ A-Z

OCULISTICA

Ectropion, non è solo una questione estetica ∞  A CURA DI FABIO MAZZOLANI

L’ectropion, dal greco “volgere in fuori”, è un disturbo in cui la palpebra inferiore è ruotata verso l’esterno e, quindi, si allontana dal bulbo oculare. Questa rotazione verso l’esterno può coinvolgere una porzione o interessare l’intera palpebra inferiore; può essere presente in un occhio solo o in entrambi. In ogni caso non rappresenta solo un proble-

L‘irritazione oculare, molto frequente nel paziente affetto da ectropion palpebrale, può peggiorare anche semplicemente per contatto con agenti esterni climatici e ambientali”

ma di natura estetica, ma ancora prima funzionale. Inizialmente asintomatico, nelle fasi più avanzate può provocare lacrimazione fino a rossore, sensazione di corpo estraneo e secrezione. Questi segni di infiammazione possono diventare cronici e rappresentare una limitazione significativa alla qualità di vita del paziente.

I RISCHI: DALL’INFIAMMAZIONE FINO ALLA SOFFERENZA CORNEALE E AL CALO VISIVO Quando la rotazione è significativa, ci può essere un interessamento anche dei puntini lacrimali inferiori che possono restringersi fino a occludersi definitivamente. I puntini lacrimali inferiori appartengono al sistema delle vie lacrimali che permettono il corretto passaggio della lacrima dall’occhio verso

il naso, pertanto, quando questi non sono più ben posizionati non riescono a convogliare correttamente la lacrima al proprio interno. Questa alterazione dei puntini lacrimali comporta epifora ossia l’accumulo di lacrima che, non trovando più il suo naturale sbocco nel puntino lacrimale inferiore, tende a refluire dall’occhio causando una sensazione di continua lacrimazione abbondante e fastidiosa che può peggiorare in una situazione di infiammazione oculare o di irritazione dell’occhio. Inoltre, la congiuntiva (la membrana che ricopre il bulbo oculare e la parte interna delle palpebre), e la cornea (la porzione trasparente davanti alla pupilla), perdono la loro normale lubrificazione e protezione meccanica rappresentata dalle palpebre. L’assenza di questi elementi protettivi - come in un circolo vizioso - promuove ulteriormente

Ectropion, occhio normale ed entropion, il fenomeno opposto

Ectropion 14 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

Occhio normale

Entropion


l’infiammazione e l’ispessimento della parte interna della palpebra che peggiora a sua volta l’ectropion. Inoltre crea le condizioni per un possibile sviluppo di una sofferenza della cornea chiamata cheratopatia, malattia che, nei casi estremi, può causare ulcerazione e perforazione corneale e che può portare a un calo visivo significativo.

LA FORMA PIÙ COMUNE? QUELLA LEGATA ALL‘ETÀ L’ectropion può essere congenito, senile, paralitico, meccanico o cicatriziale (dovuto a una cicatrice). La forma di ectropion senile, legata quindi all’età, è sicuramente quella più frequente. Non esiste un’efficace prevenzione se non eseguire correntemente visite oculistiche per diagnosticare il più precocemente possibile l‘eventuale alterazione e intervenire tempestivamente.

PER LA DIAGNOSI BASTA UNA VISITA ACCURATA Per diagnosticare l’ectropion è sufficiente eseguire una visita oculistica con particolare attenzione alla valutazione della porzione anteriore dell’occhio per confermare la presenza e la natura dell’ectropion, valutando la possibile presenza di fenomeni infiammatori o infettivi correlati.

reggere l’ectropion è chirurgico. L’intervento viene eseguito in anestesia locale e deve essere valutato dallo specialista in base al tipo e al grado di severità della malattia e all’anamnesi generale del paziente (in primis se è in terapia con anticoagulanti o antiaggreganti) in modo da limitare i rischi.

COLLIRIO PER ALLEVIARE I SINTOMI, CHIRURGIA PER RISOLVERE IL PROBLEMA L’utilizzo di colliri lubrificanti, cortisonici o antinfiammatori ha lo scopo di alleviare i sintomi legati all’esposizione della congiuntiva e della cornea e, nei casi più avanzati, contenere i fenomeni irritativi legati all’infiammazione, ma non serve a risolvere le reali cause del problema. L’unico trattamento effettivamente risolutivo per cor-

DOTTOR FABIO MAZZOLANI Specialista in Oculistica Direttore Sanitario Centro Oculistico Bergamasco

Una barriera contro infezioni e traumi

Le palpebre sono formate da un sistema muscolo-fibroso ricoperto da pelle e hanno un ruolo fondamentale nel proteggere la parte anteriore del bulbo oculare e nel mantenere il normale equilibrio del film lacrimale, ovvero la struttura liquida e trasparente che ricopre

occhio, cornea e congiuntiva. La palpebra superiore è più sviluppata e più mobile di quella inferiore. Ciascuna palpebra presenta due porzioni: quella anteriore cutanea e quella posteriore congiuntivale. Lungo il margine libero delle palpebre troviamo ciglia, ghiandole

sebacee e sudoripare. Le palpebre, così come molte altri componenti dell’occhio, possono ammalarsi e presentare diverse alterazioni che necessitano sia di un inquadramentro diagnostico con la visita oculistica sia di una terapia medica, molto spesso chirurgica.

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PERSONAGGIO

Non chiamateci eroi ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Li abbiamo visti piangere per il dolore, abbracciarsi per darsi forza, a volte per fortuna anche sorridere di fronte a un paziente guarito o a un segno di speranza. Con i segni delle mascherine sul volto. Gli occhi provati dal dolore, stanchi ma determinati nel mettere se stessi al servizio del paziente. Sono loro, i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari il simbolo (insieme ai pazienti) e il volto di questi mesi di emergenza Coranavirus. Volti di uomini e donne che, per settimane, hanno sacrificato la loro vita con turni estenuanti, hanno “lasciato” i loro cari, mariti, fidanzati, compagni, figli per non correre il rischio, una volta tornati a casa, di contagiarli. Non si sono mai tirati indietro né risparmiati nonostante la paura o la stanchezza. Ma non chiamateli eroi, non vogliono. Loro hanno sempre svolto la loro “missione” con dedizione e impegno, anche nella “normalità”, prendendosi cura dei pa16 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

zienti con “scienza e coscienza”. Tante storie, tante testimonianze che spesso si sono incrociate. Come quella del dottor Giorgio Scanzi, bergamasco di San Pellegrino Terme, primario all’Ospedale di Codogno. Doveva andare in pensione il 29 febbraio, a 65 anni, ma davanti a un’emergenza di tale portata ha deciso di rientrare nell’”occhio del ciclone”, proprio nel cuore del focolaio da coronavirus ed è tornato in corsia. Proprio nell’ospedale dove il 21 febbraio è arrivata la conferma della positività al virus del primo italiano, un paziente trentottenne. «Non sono un eroe, nient’affatto: mi sono comportato come ogni persona civile deve fare. E poi, il mio lavoro è proprio questo, stare al servizio dei malati» ha commentato in un’intervista. «Ero in ferie, stavo facendo quelle residue quando si è presentato il primo caso. Nei progetti iniziali, sarei dovuto ri-

entrare per un giorno solo, per passare le consegne a fine mese». E invece ha scelto diversamente. «Eh sì, diciamolo chiaramente: le mie origini bergamasche si vedono in questo. Ho proprio l’animo del classico muratore bergamasco: quando costruisco qualcosa voglio finirla e finirla bene. Certo, mai mi sarei immaginato di chiudere la mia carriera ospedaliera con una emergenza simile. Diciamola così, una cosa del genere non mi era mai capitata e non mi capiterà più». Sono stati giorni frenetici, senza sosta. E come il primario di Codogno tanti, medici, infermieri e operatori sanitari, hanno rinunciato alle ferie, alla famiglia per stare vicino ai pazienti che soprattutto nella Bergamasca continuavano a riempire le terapie intensive e i reparti Covid. La loro vita è cambiata completamente all’improvviso. I ritmi di vita, in corsia e al lavoro, stravolti. Gli affetti


Una task force di fisioterapisti all’ospedale da campo Tra i sanitari in prima linea nell’emergenza Covid c’è anche Paolo Valli, fisioterapista membro del nostro Comitato Scientifico, che, insieme a un gruppo di altri 40 fisioterapisti volontari, fin dall’inizio di marzo, si è messo a disposizione del personale delle strutture Covid bergamasche. La FisioTaskForce, questo il nome del gruppo di fisioterapisti (la maggior parte dei quali in pausa lavorativa per le limitazioni imposte dai decreti sulle aree a più alto rischio), in questi mesi ha lavorato insieme con i professionisti dell’Ospedale Papa Giovanni, della Protezione Civile, dell’ANA, di Emergency e con l’équipe russa. “La nostra mission è stata fin da subito quella di mettere in campo non solo le nostre competenze specifiche fisioterapiche ma anche quella di essere di supporto al resto del personale sanitario che opera nelle strutture Covid” spiega Valli, coordinatore del gruppo.“ “In acuto, ci siamo occupati, insieme a medici e infermieri, del monitoraggio, verificando che i pazienti fossero ben posizionati ed eseguendo mobilizzazioni o manovre utili per una migliore risposta alle terapie; nelle fasi post-acute abbiamo ricercato una riattivazione graduale attraverso il recupero del movimento, della posizione seduta, della stazione eretta e poi del cammino, monitorando il buon andamento della funzione respiratoria e dell’ossigenazione”. Oltre al servizio all’Ospedale da Campo, i fisioterapisti di FisioTaskForce hanno offerto il loro supporto alle strutture di sorveglianza sanitaria istituite negli hotel della Bergamasca. “Come coordinatore e responsabile del Progetto FisioTaskForce Bergamo, ringrazio tutto il team per aver risposto alla call lanciata e perché, con semplicità e forza, ha garantito la presenza in turni continuativi e forti”. Ora che la situazione sta tornando lentamente alla normalità resta il ricordo di un’esperienza che di certo non dimenticheranno. “Per tutti noi è stata un’esperienza indelebile, una missione. Leggere negli occhi dei pazienti la ritrovata speranza nel domani è stata una grande emozione ed è quello che tutti speriamo per coloro che hanno dovuto combattere con questo maledetto virus”.

Maggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 17


PERSONAGGIO

allontanati per il loro bene, anche i figli piccoli ai quali ciascuno di loro, a modo suo, ha spiegato cosa fosse questo “mostro” che impediva di vedere mamma e papà. E in corsia, medici di tutte le specialità, chirurghi, ortopedici, fisiatri, cardiologi, insieme in un fronte comune nella guerra contro la malattia, gomito a gomito, senza differenze di qualifiche e gerarchie. Tutto per poter dare ai pazienti la miglior assistenza possibile, con farmaci e terapie certo ma anche con tantà umanità. Un’umanità fatta anche di carezze. Carezze e strette di mano con i pazienti intubati che respirano a fatica attaccati a un tubo dell’ossigeno o con i pazienti ricoverati nei reparti. «In questa situazione così drammatica, in cui non potevano avere accanto i parenti, abbiamo cercato di essere per loro figli, genitori, fratelli e sorelle. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per far loro sentire meno la solitudine e vederli sorridere anche solo per un istante» dice un infermiere. Emozioni, momenti e immagini che tutti loro hanno vissuto e non dimenticheranno mai. Come racconta un’infermiera di una certa età, una dei tanti pensionati che sono rientrati in ospedale per dare un aiuto ai colleghi affaticati dai lunghi turni. «Vestita come un astronauta, tuta, maschera, visiera, 18 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

di me si vedono solo gli occhi, comunichiamo con gli occhi. Sto per smontare dal turno di notte, devo fare la doccia come previsto. E invece mi avvicino al letto di una signora che non può parlare perché ha subito una tracheotomia. Parlano però i suoi occhi, piange. Ha bisogno di compagnia, di qualcuno che le faccia coraggio, la faccia sentire meno sola, forse pensa ai suoi cari che non può vedere da giorni. Mi siedo accanto a lei e le stringo le mani. Stiamo così. Lei comincia a rasserenarsi, a sorridere. Cerca di farmi capire qualcosa. Interpreto quel movimento delle labbra come un “grazie”. Ed è la sensazione più bella, quel grazie vale più di tante medaglie». A volte basta un grazie per dimenticare la stanchezza, per recuperare la forza e ripartire lontani dalla famiglia. «Non vedo i miei due figli da mesi» mi raccontava nei giorni della pandemia un amico medico. «Quando torno a casa, se torno, mi tengo lontano da mia moglie e dai ragazzi. Ho paura di contagiarli. Dormo sul divano, mangio da solo. Ci vediamo sui social come capita a tante persone con i loro familiari lontano. Penso ai nonni che non possono abbracciare i nipotini. Purtroppo è così ma è meglio fare attenzione. Questo virus fa paura e ci perseguiterà per mesi. Ha già

fatto tante vittime con una virulenza incredibile, anche tanti miei colleghi, tanti infermieri». 163 medici e 39 infermieri hanno pagato con la vita la dedizione ai pazienti che gli erano affidati dall’inizio della pandemia. Agli infermieri ha rivolto un pensiero Papa Francesco nella giornata internazionale a loro dedicata il 12 maggio. “Preghiamo per loro, uomini, donne, ragazzi e ragazze che svolgono questa professione che è più di una professione, è una vocazione, una dedizione. Che il Signore li benedica. In questo tempo di pandemia hanno dato esempio di eroicità e alcuni hanno dato la vita”. «Il rischio della positività nella nostra categoria, come in quella dei medici, è molto elevata» commenta il Presidente bergamasco dell’Ordine degli infermieri, Gianluca Solito. «Questi colleghi continuano a mettere in pericolo la propria salute, quella dei cittadini e delle famiglie. Sono professionisti laureati, specializzati con competenze uniche. Ma con uno stipendio di 1.450 euro al mese. E siamo l’asse portante del sistema salute, non siamo super-eroi ma vogliamo il giusto riconoscimento per essere considerati professionisti con la P maiuscola al servizio dei cittadini».



IN SALUTE

STILI DI VITA

Spesa in tempi di Covid Le regole per farla in sicurezza ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Ecco i principali consigli del Ministero della Salute:

1. SPESA A DOMICILIO Verifica la possibilità di farti portare la spesa a casa ordinando al telefono o via internet.

2. REGOLARITÀ Fai la spesa solo una volta alla settimana, delegando a un solo membro della famiglia tale compito.

3. LISTA Prepara una lista della spesa per velocizzare gli acquisti e ridurre i tempi di attesa di tutti.

4. MASCHERINE Utilizza le mascherine negli ambienti chiusi e dove non è possibile il distanziamento interpersonale di almeno un metro.

5. DISTANZA Mantieni sempre la distanza di almeno un metro dagli altri clienti e addetti alla vendita.

6. GUANTI Indossa guanti “usa e getta” in particolare in caso di alimenti e bevande .

7. IGIENE DELLE MANI Pulisci le mani con gel igienizzante messo a disposizione prima e dopo l’uso dei guanti. 20 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

E A CASA? LE RISPOSTE AI DUBBI PIÙ COMUNI Cosa fare una volta arrivati a casa con la spesa? È consigliabile lavare sempre accuratamente frutta e verdura, soprattutto se si vuole mangiarla cruda, anche se questi prodotti siano considerati a basso rischio di trasmissione, e lavare accuratamente le mani. I prodotti freschi sono più pericolosi? No, anche per i prodotti freschi valgono le buone norme igieniche consuete, che devono essere rispettate da chiunque manipola il cibo. Ricorda però che per maneggiare frutta e verdura nei negozi è obbligatorio indossare i guanti forniti dal gestore. Il virus rimane attaccato agli imballaggi dei prodotti? Il virus può sopravvivere da qualche ora a qualche giorno se le superfici non vengono pulite o disinfettate o non sono esposte a sole e pioggia, ma è molto sensibile ai disinfettanti a base di cloro e alcol. Ricorda che il nuovo coronavirus si trasmette attraverso le goccioline (droplet) o per contatto attraverso le mani, quindi la cosa fondamentale è rispettare le norme igieniche per le mani e il distanziamento. Fonte: Istituto Superiore di Sanità (ISS)


Guanti e mascherine: sì ma con le giuste precauzioni Mascherine e guanti possono proteggere dal contagio. Ma attenzione: vanno usate – e soprattutto tolte- nel modo corretto, altrimenti rischiano di avere l’effetto contrario. «La mascherina, come qualsiasi dispositivo va gestita in modo adeguato perché essa stessa, se mal curata, può essere fonte di contagio. La mascherina chirurgica, non dimentichiamolo, è utile soprattutto al paziente, perché riduce la quantità di goccioline che emette» sottolinea il professor Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCSS Istituto Ortopedico Galeazzi e virologo presso l’Università degli Studi di Milano. Anche l’utilizzo dei guanti va gestito con grande attenzione, soprattutto la modalità con cui vengono tolti. Ecco come farlo in sicurezza: bisogna pizzicare il palmo della mano (destra o sinistra, in base alla comodità) facendo scivolare il guanto e tenendolo rovesciato (con la parte sporca all’interno) con l’altra mano. Viceversa, per togliere l’altro guanto, infilare il dito sotto il bordo sul polso in modo da non toccare la superficie e, anche qui, estrarre il guanto rovesciandolo e infilandolo a sua volta nell’altro. Infine, buttare via tutto. Quando il rischio di contagio è basso, è possibile rilavare accuratamente i guanti (prima di toglierli) con sapone o gel antibatterico e lasciare agire. «Anche per quanto riguarda le mascherine, soprattutto le ffp2 che hanno una durata tecnica di 6/8 ore di uso continuativo» conclude Pregliasco «è possibile, nella pratica quotidiana, tollerare un riutilizzo trattandole con spray disinfettante e lasciandole areare (salvo particolari danni)». A proposito di mascherine, quali usare? Come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità le mascherine conosciute con le sigle Ffp2 e Ffp3 (serve a proteggere l’utilizzatore da agenti esterni) dovrebbero essere riservate a un uso professionale, mentre per uso comunitario la scelta dovrebbe ricadere sulle cosiddette chirurgiche che hanno lo scopo di evitare che chi le indossa contamini l’ambiente (motivo per cui se tutti le indossiamo ci proteggiamo l’un l’altro) oppure sulle “mascherine di comunità”, realizzate in materiali multistrato, che hanno lo scopo di ridurre la circolazione del virus nella vita quotidiana e non sono soggette a particolari certificazioni. In ogni caso, prima di indossare la mascherina bisogna lavare le mani con acqua e sapone per almeno 40-60 secondi, indossarla toccando solo gli elastici o i legacci e avendo cura di non toccare la parte interna; posizionare correttamente la mascherina facendo aderire il ferretto superiore al naso e portandola sotto il mento; accertarsi di averla indossata nel verso giusto (ad esempio nelle mascherine chirurgiche la parta colorata è quella esterna). Durante l’uso è importante evitare di continuare a metterla e toglierla perché potrebbe perdere di efficacia e stare attenti a non toccarne la parte davanti, che potrebbe essere contaminata. Quest’ultima precauzione deve essere seguita anche nella fase della rimozione, durante la quale è opportuno toccare solo elastici e lacci. Una volta tolta deve essere buttata (se non monouso) in un contenitore chiuso, come un sacchetto di plastica, evitando di tenerla in tasca o appoggiarla in giro per casa, e si devono igienizzare le mani.

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Ortoressia: quando mangiare sano diventa un’ossessione ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

«Negli ultimi anni il cibo è sempre più oggetto di una forte attenzione mediatica: spettacoli televisivi, reality show, forum, blog on line. Nonostante questo eccesso d’informazioni, però, paradossalmente ci troviamo di fronte a un “inquinamento informatico” notevole, che può anche avere conseguenze negative. Questa ossessiva attenzione per il cibo, in alcuni casi, può sfociare in disturbi del comportamento alimentare (Dca), patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da una esagerata preoccupazione per il peso/forma del corpo. Anoressia, bulimia sono certamente i più diffusi, ma negli ultimi tempi se ne sono sviluppati altri, tra cui l’ortoressia». Chi parla è la dottoressa Emanuela Zini, psicologa e psicoterapeuta. Ci siamo rivolti a lei per conoscere meglio questo disturbo alimentare sempre più diffuso che, se non riconosciuto e trattato, può danneggiare sia

la sfera psicosociale sia la salute di chi ne soffre. Dottoressa Zini, cosa s’intende per ortoressia? L’ortoressia (dal greco Orthos “giusto” e Orexis “appetito”) è un

Il primo a parlare di ortoressia è stato nel 1997 il medico statunitense Steven Bratman che la definì “la ricerca ossessiva della corretta alimentazione”. Lui stesso non mangiava verdure che fossero raccolte da oltre 15 minuti, masticava ogni boccone almeno 50 volte e aveva il terrore di ammalarsi se per caso ingeriva cibi non ritenuti incontaminati”

disturbo alimentare che consiste in un’attenzione maniacale a nutrirsi in modo corretto e salutare. Il privilegiare alcuni cibi porta poco alla volta all’esclusione di tanti altri, impoverendo sempre più il regime alimentare. Con il tempo il problema peggiora, perché l’ortoressico s’impone delle regole sempre più rigide e restrittive, per esempio, mangiare solo pomodori raccolti lo stesso giorno in cui vengono portati in tavola. Questo porta all’isolamento, perché familiari e amici faticano a rispettare le stesse regole e l’ortoressico rimane, comunque, convinto che le sue idee siano le uniche giuste. Da un punto di vista psicologico, l’ortoressico vive una

Le conseguenze per la salute «Le conseguenze dell’ortoressia si manifestano non solo sul piano psicologico, ma anche sul versante fisico. In particolare vanno segnalate carenze nutrizionali man mano piuù severe: squilibri elettrolitici, deficit di vitamine e altri micronutrienti che, nelle forme estreme, possono sfociare in fragilità ossea (osteoporosi) e atrofie muscolari anche in giovane età» osserva Donatella Ballardini, Presidente dell’Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione (ANSISA). «È cruciale sottolineare che queste condizioni, se non individuate precocemente e trattate, possono risultare irreversibili. Ugualmente pericoloso, nell’ortoressico, è il rischio di una patologia da abuso di integratori alimentari, che sfocia in un loro accumulo nell’organismo».


DOTT.SSA EMANUELA ZINI Psicologa e Psicoterapeuta Studio di psicologia Ambivere

profonda insoddisfazione di sé e cerca di ristabilire un proprio ordine interno (quindi anche l’autostima) attraverso le rigide regole sul cibo. Se vengono, però, trasgredite subentra un forte senso di colpa che porta di conseguenza a un ulteriore inasprimento delle regole. Quali sono i campanelli d’allarme? Le caratteristiche specifiche dell’ortoressia sono: > ruminazione ossessiva del cibo: passare molto tempo durante il giorno a pensare a quali cibi mangiare e alle modalità di preparazione e consumo, scegliendo solo ciò che viene

ritenuto salutare; > pianificazione dei pasti con diversi giorni di anticipo, per evitare cibi ritenuti pericoli e dannosi per l’organismo (contenti per esempio pesticidi residui, conservanti o OGM, troppo zuccherati o salati); > preparazione di cibi solo attraverso alcune cotture e utilizzo solo un certo tipo di stoviglie; > controllo compulsivo delle etichette alimentari; > tendenza a evitare ristoranti o inviti, per l’impossibilità di controllare e decidere come e cosa cucinare. Cosa si può fare per uscirne? L’ortoressia è una condotta fobica, mascherata da una sistematizzazione ideologica. La fobia è un’irrazionale e persistente repulsione e paura verso certe situazioni, oggetti, attività, persone e, in questo caso specifico, alimenti, che

nelle situazioni più gravi possono limitare l’autonomia della persona. Uno dei primi passi per affrontarla è comprendere che l’oggetto fobico (per esempio cibi non ritenuti sani) provoca angoscia, ma che in realtà è simbolo di qualcosa d’altro che rappresenta qualche impulso, desiderio, parte del Sé che la persona non è in grado di elaborare. Oltre a questo, bisogna considerare che i disturbi alimentari spesso si associano ad altre patologie o sintomi (depressione, disturbi di ansia, fobie, disturbi ossessivo-compulsivo, disturbo dell’umore, aspetti ipomanicali etc.) che rendono più complesso il trattamento. Da qui, la necessità di un approccio multiprofessionale (psichiatra, psicologo-psicoterapeuta, nutrizionista etc.). Infine è importante sottolineare che per evitare che il disturbo si cronicizzi, fondamentale è la prevenzione e soprattutto la diagnosi precoce.


IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Agretti

Un sorprendente gusto primaverile ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Chiamati anche “barba di frate”, gli agretti sono una verdura tipica di questo periodo primaverile, dal sapore delicato ma con un retrogusto leggermente acre, che possono essere utilizzati in modo versatile: come contorno o per insaporire primi e secondi piatti. Conosciamoli meglio insieme alla dottoressa Federica Belotti, dietista.

Vengono chiamati in modi diversi nelle varie parti d’Italia, tra cui lischi, roscano o miniscordi o “barba di frate”. Gli agretti si seminano a dicembre, si raccolgono da marzo a fine maggio e sono quindi disponibili sul mercato nella stagione primaverile. Le loro foglie di colore verde brillante sono simili a quelle dell’erba cipollina. La consistenza è tenera e succosa.

Dottoressa Belotti, che cosa sono gli agretti? Gli agretti sono un ortaggio costituito dai germogli e dai rametti più giovani e teneri della Salsola soda, un’erba annuale appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae.

Quali sono le virtù di questo vegetale? Perché vale la pena inserirlo in una sana alimentazione? Gli agretti sono ricchi di fibre che hanno la capacità di assorbire l’acqua favorendo il transito intesti-

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nale. Quindi aiutano a mantenere una buona regolarità intestinale e

DOTT.SSA FEDERICA BELOTTI Dietista Presso Humanitas Gavazzeni e Castelli, Centri Sportpiù e Area Donna di Bergamo e Provincia e Studio medico a Trescore Balneario


È possibile coltivare gli agretti a casa, basta che ci sia molto sole. Serve un terreno morbido e ben drenato, senza bisogno di concime né di troppa acqua. La pianta si adatta facilmente a terreni complessi, visto che di solito cresce spontaneamente in spiaggia o lungo le coste. La semina va fatta dall’inverno a inizio primavera e la raccolta avviene dopo un mese, quando la pianta ha raggiunto i 15-20 centimetri di altezza.

a contrastare la stipsi. Se si esagera con il loro consumo, possono addirittura risultare leggermente lassativi. Sono particolarmente indicati a chi segue un regime alimentare ipocalorico: hanno pochi grassi e calorie e inducono senso di sazietà grazie all’elevato contenuto di fibre. Sono inoltre consigliati per i diabetici e per chi soffre di ipercolesterolemia, poiché la fibra consente un migliore controllo della glicemia e dei livelli di colesterolo nel sangue. Grazie all’importante apporto di acqua (circa il 92%) hanno anche un ottimo effetto sulla diuresi. Contengono vitamina A, C e vitamine del gruppo B, soprattutto la B3, fondamentale per la respirazione cellulare, per il buon funzionamento del sistema nervoso, per la circolazione sanguigna, per la salute della pelle e per una corretta

Tabella nutrizionale per 100 g di alimento: . Energia 17 kcal . Proteine 1,8 g . Carboidrati 2,2 g . Fibra 2,2 g

digestione degli alimenti. Inoltre non mancano i sali minerali: calcio, che svolge un ruolo importante nel mantenimento di ossa sane; magnesio, che mantiene in buona salute sistema nervoso, muscoli, metabolismo e ossa; ferro, che contribuisce al trasporto dell’ossigeno verso gli organi e i tessuti; potassio, minerale fondamentale per il buon funzionamento di muscoli, cuore e cervello, che in più aiuta a contrastare la ritenzione idrica e a mantenere nella norma la pressione arteriosa. Ma li possono mangiare tutti o ci sono controindicazioni? Ad oggi non sono note controindicazioni al consumo di agretti, a meno che non si soffra di allergia a questo vegetale. È bene però non esagerare con il loro consumo per chi soffre di diarrea, poiché, come già accennato, possono avere un leggero effetto lassativo. È sufficiente comunque non esagerare con la quantità e consumarne una piccola porzione (circa 150 grammi a crudo). Come si cucinano? È possibile lessarli, ma la cottura migliore è decisamente quella

al vapore poiché consente di mantenere al meglio le proprietà nutrizionali (il tempo di cottura è di circa 15-20 minuti). Possono essere serviti come contorno, conditi semplicemente con olio extravergine d’oliva, limone e pepe oppure sono ottimi saltati in padella con aglio, olio e acciughe. Vengono utilizzati anche come ingredienti di varie ricette. Ad esempio si sposano bene con le uova: sode, all’occhio di bue, in camicia oppure all’interno di una frittata, un buon modo per farli apprezzare anche ai bambini. Sono ottimi con il salmone, ad esempio all’interno di un’insalata di agretti, salmone e patate e possono essere utilizzati anche per arricchire primi piatti a base di pasta, come un piatto di spaghetti integrali con agretti, pomodorini e capperi. Insomma, sono davvero tanti i modi per cucinare questi ortaggi e valorizzarne il gusto. È utile, infine, ricordare che è consigliabile consumarli abbastanza rapidamente poiché si deteriorano nel giro di pochi giorni. Prima di consumarli, devono essere puliti molto accuratamente poiché possono trattenere della terra nella parte terminale, che deve perciò essere tagliata. Maggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 25


Secondo piatto

Omelette con agretti e stracchino

Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 30 minuti

Calorie a persona 540 Kcal

INGREDIENTI per 6 persone 12.......... Uova freschissime 400 g... Squacquerone o stracchino morbido 250 g... Panna da cucina 3............ Mazzetti di agretti 2............ Cipolle 150 g... Mozzarelline qb......... Olio extravergine di oliva qb......... Sale qb......... Olio di semi di girasole per la frittura qb......... Farina di mais fioretto per l’impanatura PREPARAZIONE

GIUSI PESENTI Cuoca Presso il Ristoro de Il Sole e la Terra di Bergamo

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Lavare accuratamente gli agretti in abbondante acqua fresca. Scottarli per 3 minuti in acqua bollente leggermente salata, raffreddarli e tagliarli a pezzi piccoli. Tagliare le cipolle a rondelle sottili, infarinarle velocemente con la farina di mais e friggere in olio di girasole. Quando saranno ben dorate, scolarle e salarle. In una ciotola sbattere uova, panna, sale e poi aggiungere gli agretti. Scaldare un filo di olio in una pentola antiaderente per preparare le classiche omelette. Ripiegare l’omelette a mezzaluna. quando saranno leggermente dorate all’esterno e ancora morbide all’interno. Arricchire l’omelette con il formaggio a tocchetti. Servirle ben calde e cosparse di cipolle fritte.



IN ARMONIA

PSICOLOGIA

E se bastasse una sola seduta di psicoterapia? ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Il tabù della psicoterapia come “roba per matti” sembra essere quasi superato: secondo l’annuale classifica dei servizi più richiesti online nel 2019 stilata da ProntoPro.it (portale che mette in contatto domanda e offerta di servizi professionali), la professione dello psicologo sarebbe la più ricercata dai bergamaschi sul web. «Eppure per molte persone la diffidenza resta, soprattutto quando si pensa alla possibilità che il percorso di psicoterapia possa richiedere un importante impegno in termini di tempo e denaro» osser-

va la dottoressa Laura Grigis, psicologa e psicoterapeuta. «Ma non è detto che debba essere necessariamente così. Se invece si potesse avviare un principio di cambiamento con un unico, singolo colloquio, massimizzandone l’efficacia? Con l’obiettivo di trovare una risposta a questa domanda, circa 30 anni fa sono state avviate ricerche sulla cosiddetta Terapia a Seduta Singola». Dottoressa Grigis, che cosa s’intende con una terapia a seduta singola?

La Terapia a Seduta Singola è un metodo, cioè un insieme strutturato di manovre e interventi, che ha come obiettivo il benessere della persona; può essere utilizzato da solo, oppure integrato all’interno di un proprio modello di riferimento (che sia psicoterapia o consulenza psicologica) per massimizzare l’efficacia di ogni incontro. Il principio fondamentale della Terapia a Seduta Singola è evidenziare ed enfatizzare le risorse e i punti di forza che la persona già possiede: a volte la soluzione la si conosce già, “basta” solo continuare a metterla

Tre assunti di base I primi studi sulla Terapia a Seduta Singola sono iniziati nel 1986 in California, presso il Kaiser Permanente, una delle più grandi organizzazioni sanitarie degli Stati Uniti. Lì vennero constatati quelli che si rivelarono essere tre assunti di base: > uno è il numero più frequente di sedute fatte in psicoterapia; > tra il 20% e il 50% delle persone sceglie di fare una sola seduta; > fino all’80% di esse riferisce di aver risolto il proprio problema o di stare meglio grazie a quell’unica seduta. F.Cannistrà, www.lostudiodellopsicologo.it

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in pratica in maniera consapevole. L’approccio della Terapia a Seduta Singola è porre al centro la persona, utilizzando le sue stesse risorse per aiutarla a trovare ciò di cui ha bisogno per superare il momento di difficoltà (Miller, 2014). Nella Terapia a Seduta Singola il terapeuta non intende risolvere il problema o guarire la persona che ha davanti, ma si pone come un facilitatore: l’obiettivo diventerà quindi quello di comprendere al 100% il bisogno, per poi individuare e potenziare le risorse che la persona già possiede, che già ha appreso dalla sua esperienza quotidiana. In una società come la nostra in cui tutto è veloce, la terapia a seduta singola potrebbe essere il futuro dell’intervento psicologico? Certamente sì, anche perché già da ora la domanda di benessere psicologico è legata a “servizi al bisogno”. Questa domanda non viene oggi adeguatamente soddisfatta, poiché quasi tutti i servizi psicologici, psichiatrici o di sostegno alla persona si basano sull’accesso tramite appuntamento, con liste d’attesa anche di mesi. Quali sono i vantaggi della Terapia a Seduta Singola? > Meno tempo: è possibile che con una prima e unica seduta la persona percepisca di aver trovato la chiave di risoluzione del suo problema o di aver

individuato gli strumenti, le risorse che già possiede da poter ri-mettere in campo per stare meglio. > Meno denaro: spesso (non sempre) questo unico incontro è sufficiente e non ne servono altri. > Efficacia. > Posizione attiva del paziente: volersi migliorare, e scoprire di avere già tutte le carte in regola per provare a farlo, è un’importante presa di consapevolezza che aiuta la persona che chiede sostegno psicologico a vivere in maniera attiva il proprio percorso di cambiamento. > Accesso immediato: in Italia e all’estero sono nati numerosi servizi di walk-in, ovvero giornate in cui il professionista riceve senza appuntamento. > Sostegno al bisogno: molte persone riconoscono, in periodi particolari della loro vita o dopo eventi stressanti, di poter beneficiare dell’aiuto di uno psicologo. Vengono però frenati dal fatto che solitamente un percorso di psicoterapia preveda una serie di incontri nel lungo periodo: la Terapia a Seduta Singola permette di ottenere un aiuto valido, efficace e concreto per rispondere a quello specifico bisogno, a quella specifica difficoltà contingente. > Flessibilità: può essere applicata in diversi contesti (colloquio individuale, di coppia,

familiare; azienda, scuola o società sportiva; ambulatorio pubblico o privato; situazioni di emergenza; …) e può essere utilizzata come metodo all’interno di tutti gli approcci di psicoterapia. In conclusione, credo sia importante sottolineare che la Terapia a Seduta Singola non elimina la possibilità di effettuare un percorso di psicoterapia “classico” in più incontri: ogni persona e ogni difficoltà presentano differenti necessità di approfondimento. Ma certamente è in grado di accogliere e soddisfare le nuove esigenze nel campo della salute mentale e i nuovi bisogni delle persone che cercano un sostegno psicologico: è uno strumento importante, che il professionista può utilizzare per migliorare l’efficacia del proprio intervento.

DOTT.SSA LAURA GRIGIS Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo e Centro Polispecialistico Zogno


IN ARMONIA

COPPIA

Le regole per un matrimonio “in salute” ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Tensioni, litigi, difficoltà a condividere spazi fisici e “psicologici”. La convivenza forzata e prolungata imposta dal lock down ha messo a dura prova molte coppie. Senza arrivare ai femminicidi, spesso protagonisti nelle cronache dei giornali anche in questo periodo, certo stare insieme 24 ore su 24, 7 giorni su 7, non sempre si è rivelato facile. Con ripercussioni non solo sulla salute della coppia stessa ma anche sul benessere psico-fisico dei partner. Se è capitato anche a voi, forse vale la pena di fermarsi un attimo a riflettere sul significato di matrimonio e ripartire da lì. Lo facciamo con Paolo Lorenzo Gamba, avvocato specializzato in diritto di famiglia.

Avvocato Gamba, partiamo dalla base: quali sono i diritti e i doveri in un matrimonio? L’ordine delle parole ha un significato preciso, dire “diritti e doveri” è diverso che dire “doveri e diritti”. Quando parlo di un mio diritto pongo solo me al centro del discorso “è un mio diritto”, “ho il diritto di”; gli altri diventano “rapporti satellite” che devono svilupparsi secondo quella che è la mia volontà (spesso confondiamo la “volontà” con i “diritti”: voglio una cosa allora diventa un mio diritto, ma questo sillogismo è scorretto). Il “dovere” invece mi porta a compiere o non compiere un’azione, considerando l’altro come destinatario di un mio comportamento. Quando

parliamo di un matrimonio diventa fondamentale anteporre i doveri ai diritti, perché con il matrimonio nasce un nuovo soggetto “la famiglia”, le cui “esigenze sono preminenti” rispetto a quelle del marito e della moglie (art. 144 Cod. Civ.). Questo ci aiuta anche a comprendere il differente presupposto giuridico tra un “matrimonio” e una “convivenza”. Nel primo caso, un uomo e una donna decidono di “sottoscrivere un contratto” (atto di matrimonio) che dà vita a un terzo soggetto (la famiglia) che ricomprende i due soggetti che hanno firmato il contratto e li impegna a cooperare per il sostentamento e nell’interesse della famiglia. Nel secondo caso, due persone decidono, anche im-

Comunione o separazione dei beni? Comunione o separazione dei beni spesso si ritiene siano elementi estranei alla relazione, ma non è proprio così. Facciamo un test. Proviamo a chiedere a due fidanzati prossimi alle nozze “manca un mese al matrimonio, il/la tuo/tua fidanzato/a ti chiede 2.000,00 euro, dicendoti che non può assolutamente spiegarti il motivo, ma che glieli devi dare e fidarti di lui/lei: come ti comporti?”. Con la scelta del matrimonio si dà la propria vita all’altro, perché allora una richiesta “insignificante (una somma di denaro)” rispetto al valore della propria vita, può mettere “in crisi” il dono di sé? Concludo dicendo che non c’è una scelta giusta o una sbagliata, è la motivazione che conta, se scelgo la “separazione dei beni” per tutelare me stesso, forse è opportuno che ripensi alla mia scelta matrimoniale, se invece la scelgo per tutelare la famiglia da situazioni a rischio, diventa una scelta doverosa.


plicitamente, per un “accordo di convivenza” nel quale esprimono i loro desideri “quello che vogliono dal rapporto” e, qualora l’altra parte sia in grado di soddisfare i miei desideri ed io i suoi, questo accordo è stipulato. In sintesi: il matrimonio è un “contratto collettivo”, la convivenza un “accordo individuale”, per la durata del matrimonio è necessario che le parti abbiano contezza del “quadro giuridico” nel quale si stanno muovendo e delle sue caratteristiche specifiche, diverse da quelle della convivenza che sovente lo precede. I diritti dei coniugi

AVV. PAOLO LORENZO GAMBA Avvocato civilista Presso Studio Legale Gamba, Cimini e associati di Bergamo

sono disciplinati dall’art. 143 Cod. Civ. che li stigmatizza “nell’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione”. Alla luce del ragionamento fatto fino ad ora è facile intuire come gli obblighi all’interno del matrimonio siano per lo sviluppo e la tutela di quella relazione che è nata per generare la famiglia. In una convivenza (tranne nel caso dei contratti di convivenza) i soggetti potrebbero accordarsi, per le più svariate ragioni, anche perché nessuno di questi obblighi sia incluso nel loro accordo, lasciandosi così liberi da un obbligo di fedeltà, un obbligo di assistenza morale e materiale, un obbligo di coabitazione. Nella sua esperienza quali sono gli elementi che generano più difficoltà relazionali e problemi all’interno di un matrimonio? Il primo dei problemi deriva dalla mancanza di un progetto! Spesso ci si sposa perché in quel momento “si sta bene con l’altra persona”, come se lo “star bene” fosse l’unico criterio per giustificare una scelta di relazione stabile e duratura.

Purtroppo anche lo “star male” può essere un elemento presente prima del matrimonio. Non lo si ascolta perché ormai “tutto è pronto...”, “quella è l’aspettativa dei genitori”, “cosa penserebbero gli altri...”, ci si racconta che “una volta sposati tutto si risolverà...”. La scelta matrimoniale per l’individuo è una scelta “traumatica” perché comporta un “cambiamento di stato” e, come ogni scelta che comporta un cambiamento fondamentale, acuisce le criticità che ci possono essere in ciascuno. Ecco allora che per superare quelle criticità, diventa fondamentale poter far ritorno alla ragione della propria scelta, che non può essere lo “star bene” (perché oggi “non sto più bene”), ma sarà il ritornare al “progetto” condiviso per costruire una famiglia e una vita insieme… il progetto come quell’elemento propulsivo della relazione per superare gli ostacoli e gli incidenti di percorso: se so dove andare, in un modo o nell’altro ci arriverò anche senza soldi; se non so dove andare anche con il migliore dei mezzi non riuscirò mai a raggiungere una meta (che non ho).


IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Sindrome dell’aborto spontaneo ricorrente: cause e terapie

∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Per una coppia un aborto è già di per sé un evento traumatico, quando poi si ripete può davvero minare l’equilibrio psico-fisico. Ma quali sono le cause della cosiddetta “sindrome da aborto ricorrente”? Cosa si può fare per prevenirla? Ed esistono terapie? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Serena Pirola, ginecologa. Dottoressa Pirola, quando l’aborto spontaneo si definisce ricorrente? La definizione di aborto spontaneo ricorrente (RPL) è variabile, rendendo più difficile lo studio di questo fenomeno e la determinazione di quali pazienti/coppie indirizzare ad approfondimenti diagnostici ed eventuali terapie. Ad oggi, la sindrome dell’aborto spontaneo ricorrente è una delle aree più com32 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

plesse della medicina riproduttiva poiché le sue cause sono spesso sconosciute ed esistono pochi percorsi diagnostico-terapeutici evidence-based. La definizione di aborto spontaneo ricorrente più frequentemente utilizzata in ambito scientifico internazionale è: “il verificarsi di tre aborti spontanei consecutivi in gravidanze non necessariamente intrauterine (cioè devono essere considerate anche le eventuali gravidanze a impianto extrauterino) in epoca gestazionale inferiore alla 20^ settimana di gravidanza”. Dati recenti ci dicono che, attualmente, la sua prevalenza è di circa 0.4 % di tutte le donne gravide e aumenta con l’età materna. Quali possono essere le cause? Le coppie che hanno sperimentato un aborto spontaneo hanno due

preoccupazioni principali: la causa che l’ha determinato e la probabilità che ciò si ripeta. Sfortunatamente, solo nel 50% delle pazienti con diagnosi di aborto spontaneo ricorrente (RPL) siamo in grado di determinarne la causa. Tra le più frequenti: > cause anatomiche - anomalie uterine acquisite e congenite responsabili del 10-50 % degli aborti spontanei ricorrenti; fibromi, soprattutto quelli che invadono la cavità endometriale che deve accogliere la gravidanza; aderenze intrauterine che possono derivare da precedenti raschiamenti endometriali; > immunologiche - Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi-APS, unica patologia autoimmune in cui l’aborto spontaneo


ricorrente-RPL è un criterio diagnostico. Il 5-15% delle pazienti con aborto spontaneo ricorrente-RPL può avere questa patologia; > genetiche - anomalie della struttura o del numero dei cromosomi; > endocrine - possono essere responsabili del 15-60% di aborti spontanei ricorrentiRPL (diabete mellito non compensato, PCOS-Sindrome dell’Ovaio Policistico, patologie tiroidee soprattutto se in presenza di autoanticorpi tiroidei, valori di prolattina troppo elevati, celiachie); > trombofiliche - alcuni difetti della coagulazione del sangue (soprattutto se in presenza

di altri fattori di rischio), età materna, fattori ambientali (occupazionali, stress, esposizione ad agenti chimici…) e abitudini del soggetto (fumo di sigaretta, obesità, abuso di alcolici…); il loro ruolo individuale è ancora incerto, ma possono agire sinergicamente o in modo dose-dipendente. Sembra che anche il “fattore maschile” (anomalie spermatiche) possa rivestire un ruolo causale nella sindrome da aborto spontaneo ricorrente. Tipicamente questi aborti spontanei accadono a epoche gestazionali simili in gravidanze consecutive e la probabilità che questo evento si ripeta aumenta con l’avanzare dell’epoca gestazionale del suo verificarsi.

Come se ne possono determinare le cause? Basandoci sui dati attuali è importante ricordare che la maggior

DOTT.SSA SERENA PIROLA USC Ostetricia e Ginecologia ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo


IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

parte delle pazienti con aborto spontaneo ricorrente ha una buona prognosi di ottenere e portare avanti con successo una gravidanza, anche nel caso in cui non sia stato possibile formulare una diagnosi e intraprendere alcun trattamento. Il primo passo diagnostico consiste nell’eseguire un’anamnesi personale e familiare completa e un esame obiettivo accurato non solo fisico ma anche psicologico. È importante raccogliere informazioni dettagliate in merito a precedenti gravidanze, regolarità dei cicli mestruali, esecuzioni di eventuali interventi chirurgici pregressi a carico dell’apparato genitale, escludere che sussistano anomalie congenite o cromosomiche ereditabili, consanguineità. Tra gli esami più utili: l’esecuzione dell’ecografia transvaginale e transaddominale per escludere, ad esempio, la presenza di fibromi; la sonoisterografia (o l’ isterosalpingografia) per escludere eventuali cause anatomiche che possano determinare la ricorrenza dell’aborto spontaneo; lo studio del cariotipo (studio dei cromosomi attraverso un prelievo di sangue) di entrambi i partner per escludere anomalie cromosomiche che potrebbero essere trasmesse al feto; lo screening immunologico per l’esclusione della Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi (prelievo di sangue materno per il dosaggio degli anticorpi anticardiolipina e lupus anticoagulante); lo screening per patologie della tiroide 34 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

(prelievo di sangue materno per la ricerca di autoanticorpi tiroidei). Infine, possono completare l’iter diagnostico anche lo studio dello stato trombofilico (coagulazione del sangue) materno e lo screening per la diagnosi del diabete mellito. A esclusione dello studio del cariotipo (cromosomi), ad oggi, non sembra esserci evidenza dell’utilità di eseguire ulteriori accertamenti sul partner maschile, sebbene anomalie spermatiche (frammentazione del DNA) siano state associate ad aborto spontaneo. Quali sono le possibili terapie per prevenirlo? Purtroppo i dati scientifici a nostra disposizione sono scarsi e le raccomandazioni terapeutiche attualmente in vigore si basano principalmente sull’esperienza clinica e studi osservazionali. L’intervento terapeutico è guidato dalla causa che determina il ripetersi dell’aborto spontaneo, qualora sia stato possibile identificarla. Nei casi in cui sia stata diagnosticata un’anomalia uterina suscettibile di trattamento chirurgico (ad esempio setto uterino, fibromi, aderenze intrauterine etc.), questa è la terapia di scelta. Nelle pazienti con diagnosi di Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi-APS l’impiego di farmaci quali l’acido acetilsalicilico (Aspirina) e l’eparina, sembrano migliorare l’esito della gravidanza ma, al contrario, non sono efficaci nelle pazienti che non presentino

questa patologia. Le pazienti nelle quali sia stata riscontrata una disfunzione della tiroide, diabete mellito, o uno stato trombofilico (ipercoagulabilità del sangue) devono essere trattate con la terapia adeguata prevista per ciascuna di queste condizioni. Infine, vengono indirizzate al medico genetista le coppie in cui sia stata scoperta un’anomalia cromosomica. È doveroso ricordare che la causa dell’aborto spontaneo ricorrente rimane sconosciuta nella metà delle coppie, approssimativamente, nonostante le valutazioni accurate alle quali si è sottoposta. Negli anni sono state proposte numerose altre strategie terapeutiche, dalle più semplici e meno costose (modifica degli stili di vita) alle più complesse e costose con la sperimentazione di svariati farmaci che, ad oggi, non hanno ancora portato al successo sperato. Una notizia positiva ci viene dall’osservazione che nelle donne con aborto spontaneo ricorrente precoce (inizio primo trimestre di gravidanza), la visualizzazione dell’attività cardiaca fetale è un fattore prognostico rassicurante per una gravidanza vitale successiva, sebbene il rischio di aborto spontaneo permanga maggiore rispetto a quello della popolazione generale. La ricerca e la medicina devono fare ancora molto per le nostre pazienti in questo campo ma, oggi più che mai, confidiamo in loro.



IN FAMIGLIA

BAMBINI

Quando il piccolo ha paura del dottore ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

“No, dal dottore non ci voglio venire” Chissà quante volte ve lo sarete sentito dire, magari anche tra le lacrime, dai vostri figli. Che si tratti di una visita dal pediatra o di una vaccinazione poco importa: l’idea di trovarsi nello studio di un medico spesso terrorizza i più piccoli. Cosa si può fare allora per aiutarli a superare la paura? Ne parliamo con la dottoressa Sofia Raffa, psicologia e psicoterapeuta. Dottoressa Raffa, da cosa può derivare questo timore spesso incontrollabile? La paura del dottore può essere causata da esperienze di ospedalizzazione che hanno lasciato un ricordo negativo, come il dolore di un intervento. Altre volte, è probabile che siano le persone intorno al bambino a metterlo a disagio: un medico con un atteggiamento poco accogliente o un genitore molto spaventato. L’ansietà dei genitori può avere più sfumature: paura che il dottore dica qualcosa di negativo sullo stato di salute del bambino; paura che il bambino pianga, si innervosisca, senta dolore o abbia delle reazioni impreviste dopo la somministrazione di farmaci/vaccini; fino alla iatrofobia (paura dei medici e /o del personale sanitario). In ogni caso è frequente che i figli di genitori preoccupati si preoccupino a loro volta. I bimbi, infatti, imparano a conoscere il mondo con gli occhi dei genitori e quando gli adulti leggono una situazione in modo ansioso o pericoloso, anche i piccoli faranno altrettanto. 36 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

Cosa può fare il medico per aiutare i bambini a vivere il momento della visita in modo sereno? Per creare un clima che possa mettere il bambino a suo agio, a volte i medici indossano camici colorati o hanno una stanza decorata e con giochi, si rivolgono direttamente al bambino parlando con lui o prendendolo in braccio per spogliarlo e aiutarlo a salire sul lettino. È importante che lo specialista non si rivolga solo al genitore, ma anche al bambino in modo che possa sentirsi coinvolto. Capita spesso che gli adulti parlino di fronte ai bambini come se non fossero presenti, usando dei termini “da grandi”, facili da fraintendere e che possono creare ansia. Anche al bambino va spiegato cosa verrà fatto e cosa è consigliato con termini a lui chiari e comprensibili (ad esempio, “bere la medicina” piuttosto che “somministrare lo sciroppo per via orale”). E i genitori, invece, cosa possono fare? Per prima cosa gli adulti dovrebbero interrogarsi sulla causa del disagio del bambino: ci sono state esperienze passate negative? Il dottore è poco accogliente? Il genitore è spaventato? Questo aiuterà anche l’adulto che accompagna il bambino a prendere maggior coscienza delle reazioni del piccolo e a regolarsi di conseguenza. Ecco alcuni consigli. > Restare calmi ed essere rassicuranti, sapendo che il bambino è al sicuro dal dottore e che si va per il suo bene. > Mai mentire! A volte si

preferisce raccontare una bugia per evitare pianti e lamentele, ma sentirsi dire “andiamo a fare la spesa” e trovarsi poi nello studio medico, è spiazzante e mina la fiducia del bambino nei confronti del genitore. Dire la verità gli permetterà di prepararsi a ciò che dovrà affrontare. > Informare il bambino sulle sue condizioni di salute. “Oggi andiamo dal pediatra anche se non sei malato! Vuole vedere quanto sei diventato grande!”; “Ieri hai preso freddo e oggi hai una forte tosse e credo sia meglio andare dal dottore, che potrà aiutarti a farla passare!”. Al bambino va spiegato il perché della visita, anche per evitare che il piccolo, col suo “pensiero magico”, si attribuisca colpe che non ha, come “mi sono comportato male, allora il dottore mi fa la puntura!”. > Spiegare quello che


succederà nella stanza del dottore, utilizzando un linguaggio comprensibile al bambino e accertarsi che abbia capito. Nel caso di vaccini o operazioni, si potranno spiegare al bambino le procedure che dovrà affrontare. Spesso gli adulti dicono “non fa male, non ti preoccupare!” oppure “smettila di piangere che non è niente!”. Non è affatto vero che una puntura non fa male e questo non aiuta a sentirsi compresi. Se si dice che si sentirà un pizzico ma che passerà velocemente (si può contare insieme per quanto durerà il dolore, ad esempio) il bambino sarà più consapevole di quello che succederà e si sentirà di avere maggior controllo della situazione. I pianti vanno accolti e si potrebbe chiedere “ti sei

spaventato? Ora come stai?”. Per i più piccoli, è utile anche disegnare o mettere in scena attraverso il gioco quello che succederà. Molti ospedali mettono a disposizione dei bambini una bambola e strumenti medici giocattolo per spiegare l’operazione che dovranno affrontare. Lo stesso possono fare i genitori a casa procurandosi le valigette giocattolo del dottore e un peluche, mostrando come si svolgerà la visita e nominando anche gli strumenti che hanno termini difficili, come lo stetoscopio. > Mettere in parole le emozioni del bambino, facendo attenzione a non confondere il dolore con la paura. > Quando il bambino è malato, gli va spiegata anche la cura che dovrà fare e a cosa serve.

È importante non dare mai per scontate la ricettività e la capacità di comprensione dei bambini: permettergli di capire il loro stato di salute, le procedure mediche, le cure alle quali verranno sottoposti e i loro stati emotivi, aiuterà sia i piccoli, sia i loro genitori, a sentirsi più tranquilli.

DOTT.SSA SOFIA RAFFA Psicologa, Psicoterapeuta e Terapista EMDR Trescore Balneario

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IN FAMIGLIA

RAGAZZI

Balbuzie Che cos’è e come affrontarla

∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Riguarda un milione di italiani, tra cui anche molti ragazzi e adolescenti, esponendoli a un rischio di diventare vittime di bullismo tre volte maggiore rispetto ai coetanei. Parliamo della balbuzie, disturbo del linguaggio che, soprattutto in età adolescenziale, può avere importanti ripercussioni sul comportamento, il rendimento scolastico e le relazioni interpersonali. Ma come riconoscere se esiste davvero un problema di balbuzie? E soprattutto cosa si può fare per affrontarlo e superarlo? Ce lo spiega la dottoressa Sabrina Pedrali, logopedista. Dottoressa Pedrali cosa s’intende per balbuzie? L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la balbuzie come “un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione che cosa vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado

di dirlo”. Questo disturbo, che può avere diverse forme e gravità, può essere caratterizzato dalla presenza di ripetizioni di sillabe o intere parole, di prolungamenti di suoni, di intoppi o “blocchi” nel procedere del discorso. Nei casi più gravi, inoltre, si accompagnano movimenti involontari di una o più parti del corpo, come tic facciali, strizzamenti dell’occhio, movimenti del capo, delle mani o dei piedi. L’esordio avviene di solito in età pre-scolare, non tanto con la comparsa di prime parole intorno all’anno di età, quanto più in occasione della formazione di prime frasi. Va ricordato, in ogni caso, come nella maggior parte dei casi la balbuzie rappresenti una fase “transitoria”, con risoluzio-

BALBUZIE E CANTO Quando si canta non si balbetta, il canto e la recitazione sono considerati strumenti molto utili per il paziente con balbuzie, che attraverso la forma d’arte impara a gestire respiro, ritmo e agitazione da palcoscenico. E’ stato così anche per Ed Sheeran (foto) che ha dichiarato: «Mio padre mi comprò “The Marshall Mathers LP” di Eminem quando avevo nove anni, imparai ogni parola. Lui rappava così velocemente e in modo melodico e percussivo, questo mi aiutò a sbarazzarmi della balbuzie».

ne spontanea. In un 10% dei casi, tuttavia, tende a permanere e a manifestarsi in modo più evidente con l’ingresso alla scuola elementare.

Balbuzienti illustri Sono molti i personaggi della storia che hanno sofferto di balbuzie e in molti casi l’hanno sconfitta. Dal filosofo Cicerone all’oratore greco Demostene, che riuscì a eliminare il suo difetto mettendo dei sassolini in bocca, fino allo scrittore Alessandro Manzoni, che per tutta la vita rifiutò di parlare in pubblico. E non mancano nemmeno nomi della politica come il rivoluzionario russo Lenin o il Primo ministro inglese Winston Churchill, che per aiutarsi all’inizio di una frase spesso pronunciava una “mmmmmm” prolungata. E ancora attori come Marilyn Monroe, Julia Roberts, Demi Moore, Bruce Willis.

38 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020


Ma quali sono le cause di questo disturbo? Alcuni credono che la balbuzie sia la conseguenza di qualche forma di trauma in età infantile. In realtà, questa falsa credenza è stata ampiamente sfatata. Sebbene ad oggi non siamo ancora in grado di spiegarne con precisione l’origine, la maggior parte degli studi neuroscientifici attribuisce la causa al malfunzionamento dei meccanismi di controllo della produzione motoria del linguaggio. Ciò che sappiamo con certezza è che esiste una forma di predisposizione ereditaria individuale e che i maschi sono in generale più soggetti delle femmine. Che conseguenze può avere sulla vita di chi ne è affetto se non si affronta tempestivamente? È quasi superfluo dire che questo disturbo può causare un grave impatto sulla vita sociale ed emozionale della persona: può essere fonte di imbarazzo, di vergogna, di tensione. L’ansia e il disagio spesso presenti portano il soggetto, nei casi più gravi, ad isolarsi ed evitare situazioni in cui gli venga richiesto di parlare. Nell’adolescenza, periodo noto per la sua fragilità, precarietà e insicurezza, la situazione si complica, in quanto la balbuzie costituisce un impatto importante sul piano dell’immagine di sé e della propria autostima. In Italia si calcola che siano quasi 150.000 gli

Ginnastica contro i dolori alla schiena e alle spalle, dimagrimento e tonificazione con la professionalità ed esperienza di Giacomo Strabla

La diagnosi tempestiva di questo disturbo, che in media esordisce tra i due tre anni e che, nell’88% dei casi, regredisce spontaneamente entro i sei, è spesso difficile. La balbuzie non viene spesso percepita dai genitori come un problema che meriti una valutazione specialistica” adolescenti affetti da diverse forme di balbuzie. La difficoltà di eloquio espone il ragazzo a un facile giudizio da parte dei coetanei e recenti studi hanno evidenziato come tale fatica sia motivo di scherno e di bullismo. Ma come si può aiutare un ragazzo con balbuzie? Nel periodo adolescenziale è stato osservato come il ragazzo tenda facilmente a negare il problema e rifiutare aiuto. I genitori, al contrario, si preoccupano e si chiedono come la difficoltà possa impattare sulla vita sociale del figlio. In generale, è importante parlare apertamente del problema, evitando giudizi o pressioni. La valutazione e l’approccio terapeutico prevedono l’intervento sincronizzato di

più figure specializzate, come il logopedista e lo psicologo. Il logopedista lavora sulle competenze più “meccaniche” come respiro e regolazione del ritmo dell’eloquio, aiutando il ragazzo a parlare in modo più fluido e scorrevole anche attraverso esercizi mirati sulla respirazione, sulla corretta articolazione delle labbra e della lingua, e sulla fonazione. Il secondo, invece, mira a riconoscere e gestire ansia e tensione emotiva che, in un circolo vizioso, possono essere alla base o conseguenza della balbuzie. È fondamentale, in ogni caso, agire non solo sul ragazzo ma anche sul contesto in cui vive. Non è raro infatti che nella terapia vengano coinvolti genitori o insegnanti, ai quali vengono date indicazioni su come avvicinarsi al problema e creare dinamiche comunicative adeguate.

DOTT.SSA SABRINA PEDRALI Logopedista Presso il Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo

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FITNESS

Tabata

L’allenamento brucia-grassi ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Un allenamento efficace e completo per migliorare la resistenza, stimolare il metabolismo, tonificare e dimagrire in poco tempo. Un sogno? No, è il Tabata. Attenzione però: non è una passeggiata, ma i risultati ricompensano la fatica. « ll Tabata training è una forma molto intensa di allenamento cardiovascolare anaerobico a intervalli (Interval training, IT)» spiega Giacomo Strabla, personal trainer. «In particolare rientra nella categoria degli High Intensity Interval Training (HIIT) dei quali rappresenta una delle varianti più estreme». In pratica in cosa consiste una sessione? ll protocollo Tabata si struttura in serie da otto ripetute della durata di 20 secondi l’una al massimo dell’intensità, alternate a recuperi passivi della durata di 10 secondi ciascuno, per un totale di quattro minuti. Detto così sembra semplice, ma non lo è. Vediamo allora alcuni aspetti importanti. Innanzitutto l’attrezzatura: il protocollo originale è nato sul cicloergometro ma si possono utilizzare anche attrezzi come tapis roulant, step, ellittiche etc. o farlo

anche a corpo libero. Sono sconsigliati invece sovraccarichi esterni (bilancieri, manubri etc.) poiché l’obiettivo è stimolare il metabolismo aerobico ed anaerobico attraverso movimenti “fluidi” senza cambi di ritmo bruschi che potrebbero imporre forzature rischiose a livello di articolazioni, tendini, legamenti e muscoli. Un altro aspetto fondamentale è il riscaldamento con una preparazione adeguata e graduale allo sforzo. Allo stesso modo importante è anche la fase post. Durante i quattro minuti di lavoro, infatti, il corpo contrae un debito d’ossigeno molto rilevante (si stima un valore di massimo consumo di ossigeno - VO2 Max - del 170%); diventa quindi fondamentale un defaticamento con lavoro aerobico a bassa intensità, della durata di almeno 10-15 minuti, per facilitare uno smaltimento ottimale del lattato prodotto ed accumulato, abbassare gradualmente la frequenza cardiaca e “pagare” il debito d’ossigeno. Quali benefici offre questo tipo di attività? Il Tabata è un ottimo metodo per ottimizzare le performance di at-

Per un circuito completo di Tabata training, è necessario impostare una sequenza di esercizi alternando quelli per la parte alta del corpo (braccia, spalle, schiena, dorsali, pettorali etc.) a quelli per la parte bassa (quadricipiti, femorali, adduttori, glutei). Si può scegliere praticamente qualsiasi esercizio senza attrezzi: squat, running, burpees, saltelli, flessioni, plank, affondi, addominali crunch etc..

40 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

Esercizio leti di varie discipline sportive sia individuali sia di squadra (sport da combattimento, ciclismo, atletica leggera, calcio, basket etc.). Diversi studi hanno dimostrato come in sole sei settimane i gruppi di atleti che hanno utilizzato questo metodo hanno migliorato marcatamente i valori di soglia anaerobica con conseguente aumento della potenza aerobica e delle capacità anaerobiche. Altri studi hanno determinato il costo energetico durante e post esercizio: uno di questi ha coinvolto 15 individui la cui spesa calorica è stata misurata prima, durante e 30 minuti dopo un allenamento di Tabata attraverso il monitoraggio del consumo massimo di ossigeno. I risultati hanno mostrato che i partecipanti consumavano 13,5 calorie al minuto e che a distanza di 30 minuti, il tasso metabolico di ogni individuo era doppio rispetto allo stato prima l’allenamento. Sempre a proposito di calorie, ci vorrebbe cinque volte la quantità di esercizio cardio classico, come ad esempio una camminata intensa di 20 minuti, per bruciare lo stesso numero di


INVENTATO DA UN MEDICO Tabata nasce nel 1996, a Tokyo, nell’ambito di una ricerca scientifica condotta dal dottor Izumi Tabata e dalla sua équipe con l’obiettivo di trovare il modo migliore per avere il massimo condizionamento dei meccanismi aerobici e anaerobici.

Recupero calorie che vengono consumate in quattro minuti di Tabata. Quindi è efficace anche per dimagrire… Nonostante gli effetti del Tabata sul dimagrimento non siano mai stati dimostrati da ricerche dirette, riscontri positivi sono stati ottenuti in molte ricerche scientifiche dall’applicazione dell’High Intensity Interval Training, di cui il Tabata fa parte. In particolare spesso i risultati si sono rivelati superiori all’attività aerobica tradizionale a moderata intensità, sia per quanto riguarda il dispendio calorico e lipidico nel post-allenamento fino a 24 ore

sia in termini di effettivo dimagrimento. L’esercizio cardio ad alta intensità, inoltre, influisce in positivo anche sul profilo ormonale, poichè contribuisce ad alzare i livelli di ormoni lipolitici (che favoriscono la riduzione del grasso) - come il GH (l’ormone della crescita) e le catecolamine (adrenalina e noradrenalina) – impedendo l’elevazione del cortisolo. Ma lo possono praticare tutti? Tabata è adatto solo ad atleti o sportivi con un buon grado di allenamento. A tutte le persone che non rientrano in queste due “categorie” è vivamente consi-

gliato non avventurarsi in questa pratica poiché potenzialmente pericolosa, oppure farsi seguire da un personal trainer in modo da avvicinarsi gradualmente e dopo un periodo di preparazione. Esiste comunque anche una versione più “fitness”, comune nelle palestre, più accessibile.

GIACOMO STRABLA Personal Trainer A Telgate (BG)


IN FORMA

BELLEZZA

Cura dei capelli a casa Istruzioni per l’uso ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Finalmente i parrucchieri hanno aperto, dopo mesi in cui ci si è dovute arrangiare in casa da sole con tinte e tagli improvvisati. Ma se per alcune la cura dei capelli casalinga è solo un ricordo, per altre - tra lavoro, figli a casa da scuola, impegni che ricominciano - l’appuntamento con il parrucchiere potrebbe essere ancora un miraggio. Ecco allora i consigli di AIDECO (Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologia) per prendersi cura dell’aspetto e della 42 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

salute dei capelli, senza causare danni e senza brutte sorprese.

ATTENZIONE A “SPERIMENTARE” PRODOTTI MAI USATI, COME TINTURE E PRODOTTI LISCIANTI Cambiare il colore dei capelli o semplicemente “ritoccare” la ricrescita alla radice: se non è consuetudine tingersi i capelli home made, soprattutto la prima volta l’attenzione deve essere massima, sia nel seguire attentamente istru-

zioni d’uso e avvertenze riportate in tutte le confezioni di prodotto, sia nella scelta del colore che acquistiamo. È meglio non testare un colore completamente diverso da quello preesistente, così da evitare di ritrovarsi con risultati “improbabili”: capelli tendenti al verde o al rosa sono, a meno che non fosse l’obiettivo che si voleva raggiungere, gli effetti di scelte sbagliate nella nuance, non tono su tono. Qualora il desiderio fosse di sperimentare un “liscio perfetto”, volendo provare


l’uso di prodotti liscianti a base di cheratina, le precauzioni devono essere ancora più importanti. Questo trattamento non è molto semplice da eseguire in casa perché prevede diversi passaggi da effettuare con attenzione, compreso l’uso di una piastra lisciante. Anche in questo caso, se proprio si vuol far da soli, vanno selezionati prodotti di qualità e seguite molto attentamente le avvertenze e le istruzioni per l’utilizzo. È bene ricordare infine che questi prodotti devono essere evitati da soggetti sensibilizzati ad alcuni dei loro componenti e usati con cautela dalle persone predisposte all’insorgenza di allergie.

TAGLIO DA RIFARE? MEGLIO REINVENTARE L’ACCONCIATURA Effettuare da soli un taglio di capelli non è semplice, al massimo si può “osare” accorciando la frangia con il vecchio sistema di attorcigliarla da bagnata nella sua lunghezza sulla fronte e fare un taglio netto con forbici ben affilate. Attenzione però a

non esagerare nell’accorciarla: una volta asciutta la lunghezza della frangia sarà inferiore che da bagnata. Utile è anche ricorrere a forme di “acconciatura” e raccoglimento dei capelli. Meglio affidarsi all’uso di fermagli ed elastici morbidi, seguire magari “tutorial” on line che suggeriscono procedure e modalità diverse secondo la lunghezza dei capelli e reinventare un nuovo modo di vivere la capigliatura.

SHAMPOO SPECIFICO E BALSAMO PER CAPELLI SANI E A PROVA DI NODI Con l’arrivo del caldo si tende a toccare di più i capelli e quindi a “sporcarli”. Lavandoli più frequentemente, gli esperti AIDECO consigliano di usare dei prodotti di comprovata qualità e possibilmente specifici per la tipologia dei capelli e cuoio capelluto. È importante anche districare i capelli con delicatezza per evitare di spezzarli, oltre a usare delle spazzole e dei pettini adatti, si consiglia l’applicazione di maschere e balsami, che creano una sorta

di pellicola protettiva che facilita il passaggio della spazzola.

SÌ ALL’ASCIUGATURA AL NATURALE Buona abitudine è asciugare la capigliatura quanto più possibile in modo naturale. Dopo averli ben tamponati con un asciugamano, senza strofinarli per evitare di creare quell’antipatico effetto elettrostatico, si può usare il phon solo per qualche minuto (per togliere l’acqua in eccesso, evitando comunque di utilizzarlo con il calore eccessivo), lasciando poi terminare l’asciugatura all’aria o con l’uso di un diffusore a temperatura e ventilazione bassa. Altrimenti, che sia phon, piastra o arriccia-capelli, prima dell’asciugatura è molto utile applicare un prodotto che protegga i capelli dal calore, il cosiddetto “termoprotettore”: una volta applicato su tutta la lunghezza della fibra capillare protegge le cuticole dal calore, conferendo ai capelli anche maggiore luminosità e brillantezza.

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Le Malattie Rare e le Reti di Assistenza ∞  A CURA DI ATS BERGAMO

Si stima che nel mondo siano affetti da malattie rare circa 300 milioni di persone: in Europa sarebbero circa 30 milioni e in Italia circa 2 milioni (dati Orphanet Italia). In Europa una malattia si definisce rara se colpisce non più di 5 individui ogni 10mila persone. Esistono migliaia di malattie rare: attualmente il numero di quelle conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000, cifra destinata a crescere con l’avanzare delle conoscenze scientifiche e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica. Il 28 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Promotrice dell’iniziativa è l’Alleanza Europea EURORDIS (Rare Desease Europe), Organizzazione europea che rappresenta le circa 900 Associazioni di pazienti affetti da malattie rare presenti in tutta Europa, il cui obiettivo è sensibilizzare la popolazione sulle problematiche di tali malattie che rappresentano un’importante priorità per i Sistemi Sanitari di tutti gli Stati del Mondo perché nonostante la “rarità” i malati sono tanti. Le malattie rare possono manifestarsi in tutte le età della vita: nell’80% dei casi coinvolgono l’età 50 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

pediatrica nella quale sono più frequenti le malformazioni congenite, le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione, del metabolismo e i disturbi immunitari. Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso e degli organi di senso, del sangue e degli organi ematopoietici. Nel 72% dei casi le malattie rare hanno origine genetica, per la restante percentuale riconoscono cause infettive, virali o batteriche, allergiche, ambientali o sono tumori rari. Pur essendo molto diverse tra loro, sono caratterizzate dall’essere molto gravi, croniche, ad andamento progressivo, altamente invalidanti, accomunate da problemi legati al ritardo nella diagnosi, alla mancanza di cure e al forte carico assistenziale. Ignorati per molto tempo, privati della dignità di malati e di persone, abbandonati alla sola cura dei familiari, i pazienti affetti da malattie rare godono oggi di maggiore considerazione da parte della comunità scientifica e delle istituzioni politiche. Infatti, nonostante le difficoltà legate agli aspetti clinici e sociali, da qualche anno si è fatta strada nella

comunità scientifica la consapevolezza che è solo dalla condivisione delle scoperte scientifiche che si progredisce nella realizzazione di iniziative mediche, sociali ed istituzionali tali da rendere più dignitosa la vita di queste persone. Sono nate, quindi, a livello mondiale le reti di collaborazione nella ricerca scientifica come la International Rare Disease Research Consortium (IRDiRC) e la Undiagnosed Desease Network International (UDNI). In Europa nel 2017, su indicazione della Direttiva Europea n. 24/2011/EU che sancisce il diritto dei malati all’assistenza transfrontaliera, la Commissione Europea ha istituito l’European Reference Network (ERN), il cui obiettivo è quello di facilitare la condivisione tra gli operatori sanitari dei Paesi Europei di conoscenze scientifiche e genetiche, di esperienze cliniche diagnostiche e terapeutiche atte a migliorare l’assistenza dei malati rari. Sono reti virtuali, che riuniscono strutture ospedaliere di eccellenza di tutta Europa (circa 300 ospedali riuniti in 24 reti), tra le quali non viaggiano i pazienti ma i dati clinici degli stessi che, con il loro


consenso e nel rispetto della normativa sanitaria di ciascun Paese di origine, permettono al medico che li ha in carico di condividere il caso con i colleghi di altri Stati. Ne nasce un passaggio di conoscenze che facilita la diagnosi e l’applicazione di idonei e innovativi protocolli terapeutici e riabilitativo-assistenziali. L’Italia partecipa con 63 presidi ospedalieri di eccellenza a 23 reti e ne coordina 3. Anche l’A. O. Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha aderito alle ERN. Con il Decreto Ministeriale n. 279 del 18 maggio 2001, in Italia è stata istituita la Rete Nazionale Malattie Rare la cui attività si esplica nell’ambito della diagnosi, della terapia, della prevenzione, della sorveglianza, dell’informazione e della formazione. È organizzata sul modello di una rete di servizi che, partendo dal Centro di Coordinamento Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, si snoda attraverso i Centri di Coordinamento Regionali e i Presídi della Rete Malattie Rare (PRMR). Il Centro di Coordinamento della Rete per le malattie rare della Regione Lombardia è il Centro di Ricerche Cliniche per le malattie

rare Aldo e Cele Daccò dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, la cui funzione è coordinare e gestire il Registro Regionale delle malattie rare, lo scambio di documentazione sulle malattie rare con i Centri di Coordinamento Regionali e con gli organismi internazionali competenti, il coordinamento del Presídi della Rete regionali, offrire consulenza ai medici del Servizio Sanitario Nazionale in ordine alle malattie rare, collaborare alle attività di formazione e prevenzione, fornire informazioni ai pazienti e ai loro familiari. I PRMR sono strutture ospedaliere accreditate, individuate dalle Regioni quali centri di esperienza nella diagnosi e cura di specifiche malattie rare o gruppi di esse, dotate di servizi di supporto o complementari, come quelli necessari all’indagine genetica e alla gestione delle emergenze, collegati, in base alle leggi regionali e a protocolli concordati con i centri di coordinamento, con i servizi territoriali e con i medici di famiglia nella gestione dei malati rari.

sistenza sanitaria e socio-sanitaria, le Associazioni di Volontariato e notizie varie. Dai dati derivanti dalle esenzioni ticket rilasciate nel 2019 a pazienti affetti da malattie rare, risulta che in provincia di Bergamo sono affetti da tali patologie 7.627 persone, un numero, purtroppo sottostimato per diverse ragioni tra cui la difficoltà di giungere alla diagnosi di certezza per molte patologie rare, la mancanza di codice di esenzione perché nell’elenco ministeriale (DPCM del 12 gennaio 2017, allegato 7) sono contemplate solo una piccola parte di tali patologie, per errori nell’inserimento dei dati ed altro. Ad ogni modo, da quanto esposto, si può affermare che, a differenza del passato, nonostante le difficoltà che caratterizzano le malattie rare, i pazienti sono oggi più seguiti e che, dopo tante lotte, si è finalmente messa in moto un’organizzazione che fa ben sperare e dire “Rari, sì, ma non più soli”!

Nelle ASL italiane operano servizi informativi sulle malattie rare. Presso l’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo, costituisce un punto di riferimento per i pazienti, per i familiari e per gli operatori sanitari il Nucleo Informativo Malattie Rare (NIMR), il cui compito è offrire informazioni sui Centri di diagnosi e cura, sul percorso per ottenere l’esenzione ticket e relativi benefici, sull’erogazione di farmaci, integratori, presidi e ausili protesici, nonché per le informazioni sull’asMaggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 51


RUBRICHE

ALTRE TERAPIE

Alghe

Dal mare uno scrigno di cosmetici, integratori e principi attivi

∞  A CURA DI LELLA FONSECA

Quando pensiamo alle alghe generalmente ci ricordiamo quelle nere filamentose o verdi simili alla lattuga che troviamo sulle spiagge d’estate oppure quelle che osserviamo nei corsi di acqua dolce di fiumi e canali, o, ancora, quelle simili a lunghi nastri scuri che abbiamo visto in tanti documentari marini. Il professor Massimo Valverde, specialista in Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia ci apre le porte sul mondo poco noto delle applicazioni e della ricerca su questi organismi acquatici.

Professor Valverde, in realtà le alghe non sono solo questo... È vero, le alghe fanno parte di un preciso “ordine biologico“ del regno vegetale formato da un numero enorme, ancora oggi imprecisato, di diverse specie, con dimensioni che vanno da organismi ultramicroscopici a macroscopici come quelle citate. Facendo un’estrema semplificazione si possono paragonare le alghe nell’ambiente acquatico ai funghi nell’ambiente terrestre (che tuttavia non appartengono al regno vegetale ma a quello specifico dei “Fungi”).

PROF. MASSIMO VALVERDE Specialista in Patologia della Riproduzione Umana, Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo

Entrambi i gruppi hanno origine antichissime, dopo i batteri ed i virus rappresentano gli organismi più antichi comparsi sul pianeta e sono accomunati da un’incredibile diversità biologica. Negli ultimi anni l’interesse della ricerca verso le alghe è aumentato, perché?

Cosmesi antica e moderna Nel bacino del Mediterraneo sin dal tempo dei Greci e dei Romani alcuni tipi di alghe venivano utilizzate a fini cosmetici dalle signore dell’epoca sia applicandole direttamente sulla cute sia usandone la polvere una volta che fossero state disseccate al sole. Risulta inoltre che le consumassero fresche o le assumessero come “proto-integratore” alimentare, sotto forma di estratto dopo averle sottoposte a un primitivo processo di estrazione in alcool (vino). Oggi le alghe vengono principalmente utilizzate in cosmetica come trattamento anti-age, protezione dai danni dei raggi-UV e prevenzione delle macchie della pelle e per questo sono indicate soprattutto nel periodo estivo di maggiore esposizione solare.

52 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020


Le alghe (come i funghi) nel corso della loro evoluzione e del loro adattamento agli ambienti naturali che progressivamente hanno colonizzato, hanno sviluppato un numero infinito di particolarità bio-metaboliche per sopravvivere sia all’ambiente circostante sia agli altri esseri viventi loro competitori. Studiandole ci si rende conto della raffinatezza e della specificità delle difese che hanno messo in atto, la cui efficacia ha reso possibile la sopravvivenza di questi organismi attraverso le ere. Le “armi biologiche“ sviluppate per ragioni di sopravvivenza dalle alghe si sono rivelate utili sia in campo umano sia agronomico e zootecnico. Solo dagli anni ‘80 del secolo scorso in poi la ricerca scientifica e le aziende farmaceutiche hanno incominciato a valutare le potenzialità farmacologiche delle alghe. Grazie a queste ricerche è stato possibile individuare alcune famiglie di alghe, sia microscopiche che macroscopiche, in grado di fornire principi attivi le cui potenzialità spaziano da caratteristiche disinfettanti ed antibiotiche sino a giungere alla capacità di interferire su meccanismi organici più complessi. Potrà trarne benefici ad esempio “l’universo” delle malattie umane di tipo autoimmune come la Psoriasi, l’Artrite Reumatoide, il Morbo di Crohn, il

Diabete e la Sindrome di Sjoegren etc. o delle malattie definite “orfane” che spesso si presentano solo in qualche individuo per milione. Le ricerche sulle alghe si scontrano con la difficoltà di mantenere in vita e poter studiare a fondo in laboratorio questi organismi, soprattutto le alghe microscopiche, che normalmente vivono in mare aperto, a volte in condizioni assolutamente critiche di pressione, temperatura, illuminazione, concentrazione di ossigeno e di altri gas o microelementi. Ancor più complesso in un sistema artificiale è riprodurre la presenza di altri organismi viventi che convivono e interagiscono con le alghe studiate. In molti casi nella storia della farmacologia sono stati individuati composti naturali isolandoli con grandi sforzi da organismi vegetali o animali in quantità tali da poterne verificare gli effetti terapeutici e, dopo che la loro efficacia è stata dimostrata, l’industria farmaceutica ha messo a punto processi di sintesi per poterli produrre su larga scala, rendendo il loro costo accessibile. Gli studi sulle alghe e su altri organismi altro non sono che la base di partenza per lo studio e la messa a punto di una miriade di farmaci sintetici cosiddetti “biologici“, con i quali si cerca di trattare le singole patologie riducendo il più possibile gli effetti

collaterali sgraditi. Ad oggi diversi estratti naturali, depurati e titolati, di alcune alghe rappresentano già in modo sperimentale e non tossico una possibile risposta scientificamente validata per opporsi a diverse patologie ampiamente diffuse. Al di là della ricerca le alghe sono già una realtà sugli scaffali di farmacie e supermercati... Nei paesi orientali le alghe sono da sempre consumate come alimento, apprezzate per la loro concentrazione di sali minerali e di grassi. In tempi più recenti si sono affermate in occidente, ma difficilmente vengono portate in tavola, in genere si preferiscono gli estratti di alcune tipologie di alghe macroscopiche utilizzati in campo cosmetico e dimagrante. Gli estratti preparati da alghe microscopiche costituiscono basi alimentari proteiche ed entrano nella composizione di integratori alimentari impiegati soprattutto nel dimagrimento. Tra queste alghe microscopiche probabilmente la più nota è la Spirulina, alga azzurra monocellulare dalla quale si ottiene una polvere verde scura, utile per coadiuvare un’alimentazione appropriate destinata sia ad abbassare il livello di colesterolo e di triglicerici nel sangue e sia a normalizzare la pressione arteriosa.


RUBRICHE

GUIDA ESAMI

Biopsia cutanea Quando serve e come si esegue

∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

La “biopsia cutanea” consiste nel prelievo di una porzione di pelle con una lesione di cui si vuole chiarire la natura, a cui segue l’invio a un laboratorio di anatomia patologica così da otte-

DOTT. LUIGI NALDI Specialista in Dermatologia Unità Complessa di Dermatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza Centro Studi GISED, Bergamo

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nere una precisa definizione diagnostica utile a prendere successive decisioni terapeutiche. Nella maggior parte dei casi, è il dermatologo a decidere sull’opportunità di ottenere una biopsia cutanea ed è lo stesso dermatologo a eseguire la procedura, con tecniche diverse in funzione del problema in esame. Ma in quali casi può essere indicata? E come si esegue? Ne parliamo con il dottor Luigi Naldi, dermatologo. Dottor Naldi, quali sono le patologie della pelle che si possono individuare con la biopsia cutanea? Le condizioni patologiche che possono richiedere l’esecuzione di una biopsia sono svariate. Le biopsie parziali, cosiddette biopsie incisionali, sono più frequentemente eseguite di fronte a patologie non

tumorali, orientando la diagnosi tra le oltre 2000 entità cutanee attualmente riconosciute. In presenza di lesioni sospette di essere tumori cutanei l’intervento ideale è, invece, l’asportazione completa della lesione con un adeguato margine, la cosiddetta biopsia escissionale. Tuttavia per lesioni di dimensioni superiori a qualche centimetro e in aree particolari come al viso, la biopsia di una porzione della lesione può servire a confermare la diagnosi così da pianificare i successivi interventi. In alcune malattie bollose autoimmuni, può essere utile eseguire una biopsia sulla cute sana alla periferia di una lesione che permetta di ricercare eventuali depositi di anticorpi con tecniche particolari. Quando, infine, si sospetti che una lesione pigmentaria diversa da un nevo


benigno sia un melanoma, si deve procedere, nella maggior parte dei casi, in due tempi. In un primo tempo si esegue l’asportazione completa della lesione con una biopsia escissionale. Questa asportazione permette all’anatomo-patologo di confermare la diagnosi e misurare il livello di eventuale invasione (il cosiddetto “spessore di Breslow”) delle cellule tumorali nei tessuti sottostanti all’epidermide, il derma e il sottocute. In un secondo tempo viene eseguito il cosiddetto “allargamento” che consiste nell’estendere l’asportazione di tessuto, attorno alla cicatrice della precedente asportazione, in funzione del livello di invasione documentato arrivando in profondità, di norma, fino alla fascia muscolare. Come avviene la procedura? La biopsia cutanea è, in genere,

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una procedura di piccola chirurgia ambulatoriale. Si esegue dopo aver informato adeguatamente il paziente riguardo ai motivi dell’intervento, alle procedure adottate e alla possibilità che rimanga una cicatrice. Vanno escluse eventuali allergie agli anestestici locali e va eseguita un’accurata raccolta d’informazioni sulla storia clinica e sui trattamenti in corso, con particolare attenzione per i farmaci anticoagulanti e gli anti-aggreganti piastrinici. L’esecuzione della biopsia non richiede preparazioni particolari del paziente né, in genere, la sospensione di farmaci. Il paziente viene fatto distendere su un lettino chirurgico, scoprendo l’area di cute da esaminare. L’area della biopsia viene infiltrata con un anestetico locale e, dopo pochi minuti, la procedura può iniziare senza che il paziente percepisca

dolore. Le modalità di esecuzione possono variare. > Biopsia incisionale: la più comune, si effettua con un bisturi che incide e asporta una porzione della lesione cutanea. > Biopsia con punch: si ottiene utilizzando un bisturi monouso, cilindrico, che consente di prelevare sezioni di cute circolari. È indicata quando è richiesto un piccolo frammento di tessuto. > Biopsia “shave” o “a piatto”: si può utilizzare per lesioni estese ma superficiali; avviene attraverso un taglio tangenziale della cute che asporta una lamina sottile di cute. > Biopsia escissionale: consiste nell’asportazione completa di una lesione e di una porzione del tessuto indenne circostante.


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GUIDA ESAMI

Per la riparazione della ferita servono alcuni punti di sutura che potranno essere rimossi dopo un tempo variabile, in genere, da una a due settimane, a seconda della sede di cute sottoposta a biopsia. Nel caso della biopsia shave non vengono utilizzati punti di sutura ma il fondo della lesione viene trattato con procedure che interrompano il sanguinamento e la riparazione dei tessuti avviene per cosiddetta “seconda intenzione”. Che precauzioni è bene prendere dopo l’esame per favorire la guarigione dalla ferita? Al termine dell’esame, e nei giorni successivi, si deve fare attenzione ai punti di sutura, evitare alcuni movimenti, proteggere e tenere asciutta l’area biopsiata. Raramente, si può avere dolore, sanguinamento o infezione. In questi casi è necessaria una rivalutazione da parte del medico. Come viene poi analizzato il tessuto prelevato? Il campione di tessuto prelevato con i diversi tipi di biopsia viene inviato in laboratorio dove è processato, tagliato in fettine sottili, colorato con modalità che permettono di

Indispensabile in caso di tumori della pelle I tumori cutanei sono i tumori, in assoluto, più comuni nell’uomo. L’incidenza aumenta con l’età e tali tumori sono rari nei soggetti di età inferiore a 18 anni. Alcuni tumori, come il carcinoma basocellulare e quello squamocellulare, crescono localmente e assai raramente possono dare metastasi. Altri, come il melanoma sono più aggressivi e richiedono una diagnosi precoce per evitare una disseminazione a distanza. L’autoesame che permette di cogliere variazioni nell’aspetto di lesioni preestistenti o di individuare la comparsa di nuove lesioni e il ricorso al medico in caso di lesioni sospette è il miglior modo per ottenere una diagnosi quanto più precoce. Le procedure diagnostiche di conferma comprendono: > esame clinico da parte di un medico esperto (in genere un dermatologo) che può avvalersi di tecniche di imaging come la dermatoscopia e la microscopia confocale; > asportazione chirurgica seguita dall’esame istologico.

evidenziare strutture specifiche o depositi di sostanze patologiche e analizzato al microscopio da un medico specialista in anatomia patologica. Sul pezzo istologico possono essere eseguite delle analisi biochimiche e/o genetiche specifiche. In alcuni casi, attraverso tecniche particolari come quella dell’immunofluorescenza possono essere ricercati anticorpi o altre molecole. Possono anche essere

Biopsia con punch

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eseguite colture per isolare batteri o funghi. Una volta completate le analisi, l’anatomo-patologo scrive un referto che contiene tutte le informazioni relative alle analisi e una sintesi diagnostica. In base ai risultati della biopsia sarà il dermatologo a prendere decisioni su come procedere discutendo con il paziente quanto emerso dall’esame istologico.


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Animali da compagnia e nuovo coronavirus: quali rischi ci sono? ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

«Il ruolo del medico veterinario è tutelare la salute e il benessere animale, ma in primis la salute dell’uomo, prevenendo le zoonosi, ovvero le malattie trasmesse dagli animali all’uomo. Un ruolo fondamentale, considerato che il 70% delle malattie infettive emergenti che minacciano l’uomo originano da una trasmissione interspecifica, cioè tra specie diverse da animale a uomo. Basti pensare all’AIDS dalla scimmia, all’Ebola e alla SARS dal pipistrello, alla MERS dal dromedario fino ad arrivare ad oggi al nuovo coronavirus per cui è sospettato il pipistrello». Chi parla è il dottor Stefano Cattaneo, medico veterinario specialista in sanità pubblica veterinaria. Lo abbiamo incontrato per rispondere ad alcune domande che in questo periodo in molti si sono posti, pri-

ma fra tutte “le persone possono contrarre l’infezione da nuovo Coronavirus dagli animali?”. Dottor Cattaneo, i nostri animali domestici possono essere veicolo di contagio? Riguardo all’attuale epidemia da coronavirus l’Organizzazione Mondiale della Sanità valuta basso il rischio di trasmissione dal cane, dal gatto o dai comuni animali domestici all’uomo del coronavirus COVID-19. La dichiarazione si basa sull’assenza di evidenze scientifiche della presenza del coronavirus COVID-19 negli animali domestici e dal fatto che nella precedente epidemia della SARS, anch’essa causata da un coronavirus, non ci sono state trasmissioni uomo-animale domestico e viceversa.

I giornali hanno riportato il caso di un volpino di Hong Kong risultato positivo al virus. Come si spiega? Ci sono stati diversi casi di positività al coronavirus non solo nel cane,

DOTT. STEFANO CATTANEO Medico Veterinario Specialista in sanità pubblica veterinaria Libero professionista presso Ambulatorio Veterinario Città di Albino

Maggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 59


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ANIMALI

Il concetto di “eliminatore persistente di virus” è fondamentale per capire il salto di specie: solo se ho un animale che elimina grandi quantità di virus, senza che sia bloccato dal sistema immunitario e senza che l’animale si ammali (e muoia) ci sono le condizioni favorevoli perché il virus possa mutare e aumentare le probabilità che venga trasmesso e si adatti ad un’altra specie” ma anche in alcuni gatti in diversi parti del mondo. La positività a un singolo tampone non dimostra la trasmissibilità della malattia all’animale, perché può essere semplicemente una contaminazione. Possiamo parlare di trasmissibilità in presenza di tamponi positivi prelevati in più momenti, e di sieroconversione (presenza di produzione di anticorpi, segno di attivazione delle difese immunitarie e quindi di un’effettiva infezione). Allo stato attuale delle indagini non è stata dimostrata la presenza dell’infezione nel cane e nel gatto, anche se estese indagini sierologiche sono ancora in corso e la situazione è costantemente monitorata. In attesa di ulteriori dati, è bene mantenere un minimo di cautela e attenersi alle buone misure di igiene nel trattare i nostri beniamini (lavarsi le mani dopo contatto) e, se si è stati contagiati, evitare contatti anche con gli animali. Ma non è possibile che si verifichi il cosiddetto “salto di specie”? L’altissima contagiosità dimostrata dal Covid-19 nell’uomo porta ad essere ora molto cauti nell’escludere completamente la possibilità del salto di specie anche nel cane e nel gatto, tant’è che la famosa virologa italiana Ilaria Capua ha raccomandato una stretta sorveglianza, perché potrebbe essere la prima epidemia ad evolvere in panzoozia. Fortunatamente il salto di specie in realtà non è così semplice, perché presuppone una serie complessa 60 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

di trasformazioni che anche nei virus, che hanno tassi altissimi di evoluzione (in particolare gli RNA virus come il coronavirus e il virus dell’influenza), non avviene così frequentemente. Basti pensare che i coronavirus sono presenti nel cane, dove causano enteriti, e nel gatto, in cui provocano una grave malattia, la peritonite infettiva felina, con tassi molto alti di mortalità, eppure per ora non è mai avvenuto il salto di specie da cane o gatto a uomo. Come è possibile, nonostante la stretta convivenza, che non avvenga questo passaggio? Una risposta ce la fornisce la filogenetica, ovvero lo studio dell’evoluzione degli organismi viventi, dalla quale si evidenzia nell’evoluzione dei virus e nel passaggio dagli animali all’uomo la frequente presenza dei pipistrelli, animali che dispongono di un particolare sistema immunitario, per cui rimangono asintomatici pur essendo eliminatori persistenti di virus, particolarità che li rende i serbatoi di numerosi virus emergenti favorendo, a differenza del cane e del gatto, il salto di specie, perché vengono eliminate grande quantità di virus e aumentano le probabilità che il virus muti e si adatti ad una nuova specie. La deforestazione che ha messo in contatto con l’uomo specie prima isolate, la globalizzazione con l’aumento dei movimenti di popolazioni e i grandi mercati con assembramento di molte specie

differenti di animali hanno favorito poi la diffusione recente di questi virus. Il passaggio di specie è un evento complesso e quindi non frequente, di cui si dispongono notevoli conoscenze (la virologia ha identificato numerosi recettori cellulari a cui i virus si legano e ha ricostruito la filogenetica di molti virus), ma non sufficienti per una previsione esatta della possibile evoluzione di questi virus. Lo esemplifica bene la complessa epidemiologia di un altro virus,

L’Osservatorio Regionale Attivo dal 1993, l’Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regione Lombardia è preposto alle azioni di sorveglianza e controllo delle malattie degli animali, delle zoonosi e della sicurezza alimentare, svolge un’azione continua di studio e di monitoraggio in un’ottica “One Health”, un approccio interdisciplinare che muove dal principio guida che la salute dell’uomo è legata alla salute degli animali e dell’ambiente. La struttura è dotata di sistemi informativi sanitari e geografici (Gis) che permettono un tempestivo intervento in caso di malattie animali notificabili.


contro cui annualmente dobbiamo combattere, il virus dell’influenza, un virus che evolve molto rapidamente. In questo caso sono gli uccelli la riserva del virus, in particolare del virus dell’influenza tipo A: anche loro presentano infezioni asintomatiche che permettono l’accumulazione di mutazioni e poi una rapida diffusione dei nuovi virus attraverso le annuali migrazioni e attraverso gli uccelli domestici (pollo, anatra e oca) e la trasmissione all’uomo.

Cane e gatto possono ammalarsi di queste malattie? Per ora in Europa questo rischio non sussiste, anche se bisogna rilevare che negli Stati Uniti è avvenuta la trasmissione dell’influenza equina dal cavallo al cane con numerosi focolai con mortalità elevata e sono segnalati alcuni casi in Cina di passaggio dell’influenza aviara al gatto. Non è escluso, quindi, che possa avvenire il passaggio del virus dell’influenza al cane e al gatto. Questa è la ragione per cui è

sempre fondamentale un continuo monitoraggio della situazione attraverso l’Osservatorio Epidemiologico Veterinario che in passato è dovuto intervenire anche con misure drastiche (abbattimento di tutti i capi di allevamenti infetti), per preservare la salute umana e limitare le ingenti perdite economiche legate all’influenza aviaria. Possiamo preservare la salute dell’uomo unicamente tutelando anche la salute degli animali e dell’ambiente in cui viviamo.

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NEWS viverelastomia.it la prima web app sviluppata come dispositivo medico CE È da poco online www.viverelastomia.it, la nuova web app sviluppata da B. Braun, in stretta collaborazione con Tecnopolo Mario Veronesi di Mirandola di Fondazione Democenter SIPE e con il sostegno di A.I.O.S.S. (Associazione Tecnico Scientifica di Stomaterapia e Riabilitazione del Pavimento Pelvico) e F.A.I.S. (Federazione delle Associazioni Incontinenti e Stomizzati). Obiettivo: offrire supporto e migliorare la vita delle persone stomizzate e dei loro familiari. Si tratta di un portale informativo ricco di articoli, idee, spunti e consigli per affrontare i diversi aspetti della vita con la stomia. A garanzia della sicurezza, veridicità e affidabilità dei contenuti, Viverelastomia.it è un Dispositivo Medico CE. All’interno del portale è presente un “Blog”, curato da esperti del settore, con argomenti pratici e spunti sempre nuovi – quasi un diario di vita quotidiana da condividere con chi vive questa condizione, ma anche un prezioso servizio di consulenza attraverso la funzionalità “Parla con lo specialista”. Infine è possibile trovare consigli utili anche di persone stomizzate che vivono la stessa condizione con le quali scambiarsi esperienze.

“Covid ergo sum. La pandemia racconta gli Infermieri” Sarà disponibile dal 2021, ma può essere prenotato fin da ora “Covid ergo sum. La pandemia racconta gli Infermieri“, libro scritto dall’astigiana Laura Binello e dalla bergamasca d’adozione Cinzia Botter. Non un semplice libro ma una testimonianza che mette in parallelo Asti e Bergamo, due centri particolarmente colpiti, attraverso gli occhi di due infermiere che il coronavirus lo hanno combattuto giorno dopo giorno. Le due autrici, nell’arco di 60 giorni, hanno raccolto e documentato storie di cura, testimonianze di malati, disperazione di parenti e, spesso, anche impotenze dei sanitari alle prese con un’emergenza mai vissuta prima. Il viaggio inizia in pieno lock down e termina allo sblocco parziale in una sorta di staffetta narrativa tra infermieri e assistiti e il mondo che gravita intorno, collaboratori, istituzioni. Il ricavato delle vendite del libro servirà a finanziare un progetto formativo destinato a infermieri studenti.


A Bergamo il progetto per portare a oltre 2.000 il numero di tamponi giornalieri processati Durante questi mesi di grave emergenza, il Rotary Distretto 2042 ha lavorato a stretto contatto con l’intera struttura sanitaria lombarda e soprattutto con l’ATS di Bergamo e l’ASST Bergamo Est. Una collaborazione che ha portato alla nascita e allo sviluppo di un nuovo progetto grazie al quale è possibile un incremento della capacità di processare tamponi da parte dell’intero sistema sanitario regionale. Il Distretto Rotary 2042, avvalendosi della competenza e della collaborazione dell’ASST Bergamo Est, con Porsche Consulting e Multiply Labs (una start up con sede negli USA, ma creata da giovani bergamaschi), in accordo con la ATS di Bergamo, ha promosso così un progetto pilota per la sperimentazione di

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tecnologie innovative e di modalità organizzative capaci di rivoluzionare i processi operativi delle strutture di laboratorio. La sperimentazione è stata condotta in stretto collegamento con la Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia e con l’Unità di Crisi regionale. Attraverso tali tecnologie, i laboratori saranno in grado di processare oltre 2.000 tamponi al giorno, un servizio senza precedenti, a disposizione per il momento della provincia di Bergamo. In questa prima fase di test, Transearch International, società di Executive Search milanese, supporterà ASST nel reclutamento del personale necessario alla buona riuscita del progetto. «Il progetto può essere esteso a tutta l’Italia con il vantaggio

di potersi sviluppare in modo modulare, quindi economicamente più accessibile per numerosi laboratori. L’idea di fondo è quella di integrare robotica e digitalizzazione per accelerare i processi di analisi e tracciare in modo univoco i dati, e garantire l’affidabilità dell’intero sistema» afferma Josef Nierling, AD di Porsche Consulting che partecipa al progetto. “Ci auspichiamo che questa nuova azione non si limiti solo alla provincia di Bergamo, ma che possa essere estesa a tutta Italia. Questa operazione, in questo momento, è in grado di fare la differenza” conclude Giuseppe Navarini, Governatore del Rotary Distretto 2042.

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ONLUS

Telefono amico Bergamo oltre mille richieste di aiuto in un anno ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

«Nel 2018, grazie al prezioso supporto di 26 volontari, abbiamo gestito oltre mille richieste di aiuto, offrendo supporto, ascolto e attenzione a tante persone in difficoltà, ma per rendere il nostro servizio ancora più efficace e capillare abbiamo bisogno di ampliare il nostro team di “ascoltatori solidali”». Chi parla è il presidente di Telefono Amico Bergamo Alessandro Piscone, che traccia il bilancio dell’ultimo anno di attività del centro di ascolto di Bergamo. Attivo dal 1987, il servizio è sostenuto dall’Assessorato dei Servizi sociali del Comune, dalla Provin-

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cia e dalla Banca popolare di Bergamo. La città si è sempre dimostrata molto sensibile e attenta alle attività del centro: nel tempo si sono avvicendati oltre 170 volontari e i corsi di formazione per aspiranti volontari vengono organizzati ogni anno. «La maggior parte delle persone che quest’anno si sono messe in contatto con noi hanno chiesto supporto e ascolto ai nostri volontari per problemi connessi all’area del sé (48%), parlando di solitudine o di altri disagi esistenziali, ma abbiamo ricevuto numerose chiamate anche per problemi legati alle re-

LA RETE ITALIANA Telefono Amico Bergamo fa parte di Telefono Amico Italia, organizzazione di volontariato membro del comitato internazionale di Ifotes (International Federation of Telephone Emergency Service), l’organizzazione internazionale che riunisce le helpline (linee telefoniche di aiuto) in Europa e nel mondo.


lazioni con gli amici, il partner, la famiglia o i colleghi di lavoro. Le richieste di aiuto sono arrivate principalmente da uomini (59%) con età compresa tra i 46 e 65 anni (50%)». Telefono Amico Bergamo è uno dei 20 centri territoriali di Telefono Amico Italia, organizzazione di volontariato che si prende cura, al telefono e via mail, delle persone che hanno bisogno di aiuto, garantendo il totale anonimato. «A livello nazionale nell’ultimo anno abbiamo raccolto e gestito circa 50 mila richieste di sostegno, offrendo quasi 9mila ore di assistenza telefonica e ascolto» spiega la presidente nazionale di Telefono Amico Italia Monica Petra. Il servizio di ascolto di Telefono Amico (raggiungibile attraverso il numero unico 199.284.284 o attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito www.telefonoamico.it) è attivo 365 giorni all’anno dalle 10 alle 24. «L’attività dei volontari» sottolinea la presidente di Telefono Amico Italia «è molto delicata, per questo è previsto un corso teorico-pratico obbligatorio di circa sei mesi finalizzato a fornire a coloro che vogliono intraprendere questo percorso gli strumenti principali per instaurare e gestire una relazione di aiuto. I volontari, in particolare, rispondono alle telefonate e alle e-mail delle persone che hanno bisogno di aiuto, offrendo supporto attraverso l’ascolto empatico, il dialogo e la valorizzazione delle risorse interiori con l’obiettivo è restituire benessere emozionale alle persone in difficoltà, senza mai

esprimere giudizi, indipendente da ideologie politiche e religiose, e garantendo il totale anonimato». «Essere di supporto a chi vive momenti difficili non è affatto semplice in alcuni casi si fa fatica a trovare parole di conforto, ma

spesso chi vive un dolore molto inteso trae sollievo anche dal solo fatto di sentirsi capito e ascoltato. Sono molto felice di offrire a chi sta male un piccolo aiuto: facendo del bene, ci si sente davvero bene» racconta Antonio, storico volontario di Telefono Amico Italia

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TESTIMONIANZA

Un dolore al gluteo che non passava per colpa dei denti ∞  A CURA DI LELLA FONSECA

Andrea ha 30 anni e lavora come disegnatore presso una piccola azienda di Caravaggio. Ha deciso di raccontare la sua storia, tra esercizi di sollevamento pesi e dolori, per testimoniare come i segnali che il nostro corpo ci invia non vadano trascurati e come in qualche caso possano essere risolti in modi che non ci aspetteremmo. Già, proprio così. Tormentato da un dolore persistente al gluteo, Andrea le prova tutte: massaggi, farmaci di diverso tipo. Ma il dolore non passa. Finché, grazie a un osteopata e a un odontoiatra (sì, proprio un dentista!), riesce a trovare la soluzione al suo problema. Nel 2017 Andrea, che dall’età di 9 anni aveva praticato nuoto agonistico, si ritrova in sovrappeso e decide di praticare crossfit da autodidatta in casa per rimettersi in forma. Utilizza degli “allenamenti a circuito” senza attrezzi. Con il tempo sente il bisogno di aggiungere qualche peso e attrezzatura da palestra per rendere più efficace l’allenamento e quando trova un’occasione compra una panca regolabile, un bilanciere e circa 140 kg di pesi con cui comincia a prendere confidenza. «Sempre da autodidatta mi sono documentato sugli allenamenti in modo da poterli gestire autonomamente: mi allenavo 6/7 giorni a settimana, alternando sedute da due ore e mezza a sedute da un’ora nel garage di casa, estate e inverno, con le dovute precauzioni» rac-

conta Andrea. «Ho anche curato l’alimentazione fino ad arrivare in un anno a 74kg (perdendo circa 19kg). In quel momento ero arrivato a un massimale di squat di 120 kg, di panca piana 100 kg e un massimale di stacco da terra di 140 kg». Motivato dai risultati a luglio 2018 Andrea decide di iscriversi in palestra: i pesi a casa non sono più sufficienti e si sta appassionando

al mondo del powerlifting (sport da competizione in cui l’atleta esegue nove alzate nella giornata, tre di squat, tre di panca e tre di stacco da terra). «Un giorno in palestra, testando dei massimali per organizzare le schede di allenamento, ho cominciato a sentire un dolore al gluteo destro che mi ha seguito per un anno circa. Gli allenamenti in ottica powerlfting prevedono di lavorare con percentuali di carico dal 70-80% del massimale in su,


generando un forte stress alla struttura muscolo scheletrica e soprattutto al sistema nervoso centrale, per cui inizialmente non mi sono preoccupato troppo» ricorda Andrea. «Nei mesi successivi ho continuato a svolgere gli allenamenti nonostante il dolore pensando che comunque col tempo sarebbe passato, che fosse solamente un sovraccarico che il corpo avrebbe eliminato abituandosi ai carichi alzati, ma così non è stato. Ho sfruttato le ferie estive per prendermi una pausa dallo sport e così facendo il dolore è sparito, ma una volta tornato in palestra nel giro di due settimane è tornato a presentarsi come prima». Andrea prova a ridurre i carichi e correggere le esecuzioni degli esercizi fino che a dicembre 2018, durante un esercizio di stacco da terra, il dolore si ripresenta più forte del solito e si protrae anche durante le giornate successive, al di fuori dell’allenamento. «A questo punto ho consultato il medico che mi ha prescritto una risonanza magnetica al bacino, dalla quale non è emerso alcun problema, e una cura con farmaci miorilassanti e antinfiammatori che ha avuto un rapido effetto, ma che non risolveva completamente il mio problema. A gennaio 2019, appena ripresi gli allenamenti ricominciano lievemente i dolori. Decido di rivolgermi all’osteo-

pata Davide Pavanelli (osteopata di alcuni “colleghi” di palestra e della squadra di pallavolo Volley Bergamo): dopo alcune manipolazioni ed esercizi da fare a casa la situazione si sblocca, il dolore è meno forte anche se persistente. L’osteopata mi consiglia anche di fare una visita posturale e gnatologica perché durante le alzate la mandibola rimane serrata per lo sforzo quindi una malocclusione avrebbe potuto essere causa dei miei disturbi. Una manovra di “reset della mandibola” produce un effetto positivo immediato e in attesa della visita gnatologica comincio ad allenarmi con un pezzo di legnetto del ghiacciolo tra i molari del lato destro della bocca, riscontrando anche qui un miglioramento della situazione. Quando arrivo nello studio del dottor Maurizio Maggioni, odontoiatra specializzato in gnatologia e posturologia, ho dei massimali di squat di 150kg, di panca piana di 110kg e di stacco da terra di 155kg. Dopo aver valutato la mia situazione l’odontoiatra mi analizza e misura grazie a una pedana stabilometrica e un caschetto che legge l’ascensione del mio capo e del mio collo e verifica, con un arco facciale, che ci sono gravi interferenze di alcuni denti che mi spostano la mandibola. Estrae i quattro ottavi (i cosiddetti

denti del giudizio) e realizza un bite personalizzato; una placca studiata appositamente che mi rialza l’occlusione e mi obbliga a stare in quella posizione specifica, consumando meno energia e dandone di più per il mio esercizio; unica cosa la devo mettere almeno un’ora prima di allenarmi e gareggiare. Continuo gli allenamenti, aumentando i pesi e sentendo sempre meno dolore. Le visite posturali regolari confermano il miglioramento del mio assetto. Dopo circa sei mesi con il bite finalmente raggiungo con soddisfazione l’obbiettivo che mi ero posto entro fine anno: 170kg di squat, 120kg di panca e 200kg di stacco da terra, con un peso corporeo di circa 84kg!»

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

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TESTIMONIANZA

Ho vinto i pregiudizi con le mie canzoni e la sedia a rotelle Intervista a Federico Martello che sta avendo successo in tutto il mondo ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

«Quando canto sogno e voglio far sognare chi mi ascolta. È una gioia, un’emozione indescrivibile. Il mio canto per tutti voi… è il mio canto alla vita e un inno alla speranza». E senza pregiudizi, come quelli che è riuscito ad abbattere nella sua vita su una sedia a rotelle per la tetraparesi spastica, causata da un’asfissia da parto e peggiorata per un infortunio sul lavoro. Federico Martello, 37 anni, siciliano trapiantato a Verdello, ha reagito alla sua disabilità diventando più forte senza piangersi addosso. Lui canta e conquista il cuore del pubblico come ha fatto recentemente all’ultima edizione di “All together Now” su Canale 5, condotta da Michelle Hunziker e da J-Ax e subito dopo all’edizione russa. Non ha vinto la finale, ma ha strabiliato tutti con la sua voce che è una fusione perfetta di musica lirica, jazz e soul. «È stata una delle esperienze più belle della mia vita che mi ha permesso di abbattere ancora una volta il muro dei pregiudizi e le barriere architettoniche legati alla sedia a rotelle» ci racconta. «Non è facile per un disabile salire su un palco ed affrontare il pubblico in queste condizioni. Purtroppo in Italia, a differenza 68 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

di altri Paesi, spesso ci si ferma alle apparenze anziché guardare alla persona. Era dai tempi di Pierangelo Bertoli che non si vedeva cantare qualcuno sulla sedia a rotelle in prima serata tv. Purtroppo ho avuto tante esperienze negative che mi hanno reso sì più forte, ma anche più dubbioso. Spesso gli autori di altri talent cui partecipavo mi dicevano che ero bravissimo, che avevo una voce stupenda, un carisma notevole, ma non volevano fare pietismi in televisione». Federico però non si è mai perso d’animo. «Grazie a mamma e papà ho imparato che tutto quello che è negativo può essere trasformato in positivo. Da piccolo mi vergognavo e non volevo passare per la piazza del mio paese perché mi sentivo osservato, ma i miei genitori mi dicevano che non dovevo avere paura di nulla. Certo vivere con la disabilità non è una cosa facile ma è inutile piangersi addosso. Capire i propri limiti ed accettarli è fondamentale per crescere. Neppure una persona normodotata può sapere fare tutto. Per questo è importante convivere con i propri limiti. Parlo apertamente delle mie difficoltà e

delle mie vittorie: da punto debole ho fatto diventare la mia disabilità un punto di forza. Non mi arrendo mai, e grazie alla mia tenacia sono riuscito a realizzarmi nella vita, vivo da solo, guido l’auto, ho un lavoro e tante soddisfazioni”. La musica lo ha affascinato da sempre. “È una passione che ho avuto fin da bambino. Uno dei miei due fratelli più grandi di me suonava il basso e io lo ascoltavo sempre. Poi a 10 anni i miei mi hanno regalato una tastiera elettronica e da lì è cominciato il mio sogno». Nonostante i problemi dovuti alla disabilità Federico studia, si diploma ragioniere e e comincia la sua attività lavorativa a Palermo, poi si trasferisce a Siena dove vivono i suoi fratelli maggiori per iscriversi all’Accademia di musica diapason con l’insegnante Clara Cosci e partecipa ad alcuni concerti. Nel 2005 è a Milano per seguire l’Accademia di Canto Vocal Classes di Luca Jurman che frequenta tuttora e trova anche lavoro a Osio Sotto come sales manager in un’industria alimentare. Il canto è la sua dolce ossessione. Dal 2007 partecipa a un’infinita serie di festival conquistando premi su premi.


Tiene concerti in Italia e all’estero: Spagna, Gibilterra, America, Russia, Svizzera, Siberia. In Italia partecipa a spettacoli di beneficenza con la Peba onlus, l’associazione impegnata per l’abbattimento delle barriere e con l’Anmil onlus (associazione nazionale fra lavoratori e invalidi del lavoro). Spesso cantando brani di cui è anche autore come “Non esiste il destino”, tutti ispirati a momenti particolari della propria quotidianità. Quando lo intervistiamo nella sua casa di Verdello è appena tornato da Mosca dove si è esibito, con il solito successo, alla televisione russa, cantando anche in russo all’edizione moscovita di “All together Now”. «Il mio manager Giancarlo Cicolari, che per me è un fratello,

mi aveva iscritto sia all’edizione italiana sia a quella russa e con mia grande sorpresa sono stato scelto in entrambe arrivando alle finali». Adesso è impegnato come testimonial del Giro Handbike, il giro d’Italia per i diversamente abili. «Un grande onore per me», dice «e sono contento che ci sia qualcuno che crede sinceramente e ripone fiducia in me oltre ai miei amici e alla mia famiglia». Federico è davvero un martello: «Penso che per vivere bene con se stessi bisogna accettare che ci siano anche gli altri. Una persona può essere più adatta per un determinato ruolo ma non ce n’è una migliore in assoluto. Per questo a chi vuole intraprendere il mio percorso consiglio di essere autentico, una qualità che fa la differenza sia nel-

la vita personale e nel lavoro sia nel campo musicale. Io cerco di ”rappresentare un simbolo in più per tante persone. Ricordo una mia fan americana che aveva perso il marito ed era caduta in depressione e che, avendomi sentito cantare su My Space ,mi ha raccontato di essere rinata. Queste sono le cose che mi riempiono di orgoglio. O come quando ho conosciuto nella Repubblica Russa della Buriazia un’associazione composta interamente da persone su sedia a rotelle che mi dicevano “Grazie per quello che fai perché non è facile andare su un palco facendo capire che tu esisti al di là della tua disabilità». Tante emozioni, come quelle che riesce a trasmettere lui quando è sul palco con la sua inseparabile “amica” a rotelle.

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anche tu puoi diventare un anello fondamentale della Catena della Sopravvivenza. Il DAE è un dispositivo semplice e intuitivo, che tramite indicazioni grafiche e messaggi vocali ti guida passo passo nel soccorso, tu devi solo seguire le istruzioni. Al resto ci pensa lui...

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STRUTTURE

RSA BRAMANTE

RSA Bramante Approcci all’avanguardia e risposte concrete per l’utenza senior

La volontà di dare risposte concrete alle domande e ai bisogni della comunità attraverso servizi innovativi, accessibili e funzionali è da sempre l’obiettivo del gruppo toscano Edos, attivo nel settore socio-sanitario con 17 strutture in cinque regioni italiane dedicate all’accoglienza e all’assistenza di anziani e categorie fragili. Per quanto riguarda il panorama della Lombardia, precisamente nel bacino sanitario bergamasco, troviamo RSA Bramante: una struttura innovativa, immersa in un suggestivo parco di oltre 70 ettari e affacciata sulla collina di Pontida, in posizione strategica tra Bergamo e Lecco. 70 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2020

UNA FILOSOFIA DI CURA FATTA DI APPROCCI NON FARMACOLOGICI In RSA Bramante vengono quotidianamente proposti percorsi all’avanguardia e interattivi, dedicati alla cura individuale degli ospiti affetti da decadimento cognitivo e demenza senile. «Si tratta di progetti di équipe il cui focus è garantire un’efficacia ad ampio spettro per conservare o ripristinare, laddove possibile, le facoltà cognitive e motorie» osserva Roberta Zanardi, responsabile della struttura. «Il tutto attraverso esercizi dolci e coinvolgenti, come il “Memory training”, oppure il “Libro della Vita”

per ricostruire le fasi dell’esistenza dell’ospite assieme alla sua famiglia, fino alla “Stanza Multisensoriale” – una sala attività con elementi che stimolano le capacità residue degli ospiti attraverso fasci di luce interattivi, colori, aromaterapia, suoni e immagini calmanti».

LA STRUTTURA: INNOVAZIONE IN UN CONTESTO DI GRANDE SERENITÀ A dicembre 2018 la struttura è stata oggetto di un progetto di restyling che ha contribuito a creare ambienti ancora più belli, funzionali e, al contempo, ne ha ampliato la ca-


pacità. Il progetto ha infatti previsto la costruzione di un nuovo nucleo di 20 posti letto, che sono andati ad aggiungersi ai 49 già esistenti, oltre alla ristrutturazione di un’ala della struttura per garantire, così, ancora più servizi e attenzione alle

persone over 65 sia autosufficienti, sia affette da demenza senile o problematiche degenerative. Inoltre, nel progetto di restyling, hanno trovato spazio anche una nuova sala polivalente dotata di angolo snack, una tisaneria e un

Gruppo Edos: assistenza continua… ...anche in digitale

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Il Gruppo, da tempo, ha messo a disposizione di tutti i cittadini un Centro Assistenza Clienti gratuito, (attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19), a cui rivolgersi per ricevere informazioni inerenti al mondo delle RSA, delle pratiche burocratiche da seguire e molto altro. Ma in un mondo che cambia, dialogo e assistenza approdano anche nel digitale, grazie a nuovi servizi come il Virtual Tour, con cui “navigare” dentro le RSA comodamente da casa visionando attività, progetti speciali, ambienti e per entrare direttamente in contatto con noi: un vero e proprio viaggio a 360° di ogni struttura da desktop e mobile. Non solo: la sezione FAQ del sito è dedicata alle domande più frequenti legate ai servizi delle strutture sanitarie assistenziali, alle modalità di ingresso, tempistiche, convenzioni, soluzioni di alloggio, visite, differenza tra ospite privato e ospite accreditato, aspetti economici. Infine, il Gruppo Edos mette a disposizione tanti materiali digitali di approfondimento, - come l’e-book sulle terapie non farmacologiche, o il magazine trimestrale “Insieme” - fino ai canali social, con la pagina Facebook istituzionale Edos e le singole pagine di ogni struttura, per rimanere aggiornati sulle novità e gli eventi e per condividere con i momenti più emozionanti di ogni giornata. RSA Bramante è in via Gambirago 571, a Pontida. Per maggiori informazioni è possibile contattare il numero 035 783128, visitare il sito www.edossrl.it o chiamare il numero verde gratuito 800966159

ampio soggiorno con grandi vetrate da cui godere del meraviglioso panorama circostante.

L’ÉQUIPE MEDICA: ATTENZIONE E CURA, 24 ORE SU 24 La struttura, attiva 24 ore su 24, promuove un approccio tutto dedicato al perseguimento del benessere e della salute di ogni persona, grazie alla presenza di un’équipe multidisciplinare - composta da direttore sanitario, infermieri, operatori, fisioterapisti, psicologa, animatori ed educatori - in grado di fornire cure sanitarie continuative, attività assistenziali, riabilitative e di animazione atte a mantenere e a rafforzare le capacità funzionali, motorie, cognitive e relazionali necessarie alla vita quotidiana degli ospiti, seguiti individualmente grazie al P.A.I. (Piano Assistenziale Individualizzato), stilato durante la riunione d’équipe a seguito di un’accurata analisi valutativa delle caratteristiche e delle esigenze individuali dell’ospite. E proprio il team è una parte fondante della qualità di RSA Bramante, il suo cuore pulsante. Una équipe giovane, preparata e affiatata. «La cosa che spesso può stupire il parente, durante la prima visita in struttura, è il nostro team, composto da persone giovani» dice Roberta Zanardi. «Si tratta di un “plus”, un punto a favore di RSA Bramante: lavorando in questa sede da tempo, ne conosciamo territorio e storia. Siamo un team affiatato, flessibile, in grado di assecondare tutte le esigenze di ospiti e parenti, così diversificate e, molto spesso, delicate. Siamo un gruppo in cui il multitasking è una filosofia di lavoro: solo così siamo certi di fornire un servizio unico nel territorio, realmente completo. Amiamo quello che facciamo e questa è una componente imprescindibile». Maggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 71


GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE

Un albo per i fisioterapisti Una nuova era per le professioni sanitarie ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Con l’istituzione a fine dicembre 2019 della commissione d’Albo dei Fisioterapisti di Bergamo, che resterà in carica per i prossimi quattro anni, è entrata davvero nel vivo la riforma delle professioni sanitarie stabilita nel Decreto Lorenzin 3/2018, che vede coinvolte, oltre ai fisioterapisti, anche altre 18 categorie di professionisti sanitari. Vediamo allora cosa cambia con l’aiuto di Mattia Mazzoleni, presidente della Commissione d’Albo dei Fisioterapisti di Bergamo e Provincia. Dottor Mazzoleni, quali sono le novità definite dal decreto Lorenzin per quanto riguarda i fisioterapisti? L’aspetto più rivoluzionario di questa legge è la riforma delle professioni sanitarie fino ad ora prive di un proprio Albo che solo a Bergamo e provincia coinvolgono 2.532 professionisti. Con la nuova legge è nato l’Ordine dei “tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e

della Prevenzione” o TSRM-PSTRP, all’interno del quale sono presenti gli albi delle 19 professioni sanitarie riconosciute: Fisioterapista, Tecnico sanitario di Radiologia medica, Logopedista, Dietista, Assistente sanitario, Educatore professionale, Igienista dentale, Ortottista, Podologo, Tecnico ortopedico, Tecnico audiometrista, Tecnico audioprotesista, Tecnico della riabilitazione psichiatrica, Tecnico di neurofisiopatologia, Tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, Tecnico della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro, Tecnico sanitario di laboratorio biomedico, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Terapista occupazionale.

e dal codice deontologico che ne definiscono le competenze: “il fisioterapista è l’operatore sanitario, in possesso di laurea universitaria abilitante o titolo equipollente, che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori e di quelle viscerali con-

Perché, per voi fisioterapisti, l’istituzione di un albo è così importante? Erano diversi anni che i fisioterapisti professionisti cercavano invano di essere riconosciuti all’interno di un albo. La professione in realtà è già normata dal profilo professionale

DOTT. MATTIA MAZZOLENI Presidente della Commissione d’Albo dei Fisioterapisti di Bergamo e Provincia

Più partecipazione da parte dei professionisti e più tutele ai pazienti Il Decreto Lorenzin 3/2018 ha sancito un importante cambiamento per le professioni sanitarie in Italia. Con le norme introdotte infatti gli ordini sanitari italiani sono stati rinnovati: la natura giuridica è stata nettamente definita e con essa competenze, ruolo, funzioni, aspetti economici, per favorire la partecipazione e la democraticità interna. Di primaria importanza anche le norme che riguardano l’esercizio abusivo di professione sanitaria, diventate più stringenti, in linea con gli obiettivi comuni di tutela del paziente.

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fessionista alla propria professione sanitaria.

seguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita”. Con l’istituzione dell’ordine e dell’albo, però, i professionisti avranno finalmente un organo istituzionale di appartenenza e tutela. E non solo: i pazienti saranno più tutelati, cosa altrettanto importante. Tra le professioni sanitarie, quella dei fisioterapisti, infatti, ha l’incidenza di abusivi più alta. Gli stessi pazienti potranno verificare sul sito ufficiale www.tsrm.org al link https://webiscritti.tsrmweb.it/ Public/RicercaIscritti.asp la reale appartenenza di ogni singolo pro-

Dalla teoria alla pratica, a chi spetterà il compito di rendere effettive queste nuove regole? La Commissione d’Albo sarà protagonista nello svolgimento di una serie di compiti a tutela sia dei professionisti sia dei pazienti. Uno dei compiti più importanti sarà proprio la verifica dell’idoneità degli iscritti all’albo e la segnalazione da parte dei colleghi e dei pazienti sull’esercizio abusivo di professione sanitaria che, se ritenute valide, saranno poi trasmesse all’ordine e successivamente agli organi di controllo. La Commissione, inol-

La formazione delle commissioni d’albo sul territorio di Bergamo e Provincia ha avuto inizio con le votazioni svolte in Fiera dal 14 al 16 Dicembre 2019. In data 20 dicembre 2019 presso il Centro congressi Papa Giovanni XXIII di Bergamo il Presidente dell’Ordine dei TSRM-PSTRP di Bergamo, dottor Guido Muzzi, ha dato il via al mandato delle 19 commissioni d’albo che rappresenteranno i professionisti del territorio per la durata di 4 anni. Sono stati nominati presidenti, vicepresidenti e consiglieri delle commissioni che voteranno poi i rappresentanti delle professioni a livello nazionale.

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tre, potrà adottare provvedimenti e disposizioni di ordine disciplinare e sanzionatorio contenuti nelle leggi e nei regolamenti in vigore, esercitare le funzioni gestionali comprese nell’ambito delle competenze proprie, come individuate dalla legge e dallo statuto, e dare il proprio concorso alle autorità locali nello studio e nell’attuazione dei provvedimenti che comunque possano interessare la professione. La commissione d’albo dei fisioterapisti di Bergamo ha cercato fin dal principio di coinvolgere il più possibile i propri iscritti, raccogliendo le problematiche comuni e costruendo un piano di lavoro nel periodo del mandato. Facendo della lotta all’abusivismo uno dei punti fermi, si organizzeranno eventi formativi e una forte campagna di informazione sulla figura del fisioterapista. Al primo mandato l’auspicio più grande è che l’Albo non sia visto come una tassa per gli iscritti, bensì uno strumento per la crescita e la tutela della nostra professione.

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Condominio Sicuro Quando un minuto può salvarti la vita

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60.000 sono le persone che ogni anno in Italia muoiono per arresto cardiaco (ACC). Non si tratta di persone malate e non ci sono segnali premonitori. Può succede per strada, a casa, al lavoro, nei luoghi pubblici, lontano quindi da ospedali e strutture sanitarie. In caso di arresto cardiaco ci sono solo pochi minuti per agire e salvare una vita: dopo un minuto le possibilità di sopravvivenza si abbassano del 10% e dopo cinque minuti del 50%. «Davanti a questo tipo di emergenza ancora oggi in Italia sono moltissime le persone che non sanno come comportarsi o non hanno a portata di mano un DAE (Defibrillatore Semiautomatico Esterno)» dice Federico Pelicioli di Tecno System, azienda specializzata nell’assistenza e vendita di apparecchiature elettromedicali. «È soprattutto un problema di cultura, da anni mi batto in vari ambienti per fare capire quanto

sia importante conoscere il problema, prima ancora di dotarsi del dispositivo». La legge italiana prevede la presenza del DAE in vari contesti sportivi, lavorativi e pubblici, ma non possiamo dimenticare l’importanza dell’ambiente domestico che dovrebbe essere uno dei primi luoghi da cardioproteggere, specialmente in presenza di persone maggiormente a rischio. A questo proposito l’Associazione Cislago Cuore, in collaborazione con Tecno System, ha dato il via al progetto Condominio Sicuro che punta a promuovere la cultura della cardioprotezione.

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«Il progetto si basa sul concetto di solidarietà tra condòmini e ha l’obiettivo di rendere la propria casa un luogo più sicuro per tutta la famiglia garantendo, all’interno dei condomini, la presenza di un defibrillatore. Il suo utilizzo è semplice e permetterà a chiunque seguirà un semplice corso BLSD di diventare un anello fondamentale della “catena della sopravvivenza” e creare in questo modo una rete di soccorso integrata con il 112, numero unico AREU» spiega Pelicioli. Su ogni apparecchio DAE sono riportate chiaramente le semplici operazioni da fare. Essendo un apparecchio semiautomatico analizza l’attività cardiaca e quando il soccorritore preme il pulsante eroga la scarica solo se ci sono le condizioni. In poche parole una persona non addestrata non potrà mai nuocere all’infortunato utilizzando il DAE, mentre utilizzandolo può salvargli la vita.

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Il Centro per l’Età Evolutiva Da 15 anni un punto di riferimento per genitori, insegnanti e professionisti

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Il Centro per l’Età Evolutiva è uno studio multidisciplinare fondato a Bergamo nel 2004 da Silvia Pesenti e Gian Marco Marzocchi con l’obiettivo di fornire a famiglie e a scuole servizi di consulenza sugli aspetti psicologici ed educativi di bambini e adolescenti. Oggi rappresenta un punto di riferimento per valutazioni specialistiche nell’ambito di tutti i disturbi dello sviluppo. Nel corso degli anni si è delineata e ampliata anche l’offerta formativa dedicata a insegnanti, genitori e professionisti. Il Centro promuove inoltre periodicamente convegni scientifici e realizza progetti di ricerca finalizzati a sviluppare nuovi strumenti di valutazione e intervento nell’ambito dell’età evolutiva. Attualmente l’equipe del Centro è composta da psicologi, neuropsichiatri infantili, logopedisti e terapisti della neuro e psicomotricità. Per conoscere più da vicino questa realtà abbiamo incontrato la dottoressa Silvia Pesenti, psicologa e responsabile del Centro, e il dottor Gian Marco Marzocchi, psicologo e professore associato di Psicologia dello Sviluppo all’Università di Milano Bicocca, che tornerà a breve a svolgere attività clinica presso il Centro dopo alcuni anni dedicati esclusivamente alla didattica in Università.

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Dottoressa Pesenti, quali sono i punti forza del Centro? Il principale punto di forza del Centro è sicuramente la competenza e la professionalità degli operatori, l’interesse e la dedizione che mostrano nei confronti del loro lavoro, il costante aggiornamento e la disponibilità a confrontarsi con i colleghi e a lavorare in équipe. Lavorare in équipe è un approccio che dal nostro punto di vista dà valore aggiunto sia alla qualità del servizio offerto che ai rapporti tra di noi. Come secondo punto di forza metterei il fatto che al Centro si lavora seguendo protocolli standard validati scientificamente, ma i percorsi vengono personalizzati in base alle caratteristiche ed esigenze del bambino e della famiglia. Qual è il primo passaggio per accedere al Centro? Un’attenzione particolare è dedicata al servizio di accoglienza in cui il genitore che contatta per la prima volta il Centro viene ascoltato e accompagnato a capire di cosa ha bisogno, ad orientarsi nelle varie possibilità offerte (consulenze,

valutazioni, terapie) in modo da fissare un primo colloquio con il professionista più adatto al suo caso. Per quali motivi ci si può rivolgere al Centro? Un aspetto su cui abbiamo investito molto negli ultimi anni è dare la possibilità a tutti di accedere al Centro, sia a chi ha bisogno di una valutazione o di un percorso specialistico perché ha una situazione che richiede una certificazione e una tutela, sia a genitori che sentono semplicemente il bisogno di un consiglio o un confronto per accompagnare i figli nella crescita. Dottor Marzocchi, il Centro si occupa anche di formazione e ricerca… Per quanto riguarda la formazione e la ricerca il Centro è sempre un “cantiere aperto”, nel senso che ci sentiamo sempre in evoluzione, pensiamo ad ambiti nuovi da approfondire e poi condividere attraverso giornate di studio o convegni e partecipiamo a progetti di ricerca in collaborazione con l’università. Maggio/Giugno 2020 | Bergamo Salute | 77


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La sfida del 2020

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Nuovi strumenti per la cura a domicilio degli anziani con demenza Un servizio in grado di rispondere in modo sempre più puntuale ed efficace ai bisogni della fragilità. È questo l’obiettivo per il 2020 di InsiemeAte, realtà che opera prevalentemente sul territorio lombardo con un metodo di assistenza domiciliare che mette al centro la persona e costruito per accompagnare la famiglia e l’assistente familiare nella progettazione del piano di assistenza avvalendosi delle competenze di tutor altamente qualificati. «Nel 2019 le famiglie a cui abbiamo dato assistenza sono state più di 300 e per il 2020 vorremmo poterne aiutare almeno un 20% in più» sottolinea il presidente di InsiemeAte Nicoletta Ghilardi, impegnata in questi ultimi mesi a formare nuovi tutor per rispondere tempestivamente alle nuove richieste. «Il tema della demenza è da anni ormai su tutti i tavoli di lavoro: dalla medicina non abbiamo ancora novità che diano speranze ai malati e ai loro Caregiver, i posti di R.S.A. sono ancora insufficienti nonostante siano stati concessi accreditamenti per alcuni posti Alzheimer in più e le famiglie in difficoltà aumentano ogni giorno. Noi crediamo che il luogo migliore per vivere anche nella malattia sia la propria casa, con i propri cari. Ma gli spazi vanno ripensati per offrire alla persona il corretto habitat in cui sentirsi sicuro, proprio come si fa quando nasce un bambino. InsiemeAte, in stretta collaborazione con Innovative Elder Research Onlus, offre consulenze mirate per la rimodulazione degli spazi e formazione ai Caregiver sulle opportunità di cura che le Terapie non farmacologiche possono offrire nella gestione dei disturbi compor-

tamentali delle persone affette da demenza». A fine 2019 è partita la sperimentazione della Terapia della Bambola con la supervisione di Ivo Cilesi (ideatore della Doll Terapy in Italia con la Bambola Gully, Presidio Medico n° 1560853) e il supporto dell’Università di Bergamo con la professoressa Francesca Morganti. «Non ci fermiamo, cerchiamo sempre nuovi strumenti di cura e impieghiamo molte forze nella sensibilizzazione della società sul tema delle demenze» afferma Paola Brignoli, direttore di InsiemeAte. «Per far ciò ci siamo legati a un grande nome internazionale come P.K. Beville (specialista in geriatria) che ha ideato il percorso esperienziale del Virtual Dementia Tour® (VDT®), un metodo brevettato originale, innovativo e scientificamente provato per costruire una

maggiore comprensione del tema della demenza (U.S. Patent No. 8,388,347). Il VDT® è un programma di formazione esperienziale utilizzato sia da professionisti che da persone comuni, creato per intensificare l’empatia nei confronti delle persone che vivono la demenza e sviluppare nuove strategie utili nel processo di cura. Ad oggi l’esperienza del VDT® può essere fatta solo con InsiemeAte, unico partner italiano». ASSOCIAZIONE INSIEMEATE ONLUS Via Francesco Baracca 28 San Paolo d’Argon BG Per informazioni Numero verde 840 000 640 info@insieme-a-te.it www.insieme-a-te.it

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REALTÀ SALUTE

Krioplanet: il futuro del benessere e della forma fisica Krioplanet, nato nel 2012, è un centro innovativo e all’avanguardia nell’ambito del benessere e della forma fisica: è stato il primo centro benessere in Italia ad aver inserito la Criosauna quando nessuno ne conosceva l’esistenza, ponendosi come centro di riferimento italiano per la crioterapia cosiddetta sistemica. L’idea nasce dal suo fondatore, Massimo De Nardi, laureato in Scienze Motorie, in Scienza dello Sport e dottore di ricerca in Neuroscienze. Massimo, da dove viene il centro Krioplanet? L’idea è venuta nel 2010, a seguito della mia tesi di laurea in Scienza dello Sport, in cui ho studiato i benefici dell’immersione in acqua fredda al termine di allenamenti intensi. La mia tesi è diventata un articolo scientifico e ciò mi ha permesso di confrontarmi con i maggiori esperti internazionali, scoprendo la Criosauna, ai tempi diffusa solamente nell’Europa dell’Est.

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Come funziona la Criosauna? La Criosauna è un sofisticato macchinario che trasforma l’azoto liquido in una nebbiolina di aria fredda e secca che avvolge, a eccezione

della testa, la persona che vi sta all’interno. La seduta dura pochi minuti ed è facilmente sopportabile. I benefici sono molteplici: riduzione di infiammazione e dolore, accelerazione del recupero muscolare, effetto miorilassante, benessere della pelle e aumento del metabolismo. Quali altri servizi offrite presso il vostro centro? I servizi sono diversi, sempre in un’ottica di continua ricerca e innovazione. Rimanendo in tema Criosauna, abbiamo recentemente inserito la Crioterapia Localizzata, ovvero la possibilità di indirizzare in modo mirato il freddo della Criosauna in punti specifici del corpo. Può essere fatta ovunque e da chiunque: in viso per il suo effetto anti-age e contro l’acne, sul corpo in caso di dolori e infiammazioni localizzati. Inoltre abbiamo una particolare sauna calda, la Fitosauna, composta al 100% di legno di Cedro Siberiano. Completa l’offerta la parte fitness, con il servizio di personal trainer (i nostri istruttori sono tutti laureati in Scienze Motorie) e la VacuFit e il RollShape, un must per chi vuole mantenersi in forma.

Cosa sono la VacuFit ed il RollShape? La VacuFit è un tapis roulant che abbina il lavoro aerobico all’effetto sottovuoto (e all’azione degli infrarossi). Il risultato è una diminuzione dei centimetri in eccesso di cellulite e ritenzione idrica. Il RollShape, invece, è un macchinario che lavora sulla circolazione linfatica, in tutti i distretti corporei, con ottimi risultati su circolazione, cellulite e ritenzione idrica. È una sorta di foam roller (rullo massaggiante) all’ennesima potenza, per questo piace molto anche ai giocatori della BluBasket (ndr. società di pallacanestro di Treviglio che milita in serie A2)! Cosa vi distingue dagli altri centri? Un nuovo modo di concepire l’allenamento, con macchinari di altissimo livello, ma soprattutto con la competenza e l’attenzione dei nostri allenatori: abbiamo un rapporto di un istruttore ogni quattro persone in sala. Questo ci permette di seguire al meglio le esigenze di ciascuno, aiutandolo a raggiungere gli obiettivi desiderati. Nuovi progetti per il futuro? Sì, grazie al servizio di CRIO Smart (www.criosmart.it) vogliamo far arrivare i benefici della crioterapia, uniti alla nostra pluriennale e comprovata esperienza, ovunque!

KRIOPLANET Via Pontirolo, 18 C Treviglio (BG) Tel. 0363 45321 - 334 6164224 info@krioplanet.it www.krioplanet.it


Bergamo Salute anno 10 | n° 55 Maggio | Giugno 2020 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Rosa Lancia rosa.lancia@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, Facebook Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via Dalmine, 10- 24035 Curno Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

COMITATO SCIENTIFICO • Dott. Diego Bonfanti - Oculista • Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario • Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo • Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni • Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale • Dott. Sergio Clarizia - Pediatra • Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo • Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra • Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale • Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo • Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa • Dott. Antoine Kheir - Cardiologo • Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa • Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport • Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista • Dott. Antonello Quadri - Oncologo • Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica • Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo • Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta • Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra • Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione • Dott. Massimo Tura - Urologo • Dott. Paolo Valli - Fisioterapista COMITATO ETICO • Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo • Gianluca Solitro - Presidente OPI

Tiratura 30.000 copie/bimestre. Canali di distribuzione: abbonamento; spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.); distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

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