Lo stile manageriale come fattore di successo nelle imprese alberghiere

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D E G LI S TU DI D I S AS S A RI S CIENZE U MANISTICHE E S OCIALI ___________________________

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEL TURISMO CULTURALE

LO STILE MANAGERIALE COME FATTORE DI SUCCESSO NELLE IMPRESE ALBERGHIERE

Relatrice: PROF.SSA DORIS HÖHMANN

Correlatore: PROF. PAOLO PANICO

Tesi di Laurea di: LAURA TILOCCA

ANNO ACCADEMICO 2011/2012



INDICE Introduzione ................................................................................................................... 3 1. La cultura organizzativa e il management.................................................................. 7 1.1 La cultura organizzativa ................................................................................ 7 1.2 Definizione di cultura organizzativa .............................................................. 8 1.3 Definizione del management ....................................................................... 11 1.4 Carattere oggettivo e soggettivo del management ....................................... 12 1.5 Gestione risorse interne: uno sguardo sulla Resourse-based view .............. 12 2. Gestione delle risorse umane nelle imprese alberghiere .......................................... 15 2.1 Le caratteristiche del settore turistico .......................................................... 15 2.2 Importanza delle risorse umane nelle imprese alberghiere.......................... 17 2.3 L’obiettivo del management nella gestione delle risorse umane ................. 19 2.4 Reclutamento e inserimento di nuovi dipendenti ........................................ 20 2.4.1 I processi di reclutamento e selezione .............................................. 22 2.4.2 Il processo di inserimento ................................................................ 25 2.5 La motivazione ............................................................................................ 25 2.5.1 La motivazione basata su incentivi .................................................. 28 2.5.2 Un approfondimento sull’organizzazione del lavoro ....................... 29 2.5.3 La motivazione basata sui bisogni ................................................... 30 2.5.4 La responsabilità .............................................................................. 32 2.5.5 Il concetto di autorità........................................................................ 33 2.5.6 Errori da evitare nei processi di motivazione ................................... 34 2.6 Lo stile direzionale ...................................................................................... 35 2.6.1 Le teorie x e y ................................................................................... 36 2.6.2 Una classificazione degli stili secondo gli interessi dei manager .... 36 2.6.3 Il criterio del processo decisionale ................................................... 38 2.6.4 Una classificazione più normativa ................................................... 41 2.6.5 Stili di direzione particolari: Mbo e Mbe ......................................... 41 2.6.7 La relazione tra stile direzionale e l’efficienza dell’azienda ............ 42 2.6.8 Lo stile direzionale ideale ................................................................ 43 3. La gestione delle risorse umane nelle imprese alberghiere italiane e tedesche ....... 45 3.1 Imprese italiane e tedesche .......................................................................... 45 1


3.2 Piccola introduzione alle imprese prescelte ................................................. 45 3.2.1 Atahotels........................................................................................... 46 3.2.2 Starhotels .......................................................................................... 46 3.2.3 LTI International Hotels ................................................................... 46 3.2.4 Lindner Hotels & Resorts ................................................................. 47 3.3 Cenni alle rispettive vision e mission .......................................................... 47 3.4 Analisi dei modelli di gestione delle risorse umane .................................... 49 3.4.5 Analisi a confronto ........................................................................... 53 Conclusioni .................................................................................................................. 56 Bibliografia .................................................................................................................. 59

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Introduzione L’argomento di studio di questo lavoro è la gestione delle risorse umane all’interno di imprese turistiche, in special modo le imprese alberghiere. Ho voluto focalizzare l’attenzione su questo aspetto data l’enorme importanza che il capitale umano ricopre all’interno di aziende che offrono un servizio, come appunto quelle turistiche. Infatti, soprattutto le imprese alberghiere sono caratterizzate da un elevato tasso di personal intensity, per cui la loro corretta pianificazione e gestione è di primario interesse per aziende che mirano al successo. L’analisi del management e in particolare sul come esso si comporta nella gestione delle risorse umane è stato oggetto di studio di numerosi autori prima di me a partire dalla seconda metà dello scorso secolo fino ad oggi. Questo fattore è stato di particolare rilievo soprattutto a partire dagli anni Ottanta quando, a causa della crisi economica che ha investito i paesi occidentali agli inizi di suddetta decade, i dirigenti d’impresa hanno rivoluzionato il modo di pensare il loro business concentrandosi su un migliore sfruttamento delle risorse umane, aspetto fino ad allora trascurato. A questo proposito ho voluto analizzare questo fenomeno chiedendomi se esistesse, e se sì in quale misura, una relazione tra lo stile direzionale adottato da un’impresa e l’efficienza raggiunta dalla stessa. Dalle mie iniziali conoscenze avevo un’idea piuttosto superficiale su quale fosse la migliore strategia che i dirigenti possono attuare. Quando, quest’estate, ho svolto un tirocinio in un hotel di Alghero mi sono resa conto sempre più di quanto la gestione delle risorse umane sia un fattore chiave per il successo dell’impresa, e proprio per questo motivo mi sembrava un ottimo argomento su cui indagare. Da principio e senza aver ancora intrapreso alcuna lettura specializzata, ho cercato di dare una risposta alla mia domanda. Effettivamente, se ci si pensa, in un settore come quello turistico, e soprattutto in aziende alberghiere, il personale è un aspetto di indubbia essenzialità, perché, essendo questo settore caratterizzato da un’alta incidenza del lavoro del personale, il suo sviluppo in termini di capacità e di conoscenze non potrà che migliorare la redditività dell’azienda.

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Per cui uno stile direzionale che più si adatta alle esigenze e alle necessità dei lavoratori è senza dubbio uno stile che promuove la collaborazione tra dipendenti e dirigenti, in altre parole, una condotta manageriale democratica e aperta al dialogo con tutti i membri dell’organizzazione. Per la trattazione di questo argomento si sono rivelate molto utili alcune pubblicazioni. Come si diceva precedentemente, sono numerosi i contributi su questo tema e uno fra tutti è quello di Le risorse umane nelle imprese turistiche pubblicato nel 1996 da Anna Comacchio. È stato molto utile perché molto preciso e molto pratico, inoltre, incentra il discorso proprio su punti di maggiore interesse per la mia ricerca. Hotelmanagement di U. Karla Henschel è uno dei testi tra i più adatti per questo studio in quanto restringe il campo di indagine alle sole aziende alberghiere. In questo volume l’autrice pone enfasi sulla relazione tra la prestazione dei dipendenti, e tutti gli aspetti correlati a essa, con l’efficienza che tale prestazione riesce a garantire. Oltre a ciò, presenta una precisa e dettagliata descrizione delle più utilizzate classificazioni degli stili direzionali. Un libro altrettanto valido è L’organizzazione e la direzione di un’impresa pubblicato nel 1990 da Jacques Orsoni, il quale, benché non ponga l’attenzione sulle imprese alberghiere, offre uno sguardo d’insieme sui principi generali che guidano e strutturano ogni singola impresa, e quindi si applica bene anche alle imprese turistiche. Un contributo focalizzato maggiormente sull’aspetto economico e pratico si ritrova nel libro di Giovanni Peroni del 1998 Economia e management delle imprese alberghiere, il quale analizza molto dettagliatamente il settore alberghiero e i singoli reparti. Su questa scia hanno dato un notevole contributo anche altre due pubblicazioni: il Management. Concetti e applicazioni di Megginson del 1992 e L’analisi strategica per le decisioni aziendali di Robert Grant pubblicato nel 1991. È necessario infine ricordare un fattore che non è stato citato in questi paragrafi ma che è alla base di tutte le imprese. Si tratta della cultura d’impresa e cioè di tutti quei valori e principi etici condivisi da tutti i membri dell’organizzazione che sono il punto di riferimento del management nel momento in cui si decidono le strategie orientate al conseguimento degli obiettivi. A questo proposito, di grande aiuto è stata la raccolta di saggi a cura di Pasquale Gagliardi pubblicata nel 1986 intitolata Le imprese come culture. Per la stesura di questo lavoro, i libri appena citati sono stati fondamentali. La metodologia seguita è stata quella di cercare di estrapolare il pensiero degli autori e 4


carpirne tutto ciò che poteva essere utile e valido al fine di dare alla tesi un sostegno autorevole. Nonostante tutto, la teoria è poca cosa se non si riesce ad applicarla alla realtà. Per questa ragione un intero capitolo di questo lavoro è dedicato all’analisi di quattro imprese alberghiere, ricercando in ognuna di queste i caratteri e i fenomeni analizzati nel resto del lavoro. I criteri usati per scegliere solo quattro imprese tra le numerose esistenti sono stati due. Il primo passo è stato quello di ricercare catene alberghiere o grandi gruppi di alberghi in quanto, trattandosi di aziende quotate in borsa, la dirigenza è obbligata a rendere pubblici determinate informazioni che si sono rivelate molto utili per la stesura di questo lavoro. Il secondo passo, invece, è stato quello di operare una scrematura ulteriore, ovvero quella di ricercare sui più grandi portali di prenotazione online come Trip Advisor o Hotel.info le imprese che avessero una quotazione tra le quattro e le cinque stelle e che avessero ottimi feedback dai clienti. Questo lavoro è composto da tre capitoli. Nel primo sono contenuti dei cenni alla cultura organizzativa come insieme di valori condivisi dall’intera organizzazione che sono alla base del buon funzionamento d’impresa. In seguito verrà analizzato e studiato le caratteristiche del management di ogni impresa e in particolare la gestione delle risorse umane, sempre però da un punto di vista generale. Nel secondo capitolo, invece, verrà esaminata più da vicino la gestione delle risorse umane con specifico riferimento alle imprese alberghiere. Si analizzerà l’importanza di questo fattore per il successo aziendale e si descriveranno le prime fasi di reclutamento, selezione e inserimento del nuovo personale all’interno dell’azienda. Tuttavia, questo capitolo vuole focalizzarsi su come gli stili direzionali adottati da un’impresa possono generare risultati positivi in termini di efficacia ed efficienza maggiori rispetto all’utilizzo di altri stili. A questo proposito vengono esaminate le caratteristiche e peculiarità di ciascuno stile direzionale mai teorizzato e tutte quei fenomeni associati alla realizzazione di una migliore prestazione, tra cui quello più significativo è di certo il processo motivazionale dei dipendenti. Infine il terzo capitolo cerca di trovare un riscontro pratico delle teorie spiegate nei capitoli precedenti. Verranno prese in considerazione quattro imprese turistiche e verranno analizzati i loro comportamenti nei confronti la gestione delle risorse umane in

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modo da verificare se ciò che in teoria sembra la migliore soluzione lo è realmente anche sul lato pratico.

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1. La cultura organizzativa e il management Al momento della sua costituzione, l’impresa ha bisogno di tutta una serie di indicazioni riguardanti non solo la scelta della locazione, del settore di mercato cui riferirsi, del reperimento dei fondi ma anche dell’apparato organizzativo, formato da comando e subordinati, e soprattutto di una struttura etica alle spalle cui fare riferimento, ossia la cultura organizzativa d’impresa, fatta di valori e comportamenti condivisi da tutti i membri dell’azienda.

1.1 La cultura organizzativa Secondo Gagliardi (Gagliardi 1986: 23-24) ci furono diverse circostanze che portarono al grande interesse per lo studio del fenomeno della cultura organizzativa. In particolare furono due gli eventi importanti, negli Stati Uniti e in Europa: • La pubblicazione nel 1979 di Administrative Science Quarterly, che trattando dei metodi qualitativi nella ricerca organizzativa li pone nuovamente in evidenza nello studio della struttura organizzativa; • La fondazione nel 1981 dello SCOS, Standing Conference on Organizational Symbolism, che propone l’idea secondo la quale, essendo l’impresa un fenomeno umano e sociale, lo studio dell’organizzazione deve attingere a vari settori, a partire dalla linguistica, storia, psicoanalisi fino all’antropologia. In seguito al grande interesse che questi eventi suscitarono, ci si accorse che le strutture organizzative non vanno solamente studiate da un punto di vista meramente strumentale, economico e materiale ma andrebbero anche analizzate nei loro aspetti ideativi e simbolici. Questa visione porta quindi a credere che l’impresa debba esser considerata come un insieme di entità simboliche e culturali (Gagliardi 1986: 25).

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1.2 Definizione di cultura organizzativa Negli ultimi cinquant’anni del ventesimo secolo molti autori diedero la propria definizione di cultura organizzativa. La definizione generalmente accettata dalla comunità scientifica è quella che vede la cultura d’impresa come un insieme di codici etici e valori comunemente condivisi dai membri dell’organizzazione, che si esplicano nei comportamenti attuati all’interno dell’azienda. Andrew M. Pettigrew, professore di comportamento organizzativo presso l’Università di Warwick negli anni Ottanta, propone invece un’accezione di cultura, lievemente diversa dalla definizione precedente. Egli considera la cultura come “la sorgente di una famiglia di concetti” e continua affermando “dal concetto di cultura che ho in mente discendono i concetti di simbolo, linguaggio, ideologia, credenza, rituale e mito” (Pettigrew, cit. in Gagliardi 1986: 58-59). Il simbolo qui è inteso nel suo significato antropologico, quindi come un complesso di comportamenti, oggetti, rapporti e formazioni linguistiche che spingono l’uomo ad agire. Un altro aspetto della cultura organizzativa è il linguaggio, senza il quale naturalmente non esisterebbe la cultura. Le parole, infatti, sono il veicolo attraverso il quale i valori e l’etica vengono trasmessi nella comunità e riflettono il tessuto sociale al quale appartengono. Le ideologie svolgono un ruolo importante all’interno delle organizzazioni, difatti come sostiene Pettigrew, esse sono il collegamento tra atteggiamento e azione, in quanto “l’ideologia mobilita la coscienza e l’azione, collegando responsabilità sociali a principi etici generali” (Pettigrew, cit. in Gagliardi 1986: 60). Tuttavia, sono fondamentali per la sopravvivenza delle ideologie i rituali e i miti. Il rituale, però, va preso in considerazione, non tanto il come si manifesta, quindi i vari atteggiamenti del corpo, ma quanto il contenuto del rituale, ossia il messaggio che passa tra gli attori che partecipano al rituale. Se da una parte esso “consente di condividere esperienze di appartenenza e rafforza dei valori”, anche il mito incide in questo senso in quanto contribuisce nella “determinazione e perpetuazione di ciò che è legittimo e di ciò che è considerato inaccettabile in una cultura organizzativa” (Pettigrew, cit. in Gagliardi 1986: 61). In conclusione, Pettigrew sostiene che questi concetti sopra citati agiscono tutti come una potenziale spinta all’azione e aiutano l’azienda a creare consapevolezza nei membri dell’organizzazione, a far emergere modelli normativi e far ascendere o cadere sistemi di leadership. In altre parole, Pettigrew afferma che “è attraverso questi

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meccanismi e questi processi che evolve la cultura” ed è quest’ultima che determina come verranno gestiti i problemi che insorgono nell’azienda. Un altro contributo importante all’analisi della cultura organizzativa è dato da Edgar H. Schein, professore di management per numerosi anni in carica presso l’Università del Massachusetts. In un saggio pubblicato all’interno di una raccolta, curata tra gli altri anche dal professore Pasquale Gagliardi, Schein dà una particolare e complessa definizione di cultura. Egli descrive la cultura organizzativa così:

La cultura è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò tali da essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi (Schein, cit. in Gagliardi 1986: 396397).

Cosa intende Schein per assunti fondamentali? Innanzitutto bisogna chiarire che Schein distingue tre livelli di cultura. A un livello più palese e manifesto si collocano le espressioni e le creazioni, che riguardano la tecnologia e i vari modelli di comportamento visibili e udibili. A un secondo livello si pongono i valori, rappresentazione dei valori accettati in una determinata cultura e dichiarati esplicitamente da un determinato gruppo di persone. Ed è proprio perché sono dichiarati che si parla di valori di cui abbiamo maggiore consapevolezza. Infine, a un livello inconscio, invisibili e dati per scontati trovano posto gli assunti di base, che riguardano le relazioni con l’ambiente, la natura della realtà, del tempo e dello spazio, la natura dell’attività umana e la natura delle relazioni umane. Quest’ultimi sono “i valori finali, non discutibili” (Schein, cit. in Gagliardi 1986: 397) che fanno sì che l’organizzazione abbia incorporato e assimilato un comportamento capace di risolvere problemi all’interno dell’impresa. Schein parla di un dato gruppo perché va da sé che non può esistere una cultura senza che ci sia un gruppo a cui si riferisce. Schein in particolare specifica che un gruppo deve avere alcune caratteristiche: l’aver condiviso problemi significativi, aver condiviso anche la risoluzione di quei problemi e infine aver acquisito nuovi membri. Infatti, il professore spiega che, affinché un gruppo possa essere definito come unità culturale, deve anche essere capace di “trasmettere con convinzione elementi tipici di un certo modo di percepire, pensare e sentire” (Schein, cit. in Gagliardi 1986: 402).

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La cultura organizzativa è composta da assunti che servono al management come punti di riferimento etici per stabilire obiettivi utili all’azienda. Ed essa è anche alla base della risoluzione dei problemi che l’impresa si trova ad affrontare, che siano di adattamento esterno o di integrazione interna. In parole differenti, i valori dell’impresa sono una guida per la soluzione di problemi sia da un punto di vista esterno, cioè tutto ciò che ha a che fare con la sopravvivenza del gruppo, e sia dal punto di vista interno, ossia il buon funzionamento del gruppo come team di lavoro. Inoltre, Schein afferma che gli assunti devono funzionare bene per essere considerati validi. Ciò significa che quando un gruppo di persone posto davanti a un problema attua un determinato principio culturale e ci si rende conto che, grazie a quel valore etico, il gruppo riesce ad affrontare il problema con successo, ecco che quel valore viene inglobato nella cultura di quella determinata organizzazione e il comportamento, ispirato a quel valore, verrà ripetuto nel tempo. In conclusione, Schein dichiara che “la cultura è una colla, una fonte di identità e forza” (Schein, cit. in Gagliardi 1986: 413) che corrisponde agli assunti fondamentali che un determinato gruppo di persone o l’azienda intera si propongono e che aiuta i membri di questa organizzazione a stabilire comportamenti in grado di affrontare con successo le avversità sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Entrambi gli autori, Pettigrew e Schein, anche se con qualche differenza, sottolineano la medesima struttura e funzione della cultura organizzativa: concetti di base che ispirano l’azienda e spingono i suoi membri ad agire di fronte all’insorgere di un problema. A questo punto potrebbe nascere un altro interrogativo: una volta di fronte a un’avversità, che ruolo ha la leadership dell’organizzazione? Nella letteratura possiamo trovare contributi di vari autori molto diversi tra loro. Selznick, professore presso l’Università della California, attribuisce al leader un modesto potere decisionale in quanto l’andamento del processo di risoluzione di un problema, che l’azienda si trova ad affrontare, è dovuto in gran parte al caso e all’ambiente esterno. Di tutt’altra opinione è il professor Schein che sottolinea il ruolo essenziale che gioca il leader in queste situazioni. Inizialmente sono i fondatori dell’impresa che, avendo maggiore esperienza, trovano le migliori soluzioni e svolgono un’importante funzione di guida per tutti gli altri membri. Di opinione simile è anche Gagliardi. Egli conferisce alla leadership una parte significativa in quanto è il leader che sceglie e propone una linea di condotta ed è sempre lui a far accettare un’ideologia e a trascinare il gruppo. 10


Gagliardi, inoltre, specifica le strategie che la leadership deve implementare. Si distinguono due livelli strategici: le strategie primarie, volte al mantenimento della propria identità culturale, e le strategia secondarie, quelle strumentali. Mentre le prime si ricollegano ai valori pregnanti di un’azienda, le strategie strumentali sono l’attuazione delle prime. In conclusione, la cultura organizzativa è una grande risorsa e rappresenta la struttura ideologica e simbolica cui gli imprenditori e i manager fanno riferimento nelle loro scelte di direzionale aziendale. Quindi, se la cultura raggruppa i valori alla base dell’azienda, il management è il passo successivo, dai principi culturali, infatti, i manager traggono le linee guida su cui impostare i propri obiettivi.

1.3 Definizione del management Nei paragrafi precedenti è stato illustrato a grandi linee ciò che rappresenta la cultura in un’organizzazione, ossia gli aspetti maggiormente ideologici e simbolici. Naturalmente l’impresa è fatta non solo di ideologia ma anche di pratica direzionale, ed è a questo che ci si ricollega quando si parla di management. L’azienda è un sistema complesso, dinamico, influenzato dall’ambiente e che con le proprie risorse interne deve far fronte alla concorrenza e cercare di sopravvivere sul mercato. In questa sezione verrà trattato l’argomento del management, ovvero come l’azienda, ponendo l’accento sulle proprie risorse interne, trova le migliori strategie per raggiungere il suo scopo, ossia creare valore nel tempo, in altre parole l’economicità. Nella comunità scientifica è appurato che in ogni azienda si distinguono tre livelli di management di diversa complessità. Il primo livello, detto anche livello strategico, del top management, corrispondono tutte quelle decisioni sostanziali per l’azienda, in quanto ne definiscono le caratteristiche fondamentali e gli obiettivi di lungo periodo. Al secondo livello, detto livello tattico, appartengono le scelte e le decisioni su come attuare le diverse attività in modo da raggiungere il più efficacemente ed efficientemente possibile gli obiettivi stabiliti al primo livello. Queste decisioni tengono conto naturalmente dell’utilizzo e del controllo di tutte le risorse all’interno dell’azienda, a partire da quelle materiali e finanziarie fino a quelle umane. Infine, l’ultimo livello, chiamato anche operativo, concerne le operazioni che vengono messe in atto da tutte le aree da cui l’azienda è composta.

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1.4 Carattere oggettivo e soggettivo del management La definizione che l’American Management Association propone del management è questa “il management è l’arte scientifica di conseguire gli obiettivi specifici di un’organizzazione attraverso la valorizzazione e l’impiego efficace di tutte le risorse umane e materiali che l’organizzazione stessa può acquisire e di cui può disporre” (cit. in Peroni, 1998: 204). Arte perché si pensa che il manager debba avere la giusta capacità di intuizione, di inventiva e di creatività, ma si parla di arte scientifica in quanto queste capacità devono servire, con il contributo di discipline, metodologie e dati precisi, a far sì che il manager prenda decisioni e risolva problemi inerenti all’azienda. Vengono quindi posti in risalto due aspetti di uno stesso concetto, l’aspetto oggettivo, la disciplina e il rigore delle operazioni attuate, e l’aspetto soggettivo, il manager che pensa e attraverso le sue capacità fa delle scelte per il bene dell’azienda. A sostegno di questa argomentazione è anche Ferrero (1980, cit. in Peroni, 1998: 210) secondo il quale il management non sarebbe altro che l’unione di due sottoinsiemi, quello della gestione e quello dell’organizzazione. Il primo concernente l’aspetto più oggettivo e quindi “il contenuto e l’estensione dell’unitario insieme di operazioni attraverso il quale si estrinseca la gestione medesima”, il secondo relativo all’aspetto più soggettivo, ossia “l’elemento umano che pianifica, programma, decide, realizza e controlla l’attività amministrativa”. Si può dire quindi che in un certo modo l’organizzazione precede la gestione, in quanto in un primo tempo ci si concentra sul pianificare e cercare le strategie migliori per l’impresa e, solo in un secondo momento, si passa all’attuazione di queste scelte, appunto la gestione delle operazioni e attività.

1.5 Gestione risorse interne: uno sguardo sulla Resoursebased view Come detto nel precedente paragrafo, la direzione aziendale deve stabilire gli obiettivi da perseguire, quindi pianificare le strategie per raggiungerli e infine coordinare le varie risorse di cui l’azienda dispone. Per essere operativo e adatto all’ottenimento di risultati, quindi, secondo Peroni il management deve poter contare su un utilizzo attivo, collaborativo e partecipe di tutte le forze all’interno dell’azienda. Storicamente si pensava che la redditività d’impresa potesse solo dipendere dall’ambiente esterno e da

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come l’impresa riusciva a interagire con esso. Solo a partire dagli anni Ottanta e nel corso degli anni Novanta, in seguito alla crisi economica che stava investendo il mondo, si capì che era divenuto necessario per gli imprenditori adottare una diversa impostazione per le proprie imprese. Si passa quindi da una fase in cui si ricercava la fonte del vantaggio competitivo all’esterno dell’azienda a una esattamente opposta, in cui la strategia migliore per l’azienda va formulata a partire da un’attenta analisi dell’ambiente interno all’impresa, composto da risorse e competenze. Si consolida in quegli anni la Resource-based view dell’impresa, intesa come un insieme di risorse e competenze, fondamentali per la sua strategia e performance. Occorre differenziare tra risorse e competenze. Le risorse posso essere tangibili, intangibili e umane. Le prime sono tutti quei beni fisici e finanziari, come ad esempio le materie prime e gli impianti. Al secondo gruppo appartengono tutte quelle risorse non fisiche ma di notevole significato per il successo dell’impresa, come il marchio, la reputazione o la tecnologia. Infine le risorse umane, dette anche capitale umano, sono tutti quei servizi produttivi che i dipendenti rendono all’impresa in termini di competenze, conoscenze e capacità di analisi e decisione (Grant, 1991: 166-170). In particolare sulla gestione delle risorse umane ci si soffermerà nei paragrafi seguenti. Per quanto riguarda invece le competenze, esse sono tutto ciò che l’impresa sa e può fare. Le sole risorse sono inutili se non vengono coordinate, per questo si parla di competenze organizzative quando ci si riferisce alla capacità di un’impresa di sfruttare una pluralità di risorse per intraprendere una determinata attività. Si distinguono poi in competenze di base, quelle che contribuiscono maggiormente alla redditività d’impresa, e le competenze distintive, le attività che l’impresa attua in modo migliore rispetto alla concorrenza (Grant, 1991: 170). Il professore Robert Grant ha dedicato un intero capitolo del suo lavoro l’analisi strategica per le decisioni aziendali allo studio delle risorse interne all’azienda come importante fattore di profitto. Grant sostiene che affinché le risorse e le competenze portino redditività all’azienda è necessario che soddisfino tre fattori: capacità di conseguire un vantaggio competitivo, mantenere tale vantaggio e di sfruttarlo pienamente (Grant, 1991: 177). Scrive nel suo libro quali sono i criteri secondo cui le risorse riescono a conseguire un vantaggio competitivo, ossia la scarsità e rilevanza. Per quanto riguarda la prima, è evidente che se una risorsa o competenza è largamente disponibile non necessariamente riesce a garantire un vantaggio economico. Inoltre, una risorsa o competenza deve essere rilevante ai fini dell’economicità per essere essenziale 13


per ottenere un vantaggio economico. Per mantenere il vantaggio competitivo, invece, Grant individua altre tre caratteristiche: la durata, quanto più è durevole una risorsa quanto più diventa una base solida per il vantaggio competitivo, la trasferibilità e la replicabilità, maggiori sono le possibilità di imitare o ricreare una risorsa minori sono le probabilità che queste stesse garantiscano un vantaggio economico. Per quanto concerne lo sfruttamento del vantaggio competitivo, Grant afferma che non è sempre chiara la provenienza dei rendimenti di questo vantaggio. Infatti non è sempre evidente se un buon risultato dell’azienda derivi dall’azione di un individuo, che quindi vedrebbe accrescere il suo potere contrattuale relativo, oppure dalle competenze ormai sedimentate nei comportamenti aziendali, le cosiddette routine organizzative. Importante metodo di valutazione delle risorse e competenze al fine di utilizzarle al meglio nella formulazione di una strategia è l’applicazione dell’analisi delle risorse e competenze. Il metodo che enuncia Grant si distingue in tre fasi. La prima è quella dell’individuazione delle risorse e competenze cruciali, quindi lo studio dei fattori critici di successo. La seconda fase è quella della valutazione delle risorse e competenze, analizzate sulla base di due parametri: l’importanza, ossia quanto incide nell’ottenimento del vantaggio competitivo, e il confronto con i concorrenti nell’analisi dei punti di forza e di debolezza. La terza e ultima fase è quella dello sviluppo delle implicazioni strategiche e quindi si tratta di capire come sfruttare i punti di forza, come migliorare i punti deboli e soprattutto come trasformare dei punti di debolezza in punti di forza. In mezzo secolo di storia abbiamo assistito a un notevole interessamento verso lo studio della gestione delle risorse interne all’azienda e di come queste potessero garantire effettivamente un valore aggiunto all’impresa. Grazie ai contributi di diversi autori si può concludere che una buona analisi delle risorse a disposizione dell’azienda, combinata al giusto sfruttamento in un ambiente di lavoro stabile con principi condivisi da tutti i membri, garantisce una performance di gran lunga migliore rispetto a quelle imprese che trascurano e non approfondiscono lo studio delle risorse a propria disposizione.

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2. Gestione delle risorse umane nelle imprese alberghiere Come ha evidenziato il capitolo precedente, solo dagli inizi degli Ottanta esplose un grande interesse per lo studio e l’analisi delle risorse umane all’interno di un’azienda, intese come un fattore fondamentale nella creazione di valore per l’azienda. Si capì, infatti, che i membri dell’organizzazione, non erano solo un semplice fattore produttivo, ma potevano possedere delle capacità e conoscenze utili all’azienda. Questo studio, inoltre, riveste una notevole importanza quando si parla di imprese alberghiere, in quanto, essendo attività ad alta intensità di capitale umano, è bene saper gestirlo in modo appropriato e trarne il maggior vantaggio possibile. Lo scopo di questo capitolo è quello di esaminare il ruolo che svolgono le risorse umane all’interno di ogni azienda, e in seguito di focalizzare l’attenzione sulle imprese alberghiere. Si inizierà con un’analisi del settore turistico alberghiero con focus sulle sue caratteristiche salienti, proseguendo con una descrizione di come funziona e di come si comporta il management nella gestione delle risorse umane, e infine il discorso si concluderà con un approfondimento sugli stili di direzione utilizzati dalle imprese alberghiere e la loro relazione con una migliore performance aziendale.

2.1 Le caratteristiche del settore turistico Quello turistico è un settore relativamente recente che nel corso dei decenni ha subito numerose modificazioni ma che presenta alcuni aspetti costanti. Con specifico riferimento alle aziende alberghiere, l’autore Giovanni Peroni, in una sua pubblicazione Economia e management delle imprese alberghiere (1998: 291-295), individua alcuni aspetti salienti della gestione di queste imprese: • Innanzitutto il settore turistico è caratterizzato da forte variabilità della domanda, che dipende da diversi fattori come i cambiamenti climatici, condizione finanziaria e situazione politica, ma anche dal periodo dell’anno e dalle mode del tempo.

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• Dal lato dell’offerta, si parla di rigidità dell’offerta, caratteristica anche di tutte le altre aziende produttrici di servizi, in quanto il settore turistico non è sempre in grado di rispondere con tempestività alle continue mutazioni della domanda. Tuttavia, a volte è possibile cercare di contrastare questo aspetto e, a tal proposito, la studiosa Karla Henschel (2008: 207) propone un modo per attenuare questo fenomeno che consisterebbe nella presa di provvedimenti che garantiscano una maggiore flessibilità dei componenti dell’azienda, come ad esempio nell’ambito degli orari di lavoro o dei ruoli assunti all’interno dell’organizzazione. • Un altro elemento riconducibile alla rigidità dell’offerta è quello della composizione

strutturale

dei

costi.

Nelle

imprese

alberghiere

riscontriamo una maggior presenza dei costi fissi rispetto ai costi variabili, in quanto incidono particolarmente i costi relativi alle strutture immobili, e quindi agli edifici, agli impianti, agli arredi e alle attrezzature. Ad esempio nelle imprese ad apertura stagionale, afferma Peroni, si può agire in due modi per assicurarsi la creazione di profitti, o seguendo la legge dell’offerta, per cui si impongono prezzi elevati in alta stagione, oppure, scelta considerata più saggia dallo stesso Peroni, seguire la legge della domanda e quindi allungare quanto possibile la stagione e accettare i prezzi imposti dalla domanda. • Una peculiarità di questo settore è rappresentata dal prodotto turistico che si differenzia dagli altri prodotti, tra le altre cose, per la sua immaterialità.

Ne

deriva,

quindi,

l’impossibilità

di

poterlo

immagazzinare e di offrirlo in un secondo momento. Perciò il personale dovrebbe cercare di seguire le fluttuazioni della domanda, in modo da non trovarsi eccessivamente impreparato. • Un aspetto che sottolinea Peroni riguarda l’insufficiente diffusione delle concezioni e delle tecniche di management. Secondo quanto si afferma nel suo libro, soprattutto nelle imprese di piccole e medie dimensioni a conduzione familiare, una condotta aziendale fondata su principi che non

si

adattano

alle

moderne

16

conoscenze

di

management


comprometteranno indiscutibilmente la competitività e redditività delle imprese. • Infine, un fattore che, invece viene rilevato da Karla Henschel, concerne la struttura dei costi ma incentrato sul carattere umano dell’azienda. Infatti, i costi relativi al personale influiscono considerevolmente sulla spesa aziendale. Diviene perciò necessario, secondo

Henschel,

programmare accuratamente il fabbisogno, la scelta e il collocamento del personale in azienda, compito naturalmente affidato al management. Risulta, quindi, evidente quanto incida l’agire del personale ai fini del conseguimento degli obiettivi ultimi dell’azienda. Di seguito verranno analizzate più da vicino le caratteristiche della gestione del personale.

2.2 Importanza delle risorse umane nelle imprese alberghiere Nello specifico delle aziende alberghiere è necessario evidenziare, come primo aspetto, le varie categorie in cui il personale può essere classificato, dipendendo dalla relazione che esso intrattiene con la clientela. Si parla di personale continuamente a diretto contatto con la clientela, chiamato anche di front-office, e comprende il personale di ricevimento, gli addetti al ristorante e alla sala, al bar ecc. Oppure il personale che invece non lavora a contatto con i clienti, detto anche personale di back-office, ma che svolge tutta una serie di attività che vanno a completare i servizi offerti dal personale a stretto contatto con il pubblico, come ad esempio la cucina, la lavanderia o la pulizia ai piani. Infine, il personale che non è a contatto con la clientela ma che contribuisce al valore dell’azienda tramite attività collaterali come la manutenzione e riparazione, magazzinaggio ecc. Le risorse umane all’interno di un’azienda ricoprono una funzione primaria nella creazione di valore nel momento in cui riescono a fornire e a garantire un vantaggio competitivo. Per far sì che ciò accada, la studiosa Anna Comacchio ha specificato tre caratteristiche che le risorse umane devono presentare (Comacchio, 1996: 8-9): • Devono essere fonte di valore aggiunto. Garantiscono la sopravvivenza dell’azienda nella misura in cui riescono “a sfruttare un’opportunità o neutralizzare una minaccia ambientale”;

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• Devono essere risorse rare. Oltre a essere fonte di valore aggiunto, le risorse devono possedere un carattere di unicità, non devono essere conosciute dalla concorrenza; • Devono essere difficilmente imitabili. Questo è il caso di specifiche competenze del personale oppure, un esempio potrebbe essere il lavoro di gruppo che acquista valore solo nel momento in cui tutti i membri collaborano insieme. Un modello che permette di analizzare a fondo quali siano le componenti del personale che assicurano maggiore valore per l’impresa, non solo tra le imprese concorrenti, ma anche all’interno della medesima impresa è quello della catena del valore elaborato da Porter nel 1985. In realtà si tratta di un modello applicabile a qualsiasi impresa e per un’azienda alberghiera nello specifico si può costruire come descritto nella figura (a cura di Anna Comacchio, 1996). Immagine 1. La catena del valore di Porter

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La catena di valore si compone di due tipi di attività, quelle primarie e quelle di supporto. Tra le attività primarie si possono distinguere i servizi collegati al momento dell’arrivo e della partenza, le attività associate alle operazioni di back-office, le attività a diretto contatto con il cliente, le attività di marketing e promozione dei prodotti offerti dall’azienda e, infine, i servizi collaterali, come la manutenzione ordinaria e straordinaria. Per quanto riguarda invece le attività di supporto, si distingue tra attività infrastrutturali (come la pianificazione, l’amministrazione, la gestione finanziaria, servizio legale ecc.), attività di approvvigionamento di tutti quegli input essenziali per il corretto funzionamento aziendale, attività di sviluppo della tecnologia (tutto ciò che riguarda le innovazioni in campo informatico e telematico), gestione delle risorse umane, fondamentale attività nel momento in cui i bisogni dell’individuo vanno a coincidere con quelli fissati dall’azienda, per cui il perseguimento dei primi porta di conseguenza a una migliore resa in termini di performance. L’opinione di Porter (1985, cit. in Comacchio 1996: 12-14), quindi, avvalla ulteriormente la tesi secondo cui il personale può essere decisivo per il profitto dell’azienda.

2.3 L’obiettivo del management nella gestione delle risorse umane Si può affermare che il management è l'attività degli imprenditori e dei manager che guida in una certa direzione l'operato dei dipendenti. In particolare, nelle aziende alberghiere questa attività gioca un ruolo di grande rilievo in quanto il successo di un hotel dipende non solo dai servizi che esso offre ma, come sottolineato nei precedenti paragrafi, dal valore creato dai personale e dalla sua interazione con la clientela. A questo proposito una frase dello studioso Scifo (cit. in Peroni 1998: 218) appare confermare

quanto

detto

in

precedenza,

“dirigere

la

componente

umana

dell’organizzazione è la mansione centrale, la più importante, perché tutto il resto dipende da come essa viene svolta”. Henschel (2008: 237) offre la propria interpretazione di come debba comportarsi il manager nella gestione del personale. Assume notevole importanza nel lavoro del manager estrapolare ciò che di meglio possono offrire i dipendenti sia a livello fisico che psichico, in modo che contribuiscano efficientemente al fine ultimo dell'azienda. La prestazione, secondo Henschel, è un insieme di input sia a livello fisico, e quindi le capacità richieste nell’esecuzione di un compito, che a livello psichico perché, durante

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lo svolgimento del compito, entrano in gioco e ricoprono un ruolo determinante le competenze e le caratteristiche personali del dipendente. Inoltre, sempre come afferma Henschel, la prestazione dei dipendenti non va solo studiata da un punto di vista quantitativo, come l’insieme di tutti i lavori svolti dal dipendente, ma va analizzata anche da un punto di vista qualitativo, ad esempio come sono portati a termine questi compiti, il rispetto delle scadenze e degli obiettivi. Inoltre, Henschel distingue ancora altri elementi utili al conseguimento della prestazione ottimale: capacità fisiche e psichiche, la personalità dei dipendenti, le condizioni di lavoro, propensione verso una buona prestazione di lavoro e lo stile direzionale. Questi due ultimi sono anche quelli che più incidono nell'ottenimento del miglior risultato per l'azienda. Con buona propensione al lavoro s’intende quella particolare attitudine che un dipendente mostra nei confronti dell’azienda e si caratterizza da un’elevata propensione, appunto, a lavorare bene e in linea con gli obiettivi d’azienda. Perché un manager ottenga questo atteggiamento dai dipendenti, occorre che sappia ben motivare e incentivare i propri collaboratori. A questo proposito è di primaria importanza la scelta dello stile direzionale, in quanto è un modello di regolamentazione più o meno precisa dei comportamenti e dei rapporti che vengono a instaurarsi tra comando e subordinati, per cui un buon manager deve scegliere il miglior stile che sia in grado di motivare e incentivare i propri dipendenti. Si rimanda, comunque, ai paragrafi successivi per un’analisi più approfondita di questo argomento. Azioni preliminari alla motivazione dei lavoratori verso una prestazione ottimale sono, naturalmente, prima il reclutamento e poi l’inserimento degli individui in una determinata azienda.

2.4 Reclutamento e inserimento di nuovi dipendenti Come si procede in genere all’assunzione di nuovo personale all’interno di un’azienda? Ogni azienda presenta un modello proprio e sarebbe inadeguato, in questa sede, discutere e apportare tutti i modelli che le varie aziende attuano, tuttavia ci sono delle caratteristiche fondamentali che i manager di ogni azienda seguono. Un’interpretazione offerta dall’autrice Anna Comacchio (1996: 17-18) propone tre criteri da seguire nella ricerca di nuovo personale. Innanzitutto è fondamentale

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ricercare coerenza tra strategia e risorse umane. Queste ultime devono essere in possesso di qualità, conoscenze e competenze che siano utili e adatte al perseguimento degli obiettivi ultimi dell’impresa. “Si tratta quindi di individuare quali siano le relazioni tra core capabilities aziendali, quei processi che stanno alla base del business e delle risorse umane”, afferma Comacchio, citando gli studiosi Buttingnon (1996), Prahalad e Hamel (1990). Il secondo passo nella scelta del personale è l’allocazione efficiente delle risorse. Soprattutto in questo settore dove il personale ha un’elevata incidenza nella struttura dei costi, si ambisce a ridurre il costo del lavoro, da un lato, mentre dall’altro, è bene rendere il lavoro quanto più possibile flessibile, al fine di reagire nel modo migliore alle fluttuazioni della domanda. Un ulteriore apporto deriva da uno studio di Hamel (cit. in Comacchio, 1996: 18), secondo il quale un fattore da tenere in considerazione è l’effetto leva. Ciò significa conoscere le competenze e le potenzialità degli individui e stabilire i modi in cui queste capacità possano essere sfruttate e trasformate in processi lavorativi di successo. Un aspetto, che secondo molti autori è piuttosto significativo nelle imprese turistiche, è la concezione del tempo. Secondo Anna Comacchio (1996: 18) il tempo influenza la gestione delle risorse umane in due modi. Da un lato, prende in considerazione l’elevato ricorso agli stagionali. Infatti, per quanto riguarda nello specifico le strutture ad apertura stagionale, diviene un elemento di cruciale importanza la buona gestione dei tempi e capacità di selezione e inserimento in modo che i lavoratori stagionali siano produttivi nel minor tempo possibile. Dall’altro, mette l’accento sul tempo necessario affinché un lavoratore abbia imparato, acquisito e reso produttivo ciò che l’azienda gli ha insegnato. È essenziale, quindi, che il lavoratore abbia avuto il tempo per interiorizzare e valorizzare il knowhow dell’azienda per trasmetterlo poi a livello organizzativo. In particolare, un aspetto che la gestione delle risorse umane deve tenere in conto è la coordinazione dei vari membri dell’organizzazione secondo un turn-over in grado di assicurare all’azienda livelli di efficienza ed efficacia migliori e quindi di un adeguato ritorno di investimento. Sempre a tal proposito, Henschel (2008: 229), a differenza di Comacchio, studia il tempo sotto una luce diversa. Nella sua trattazione pone il tempo e il suo valore a confronto le attività delle imprese alberghiere.

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Da questo punto di vista, all'interno dell'azienda si possono distinguere tre tipi di attività, la cui efficacia dipende dalla loro relazione con il tempo: • il lavoro immediato, intendendo con questa definizione tutte quelle attività che vanno espletate nell'esatto momento in cui vengono richieste dal cliente, come ad esempio dare informazioni ai clienti o preparare un pasto in cucina; • il lavoro con limitate possibilità di immagazzinamento, tutto ciò che è legato al consumo da parte dei clienti la cui preparazione, però, avviene precedentemente rispetto all’effettivo consumo, come ad esempio la preparazione del buffet di colazione. Tuttavia, si tratta comunque di un lasso di tempo limitato; • infine il lavoro che consente di immagazzinare i prodotti, ossia quelle attività che vengono prodotte indipendentemente dal momento nel quale la clientela usufruirà di quel servizio, per cui è possibile preparare un prodotto e immagazzinarlo per un successivo utilizzo. Un esempio potrebbe essere il lavoro di preparazione del reparto della cucina oppure il servizio di pulizia nei piani. La condizione migliore per l'azienda, continua Henschel, si presenta nel momento in cui un numero sempre più alto di attività presenta maggiori possibilità di produrre un bene immagazzinabile. Così facendo, l'azienda potrà garantire maggiore controllo, una riduzione dei costi e di conseguenza maggiore efficienza.

2.4.1 I processi di reclutamento e selezione Se passiamo al carattere più pratico della selezione, reclutamento e inserimento dei nuovi dipendenti all’interno di un’azienda alberghiera possiamo evidenziare alcuni aspetti fondamentali. Prima di tutto è necessario sottolineare quanto questa attività sia particolarmente cruciale per il successo dell’azienda in quanto le risorse umane rappresentano uno dei fattori più significativi all’interno di un albergo e comportano un’elevata quota delle spese d’azienda. Per questo motivo il management deve prestare attenzione alla gestione delle risorse umane in modo da garantire all’impresa una maggiore efficacia in termini di flessibilità e allo stesso tempo di professionalità tipiche delle imprese turistiche.

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I membri management devono aver ben chiaro in mente di quali figure professionali necessita l’azienda e, a tal proposito, pratica molto diffusa in diverse aziende, è quella di stabilire a priori un modello di candidato ideale a ricoprire un determinato ruolo all’interno dell’azienda. Son da decidere, quindi, le conoscenze e le competenze che un individuo deve possedere, ma non solo, perché i manager devono anche precisare cosa cerca l’azienda in termini di personalità e attitudini sociali (Henschel, 2008: 225-226). L'azienda ha a disposizione, una volta che il candidato presenta la domanda di assunzione, tutta una serie di elementi, come il CV, le referenze da precedenti datori di lavoro, il colloquio, che può utilizzare per capire quanto una persona corrisponda al profilo del dipendente ideale ricercato dall’azienda. Il management, in seguito, può passare all’analisi del potenziale del candidato rispetto ai criteri decisi dall'azienda e, se vi è un certo margine di corrispondenza, si procede all'assunzione. Tuttavia, questo approccio di reclutamento, esaminato da Henschel, non è l’unico né sembra tantomeno essere quello più adatto per le imprese alberghiere, proprio in virtù del fatto che esse presentano una struttura a elevata intensità di personale. Il metodo, che Comacchio (1996: 145) considera il più idoneo per questo tipo di imprese, è un approccio “orientato più al soggetto e al sistema organizzativo” rispetto al precedente. Questo modello è generalmente utilizzato da imprese di due tipi: o piccole imprese in cui non è possibile codificare a priori le caratteristiche specifiche di una determinata posizione, in quanto non esiste un certo grado di formalizzazione del sistema, oppure nel caso in cui un’impresa sia maggiormente orientata verso l’identificazione di un insieme di processi da svolgere, obiettivi e problemi da risolvere e l’adattamento a questi da parte dell’individuo. Nel primo caso il processo di selezione del personale dipende da due fattori, da un lato dall’esperienza e dalle conoscenze di chi è addetto al reclutamento, dall’altro dai sistemi di formalizzazioni esterni, come ad esempio le leggi quadro sul turismo che regolano le figure professionali, normative regionali, istituti di formazione ecc. Mentre nel secondo caso si tratta di imprese che preferiscono seguire un diverso approccio rispetto a quello più oggettivo e razionale spiegato da Henschel, anzi quasi contrario. Esse cercano una persona capace di adattarsi al sistema organizzativo di quella impresa mostrando di essere in grado di svolgere correttamente i compiti, raggiungere gli obiettivi e risolvere problemi inerenti all’azienda. Si rivela, quindi, d’obbligo, nel seguire questo modello, considerare non solo le caratteristiche di una 23


persona, ma anche il sistema organizzativo di un’impresa, i suoi principi culturali, l’immagine che dà di sé e il prodotto offerto. Ciononostante, nella selezione del nuovo personale, nel caso delle imprese turistiche, esistono alcune competenze standard che i candidati devono possedere. Comacchio distingue tre categorie: • conoscenze tecnico-operative (lingue straniere, conoscenze tecnologiche e informatiche, conoscenze relative al servizio svolto, come ad esempio procedure di ricevimento o booking); • conoscenze gestionali (conoscenze sul settore di riferimento con focus sulla concorrenza e aspetti normativi, conoscenze di mercato, conoscenze organizzative); • conoscenze relazionali (comunicazione verbale, capacità di persuasione, capacità di ascolto, gestione di un gruppo). Ulteriori indicazioni della performance di un candidato possono essere i risultati ottenuti durante esperienze lavorative in altre aziende, oppure titolo di studio e votazione acquisiti, o ancora il livello di intelligenza ecc. Infine, tra i numerosi altri approcci alla gestione delle risorse umane, un altro modello, spiegato da Ratti (1989, cit. in Comacchio 1996: 159-160), sembra essere particolarmente utile e decisivo, soprattutto quando si parla di aziende alberghiere. Si tratta del modello delle competenze. Quest’ultimo mette l’accento non tanto sulle caratteristiche di cui ha bisogno il candidato per svolgere una determinata mansione, quanto, e sta qui l’aspetto innovativo, sulle peculiarità delle persone che svolgono in maniera corretta una data mansione. Comacchio definisce la competenza come il risultato di diversi fattori relativi a una persona, e sono la motivazione, la visione personale, la conoscenza e le capacità cognitive e comportamentali. E cita “le competenze di successo sono una caratteristica, tratto o capacità personale che porta o genera una prestazione di tipo superiore” (Comacchio 1996: 160). In seguito si procede al colloquio con il candidato, colloquio che di norma segue le regolamentazioni della Bei (Behavioural Event Interview). Essa consiste nel ricostruire modelli di comportamento e percorsi cognitivi eseguiti dai dipendenti, che portano a risultati di successo.

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2.4.2 Il processo di inserimento Una volta che il candidato si dimostra idoneo e passa la selezione, può iniziare il processo di inserimento in azienda. Tale processo, come evidenzia Comacchio, è di fondamentale importanza in quanto è il primo incontro tra il neo-assunto e il sistema organizzativo dell’impresa, durante il quale egli si avvicina e apprende norme, tecniche, valori e linguaggi specifici di quell’impresa. Compito dei manager, in questo frangente, è quello di far sì che il neo-assunto s’inserisca in quel contesto sociale e che diventi operativo ed efficiente nel minor tempo possibile. Per questi motivi i dirigenti devono far sapientemente leva sulla motivazione del lavoratore. Esiste una fase precedente all’inserimento vero e proprio ed è quella dell’accoglimento (Comacchio, 1996: 165). Durante questa fase vengono forniti al neoassunto tutta una serie di informazioni essenziali per conoscere il funzionamento dell’azienda e come comportarsi. Queste informazioni riguardano il carattere generale dell’organizzazione, le mansioni assegnate, il contesto sociale e le relazioni tra i membri ai vari livelli dell’organizzazione, gli aspetti normativi e le regole di sicurezza del lavoro da rispettare. Si procede poi alla fase di inserimento nel quale il dipendente, ormai conscio del funzionamento generale dell’impresa, può iniziare a essere operativo nel vero senso della parola.

2.5 La motivazione In questo paragrafo verrà trattato uno degli elementi più significativi per la gestione delle risorse umane ma anche uno tra i più difficili da sfruttare, in quanto comporta non solo le conoscenze aziendali di base che i manager devono avere, ma anche delle conoscenze sul piano psicologico per meglio comprendere e sfruttare a fondo i propri dipendenti. Quando i manager riescono nell’intento di motivare e incentivare i loro dipendenti a migliorare la propria prestazione lavorativa, l’impresa nel suo complesso ne godrà i benefici, i quali si traducono in migliore efficacia ed efficienza e, soprattutto, in migliore redditività. Un contributo su questo argomento arriva dalla studiosa Henschel (2008: 238239), secondo la quale esistono due modi per raggiungere la migliore prestazione: dall'esterno e dall'interno di una persona. Per quanto riguarda l'esterno, il comportamento più comune è quello di obbligare una persona, di esercitare in modo

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eccessivo l'autorità da parte dei dirigenti. Ma si è notato che percorrendo questa strada non si è mai ottenuto alcun risultato positivo. Al contrario, grande risposta in termini di buone prestazioni l'ha dato un corretto uso della motivazione sui collaboratori. A tale proposito, Henschel (2008: 238-241) definisce la motivazione come un processo attraverso il quale il collaboratore, stimolato dai suoi superiori, con il suo lavoro riesce a contribuire nella maniera migliore, più facile e veloce alla creazione di valore per l'azienda1. Anche Megginson, insieme ad altri autori, nella pubblicazione Management. Concetti e applicazioni (1992: 531) propone una definizione di motivazione simile a quella offerta da Henschel, ponendo però una maggiore attenzione sull’aspetto psicologico del processo. Infatti, afferma Megginson che la motivazione è il “processo con il quale s’induce un individuo, o un gruppo di individui con esigenze e personalità distinte, a conseguire gli obiettivi generali dell’organizzazione in concomitanza al perseguimenti degli obiettivi particolari”. È evidente che esiste una correlazione molto stretta tra motivazione, capacità individuali e performance. A sostegno di questa affermazione, Megginson scrive nel saggio citato precedentemente che se la produttività dipendesse esclusivamente dalle capacità individuali, la redditività crescerebbe in modo direttamente proporzionale con l’accrescimento

delle

Immagine 2. Funzione della motivazione

capacità individuali. Ma se questo fosse vero, non si spiegherebbero

i

casi

di

aziende in cui convivono diversi

team

di

lavoro

composti da membri dalle capacità simili. Infatti in questi casi si riscontrano spesso delle differenze in termini di efficienza tra le persone ben motivate e le

1

“Durch Motivation soll erreicht werden, einen Mitarbeiter innerhalb seiner Arbeitswelt zum Handeln anzuregen, um die Ziele des Hotels besser, leichter und schneller zu erreichen”. (Henschel 2008: 239)

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altre che lavorano in un team dove questo aspetto viene trascurato. Come continua Megginson “i dipendenti non sono macchine, ma persone che la facoltà di regolare la loro performance e che quindi vanno motivate: la performance, in altri termini, non è direttamente proporzionale alla capacità, ma dipende anche dalla motivazione”. Questo fenomeno è particolarmente visibile nella figura. La motivazione è un processo individuale in quanto fa riferimento, come si accennava

prima,

a

bisogni e stimoli distinti Immagine 3. Processo della motivazione

da persona a persona. Megginson pone in grande rilievo

l’aspetto

psicologico

di

questo

fenomeno.

Secondo

studioso,

i

dovrebbero sullo

lo

manager focalizzarsi

studio

del

comportamento umano, la cui conoscenza permetterebbe loro di capire più facilmente cosa proporre ai propri dipendenti nel momento in cui devono trovare gli incentivi e gli stimoli giusti al fine di migliorare la redditività d’impresa. Nel suo saggio Megginson propone una definizione di comportamento umano, secondo la quale si possono distinguere tre elementi caratterizzanti: il comportamento umano è causale, orientato ad obiettivi e non è isolato. Cosa s’intende con questa definizione? La figura è piuttosto esplicativa: il comportamento umano è causale in quanto segue precise logiche che dipendono dalle persone e sono diverse da persona a persona. Esso è orientato a obiettivi, poiché le logiche che segue conducono al soddisfacimento dei propri bisogni. Analizziamo adesso il procedimento motivazionale illustrato nella figura. I dipendenti avvertono dei bisogni che provocano in loro dei comportamenti orientati al loro soddisfacimento, il manager, allora, propone degli incentivi al fine di stimolare i lavoratori. Questi ultimi si sentono motivati a dare di più nel loro lavoro e ciò porta a una migliore performance. Il compito del manager è in questo caso quello di fare in modo che i bisogni avvertiti dai lavoratori vadano a coincidere con quelli ultimi dell’azienda. Per cui, se da una parte la performance porta al soddisfacimento dei bisogni individuali, contestualmente assicurerà il soddisfacimento degli obiettivi aziendali. 27


2.5.1 La motivazione basata su incentivi Esistono poi altri elementi correlati che vanno a rinforzare la funzione della motivazione, tra questi: gli incentivi, sia materiali (aumento di stipendio, benefici economici o partecipazione a un

Immagine 4. Stimoli alla motivazione

progetto di successo) sia immateriali (possibilitĂ

di

avanzamento

Compiti da svolgere

di

carriera, corsi di aggiornamento o sicurezza del posto di lavoro); le

Stile di Direzione

Incentivi immateriali

condizioni di lavoro, ossia tutto ciò che riguarda gli orari di lavoro, la

Incentivi materiali

Motivazione

Informazione

preparazione del lavoro o il posto di lavoro;

una

stimolante

Condizioni di Lavoro

comunicazione insieme a un corretto

Organizzazione del Lavoro Comunicazione

scambio di informazioni tra comando e subordinati; l'organizzazione del lavoro, inteso come le caratteristiche di job rotation, job enlargement o job enrichment (che approfondiremo in seguito); il lavoro inteso propriamente come i compiti da svolgere; infine, lo stile direzionale. La combinazione e lo studio di questi fattori consentono al management di stabilire che ruolo all'interno dell'Hotel affidare a una determinata persona. Su questo tema anche Comacchio (1996: 40) esprime il suo parere. Il suo contributo è ben sintetizzato dalla Tabella 1 (modificata dall’autrice di questo lavoro). La studiosa Comacchio fa un elenco di tanti tra quelli che afferma essere dei fattori motivanti e conduce una specifica ricerca nel campo delle agenzie di viaggio e tour operator, ristoranti e alberghi. Nel nostro settore di interesse, quello alberghiero, possiamo notare, secondo questa ricerca, quanto siano determinanti ai fini motivazionali gli incentivi retributivi allo stesso livello dei rapporti amichevoli tra comando e subordinati (con ben il 60,8% delle preferenze).

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Immediatamente dopo vengono gli incentivi di maggiore autonomia (con il 38,0% delle preferenze).

Tabella 1. Incentivi a una migliore prestazione

2.5.2 Un approfondimento sull’organizzazione del lavoro Nel paragrafo precedente l’organizzazione del lavoro è uno degli elementi che può motivare un dipendente. Le mansioni che si possono svolgere nel settore turistico si possono dividere in due categorie, quelle di routine, monotone e sostanzialmente esecutive e quelle ad alto contenuto professionale. Ma non è solo la descrizione di diverse mansioni, infatti Comacchio (1996: 224) evidenzia che questi due aspetti, di monotonia e alto livello di professionalità, possono convivere in una stessa mansione. L’autrice fa l’esempio, a questo proposito, del lavoro del portiere di notte per cui di norma non sono richiesti grandi qualifiche, ma nel momento in cui si dovesse presentare qualche problema o qualche urgenza da parte della clientela, il portiere notturno dovrebbe essere in grado di risolverlo. Le imprese, quindi, si ritrovano da una parte a dover migliorare una mansione routinaria e dall’altra di perfezionare la relazione tra dipendenti e clienti nei momenti in cui è richiesto un intervento ad alto contenuto di professionalità.

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Costa (1990, cit. in Comacchio 1996: 223-224) individua, a questo proposito, una serie di interventi di riprogrammazione del lavoro: • Job enlargement, consiste nell’incremento della quantità dei compiti dello stesso livello assegnati a un dipendente; • Job rotation, si affidano a uno stesso dipendente diverse mansioni dello stesso livello oppure di livello diverso in modo da rompere la monotonia e sviluppare nuove competenze nell’individuo; • Job enrichment, i dipendenti vengono incaricati di una mansione che presenta compiti di vario livello. Comacchio porta ad esempio una cameriera ai piani che svolge anche il compito di controllare e fare una lista degli accessori mancanti, incorporando così una mansione routinaria con un carattere di decisione e controllo. • Work group, prevede la partecipazione a un gruppo di lavoro e rappresenta a grandi linee una combinazione tra i tre punti precedenti. Non esistono studi che garantiscono al cento per cento la correlazione tra organizzazione del lavoro e motivazione, ma diversi autori, come Comacchio e come Henschel, son convinti che effettivamente ci sia un nesso di causalità tra le due. Infatti, anche nella realtà delle imprese questo aspetto organizzativo è tenuto in seria considerazione ai fini motivazionali.

2.5.3 La motivazione basata sui bisogni Oltre agli incentivi di vario genere e all’organizzazione delle mansioni, appare evidente che un’altra spinta motivazionale arrivi anche, come citato in precedenza da Megginson, dall’impulso degli individui a soddisfare i propri bisogni. In questo senso, uno dei contributi maggiormente riusciti è quello dato da Maslow, citato in Megginson (1992:537-541), con la sua piramide dei bisogni, mostrata nell'Immagine 5.

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Immagine 5. La Piramide dei bisogni di Maslow

Secondo il professore, il comportamento umano sarebbe influenzato e guidato dalle necessità degli individui, i quali agiscono al fine di soddisfare questi bisogni. Alla base di questa piramide si trovano i bisogni primari dell’uomo, come i bisogni fisiologici e di sicurezza. Nel momento in cui l’azienda non riesce a soddisfare questi bisogni, i dipendenti non si sentono più al sicuro e tutelati e ciò influisce negativamente sulla loro performance. L’azienda in questo caso può intervenire su un aumento della retribuzione, ferie, pause o su migliori condizioni di lavoro e relazioni con i sindacati. A un gradino più alto della piramide di Maslow troviamo in seguito i bisogni sociali, il cui soddisfacimento agisce come una leva motivazionale nei dipendenti per cui, alla luce di ciò che è stato detto prima sul ruolo della motivazione, il non soddisfacimento porta a gravi ripercussioni sulle prestazioni dei lavoratori. A questo proposito, l’azienda potrebbe istituire gruppi di lavoro formali e informali, attività ricreative ecc. Più si va

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avanti percorrendo la piramide di Maslow più s’incontrano esigenze dei lavoratori che raramente vengono soddisfatti appieno dalle aziende. Un esempio sono i bisogni di stima che incontriamo a un livello tra i più alti e riguardano i bisogni di stima di sé da una parte, e dall’altra il bisogno di godere di buona reputazione presso gli altri. L’azienda in questo caso può riconoscere premi oppure proporre avanzamenti di carriera. In cima alla piramide troviamo i bisogni di autorealizzazione, i quali sono espressione delle massime potenzialità dei lavoratori. Tuttavia, nel mondo del lavoro si presentano continuamente nuove occasioni di crescita per cui è difficile che queste necessità siano pienamente soddisfatte. L’azienda, per garantire il soddisfacimento di questi bisogni, potrebbe assegnare compiti interessanti o che implichino grandi capacità creative. I comportamenti che gli individui attuano saranno molto differenti a seconda che ricerchino di soddisfare un bisogno piuttosto che un altro e “lo stesso vale per lo stile di direzione raccomandato”, afferma Jacques Orsoni (1990: 90) quando spiega nel suo saggio la piramide di Maslow.

2.5.4 La responsabilità La motivazione, inoltre, viene spesso garantita da un ulteriore fattore. Molti studiosi ne hanno fatto ricerche e hanno individuato che diventa certamente determinante il delegare certe decisioni e, di conseguenza, trasferire delle responsabilità ai dipendenti. Ciò migliora notevolmente la resa lavorativa. Per responsabilità di norma s’intende l’assumersi le conseguenze di ciò che si fa, ci si assume, appunto, la responsabilità dei propri comportamenti. Nel mondo lavorativo, come sottolinea anche il professor Jacques Orsoni (1990: 55), la responsabilità di un qualsiasi membro dell’organizzazione corrisponde al fatto che debba prendere decisioni in merito alla propria funzione. Inoltre, Orsoni sottolinea la relazione esistente tra responsabilità e capacità di prevedere, e afferma “può essere responsabile solo chi riflette in anticipo sulle ripercussioni dei suoi atti; dunque è responsabile solo chi sa prevedere”. Nel momento in cui l’individuo riesce a prevedere quali saranno le conseguenze delle sue azioni, si sente una persona libera. Secondo Orsoni, è proprio per questa sensazione di libertà e controllo delle proprie azioni che all’interno dell’organizzazione i membri sono motivati quando vengono affidate loro delle responsabilità. 32


In questo senso, andrebbe citato anche un contributo di Comacchio (1996: 223). La studiosa, infatti, parla di autonomia, intendendo così quel grado di potere decisionale e di controllo che viene affidato al dipendente per fini motivazionali. In conclusione, che la si chiami responsabilità o autonomia si vuole comunque intendere quello spazio che viene assegnato al dipendente in modo da incentivarlo a dare sempre il meglio e a offrire all’azienda una prestazione sempre migliore. Il concetto di responsabilità è, oltre a ciò, collegato alla nozione di autorità all’interno dell’azienda, ma di ciò si tratterà nel prossimo paragrafo.

2.5.5 Il concetto di autorità Innanzitutto occorre chiarire cosa s’intende per autorità. Il concetto rimanda alle relazioni tra comando e subordinato e cioè il potere e il diritto del primo di prendere decisioni e richiedere che dei compiti vengano svolti dai dipendenti. In questo senso, infatti, il dirigente ha facoltà di assegnare dei compiti ai lavoratori, quali, di conseguenza sono investiti di una certa responsabilità. Prima Orsoni (1990: 52-54) e poi Henschel (2008: 241) trattano l’argomento e distinguono tre tipi di autorità: • Autorità istituzionale. È il tipo estremo di relazione tra comando e subordinato, secondo il quale viene enfatizzata la gerarchia, l'ordine, la forza e l'obbligo a seguire accuratamente le regole fissate dai superiori. Questo modello funziona secondo pochi principi, ovvero dare degli ordini, verificarne la corretta esecuzione, comunicarne eventualmente delle sanzioni in caso di errori da parte dei dipendenti. Essendo eccessivamente restrittivo e non dando spazio di comunicazione con i subordinati, viene da sé che non consente all'azienda un buon risultato economico. • Autorità basata sulla conoscenza. Essa rappresenta uno degli stili direzionali più opportuni, secondo Henschel. Basa il proprio modello sulle conoscenze e capacità degli individui utilizzate nella risoluzione dei problemi, difatti a differenza dello stile precedente, l’autorità basata sulla conoscenza si fonda sulle persone e sulle loro interrelazioni. Infatti, una persona assume un certo grado di autorità nella misura in cui possiede determinate capacità e conoscenze. Secondo Orsoni, in questo caso si

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dovrebbe sostituire il termine autorità con influenza, in quanto “se il consulente oltrepassa le sue competenze, la sua autorità abusiva perturba la linea gerarchica” (Orsoni, 1990: 53). • Autorità personale. Questo modello è simile al precedente per quanto riguarda l'importanza che dà alla comunicazione tra comando e dipendenti, ma pone l'accento su un altro aspetto. Vengono infatti poste in risalto alcune caratteristiche della personalità appartenenti al dirigente aziendale (come la fiducia, l'integrità, il carisma ecc.) che gli consentono di farsi obbedire spontaneamente dai subordinati. Appare evidente che la prima forma di autorità difficilmente potrà portare a dei buoni risultati, in quanto non permette una buona comunicazione tra membri dell'organizzazione e nemmeno mette in atto processi di motivazione. Per cui la migliore conduzione d'impresa, secondo Henschel, sta nella combinazione tra le seconde due. Pertanto il management dovrebbe cercare di orientare i dipendenti verso un'ottima prestazione in termini di svolgimento corretto del lavoro e di ottenimento degli obiettivi dell'azienda, tenendo sempre in considerazione, però, i bisogni e delle aspettative dei dipendenti. Anche nelle imprese alberghiere, conferma Henschel, si verifica il problema per il management di riuscire a ben equilibrare i due aspetti, e quindi considerare il lavoratore non solo come un fattore produttivo ma cercare anche di costruire un ambiente sociale stimolante dove i lavoratori partecipano all'ottenimento degli obiettivi d'azienda motivati e contenti.

2.5.6 Errori da evitare nei processi di motivazione Prima di passare alla trattazione di un altro argomento notevolmente significativo come quello dello stile direzionale, sarebbe preferibile cercare di capire come riuscire ad evitare degli errori che è possibile commettere durante i processi motivazionali, soprattutto dopo che, dai paragrafi precedenti, è emerso il ruolo preponderante che giocano i processi di motivazione all'interno di un'azienda, soprattutto nell'ambito alberghiero. Assume particolare rilievo, dunque, la capacità da parte del management di evitare, o comunque ridurre al minimo, gli errori nei processi di motivazione.

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I più gravi errori da evitare in questo contesto riguardano fondamentalmente i casi in cui non vengono soddisfatti i bisogni e le necessità dei lavoratori. Degli esempi potrebbero essere il caso in cui manca un corretto scambio di informazioni tra superiori e dipendenti, e ciò porta a mancato soddisfacimento del bisogno di comunicazione. Oppure casi in cui vengono ignorate le proposte da parte dei subordinati, e viene quindi compromesso il soddisfacimento del bisogno di riconoscimento dei lavoratori. O ancora casi in cui il management non riconosce il giusto valore al lavoro svolto dai dipendenti, causando per cui in tutti i casi una perdita di motivazione nei dipendenti e quindi una minore redditività per l'azienda. Henschel (2008: 253-254) individua diversi segnali che fanno capire quando un dipendente si rassegna e perde lo stimolo a fornire buone prestazioni. Si possono citare, tra gli altri, frequenti casi di errore durante lo svolgimento delle proprie mansioni, soprattutto nelle situazioni che comportano un certo grado di difficoltà, frequenti assenze per malattia, disinteresse per i problemi dell'azienda, nessuna iniziativa personale, nessuna disponibilità alla cooperazione, distacco o indifferenza nei confronti degli ospiti. Diviene quindi estremamente essenziale riconoscere questi segnali, continua Henschel, in modo da riuscire a recuperare e a motivare di nuovo quel dipendente e riportarlo a prestazioni ottimali in linea con l'attività d'azienda. Per questo fine, il modo più efficace sembra essere il colloquio. Naturalmente esso mirerà a una mediazione tra le due parti, per cui andranno evitati tutta quella serie di elementi che bloccano la comunicazione, come ad esempio un dialogo superficiale o dominato solo dal superiore, oppure segnali non verbali negativi, o ancora permettere che fattori esterni disturbino la comunicazione. Ne deriva, quindi, che affinché il dialogo vada a buon fine, è necessario seguire delle regole, come l'essere aperti al dialogo e discutere seriamente su argomenti di fondamentale importanza sia per il datore di lavoro che per il dipendente.

2.6 Lo stile direzionale Formalmente lo stile direzionale è il modello che i manager scelgono per pianificare, organizzare, guidare e controllare le risorse umane. Ne esistono diversi modelli e compito dei dirigenti è quello di trovare lo stile che meglio si adatta alla realtà che devono gestire.

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È di fondamentale importanza capire quale sia il più adatto modello da attuare in quanto, potendo influire considerevolmente sui processi motivazioni, lo stile adeguato porta di conseguenza a migliori risultati in termini di efficienza, efficacia e redditività.

2.6.1 Le teorie x e y In una prima classificazione, gli stili direzionali si possono ricondurre a due tendenze opposte formulate da McGregor (1985, cit. Orsoni, 1990: 90-91): la “teoria x” e la “teoria y”. Appartengono alla prima categoria gli individui che per natura sono privi di ambizione, passivi, non desiderano assumersi responsabilità e che non hanno a cuore l’interesse dell’azienda. L’unica leva motivazionale è quella economica. Mentre gli individui che fanno parte della seconda categoria sono naturalmente ambiziosi e interessati al funzionamento dell’azienda, non è necessario un continuo controllo sul loro lavoro da parte della dirigenza, sono in grado di accettare eventuali cambiamenti e responsabilità. Le appena citate teorie sono due casi estremizzati, infatti nella prassi si troveranno sempre delle vie intermedie che più si adattano alle caratteristiche dell’azienda. In ogni caso, McGregor dimostra che lo stile di direzione efficace varia anche a seconda di come si pongono i dipendenti nei confronti dell’azienda, e quindi si prevedrebbe uno stile più autoritario per la prima categoria di persone, mentre sarebbe più adeguato uno stile più partecipativo e flessibile per la seconda. “La difficoltà”, evidenzia Orsoni “risiede nel fatto che, ad esempio, in uno stesso servizio, gli X convivono con gli Y, mentre non si possono immaginare due sistemi di direzione differenti per una stessa unità”.

2.6.2 Una classificazione degli stili secondo gli interessi dei manager Esistono tante variabili da considerare nella scelta dello stile direzionale e sta proprio qui la difficoltà di riuscire a individuare quella più adatta ai bisogni e alle caratteristiche dell’azienda. A proposito di questo, un’altra variabile che i dirigenti possono considerare nella scelta del modello è quella relativa, non agli interessi dei dipendenti, ma ai desideri dei manager. Riguardo ciò, esistono diverse ricerche e una tra le più importanti è quella condotta dagli studiosi Blake e Mouton (1975, cit. in Henschel, 2008: 242-246). 36


Secondo una ricerca di Blake e Mounton, passata alla storia come il managerial grid di Blake e Mouton, vi sono varie possibili interazioni tra l’aspetto sociale ed emozionale con l'aspetto più materiale, ossia del lavoro in sé (considerando prestazioni e compiti svolti).

In questa ricerca sono individuati cinque modelli di stile direzionale: • Impoverished management: mostra un basso tasso di integrazione e comunicazione tra i dipendenti associato a un basso livello di prestazioni. Per cui i dipendenti se mostrano disinteresse nei confronti dell'azienda e non sono motivati a rimanervi, ne consegue che il loro lavoro non arricchisce l'azienda. In queste situazioni il management non si interessa dei propri subordinati e si mostra come un semplice messaggero, limitandosi a dare ordini. In questa maniera i dipendenti non sono stimolati e reagiscono con scarsa creatività, scarso interesse. Manca quindi tutto il loro apporto di iniziativa e di collaborazione, che invece è essenziale per la creazione di un buon ambiente di lavoro. • Task management: combina un alto grado di prestazioni ma con un basso livello di integrazione sociale, che si esplicita soltanto nel momento in cui vengono divulgati i compiti da svolgere. Di conseguenza ne deriva un ottimo lavoro ma non vengono soddisfatti i bisogni dei dipendenti. Il management è orientato esclusivamente alle buone prestazioni e al profitto, si assume le responsabilità del suo lavoro e ci si aspetta che i dipendenti facciano lo stesso, senza però poter avanzare, se non raramente, idee e proposte. • Middle of the road management: rappresenta una via di mezzo, un compromesso tra un buon lavoro e il soddisfacimento delle necessità dei lavoratori. Se da una parte, il superiore cerca di evitare le situazioni estreme di conflitto e opta sempre per una soluzione che non comporti rischi, quindi un obiettivo mediocre, avrà sempre a che fare con discreti collaboratori. Dall'altra parte, i collaboratori cercheranno di attenersi sempre alle regole scritte, offriranno una mediocre performance in modo da non compromettere con idee troppo innovative la propria sicurezza del lavoro.

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• Country club management: è una condizione di lavoro che privilegia il buon trattamento dei dipendenti a scapito però della resa lavorativa. Sebbene l'interesse per le necessità, idee e desideri dei dipendenti sia un importante aspetto da considerare, in questo stile direzionale manca totalmente l'impegno ai fini di un buon lavoro e, soprattutto, in un ambiente così strutturato, manca il rispetto verso il superiore, considerato alla stregua di un compagno al pari livello. • Team management: infine è quella condizione, ottimale secondo Henschel, per cui il management si impegna a tener conto dei bisogni ed esigenze dei singoli dipendenti, i quali riescono a lavorare meglio una volta che si sentono considerati come persone e non più come semplici fattori produttivi. Ciò ha per conseguenza un'alta resa sul lavoro, indispensabile per il buon funzionamento dell'impresa. Esiste, inoltre, un diverso rapporto tra comando e subordinati, per cui i dipendenti vedono nel superiore una guida, un consigliere e un aiuto. Non si ha paura di sbagliare, in quanto l'errore è considerato come strumento per imparare e non come qualcosa da punire. E soprattutto, vengono prese in grande considerazione le idee e le proposte dei dipendenti e così facendo viene a crearsi un ambiente di lavoro sinergico e utile per l'azienda.

2.6.3 Il criterio del processo decisionale Come detto in precedenza, esistono numerose variabili secondo cui classificare i modelli di direzione. Un’analisi condotta da Tennenbaum e Schmidt (1958, cit. in Henschel, 2008: 247-249), mostrata nella Tabella 2, studia il processo decisionale e la misura in cui esso dipende dall'intervento del management o dalla partecipazione dei subordinati. L’analisi consiste nella descrizione di più modelli direzionali che vanno gradualmente da uno stile eccessivamente autoritario a uno estremamente partecipativo. Vengono presi in considerazione da Henschel solo tre dei prototipi esaminati dai due studiosi, ma sono quelli che rappresentano meglio i caratteri peculiari che contraddistinguono i vari stili e sono lo stile autoritario, lo stile patriarcale e lo stile partecipativo/democratico.

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Tabella 2. Stili direzionali secondo Tennenbaum e Schmidt Nome dello stile di direzione

Caratteristiche

Autoritario

I dirigenti decidono, s'impongono anche con la forza all'occorrenza.

Patriarcale

Nel momento della decisione, i dirigenti cercando di "vendere" le proprie decisioni

Informativo

I dirigenti cercano di convincere che le decisioni prese sono le migliori

Consultivo

I dirigenti ascoltano le opinioni dei collaboratori prima di prendere la decisione

Cooperativo

In questo caso è il gruppo che propone diverse alternative, ma sono sempre i manager a decidere

Partecipativo

Il gruppo ha potere decisionale in determinati campi

Democratico

Il gruppo ha il massimo potere decisionale e autonomia, i dirigenti hanno la sola funzione di coordinare

Autorità del superiore

Libertà d'azione del dipendente

Per quanto riguarda nello specifico le aziende alberghiere, Henschel afferma che questo particolare stile autoritario è largamente utilizzato nelle imprese alberghiere individuali. Ne specifica alcuni aspetti peculiari. Il processo decisionale è interamente gestito dal management, mentre ai subordinati è affidato il semplice compito di seguire le regole. Non esiste una grande interazione tra comando e subordinati, l'unica forma in cui essa si esplicita è limitata all'annunciazione dei compiti e alla risposta delle possibili domande da parte dei dipendenti. Resta importante da sottolineare quanto poco il dipendente può apportare di suo nella performance, in quanto non è prevista alcuna proposta o iniziativa spontanea. Il successo o il fallimento di un hotel dipenderà allora esclusivamente dalla forza del management, considerato che i subordinati sono visti come semplici fattori produttivi. Naturalmente questo modo di immaginare l'ambiente di lavoro non può che nuocere ai fini dell'impresa nel lungo periodo, poiché si arriverà a un punto in cui i dipendenti vorranno trovare un altro ambiente di lavoro capace di soddisfare i propri bisogni e le proprie esigenze. Lo stile patriarcale, al contrario dello stile analizzato precedentemente, sembra essere più diffuso nelle imprese alberghiere a conduzione familiare. Il management, in queste realtà, generalmente corrisponde al proprietario d'impresa. É una struttura fondamentalmente semplice ma sostanzialmente gerarchica. Spesso il patriarca assume

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le decisione strategiche senza consultare i membri dell'organizzazione, tuttavia, questo modello direzionale si distingue dal precedente, in quanto il patriarca tende, da una parte, a instaurare buone relazioni con i collaboratori e preservarli e, dall'altra, a perseguire il più efficacemente possibile i fini dell'azienda, i quali non corrispondono solo ai propri fini ma anche a quelli dei collaboratori. Tuttavia, il patriarca è però l'unico che si assume le responsabilità ed è l'unico che ha l'ultima parola sulle decisioni da prendere. Per questo motivo, questo modello manageriale può comportare alcuni problemi, come ad esempio rischia di complicare le relazioni tra i membri della famiglia oppure trasformare in peso insopportabile le tradizioni familiari. Oppure ancora, nel malaugurato evento che il proprietario non sia più in grado di adempiere al proprio dovere di manager, diventa problematico stabilire un successore che sappia agire nel bene dell'azienda. Infine, passiamo all'analisi dello stile cooperativo o democratico. Questo stile si caratterizza per il notevole contributo che danno i collaboratori. La comunicazione assolve un ruolo fondamentale, le idee e le proposte dei subordinati sono considerati importanti e si lavora tutti in gruppo per raggiungere il bene comune dell'azienda. I superiori mostrano una maggiore fiducia nelle capacità dei collaboratori e ne consegue un maggior grado di assunzione delle responsabilità per il lavoro svolto. L'ambiente di lavoro sicuro, stimolante e interessante che si viene a creare attrae all'interno dell'azienda personalità sempre più qualificate, garantendo così un ottimo sviluppo dell'organizzazione e maggiore redditività in futuro. Dopo la disamina di questi tre modelli direzionali, appare evidente che nella realtà non troveremo certo uno di questi prototipi allo stato puro, ma sarà sempre il risultato di più influenze. Tuttavia, questi sono modelli in continua evoluzione in quanto la società in cui viviamo è soggetta a continui cambiamenti. Infatti proprio gli autori Tennenbaum e Schmidt dopo successivi studi si resero conto che il modello da loro teorizzato non sempre corrispondeva alla realtà. Per questo motivo ritennero opportuno aggiungere elementi da tenere in considerazione che Orsoni (1990: 92) ha citato nella sua pubblicazione e sono: l’importante interrelazione tra azienda e ambiente esterno e la paura dei dirigenti di vedere il proprio potere diminuito ed eroso da altri gruppi partecipanti alla vita d’impresa.

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2.6.4 Una classificazione più normativa Su questa scia altri studiosi hanno tentato di dare un ordine e classificare gli stili di condotta manageriale. In un gruppo di studiosi, che cercano di trovare il miglior stile in assoluto procedendo per l’istituzione di normative, si colloca lo studioso Likert il quale ha definito quattro stili di direzione (1988, cit. in Orsoni, 1990: 93-94): • Autoritario-sfruttatore; • Autoritario-paternalista; • Consultativo; • Partecipativo. È una classificazione definita seguendo criteri di comunicazione, natura dell’autorità, procedure di controllo ecc. Ad esempio se l’autoritario-sfruttatore mostrerà un modello organizzativo particolarmente improntato alla gerarchia e alla definizione precisa dei ruoli ai vari livelli, al contrario quello consultivo o partecipativo mostreranno una maggiore volontà di inserire anche i subordinati nel processo decisionale. Secondo Likert, lo stile partecipativo è quello più efficace in termini di perseguimento degli obiettivi di impresa quindi è necessario diffonderlo il più possibile.

2.6.5 Stili di direzione particolari: Mbo e Mbe Esistono, però, anche modelli di direzione attuati dai manager che si adattano solo a particolari situazioni. Ci si riferisci qui ai modelli di Mbo e Mbe, rispettivamente “management by objectives” e “management by emergency”. Il primo è un modello che focalizza l’attenzione sulla collaborazione dei manager di diversi livelli all’interno dell’organizzazione. Dal top management fino ai manager che si occupano delle attività più operative si coordinano e “stabiliscono di comune intesa gli obiettivi dell’organizzazione, determinano le rispettive aree di responsabilità individuale in termini di risultati da conseguire e utilizzano poi queste specifiche linee guida per dirigere” (Odiorne 1982, cit. in Peroni, 1998: 220). Questo modello è l’attuazione che meglio rappresenta la teoria dello stile partecipativo e democratico, in quanto nella definizione degli obiettivi dell’azienda vengono presi in considerazione idee, proposte e iniziative dei membri dell’organizzazione che lavorano, quindi, sinergicamente per il bene dell’azienda.

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Il management by emergency, invece, è uno stile direzionale che pone la priorità sull’identificazione e sul superamento delle condizioni di emergenza mano a mano che si presentano.

2.6.7 La relazione tra stile direzionale e l’efficienza dell’azienda Il vero scopo di questo lavoro non è solo il mettere il luce che cosa significa e cosa comporta la gestione delle risorse umane (la scelta dello stile direzionale e di tutti gli elementi che motivano e stimolano i dipendenti) ma anche cercare di valutare il collegamento tra una determinata condotta direzionale e il grado di efficienza ed efficacia in termini di redditività che essa garantisce. Tuttavia, questa relazione non è definibile a priori o chiaramente visibile, soprattutto perché esistono numerose variabili che influenzano la redditività di un'azienda. Ciononostante è possibile quantomeno formulare delle ipotesi in merito alla relazione stile-redditività analizzando alcuni elementi. Henschel (2008: 249-251) propone un elenco di questi aspetti, organizzato come segue. Prima di tutto va considerato ciò che riguarda lo svolgimento degli incarichi. È stato dimostrato che i lavori di routine, che mostrano un basso grado di originalità e di iniziativa propria, sono caratterizzati anche da un basso livello di comunicazione e interazione tra lavoratori. Mentre tutte quelle attività che comportano un minimo di lavoro creativo e che danno spazio alla proposta di proprie idee, sono in primo luogo caratterizzate da un alto grado di comunicazione tra i membri dell'organizzazione e si sono dimostrati in molte occasioni cruciali per una maggiore efficienza. In secondo luogo prendiamo in esame le qualifiche e le attitudini dei collaboratori. Quando in un'azienda prevale uno stile autoritario piuttosto che un altro, l'efficienza può essere raggiunta quando esiste una differenza di competenze e conoscenze tra i superiori e i subordinati. In questo caso, naturalmente, i subordinati avranno responsabilità ridotte e minori possibilità di intervenire nella gestione dell'azienda. Se si prende invece in considerazione uno stile manageriale partecipativo o democratico non esiste più una grande differenza di competenze tra vertice e base ma anche tra i subordinati esisterà una soglia minima di competenze e conoscenze elevata. Ciò porta a un maggior inserimento dei subordinati all'interno del processo decisionale e quindi hanno maggiori responsabilità nel creare valore per l'azienda rispetto a un'organizzazione più autoritaria. In questo senso, anche Comacchio è d’accordo e

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afferma che un maggior coinvolgimento dei lavoratori anche nella definizione degli obiettivi d’impresa non può che costituire un valore aggiunto all’imprese. Un altro parametro da tener conto è la motivazione dei lavoratori. Questo aspetto è strettamente collegato con il concetto di qualifiche e competenze di un collaboratore. Dipendendo dalle più o meno elevate competenze e conoscenze, un collaboratore sarà più o meno ambizioso. In altre parole, se abbiamo a che fare con un lavoratore meno qualificato, quest'ultimo mirerà al soddisfacimento di bisogni più materiali, come ad esempio l'aumento di stipendio. Se, invece, si tratta di un lavoratore con un certo grado di conoscenze, egli ambirà al soddisfacimento di bisogni più immateriali, un esempio sono le possibilità di avanzamento di carriera. Per cui spetterà al management decidere che tipo di incentivi offrire ai lavoratori dipendendo dal loro livello di qualifiche. Infine rimane da esaminare un altro fattore, il tempo a disposizione. All’adozione di uno stile autoritario o, al contrario, di uno stile più partecipativo, corrisponde una diversa organizzazione del tempo. Ridurre al minimo il ritardo nello svolgimento di un compito è fondamentale nelle aziende che adottano uno stile manageriale autoritario. Mentre, in un'azienda che adotta uno stile più democratico o partecipativo troveremo una diversa accezione del fattore tempo. Infatti, i collaboratori possono apportare anche un loro contributo nel processo decisionale per cui il tempo diventa un fattore necessario al fine di sentire tutti i pareri e decidere insieme la strategia migliore, pertanto il tempo non è più visto come una mera data di scadenza.

2.6.8 Lo stile direzionale ideale Molti autori lo invocano, lo cercano, alcuni son convinti di averlo trovato mentre altri si arrendono all’evidenza che non esiste uno stile che sia più produttivo degli altri in assoluto. Alla luce di tutti gli studi effettuati, sembra sensato constatare che non esiste una condotta direzionale particolare che sia il segreto per dei risultati ottimali, ma semplicemente il management deve sforzarsi al fine di trovare la soluzione giusta per la propria azienda, caratterizzata da peculiarità e sistema di valori distinti da tutte le altre. Si ricorda, appunto, che nella scelta tra uno dei vari stili esistenti i manager è condizionato da vari fattori. Tra gli altri, è di estrema importanza la cultura d'impresa di riferimento. Quindi, è bene sottolineare quanto codici e valori culturali siano determinanti nello svolgimento ordinario delle attività d'impresa. Come per tutte le altre imprese, anche per quanto riguarda le aziende alberghiere non esiste un determinato stile manageriale ideale. La scelta migliore dipenderà sempre 43


dal contesto in cui quell'azienda è situata. Henschel cita a questo proposito Schierenbeck, uno studioso che sostiene l’inesistenza di uno stile di direzione definito e preciso anche nell’ambito del settore turistico alberghiero, infatti egli afferma che è necessario adattare lo stile alle diverse situazioni2. Tuttavia, da un’attenta riflessione e con un sguardo rivolto alla realtà dei fatti appare evidente che nel settore alberghiero si possa parlare di uno stile che più di altri riesce a risultare maggiormente produttivo. In questo caso ci si sta riferendo allo stile partecipativo/democratico, debitamente coniugato a seconda delle varie specificità. Essendo il settore alberghiero indubbiamente segnato da un’alta incidenza del personale, quanto più il management riuscirà a sfruttarlo in modo positivo, tanto più l’hotel in questione registrerà ottimi profitti. A tal proposito, si esprime anche la studiosa Henschel. L’autrice di Hotemanagement precisa che nello specifico contesto delle imprese alberghiere è sempre meglio preferire uno stile più partecipativo e cooperativo. Si è notato che delegare delle decisioni ai subordinati e, di conseguenza, ricoprirli di una qualche responsabilità influisce positivamente sui risultati ottenuti. Quindi più il personale è motivato e stimolato, maggiore sarà la resa lavorativa di questi ultimi (Henschel, 2008: 250-251).

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“Es zeigt sich gerade auch in der Hotellerie, dass nicht ein bestimmter Führungsstil als ideal

angesehen werden kann, sondern der jeweiligen Situation anzupassen ist”. (Schierenbeck, cit. in Henschel, 2008: 250).

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3. La gestione delle risorse umane nelle imprese alberghiere italiane e tedesche In questo capitolo conclusivo si tratterà di trovare dei riferimenti teorici esplicati nei capitoli precedenti nella realtà delle imprese del settore turistico, nello specifico imprese alberghiere.

3.1 Imprese italiane e tedesche Si è deciso per procedere alla ricerca di esempi di imprese alberghiere nell’ambito dell’Italia e della Germania in quanto, studiando nel mio corso di studi il tedesco, mi sembrava opportuno apportare dei confronti tra il nostro paese e la Germania.

3.2 Piccola introduzione alle imprese prescelte Per questo lavoro non sono state scelte singole imprese ma si è optato per catene alberghiere o grandi gruppi di imprese alberghiere. Questo in ragione del fatto che, trattandosi di grandi società, esse hanno l’obbligo di rendere pubblici determinati dati, e ciò facilitava la mia ricerca, in particolare, sui loro modelli e codici di comportamento attuati all’interno dell’organizzazione. Come criterio di scelta si è deciso di ricercare le imprese turistiche nei più grandi portali di prenotazione online come Trip Advisor o Hotel.info. Da un’ampia gamma di hotel segnalati, ho optato per quelli con la maggior quotazione di stelle e, procedendo a una scrematura, si è arrivati a un totale di tre catene alberghiere e di un gruppo, al quale appartengono numerose imprese alberghiere facenti riferimento, comunque, a un’unica società. La scelta è caduta su due strutture italiane e due tedesche e, in particolare, sono: Atahotels e Starhotels, quelle italiane, e LTI International Hotels e Lindner Hotels & Resorts, quelle tedesche.

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3.2.1 Atahotels Atahotels è una catena alberghiera nata nel 1967. Gestisce strutture alberghiere in Italia per un totale di 6000 camere e conduce attualmente gran parte delle strutture ricettive di proprietà del gruppo Fondiaria-Sai (gruppo che controlla la società grazie al 51% del capitale sociale). La società si impegna continuamente nello sviluppo dei servizi offerti in modo da poter soddisfare al meglio i desideri dei clienti. La società consta di 21 strutture distinte in • 7 Hotels, di cui sei a quattro stelle e uno a cinque stelle, per turismo d’affari e di piacere; • 6 Resorts, cinque a quattro stelle più uno a cinque stelle, dove gli ospiti possono godersi un soggiorno di relax e benessere; • 8 Residences, che rispondono alle esigenze di lunghi soggiorni da parte degli ospiti.

3.2.2 Starhotels Questa compagnia alberghiera conta 22 hotel nelle città più importanti d’Europa e nel mondo, di cui diciassette solo in Italia. La società mira a regalare a ogni ospite un soggiorno tra i più piacevoli, immersi nello spirito della città, sempre apportando un pizzico della cultura italiana in ogni luogo. Inoltre, Starhotels offre anche opportunità non solo per godersi vacanze di piacere ma anche per organizzare soggiorni di lavoro, dando a disposizione sale riunioni per meeting ed eventi, caratterizzati dalla tecnologia più avanzata. La società tende a precisare, oltre a ciò, l’estrema cura nei dettagli e l’alta considerazione della cultura italiana nei suoi aspetti più peculiari, come l’arte, la cultura e la cucina.

3.2.3 LTI International Hotels Questo gruppo di imprese alberghiere si presenta come un luogo dove ci si può rilassare completamente e dimenticare la vita stressante di tutti i giorni. La società offre soggiorni in hotel di quattro o cinque stelle in diversi posti nel mondo ma il denominatore comune è quello di promettere un servizio di alta qualità e attento al benessere degli ospiti. 46


Oltre a offrire trattamenti nei centri estetici delle proprie strutture, gli hotel presentano la possibilità di usufruire di palestre o di impianti sportivi, in particolare di un campo da golf. Infine, nella presentazione della società trovano posto anche riferimenti all’aspetto gastronomico. Vengono, quindi, citate tutte le caratteristiche che contribuiscono a dare un’immagine di relax e riposo.

3.2.4 Lindner Hotels & Resorts Gli hotel appartenenti al gruppo Lindner sono numerosi, se ne contano ben trenta in Europa e ventitré di questi nella sola Germania. Sono hotel quotati quattro stelle e offrono servizi sia per vacanze di piacere sia per viaggi d’affari. I servizi offerti comprendono la possibilità di godere di centri di benessere, ma anche di usufruire di impianti sportivi e campi da golf. Inoltre, impegno della società è quello di garantire un servizio di qualità piacevole e salutare, tenendo in grande considerazione l’ospite, cercando di farlo sentire il più coccolato possibile.

3.3 Cenni alle rispettive vision e mission Queste particolari catene alberghiere o gruppi di imprese dichiarano di seguire determinati valori etici e di imporsi obiettivi, seguendo questi principi culturali, sostanzialmente molto simili. L’idea preponderante è quella di garantire al cliente/ospite un soggiorno in completo relax mirando a soddisfare ogni suo desiderio. Se da una parte l’appagamento dei bisogni dei clienti è posto in primo piano, dall’altra anche l’attenzione verso le necessità ed esigenze dei lavoratori è tenuta in grande considerazione. Ad esempio è molto chiaro questo aspetto nell’immagine che il Lindner Group ha del business in cui opera. Infatti, all’interno del suo sito esiste una pagina dedicata completamente ai valori e principi etici su cui si basa l’azienda. Tra i valori fondanti l’azienda viene posto in primo piano il lavoro di gruppo e quindi la collaborazione tra i vari membri dell’organizzazione. Viene poi citato il servizio offerto, perfetto per ogni ospite. E ciò che la società cita in seguito sono frasi che danno un’immagine dell’ambiente di lavoro molto stimolante e attento alle necessità dei dipendenti. Uno tra tutti è l’impegno a conferire responsabilità ai dipendenti, a promuovere l’iniziativa personale e a supportare i lavoratori. Cita così:

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“Wir übertragen Verantwortung, nicht nur Aufgaben”, oppure “Wir fördern Mut, nicht nur Fehlervermeidung” e infine “ Wir wollen unsere Mitarbeiter fördern, nicht nur fordern”. La vision di Starhotels non presenta caratteri molto diversi. La loro filosofia è improntata su obiettivi di elevati standard qualitativi al fine di soddisfare nel migliore dei modi i bisogni dei clienti. Anche in questa azienda, il lavoro di squadra e la cooperazione sono aspetti enfatizzati, soprattutto perché si è convinti che questi portino a dei migliori risultati in termini di efficacia ed efficienza. Una caratteristica peculiare di questa società, invece, risiede nel enfasi posta sullo stile italiano che Starhotels porta in tutto in mondo, da Milano, passando per Parigi, arrivando poi a New York. Si tratta di un’azienda a conduzione familiare che investe molto sul mantenimento di questo carattere italiano, che va da aspetti materiali come la cucina ad aspetti più astratti come l’accoglienza e l’ospitalità. E proprio grazie a questo fattore che Starhotels punta al successo. Al contrario, benché anche la catena alberghiera Atahotels sia di proprietà italiana non enfatizza questo aspetto come l’azienda precedente. Sostanzialmente pone enfasi sul ruolo centrale che assume il cliente e l’obiettivo primario è il soddisfacimento dei suoi bisogni. Senza dimenticare l’importanza che le risorse umane ricoprono nel perseguimento degli obiettivi. Infatti, cita il codice etico della società che l’azienda si impegna al soddisfacimento degli interessi di tutti gli stakeholders (e quindi i clienti, i dipendenti, i manager, i fornitori, ecc). Sugli aspetti finora accennati, si basa anche il business e il lavoro dei membri di LTI International Hotels. I valori e i principi che guidano questa organizzazione sono quelli di trattare l’ospite con occhi di riguardo e garantirgli un soggiorno in completo relax al di fuori della stancante vita di ogni giorno. Viziare l’ospite e, al tempo stesso, garantire un ottimo e stimolante ambiente di lavoro per i dipendenti sembrano essere le parole chiave alla base dei valori e principi condivisi da tutte e quattro le aziende prese in considerazione. Il fatto che si tratti di aziende diverse tra loro per organizzazione e per provenienza culturale fa pensare che questi aspetti siano, se sfruttati al meglio, i fattori di successo per una condotta manageriale di successo nel settore turistico.

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3.4 Analisi dei modelli di gestione delle risorse umane Per questa sezione del lavoro ho trovato molto utile leggere e analizzare i documenti pubblicati nei siti di queste imprese e in particolare tratta di questo argomento il codice etico, in cui generalmente alla gestione delle risorse umane è dedicato un intero paragrafo. Per quanto riguarda Atahotels, la Società pone la massima attenzione nella valorizzazione dei dipendenti che costituiscono la principale risorsa della società, perché è per loro tramite che possono essere conseguiti gli obiettivi aziendali della qualità, del servizio reso ai clienti e della creazione di valore. Pertanto Atahotels si impegna a favorire lo sviluppo di ciascun dipendente, al fine di promuovere un ambiente di lavoro e comportamenti volti: •

al rispetto in generale ad adottare criteri di merito, competenza e strettamente professionali per qualunque decisione riguardante un dipendente;

a provvedere a selezionare, assumere, formare, retribuire e gestire i dipendenti senza alcuna discriminazione;

a definire ruoli, responsabilità, deleghe e disponibilità di informazioni idonee in modo che ciascun membro dell'organizzazione possa assumere le decisioni che gli competono nell'interesse della società;

a valorizzare lo spirito innovativo e pro-attivo nel rispetto dei limiti delle responsabilità di ciascuno.

Secondo il codice, i dipendenti devono essere sempre consapevoli e aggiornati sulle novità riguardanti il codice stesso e si devo impegnare per mantenere un clima di reciproco rispetto della dignità e della reputazione di ciascuno. Si mette quindi in evidenza quanto la società tenga a una buona immagine dell'azienda sia all'interno che all'esterno di essa. Infatti un lavoro se fatto bene e in modo sinergico tra tutti i gruppi appartenenti all'organizzazione, esso non può che portare alla creazione di un ambiente di lavoro stimolante e che motiva i dipendenti a offrire migliori prestazioni per il bene dell'azienda. Atahotels, inoltre, è particolarmente attenta alle normative in materia di sicurezza sul lavoro, pertanto provvede a diffondere e consolidare un'ampia informativa su questo tema, in modo da preservare la salute e la sicurezza dei lavoratori. A questo proposito, la società è costantemente in prima linea quando si parla di rispetto

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dell'ambiente ed efficienza energica, sempre perseguendo il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro. Un altro fattore che la società tiene in particolare considerazione la tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore, nel rispetto della sua personalità morale, evitando che questa subisca illeciti condizionamenti o indebiti disagi. Per questo motivo ogni comportamento o atteggiamento che va a ledere la persona nella sua sfera morale e personale deve essere subito denunciato per una conseguente presa di provvedimenti. A tal proposito, il codice cita l'esempio delle molestie sessuali che la società condanna vivamente. Per quanto riguarda invece i sistemi di valutazione e verifica del raggiungimento degli obiettivi d’impresa, Atahotels possiede un sistema di controllo interno attraverso il quale verifica il corretto funzionamento dell'azienda e, se il lavoro dei membri dell'organizzazione non stesse portando al conseguimento degli obiettivi d'azienda, la società provvede all'adempimento delle migliori azioni correttive. Oltre a questo strumento, la società si serve di un'altra funzione Internal Auditing che mira a controllare e verificare l'affidabilità del lavoro svolto dal Sistema di Controllo Interno. Questa funzione ha accesso a tutti i dati e a tutte le informazioni e, in caso di riscontrate difformità, fa capo al Consiglio di Amministrazione. Pertanto, appare evidente che la funzione Internal Auditing non è un'attività principale della società ma sembra più un'attività di supporto che dipende esclusivamente dal Consiglio di Amministrazione. Una visione leggermente diversa è impostata dal gruppo LTI International Hotels. Ciò che l'impresa mette subito in evidenza all'inizio del proprio codice etico è che il loro scopo è quello di garantire un ottimo servizio di qualità. Secondo la società, per assicurarsi un elevato standard di qualità è necessario arricchire e migliorare il sistema di qualità nella sua interezza. Ciò significa, spiega la società, che tutti i membri dell'organizzazione si devono impegnare affinché l'incremento dello standard qualitativo diventi propriamente un principio

fondamentale

dell'azienda

tramite

l'implementazione

costante

di

provvedimenti a ciò orientati. La società sottolinea chiaramente che l'hotel non è solo un edificio o un'infrastruttura, ma è anche “software”, come si cita esattamente nel codice, e cioè l'insieme di tutti i collaboratori. Inoltre, la società precisa che i suoi dipendenti non solo

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seguono corsi di formazione specifici del settore alberghiero ma sono anche attenti a garantire la migliore vacanza possibile ai loro clienti. A questo fine, l'azienda ha stabilito diversi circoli di qualità (gruppi di lavoro tra management e collaboratori uniti per trovare strategie per migliorare gli standard di qualità dell'impresa), che riguardano distinti aspetti, come la stesura di manuali standardizzati, i sistemi di valutazione tramite questionari rivolti alla clientela, rapporti settimanali del manager, regolari controlli di qualità nei diversi luoghi in cui son situate le imprese, continui scambi di informazioni con le agenzie di viaggio. In questa maniera, la società spera di poter assicurare elevati standard non solo per quanto riguarda tutti gli aspetti del servizio offerto ma anche, e soprattutto, per quanto concerne la soddisfazione delle aspettative di comfort e riposo da parte dei clienti. Infatti la società è convinta che, a uno sviluppo dei servizi di comfort garantiti agli ospiti, si accompagni un conseguente sviluppo degli standard di qualità garantiti dal management. La società pone particolare attenzione ai dettagli, ai provvedimenti di tipo organizzativo e ai commenti/feedback dei clienti in modo da poter sempre migliorare e assicurare sempre più elevati standard qualitativi. In questo quadro, il codice etico di LTI International Hotels basa le proprie prestazioni su sempre migliori standard di qualità e sul costante soddisfacimento dei clienti. Ciò cui la società mira non è tanto, come nella compagnia alberghiera Atahotels il coordinamento e la gestione delle risorse umane, ma l'attenzione è focalizzata sul benessere cliente. Ancora diversa è l’impostazione del codice etico del gruppo Lindner Hotels & Resorts. In questa società, le risorse umane non solo sono un aspetto necessario e indispensabile, ma sono anche tenuti in seria considerazione le loro esigenze e necessità. Non sono visti, quindi, come dei semplice fattori produttivi. In questa azienda uno tra i principi fondamentali è quello di investire sulle risorse umane, in quanto su queste si basa il successo dell'impresa. L'azienda mira, quindi, a formare il personale sia dal punto di vista delle conoscenze sia da quello delle capacità, e soprattutto, un importante aspetto da coltivare è quello dell'entusiasmo. Infatti dalla combinazione di questi tre elementi i collaboratori ne guadagnano una migliore prestazione in termini di qualità, tutta da sfruttare da parte del management.

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Questa società pone l'accento sullo sviluppo delle risorse umane come fattore critico di successo e quindi stabilisce tutta una serie di provvedimenti che riguardano nello specifico il personale. Ad esempio, un paragrafo del codice è interamente dedicato all'entrata in azienda dei neo-assunti. In questo paragrafo viene spiegato come l'entrata di un nuovo collaboratore sia regolamentata in maniera accurata e come si tenga in gran conto il nuovo arrivato. Si parla infatti di assistenza garantita al nuovo assunto da un altro collega che fa da tutor, oppure si pone enfasi al fatto che il nuovo collaboratore abbia tutto il tempo necessario per inserirsi nell'azienda e, infine, si mette l'accento sul fatto che esistano momenti in cui si creano gruppi in cui tutti i membri dell'azienda possano conoscersi, incentivando così un migliore lavoro di squadra. Inoltre, un aspetto veramente importante è quello dello sviluppo del personale all'interno dell'azienda. Nel capitolo precedente, abbiamo accennato che una leva motivazionale, tra le più attraenti, è quella della possibilità di avanzamento di carriera. Per quanto riguarda quest'impresa, la società mette a disposizione del personale tante possibilità di migliorare e di sviluppare le proprie conoscenze e competenze, sia tramite programmi individuali di sviluppo, sia attraverso gruppi di lavoro in grado di insegnare diverse mansioni ai collaboratori, capaci ora di una maggiore flessibilità lavorativa che non può che avvantaggiare la loro posizione all'interno dell'azienda. L'obiettivo principale dell'impresa è quello di sopravvivere e, in questo settore, significa riuscire meglio degli altri a soddisfare i bisogni dei clienti. Soprattutto nelle imprese del settore alberghiero, le attività sono a elevata intensità di personale, ed è proprio per questo che il gruppo Lindner Hotels & Resorts dà così tanta importanza alla corretta ed efficace gestione delle risorse umane. É come se si volesse far passare il messaggio che all'interno dell'azienda si è tutti una grande famiglia e che nessuno rimarrà indietro fintanto che si lavora tutti insieme sempre orientati al bene dell'azienda. In quest'ottica è molto probabile, più che in altre realtà, che lavoratori già molto qualificati vogliano entrare a far parte di questa grande famiglia, poiché è evidente che lavorare in un ambiente così coordinato e sinergico non può che stimolare i lavoratori a dare sempre di più e offrire prestazioni sempre migliori. Ho voluto lasciare per ultima l’analisi della gestione delle risorse umane nella società Starhotels, perché è quella che più mi ha colpito in quanto si focalizza su un aspetto ampiamente trascurato dalle altre aziende. É evidente che, mentre nelle altre 52


realtà alberghiere, chi più chi meno, pongono l'attenzione sulla qualità del servizio e sull'importanza dello sviluppo e delle qualifiche delle risorse umane, in questo caso Starhotels sembra attuare uno stile orientato maggiormente al rispetto della gerarchia e, soprattutto, enfatizza il ruolo che assume all'interno dell'azienda il controllo e la verifica costante del lavoro dei collaboratori. Naturalmente, la società è orientata al soddisfacimento dei bisogni dei clienti, tramite l'offerta di servizi alberghieri all'altezza delle loro aspettative. Anche i collaboratori sono tenuti in grande considerazione, specialmente per quanto riguarda lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze. Infatti, la qualità dei servizi offerti è un altro degli aspetti di primaria importanza per l'azienda. Come si sottolineava nei precedenti paragrafi, la società pone l'accento sul lato normativo dell'organizzazione. Nello specifico, infatti, l'incipit dell'art. 5, dedicato alla definizione del comportamento in azienda, e cita così “Il dipendente svolge la propria opera con impegno e costanza, attendendo quotidianamente e con solerzia alle mansioni ed agli incarichi affidatigli, nel rispetto delle leggi e delle normative vigenti”. L'articolo 5, inoltre, è impostato in modo tale da suggerire l'immagine di un ambiente nel quale il rispetto delle norme e dei ruoli, gerarchicamente ben stabiliti, abbiano prioritaria importanza. Ciò è sottolineato, ad esempio, da un largo uso di frasi al negativo, le quali – e ciò è ampiamente dimostrato da innumerevoli studi linguistici – danno al lettore un'impressione dell'insieme non proprio positiva. A conferma di ciò, l'articolo 7, dedicato alla descrizione dei controlli interni, esplicita molto chiaramente il ruolo preponderante che gioca la funzione di controllo, delegata non solo ad organi preposti ma anche a ogni singolo membro dell'organizzazione. Infatti cita così “la Società promuove ad ogni livello l'assunzione di una mentalità orientata all'esercizio del controllo. Una positiva attitudine verso i controlli contribuisce in maniera significativa al miglioramento dell'efficienza aziendale”.

3.4.5 Analisi a confronto Dopo aver esaminato attentamente ciò che si può recepire dalla gestione delle risorse umane di ciascuna impresa, si possono anche azzardare delle ipotesi riguardo allo stile di direzione attuato dalle imprese citate in questo capitolo. Nel capitolo precedente dedicato allo studio della gestione delle risorse umane in generale e con specifica applicazione nel settore alberghiero, è facile riscontrare come 53


queste realtà rispondano nella pratica allo stile migliore per le imprese turistiche ipotizzato nella teoria. Infatti, si era arrivati alla conclusione che nell’ambito delle imprese turistiche uno stile ideale non esistesse, ma che potesse essere ipotizzato quantomeno, alla luce degli studi svolti da diversi autori, uno stile che meglio si adeguasse alle realtà alberghiere. Proprio in virtù del fatto che questo tipo di aziende sono caratterizzate da un’elevata personal intensity, lo stile che può apportare migliori risultati in termini di efficienza, efficacia e redditività

sembrava essere il modello più partecipativo e

cooperativo. Secondo questo modello, ricordiamo, il management tiene in grande conto i propri dipendenti, i loro bisogni e le loro esigenze. Essi sono considerati come il fattore critico di successo e quindi le loro idee, iniziative e proposte sono accuratamente valutate e prese sul serio. Inoltre, la corretta comunicazione, la delega di responsabilità, l’autonomia, gli incentivi sia materiali che immateriali sono tra gli aspetti chiave che svolgono un’importantissima funzione, ossia quella di motivare e stimolare i lavoratori a dare il massimo e offrire una prestazione sempre migliore. Ritornando agli esempi citati nei paragrafi precedenti, si può affermare che, chi più chi meno, segue questo stile di direzione. In particolare, la scelta di uno stile direzionale più partecipativo e cooperativo appare evidente nel caso del gruppo Lindner Hotels & Resorts. Come accennato prima, infatti, il management valuta come di prioritaria importanza lo sviluppo e il coordinamento dei propri dipendenti. L’obiettivo finale è quello di garantire il benessere dei clienti, ma con costante attenzione al soddisfacimento degli interessi dei propri collaboratori. Della medesima opinione sembrano essere anche i dirigenti della società Atahotels. In questa impresa le risorse umane sono valorizzate e considerate essenziali per un corretto perseguimento degli obiettivi d’impresa. Tuttavia, l’aspetto che diverge dall’azienda precedente è il fatto che vengano nominati gli organi di verifica e controllo e, soprattutto, l’istituzione di un altro organo, Internal Auditing, sempre preposto a funzioni di controllo. Interessante è notare che lo stile che sembra adottare il gruppo LTI non si inquadra perfettamente con uno degli stili teorizzati da Tennenbaum e Schmidt, ma

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appare piuttosto seguire un’altra logica, e cioè quella del team management, teorizzata dagli studiosi Blake e Mouton. La teoria del team management impronta la propria struttura su il lavoro coordinato tra comando e subordinati e il continuo scambio di informazioni tra il primo e il secondo, e viceversa. Nel gruppo LTI una caratteristica di fondamentale importanza è quella relativa agli elevati standard di qualità, perseguibili, secondo l’impresa, tramite un adeguato sviluppo delle risorse umane. A questo fine vengono istituiti programmi specifici di formazione e circoli di qualità che pongono in primo piano anche i livelli di management più alti ed è proprio per questa ragione che andrebbe rassomigliato lo stile adottato dal gruppo LTI a uno stile molto partecipativo e cooperativo. Infine, passiamo all’analisi dello stile attuato dalla compagnia Starhotels. In questo caso si sarebbe più propensi ad rassomigliarlo a uno stile un po’ diverso dagli altri, leggermente più autoritario rispetto a quello partecipativo e democratico. La teoria annovera un altro stile che sembrerebbe più appropriato, ossia quello patriarcale. Per l’appunto, il gruppo Starhotels è una grande società a conduzione familiare che si mostra fortemente orientata al rispetto delle norme e quindi notevolmente gerarchizzata. A conferma di ciò, un aspetto sottolineato più volte dalla società è l’importanza data al controllo e alla verifica del lavoro dei collaboratori. Per questi motivi lo stile direzionale adottato dalla società si avvicina maggiormente a un modello di gestione più autoritario rispetto agli altri analizzati nelle precedenti imprese alberghiere.

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Conclusioni L’obiettivo di questa ricerca era quello di sottolineare la relazione tra lo stile direzione, che le imprese adottano per la gestione delle risorse umane, e i risultati positivi in termini di efficienza e redditività che l’azienda riesce a ottenere. Nello specifico il campo di indagine è stato ristretto alle sole imprese turistiche alberghiere. Questo lavoro comprende un’analisi generale delle caratteristiche del management e dei suoi possibili modelli di comportamento nei riguardi delle risorse umane in qualsiasi azienda, facendo anche riferimento alla cultura d’impresa che rappresenta quei valori fondanti l’azienda, punto di riferimento del management nel momento di scelta della strategia migliore. In seguito si approfondiscono questi argomenti in relazione alle imprese alberghiere e vengono descritti i processi di acquisizione di nuovo personale e i processi, secondo i quali i manager possono sfruttare al meglio questa risorsa. Notevole importanza, infatti, assumono i processi motivazionali dei dipendenti e la scelta dello stile direzionale. Infine, trovano spazio in questo lavoro l’analisi di esempi pratici al fine di constatare la veridicità delle teorie spiegate in precedenza. Vengono presi in considerazione quattro tra grandi catene alberghiere e un gruppo di imprese alberghiere e vengono esaminati i loro modelli di direzione, sulla base di ciò che dichiarano nei loro codici etici. Nell’introduzione a questa tesi è stato messo in evidenza il motivo per cui è stato svolto questo lavoro di indagine, e cioè la volontà di trovare una relazione tra l’adozione di un determinato stile direzionale e la conseguente efficienza ottenuta e soprattutto, capire se esiste uno stile che sia in grado di garantire ottime prestazioni e migliori profitti economici. Nello svolgimento di questa ricerca si è fatto affidamento sia a conoscenze pregresse sia ad analisi di pubblicazioni inerenti alla questione. Infine si è cercato di trovare il riscontro nella realtà dell’ipotesi formulata all’inizio di questo lavoro e delle teorie incontrate durante l’attività di ricerca. Per questo motivo è stato utile studiare casi pratici di hotel.

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Infatti, con specifico riferimento alle imprese alberghiere tipicamente a elevata intensità di personale, è facile notare che la gestione dei membri dell’organizzazione deve essere programmata accuratamente e tenuta in costante osservazione, in quanto il personale non è solo un semplice fattore produttivo, ma può essere una risorsa di estrema importanza, capace di garantire risultati positivi in termini economici. Come sottolineava Megginson, il comportamento umano è causale, quindi se i manager sfruttano le conoscenze che derivano dalla psicologia riusciranno di certo a trovare dei modi efficaci per ottenere il massimo rendimento dai lavoratori. Il fenomeno che più di tutti ricopre un’importanza strategica e per cui è essenziale saperlo utilizzare al meglio è la motivazione. Abbiamo constatato che i processi motivazionali possono derivare da diversi fattori, come ad esempio i bisogni dei dipendenti (facendo riferimento alla piramide di Maslow), gli interessi dei dirigenti (prendendo in considerazione la ricerca di Blake e Mouton) o l’autonomia e le responsabilità delegate ai dipendenti. È compito del management saper cogliere e sfruttare appieno queste risorse e lo stile direzionale rappresenta il modo in cui il manager pianifica, coordina, controlla e quindi gestiste i propri dipendenti. Nei precedenti capitoli si è discusso a lungo sulle varie differenze tra uno stile e l’altro ma si conclude alla fine che in linea di massima non esiste uno stile migliore di un altro ma dipende essenzialmente dalla caratteristiche e tipologie dell’azienda in questione. È possibile sottolineare, tuttavia, che per quanto concerne l’analisi del settore alberghiero, sembra evidente che uno stile partecipativo e democratico sia la scelta più azzeccata. nel quale dirigenza e subordinati lavorino in sinergia, in quanto in questa maniera è possibile riuscire più facilmente a estrapolare ciò che di meglio possono offrire i dipendenti. Infatti sono proprio loro che con le proprie conoscenze e capacità sono coloro che fanno la differenza nel perseguimento degli obiettivi d’impresa. Tuttavia, è necessario adeguar lo stile che si vuole adottare al proprio ambiente di lavoro e soprattutto bisognerebbe evitare forme eccessivamente di partecipazione, in quanto si potrebbe incorrere nel rischio che l’azienda venga gestita in completa anarchia senza un minimo di controllo e coordinamento dei superiori. In conclusione, si può dire che si è trovato riscontro oggettivo nella letteratura nel management delle supposizioni soggettive formulate in principio senza aver una conoscenza approfondita del tema. 57


In sintesi, quindi, il compito del manager nei riguardi delle risorse umane è quello di riuscire a trovare il modo (lo stile direzionale) più adatto a sfruttare le conoscenze e le capacità proprie dei dipendenti. A questo proposito e nello specifico delle aziende alberghiere, è stato dimostrato che uno stile più cooperativo e democratico pone le basi per un maggiormente produttivo processo motivazionale, che è il fondamento di migliori prestazioni lavorative. In questo modo vale l’equazione secondo cui tanto più motivati e stimolati saranno i dipendenti, tanto migliori saranno i risultati economici derivati. Nonostante quanto detto, sarebbe presuntuoso da parte mia credere che lo studio di questo argomento si possa concludere con la presente ricerca, ma è mia convinzione che successivi studi andranno completati e spererei che questa ricerca possa offrire ulteriori spunti di osservazione.

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Bibliografia Grant, R. (1991): Contemporary Strategy Analysis 5/e, Ofxord, Blackwell (Trad. it., L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Bologna, Mulino, 1994). Pettigrew, A. M. (1979): “Cultura organizzativa: una famiglia di concetti”, in Gagliardi P. (eds) Le imprese come culture, Torino, Petrini editore, pp. 52-66. Peroni, G. (1998): Economia e management delle imprese alberghiere, Milano, FrancoAngeli. Henschel, U. K. (2008): Hotelmanagement, Monaco, Oldenbourg Verlag. Gagliardi, P. (1986): (ed) Le imprese come culture, Torino, Petrini editore. Comacchio, A. (1996): Le risorse umane nelle imprese turistiche, Torino, G. Giappichelli editore. Megginson, L. C. & Mosley D. C. & Pietri Jr. P. H (1992): Management. Concepts and applications, New York, Harper Collins publishers inc. (Trad. it., Management. Concetti e applicazioni, Milano, FrancoAngeli,1996). Orsoni, J. (1990): Management stratégique, la politique générale de l’enterprise, Paris, Librarie Vuibert (Trad. it. di Roberta Gimpel, L’organizzazione e la direzione di un’impresa, Milano, FrancoAngeli). Schein, H. (1984): “Verso una nuova consapevolezza della cultura organizzativa”, in Gagliardi, P. (eds) Le imprese come culture, Torino, Petrini editore, pp. 396-415.

Sitografia http://www.atahotels.it (visitato il 1 ottobre 2012) http://www.starhotels.it (visitato il 1 ottobre 2012) http://www.lindner.de (visitato il 1 ottobre 2012) http://www.lti.de (visitato il 1 ottobre 2012)

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Appendice Immagine 4: Stimoli alla Motivazione

Tabella 1: Incentivi a una migliore prestazione

Tabella 2: Stili direzionali secondo Tennenbaum e Schmidt

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