Grandi Mostre #36

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36 ARS BOTANICA • LANGE • HOKUSAI • MATISSE • TIZIANO • NIGRO DIETRO LE QUINTE DELLE GRANDI MOSTRE • LA MAPPA DELLE GRANDI MOSTRE

Un campo di fiori sul mare: Ars Botanica al Castello di Miramare

a cura di Stefano Castelli

Un luogo storico, quasi proverbiale, che negli ultimi anni ha dovuto rigenerarsi: il Castello (oggi museo storico) e il Parco di Miramare tra restauri realizzati, studi botanici, mostre temporanee e progetti futuri. Incontro con la direttrice Andreina Contessa sul presente e futuro del museo, e sulla grande mostra Ars Botanica

Come sono cambiati Parco e Museo sotto la sua direzione?

I cambiamenti durante questi cinque anni di mandato sono stati ingenti: hanno comportato un progetto complessivo di riqualificazione di ogni parte del parco, che era molto in sofferenza quando sono arrivata. Era un “luogo del cuore” dei triestini, ma la città era in subbuglio contro la sua gestione.

Come mai questo distacco?

Si sentiva la mancanza di una visione complessiva per questo parco incredibilmente bello e interessante — il giardino mediterraneo più a nord dell’Europa e quello più a sud del mondo continentale. Fu concepito per contenere diverse concezioni di giardino e una collezione botanica proveniente da tutto il mondo, inclusi i frutti delle spedizioni scientifiche alle quali partecipava il fondatore Massimiliano d’Asburgo. E doveva anche contenere tutti gli alberi che avrebbero potuto rimboschire il Carso. Dunque sono

state riaperte anno dopo anno le zone chiuse al pubblico, pericolose o invalicabili. Prima, l’assioma era Miramare=degrado. Ora si può invece definire un luogo aperto, dinamico, dove si fa attività di studio e di ricerca.

E per quanto riguarda l’interno? Cosa è cambiato?

Bisogna tenere conto che due anni dei cinque del mio mandato sono stati segnati dal Covid. In quel periodo ho preso una decisione drastica, ovvero sospendere le mostre

Fino al 31 gennaio 2024 ARS BOTANICA. GIARDINI DI CARTA a cura di Andreina Contessa Museo storico e Parco del Castello di Miramare Viale Miramare – Trieste miramare.cultura.gov.it

temporanee e lavorare su qualcosa che potesse rimanere. Dunque si è proceduto a riqualificare l’ala novecentesca del castello, l’ala degli appartamenti privati del duca d’Aosta, si è investito sulle cucine, restaurato e aperto per la prima volta il bagno ducale, la torretta… Nella riqualificazione di quest’anno delle cucine sono state per la prima volta esposte tutte le porcellane, che prima erano ammassate in qualche modo nei depositi. Ora stiamo restaurando le serre antiche, ma abbiamo già proceduto con le serre nuove dove abbiamo creato una orangerie: era uno dei sogni non realizzati di Massimiliano d’Asburgo, che voleva un giardino mediterraneo, ma gli aranci morirono tutti per il freddo della bora. Ora ci siamo riusciti approntando delle serre come ricovero invernale per le piante. Nell’altra serra nuova c’è poi il Miralab, spazio didattico per ragazzi e bambini. Si spazia… Conta la fruizione, il luogo deve essere aperto al pubblico.

A che pubblico vi rivolgete in prima battuta?

Locale, nazionale, internazionale?

Il nostro pubblico è variegato. Ne arriva molto anche dall’estero, dal confine Est: Austria, Germania… Ma ultimamente cominciamo a sentire altre lingue come francese e inglese, oltre al tedesco. I visitatori del parco, invece, sono in grandissima parte cittadini che vengono quasi ogni giorno per fare una passeggiata o leggere su una panchina, in un luogo molto poetico, romantico e utile a risollevare lo spirito.

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in alto da sinistra a destra : Camellia Palmers Cavandesu, Collection de cent espèces du genre camellia, peintes d’après la nature, lithographié es et coloriè es, Bruxelles 1845 Bromelia Ananas, Pierre-Joseph Redouté. Les lilliacées, Paris 1802-1816 Rosa Gallica Pontiana, Pierre- Joseph Redouté. Les roses, Paris 1817 - 1824
ARS BOTANICA/TRIESTE
a destra: Museo storico e il Parco del Castello di Miramare. Foto Federico Valente

Diversi musei puntano su mostre di “cassetta”. Qui sembra esserci un lavoro di segno opposto. Va detto che nel periodo del Coronavirus il nostro concessionario ci ha lasciato; in questi giorni viene assegnata la nuova gestione di mostre, biglietterie e bookshop. Da settembre avremo dunque un concessionario che si farà carico delle mostre e così non avremo solo esposizioni organizzate internamente. Io però sarò sempre contraria a iniziative puramente commerciali, esiste anche un commerciale di qualità che attrae senza svendere i siti e i musei: questa sarà la linea mia e del mio piccolo team. E continueremo comunque a proporre anche piccole mostre di ricerca, con un lavoro interno che tenda a far conoscere la collezione. Prima il racconto di Miramare veniva impostato solo in senso biografico e storico, ma abbiamo una raccolta con pezzi interessanti che vanno riscoperti e studiati.

Per esempio?

Qualche tempo fa ho iniziato a esplorare la biblioteca, alla ricerca di notizie sulla nascita del parco. E ho trovato un tesoro di ars botanica, libri bellissimi che nessuno aveva mai aperto né sfogliato e dei quali non si sapeva assolutamente nulla…

L’attuale mostra intitolata proprio Ars botanica. Giardini di carta nasce dunque da questa ricerca?

La mostra ha come cuore questa biblioteca dell’Ottocento con oltre settemila volumi - era una biblioteca d’uso, e non da collezione: ci dà un quadro di quella che era la cultura del tempo, degli interessi degli abitanti di questa magione. Ho cercato libri di botanica per capire come era nato il parco. E lì ho scoperto un mondo. Dai tantissimi libri dedicati a fiori e piante si evince che chi viveva qui conosceva molto bene i giardini d’Europa e le diverse concezioni

di giardino dominanti e discusse in quell’epoca. Non a caso, uscendo dalla biblioteca, troviamo un giardino eclettico con una parte formale all’italiana, una parte paesaggistica e così via.

Cosa ha portato a galla questo studio?

Una delle scoperte principali è stato il ruolo di Carlotta, la consorte di Massimiliano d'Asburgo, figura sempre un po’ in ombra di cui si sa molto poco tranne quel che si racconta (non sempre positivo). Molti dei libri di botanica erano suoi e portano il suo monogramma. Alcuni dei volumi che abbiamo sono considerabili esemplari unici, stampati in cinque copie delle quali una è in nostro possesso: le uniche cinque copie ritoccate a matita e acquerello. Di tutto questo nulla si sapeva ed è stata una rivelazione.

Come si struttura la mostra?

Le immagini dell’ars botanica sono esteticamente bellissime. Tanto che è difficile scegliere la pagina sulla quale aprire i volumi: ogni due mesi cambiamo la pagina, adattandoci a quello che c’è all’esterno, ai fiori che si trovano nel giardino. L’idea è di costruire un ponte tra il giardino vivente che sta all’esterno e il giardino di carta che sta nella biblioteca e di capire quanto uno abbia ispirato l’altro e quanto uno sia stato fonte per l’altro. Volevamo comprendere lo spiritus loci: c’è un cuore vegetale che emerge molto bene comparando giardino vivente e giardino di carta. Poi c’è una parte dell’esposizione dedicata ai libri sui giardini, una piccola introduzione all’illustrazione botanica…

Lato scientifico e lato estetico in questo campo vanno di pari passo. In mostra prevale la temperie culturale/scientifica dell’epoca oppure prende il sopravvento lo stile dei singoli illustratori?

In mostra, ad esempio, ci sono anche alcuni

3 COSE

DA VEDERE NEI DINTORNI

A Ponziana ha appena aperto un FAMU – FAke Museum, il percorso museale open air curato da Invasioni Creative APS e realizzato dagli abitanti delle periferie di mezza Italia attraverso un laboratorio di Esplorazione e Hacking Urbano

A ottobre riaprirà, dopo un restauro di quattro mesi, la cosiddetta ‘sala gialla’ del Palazzo Revoltella, finora interdetta alle visite per le precarie condizioni di conservazione

Il Museo postale e telegrafico della Mitteleuropea, costruito alla fine del XIX secolo e ospitato nello storico Palazzo delle Poste di Trieste

dei libri relativi alla spedizione scientifica di Massimiliano d’Asburgo in Brasile. Come risultato volle un libro grandioso, enorme e dotato di grandi immagini a colori, delle quali abbiamo anche le prove di stampa. Le illustrazioni sono bellissime dal punto di vista estetico ma è forte anche la componente scientifica - tutte le parti dei fiori sono sezionate, ingrandite e studiate. Quest’opera esemplifica bene il fatto che studio ed estetica andavano di pari passo: è nella nostra mentalità odierna che l’arte e la scienza non vanno insieme, anticamente non era così. Non ci si può “esimere” dalla bellezza quando si parla dell’anima vegetale delle piante. E un’altra cosa che emerge da questi libri è l’idea illuminista ancor prima che romantica di dare uno statuto, un valore e un rispetto al mondo vegetale, cosa che prima non esisteva. Un approccio molto moderno.

Quali sono i prossimi progetti in cantiere?

Stiamo preparando per dicembre una mostra sulle spedizioni scientifiche, in particolare su una spedizione di circumnavigazione del globo “sponsorizzata” da Massimiliano d’Asburgo, per la quale riunì a bordo della Novara, la sua nave preferita, un gruppo importante di studiosi di tutti gli ambiti. Per quanto riguarda le altre mostre a venire, inizieremo a breve il dialogo con il concessionario. E poi c’è il recupero dell’antica carrozzabile che univa le scuderie alla stazione ferroviaria detta “di Massimiliano”, che esiste tuttora… Il lavoro è tanto. In questi anni il bilancio è diventato quasi sei volte più grande, ma la squadra di lavoro è sempre la stessa.

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Miramare

Ritrarre l’America e le sue contraddizioni: Dorothea Lange

Dorothea Lange. Racconti di vita e di lavoro è il titolo della mostra ospitata dal centro espositivo Camera Centro Italiano per la Fotografia di Torino. Si tratta di un’ampia rassegna composta da 200 fotografie, incentrata in particolar modo sui due principali lavori della grande autrice.

Il primo è quello realizzato per il progetto di studio e documentazione fotografica Farm Security Administration, nato a metà degli anni Trenta e rimasto attivo fino al 1943. A causa della terribile crisi economica del 1929, uno degli ambiti più colpiti era quello agricolo, e metà del decennio successivo il governo statunitense incaricò alcuni fotografi di documentare la situazione del Paese: nasce così la gigantesca missione fotografica. Tra gli organizzatori della missione è anche Paul Taylor, secondo marito di Lange. Lei è una delle punte di diamante dell’operazione, che racconta con le sue pulite ed eleganti foto in bianco e nero, le drammatiche condizioni di vita di parte della popolazione, in particolare nel sud della California. Le sue fotografie pongono in evidenza la capacità di Dorothea, che per ognuna delle sue immagini scrive lunghe didascalie di spiegazione, di entrare in un rapporto empatico con i propri soggetti. Lange si serve di macchine con mirino a pozzetto, non puntando direttamente l’obiettivo negli occhi dei suoi soggetti e mettendoli in sicuro imbarazzo.

LO STUDIO DELLA POPOLAZIONE

La mostra – accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli editore, con i testi dei curatori – prende il via con le immagini di alcuni dei protagonisti della missione fra i quali Walker Evan e Ben Shahn. Le prime foto in mostra di Lange sono dedicate alla città e alle fasce più povere della popolazione urbana. Prosegue quindi con il grande esodo. Una foto, tra le sue più famose, ritrae un grande manifesto pubblicitario che recita: “La prossima volta prova il treno”: un po’ difficile per una popolazione completamente al verde. Chi aveva un’auto si spostava con quella, ma nella maggior parte dei casi non c’erano soldi per benzina e manutenzione e l’auto diventava un ricovero. I migranti, spesso, percorrevano a piedi centinaia di chilometri. Fra il 1934 e il 1939, più di 300mila persone hanno abbandonato la propria casa e la propria terra per cercare un futuro migliore altrove. Dorothea racconta dei loro accampamenti di fortuna. Tra le sue immagini più

famose quella della Migrant Mother, una sorta di Madonna laica, una donna di trentadue anni che aveva venduto gli pneumatici della sua auto e i cui figli andavano a caccia di uccelli e si sfamavano con le verdure congelate dei campi. Per ripararsi avevano messo insieme delle strutture d’emergenza, in cui la povera donna si ricoverava per allattare l’ultimo nato.

I due ultimi gruppi di scatti della prima sezione sono dedicati ai personaggi in cammino e alla nascita delle cooperative agricole e dei primi stanziamenti governativi per la sistemazione della popolazione nei prefabbricati.

LANGE E L’ANTICONFORMISMO

La seconda parte della mostra, che trova posto nel corridoio, è incentrata sul lavoro che la fotografa ha realizzato dal 1942, sempre su committenza governativa, sulla popolazione

americana di origine nipponica. In seguito al bombardamento di Pearl Harbor, alla fine del 1941, infatti, gli Stati Uniti entrano in guerra e il governo decide di internare nei campi di prigionia quella parte di popolazione, a tutti gli effetti americana: un’operazione ingiusta e crudele di cui poco ancora oggi si parla. Lange viene incaricata di documentare tale iniqua vicenda, ma guardando con attenzione i suoi lavori e soprattutto leggendo i testi di accompagnamento, si vede che la fotografa coglie appieno il dramma di quelle povere persone costrette ad abbandonare la propria casa, la propria attività, le proprie abitudini.

Le immagini in mostra provengono dagli archivi della Library of Congress di Washington e dalla Public Library di New York, dove sono conservati i materiali delle due campagne fotografiche.

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INTERVISTA A MONICA POGGI

Abbiamo chiesto a Monica Poggi, curatrice della mostra insieme a Walter Guadagnini, qual è il senso di un’ulteriore rassegna sulla nota fotografa americana e la modernità del lavoro della stessa. È quello di riscoprire vari autori della storia della fotografia attraverso una lettura contemporanea. Camera lo ha già fatto con Robert Doisneau e con Eve Arnold. In questo momento la mostra di Dorothea Lange è particolarmente attuale. Il tema fondamentale del suo lavoro per la FSA è stato quello del cambio di clima negli Usa: come non pensare, in tal senso, all’oggi? La nostra è una delle estati più siccitose degli ultimi anni. Fino a non molto tempo fa Lange è stata vista come una grande documentarista, oggi, invece, siamo in grado di sottolineare la sua capacità di utilizzare l’estetica modernista per dare più enfasi ad alcuni soggetti. Aveva un grande senso dell’ironia, anche nei confronti dei suoi committenti. Una foto intitolata Blue Eagle propone un’aquila morta, colpita dalle scosse dei fili elettrici: Blue Eagle era un’iniziativa del 1933 promossa per ravvivare il consenso nei confronti di Roosevelt dopo i primi 100 giorni del New Deal, fase in cui stava scemando l’entusiasmo iniziale. L’ Aquila azzurra era figlia della National Recovery Administration ed era finalizzata al risollevamento dell’economia americana distrutta dalla crisi del 1929. L’animale doveva essere sfoggiato da qualsiasi americano si sentisse sostenitore di tale politica. Il suo atteggiamento ironico talvolta le provoca qualche problema con Roy Stryker, il capo della divisone informazione della FSA. Ma Dorothea non demorde.

Il nuovo spazio OttoFinestre, ex farmacia con otto vetrine al pianterreno di un edificio anni ’60 adibito a casa privata in zona San Salvario

La mostra di Mimmo Jodice “Senza tempo” alle Gallerie d’Italia, nuovo capitolo del progetto dedicato a “La Grande Fotografia Italiana”

Le visite guidate gratuite al cantiere di restauro e consolidamento della facciata juvarriana di Palazzo Madama

La sua è una posizione molto libera anche nel lavoro che le viene commissionato nel 1942, sui giapponesi dopo Pearl Harbour. Mi pare di poterla tranquillamente definire dalla parte dei prigionieri nipponici.

Lì lo fa in maniera esplicita, cercando di scavalcare la censura attraverso una serie di escamotage molto interessanti, come l’utilizzo di didascalie in cui racconta la vita di quelle persone, dei diversi individui e del loro precedente inserimento nella società.

Aspetto che sottolinea l’ingiustizia perpetrata dagli americani. Lange aveva un intenso impegno politico.

Sì certamente, ma ragionava sempre con la sua testa. Per la FSA aveva totalmente sposato il progetto. Nel lavoro sui giapponesi, nonostante il committente fosse lo stesso, si trova in posizioni di disaccordo.

Non è mai stata un’artista di propaganda. Del resto Roosevelt stesso, con la FSA, commissiona un’inchiesta fotografica per comprendere le reali condizioni del Paese che stava governando. Le foto sono ristampe?

Sì, si tratta di ristampe contemporanee, realizzate cercando di tenere in considerazione, nel modo più meticoloso possibile, le scelte di Lange. Nel corso degli anni, infatti, le sue opere sono state inquadrate e ritagliate in differenti modalità dai vari curatori o da lei stessa. Una sua foto con un proprietario terriero e dei mezzadri neri alle spalle è stata tagliata in un libro, in modo che questi ultimi non si vedano. Nella pagina a fronte del libro è infatti pubblicata una poesia che esalta lo spirito libertario del popolo americano: un’azione che travisa completamente le intenzioni della fotografa.

Quanto ha contato il suo essere donna?

Quello che ha contato più che l’essere donna

Dorothea nasce a Hoboken nello stato del New Jersey, come Dorothea Margaretta Nutzhorn, adotta in seguito il cognome della madre, Lange

Viene colpita dalla poliomielite

Si avvicina alla fotografia. La sua maestra alla Columbia University è la pittorialista Clarence H. White

Apre il suo primo studio di ritrattistica a San Francisco

Si unisce alla Farm Security Administration (FSA)

Ottiene un Guggenheim Fellowship

Entra nella redazione di Life e si dedica all’insegnamento presso l’Art Institute di San Francisco

Muore, a pochi mesi dall’inaugurazione della sua mostra personale al Museum of Modern Art di New York

è stata la sua esperienza biografica. Suo padre aveva abbandonato la famiglia quando lei aveva solo 12 anni e il suo rapporto con la madre era stato da una parte conflittuale e dall’altra simbiotico. Sua madre era la persona dalla quale avrebbe voluto affrancarsi, ma non ci è mai riuscita e la madre, a sua volta, si appoggiava molto a lei. Lange ritrae tantissime madri nelle sue foto. Molti dei suoi uomini sono inermi nei confronti della storia, fermi ad aspettare che succeda qualcosa.

Dalle sue foto viene fuori una società più matriarcale che patriarcale.

Certo. Era una logica promossa internamente dalla FSA e Stryker dava indicazioni in tal senso. Non a caso in una foto che accompagna la campagna presidenziale del 1938, tra i candidati c’è una donna. Da noi in quell’anno le donne non avevano neanche il diritto di voto.

fino all’8 ottobre

DOROTHEA LANGE.

RACCONTI DI VITA E LAVORO

a cura di Walter Guadagnini, Giangavino Pazzola, Monica Poggi

Camera Centro Italiano per la Fotografia

Via delle Rosine 18 – Torino

camera.to

a sinistra: Dorothea Lange, Un nonno attende il bus per l’evacuazione, California. 1942

The New York Public Library | Library of Congress

Prints and Photographs Division Washington

in alto: Dorothea Lange, Madre migrante. California.

1936, The New York Public Library | Library of Congress

Prints and Photographs Division Washington

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DOROTHEA LANGE / TORINO
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DA VEDERE NEI DINTORNI Camera N
COSE
1895 1902 1915 1919 1935 1941 1950 1965

La Grande Onda e altre storie sull’acqua. A Genova rivive il periodo Edo

Oltre 60 stampe  ukiyo-e a tema acquatico, dai paesaggi con mari, laghi, fiumi e cascate ai significati simbolici assunti dall’acqua nel buddismo e nello Shinto. Il Museo Edoardo Chiossone di Genova, tra i più importanti istituti di conservazione e valorizzazione di Arte Orientale in Italia, si è presentato all’appuntamento con la riapertura dei suoi spazi – dopo un cantiere di ristrutturazione protrattosi per quasi due anni – con l’idea di mettere in luce l’eccezionalità della collezione di arte giapponese più grande e importante d’Italia, raccolta dall’artista e incisore genovese Edoardo Chiossone durante il lungo periodo trascorso in Giappone alla fine del XIX secolo. Nelle gallerie al secondo piano della Villetta Di Negro, architettura razionalista che nel 1953 l’architetto Mario Labò ripensò all’interno del parco storico arroccato nel quartiere Castelletto (e che dal 1971 ospita il museo), dunque, ci si muove tra i capolavori dei maestri del periodo Edo (1603-1868), dai paesaggi di Hiroshige alle scene di vita di città di Kunisada e Yoshitoshi, ai soggetti fantastici di Kuniyoshi Mentre è Oki Izumi a firmare il confronto con l’arte contemporanea, presentando due sculture in vetro che si interrogano sui significati dell’acqua, dialogando con i pezzi storici della collezione genovese.

Grande protagonista della mostra, curata dalla direttrice del museo Aurora Canepari, è però La Grande Onda di Hokusai, di cui il Chiossone conserva un esemplare in ottimo stato di conservazione (uno dei cento sopravvissuti al tempo, dei circa 8mila stampati in origine): l’opera, che ha superato qualsiasi altra immagine esistente per numero di riproduzioni e iconicità, ben si presta a raccontare il rapporto ambivalente del Giappone con l’acqua, da un lato presenza familiare e salvifica (per pesca e agricoltura), dall’altro minaccia imprevedibile, che si manifesta con la forza dell’oceano o delle alluvioni. Tecnicamente, nella stampa xilografica di fine Ottocento, rappresentare l’acqua significava poter utilizzare il pigmento sintetico blu di Prussia, reperibile in Giappone dagli Anni Trenta del XIX secolo, dando sfoggio di una raffinatezza cromatica di grande tendenza all’epoca. Proprio come dimostra il successo del capolavoro più noto di Katsushika Hokusai (1760 – 1849), che presto divenne opera di grande interesse per il collezionismo occidentale, e

Fino al 24 settembre LA GRANDE ONDA. L’IMPORTANZA DELL’ACQUA NELLA CULTURA GIAPPONESE a cura di Aurora Canepari Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone Piazzale Giuseppe Mazzini 4 – Genova museidigenova.it

KATSUSHIKA HOKUSAI: LA STAMPA XILOGRAFICA, LA NATURA, I MANGA

a

influenzò il fenomeno del Giapponismo in Europa. La stampa riproduce “il cavo d’onda al largo di Kanagawa”, pubblicato nella serie Le Trentasei vedute del Monte Fuji, con scrupolo estremo da parte dell’autore nel definire il luogo e il tipo di onda rappresentata. Un’onda di tempesta, alta oltre 10 metri, formatasi tre chilometri al largo di Kanagawa, nella baia di Tokyo, che sovrasta tre imbarcazioni poste al centro della scena, dette oshiokuribune. In lontananza si erge il sacro monte Fuji, la vetta più alta

Il suo capolavoro più celebre, La Grande Onda, ha fatto registrare nel 2023 la cifra record di $2,760,000 per una vendita all’asta, battuta alla vendita  Japanese and Korean Art di Christie’s a New York, nel mese di marzo. Quando la realizzò, all’inizio degli Anni Trenta dell’800, Hokusai attraversava un momento molto difficile, per la perdita della moglie nel 1828, pressanti problemi economici e una figlia da accudire (cui è dedicato il film di animazione Miss Hokusai, 2015). Ma il pittore e incisore giapponese, maestro della tecnica ukiyo-e, dedicò tutta la sua arte, nell’arco di una carriera protrattasi per sessant’anni, a interpretare una profonda connessione con la natura orientale, culminata nelle serie paesaggistiche che lo resero celebre. Fu però affascinato anche dal teatro, poeta e autore di manuali di disegno “semplificato”, considerati d’ispirazione per la scuola del fumetto giapponese, all’origine del successo planetario dei Manga.

#36 74 LA GRANDE ONDA / GENOVA
del Giappone: al tempo di Hokusai, rappresentarlo era ritenuta una manifestazione divina e di valore benaugurale. in alto: Katsushika Hokusai, La grande onda di Kanagawa, 1830-31. Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone; Courtesy Comune di Genova destra: Tsukioka Yoshitoshi, Genji e le pescatrici ama, 1864. Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Courtesy Comune di Genova

LA RINASCITA DEL MUSEO CHIOSSONE. INTERVISTA AD AURORA CANEPARI

Genova ha vissuto anni difficili, ne ha risentito anche il sistema culturale cittadino. Da qualche tempo, però, sembra esserci una nuova spinta, che sta favorendo un rilancio. Come si colloca la riapertura del Museo Chiossone in questo quadro?

ll Museo Chiossone ha vissuto una doppia sofferenza, chiudendo prima per covid, poi riaprendo per un breve periodo con le limitazioni sanitarie del caso, prima di chiudere nuovamente a settembre 2021, per l’inizio dei lavori di ristrutturazione. Ma erano molti anni che attendevamo questa opportunità, resa possibile dalla Fondazione Compagnia di San Paolo: i lavori erano necessari per mettere in sicurezza le opere e facilitarne la fruizione. Certo, avremmo dovuto riaprire all’inizio del 2023, e invece i tempi si sono protratti fino al mese di giugno. Però l’amministrazione cittadina ha saputo sostenere la necessità di ripartire in tempo per l’estate, e questo ci ha premiato.

Che risposta avete avuto dal pubblico?

L’evento di riapertura è andato oltre ogni nostra aspettativa, abbiamo ricevuto moltissimo pubblico cittadino e locale: i genovesi hanno manifestato l’attesa, ci hanno fatto sentire il loro affetto. E abbiamo ricevuto anche quella platea che siamo riusciti a conquistare durante il periodo di chiusura del museo, attivandoci online (la nostra pagina Fb è molto seguita) per presentare la nostra collezione straordinaria: un nuovo target che ora ci raggiunge con curiosità, non solo dalla città, ma anche da fuori regione.

Molti, soprattutto gli stranieri, arrivano attratti dal parco in cui si trova il museo Genova, fortunatamente, riveste un interesse molto internazionale, e la sede del museo, nella Villetta Dinegro, circondata dal suo

parco storico, ha un valore molto scenografico. Siamo un presidio culturale importante, abbiamo voluto investire su una più efficace gestione del parco, mai così valorizzato come ora per il suo valore storico, paesaggistico e panoramico: ci siamo impegnati per ottenere un ordinamento del parco e una cartellinatura botanica, anche per le specie giapponesi presenti sin dalle origini.

E anche il percorso interno al museo può contare su una bella novità… Quando sono arrivata, nel 2015, mi dicevano che la terrazza della villa era inagibile e irrecuperabile. Abbiamo approfittato del cantiere per metterla a norma: ora abbiamo un nuovo spazio per realizzare attività culturali, ma soprattutto una finestra sulla città che conclude il percorso di visita permettendo di godere del panorama, ritornando

Il nuovo MAIIIIM, Media Art III Millennium, dedicato a opere d’arte contemporanea che incorporano la tecnologia per intercettare e far sviluppare il “futuro dell’arte”

La mostra Highlights. Maestri dal ‘500 al ‘700 dai Musei Nazionali di Genova allestita, fino al 24 settembre 2023, nel Teatro del Falcone di Palazzo Reale

Le panchine illuminate di Salita degli Embriaci, parte di un più ampio progetto di rigenerazione urbana che utilizza la luce e il design per rendere più piacevole e sicuro il centro della città

all’idea pensata dall’architetto Mario Labò alla metà del Novecento, con l’obiettivo di mettere in collegamento il museo con Genova. Per il resto, tra le sale, il percorso permanente è rimasto invariato: l’ordinamento è quello originale voluto da Labò e curato da Grossi Bianchi nel 1971. Nel primo salone abbiamo la grande statuaria buddista, poi iniziano le gallerie, dall’archeologia ai samurai, per le arti applicate e i confronti tra Giappone e Cina, per la collezione di armature samurai. Le due gallerie al piano superiore sono dedicate alle mostre temporanee, che nascono con l’intento di esporre le opere del nostro patrimonio di oltre 15mila pezzi, con nuove vetrine apposite per consentire la rotazione in sicurezza. E abbiamo anche rinnovato didascalie e pannelli didattici.

Ha aiutato ripartire con una mostra che prende le mosse da La Grande Onda di Hokusai. La mostra è tematica e non difficile da avvicinare, rivolta a un pubblico ampio, è stata pensata per il periodo estivo e per il pubblico turistico che ci raggiunge nei mesi di luglio e agosto. Avevamo l’obbligo morale di esporre La Grande Onda, di cui il museo conserva un ottimo esemplare, per il primo evento di riapertura, e abbiamo pensato a una mostra che ci desse l’occasione di contestualizzare l’opera nel panorama artistico in cui è nata, approfittando anche per proporre altre categorie di stampe legate al tema dell’acqua. La qualità delle opere esposte avvalora, però, anche il carattere scientifico del progetto, focalizzato sulle delicate stampe xilografiche ukiyo-e, di cui il Chiossone vanta una collezione senza eguali in Italia, tra le più importanti d’Europa. A ottobre, si aprirà invece la mostra su Edoardo Chiossone, in occasione del 190esimo anniversario della nascita di colui che ha dato impulso al museo.

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COSE
VEDERE NEI DINTORNI
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DA

Matisse lo scultore a Nuoro

Fausto Politino

AAl grande pubblico Henri Matisse è noto soprattutto come pittore. Eppure è anche un importante scultore del Novecento. Il materiale che sceglie per comunicare? Il bronzo. Sosteneva che per esprimere la forma, talvolta si dedicava alla scultura, che gli permetteva di girare intorno all’oggetto per conoscerlo meglio. Eludendo la staticità di fronte ad una superficie piana. La ricerca sui linguaggi del contemporaneo, dalla nascita fino ad oggi, connota la politica culturale del Man di Nuoro tramite un’indagine degli ambiti meno eclatanti, meno analizzati degli artisti moderni, che fa emergere sfumature impreviste rispetto ai percorsi codificati e a volte ripetitivi. È accaduto con le fonti arcaiche di Giacometti. Con il rigore e la fantasia di Klee. Con la genesi di Guernica di Picasso. Ora è la volta di Matisse. Non il pittore de La danza, il Ritratto di madame Ma tisse o La stanza rossa tore. Quello meno noto al grande pubblico.

LA SCELTA DEL BRONZO

Per ovviare alla scarsa conoscenza di questo aspetto della sua produzione crea tiva, Chiara Gatti cura la mostra tamorfosi al Man di Nuoro novembre 2023. Presentando, la prima in Italia, tutte le opere in bronzo dell’artista. Nello specifico 30 sculture e una ventina fra disegni, incisioni, oltre a fotografie d’e poca e pellicole originali.

Ed è proprio mediante il bronzo che esprime la sua passione per la scultura. In questo me tallo intravede notevoli potenzialità espres sive, sviscerate non incrementando i det tagli, lo stesso Matisse era solito dire che “diminuiscono la purezza delle linee, danneggiano l’intensità emotiva”, ma adottando il procedimento del levare, del sottrarre. Me todo che Matisse ricono sce a Michelangelo. Ma dal quale si libera rie laborandolo per arri vare ad uno stile tutto suo. La notiamo con i nostri occhi questa poetica. Questa ridu zione plastica che si incarna nelle sculture, nei disegni, nei dipinti, nelle innovative découpés. In tal modo ri esce a plasmare creazioni che vanno oltre

l’immobilità della statua, trasformandole in qualcosa di palpitante.

Dal 1894 Matisse si appropria della scultura con un preciso obiettivo: sentire, toccare con mano il senso del volume. Era solito dire che per esprimere la forma, "talvolta mi dedico alla scultura, che mi consente di muovermi intorno all’oggetto per conoscerlo meglio, invece di rimanere di fronte a una superficie piana". L’artista sente la necessità di toccare la materialità del reale. Per incrementare la visione attraverso l’appagamento del tatto. Palpare il corpo per saturare le mani di quelle forme.

I NUDI SCULTOREI DI MATISSE

Il vivo, il palpitante appena accennato lo si riscontra nel Nu assis, bras sur la tête (Nudo seduto con le braccia sulla testa) del 1904. Ad una rapida occhiata nel bronzo si potrebbe vedere una ragazza intorpidita che si distende con lenti movimenti. Ma se si osserva con attenzione il corpo, non c’è immobilità. Sembra in preda ad una sorta di vibrante tremolio. Di agitazione per l’allungarsi dei muscoli. Prevale l’alternarsi di prominenze e risucchi del bronzo. La scultura in altre parole si caratterizza per il movimento che l’invade. Anticipando di qualche anno, 1910, la nascita del Nu couché II (Nudo coricato) del 1927 non bisogna leggere un appello a lasciarsi andare. La donna non è infatti rilassata. Fa forza su di un solo braccio per reggere il corpo. Mantenendolo sollevato dalla vita in su. Matisse opta per una posa poco naturale. A cosa si deve la scelta? Alla salvaguardia del ritmo della configurazione. Che ottiene inglobando nella scultura una frazione di vuoto. Lo stesso che s’incunea tra la testa e il braccio. Ciò che gli preme è la dinamicità della figura.

MATISSE A NUORO: LE METAMORFOSI

I bronzi dell’artista francese si possono dividere sommariamente in due categorie. Alcune figure, come ad esempio Grand nu assis o Le tiaré sono irripetibili. Collegate tra loro per alcune specifiche peculiarità: “La prospettiva multiangolare, la verticalità o la struttura a forma di S”. Altre figure, invece, Matisse le riprende. In tempi diversi. Privilegiando un approccio concettuale nel rispetto di una “progressione formale”. Le sue figure, per una specie di metamorfosi, si modificano: da forma naturale in forma d’arte indipendente.

Il nuovo Museo della Ceramica di Nuoro, con un percorso che valorizza l’arte ceramista e gli artisti sardi del Novecento: Francesco Ciusa, Salvatore Fancello, Federico Melis ed Edina Altara

Lo Spazio Illisso, centro espositivo nato dalla casa editrice omonima per condividere l’esperienza di 35 anni di ricerca, produzione editoriale e mostre d’arte

La casa museo di Grazia Deledda, nel rione San Pietro, dove si conservano manoscritti, foto e oggetti appartenuti all’autrice che nel 1926 fu insignita del Nobel per la letteratura

fino al 12 novembre

MATISSE. METAMORFOSI

a cura di Chiara Gatti. Da un progetto di Sandra Gianfreda, Kunsthaus Zürich con Claudine Grammont, Musée Matisse, Nizza MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro Via Sebastiano Satta 27 – Nuoro museoman.it

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Henri Matisse, Nu assis bras sur la tête, 1904, bronzo, Musée d’Orsay Paris © Succession H. Matisse, by SIAE 2023
3 COSE DA VEDERE NEI DINTORNI MAN

apita talvolta che, nella carriera di un artista, un particolare anno venga ad assumere un’importanza cruciale. Lo si può definire l’anno della svolta e, secondo i curatori della mostra in corso alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, il 1508 fu per Tiziano un vero e proprio spartiacque tra un “prima” e un “dopo”. Accogliendo infatti quanto scrisse Giorgio Vasari a proposito della datazione dell’Arcangelo Raffaele e Tobia – e cioè che il Vecellio lo dipinse verso il 1508 – si sono radunati circa 30 dipinti, disegni e incisioni, tra cui 17 di mano del cadorino e gli altri, di Giorgione, Sebastiano del Piombo, Albrecht Dürer e Francesco Vecellio, funzionali a verificare le componenti culturali del giovane pittore.

UNA NUOVA PISTA

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3 COSE DA VEDERE

La mostra di Matteo Vettorello

Tuning space nella Galleria 10 & zero uno, che invita i fruitori a coordinare il proprio vocalizzo, inspirando ed espirando, su dei microfoni posti all’eterno dello spazio espositivo

L’esterno della Palazzina Masieri, riprogettata da Frank Lloyd Wright e poi da Carlo Scarpa, in attesa della fine dei lavori sugli interni (in tempo per la prossima Biennale Arte)

NEI DINTORNI TIZIANO

“La scintilla che ha dato il via alla mostra è stata la proposta avanzata al museo da due giovani ricercatori: Sarah Ferrari e Antonio Mazzotta”, ha dichiarato ad Artribune Roberta Battaglia, vicedirettrice delle Gallerie dell’Accademia. “L’idea iniziale verteva su una mostra dossier attorno al dipinto con Tobia, anche per viaggio in Italia, tra 1505 e 1507, dell’artista tedesco, che raggiunse Venezia sia per studio sia per trovare un nuovo mercato editoriale in cui collocare disegni e incisioni. La sua presenza ebbe sicuramente una ricaduta sui pittori veneziani, Tiziano compreso. Ad esempio l’idea del cadorino di realizzare la lunga xilografia con il Trionfo di Cristo (1508-1509), come se fosse un fregio e scegliendo uno dei mezzi privilegiati di Dürer, è una prova di questo contatto. Del resto anche nella già citata Fuga in Egitto è evidente un’indagine puntuale sulla natura che verosimilmente Tiziano ha assimilato da Dürer”. In mostra si incontrerà inoltre l’Angelo con tamburello della Galleria Doria Pamphilij di Roma, del quale viene ipotizzata l’originale appartenenza a una pala della chiesa dei Servi di Ferrara e di cui si sono individuati altri possibili frammenti.

dal 9 settembre al 3 dicembre

TIZIANO 1508. AGLI ESORDI

DI UNA LUMINOSA CARRIERA

a cura di Roberta Battaglia, Sarah Ferrari e Antonio Mazzotta

Gallerie dell’Accademia

TIZIANO E DÜRER

Gallerie dell’Accademia

Campo della Carità, Dorsoduro 1050 – Venezia gallerieaccademia.it

Tiziano Vecellio, Arcangelo Raffaele e Tobia (part.), 1508, Venezia, Gallerie dell’Accademia

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Le Stanze della Fotografia sull’Isola di San Giorgio, 1850 metri quadrati riqualificati dallo Studio di Architetti Pedron / La Tegola con la collaborazione del Gran Teatro La Fenice di Venezia / VENEZIA
Tiziano, l’anno della svolta
Marta Santacatterina restituirgli una valorizzazione opportuna, poi però il progetto si è ampliato al fine di ragionare sulla possibilità che quest’opera sia davvero di un Tiziano allora ventenne”. L’ipotesi critica è corroborata in primo luogo dalla Giuditta proveniente dal Fondaco dei Tedeschi. L’affresco staccato è testimonianza della prima impresa pubblica di Tiziano, che decorò l’edificio assieme al suo maestro Giorgione proprio nel 1508: “Si pensa che Tiziano sia arrivato a Venezia molto giovane, attorno al 1500”, racconta la vicedirettrice. “Nel 1506 sappiamo che dipinge ‘La fuga in Egitto’ per palazzo Loredan e che quindi può contare già su delle committenze notevoli. Studiare il Fondaco dei Tedeschi è invece un’impresa disperata perché sono rimasti pochissimi lacerti, tuttavia si può notare come il Vecellio esca da una costola di Giorgione, ma faccia anche un passo avanti verso un’armonia e un classicismo assimilati da stimoli provenienti dal Centro Italia, probabilmente dalle opere fiorentine di Michelangelo”. Tra le interpretazioni dei curatori vi è infatti la possibilità che Tiziano abbia conosciuto il cartone per la Battaglia di Cascina del Buonarroti, non tanto per via diretta ma tramite stampe e disegni.
A proposito di stampe e disegni, l’esposizione convoca un altro assoluto protagonista dei primi decenni del XVI secolo: Albrecht Dürer Roberta Battaglia ne spiega le ragioni: “È noto il

Mario Nigro. L’arte totale

Alberto Villa

on poteva che essere Milano ad ospitare la più grande mostra mai dedicata a Mario Nigro (Pistoia, 1917 – Livorno, 1992). Fu qui che, sul finire degli Anni Cinquanta, Nigro si trasferì, rinunciando alla sua attività di farmacista e abbracciando definitivamente la pittura; e fu qui che, trent’anni or sono, subì la sua ultima (e postuma) ferita: tra le vittime della strage di via Palestro, architettata da Cosa Nostra a Milano nel 1993, ci furono anche alcune sue opere, allora conservate al PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea. La mostra, curata da Antonella Soldaini ed Elena Tettamanti, si configura come una raccolta ragionata di oltre 140 opere, distribuite nelle sale di Palazzo Reale e Museo del Novecento. Per Mario Nigro, il tempo e lo spazio sono più che dimensioni fisiche: sono costanti estetiche la cui mediazione è affidata alle componenti musicali del ritmo e della composizione

In questo senso l’opera di Nigro può essere interpretata come l’incontro fra le istanze concretiste del De Stijl (che trovano conferma nell’aderenza al MAC – Movimento d’Arte Concreta) e quelle personali legate allo studio della musica, sua grande passione sin dall’infanzia.

Il Cinema della Fondazione

Prada, appena dedicato a Godard, e vedere uno dei molti film del maestro della Nouvelle Vague in programmazione da settembre a dicembre

Il giardino della Fondazione

Rovati, a Palestro, dove passeggiare e da cui visitare il museo tra arte etrusca e contemporanea aperto l’anno scorso

A pochi passi da Sant’Ambrogio, la leggendaria Colonna del Diavolo, che si suppone appartenesse al palazzo imperiale romano di Milano costruito da Massimiano nell’epoca in cui Mediolanum divenne capitale dell’Impero romano d’Occidente

fino al 17 settembre (Palazzo Reale) fino al 5 novembre (Museo del Novecento)

MARIO NIGRO. OPERE 1947-1992 a cura di Antonella Soldaini e Elena Tettamanti

Palazzo Reale e Museo del Novecento Piazza Duomo – Milano palazzorealemilano.it museodelnovecento.org

Un approccio assolutamente metodico e antiretorico quello di Nigro, eppure disinteressato a uno strutturalismo privo di voce, lui che, a causa di una palatoschisi, conosceva bene il significato della difficoltà di esprimersi.

La mostra milanese, per l’antologia di tante e diverse configurazioni pittoriche, risulta non solo una completa esposizione monografica, ma anche un compendio delle evoluzioni dell’astrazione postbellica.

A partire dai dipinti e dalle opere su legno dell’innovativa serie Spazio Totale (1953-1965 ca.), che approccia – e talvolta anticipa – soluzioni formali e cromatiche di natura optical e che all’epoca passò inosservata: “Esiste un ritardo da parte della critica italiana degli Anni Cinquanta nel segnalare l’opera di Nigro” spiegano le curatrici. “Ne è prova lo scarto notevole tra il testo di Gillo Dorfles per la sua mostra personale del 1951 alla Galleria del Salto a Milano e quello di

Franco Russoli, nel 1959. L’unico che parlerà di questo ciclo in quegli anni non è altri che l’artista stesso in tre importanti testi, risalenti al 1955 e al 1964”. La mostra prosegue con l’esplosione di quella griglia tanto novecentesca e il suo farsi caleidoscopica nelle Vibrazioni simultanee (1961-64), fino al minimalismo della serie Tempo Totale (primi Anni Settanta) e alla sua ulteriore riduzione in quella che egli chiama Metafisica del Colore: vaste cromie pastello in cui la linea figura verticale, obliqua, orizzontale, spezzata, portata a termine, lasciata a metà. A chiudere il ciclo espositivo di Palazzo Reale, gli ultimi lavori di Nigro: le tempeste pittoriche che sono i Ritratti, i Dipinti satanici e infine le Strutture. È il ritorno terminale della griglia, nel suo continuo giocare a nascondersi e farsi scoprire. Pittore, certo, ma anche disegnatore e progettista: l’attività di Nigro si rivela in profondità nelle sale del Museo del Novecento, dove la cronistoria lascia spazio alla ricerca, al metodo e ai lavori cosiddetti “minori”, che poi minori non sono. Importanti opere su carta (ipnotici i Ritratti in acquerello) e una vasta selezione di documenti testimoniano lo studio, la progettualità e la coerenza che l’hanno accompagnato per tutta la sua carriera. La verità di Mario Nigro si cela nelle retrovie del suo lavoro, nei disegni preparatori e rivelatori, come sottolineano le curatrici, di un “carattere esigente, che lo portava, in modo naturale, a rispettare una legge interiore fatta di rigore e, allo stesso tempo, di libertà di espressione”.

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MARIO NIGRO / MILANO
N
Mario Nigro, Dallo spazio totale, 1954, Museo del Novecento, Milano; © Archivio Mario Nigro, Milano
3 COSE
DA VEDERE NEI DINTORNI
Palazzo Reale Museo del Novecento

Come nasce una grande mostra: le assicurazioni

Quali sinistri copre l’assicurazione?

In generale si sceglie una polizza definita “da chiodo a chiodo”, che assicura l’opera dal momento in cui viene staccata dal punto in cui è conservata, coprendo poi l’imballaggio, il trasporto, il disimballaggio, l’allestimento, l’imballaggio a fine mostra, il rientro, fino alla ricollocazione al “chiodo” di origine. Le polizze sono tutte all risk, cioè coprono ogni tipo di danno.

Esistono anche estensioni particolari a fronte di fattori specifici?

Sì, ultimamente si considerano i problemi legati al cambiamento climatico e si può prevedere il Disaster recovery: se la Protezione Civile emana un’allerta meteo, tutto ciò che si può fare per mettere in sicurezza le opere viene risarcito. Questa garanzia è stata pensata all’epoca del terremoto in Emilia Romagna.

Come si giunge a formulare una polizza assicurativa ideale per ogni mostra?

Quali sono le valutazioni più significative nella determinazione del premio?

Grande rilevanza hanno la provenienza delle opere e la tipologia di prestatore: un museo pubblico dà più serenità rispetto a un prestatore privato, perché non ha interesse a guadagnare da un eventuale sinistro.

Parliamo dei premi assicurativi. Che cifre toccano?

Dipende dalla mostra: un’esposizione di 50 dipinti di Van Gogh può costare 300mila euro, mentre una di dipinti d’arte italiana del Novecento può limitarsi a 30mila. A parità di numero di opere, tipologia, grandezza e rischio, il premio può essere molto diverso e dipende dal valore di mercato delle opere. Il tasso si esprime sul capitale assicurato e si aggira tra lo 0,04 e lo 0,06%; quindi se assicuro un patrimonio che vale 1 miliardo di euro, il premio sarà di 400mila euro.

Nella sua esperienza, si è mai verificato qualche danneggiamento clamoroso?

Dipinti, sculture, oggetti preziosi, disegni, installazioni: è ciò che si incontra nelle esposizioni temporanee. Ma dall’idea al vernissage chi organizza le mostre deve occuparsi di numerosi e complessi passaggi finalizzati a garantire al pubblico un’esperienza appagante, istruttiva e piacevole, e alle opere la massima sicurezza. A tal proposito le assicurazioni costituiscono un fattore indispensabile, a cui difficilmente si pensa nel momento in cui si percorrono le sale ammirando i capolavori: invece, senza una polizza che risarcisca gli eventuali sinistri, nessun proprietario si sognerebbe mai di prestare i pezzi della propria collezione. Per svelare quest’aspetto poco noto abbiamo intervistato Massimo Maggio, uno dei più importanti broker italiani che si occupa di assicurazioni dal 1990 e che attualmente collabora anche con Arthemisia, azienda leader nell’organizzazione delle mostre.

Quali sono le caratteristiche principali delle polizze assicurative dedicate alle mostre?

Esistono due tipi di polizze: la principale è la copertura assicurativa dei danni che potrebbero subire le opere. Nel momento in cui un’istituzione riceve in prestito un’opera, diventa responsabile al 100% nei confronti dei proprietari, anche nel caso di danni fortuiti come la caduta di un fulmine. Poi esiste la polizza di responsabilità civile che riguarda sia danni che possono subire i visitatori, ad esempio cadendo dalle scale, sia quelli causati loro dalle opere esposte.

Il primo passo è la raccolta delle informazioni, e ogni mostra prevede un diverso piano assicurativo: assicurare dei disegni rinascimentali prevede una particolare attenzione alle luci, mentre per un’esposizione di gioielli antichi, come un tesoro di una cattedrale, si devono considerare sia il valore storico sia quello intrinseco dei manufatti, quindi il rischio di furto sarà forte.

Sì, un caso curioso è stato il danno provocato dalle protezioni poste davanti alle opere proprio per non farle danneggiare! Un visitatore ipovedente è inciampato in un distanziatore ed è caduto addosso al dipinto di grande valore con tutta la struttura, provocando un taglio di 30 cm… Tra l’altro pochi sanno che chi causa un danno, anche se l’opera è assicurata, lo deve poi risarcire.

PER ERLICH SI SONO SCELTE LE GENERALI

Per Oltre la soglia di Leandro Erlich, in corso fino al 4 ottobre negli spazi di Palazzo Reale di Milano, Arthemisia si è avvalsa della consulenza di Massimo Maggio e la polizza assicurativa è stata stipulata con Generali, compagnia che è tra i principali sponsor della mostra e che ha un rapporto di partnership

continuativo la società che ha prodotto l’evento. “La mostra di Erlich è importante e sta attraendo tantissimi visitatori, ma dal punto di vista assicurativo il costo è modesto poiché i valori delle installazioni – che non sono destinate alla vendita - sono molto bassi”, racconta il broker. “Se per trasporti e allestimento i costi sono stati notevoli, il premio assicurativo per Oltre la soglia è inferiore ai 10mila euro”. Le installazioni di Erlich prevedono l’interazione del pubblico: questo aspetto ha influito sulla copertura assicurativa?

“Non sono state inserite clausole particolari – spiega Maggio – perché una delle condizioni di polizza stabilisce che il pubblico non possa toccarle”.

Leandro Erlich, Infinite staircase, 2005

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INTERVISTA A MASSIMO
MAGGIO
Marta Santacatterina

AOSTA

fino al 24 settembre

ROBERT CAPA

GRANDI MOSTRE IN ITALIA IN QUESTE SETTIMANE

DOMODOSSOLA

fino al 7 Gennaio

IL GRAN TEATRO DELLA LUCE

Musei Civici Gian Giacomo Galletti museicivicidomodossola.it

L’opera, L’œuvre 1932-1954

Centro Saint-Bénin regione.vda.it

MILANO

fino al 17 settembre (Palazzo Reale); fino al 5 novembre (Museo del Novecento)

MARIO NIGRO

Opere 1947-1992

Palazzo Reale e Museo del Novecento palazzorealemilano.it museodelnovecento.org

dal 28 settembre al 28 gennaio

MORANDI 1890-1964

Palazzo Reale palazzorealemilano.it

dal 21 settembre al 28 gennaio

VINCENT VAN GOGH

Pittore Colto

Mudec mudec.it

TORINO

dal 17 ottobre al 1° aprile

HAYEZ E L’OFFICINA

DEL PITTORE ROMANTICO

GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea gamtorino.it

fino all’8 ottobre

DOROTHEA LANGE.

Racconti di vita e lavoro

Camera Centro Italiano per la Fotografia camera.to

FIRENZE

fino al 18 settembre

LIU BOLIN

Hiding in Florence

Palazzo Vecchio comune.fi.it

fino all’8 ottobre

NICO VASCELLARI. MELMA

Forte Belvedere musefirenze.it

dal 7 ottobre al 4 febbraio

ANISH KAPOOR. Untrue unreal

Palazzo Strozzi palazzostrozzi.org

MOMBELLO

fino all’8 ottobre

UN CENTENARIO E CENTO PEZZI: Richard-Ginori e Gio Ponti in una collezione lavenese

MIDeC - Museo Internazionale Design Ceramico midec.org

GENOVA

fino al 24 settembre

LA GRANDE ONDA

L’importanza dell’acqua nella cultura giapponese Museo Chiossone museidigenova.it

NUORO

fino al 12 dicembre

MATISSE. Metamorfosi

MAN - Museo d’arte della Provincia di Nuoro museoman.it

PALERMO

fino al 24 settembre

MARIO MERZ

My home’s wind

ZAC – Zisa Arti Contemporanee comune.palermo.it

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ROVERETO

fino al 5 novembre 2023

LEONOR FINI FABRIZIO CLERICI Insomnia

Museo MART - Rovereto mart.tn.it

GRANDI MOSTRE IN ITALIA IN QUESTE SETTIMANE

VENEZIA

fino al 7 gennaio 2024

CHRONORAMA

Tesori fotografici

del 20° secolo

Palazzo Grassi pinaultcollection.com

fino al 3 dicembre 2023

TIZIANO 1508

Agli esordi di una luminosa carriera

Gallerie dell’Accademia gallerieaccademia.it

FERRARA

fino al 1 ottobre

GUIDO HARARI. INCONTRI 50 anni di fotografie e racconti Palazzo dei Diamanti palazzodiamanti.it

PERUGIA

fino al 2 ottobre

NERO PERUGINO BURRI

Palazzo Baldeschi fondazionecariperugiaarte.it

fino al 7 gennaio 2024

PAOLO PELLEGRIN

L’orizzonte degli eventi

Le Stanze della Fotografia lestanzedellafotografia.it

FOLIGNO

fino all’8 ottobre

ITALIA METAFISICA

Ciac – Centro Italiano Arte Contemporanea museifoligno.it

ROMA

fino al 5 novembre

PICASSO METAMORFICO

Galleria Nazionale lagallerianazionale.com

fino al 24 settembre

ENZO CUCCHI

Il poeta e il mago

MAXXI www.maxxi.art

NAPOLI

fino al 9 ottobre

KAZUKO MIYAMOTO

Museo Madre madrenapoli.it

fino al 29 ottobre

MARIO SCHIFANO: il nuovo immaginario.

Gallerie d’Italia gallerieditalia.com

1960-1990

REGGIO CALABRIA

fino al 26 novembre

I BRONZI DI RIACE

Cinquanta anni di storia

Museo Archeologico Nazionale museoarcheologicoreggiocalabria.it

81 #36
Dosso e Battista Dossi nella biblioteca di Bernardo Cles T. +39 0461 233770 info@buonconsiglio.it www.buonconsiglio.it 1 LUGLIO - 22 OTTOBRE 2023 TRENTO - CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Assessorato alla Cultura Castello del Buonconsiglio castellodelbuonconsiglio Elyma ORGANIZZAZIONE TICKET
I VOLTI DELLA SAPIENZA
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