Artigianato 59

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COMITATO D’ONORE

COMItato TECNICO E CORRISPONDENTI PER LE AREE ARTIGIANE

MINISTERO INDUSTRIA  COMMERCIO E ARTIGIANATO Claudio Scajola (Ministro Attività Produttive)

Gilda Cefariello Grosso Luciano Marziano Maria Luciana Buseghin

CASARTIGIANI Giacomo Basso (Presidente) Nicola Molfese (Direttore Generale)

Alabastro di Volterra Irene Taddei Bronzo del veronese Gian Maria Colognese Ceramica campana Eduardo Alamaro Ceramica di Albisola Roberto Costantino Viviana Siviero Ceramica di Caltagirone Francesco Judica Ceramica di Castelli Vincenzo Di Giosaffatte Ceramica di Deruta Nello Zenoni

C.L.A.A.I. Salvatore Luca (Vicepresidente vicario) Marco Accornero (Segretario nazionale) C.N.A. Ivan Malavasi (Presidente) Giancarlo Sangalli (Segretario generale) Giovanni Morigi (Pres. Settore Artig. Art.) Walter Ferracci (Segr. Settore Artig. Art.) CONFARTIGIANATO Luciano Petracchi (Presidente) Guido Bolaffi (Segretario Generale) Raffaele Masprone (Resp. Artigianato Artistico) Federazione Nazionale Artigianato Artistico Lamberto Mancinelli e Antonio Parrucca

“Ciliegie in vetro di Murano” di Ugo La Pietra, 2000. “Murano glass cherries” by Ugo La Pietra, 2000.

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Ceramica di Grottaglie Ciro Masella Ceramica di Laveno Marcello Morandini Ceramica di Nove

Katia Brugnolo Ceramica di Palermo Rosario Rotondo Ceramica di Vietri Sul Mare Massimo Bignardi Ceramica faentina Tiziano Dalpozzo Ceramica piemontese Luisa Perlo Ceramica sestese Stefano Follesa Ceramica umbra Nello Teodori Cotto di Impruneta Stefano Follesa Cristallo di Colle Val d’Elsa Angelo Minisci Ferro della Basilicata Valerio Giambersio Ferro di Asolo Stefano Bordignon Gioiello di Vicenza Maria Rosaria Palma Intarsio di Sorrento Alessandro Fiorentino

Legno di Cantù Aurelio Porro Legno di Saluzzo Elena Arrò Ceriani Legno della Val d’Aosta Franco Balan Marmo di Carrara Antonello Pelliccia Marmi e pietre del trapanese Enzo Fiammetta Marmo del veronese Vincenzo Pavan Mosaico di Monreale Anna Capra Mosaico di Ravenna Gianni Morelli Mosaico di Spilimbergo Paolo Coretti Oro di Valenza Lia Lenti Peperino Giorgio Blanco Pietra di Apricena Domenico Potenza Pietra di Fontanarosa

Mario Pagliaro Pietra di Lavagna Alfredo Gioventù Pietra lavica Vincenzo Fiammetta Pietra leccese Luigi De Luca Pietra Serena Gilberto Corretti Pizzo di Cantù Aurelio Porro Tessuto di Como Roberto De Paolis Travertino romano Claudio Giudici Vetro di Altare Mariateresa Chirico Vetro di Empoli Stefania Viti Vetro di Murano Marino Barovier Federica Marangoni


editoriale di Ugo La Pietra

Raccogliere e valorizzare In questi ultimi decenni ho assistito

più volte alla scomparsa di laboratori artigiani che nelle diverse aree di tradizione, dalla lavorazione del legno alla ceramica, dal ferro alle pietre, hanno dovuto chiudere. La fine di queste botteghe, che spesso hanno visto all’opera diverse generazioni di artigiani, è dovuta a tanti motivi: dalla mancanza di un avvicendamento padre-figlio, al decadimento della bottega, struttura incapace di adattarsi alle nuove regole della “piccola impresa”, fino all’impoverimento dell’area di produzione per la sempre minore presenza della “cultura del progetto”. Ma se per questi e altri legittimi motivi molti laboratori artigiani hanno dovuto chiudere,

non è così facilmente accettabile che tutto il patrimonio di opere, strumenti, materiali che queste botteghe di fatto possedevano debba necessariamente disperdersi. La domanda che si fece il grande artigiano modellista Sacchi quando, ormai vecchio, cercava di collocare,

senza successo, il suo laboratorio in qualche istituzione, ancora oggi stupisce: possibile che non esista una fondazione, una scuola, un istituto, un’università, che sappia apprezzare l’opportunità di raccogliere, conservare e valorizzare il patrimonio di prestigiose botteghe dal loro esaurimento?! Trovo incomprensibile come sia diffusa la pratica di conservare le attrezzature della cultura contadina in numerosi musei e siano invece inesistenti, salvo qualche ecomuseo relativo alla lavorazione della pietra, luoghi in cui vengano raccolti, ma anche valorizzati, gli strumenti che hanno fatto grande il passato del nostro artigianato artistico.

Collecting and promoting Over the past few decades I have oftentimes seen several businesses collapse, with workshops covering different traditional areas such as woodwork, pottery, ironwork and stonework being forced to shut down. Many reasons account for the decline of these workshops, which have often employed several generations of craftsmen. At times there has been no continuation from father to son, or the workshops have failed to conform to the rules of “smallsized firms”. Furthermore, the decline of a “design culture” has

impoverished the production areas affected. If these as well as other legitimate reasons are behind the closure of many local workshops, it does not necessarily ensue that all the works, tools and materials owned by the workshops should be lost. The question that great model-maker and craftsman Sacchi used to ask himself in his old age, when he was unsuccessfully trying to relocate his workshop inside an organization, is still a source of amazement: how come there are no associations, schools, institutes or universities able to leap at the

opportunity of collecting, preserving and promoting the heritage of prestigious workshops and their fading production?! I just cannot possibly nderstand why the tools and traditions of peasant society are reserved and displayed in several useums, whilst places housing the tools of our great artistic handicraft tradition are virtually non-existent, except for a few ecomuseumsrelating to stonework.

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PROGETTI E TERRITORI di Simona Cesana

Seta di Como Parlare di Como significa essenzialmente parlare di seta: fin dal XV secolo nell’area comasca, grazie alla gelsicoltura praticata nelle campagne circostanti, prende il via la lavorazione della seta. Da questo momento in poi l’attività serica comasca è segnata da un continuo sviluppo produttivo, che raggiunge l’apice all’inizio del ’900, periodo in cui la lavorazione artigianale acquista progressivamente carattere e dimensioni di piccola e media industria. Oggi l’attività serica comasca è prevalentemente di tipo industriale: l’attenzione all’innovazione tecnologica, l’attività formativa, l’alta qualità del prodotto e l’elevata specializzazione sono le caratteristiche fondamentali della produzione. L’esigenza di formare figure professionali sempre più preparate nel settore tessile ha portato recentemente il Politecnico di Milano a istituire un corso specifico che ha lo scopo di formare laureati in questa disciplina, in stretto legame con tutta una serie di esperienze didattiche ancora molto attive sul territorio (come l’Istituto Tecnico Superiore di “Setificio” e altre scuole di carattere professionale). L’area comasca, oltre ad essere zona produttiva per il tessile a carattere industriale, mantiene viva l’artisticità di questa tradizione artigianale grazie alla presenza di numerose figure che esprimono la loro arte attraverso la tessitura, dove la qualità del lavoro artigianale diventa l’eccellenza; ne sono testimonianza le rassegne internazionali, istituite proprio a Como e denominate “Miniartextil”, che hanno lo scopo di essere un punto di riferimento per tutti gli artisti

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L’arte tessile in Lombardia

La produzione serica del comasco, il pizzo canturino e il pezzotto valtellinese: tradizione e storia si intrecciano in tre aree lombarde che hanno valorizzato questo antico saper fare artigiano.


Nella pagina a fronte, dall’alto e da sinistra: antico telaio, Museo Didattico della Seta; “Libro della solitudine”, 1984, M. Bronzini; laboratorio di tessitura “Gegia Bronzini”. In questa pagina, dall’alto: “Fiocchetti”, inizio anni ’40, e “Filo 31”, 1989, di M. Bronzini. Opposite, from the top and from the left: ancient loom, Museo Didattico della Seta; “Libro della solitudine”, 1984, M. Bronzini; weaving workshop “Gegia Bronzini”. In this page, from the top: “Fiocchetti”, early 1940s, and “Filo 31”, 1989, by M. Bronzini.

che operano nell’ambito dell’arte tessile, dimostrando una via possibile per sperimentare nuove applicazioni di filati, tessuti, intrecci. Di grande rilievo artistico è la produzione del laboratorio “Gegia Bronzini”, nato agli inizi degli anni Trenta, la cui attività si è da sempre caratterizzata per la semplice essenzialità della tecnologia (tessitura a mano su telaio a due licci), che diventa il mezzo per esaltare l’espressione creativa: la cura e la meticolosità della lavorazione artigianale si fondono con l’uso di fibre ed accostamenti cromatici innovativi; il disegno ed il rilievo sono eseguiti con la tecnica dello “spolinato a mano”, con cui sono sempre stati realizzati gli arazzi. Fondamentale in questa esperienza è anche lo spazio offerto alla sperimentazione: spesso infatti, oltre a preziosi filati naturali, vengono impiegati filati particolari come il filo di rame e il nastrino di pelle, che arricchiscono il tessuto di qualità cromatiche e tattili assolutamente inusuali. Nel lavoro artistico di Marisa Bronzini, figlia di Gegia e depositaria dell’attività, è la natura la vera fonte di ispirazione, “… saper cogliere l’essenza e la purezza degli elementi”. Il rammarico è che spesso queste figure esemplari, sulle quali si fondano queste grandi esperienze di artigianato artistico, hanno il problema di trovare qualcuno a cui tramandare i frutti della loro ricerca, il loro saper fare artigianale, per far sì che abbia futuro. Chi sarà il testimone di un’attività che ha saputo cogliere le trasformazioni dell’arte tessile rinnovandola di intenti e significati? Pizzo di Cantù L’arte lombarda del ricamo con

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i pizzi, le trine e i merletti ha origine nel Rinascimento. È a partire da quest’epoca infatti che la particolare “trina di Milano”, caratterizzata da motivi tradizionali floreali e a steli, diventa famosa in Italia e in Europa. Da Milano l’arte del pizzo si è diffusa in altri centri minori della Lombardia e in particolare a Cantù. Il lavoro veniva tradizionalmente eseguito a domicilio, come accade ancora oggi, con pagamenti proporzionati alla difficoltà e alla qualità dell’esecuzione. Nel 1871 i merlettai di Cantù parteciparono all’Esposizione Industriale di Milano e significativa è l’istituzione nel 1883, proprio a Cantù, di una scuola di disegno, la “Scuola di Arte Applicata all’Industria” (l’attuale Istituto d’Arte), caratteristica di quel periodo storico dove, oltre ad altre materie, si insegnava anche l’arte del merletto. All’esposizione di Torino del 1898, di Parigi del 1900 e di Chicago del 1905, il merletto canturino ottenne diverse premiazioni e numerosissimi riconoscimenti. Agli inizi degli anni ’30 venne dato nuovo impulso all’arte del merletto canturino da Fausto Melotti, chiamato ad insegnare nel 1933 all’Istituto d’Arte di Cantù; la sua didattica fu profondamente segnata e legata a quella storica del Bauhaus, che attribuiva grande valore metodologico alla ricerca delle peculiarità espressive nascoste in ogni individuo. È evidente come una tale personalità abbia influenzato profondamente la didattica artistica che si evince anche se si osservano i merletti disegnati da Melotti, e realizzati dagli stessi studenti, nei quali ogni singolo frammento assume una forte valenza espressiva che individua nuove possibilità di sperimentazione di quest’arte. La tradizione del pizzo di Cantù è molto attiva ancora oggi, anche grazie alle numerose scuole di carattere comunale che sono nate intorno all’area canturina con lo scopo di mantenere viva una secolare e gloriosa arte lombarda. Importante in questa direzione è stata l’istituzione della “Biennale Internazionale del Merletto”, manifestazione che da una parte costituisce un’esposizione storica della tipica arte di Cantù attingendo

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da collezioni private e pubbliche, e dall’altra presenta una sezione contemporanea con un “Concorso Internazionale per la progettazione dei Merletti” che ha lo scopo di sottolineare e dare nuovo slancio alla fase creativa e progettuale del merletto. Pezzotto della Valtellina Nasce nell’area della Valtellina il “pezzotto”, tappeto realizzato con tessuti di scarto o di recupero.

Dall’alto: “Inserto decorativo quadrato in merletto”, realizzato dalle allieve dell’Istituto d’Arte su disegno di G. Wenter Marini (1931-32); “La squadra del Pacifico”, eseguito da allieve e maestre del corso di merletto dell’Istituto d’Arte su disegno di F. Melotti (1933). From the top: “Square lace insert”, made by the students attending the Art College. The insert is based on a pattern designed by G. Wenter Marini (1931-32); “The Pacific team”, made by students and teachers from the Art College. It is based on a pattern designed by F. Melotti (1933).


Questo tappeto, nella tradizione lavorato a telaio dalle donne e destinato ad un uso molto pratico e funzionale, con il passare del tempo, grazie all’abilità manuale e creativa degli artigiani, è diventato un oggetto di artigianato artistico. Gli accordi cromatici ed il disegno venivano di volta in volta inventati dall’esecutrice, anche se si deve tener presente che le modalità di realizzazione del pezzotto non consentono grandi varietà geometriche. I pezzotti sono realizzati a telaio, utilizzando i tessuti di scarto come trama da intrecciare manualmente all’ordito: i più caratteristici e diffusi sono quelli chiamati “rigatino”, dove la trama stessa segue l’intreccio dei colori, senza raffigurare un particolare disegno. Tra i disegni un motivo piuttosto ricorrente è quello delle “fiamme triangolari”, realizzate in vari colori che risaltano su un fondo neutro; più recenti sono quelli a “piramide” o a “coda di pesce”, con alcune variabili geometriche come intrecci di quadrati e triangoli. I pezzotti dell’area valtellinese si differenziano da quelli prodotti nel Italia meridionale per l’utilizzo di colori più tenui e l’uso sempre più frequente della lana e del velluto, tessuti caldi ed invernali. La tradizione del pezzotto si è mantenuta viva fino ai nostri giorni, anche se è difficile stabilire quante donne realizzino tappeti facendo ancora oggi ricorso a questa tecnica. L’area sicuramente più interessante è quella di Morbegno, dove si può parlare di vere e proprie imprese artigiane, e un esempio per tutte è rappresentato dalla ditta “Ruffoni”, che già a partire dagli inizi del secolo si sono confrontate con il mercato estero, partecipando alle esposizioni internazionali e incrementando la distribuzione attraverso commissioni private, alcune delle quali anche su larga scala, come nel caso di forniture per alberghi, ristoranti, uffici. In certi casi l’intervento felice della mano di designer e architetti ha contribuito a rinnovare in senso artistico quest’arte povera. Dunque un’attività non solamente casalinga e femminile ma una vera e propria attività artigianale

che lascia intravedere una continuità e uno sviluppo, non solo artistici ma anche commerciali.

Dall’alto e da sinistra: tessitura di un pezzotto nel Laboratorio “Ruffoni” di Morbegno; esempio di rivisitazione del classico motivo a “fiamme triangolari”; particolare di un pezzotto policromo. From the top and from the left: rug weaving at the “Ruffoni” workshop, Morbegno; revisitation of the classic “triangular shaped flame” pattern; detail of a multicoloured rug.

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“Antica Filandina” esposta al Museo Didattico della Seta di Como. “Antica Filandina” on display at Museo Didattico della Seta, Como.

the art of textile manufacturing in lombardy Silk manufacturing in the Como area, Cantù’s lace and pezzotto (rustic rugs) from Valtellina: history and tradition are closely connected together in three areas that have been able to enhance the artistic side of this ancient craft. Como’s silk Silk production in the Como area started in the 15th century and achieved its climax at the beginning of the 20th century. At the time, workshops had acquired the same features and sizes of small and medium sized factories. Today, the Como area is still a textile manufacturing district. It also retains the artistic flair of an artisanal tradition thanks to a number of people who practise the art of weaving, where the quality of handmade products is the epitome of excellence. In actual fact, the international exhibitions called “Miniartextil” that were founded in Como are a benchmark for the artists working in the textile sector.

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The production carried out by the “Gegia Bronzini” workshop is of great artistic relevance. The workshop was established in the Thirties. Its activity is based on simple technologies (hand weaving on a two-heddle loom), which becomes a means to emphasize artistic creation. The exploration of new areas is also crucial: in fact, next to rich natural yarns, special yarns like copper thread and leather ribbon are often used. They embellish the fabrics with utterly unusual chromatic and tactile qualities. Gegia’s daughter Marisa Bronzini has followed in her mother’s footsteps. Nature is a veritable source of inspiration for her work, “…identifying the essence and the purity of the elements”. Unfortunately, these admirable artists that laid the foundations for great artistic handicrafts, often find it difficult to find someone they can pass their achievements and skills on, in an attempt to guarantee continuity in the future. Cantù’s lace The art of lace making in Lombardy started during the Renaissance period. Indeed, from that time onward “Milan’s special lace” became famous both in Italy and Europe. It was characterized by traditional floral and stem patterns. From Milan, the

art of lace making spread to other small town centres in Lombardy, particularly in Cantù, where the “School of Applied Arts to Industry” (now the Art College) was founded in 1883. There, the art of lace making was one of the subjects taught. Cantù’s lace won several awards at the Turin exhibition in 1898, at the Paris exhibition in 1900 and at the Chicago exhibition in 1905. In the early 30s Fausto Melotti was called to teach at the Art College, where he promoted the art of lace making in Cantù. The tradition connected with Cantù’s lace is still very much alive thanks to several state schools that were founded with the aim of keeping alive an old and glorious art from Lombardy and also thanks to the International Biennial Exhibition of Lace. Pezzotto from Valtellina Pezzotto made using discarded or recycled fabrics has become artistic products over the years thanks to the manual and creative skills of Valtellina’s craftsmen. The rugs are loom woven. The most popular ones are called “rigatino”, were the weave follows the actual colour combinations. “Triangular flames” are among some of the most popular patterns. It comes in different colour schemes against a neutral background. Recent patterns include “pyramid shaped” and “fishtail” patterns, including some geometric variants such as squares and triangles woven together. The rugs produced in Valtellina differ from those roduced in southern Italy, as they use softer colours. They also privilege the use of wool and velvet, which are warm winter fabrics. Rug weaving is still alive today, although it is difficult to establish just how many women make rugs using this technique. Veritable artisanal businesses that from the beginning of the century had to compete against the foreign market can be found in the Morbegno area. In some instances, designers and architects have successfully contributed towards transforming this humble art into a veritable art form.


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