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L GRANDI CLASSICI Arianna Testino La magia del Surrealismo a Venezia

La magia del Surrealismo a Venezia

Gražina Subelytė

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Molte artiste e scrittrici si associano al Surrealismo, in particolare durante gli Anni Trenta. Le loro interpretazioni della donna sicura di sé e dedita alla ricerca, oppure maga e non più musa, destabilizzano le tipologie femminili formulate da una cerchia esclusivamente maschile.

Artiste come Leonora Carrington, Leonor Fini e Remedios Varo riconoscono il potenziale surrealista e le possibilità offerte dall’interesse del movimento per il mito e l’occulto, che impiegano per promuovere strategie e obiettivi di emancipazione protofemministi.

LEONORA CARRINGTON

Alla fine degli Anni Trenta l’inglese Leonora Carrington (Chorley, 1917 – Città del Messico, 2011) diventa una delle figure centrali del Surrealismo. La relazione con Max Ernst, tra il 1937 e il 1940, alimenta la sua fascinazione per la magia, nonostante inizi a studiarne la storia e il simbolismo ben prima di associarsi al movimento, di cui riprende i temi in maniera del tutto personale. Di origini anglo-irlandesi, fortemente attratta dal folklore celtico, Carrington adotta la figura della strega come alter ego, trasformandola in un’icona dell’emancipazione femminile. Attingendo da una conoscenza approfondita dell’esoterismo, coniuga riferimenti alla magia e all’occulto con un’iconografia fantastica ispirata all’arte medievale e rinascimentale, soprattutto a Hieronymus Bosch.

3 CURIOSITÀ SULLA MOSTRA L’idea della mostra prende forma 7 anni fa, durante il dottorato di ricerca della curatrice al Courtauld Institute of Art di Londra. La perfetta coincidenza coi temi della Biennale è dunque casuale

Nel 1943 si trasferisce in Messico, dove matura il suo talento artistico e dove rimane per il resto della vita. Nel 1948 vengono pubblicati due libri fondamentali per Carrington: lo studio della mitologia di Robert Graves, La Dea bianca, che Carrington considera la “rivelazione più grande” in assoluto, e Lo specchio della magia di Kurt Seligmann. Le opere principali di Carrington includono I piaceri di Dagoberto (1945), La gigantessa (Guardiana dell’uovo) (1947), La donna gatto (La Grande Dame) (1951) e La cucina aromatica di nonna Moorhead (1975). fino al 26 settembre 2022 SURREALISMO E MAGIA. LA MODERNITÀ INCANTATA

a cura di Gražina Subelytė Catalogo Prestel COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM Dorsoduro 701 – Venezia guggenheim-venice.it

Surrealismo e magia. La modernità incantata. Exhibition view at Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 2022. Photo © Matteo De Fina

L’interesse per la magia s’intreccia con il sostegno all’ecologia e ai diritti delle donne, soggetti politici che nella sua arte sono inestricabili. Le figure della strega e della dea sono l’incarnazione del rispetto per la natura e le sue risorse, mentre i personaggi femminili sono spesso a difesa della vita in opere infuse di un sentimento antipatriarcale. Da notare come negli Anni Settanta Carrington dia corso al primo gruppo di liberazione della donna del Messico, quando nel Paese il femminismo inizia a organizzarsi in un movimento.

REMEDIOS VARO

Per sfuggire alla Seconda Guerra Mondiale, anche la pittrice spagnola Remedios Varo (Anglès, 1908 – Città del Messico, 1963) emigra in Messico, dove rimane per il resto della vita.

Negli Anni Cinquanta numerose influenze confluiscono nelle sue composizioni di per-

3 CURIOSITÀ SULLA MOSTRA All’ingresso è proiettato il cortometraggio La culla della strega, della regista americana, di origine ucraina, Maya Deren, girato nel 1943 all’interno del museo-galleria di Peggy Guggenheim Art of This Century

sone impegnate in riti magici, attività alchemiche o viaggi mistici, con una precisone del tratto che deriva dai disegni scientifici e particolareggiati del padre, ingegnere idraulico.

Varo a volte propone la scienza come campo creativo alternativo, capace di cogliere il meraviglioso. Spronata dal dialogo costante con Leonora Carrington, Varo si immerge nell’iconografia esoterica e dell’occulto, in particolare la storia della stregoneria, da cui trae i temi delle opere. L’intreccio eclettico tra occultismo e scienza occupa un posto centrale nelle sue opere, che spesso cercano di criticare la rigidità delle metodologie positiviste e di convalidare epistemologie alternative.

Le opere principali includono La creazione degli uccelli (1958) e Nutrimento celeste (1958). In quest’ultima vediamo una donna sola, seduta in una torre ottagonale, che macina materia stellare con cui nutre una falce di luna in gabbia. Nutre la luna quasi fosse un neonato da riportare alla pienezza. Se da un lato Varo affronta l’isolamento percepito dalle donne nella sfera domestica, dall’altro descrive il rituale materno più comune come un modo per accedere al regno celeste. Seppur intrappolate, le donne sono costantemente in contatto con il cosmo, un’importante fonte mistica di sostentamento.

LEONOR FINI

Cresciuta in Italia, la pittrice Leonor Fini (Buenos Aires, 1907 – Parigi, 1996) rifiuta l’e-

Si dipana attorno al filo sottile e persistente che unisce Surrealismo e magia la mostra omonima ospitata dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, con la curatela di Gražina Subelytė. A diventare fulcro espositivo è l’interesse di Breton e compagni nei riguardi dell’occulto e di una dimensione “altra”, spesso celata al di là o al di sotto della superficie (della pittura, del mondo così come lo conosciamo, della coscienza, del dato sensibile).

Il medesimo interesse attraversò la passione collezionistica della “padrona di casa” Peggy Guggenheim, la quale fece del Surrealismo uno dei punti di ancoraggio della propria raccolta – conservata nella sua ex dimora, Palazzo Venier dei Leoni, oggi sede della Collezione che porta il nome della mecenate – e uno snodo espositivo della galleria newyorchese Art of This Century prima e della sede lagunare poi. Parte dei lavori in mostra sono infatti custoditi dalla stessa Collezione Peggy Guggenheim, mentre altri provengono da musei e raccolte internazionali.

Il risultato è un mosaico dai contorni potentissimi, le cui tessere sono rappresentate da opere-manifesto – come l’Ofelia (1937) di André Masson, la Vestizione della sposa (1940) di Max Ernst, Lo specchio (1950) di Dorothea Tanning – e da rarità formidabili realizzate da una triade d’eccezione – Leonora Carrington, Remedios Varo e Leonor Fini, emblema del ruolo chiave giocato dalle donne sullo sfondo del movimento surrealista e delle sue declinazioni.

Interpreti di istanze che anticipano le lotte femministe e lo scardinamento degli stereotipi di genere, queste artiste gettano le basi per il rifiuto di logiche strettamente binarie, trovando nell’androginia e nella definizione di una grammatica visiva inedita, che scava nell’inconscio, nella mitologia e nell’occulto, gli strumenti per sovvertire le granitiche certezze della società patriarcale del secolo scorso. La mostra alla Collezione Peggy Guggenheim riporta in auge l’eccezionale attualità del Surrealismo, le cui radici affondano in un’epoca che riecheggia con implacabile ferocia il tempo presente, dominato dallo spettro di una guerra globale. Oggi come allora, il potere dell’immaginazione, della sfera onirica, della magia e dell’universo alchemico diventa un alleato per combattere la crudeltà della Storia.

tichetta di surrealista, ma a partire dagli Anni Trenta è in contatto costante con il gruppo e si rapporta all’esplorazione surrealista della magia e della sessualità. Fini radica la sua arte nei miti di dee indipendenti e nell’immaginario della stregoneria medievale, spesso in uno stile che ricorda la pittura manierista. Le sue opere sono popolate da donne che incutono timore, spesso seduttrici letali, e ibridi femminili come la sfinge, guardiana di segreti e simbolo di enigmi, con cui si identifica. Queste figure sono protagoniste di rituali che si svolgono in ambienti fantastici al di fuori del tempo e dello spazio. Quando compaiono, gli uomini sono passivi, belli e deboli. Attraverso le interpretazioni delle relazioni di potere, Fini mette in discussione gli stereotipi dei ruoli di genere.

Fini rifiuta la nozione della donna come accessorio passivo nella ricerca di avventura e supremazia dell’eroe. Le sue tele in genere collocano la donna al centro di un universo panteista di cui controlla il ciclo naturale della vita e della morte, come in La sfinge regina (1943) e La fine del mondo (1949). Fini ritrae con i propri lineamenti figure ibride feline o mostruose, trasformandole in guardiane misteriose dell’ultraterreno. Per esempio, La fine del mondo è dominata dal busto maestoso di una donna bionda che regna su una palude primordiale. Il suo riflesso felino e cupo trasmette la pericolosità del suo doppio, mentre gli occhi e i teschi degli uccelli che affiorano dall’acqua ne rafforzano il potenziale violento e mortale.

3 CURIOSITÀ SULLA MOSTRA Dopo la tappa veneziana, la mostra sarà ospitata dal Museum Barberini di Potsdam, dal 22 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023

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