Approccio integrato, diagnostico, chirurgico e riabilitativo nel paziente affetto da ernia del disco

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A.D. MDLXII

UNIVERISITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di laurea in Fisioterapia Presidente del corso : Prof. A. Montella Coordinatrice : Dott.ssa B. Sanna

APPROCCIO INTEGRATO, DIAGNOSTICO, CHIRURGICO E RIABILITATIVO NEL PAZIENTE AFFETTO DA ERNIA DEL DISCO LOMBARE

Relatore:

Tesi di laurea di :

Prof. Paolo Tranquilli Leali

Francesca Gadau

Correlatore: Dott.ssa Elena Aiello

Anno accademico 2011-2012



INDICE 1. VISIONE D’INSIEME DELLA COLONNA VERTEBRALE;

pag.1

• Cenni di anatomia e biomeccanica del rachide;

pag.1

• Le curve fisiologiche;

pag.1

• Cenni di osteoartrologia;

pag.5

2. IL RACHIDE LOMBARE;

pag.8

3. MUSCOLI E LEGAMENTI;

pag.9

• I legamenti;

pag.9

• I muscoli;

pag.11

4. FISIOLOGIA E BIOMECCANICA DEL DISCO INTERVERTEBRALE

pag14

• Il fenomeno della migrazione dell’acqua dal disco Intervertebrale

5. BIOMECCANICA DEL RACHIDE LOMBARE • La funzione del tronco nel ciclo del passo 6. LE STRUTTURE NERVOSE DEL RACHIDE LOMBARE • Il midollo e i nervi spinali 7. L’ERNIA DEL DISCO LOMBARE

pag.15

pag.16 pag.18

pag.19 pag.20

pag.22

• Cenni sul passato

pag.22

• Definizione

pag.22

• Epidemiologia

pag.23

• Cenni di letteratura

pag.24

• Anatomia patologica

pag.25

• Quadro clinico

pag.29

• Distribuzione dermatomerica

pag.31

• Diagnosi

pag.31


8. IL TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELL’ERNIA DEL DISCO LOMBARE

pag34

9. IL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELL’ERNIA DEL DISCO LOMBARE

pag.36

• Complicanze post chirurgiche

pag.37

10. Il TRATTAMENTO FISIOCHINESITERAPICO POST CHIRURGICO

11.

pag.38

GLI OBBIETTIVI DEL PROBRAMMA RIABILITATIVO

POST-CHIRURGICO

pag.38

• 1.Educazione del paziente e prevenzione

pag.39

• 2.Il trattamento della sintomatologia dolorosa e dell’infiammazione

pag42.

• 3.L’esercizio terapeutico

pag.43

12.

CASO CLINICO

pag.48

13.

CONCLUSIONI

pag.69

Bilbiografia

pag.71


1. VISIONE D’INSIEME DELLA COLONNA VERTEBRALE

Cenni di anatomia e biomeccanica del rachide

La colonna vertebrale è un complesso formato da unità funzionali sovrapposte e articolate tra loro, le vertebre. Grazie alla sua particolare struttura a sartie[1], la colonna vertebrale ha due funzioni fondamentali, quella di sostegno del corpo e di protezione del midollo osseo ma risultando allo stesso tempo elastica e mobile. La lunghezza della colonna vertebrale può variare, ma generalmente è di 70 cm circa nell’uomo e 60 cm circa nella donna e può modificarsi con l’invecchiamento, a causa della riduzione dello spessore del disco intervertebrale e a causa dell’accentuazione delle curvature, specie a livello toracico.

Le curve fisiologiche

Osservata su un piano frontale si presenta rettilinea, mentre sul piano sagittale si osservano, dal basso verso l’alto, quattro curve: • Cifosi sacrale con concavità anteriore • Lordosi lombare con concavità posteriore • Cifosi dorsale con convessità posteriore • Lordosi cervicale con convessità anteriore [2] La colonna vertebrale può così essere suddivisa in quattro regioni e, dall’alto verso il basso avremo:

1) Il tratto cervicale: formato da 7 vertebre cervicali, esso si suddivide nel rachide cervicale superiore che comprende la prima e la seconda vertebra cervicale, rispettivamente atlante ed epistrofeo, e nel rachide cervicale inferiore, che si estende dal piatto inferiore dell’epistrofeo al piatto superiore della prima vertebra dorsale.[3] E’ il tratto che presenta

~1~


la maggior capacità di movimento. Le vertebre cervicali infatti, oltre alla funzione di sostegno della testa consentono alla stessa tutti i movimenti sul

piano

sagittale,

frontale,

laterale

e

rotatorio,

grazie

alle

caratteristiche peculiari delle prima due vertebre cervicali, atlante ed epistrofeo.

2) Il tratto toracico: è costituito da 12 vertebre toraciche, collegate in senso antero- posteriore a 12 paia di coste le quali, anteriormente, sono a loro volta collegate allo sterno. Questo insieme costituisce la gabbia toracica che non permette al tratto toracico un’ampia mobilità. Infatti le vertebre di questo segmento oltre alla funzione di sostegno hanno una funzione di protezione degli organi inseriti nella cassa toracica, e sono influenzate dalla funzione di respirazione polmonare.

3) Il tratto lombare: consta di 5 vertebre lombari, l’ultima delle quali risulta articolata con l’osso sacro. Sono vertebre molto robuste e dispongono di maggiore elasticità rispetto a quelle toraciche, infatti questo tratto è principalmente influenzato dalla postura e dalla locomozione ma anche dalla respirazione.

4) Il tratto sacro coccigeo: presenta una costituzione differente rispetto agli altri tratti in quanto è formato da due ossa, dal sacro e dal coccige che si articolano tra loro. L’osso sacro a sua volta si articola con le ossa del bacino. Il sacro è formato da 5 segmenti mentre il coccige da 4 o 5 segmenti. [4]

~2~


Figura 1 Lo sviluppo delle curve fisiologiche

Le curve del rachide, hanno origine dal passaggio dalla posizione quadrupede a quella bipede (fig.1) Nel periodo embrionale infatti, già in uno stadio precoce dello sviluppo è presente una sola ola curvatura concava ventralmente. Intorno al quinto mese di vita intrauterina intraute compare un’ulteriore curva, anch’essa concava ventralmente, in corrispondenza delle regioni sacrale e coccigea, che si adatta ai visceri pelvici. Quando il bambino qualche mese dopo la nascita è in grado di sollevare la testa sul torace, si forma una curvatura secondaria, convessa in avanti, nella regione del collo che si estende fino alla seconda vertebra toracica. Più tardi verso la fine del primo anno, quando il bambino è in grado di mantenere una posizione seduta, cui poi faranno seguito la postura eretta e la deambulazione, la curvatura cervicale aumenta e anche la porzione lombare della colonna diviene convessa in avanti, formando quindi un’altra curva secondaria che si estende ende dalla dodicesima toracica al promontorio del sacro. Intorno

al

sesto

anno

di

vita

abbiamo

una

situazione

di

normalizzazione. La stazione eretta quindi è all’origine ed è la causa della formazione delle curve del rachide e degli archi della pianta del piede. Con la stazione eretta, infatti, si ha una riduzione della base d’appoggio e la progressiva formazione delle curve fisiologiche che migliorano la distribuzione del peso assicurando l’equilibrio.

~3~


Le curve fisiologiche, oltre a migliorare la distribuzione del peso su un poligono di sostegno ridotto, aumentano anche la resistenza della colonna vertebrale alle sollecitazioni di compressione assiale. Il rachide umano, con tre curve mobili, ha una resistenza dieci volte maggiore di quella di una colonna rettilinea sprovvista di curve, la cui resistenza è pari ad uno. L’importanza delle curve del rachide può essere misurata in base all’indice rachideo di Delmas. Questo indice è dato dal rapporto tra la lunghezza sviluppata dal sacro all’atlante. Una colonna vertebrale con curve normali possiede un indice pari a 95 %. I limiti estremi di un rachide fisiologico sono tra 94 e 96%. Quando l’indice di Delmas è inferiore al 94% il rachide ha curve accentuate la cui lunghezza sviluppata è molto maggiore della sua altezza. Al contrario, quando l’indice di Delmas è superiore al 96% il rachide ha curve attenuate. Delmas afferma [5] che il rachide con curve pronunciate è di tipo funzionale dinamico, mentre quello con curve appiattite corrisponde ad un tipo funzionale statico. La presenza delle lordosi permette inoltre i movimenti di grande ampiezza degli arti superiori e inferiori. L’articolazione scapolo-omerale, ad esempio, in abduzione, non permette un movimento superiore ai 90° e in elevazione non va oltre i 60°; l’articolazione coxo-femorale, in abduzione, non permette un movimento superiore ai 45° e in estensi one della coscia non oltrepassa i 40°.

Sono necessarie delle compensazioni o

accentuazioni delle lordosi per permettere agli arti di oltrepassare questi limiti. Così un’accentuata elevazione del braccio aumenta la lordosi lombare per trazione del gran dorsale e, ugualmente, un’accentuata estensione della coscia sul bacino aumenta la lordosi lombare per stiramento dello psoas.

~4~


Cenni di osteoartrologia

Le vertebre presentano una conformazione interna caratteristica delle ossa brevi, sono formate per la maggior parte da tessuto osseo spugnoso contenente midollo osseo e rivestito in superficie da una lamina di tessuto osseo compatto che risulta più sottile nel corpo vertebrale rispetto alle varie parti dell’arco posteriore. Ad eccezione per il sacro e per il coccige, i cui segmenti sono fusi tra loro e fortemente modificati, nelle vertebre si possono riconoscere caratteristiche peculiari di conformazione che consentono di assegnarle ad un determinato tratto

della

colonna

vertebrale

o

addirittura

di

riconoscerle

individualmente. Ogni vertebra è formata da due pilastri: • Un pilastro anteriore, che costituisce la componente “idraulica”, supporta il peso e funge da ammortizzatore[6] è composta da: un corpo vertebrale, la parte ventrale della vertebra, la più voluminosa e resistente, costituita da tessuto osseo spugnoso delimitata nella parte superficiale

da

tessuto

osseo

compatto.

Ha

una

forma

approssimativamente cilindrica con due facce, una superiore rivestita da cartilagine ialina ed una inferiore che sono concave nella porzione centrale e lievemente rilevate ai bordi. Nella circonferenza si considera una porzione antero- laterale concava, conformata come una doccia orizzontale poco profonda ed una porzione posteriore, pianeggiante o lievemente concava in senso trasversale che delimita il foro vertebrale. I corpi vertebrali si articolano tra loro per mezzo di sinartrosi, grazie all’interposizione dei dischi fibro- cartilaginei o intervertebrali, che hanno la funzione di rendere complementari le superfici articolari dei corpi e ammortizzare le forze di carico, statiche e dinamiche, che si esercitano sulla colonna vertebrale. • Un pilastro posteriore, che costituisce il meccanismo scorrevole [7] ai fini del movimento. È composta dall’arco posteriore che a sua volta risulta costituito da:

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• Due peduncoli, piccole lamine appiattite e dirette sagittalmente. Formano i limiti laterali del foro vertebrale e collegano l’arco al corpo. Ciascun peduncolo ha una faccia interna che delimita il foro vertebrale, una faccia esterna che continua sulla faccia laterale del corpo e due margini, superiore ed inferiore, che sono concavi in alto e, rispettivamente, in basso e prendono il nome di incisure vertebrali; i margini

dei

peduncoli

di

due

vertebre

contigue

delimitano,

sovrapponendosi, un foro intervertebrale ( o foro di coniugazione ) che dà passaggio al nervo spinale.[8] • Le masse apofisarie, si trovano posteriormente ai peduncoli; in corrispondenza di esse l’arco vertebrale aumenta di volume e presenta una conformazione alquanto irregolare. In ciascuna massa apofisaria si notano diversi rilievi ossei che si distinguono in un processo articolare superiore, un processo articolare inferiore ed un processo trasverso. I due processi articolari, superiore ed inferiore, mettono in giunzione gli archi posteriori delle vertebre contigue per mezzo di artrodie. Il processo trasverso è una propaggine dell’arco diretta in fuori,[9] tramite la sua base esso continua con il peduncolo, con i processi articolari e con la lamina dello stesso lato. Nel rachide cervicale formano insieme agli abbozzi costali il forame del processo trasverso per l’arteria vertebrale; nel rachide dorsale sono particolarmente sviluppati e si articolano con le coste, nel rachide lombare prendono il nome di processo accessorio. • Due lamine vertebrali, fanno seguito posteriormente alla massa apofisaria e formano la maggior parte del contorno posteriore del foro vertebrale; risultano appiattite, quadrilatere e si dirigono obliquamente dall’alto verso il basso, per convergere sulla linea mediana; la loro faccia anteriore corrisponde al foro vertebrale, mentre quella posteriore prosegue nei processi trasversi. Le lamine delle vertebre contigue risultano tra loro embricate. • Un processo spinoso, impari e mediano, prende origine, con la sua base, nell’angolo di unione delle due lamine e si porta in dietro; ha forma e direzioni variabili nei diversi tratti della colonna vertebrale.[10]

~6~


L’intera colonna è attraversata dal canale vertebrale, che si forma per sovrapposizione di tutti i fori vertebrali. All’interno del canale è presente il midollo spinale che nei primi anni di vita si estende per tutta la lunghezza della colonna vertebrale, mentre con l’accrescimento della componente ossea e della componente nervosa risulterà più corto terminando a livello di L2. Ogni vertebra è articolata alla vertebra adiacente per mezzo di articolazioni: • Tra gli archi vertebrali: sono diartrosi del tipo delle artrodie in quanto si effettuano tra faccette articolari piane o, come nel segmento lombare, leggermente incurvate. I movimenti a livello dei processi articolari sono perciò sempre di scorrimento tra le superfici contigue. L’orientamento delle superfici articolari corrisponde a un piano quasi frontale nelle vertebre cervicali e toraciche; è sagittale nel segmento lombare. I mezzi di unione sono dati da una capsula fibrosa al cui interno si applica una sinoviale piuttosto lassa. La capsula fibrosa è rinforzata, in tutti i segmenti della colonna, dai legamenti gialli; inoltre, nei segmenti toracico e lombare si applica alla capsula fibrosa un legamento di rinforzo posteriore. • Tra i corpi vertebrali (intersomatiche): i corpi di due vertebre adiacenti sono articolati tra loro per mezzo di un’anfiartrosi, formata dai due piatti vertebrali uniti tra loro dal disco intervertebrale una struttura fibrocartilaginea, la cui dimensione è massima a livello lombare, ha forma di lente biconcava; si distinguono una faccia superiore, una faccia inferiore ed una circonferenza. Sono costituiti da una parte periferica, l’anello fibroso, e da una parte centrale, il nucleo polposo.

~7~


2. IL RACHIDE LOMBARE Visto su un piano frontale risulta rettilineo e simmetrico rispetto alla linea delle spinose. Le dimensioni dei corpi vertebrali decrescono dal basso verso l’alto. Visto di profilo si può notare la concavità posteriore tipica della lordosi lombare. Possiamo identificare diversi angoli: • L’angolo sacrale, formato dall’inclinazione della faccia superiore della prima vertebra sacrale con la linea orizzontale e misura mediamente circa 30°. • L’angolo lombo/sacrale, formato fra l’asse della quinta vertebra e l’asse del sacro che mediamente misura circa 140° • L’angolo di inclinazione del bacino, si forma tra l’asse di inclinazione della linea tesa tra il promontorio e il bordo superiore della sinfisi pubica su piano orizzontale , mediamente misura 60° • La freccia della lordosi lombare, si può vedere congiungendo il bordo postero-superiore della prima vertebra lombare al bordo posteroinferiore della quinta vertebra lombare. il massimo della curva in genere è a livello della terza vertebra lombare. Maggiore è la curvatura e maggiormente accentuata sarà la lordosi • La curva posteriore, è compresa fra il bordo postero-inferiore della quinta vertebra lombare e la verticale che discende dal bordo posterosuperiore della prima vertebra lombare[11].

~8~


Le vertebre lombari presentano (fig2) caratteristiche comuni alle altre vertebre, quali: • Un corpo vertebrale • Due lamine • Un apofisi spinosa • Le apofisi costi formi, che sono dei residui costali • Il peduncolo • Le apofisi articolai superiori e inferiori

Figura 2 le vertebre lombari

Alcune vertebre lombari hanno invece delle caratteristiche peculiari che le differenziano dalle altre vertebre, quali: • Delle apofisi costi formi meno sviluppate nella prima vertebra lombare • Il corpo vertebrale ebrale della quinta vertebra lombare risulta più alto in avanti che in dietro, tanto da apparire cuneiforme. Inoltre le apofisi articolari inferiori sono maggiormente distanziate l’una dall’altra rispetto alle altre.

3. MUSCOLI E LEGAMENTI I legamenti Sia le articolazioni posteriori che quelle anteriori sono rese stabili da strutture capsulari e legamentose, che rappresentano gli stabilizzatori statici e dalle strutture muscolari che rappresentano gli stabilizzatori dinamici, che conferiscono alla colonna vertebrale vertebrale una notevole resistenza meccanica: Nel pilastro ilastro anteriore troviamo: - Il legamento longitudinale anteriore, anteriore è posto nella superficie ventrale del corpo vertebrale e si estende dal tubercolo anteriore dell’atlante sino alla prima vertebra lombare. E’ costituito da due fasci, uno costituito da fibre profonde che collegano due corpi vertebrali adiacenti e da uno costituito ostituito da fibre più superficiali che comprendono quattro o cinque vertebre Questo legamento delimita i movimento di ogni unità funzionale.[12]

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- Il legamento longitudinale posteriore, che decorre lungo la faccia posteriore dei corpi vertebrali dall’apofisi basilare dell’occipite al canale sacrale. Questi due legamenti si connettono ad ogni livello del rachide in corrispondenza del disco intervertebrale.

Nel pilastro posteriore, troviamo numerosi legamenti che collegano due archi adiacenti:

- Il legamento giallo, grosso e resistente , superiormente si inserisce sulla faccia profonda della lamina sovrastante, inferiormente al margine superiore della lamina della vertebra sottostante. Si mette in tensione in posizione ortostatica. - Il legamento interspinoso, posto tra due processi spinosi contigui - Il legamento intertrasversario ,si estende tra i processi trasversi - Il legameno sovraspinoso, posto tra gli apici dei processi spinosi e termina a livello di L5 - I legamenti interapofisari, rafforzano la capsula a livello delle articolazioni interapofisarie. - Il legamento ileolombare, diviso in superiore, che unisce la cresta iliaca al processo costi forme di L4 e al corpo vertebrale e inferiore che dal corpo e dal processo costi forme di L5 si porta verso la cresta iliaca e verso la base dell’osso sacro. E’ un legamento molto importante nella stabilizzazione del tratto lombosacrale.

~ 10 ~


I muscoli Le strutture muscolari insieme ai legamenti e la capsula sono importanti stabilizzatori

dinamici

della

colonna,

e

hanno

la

funzione

di

mantenimento della stazione eretta[13]. I muscoli del tronco si suddividono in posteriori, laterali e anteriori. I muscoli posteriori del tronco, si suddividono in profondi, intermedi e superficiali, hanno la funzione principale di estendere il rachide lombare. Infatti prendendo appoggio sul sacro tirano all’indietro il rachide lombare e dorsale, determinando un’accentuazione della lordosi lombare. Sono implicati anche nella funzione di espirazione. 1. Lo strato profondo, è costituito dai muscoli spinosi che sono direttamente attaccati al rachide, per questo vengono chiamati docce vertebrali. Tra questi troviamo: Il trasverso spinale, le cui fibre si distaccano dalla lamina di una vertebra, portandosi in senso obliquo andando ad inserirsi nelle apofisi trasverse delle quattro vertebre sottostanti. I muscoli interspinosi collegano i bordi di due apofisi spinose vicine Il muscolo epispinoso, si inserisce sulle spinose delle prime due vertebre lombari e delle ultime dorsali. Il muscolo lungo dorsale, si inserisce fino alla seconda costa e sulle apofisi trasverse delle vertebre dorsali e lombari. Il muscolo sacro-lombare o ileo costale, 2. Lo strato intermedio, è costituito dal solo muscolo dentato posteriore e superiore, si inserisce sulle spinose delle prime tre vertebre lombari e sulle ultime due dorsali, terminando sulle ultime tre o quattro coste. 3. Lo strato superficiale, è formato dal muscolo grande dorsale che prende origine dalle aponeurosi lombari, e con le sue fibre copre tutti i muscoli delle docce. [14]

~ 11 ~


I muscoli laterali del tronco, di cui fanno parte i due muscoli, quadrato dei lombi e lo psoas, permettono l’inclinazione del tronco dalla parte in cui si contraggono, in più lo psoas agisce sulla lordosi lombare determinando una iperlordosi e una rotazione del tronco dalla parte opposta alla sua contrazione. Il quadrato dei lombi, formazione muscolare quadrilatera che si estende tra l’ultima costa, la cresta iliaca, e il rachide. Quando il quadrato dei lombi si contrae da un lato determina un’inclinazione del tronco dalla parte della sua contrazione. Il muscolo psoas, origina da due bande muscolari, da una parte una banda posteriore che si inserisce sulle apofisi trasverse delle vertebre lombari, dall’altra una banda anteriore inserita sui corpi vertebrali della dodicesima dorsale e le cinque vertebre lombari, terminando poi sul piccolo trocantere. Questo muscolo permette al tronco di inclinarsi dal lato della sua contrazione e una rotazione contro laterale, prendendo punto fisso sul femore. Determina anche una flessione del tronco rispetto al bacino ed una iperlordosi lombare. I muscoli anteriori dell’addome, di cui fanno parte: I due retti dell’addome, si inseriscono superiormente sulla quinta , sesta e settima costa, sulle cartilagini costali e sull’apofisi xifoidea, dai due capi si diparte un tendine che si fissa sul pube. I muscoli trasversi I muscoli della parete addominale insieme con i muscoli superficiali e profondi della regione spinale, agiscono come stabilizzatori della colonna. I muscoli superficiali del rachide hanno in primis una funzione dinamica, quindi sono implicati nel movimento e in un secondo momento nella stabilizzazione del rachide. Tra questi troviamo: • L’erettore della colonna • Il retto dell’addome • L’obliquo esterno

~ 12 ~


I muscoli profondi hanno un’azione primaria nella stabilizzazione e tra questi troviamo: • Multifido • I muscoli rotatori • Il trasverso dell’addome • L’obliquo interno • Il quadrato dei lombi I muscoli addominali, fanno parte di questo gruppo muscolare il retto dell’addome, i muscoli obliquo esterno ed obliquo interno e sono tutti degli importanti stabilizzatori durante le perturbazioni posturali. Il muscolo trasverso dell’addome, che

è il più profondo,

risponde

unicamente alle perturbazioni posturali, è l’unico muscolo che rimane attivo in entrambi i movimenti di flessione e in estensione isometrica del tronco. E’ stato dimostrato che l’attivazione e la funzione del trasverso dell’addome cambia nei pazienti che manifestano dolore lombare , pare che sia dovuto ad una sua diminuita azione stabilizzante.[15] Il muscolo multifido e i muscoli erettori del rachide dorsale, i muscoli erettori spinali sono dei muscoli lunghi e multi segmentali. Sono importanti stabilizzatori del rachide nelle perturbazioni posturali. Il muscolo multifido con le sue inserzioni segmentali e’ capaci di controllare il movimento dei segmenti spinali ed aumentano la stabilità del rachide[16]

~ 13 ~


4. FISIOLOGIA

E

BIOMECCANICA

DEL

DISCO

INTERVERTEBRALE

Il disco intervertebrale (fig.3) va a costituire

quella

l’articolazione

tra

che due

è corpi

vertebrali adiacenti, con i quali va a formare

l’unità

rachide.

Il

funzionale

disco

del

vertebrale

è

formato da due parti ben distinte: Il nucleo polposo,, è costituito da una sostanza gelatinosa e molle specie in

giovane

età

,infatti

con

Figura 3 il disco intervertebrale

l’aumentare degli anni il nucleo viene via via sostituito da sostanza fibro-cartilaginea cartilaginea che si fonde con l’anello fibroso. Embriologicamente Embr deriva dalla corda dorsale dell’embrione.[17]. dell’embrione.

E’ costituito da

macromolecole di mucopolisaccaridi, che hanno la capacità di legare molecole di acqua, questa caratteristica permette al nucleo polposo di svolgere un’azione di ammortizzatore idroelastico. idroelastico. Nel giovane il contenuto di acqua è dell’88% , questo viene a diminuire con l’età, dando al nucleo una minore capacità di ammortizzatore [18]. [1 Dal punto di vista istologico è formato da fibre collagene, cellule di tipo condroide, cellule connettive e alcuni ammassi di cellule cartilaginee. Il nucleo non è attraversato da vasi e nervi. Nel rachide lombare agisce da cuscinetto a sfera, subisce deformazioni durante il movimento ma non subisce variazioni di volume, quando viene sottoposto a pressione, pr la trasmette all’anello fibroso. L’anello fibroso è una struttura fibro- cartilaginea, composta dalla successione di strati fibrosi concentrici di fibre collagene . Le fibre della periferia dell’anello fibroso risultano disposte verticalmente, mentre man mano che ci si avvicina alla porzione centrale divengono sempre più oblique. Le fibre che sono a contatto con il nucleo sono quasi orizzontali e descrivono un lungo tragitto elicoidale per andare da un piatto

~ 14 ~


vertebrale all’altro. Il nucleo si trova quindi in un alloggio inestensibile, formato dai due piatti e dall’anello fibroso. Quest’ultimo ha la funzione funz di impedire una fuoriuscita del nucleo polposo, polposo, ma funziona anche come un legamento gamento limitando il movimento ma risulta risulta meno resistente resis nel compartimento postero–laterale. postero L’anello fibroso a differenza del nucleo pare che sia attraversato da delle terminazioni nervose in particolare nella sua porzione posteriore. Il nucleo polposo subisce subisce deformazioni durante il movimento ma non no subisce variazioni di volume e quando viene sottoposto a pressione, la trasmette all’anello fibroso.

Il nucleo, perciò, imprigionato sotto

pressione nella sua sede, tra i due piatti vertebrali, vertebra ha la forma di una sfera, comportandosi come una biglia interposta tra due piani, forma un vero e proprio snodo, consentendo tre tipi di movimento e sei gradi di libertà, con un’ampiezza un’ampiezza modesta per ogni movimento ma sommando il movimento di più articolazioni lazioni di questo tipo, possiamo ottenere movimenti anche di grande ampiezza.[19]

Il fenomeno della migrazione dell’acqua dal disco intervertebrale

La migrazione dell’acqua nel nucleo polposo (fig.4) avviene a seconda della forza di compressione che il nucleo polposo subisce nella posizione eretta o in decubito. Infatti nella posizione eretta,per effetto del peso corporeo si esercita una pressione assiale sul nucleo, così che l’acqua contenuta nella sostanza sostanza gelatinosa fuoriesce.

Figura 4 Il fenomeno della migrazione dell'acqua

~ 15 ~


Nel caso in cui la posizione eretta venga mantenuta per tutta la giornata alla sera avremo una diminuzione dello spessore del disco. Durante la notte invece, nella posizione in decubito e in assenza della pressione assiale e per osmosi tissutale, l’acqua viene attirata all’interno della sostanza gelatinosa così che il disco riacquista il suo spessore iniziale[20]. La diminuzione dello spessore del disco è differente a seconda che interessi una persona giovane o anziana, questo perché un disco già lesionato o che ha perso le sue caratteristiche idrofile, non riesce a riacquistare il suo spessore iniziale se messo a riposo, la diminuzione dello spessore del disco, provoca delle alterazioni secondarie anche alle faccette articolari posteriori dando origine ad artrosi secondaria. Le sollecitazioni assiali pressorie esercitate sul disco sono maggiori più ci avviciniamo all’osso sacro, questo perché il tratto inferiore è quello che sopporta il carico di tutta la parte superiore del tronco. A livello del rachide lombare lo spessore risulta maggiore e di circa 9 mm [21], in più il nucleo polposo occupa una superficie maggiore, ciò a dimostrazione del fatto che il tratto lombare è quello che maggiormente è sottoposto a forze di compressione.

5. BIOMECCANICA DEL RACHIDE LOMBARE

Il rachide lombare permette dei movimenti non molto ampi, ma che insieme al movimento degli altri segmenti rachidei contribuisce nel movimento globale di tutto il rachide. Durante il movimento avvengono delle modificazioni a livello del disco intercartilagineo, delle faccette articolari posteriori, dei legamenti e della capsula. • Nella flessione: durante il piegamento in avanti il corpo vertebrale della vertebra sovrastante scivola leggermente in avanti, questo spostamento fa si che diminuisca lo spessore del disco nella sua parte anteriore, mentre nella sua parte posteriore aumenta, il nucleo polposo viene spinto all’indietro facendo pressione sulle fibre posteriori dell’anello fibroso. Contemporaneamente le apofisi articolari inferiori della vertebra

~ 16 ~


superiore tendono a sganciarsi dalle apofisi articolari superiori della vertebra sottostante. Questo allontanamento provoca la tensione della capsula e dei legamenti posteriori che limitano il movimento in flessione.[22] • Nell’estensione: durante il piegamento indietro il corpo vertebrale della vertebra sovrastante si inclina e indietreggia, mentre il disco si assottiglia nella porzione posteriore e si allarga nella porzione anteriore. Il nucleo polposo viene spinto in avanti mettendo in tensione le fibre posteriore dell’anello fibroso. Il movimento in estensione viene limitato dalle faccette articolari posteriori e dalla tensione del legamento longitudinale anteriore. • Nell’inclinazione laterale: il corpo della vertebra sovrastante si inclina e scivola dalla parte che si trova in iper- flessione, mentre il disco intervertebrale si allarga dalla parte della convessità. Il nucleo polposo si sposta anch’esso dal lato della convessità. Durante questo movimento abbiamo una tensione che interessa il legamento giallo e la capsula interapofisaria dal lato della convessità, mentre si trovano accorciati dal lato della convessità. •

Nella rotazione laterale: avviene uno scivolamento del corpo della vertebra sovrastante su quella sottostante. Il movimento di rotazione risulta molto limitato a causa dell’orientamento obliquo delle faccette articolari.

La funzione del tronco nel ciclo del passo

Il ciclo del passo viene definito come un evento ciclico che si svolge da un appoggio di un tallone all’appoggio successivo dello stesso tallone. Ogni ciclo viene suddiviso in due fasi: • La fase di “stance” ovvero una fase di appoggio • La fase di “swing” ovvero una fase di oscillazione La fase di STANCE a sua volta è composta da:

~ 17 ~


• 1° doppio appoggio, in cui il tallone prende conta tto con il suolo, seguito dall’abbassamento della punta e quindi dal pieno appoggio di tutta la pianta del piede. Questa fase a qua volta viene suddivisa due momenti: 1. Contatto iniziale ( initial contanct) • Accettazione del carico (weigth acceptance) [23], •

Appoggio singolo, in cui il centro di massa viene spostato in avanti con un movimento che ricorda un pendolo. Questa fase a sua volta è suddivisa in due momenti:

1. Medio appoggio ( mid stance) • Fase terminale di appoggio (terminal stance) [24] • Secondo doppio appoggio, rappresenta il momento di propulsione , nel quale si svolge la spinta in avanti del centro di massa. Durante la fase di “stance” il tronco non ha nessun arco di movimento, si trova eretto, mentre l’azione dei muscoli cambia a seconda che ci si trovi nel momento del doppio appoggio o dell’appoggio singolo. Nel primo momento, gli estensori del dorso contro laterali si contraggono eccentricamente in modo da consentire la verticalità del tronco sia sul piano sagittale che sul piano frontale. Il mantenimento della verticalità del tronco aiuta a controbilanciare il peso del corpo sulla base di appoggio. Nel secondo momento, con l’appoggio di un singolo arto, i muscoli estensori

profondi

del

tronco

omolaterali,

iniziano

a

contrarsi

concentricamente nella fase terminale di appoggio per controllare lo spostamento del peso corporeo. [25]

La fase di SWING, di oscillazione è a sua volta costituita da: • Fase di “initial swing” oscillazione iniziale, inizia comprende il momento di stacco del piede dal suolo e il momento in cui il piede dell’arto che si trova in oscillazione raggiunge la tibia contro laterale. • Fase di “mid swing” oscillazione intermedia, comprende il momento in cui il piede oscillante si trova all’altezza della tibia contro laterale sino a che la tibia si trova perpendicolare al suolo. • Terminal swing, è il periodo compreso tra il termine della mid swing e la completa estensione del ginocchio. [26]

~ 18 ~


Durante la fase di swing, il tronco si trova in posizione eretta, in questa fase non vi è invece nessuna azione muscolare.

6. LE STRUTTURE NERVOSE DEL RACHIDE LOMBARE

Tutto il rachide è attraversato dal midollo spinale

che

passa

nel

canale

vertebrale. Dal midollo spinale si dipartono

le

radici

nervose

che

fuoriescono dai forami di coniugazione e vanno a formare i plessi nervosi brachiale e lombosacrale. Nel rachide lombo-sacrale abbiamo due importanti plessi nervosi: Il Plesso Lombare Si estende da L1 ad L4, di cui fanno parte: • il nervo cutaneo laterale della coscia • ( radice L2 L3). E’ un nervo quasi esclusivamente sensitivo e innerva la cute laterale della coscia e parte della cute della natica • il nervo femorale (radice da L1 L4) • si

dirama

in

muscolocutaneo mediale

,

quadricipite

laterale del

e

nervo

del

e

muscolo safeno.

Innerva i muscoli ileo psoas, adduttore lungo e quadricipite femorale. Il Plesso Sacrale Si estende da L4 a S1, di cui fanno parte:

~ 19 ~


il nervo sciatico ( radice L4 S3) rappresenta il nervo misto più lungo del corpo e a sua volta si suddivide in: - nervo peroneo comune o sciatico popliteo esterno (radice L4 S1) - nervo tibiale o sciatico popliteo interno (radice L5 S3) le radici nervose possono andare incontro a compressione come nell’ernia del disco e perciò possono avere delle disfunzioni che normalmente sono temporanee. I sintomi da compressione di una radice comprendono: • paresi • ipo-anestesia, parestesia, , disestesia, dolore, iperalgesia, causalgia • deformità scheletriche

Il midollo e i nervi spinali

Il midollo spinale (sistema nervoso centrale) termina normalmente a livello di L1-L2, dando luogo a centinaia di piccole terminazioni nervose (radicole) che si organizzano in fasci (radici) prima di uscire ai vari livelli del rachide lombare e del sacro. Ad ogni livello lombare escono quindi due radici (destra e sinistra) che prendono il nome dalla vertebra più prossimale (craniale) del livello. Ad esempio a livello del forame L4-L5 uscirà la radice nervosa L4. Il canale osseo attraverso cui le radici nervose attraversano per uscire dal canale vertebrale prende il nome di “forame”. All’interno del forame le radici sono difficilmente mobilizzabili a causa dello spazio ristretto. Una volta uscite dai forami le radici nervose si anastomizzano (uniscono) dando luogo a plessi nervosi. Dai plessi nascono i nervi periferici. I nervi coinvolti dalle ernie del disco lombari generalmente sono : il nervo femorale che prende origine dalle prime tre radici lombari il nervo ischiatico (sciatico) che prende origine dalle ultime due radici lombari e dalla prima sacrale.

~ 20 ~


Le strutture rachidee (della colonna) sono esse stesse innervate (tranne il nucleo polposo). La struttura pi첫 innervata sembra essere il legamento longitudinale posteriore.

~ 21 ~


7. L’ERNIA

DEL

DISCO

LOMBARE Cenni sul passato

Il dolore riferito ad un arto inferiore sul territorio del nervo sciatico è stato descritto sin dai tempi antichi,

anche

Ippocrate: molti

dallo

tuttavia,

secoli,

per

stesso

occorsero stabilire

il

corretto nesso tra il dolore sciatico e la presenza dell’ernia discale (fig5)..

Precisamente

nel

1932,

Figura 5 l'ernia del disco

quando Mixter e Barr dopo aver esaminato alcune “neoformazioni” del canale spinale, arrivarono alla giusta conclusione, ed operarono il primo paziente di “rottura del disco intervertebrale lombare” al Massachussets General Hospital. Hospital. Iniziò così la chirurgia dell’ernia discale. Fineschi che con il suo trattato fu tra i primi in Italia e nel mondo a fornire un inquadramento preciso dell’ernia discale lombare, riferisce che “……la conoscenza dell’ernia del disco fu una conquista dura, difficile. Ha richiesto una lotta contrastata che ha coinvolto neurologi, anatomici e chirurghi. Né la vittoria è stata completa, definitiva….” [27] [27

Definizione

L’ernia del disco lombare è una patologia degenerativa del disco intervertebrale. Dal punto di vista anatomico, per ernia del disco si intende la rottura dell’anello fibroso (anulus) con conseguente spostamento del nucleo polposo nello spazio intervertebrale, che avviene usualmente nella parte posteriore o postero laterale del disco. L’ernia ia può oltrepassare o meno il legamento longitudinale posteriore, potendosi distinguere l’estrusione (con eventuale sequestro, migrazione

~ 22 ~


ed erniazione intravertebrale o intraforaminale) dalla protrusione (ernia contenuta), a seconda della forma e della posizione del materiale dislocato. Si manifesta con un quadro clinico caratterizzato da mal di schiena, radicolopatia compressiva sciatica o crurale, e limitazione o impotenza funzionale. Per sciatalgia si intende il dolore irradiato lungo il decorso del nervo sciatico, dal gluteo alla parte posteriore della coscia e postero-laterale della gamba, fino alla caviglia. Può essere associata a mal di schiena (lombosciatalgia). Per cruralgia si intende il dolore avvertito lungo la faccia anteriore o antero-interna della coscia, lungo il decorso del nervo crurale. [28]

Epidemiologia

L’ernia del disco lombare sintomatica può essere causa di mal di schiena, un disturbo che nei paesi occidentali colpisce il 90% degli adulti nel corso della loro vita, e che rappresenta un frequente motivo di limitazione funzionale più o meno invalidante in persone in genere al di sotto dei 45 anni di età. Secondo l’ultima l’indagine ISTAT [29] sullo stato di salute in Italia, si segnala che il 7,9 % della popolazione ha riferito dal 1999 al 2000 di essere affetto da lombosciatalgia

6,7% nei maschi e

8,9 % nelle

femmine, con una prevalenza nell’incidenza prettamente femminile specie tra i 30 e i 50 anni. In Sardegna il 10,4 % della popolazione soffre di lombosciatalgia. Il tratto maggiormente colpito è quello di L4-L5 e L5-S1. Sono considerati fattori di rischio: - le occupazioni sedentarie e l’inattività fisica; - Il sovrappeso; - l’alta statura; - la guida di veicoli a motore prolungata e costante; - le vibrazioni;

~ 23 ~


- I lavori a elevato impegno fisico soprattutto se comportano abitualmente il sollevamento manuale di carichi; - le gravidanze. A questo proposito, il DM del Ministero Del Lavoro 27/04/2004 include l’ernia del disco lombare tra le patologie professionali da segnalare al Dipartimento di prevenzione delle ASL. [30]

Cenni di letteratura

Benché l’ernia possa causare dolore alla schiena, radicolopatia sciatica o cruralgia e impotenza funzionale, la degenerazione del disco può verificarsi anche in assenza di sintomi. Ernie del disco vengono riscontrate infatti con elevata frequenza in persone asintomatiche. Nello studio di Boos [31] il 76% dei controlli asintomatici era portatore di un’ernia del disco lombare. La sintomatologia determinata dall’ernia può risolversi spontaneamente o con

i

trattamenti

conservativi:

le

probabilità

di riassorbimento

aumentano con le dimensioni dell’ernia e con l’entità della migrazione dallo spazio discale. Numerosi studi di diagnostica per immagini hanno provato che le ernie del disco lombare, in un’elevata quota di casi, regrediscono del tutto o in larga parte. Il miglioramento è rapido entro i primi tre mesi ed è attribuibile a meccanismi di riassorbimento cellulare mediato da citochine senza reazione fibroblastica. L’ernia discale è dunque un fenomeno dinamico, nonché una condizione relativamente comune e a prognosi favorevole nella maggior parte dei casi. Il 95% dei pazienti con mal di schiena invalidante è in grado di ritornare al lavoro entro tre mesi dall’insorgenza della sintomatologia senza ricorrere alla chirurgia. Sono invece rare le ernie del disco che provocano compressioni estese, usualmente

considerate

come

chiare

indicazioni

all’intervento

chirurgico. Anche i deficit neurologici motori causati da ernia del disco lombare (a eccezione della sindrome della cauda equina e della perdita

~ 24 ~


progressiva della funzione motoria) avrebbero dunque una storia naturale favorevole. In Italia sono effettuati ogni anno circa trentamila interventi chirurgici con diagnosi di ernia del disco lombare, che corrispondono a un tasso medio nel triennio 1999-2001 pari a 5,09 per 10.000 persone, di cui 3,40 per 10.000 persone in Sardegna. Più del 95% delle operazioni vengono eseguite ai livelli L4-L5 o L5-S1;3 gli uomini vengono operati con frequenza doppia rispetto alle donne.[32]

Anatomia patologica

Il processo della fuoriuscita(fig.6) dell’ernia può avere luogo in tempo brevi oppure svilupparsi nel corso degli anni come parte di un processo degenerativo articolare. In base a questa differente patogenesi si distinguono : - L’ernia del disco “ molle “ , più frequente nel rachide lombare, corrisponde all’ernia del nucleo polposo - L’ernia del disco “ dura “ , pressoché esclusiva del rachide cervicale, rappresenta l’esito evolutivo di una discopatia degenerativa associata a spondilosi. [33] La migrazione del nucleo polposo comporta sia una compressione meccanica delle strutture nervose , ma anche una reazione infiammatoria con liberazione di vari fattori biochimici (prostaglandine, leucotrieni,etc.). La perdita di continuità dell’anello fibroso, può essere determinata sia a causa di un affaticamento dovuto ad un carico protratto nel tempo, sia in seguito ad un evento traumatico.[34]

Rottura da fatica Con il passare del tempo l’anello può lesionarsi in conseguenza del sovraccarico ripetuto di una colonna in flessione, se piegata in avanti in modo asimmetrico e per sollecitazioni in torsione .

~ 25 ~


Caratteristiche della lesione da fatica: • Con sforzi torsionali, l’anello si distorce, ovviamente, in corrispondenza dell’angolo postero-laterale opposto al senso della rotazione. Gli strati dell’anello fibroso esterno perdono la loro coesione e cominciano a separarsi l’un l’altro. • Ogni strato, quindi agisce separatamente come una barriera per il materiale nucleare ma quando si generano delle rotture radiali e avviene un passaggio del materiale nucleare all’interno dei vari strati. • Con le ripetute manovre in flessione in avanti e con gli sforzi da sollevamento, gli strati dell’anello sono fortemente sollecitati, essi infatti vengono strettamente concentrati negli angoli postero laterali, si sviluppano delle fessure radiali dove il materiale nucleare si insinua. Gli strati più esterni delle fibre anulari riescono a contenere il materiale nucleare fintanto che rimane anche un solo strato continuo. Dopo che si verifica la lesione, il nucleo tende a dilatarsi e a distorcere l’anello. La distorsione è maggiore nella regione dove le fibre anulari sono allungate. Se gli strati esterni si rompono, il materiale nucleare può uscire attraverso le fessure. • Viene tentato un processo di guarigione, ma la circolazione sanguigna è scarsa all’interno del disco. La chiusura della fessura può verificarsi da parte del gel nucleare o dalla proliferazione delle cellule dell’anello fibroso. Qualsiasi riparazione fibrosa è più debole di quella normale ed occorre molto tempo, tutto a causa della scarsa irrorazione del circolo sanguigno nel disco.

Rottura traumatica La rottura dell’anello può verificarsi in un tempo o può avvenire come conseguenza di una rottura graduale degli anelli anulari del disco e più comunemente nei traumi in iperflessione.[35]

~ 26 ~


Alterazioni degenerative Comprendono qualsiasi perdita di integrità del disco causata da invecchiamento, ernie, difetti dell’estremità distale del piatto vertebrale, che rappresentano uno stimolo per le alterazioni degenerative del disco stesso. Caratteristiche del processo degenerativo • La degenerazione è caratterizzata da progressive modificazioni fibrose del nucleo, da perdita dell’organizzazione delle fibre dell’anello fibroso, e da rotture nelle estremità dei piatti cartilaginei. • Il nucleo diventando più fibroso, perde le sua capacità di assorbire liquidi. Il contenuto idrico diminuisce e si produce una riduzione proporzionata della grandezza del nucleo. L’ernia del disco infatti deve essere distinta da quella che è invece la protrusione discale di tipo degenerativa, in questa non vi è una discontinuità dell’anulus, ma questo viene solamente sfiancato e va a protrudere nello speco vertebrale, oltrepassando il muro posteriore dei corpi vertebrali adiacenti.[36] L’ernia del disco

può andare incontro ad un processo di migrazione

rispetto alla sede di origine, in base a questo processo possiamo distinguere tre tipi di ernia: • Ernia contenuta : migrazione di parte del nucleo polposo attraverso una fessurazione

dell’anulus

senza

superamento

del

legamento

longitudinale posteriore • Ernia protrusa : migrazione di parte del nucleo polposo attraverso una fessurazione dell’anulus, con dissociazione delle fibre del legamento longitudinale posteriore. • Ernia estrusa/ espulsa

: migrazione di parte del nucleo polposo

attraverso una fessurazione dell’ anulus, l’ernia ha perso ogni contatto con il legamento longitudinale posteriore. • Ernia migrata: l’ernia si fa strada sotto il legamento longitudinale posteriore scollandolo senza però lacerarlo.

~ 27 ~


Figura 6 il processo di fuoriuscita del nucleo polposo

• Ernia mediana o centrale • Ernia paramediana, paramediana, che ha un’origine centrale ma si sviluppa prevalentemente su un lato. • Ernia postero laterale • Ernia intraforaminale, intraforaminale che sviluppa nell forame di coniugazione • Ernia extraforaminale, extraforaminale, che sviluppa in sede anteriore rispetto al forame di coniugazione.[37 [37] L’ernia ’ernia del disco, con il passare del tempo va incontro a modificazioni della sua struttura, infatti inizialmente la sostanza gelatinosa appare bianca, lucente e turgida, successivamente diviene giallastra, opaca, disidratata e friabile, alle volte calcificata. In base a queste caratteristiche possiamo ulteriormente suddividere l’ernia in: • Recente • Inveterata[38] Ai fattori eziologici degenerativi, degenerativi, traumatici e da fatica possiamo aggiungere quelli che sono i fattori di rischio predisponenti quali: • Età , si è più suscettibili fra i 30 e il 50 anni e perciò nella 3°3° 4° decade • Sesso, sono maggiormente colpite le donne rispetto agli uomini • Peso corporeo • Tipo di lavoro specie lavori pesanti e che provocano delle sollecitazioni vibratorie del rachide. • Tipo di sport • Difetti posturali

~ 28 ~


• Familiarità • Gravidanza Un’altra importante causa di dolore lombare può essere un disturbo di origine psicogena, caratterizzato dall’ansia che a sua volta provoca spasmi muscolari e contratture con conseguente dolore lombare. La lombalgia di origine psicogena deve essere individuata e differenziata da quello che è il dolore specifico di origine meccanica.

Quadro clinico Il sintomo principale è rappresentato dal dolore lombare, spontaneo, trafittivo che si irradia all’arto inferiore, che si aggrava durante un’attività, durante i movimenti di flesso estensione del tronco, negli starnuti, nella tosse e nel sedersi. Mentre regrediscono con il riposo e durante la deambulazione. Il quadro clinico è caratterizzato da: • Lombalgia tipica della fase di esordio • Irradiazione del dolore nel dermatomero corrispondente alla radice interessata che attraversa la coscia, la gamba sino a raggiungere il piede. La radice che maggiormente viene interessata è quella del nervo sciatico con conseguente lombo sciatalgia.

La lombo sciatalgia è rappresentata da un dolore lombare con irradiazione dolorosa al di sotto del ginocchio, nel 40-45% interessa i livelli L4-L5, mentre nel 45-50 % il tratto lombare L5-S1

~ 29 ~


Figura 7 irradiazione del dolore a livello della radice L4

Figura 8 irradiazione del dolore a livello di L5

Figura 9 irradiazione del dolore a livello di S1

La lombo cruralgia è dovuta ad interessamento delle radici L3, L4 nel 310% dei casi.

Il dolore all’arto può essere presente anche in assenza di dolore lombare. Altre manifestazioni cliniche: cliniche Turbe della sensibilità cutanea con iperestesia, parestesia, ipo-estesia, ipo anestesia nel 45% dei casi, casi con distribuzione cutanea corrispondente alla radice nervosa interessata; interessata Alterazioni dei riflessi osteo-tendinei osteo con iperreflessia, iporeflessia e areflessia del tendine del quadricipite in caso di interessamento del tratto L3-L4, L4, del riflesso achilleo in caso caso di interessamento del tratto S1 , presenti nel 51% dei casi. Alterazioni del tono e del trofismo muscolare a carico di glutei, tricipite surale e del quadricipite. Disturbi della forza muscolare che può essere solo deficitaria o assente nel 28% dei casi Sindrome della cauda equina nel 1-2% 1

~ 30 ~


Distribuzione dermatomerica

In caso di interessamento della radice L4 (fig.8)avremo disturbi sensitivi al di sotto del ginocchio, deficit muscolare e ipotrofia a livello del quadricipite , del tibiale anteriore e perciò un deficit motorio nell’estensione del ginocchio e nella dorsi flessione e supinazione del piede. Deficit del riflesso rotuleo. In caso di interessamento della radice L5 (fig.8) avremo disturbi sensitivi a livello del dorso del piede e della parte laterale del polpaccio, deficit muscolare e ipotrofia

a livello dell’estensore proprio dell’alluce,

dell’estensore comune delle dita, del medio gluteo e perciò un deficit motorio nell’abduzione dell’anca. In caso di interessamento della radice S1 (fig.9) avremo disturbo sensitivo a livello del bordo laterale del piede e della parte posteriore del polpaccio. Deficit muscolare e ipotrofia a livello di gastrocnemio, del grande gluteo e dei muscoli peronieri, perciò il deficit motorio interessa il movimento in flessione plantare del piede e nella pronazione e nell’estensione dell’anca. Ad una prima ispezione il paziente si presenterà con: Spianamento della lordosi lombare Rigidità Contratture dei muscoli paravertebrali Atteggiamento scoliotico ed in flessione mantenuto dal paziente nella stazione eretta. Zoppia e segno di Trendelemburg

DIAGNOSI

I cardini su cui si deve basare il processo diagnostico sono tre: 1) Raccolta dei dati anamnestici

~ 31 ~


2) Diagnostica per immagini e strumentale 3) Esame obiettivo con test clinici di coinvolgimento radicolare (irritativo, deficitario,paretico deficitario,paretico.

1) Anamnesi Le linee guida PNLG 2005-2008 2005 2008 sull’ernia discale lombare concordano sull’importanza fondamentale nell’identificare l’identificare i cosiddetti semafori rossi,, in presenza dei quali è indicata la prescrizione immediata di esami di diagnostica strumentale.

Quali sono i principali semafori rossi da tenere in considerazione ? • Deficit neurologico urologico esteso e/o prolungato. prolungato • Sintomi caratteristici della sindrome della cauda equina. • Sospetto

di

malattie

sistemiche,

infiammatorie, neoplastiche o infettive • Sospetto di lombalgia infiammatoria • Traumi recenti • Assunzione protratta di cortisonici, osteoporosi • Età < di 20 anni o > di 50 anni, in associazione ad un altro semaforo rosso.[39] 2) Diagnosi strumentale Tenendo conto dell’alta frequenza di ernie discali asintomatiche e la possibile regressione delle ernie sintomatiche, è indicato attendere dalle 4 alle 6 settimane dall’insorgenza della sintomatologia dolorosa,, prima di effettuare esami di diagnostica strumentale. Le tecniche di diagnostica per immagini includono la radiografia della colonna, la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM). • La radiografia della colonna non è in grado di fornire una visualizzazione diretta del disco intervertebrale, pertanto in assenza di segni e sintomi di gravi patologie spinali non è indicata nel primo mese

~ 32 ~


di sintomatologia. Nei pazienti con radiologia negativa,ma clinica molto sospetta, è indicata l’effettuazione di RM. La radiografia pur non visualizzando direttamente il disco può dare indicazioni su quelle che sono le cause responsabili della compressione radicolare. • TC e RM sono pressoché sovrapponibili in termini di sensibilità, specificità e accuratezza diagnostica per porre diagnosi di ernia del disco. Permettono di valutare la presenza dell’ernia, le dimensioni dove è situata. Secondo le linee guida non è indicato eseguire una RM o una TC nel corso del primo mese di sintomatologia dolorosa e in assenza di semafori rossi. La RM è preferibile alla TC in quanto non sottopone il paziente a radiazioni ionizzanti in più grazie alla risonanza magnetica si possono evidenziare eventuali segni di flogosi e di infiammazione.

3) Test clinici • L’SLR Straight leg raising, flessione della coscia a gamba estesa. si effettua nel paziente supino sollevando passivamente l’arto inferiore sintomatico a ginocchio esteso per valutare la comparsa di dolore o di parestesie all’arto e misurare l’angolo di sollevamento. Il test è usualmente positivo in caso di compressione sulle radici L5-S1. L’SLR equivale alla manovra di Lasègue, la differenza è che quest’ultima consiste nella flessione della coscia sul bacino a 90° a gamba flessa cui segue l’estensione della gamba che viene riportata in linea con la coscia. Entrambi i test rappresentano segni di sofferenza radicolare allo stiramento. • La manovra di Wasserman (femoral stretch test) si effettua a paziente prono con il ginocchio in massima flessione e la mano dell’esaminatore posizionata nel cavo popliteo. Spesso è positiva in caso di compressione sulle radici L2, L3 e L4. • Il sitting knee extension test si effettua con il paziente seduto a ginocchia flesse di 90° estendendo lentamente un gi nocchio. • Il test del calzino (sock test ) consiste nella misurazione della distanza raggiunta dalle mani fino a: terzo inferiore della coscia, ginocchio, terzo superiore, medio o inferiore della gamba, caviglia, dorso del piede o

~ 33 ~


estremità dell’alluce, nel tentativo di indossare un calzino in posizione seduta. • Ricerca dei riflessi osteotendinei, il cui deficit indica la possibile compressione di una o più radici nervose.[40] • 8. Il TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELL’ERNIA DEL DISCO LOMBARE

Il trattamento conservativo si differenzia a seconda del momento clinico. Infatti la terapia varia a seconda dello stato in cui il paziente si presenta a noi: • Acuto • Sub acuto • Cronico Il trattamento conservativo ha una durata di circa quattro/sei settimane e gli obbiettivi principali consistono in: 1. Ridurre

la

sintomatologia

dolorosa

, l’infiammazione

conseguenti contratture muscolari attraverso:

~ 34 ~

e le


il riposo a letto e la messa a riposo delle strutture anatomiche sofferenti con l’utilizzo di corsetti. Il riposo a letto è consigliato per brevi periodi (circa 2/3 giorni) e in caso il paziente riferisca una sintomatologia intensa ed inabilitante. Secondo le ultime linee guida[41], il riposo a letto per tempi ha un effetto negativo sul dolore lombare. Secondo uno studio effettuato nel 2011 [42] e pubblicato dall’European Spine Journal, l’assenza di gravità e l’inattività prolungata provoca atrofia dei muscoli estensori del rachide, tra cui il multifido, e dei muscoli flessori del tronco come addominali e ileo-psoas. È utile raccomandare al paziente

di

restare attivi e ridurre così i giorni di assenza dal lavoro per malattia e prevenire l’instaurarsi di un quadro cronico. Secondo alcune linee guida Statunitensi[43], pare che il riposo a letto per più di quattro giorni provochi indebolimento, ipostenia, rigidità articolare e trombosi venose profonde. Per la messa a riposo delle strutture rachidee è indicato anche l’utilizzo di corsetti, per brevi periodi. Non vi sono evidenze scientifiche circa il beneficio nell’utilizzo dei corsetti in patologie degenerative. La terapia farmacologica utilizza paracetamolo e dei FANS, dei farmaci antidepressivi, utilizzati specie nel dolore cronico, in quanto è stato dimostrato come possa esistere un dolore lombare su base psicogena. Gli antidepressivi sono utili come antidolorifici, sedativi e sono in grado di migliorare la qualità del sonno in quei pazienti con un dolore lombare cronico anche a riposo. Vengono somministrati anche farmaci miorilassanti, o infiltrazioni con cortisonici e anestetici. Si può ricorrere anche a terapia fisica tramite

manipolazioni e

massoterapia. 2. Incrementare il ROM articolare e la forza dei muscoli stabilizzatori del rachide attraverso: fisiochinesiterapia che comprende movimenti passivi e attivi, esercizi di stretching, esercizi di rinforzo muscolare isometrico e isotonico. Esercizi di rilassamento ed esercizi di rieducazione respiratoria.

~ 35 ~


3. Rieducazione posturale, propriocettiva e dell’equilibrio, attraverso l’utilizzo di differenti metodiche quali, McKenzie, Back School, Mezières e Souchard, Feldenkraise.

9. IL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELL’ERNIA DEL DISCO LOMBARE Il trattamento chirurgico secondo la linea guida del Washington State Department of Labour and Industrie del 2001 sulle compressioni radicolari, è consigliato non prima che siano trascorse le 5-8 settimane, salvo la presenza dei semafori rossi ed è indicato in presenza di cinque criteri: 1. Fallimento della terapia conservativa che si è protratta per almeno 4/5 settimane o mesi . 2. Presenza

di

sintomi

sensitivi

nella

regione

del

dermatomero

corrispondente alla radice interessata. 3. Presenza di segni obbiettivi di coinvolgimento sensitivo oppure motorio o

alterazione

dei

riflessi

osteo-

tendinei

nel

dermatomero

corrispondente alla radice interessata. 4. Reperto di diagnostica per immagini positivo per ernia del disco e livello della radice nervosa corrispondente a quadro clinico. 5. In caso di sindrome della cauda-equina l’intervento chirurgico è indicato urgentemente ed entro le 24 ore dall’insorgenza della sintomatologia. In tutti i casi sopra elencati “il paziente deve essere coinvolto nel processo decisionale e adeguatamente informato” sulla storia naturale della malattia, in quanto è possibile che vi sia una guarigione spontanea, e sulle eventuali alternative terapeutiche. il trattamento chirurgico classico comprende: • Discectomia standard consiste nella rimozione chirurgica, a cielo aperto, che può essere totale o parziale del nucleo polposo. • Microdiscectomia endoscopica ha un efficacia di 65-85 % a distanza di un anno [44], è una moderna tecnica chirurgica che concilia la mini invasività con le attuali procedure endoscopiche, consiste nella

~ 36 ~


rimozione chirurgica, totale o parziale, del nucleo polposo eseguita con ausilio di un microscopio operatorio o con occhiali provvisti di lente di ingrandimento, che permette così di visualizzare al meglio le strutture nervose e ridurre il rischio che vengano lesionate I trattamenti Mini-Invasivi comprendono: • Chemionucleolisi, ha un 44-63% di buoni risultati ad anno, è una tecnica percutanea e consiste nell’iniezione di un enzima proteolitico nel nucleo polposo di un disco, con conseguente digestione chimica del materiale erniato. • Discectomia percutanea lombare automatica con nucleotomo, ha un successo del 37% • Decompressione del disco con laser, è una procedura che utilizza il raggio laser diretto al nucleo del disco intervertebrale, può essere eseguito sotto controllo radiologico. Al momento non vi sono prove sull’efficacia degli interventi con laser. • Discectomia percutanea lombare endoscopica • Terapia intradiscale elettrotermica o anuloplastica efficacia del 23-60%, che consiste nell’ introduzione nel disco intervertebrale di un elettrodo a radiofrequenza. • Ossigeno- ozono terapia, è una tecnica discussa, di discolisi, consiste in iniezioni paravertebrali di una miscela di ossigeno e ozono ad azione anti-infiammatoria.[45]

Complicanze post chirurgiche

Le complicanze post chirurgiche più frequenti secondo uno studio effettuato da Clinical Evidence [46] risultano essere: Lacerazione della dura madre; Danno delle radici nervose; Infezioni

della

ferita

chirurgica

e

la

discite

che

consistono

nell’infiammazione ad eziologia infettiva, del disco e delle vertebre adiacenti, interessando, talora, anche i tessuti molli circostanti.

~ 37 ~


Nel 10 % dei casi di pazienti operati è presente il rischio di recidiva se non hanno eseguito un buon trattamento riabilitativo.

10. IL

TRATTAMENTO

FISIOCHINESITERAPICO

POST

CHIRURGICO

La fisiochinesiterapia è indispensabile per diminuire la sintomatologia dolorosa, per migliorare il deficit neurologico spesso associato e anche per correggere le posture antalgiche “viziate” assunte. Secondo uno studio condotto da Chocraine library, l’esercizio fisioterapico dopo la chirurgia porta ad una diminuzione del dolore e della disabilità molto più velocemente rispetto ai pazienti che non sono stati sottoposti a nessun trattamento fisioterapico post- chirurgico. La riabilitazione ha un ruolo di primo piano dopo l’intervento chirurgico, perché ha come obbiettivo migliorare la forza della muscolatura paravertebrale, la mobilità e la stabilità articolare[47] e infine, il recupero della funzionalità e la prevenzione dalle recidive. Una riabilitazione precoce permette un ritorno alle attività della vita quotidiana in tempi più rapidi. Il trattamento riabilitativo inizia con un’anamnesi, seguita da un’attenta valutazione globale e poi distrettuale, sia articolare che della forza muscolare e della deambulazione.

11. GLI OBBIETTIVI DEL PROGRAMMA RIABILITATIVO POSTCHIRURGICO 1. Educazione del paziente e prevenzione 2. Riduzione della sintomatologia dolorosa 3. Ripristino dei normali movimenti e della flessibilità del rachide 4. Ripristino della funzione motoria dell’arto interessato da deficit neurologico/motorio 5. Rinforzo dei muscoli stabilizzatori del rachide 6. Rieducazione alla corretta postura del rachide e alla deambulazione

~ 38 ~


7. Recupero del controllo della colonna durante le attività

1. Educazione del paziente e prevenzione

L’educazione al paziente consiste nel fornirgli informazioni riguardo la patologia, sul rachide e sulle cause che possono provocare ernia del disco e quindi la lombosciatalgia. sciatalgia. Queste informazioni permettono al paziente di prendere coscienza del proprio problema con lo scopo di imparare ad autogestire la colonna in modo corretto ed evitare tutti i movimenti e attività potenzialmente dannosi. dannosi Alcuni dei consigli: • dormire su un materasso ortopedico • utilizzare un cuscino con un’altezza tale da mantenere un buon allineamento del tronco (fig.9). In caso ci si metta in posizione prona ( f i g .10)

Figura 10 posizione prona corretta

è utile posizionare un cuscino sotto la pancia per diminuire l’iperlordosi lombare. Figura Figura 9 posizionamento corretto a letto Figura 11 come alzarsi dal letto

Dare al paziente consigli per quanto riguarda i cambi posturali che, che se fatti in modo scorretto sollecitano in modo errato la colonna. Alcuni esempi: • Come alzarsi dal letto (fig.11): Girarsi prima su un fianco, darsi una spinta con n le braccia fino ad arrivare alla

posizione

seduta,

infine

~ 39 ~


attendere qualche minuto prima di alzarsi in piedi.

• Come stare seduti sulla sedia: Utilizzare

una

sedia

con

schienale alto e provvista di braccioli,

mantenere

colonna

aderente

la allo

schienale con le anche e le ginocchia flesse a 90°. Poggiare i piedi a terra o su uno sgabello.(fig.12) sgabello. • Evitare di mantenere la posizione

Figura 12 posizione seduta corretta

eretta per tempi prolungati. • Non flettere il rachide in modo troppo accentuato • Non ruotare lateralmente • Non sollevare pesi • Evitare i lavori domestici pesanti, pesanti oppure, utilizzare

alcuni

accorgimenti,

come

stirare cercando di non tenere l’asse troppo in basso sso e poggiando in modo alternato un piede su s un rialzo.(fig.13)

Figura 13 come stirare nel modo corretto

~ 40 ~


• Quando si guida l’automobile, si consiglia di non inclinare troppo lo schienale, di appoggiare bene la schiena e il collo al sedile (fig.14)

• Figura 14 come guidare nella posizione corretta • • Quando si deve sollevare un oggetto da terra, si consiglia di non tenere le gambe dritte flettendo la schiena, ma il movimento corretto consiste nel piegare le ginocchia e sollevarsi utilizzando la forza delle gambe (fig.15)

Figura 15 come sollevare un peso in modo corretto cor

~ 41 ~


• Quando di devono trasportare pesi, è consigliabile distribuire i pesi in ugual misura su entrambi i lati (fig.16)

Figura 16 come bilanciare i pesi durante il trasporto

2. Il trattamento rattamento della sintomatologia dolorosa e dell’infiammazione

Per

il

trattamento

della

sintomatologia

dolorosa

ci

si

avvale

prevalentemente della terapia fisica. Lo o strumento maggiormente utilizzato è la TENS, Transcutaneos Electrical ctrical Nerve Stimulation,che Stimulation, basa la sua efficacia sulla teoria del gate control, utilizza cioè stimolazioni timolazioni sensitive del sistema nervoso centrale al fine di modificare la percezione del dolore. Riguardo la sua efficacia sono stati condotti degli studi tra cui il più importante quello effettuato da Deyo[48] Deyo sull’efficacia delle TENS nella cura della lombalgia cronica, e nel dolore post-chirurgico. Anche il massaggio è un utile metodo a scopo antalgico, ma è controindicato nel periodo post operatorio per le prime 3 settimane circa, a causa della presenza prese della ferita che è in via di cicatrizzazione. cicatrizzazione Il massaggio, consiste nello scollamento della cicatrice per cercare di ridurre le aderenze a livello del sottocute. Verrà in seguito applicato un massaggio sfiorante utile per alleviare il dolore muscolo scheletrico. Il massaggio consiste onsiste in un’ insieme di procedure effettuate con le mani, con effetti meccanici sulla vascolarizzazione e di benessere bio-fisico. bio

~ 42 ~


3. L’esercizio terapeutico

Gli esercizi hanno lo scopo di mantenere tonica la muscolatura paravertebrale e addominale in modo da proteggere la colonna vertebrale e di mobilizzare il rachide lombare in modo da evitare che si irrigidisca. Gli esercizi non devono procurare dolore ed è importante che siano associati alla respirazione diaframmatica. Per le prime tre settimane circa comprendono: Esercizi di stiramento della radice, utili ad allungare i muscoli ischio crurali (bicipite femorale, semitendinoso, semimembranoso) e radice nervosa di scorrere, onde evitare retrazioni e intrappolamento della radice della ferita chirurgica. Lo stiramento viene effettuato con un esercizio a tre tempi: 1. Si parte dalla posizione supina con le anche e le ginocchia flesse 2. Si procede portando la coscia sul tronco 3. Si estende gradatamente la gamba L’esercizio non va forzato e deve essere eseguito rispettando la sintomatologia dolorosa. Esercizi

di

rieducazione

alla

respirazione

diaframmatico

addominale(fig.17), questi favoriscono il rilassamento e un maggior apporto di ossigeno ai tessuti. Il paziente viene posizionato supino, con le ginocchia flesse e le mani sull’addome. Si chiede al paziente di inspirare dal naso gonfiando l’addome e di espirare dalla bocca soffiando lentamente sgonfiando l’addome e contraendo i muscoli addominali.

~ 43 ~


Figura 17 esercizi di d rieducazione respiratoria diaframmatica frammatica

Esercizi di basculamento del bacino, utili

per iniziare una leggera

mobilizzazione del rachide lombare. Il basculamento viene effettuato effet con il paziente supino e gambe semi-flesse. flesse. Al basculamento si associa anche la contrazione dei muscoli addominali e dei muscoli glutei. Si chiede infatti al paziente di inspirare con il naso inarcando la schiene e di espirare appiattendo la schiena sul lettino. Il basculamento del bacino può essere effettuato anche da seduto ed in piedi.

Esercizi di stretching e di allungamento dei dei muscoli glutei, consistono nel sottoporre a stiramenti controllati per tempo e intensità, muscoli e componenti delle articolazioni, consente di ottenere significativi miglioramenti nti della mobilità articolare, specie in caso di lombalgia cronica. Una di queste queste è la manovra di Thomas e di Ober, utilizzata in caso di retrazione dei muscoli flessori dell’anca, del retto femorale e del tensore della fascia lata, la cui retrazione determina determina un’antiversione del bacino,, una flessione delle ginocchia ed un’accentuazione un’accentuazione della lordosi lombare. Le manovre di stretching possono essere eseguite anche in autonomia. Si esegue esegu con il paziente supino, gambe flesse. flesse Viene proposto al paziente di inspirare e successivamente espirare e flettere la gamba sul torace. La posizione posizione deve essere mantenuta per circa 10 secondi.

~ 44 ~


Figura 18 esercizi di stretching per i glutei

Esercizi di contrazioni isometriche dei muscoli quadricipite e dei muscoli glutei. per il rinforzo del quadricipite il paziente viene posizionato in posizione supina e ginocchia estese, viene posizionata una spugnetta sotto in cavo popliteo e si chiede alla paziente di spingere quest’ultima contro il lettino, contraendo il muscolo quadricipite. Per il muscoli glutei il paziente viene posizionato prono e si chiede chiede di contrarre e mantenere la posizione per qualche secondo.

Esercizi in estensione passiva del rachide, con la paziente in posizione prona, braccia parallele alle spalle, si chiede alla paziente di sollevarsi gradatamente poggiandosi prima sui gomiti per per arrivare poi a poggiare sulle mani.

Figura 19 esercizi di estensione passiva della colonna

Una volta diminuita o scomparsa la sintomatologia dolorosa, si può dare inizio ad un programma di potenziamento dei muscoli stabilizzatori, in particolar modo dei muscolili della regione dorso lombare e quindi gli estensori, ai muscoli addominali e quindi i flessori.

~ 45 ~


Per i muscoli addominali, il paziente viene posizionato supino e si chiede di staccare le spalle da lettino. A questo esercizio può essere abbinata anche la respirazione diaframmatica. I muscoli estensori del tronco possono essere rinforzati in posizione prona e chiedendo al paziente di rivolgere lo sguardo verso l’alto e staccare progressivamente lo sterno dal lettino

Esercizi per l’arto inferiore Esercizi di rinforzo muscolare dei muscoli glutei, in posizione ortostatica, chiedendo al paziente di abdurre/addurre ed, estendere l’anca. Esercizi di rinforzo del muscolo quadricipite in posizione supine o in posizione seduta, chiedendo al paziente di estendere il ginocchio. Esercizi di rinforzo muscolare dei muscoli adduttori con l’utilizzo di una palla che viene posizionata tra le ginocchia, si chiede al paziente di schiacciare la palle e mantenere la posizione per qualche secondo. Esercizi rinforzo per i muscoli abduttori in decubito supino, in decubito laterale e in posizione ortostatica chiedendo alla paziente allontanare la gamba dalla contro laterale che invece si trova poggiata sul lettino. Esercizi di rinforzo per il tibiale anteriore e per il muscoli gastrocnemio, in posizione supina chiedendo al paziente di flettere ed estendere alternativamente la tibio-tarsica, l’esercizio può essere eseguito anche da seduto. Il gastrocnemio può essere rinforzato anche in posizione ortostatica chiedendo al paziente di salire sulle punte dei piedi e mantenere la posizione per qualche secondo. Esercizi di training deambulatorio e del passo, utili a far apprendere alla paziente quali sono tutte le fasi del cammino, scomponendolo in movimenti semplici e ripetuti nel tempo. osservando attentamente il paziente deambulare è possibile correggere quelli che sono i movimenti errati al fine di correggerli e di reinserirli in uno schema motorio globale corticale corretto. L’esercizio può essere abbinato anche ad un esercizio per lo svincolo dei cingoli pelvico e scapolare.

~ 46 ~


Esercizi propriocettivi e di equilibrio per la caviglia ,inizialmente in scarico, con l’utilizzo di rulli, tavolette oscillanti e palline, percorsi. Esercizi per l’equilibrio in stazione eretta senza tavolette, in appoggio monopodalico. Esercizi per l’equilibrio in stazione eretta con l’utilizzo di pedane basculanti.

Esercizi di rieducazione posturale Rieducare il paziente ad una corretta postura è molto utile, in quanto la maggior parte dei pazienti hanno assunto a causa del deficit motorio, sensitivo e a causa della sintomatologia dolorosa, una postura “viziata”, di compensazione ed errata, influenzando ed alterando tutte le altre strutture muscolo scheletriche. Esercizi di rieducazione posturale, tramite differenti metodiche , delle quali nessuna risulta più efficace di un’altra ma tutte hanno un effetto benefico sulla colonna e possono essere applicate nel trattamento di una sola patologia, tra queste citiamo: Metodo

McKenzie,

basato

su

esercizi

in

estensione,

effettuati

passivamente con appoggio sulle braccia. Utile in modo particolare in caso di ernia del disco non trattata chirurgicamente, in quanto tramite il movimento di estensione il nucleo polposo estruso viene spostato anteriormente.

Metodo delle Back School, consiste in un programma di trattamento educativo che ha come obbiettivo trattare il dolore lombare facendo attenzione ai movimenti, alle posture e facendo esercizio terapeutico.

Metodo di rieducazione posturale globale, sviluppato da Philippe Emmanuel Souchard. Questo metodo consiste nel riequilibrare le tensioni miofasciali che possono essere responsabili del sovraccarico articolare, agendo sull’allungamento dei muscoli antigravitari contratti o retratti all’interno di differenti catene muscolari statiche. La RPG è

~ 47 ~


considerata “ginnastica dolce” e consiste in posture di allungamento attivo, progressive, che si sviluppano in piedi, da seduto o al suolo.[49]

Metodo Feldenkrais, basato sull’apprendimento e sull’autoeducazione attraverso il movimento. L’obbiettivo del metodo consiste nel migliorare la consapevolezza e la sensibilità tramite il movimento riducendo al minimo il dispendio di energia e migliorando l’efficacia delle nostre azioni. [50]

Infine ripristinare un buon controllo del tronco con esercizi propriocettivi di coordinazione e di equilibrio con l’obbiettivo di ricreare le condizioni per un

funzionamento

ottimale

della

colonna

ed

evitare

posture,

atteggiamenti e movimenti che possono condurre ad un’alterata distribuzione delle forze con comparsa di alterazioni a carico dei dischi intervertebrale.

CASO CLINICO La paziente è una donna di 32 anni, con storia pregressa di artroscopia di ginocchio sinistro a causa di una lassità capsulo-legamentosa e lussazione recidivante di rotula nel 1992, e di una tiroidectomia in seguito ad un carcinoma tiroideo nel 2007. Al momento del ricovero, la paziente riferisce dolore lombare che ha avuto il suo esordio nel 1998, ma che a partire dal 2008 diviene più intenso. Nel 2011 iniziò un quadro di lombosciatalgia che interessò l’arto inferiore sinistro. I primi sintomi iniziarono con dolore lombare e parestesia dell’arto inferiore, successivamente la sintomatologia si aggravò con l’insorgenza di deficit neuromuscolare associato a dolore lombare molto intenso.

~ 48 ~


Il 28/01/2012 da una risonanza magnetica del rachide si evidenzia la presenza di fenomeni degenerativi a carico dei dischi intersomatici L3L4 ; L4-L5; L5-S1, e nello specifico si evidenzia un protrusione discale nell’interspazio L4-L5. A seguito di tale quadro la paziente viene ricoverata in data 4/09/2012

QUADRO CLINICO

• Dolore radicolare irradiato all’arto inferiore che durava da più di un anno; • Esame strumentale positivo per la presenza di fenomeni degenerativi a carico dei dischi intersomatici, presenza di una protrusione discale a livello di L4-L5; •

Lasegue positivo;

• Fenomeno di Trendelemburg; • Andatura antalgica; • Deficit della forza muscolare nella dorsiflessione del piede sinistro; • Deficit sensitivo con parestesia e distestesia a carico dell’arto inferiore sinistro; •

Iperrefflessia sinistra.

Prima dell’intervento la paziente era impossibilitata a flettere il tronco e non riusciva più a deambulare a causa del deficit del nervo sciatico popliteo esterno, che non le permetteva di flettere il piede dorsalmente, la deambulazione avveniva raramente e con difficoltà dovuta al trascinamento del piede al suolo. In data 24/09/2012 la paziente venne sottoposta ad intervento chirurgico di emilaminectomia più discectomia di L4 con minima resezione articolare ed asportazione del disco intervertebrale. Subito dopo l’intervento le fu prescritto un corsetto dorso-lombare in tela e stecche.

~ 49 ~


In data 25/09/2012, ricoverata presso il reparto di ortopedia, venne posizionata seduta con le gambe fuori dal letto e sistemata in sedia a rotelle. In data 26/09/2012 la paziente venne verticalizzata e incominciò a fare qualche passo con l’aiuto del deambulazione. In seconda giornata iniziò il trattamento fisioterapico che proseguì anche i giorni successivi di ricovero sino alla dimissione. Il trattamento fisioterapico consistette in esercizi eseguiti a letto: • movimenti attivi della tibiotarsica con la paziente supina, utili a favorire il ritorno venoso e prevenire complicanze circolatorie • esercizi lenti di flesso estensione del ginocchio in posizione supina • esercizi lenti in flessione, abduzione e adduzione dell’anca • esercizi di rieducazione respiratoria per evitare complicanze cardiopolmonari • esercizi di reclutamento muscolare con contrazioni isometriche del quadricipite, chiedendo alla paziente di spingere contro il lettino, e dei glutei. In data 28/09/2012 la paziente è stata dimessa. In data 1/10/2012 la paziente viene ricoverata in regime di Day Hospital, per poter effettuare la terapia riabilitativa, il progetto riabilitativo prevedeva : Esercizi per il tronco: • Riattivazione e training della marcia • Recupero dell’escursione articolare del rachide • Ripristinare elasticità e movimento della colonna lombare • Rinforzo muscolare delle parete addominale e del tronco • Recuperare il controllo e la coordinazione del tronco durante i movimenti

Esercizi per gli arti inferiori • Recupero del ROM e della forza muscolare dell’arto inferiore

~ 50 ~


Nella prima seduta svolta in data 1/10/2012 il nostro compito è stato quello que di fare un’attenta valutazione del dolore,una valutazione articolare e muscolare,, una valutazione funzionale dell’arto l’arto inferiore e una valutazione funzionale globale tramite l’applicazione di test: • Test per la valutazione del dolore • TUG timed up and go test • Six minute walking test • Test dei 10 metri Abbiamo fornito dei consigli alla paziente paziente di economia articolare riguardo i movimenti ti e le postura da mantenere durante la giornata utili a non sollecitare citare le strutture del rachide ed a prevenire il rischio di recidive, e come effettuare i passaggi posturali nella maniera più corretta. corretta

1) La valutazione articolare effettuata in data 1/10/2012 tramite Goniometro, evidenziava evidenzia un ROM ridotto a livello dell’articolazione della tibio tarsica del piede sinisto di circa 20° (fig.20),, mentre nel piede p destro il ROM misurava 40° (fig.21).. Un ROM nella norma a livello dell’articolazione dell’anca e del ginocchio.

Figura 20 escursione articolare piede destro

Figura 21 escursione ione articolare piede destro

~ 51 ~


Dalle immagini si può notare la differenza del ROM articolare tra il piede destro ed il piede sinistro. 2) La valutazione muscolare viene effettuata tramite una scala che classifica la forza muscolare in base a 5 gradi. La valutazione viene effettuata in data 1/10/2012 e quindi in prima seduta e nell’ultima seduta in data 14/11/2012. Grado

Assenza di ROM attivo. Contrazione muscolare

0

non palpabile né osservabile

Grado

Assenza di ROM attivo. Presenza di contrazione

1

muscolare palpabile e/o osservabile

Grado

ROM

2

movimento senza gravità

Grado

ROM attivo completo con presenza di movimento

3

contro gravità

Grado

ROM attivo completo con presenza di movimento

4

con resistenza moderata

Grado

ROM attivo completo con presenza di movimento

5

con resistenza massima. Movimento normale

attivo

incompleto

con

presenza

La valutazione della forza nella nostra paziente mette in evidenza: a livello dell’anca: • Un grado 3 in estensione per ipostenia del grande gluteo • Un grado 3 in flessione per ipostenia del muscolo ileopsoas • Un grado 4 in abduzione per ipostenia del medio gluteo • Un grado 4 in adduzione per deficit dei muscoli adduttori • Un grado 3 nei movimenti di intrarotazione ed extrarotazione a livello del ginocchio: • Un grado 3 in flessione per ipostenia dei muscoli ischio crurali

~ 52 ~

di


• Un grado 3 in estensione per deficit del muscolo quadricipite A livello della caviglia: • Un grado 3 nei movimenti di inversione ed eversione • Un grado 3 nella dorsi flessione del piede • Un grado 4 nel movimento di plantiflessione

anca

ginocchio

caviglia

1/10

14/10

Estensione

3

3

Flessione

3

3

Adduzione

4

4

Abduzione

4

4

Flessione

3

4

Estensioe

3

4

Inversione

3

3

Eversione

3

3

Plantiflessi

3

4

4

3

one Dorsi flessione

3) VAS o scala di valutazione del dolore eseguita in data 1/10/2012, e in data 14/11/2012 a fine trattamento tramite una scala soggettiva che si basa su: valori che vanno da 0 (dolore assente) a 10 (dolore insopportabile); sulla localizzazione esatta del dolore; sulla durata, sul tipo di dolore; sulla frequenza con sui si presenta;

~ 53 ~


conoscere quali attività quotidiane interferisce; conoscere quali farmaci assume per il controllo del dolore. Dalla nostra valutazione sulla paziente risulta: • Un valore pari 2 • Una localizzazione al livello lombare • Un dolore che he dura da circa 16 anni • Un dolore di tipo acuto • Un dolore cronico e continuo continu nel tempo • Un dolore che interferisce con il movimento, con il sonno e con l’attività lavorativa. tin 300 e superala 800. 800 • Assume terapia farmacologica in gabapetin La sintomatologia dolorosa verrà monitorata per tutta la durata del trattamento in due modi: 1. Invitando la paziente di indicare la faccina che rispecchia maggiormente la sua sintomatologia dolorosa alla quale viene poi applicato un valore numerico che va da 1 a 10, 10, questa scala è stata applicata in 3 sedute, in prima seduta, a metà del ciclo di trattamento trattamento ed al termine del trattamento.(22)

Figura 22 VAS scala del dolore con faccine

in data 1/10/2012, con un valore pari a 2 in data 12/10/2012 con un valore pari a 1 in data 14/11/2012 con un valore pari a 0

~ 54 ~


Sintomatologia dolorosa da 0 a 10 2,5 2 1,5 1

Sintomatologia dolorosa da 0 a 10

0,5 0 data1/10/2012

data 12/10/2012

data 11/14/2012

Figura 23 andamento dei valori della VAS, scala del dolore con faccine

Il diagramma indica come la sintomatologia dolora sia andata e diminuendo sino ad arrivare a zero a fine trattamento.

2. Invitando giornalmente (fig.24) la paziente a dare un valore numerico alla sintomatologia dolorosa percepita prima del trattamento. La scala, che va da 0 a 10, è stata applicata per 17 giorni, durante i quali la paziente ha riferito giornalmente un valore in base al dolore da essa percepito in quel momento.

sintomatologia dolorosa (da 0 a 10) 2,5 2 1,5 1

sintomatologia dolorosa (da 0 a 10)

0

giorno 1 giorno 2 giorno 3 giorno 4 giorno 6 giorno 7 giorno 8 giorno 9 giorno… giorno… giorno… giorno… giorno… giorno… giorno… giorno…

0,5

Figura 24 andamento dei valori della VAS o scala del dolore con valori da 0 a 10

Anche in questo diagramma si può notare come la sintomatologia dolorosa abbia avuto dei picchi più alti all’inizio del trattamento e a due settimane circa dall’intervento per poi andare e diminuire negli ultimi dieci giorni.

~ 55 ~


1) Analisi osservazionale del cammino, consiste nel valutare tutte le fasi del ciclo del passo e individuare eventuali deficit a carico degli arti inferiori e degli arti superiori. Il test viene ripetuto in prima ed in ultima seduta.

1. In data 1/10/2012, in prima seduta si evidenzia un’alterata accettazione del carico che avviene in supinazione del piede destro, una mancata flessione del ginocchio sinistro, una caduta del bacino verso il lato destro, un’inclinazione del tronco verso destra, ridotto/ quasi assente il pendolamento degli arti superiori.

2. In data 14/11/2012, in ultima seduta avremo un’accettazione del carico a livello del piede destro in supinazione, una lieve riduzione della flessione del ginocchio sinistro, una lieve caduta del bacino. Pendolamento degli arti superiori nella norma.

2) TUG ( timed,up and go test), è un test che viene utilizzato per valutare i rischi di caduta, in quanto permette di valutare le capacità di equilibrio statico e dinamico di una persona. Il test prende in considerazione il tempo che una persona impiega per alzarsi, camminare per tre metri e girare fino a tornare alla posizione seduta. Un punteggio di 10 secondi o inferiore ai dieci secondi, indica una mobilità normale.

DATA

TEMPO

VELOCITA’

1/10/2012

9,13

0,65

14/11/2012

6.9

0,86

~ 56 ~


10 9 8 7 6 5

TUG (valutazione iniziale)

4

TUG (valutazione finale)

3 2 1 0 tempo (sec) e velocità (m/sec)

tempo (sec) velocità (m/sec)

Figura 25 TUG o timed up and go test

Dal seguente diagramma si può mostrare come sia cambiato il valore dalla prima valutazione all’ultima. Nella valutazione iniziale infatti il valore del tempo era di 9,13 mentre in ultima seduta di 6,9, dimostra un aumento della velocità ed un allontanamento dal rischio di caduta.

3) Test del cammino dei sei minuti (6MWT), viene applicato per valutare la capacità funzionale e la tolleranza del soggetto all’esercizio fisico. Il paziente viene invitato a percorrere a velocità normale, avanti e indietro una distanza fissa (in genere 30 metri), più volte fino a che non viene fermato allo scadere dei 6 minuti. Il paziente può interrompere prima il test se non si sente in grado di continuare. In quest’ultimo caso verrà rilevato il tragitto percorso e il relativo tempo. Tale test permette di capire qual’é la distanza percorsa nel tempo stabilito da parte del paziente. Questo test è stato effettuato in data 1/10/2012 e quindi in prima seduta, e in data 14/11/2102 e quindi alla fine del trattamento fisiokinesiterapico. La nostra paziente è stata invitata a camminare in un percorso lungo dieci metri e per 6 minuti. Prima dell’esercizio e alla fine di esso abbiamo misurato il valore della frequenza cardiaca.

~ 57 ~


Alla fine dell’esercizio è stato calcolato il numero dei metri percorsi e la velocità con cui sono stati percorsi. È stata misurato infine il valore del dispendio di ossigeno per svolgere l’esercizio (PCI). In particolare la nostra paziente ha percorso 390 metri nella prima seduta e 440 metri nell’ultima con un dispendio maggiore di ossigeno nell’ultima prova.

500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0

6MWT (valutazione iniziale) 6MWT (valutazione finale) FC FC finale distanza velocità iniziale percorsa m

pci

SIX MINUTE WALKING TEST

Figura 26 Six minute walking test

4) Test del cammino dei 10 metri, permette di valutare la velocità nel percorrere un breve tratto. Alla paziente viene chiesto di partire circa un metro prima della linea di partenza e di arrivare fino ad un metro dopo la linea di arrivo, il tragitto viene fatto percorrere per due volte, una volta con un’andatura normale mentre nel secondo esercizio con un’andatura alla massima velocità. Con il cronometro si misura il tempo che la paziente impiega per percorrere 10 metri. In particolare la nostra paziente ha percorso i 10 metri nella prima seduta e ad una velocità normale in 8,32 sec, mentre nell’ultima seduta in 8,1 secondi. Alla velocità massima nella prima seduta ha impiegato 6,61 secondi mentre nell’ultima valutazione ha impiegato 5,7 secondi.

~ 58 ~


9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

TEST 10 m (valutazione iniziale) TEST 10 m (valutazione finale) tempo (sec)

velocità (m/sec)

VELOCITA' NORMALE

tempo (sec)

velocità (m/sec)

VELOCITA' MASSIMA

Figura 27 Test dei 10 metri

L’esercizio terapeutico Il trattamento fisiochinesiterapico è iniziato in data 3/10/2012 e quindi in seconda giornata, ed è stato suddiviso in due fasi:

I° FASE In questa prima fase di circa tre settimane, caratterizzata, a livello del tronco dalla presenza di una sintomatologia dolorosa lieve ma comunque limitante, una rigidità del tronco in tutti i movimenti, dovuta al dolore ma anche alla presenza di una cicatrice in sede lombare. A livello dell’arto inferiore destro una lieve parestesia e ipoestesia estesa maggiormente al dorso del piese, un ROM ridotto a livello dell’articolazione della tibio tarsica del piede sinistro, specie in flessione dorsale, e un deficit di forza che interessa tutto l’arto inferiore sinistro. Il nostro trattamento in questa prima fase comprende esercizi di rilassamento, di controllo e di propriocezione per il tronco, esercizi per la rieducazione al passo ed esercizi mirati per l’arto inferiore sinistro.

Per le prime tre settimane dal 3/10 al 28/10 il trattamento riabilitativo comprendeva: Esercizi per la tibiotarsica in flesso-estensione. L’escursione appare ridotta nel movimento di flessione dorsale al piede sinistro rispetto al piede destro, rispettivamente circa 20° e 40°. Durante qu esti esercizi la

~ 59 ~


paziente ha una percezione piede sinistro, specialmente dito. Inoltre riferisce una ridotta pianta e del dorso del piede ed in esterno. Alla paziente si chiede di flettere ed estendere il piede. Esercizi di flesso estensione della t Esercizi lenti di flesso estensione delle ginocchia con scivolamento del tallone sul lettino Esercizi specifici di propriocez sinistra con l’utilizzo di un rullo, nel quale la paziente deve essere i grado di non farsi sfuggire l’oggetto prima bilateralmente e successivamente solo al piede sinistro

Esercizi

propriocettivi

controllo

con

e

d

tavoletta

oscillante per i movimenti di flesso estensione e prono/supinazione del


Esercizi di basculamento mento (figure 30 e 31) del bacino utili alla ricerca della posizione funzionale neutra della colonna vertebrale. Si intende per posizione funzionale neutra quella posizione o range di movimento che dà alla colonna vertebrale una condizione di non dolore e di massima stabilità. La paziente deve eseguire movimenti di antiversione e retroversione, in posizione supina. Con questo esercizio oltre alla ricerca e al controllo della posizione neutra si da inizio ad una leggera mobilizzazione del tratto tratt lombare: avremo un’appiattimento mento della lordosi lordos lombare nel movimento di retroversione e un’accentuazione della lordosi nei movimenti di antiversione. In questo esercizio è importante im la funzione muscolare, infatti si reclutano i muscoli addominali glutei nel movimento di retroversione, retroversione e i muscoli del tronco nel movimento di antiversione. L’attivazione di questi permette la stabilizzazione del tratto lombare

Figura 30 basculamento del bacino e retroversione

Figura 31 basculamento del bacino e antiversione

Esercizi di respirazione diaframmatico addominali inali (fig.32 e 33) chiedendo alla paziente di inspirare gonfiando l’addome e di espirare contraendo l’addome. In questo quest modo aumentiamo la pressione intraintra addominale agendo sul tratto lombare.

Figura 32 respirazione diaframmatica inspirazione

Figura 33 respirazione diaframmatica espirazione

~ 61 ~


Esercizi di percezione del movimento in flessione con una mobilizzazione passiva, guidata dagli arti inferiori ed abbinata alla respirazione,. respirazione, La paziente si trova va in posizione supina, viene invitata a prendere l’aria mentre porta le ginocchia al petto ed a buttare fuori l’aria mentre allontana le gambe. Le sedute continuano con esercizi di allineamento posturale le e cinestesico, per il rachide (fig. 34-35), 34 si chiede alla paziente dalla posizione posizion seduta di eseguire movimenti di flesso-estensione flesso estensione di tutto il rachide associati a dei piccoli movimenti di basculamento del bacino, bacino, con movimenti molto piccoli, lenti e rispettando la soglia del dolore. In questo modo iniziamo a coinvolgere il rachide lombare nel movimento attivo, attivo senza però sollecitare le strutture che sono ancora in via di guarigione. In questo modo si agisce sul controllo, isolando ogni singolo segmento del rachide e permettendo alla paziente di prendere prendere coscienza del movimenti che avviene a livello di ogni singolo segmento corporeo ed in assenza del dolore.

Figura 34 flessione del rachide Figura 35 estensione del rachide

Successivamente vengono eseguiti esercizi di stretching e di stiramento dell’arto inferiore sinistro, utile a liberare e far scorrere la radiche e per stirare gli ischio crurali. L’esercizio consiste

in una sequenza a tre

tempi: 1° tempo la paziente in posizio ne supina e a ginocchia flesse (fig.36) 2° tempo si flette l’anca m antenendo sempre il ginocchio flesso (fig.37) 3° tempo, con l’anca flessa si esegue un’estensione di ginocchio (fig.38)

~ 62 ~


Successivamente si torna alla posizione di partenza.

Figura 37 secondo tempo

Figura 36 primo tempo

Figura 38 terzo tempo

Esercizi di stretching dei glutei, la paziente viene posta in triplice flessione di entrambi gli arti e mantenuta la posizione per qualche secondo.

Il trattamento continua con esercizi di mobilizzazione passiva per il rachide, sia nel movimenti di estensione che nel movimento di flessione.

Figura 39 posizione di partenza

Figura 40 flessione passiva del rachide

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Nelle raffigurazioni 39 e 40, vengono effettuati esercizi in flessione passiva del rachide. Alla paziente si chiede di portare passivamente le gambe sulla pancia, in tal modo viene appianata e successivamente accentuata la lordosi lombare, con un movimento passivo. passivo Figura 41 estensione passiva del rachide

Nella figura 41 si invita la paziente ad estendere passivamente la colonna. colonn Poggiandosi prima sui gomiti e infine sulle mani.

II° FASE Nella seconda fase che va dal 2/11 al 14/11 della durata di circa due settimane, avremo un situazione di miglioramento della sintomatologia dolorosa. Una volta recuperata la stabilità posturale e un allineamento corretto del rachide, si da inizio ad un rinforzo muscolare dei muscoli del tronco e dei muscoli dell’arto inferiore. In questa seconda fase inoltre, si da inizio alla massoterapia con movimenti di scollamento e sfioramento, in seguito ad una buona cicatrizzazione della ferita. Esercizi di rinforzo muscolare per l’addome abbinato alla respirazione diaframmatico-addominale addominale controllata. Si chiede alla paziente di inspirare aumentando il volume dell’addome e quindi distendendo i muscoli muscoli addominali (fig.42) e di espirare contraendo al massimo l’addome (fig.43).

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Figura 43 rinforzo addominale in fase di espirazione

Figura 42 rinforzo addominale in fase di inspirazione

Esercizi di rinforzo muscolare per i muscoli addominali con la paziente prona e con gli arti inferiori flessi, la si invita ad allontanare le spalle dal lettino, abbinando la respirazione e contraendo l’addome.(fig.44)

Figura 44 rinforzo dei muscoli addominali

L’esercizio può essere eseguito anche abbinando il movimento degli arti inferiori , associando anche la respirazione. La paziente viene posizionata supina e con gli arti inferiori in triplice flessione. Si chiede alla la paziente di inspirare mentre allontana le spalle dal da lettino e di espirare quando uando ritorna in posizione di partenza.(fig.45)

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Figura 45 rinforzo addominale associato al movimento degli arti inferiori

Esercizi di rinforzo muscolare attivi per il muscoli estensori del rachide. La paziente è in posizione prona e viene in volgere lo sguardo verso il soffitto, cercando si allontanare lo sterno dal lettino.(fig.46)

Figura 46 rinforzo muscolare dei muscoli estensori del rachide

Esercizi di rinforzo muscolare per gli arti inferiori partendo d flessori (tibiale anteriore) paziente viene invitata a flettere ed estendere la caviglia contro una resistenza posta manualmente dalla terapista. essere eseguito anche con la invita a flettere ed estendere il piede, e infine anche in posizione seduta con l’utilizzo di una banda elastica.


Figura 47 rinforzo muscolare dei muscoli tibiali anteriori e del gastrocnemio

Esercizi di rinforzo per il muscolo quadricipite, viene eseguito inizialmente nella posizione supina, chiedendo alla paziente di estendere il ginocchio (fig.48) successivamente viene eseguito anche in posizione seduta e con l’ausilio di cavigliere leggere per aumentare aumentar l’intensità dell’esercizio,, anche in questo caso si chiede alla paziente di estendere il ginocchio e mantenere la posizione per qualche secondo. secondo

Figura 48 rinforzo muscolare del quadricipite

Esercizi di rinforzo dei muscoli flessori del ginocchio e quindi dei muscoli ischio crurali, posizionando la paziente prona e facendo flettere il ginocchio, per aumentare l’intensità dell’esercizio si può posizionare una resistenza manuale a livello livello della gamba, oppure possono essere utilizzate delle cavigliere leggere. Esercizi di rinforzo muscolare dell’anca, per i muscoli flessori flesso (ileo psoas), posizionando la paziente supina, verrà invitata a flettere l’anca mantenendo il ginocchio esteso e successivamente posizionando una resistenza manuale a livello della coscia. c

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Esercizi di rinforzo muscolare per i muscoli estensori dell’anca e quindi del grande gluteo,inizialmente inizialmente posizionando la paziente prona con il ginocchio flesso, si chiede alla paziente di spingere verso l’alto e indietro. Successivamente l’esercizio l’esercizio verrà eseguito anche il posizione ortostatica, chiedendo alla paziente di portare indietro la gamba e contrarre i glutei.(fig.49)

Figura 49 rinforzo muscolare grande gluteo

Esercizi di rinforzo muscolare per il muscoli abduttori e quindi per il medio gluteo, chiedendo alla paziente di posizionarsi posizionarsi in decubito laterale ed allontanare la gamba dalla gamba contro laterale che si trova poggiata sul lettino. L’esercizio può essere effettuato anche in posizione ortostatica chiedendo alla paziente di allontanare allontanare la gamba, dalla gamba contro laterale e di mantenere la posizione per qualche secondo.

Durante tutto il trattamento è stato fatto anche un esercizio di rieducazione al passo, utile all’apprendimento delle diverse fasi del passo in modo corretto. L’esercizio L’eserciz permette al paziente di rendersi conto e di percepire quelle che sono le varie fasi del ciclo del passo e di rieducarlo alla deambulazione nella maniera corretta. Al training deambulatorio vengono associati esercizi di coordinazione ed svincolo dei cingoli scapolare e pelvico.

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Infine sono stati eseguiti esercizi per l’equilibrio con tavola basculante per aiutare la paziente a mantenere un buon controllo del tronco e degli arti inferiori anche nelle situazioni di difficoltà e di instabilità.(fig.47) instabilità.(fig.

Figura 50 esercizi per l'equilibrio con pedana oscillante

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CONCUSIONI Il trattamento riabilitativo ha un ruolo di fondamentale importanza nella guarigione e nella ripresa dell’autonomia e nel bisogno di salute del soggetto. La riabilitazione ha la funzione di prevenire il rischio di recidive di ernia, tramite un’attenta educazione del paziente, dando consigli su quelli che sono i limiti e quelli che sono gli atteggiamenti posturali abituali errati e che quindi andrebbero modificati. La rieducazione funzionale permette poi di ripristinare quello che è l’allineamento posturale corretto e farlo apprendere al paziente. Una volta stabilita una buona postura si passa ad esercizi per ripristinare quelli che sono i normali movimenti del rachide, ripristinare quindi una buona flessibilità e una volta fatto questo l’obbiettivo finale consiste nel ripristinare una buona forza muscolare. Numerosi studi hanno dimostrato come l’esercizio terapeutico sia di particolare importanza nella ripresa rapida e nel reinserimento del paziente, in tempi brevi, nell’attività quotidiana, lavorativa e/o sportiva. Il mio studio ha permesso di dimostrare come un precoce e intenso intervento riabilitativo sia stato fondamentale per la mia paziente.

I dati dimostrano come vi sia stata una diminuzione della sintomatologia dolorosa, come vi sia stato un incremento della velocità e della coordinazione nella paziente confrontando i dati raccolti nella prima seduta riabilitativa e a fine trattamento. Infine nella valutazione finale ho rilevato un miglioramento per quanto riguarda la deambulazione e la coordinazione.

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