Lo sviluppo strategico dello scalo Fenosu di Oristano

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A.D. MDLXII

U N I VE RS I T À F ACOLTÀ

D E G LI S TU DI D I S AS S A RI L INGUE E L ETTERATURE S TRANIERE

DI

___________________________

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN LINGUE, CULTURE E

COMUNICAZIONE INTERNAZIONALE

LO SVILUPPO STRATEGICO DELLO SCALO FENOSU DI ORISTANO

Relatore: PROF. FEDERICO ROTONDO

Correlatore: PROF. ANTONIO PINNA

Tesi di Laurea di: ALICE STERI

ANNO ACCADEMICO 2011/2012



Vola solo chi osa farlo Luis SepĂşlveda

1



Indice Indice

p. 2

Introduzione Cap.

p. 6 1

L’evoluzione del trasporto aereo

p. 9

1.1.

Che cosa è il trasporto aereo

p. 9

1.2.

p. 11

1.3.

La necessità di un sistema protezionistico – la Regulation degli anni Quaranta La Deregulation negli Stati Uniti

p. 16

1.4.

La Deregulation nella Comunità Europea

p. 20

1.5.

Una sintetica comparazione degli esiti della p. 22 Deregulation negli Stati Uniti e in Europa

1.6.

Undici settembre: le conseguenze per il trasporto p. 24 aereo Il finanziamento della sicurezza p. 28

1.7. 1.8.

L’Open Skies Agreement, il Cielo Unico Europeo p. 29 e nuove prospettive Le principali strategie d’impresa delle compagnie aeree

p. 35

2.1.

Il modello tradizionale full service

p. 35

2.2.

L’innovazione del modello low cost

p. 36

2.3.

I prime movers del low cost: analogie e differenze tra Southwest Airlines e Ryanair

p. 40

2.4.

La risposta dei full service alla strategia low cost

p. 44

2.4.1.

L’inizio delle fare wars e le divisioni low cost dei megacarriers

p. 46

2.4.2.

La creazione del sistema hub & spokes

p. 47

2.4.3.

I vantaggi determinati dai computer reservation systems

p. 49

Cap 2

2


2.4.4.

La fidelizzazione del cliente: i frequent flyer programs

p. 51

2.4.5.

La politica delle fusioni e delle acquisizioni

p. 52

2.4.6.

Le alleanze strategiche La convergenza dei modelli strategici

p. 53 7 7 p. 55

Il sistema aeroportuale italiano

p. 60

La storia del trasporto aereo in Italia

p. 60

3.1.1.

La situazione pre deregulation

p. 60

3.1.2.

La deregulation e le conseguenze della liberalizzazione

p. 62

Principali criticità del comparto aeroportuale italiano

p. 68

3.2.1.

Mancata privatizzazione delle società di gestione

p. 69

3.2.2.

Assenza di una pianificazione territoriale e strategica

p. 71

3.2.3.

Saturazione del sistema aeroportuale

p. 73

3.2.4.

Esiguità dei collegamenti intermodali

p. 76

3.2.5.

Inadeguatezza delle tariffe aeroportuali e mancato rinnovamento dei contratti di programma

p. 77

Ulteriori peculiarità e problematiche del settore aeroportuale italiano

p. 80

3.3.1.

Gli effetti provocati dalla riforma del titolo V della Costituzione

p. 81

3.3.2.

L’esiguità dei poteri conferiti a Enac

p. 82

L’azienda aeroporto

p. 84

L’aeroporto come impresa business

p. 84

4.1.1.

Il concetto di aeroporto fino alla liberalizzazione del mercato del trasporto aereo

p. 84

4.1.2.

La nascita dell’impresa aeroporto: il marketing aeroportuale e le attività aviation

p. 85

4.1.3.

I nuovi business aeroportuali: le attività non aviation related

p. 87

2.5. Cap

3 3.1.

3.2.

3.3.

Cap.

4 4.1.

3


4.1.4.

I modelli emergenti degli scali low cost e commerciali

p. 90

Gli scali aeroportuali e lo sviluppo del territorio

p. 93

4.2.1.

Gli impatti economici determinati dalla presenza di uno scalo aeroportuale sul territorio

p. 94

4.2.2.

Le sinergie tra la crescita economica del territorio e lo sviluppo dell’aeroporto

p. 96

4.2.3.

Il contributo dell’aeroporto nella promozione del turismo

p. 98

La pianificazione del marketing

p. 99

4.3.1.

Le diverse fasi della pianificazione

p. 100

4.3.2.

Il marketing aeroportuale in Italia

p. 102

La pianificazione strategica aziendale

p. 103

4.4.1.

La scuola harvardiana

p. 103

4.4.2.

La Resource Based View

p. 107

Il sistema aeroportuale sardo

p. 109

5.1.

Breve storia del trasporto aereo in Sardegna

p. 109

5.2.

La continuità territoriale

p. 111

5.3.

Gli aeroporti della Sardegna

p. 119

5.3.1.

L’aeroporto di Cagliari Elmas

p. 119

5.3.2.

L’aeroporto di Olbia Costa Smeralda

p. 122

5.3.3.

L’aeroporto di Alghero Fertilia

p. 124

5.3.4.

L’aeroporto di Tortolì Arbatax

p. 127

5.4.

Il contributo degli aeroporti minori nel sistema del trasporto aereo

p. 129

5.5.

Il sistema aeroportuale sardo e la filosofia del low cost

p. 130

5.6.

L’assenza di un’organica intermodalità in Sardegna

p. 132

5.6.1.

Il trasporto ferroviario

p. 132

5.6.2.

Il trasporto stradale

p. 133

4.2.

4.3.

4.4.

Cap

5

4


Cap. 6

L’aeroporto di Oristano Fenosu

p. 135

6.1.

Storia dell’aeroporto di Fenosu

p. 135

6.2.

Le criticità legate all’aeroporto e al territorio

p. 142

6.3.

Il Piano di Sviluppo Aeroportuale

p. 148

6.4.

Ipotesi sul mancato decollo dell’aeroporto

p. 153

6.5.

Il futuro dell’aeroporto di Fenosu tra speranze e incertezze

p. 157

Considerazioni Conclusive

p. 161

Appendice

p. 165

Bibliografia

p. 181

Ringraziamenti

Bibliografia testi

p. 181

Bibliografia periodici riviste pubblicazioni atti e convegni

p. 183

Bibliografia riferimenti normativi

p. 190

Sitografia

p. 195 p. 198

5


Introduzione Il presente lavoro ha come oggetto di ricerca il settore del trasporto aereo in Sardegna e in particolare nella provincia di Oristano, attraverso un’analisi strategica della condizione in cui attualmente versa l’aeroporto di Fenosu, situato a tre kilometri dalla città di Oristano. Nel corso dell’indagine sono stati presi in esame tutti i motivi che hanno condotto alla presente situazione che vede lo scalo di Fenosu in liquidazione. Sono state inoltre formulate una serie d’ipotesi che nel prossimo futuro potrebbero permettere il rilancio e l’armoniosa integrazione nel sistema aeroportuale sardo di un volano così importante per il tessuto economico provinciale quale è l’aeroporto di Oristano. L’indagine si pone come obiettivo quello di analizzare le scelte strategiche ed economiche, operate dalla società di gestione e dagli enti pubblici coinvolti, che hanno determinato l’attuale condizione di Fenosu, e valutare altresì, alla luce dei fattori critici e delle condizioni operative evidenziate, nonché del relativo mercato di riferimento, la reale convenienza economica di promuovere lo sviluppo dello scalo all’interno del sistema aeroportuale sardo. Il presente lavoro è stato condotto anche con la finalità di portare alla luce un importante volano economico territoriale che è stato spesso trascurato e che versa oggi in un’improponibile condizione di semiabbandono. L’intenzione è di sensibilizzare il tessuto imprenditoriale provinciale su una realtà importante come quella dell’aeroporto, per cui sono state spese ingenti risorse pubbliche e che per tale motivo non dovrebbe essere così facilmente obliato. Al fine di condurre tale indagine è stato utilizzato essenzialmente lo strumento delle interviste, effettuate sia oralmente sia per iscritto, e dell’analisi documentale attraverso lo studio dei piani strategici, ottenuti mediante il contatto con i vertici della società di gestione. Il presente lavoro è organizzato secondo una struttura di sei capitoli. La prima parte, che contiene i primi tre capitoli, è di carattere generale ed è propedeutica alla seconda parte, più specifica. In particolare, nel primo capitolo si analizza l’evoluzione internazionale del trasporto aereo, partendo dalla

6


regulation americana avvenuta negli anni Quaranta, e i presupposti della deregulation statunitense degli anni Settanta e di quella europea, più graduale, iniziata alla fine degli anni Ottanta e terminata sul finire degli anni Novanta. Vengono

inoltre

illustrate

le

ragioni

e

gli

esiti

differenti

della

deregolamentazione sia in Europa che oltreoceano, per arrivare ai giorni nostri con i drammatici attacchi terroristici dell’undici settembre, con le conseguenze economiche che tale tragedia ha comportato per le compagnie aeree e per gli aeroporti e terminare, infine, con le prospettive future dell’Open Skies Agreement e del Cielo Unico Europeo. Il secondo capitolo illustra brevemente le principali strategie d’impresa adottate dalle compagnie aeree in seguito al processo di liberalizzazione del trasporto aereo, partendo dai due modelli contrapposti full service e low cost e analizzandone così le diverse politiche economiche e strategiche. Infine, si analizza l’attuale situazione che non vede più una contrapposizione tra i vettori incumbents e quelli a basso costo, ma una sostanziale convergenza tra le due filosofie d’impresa. Il terzo capitolo illustra la realtà aeroportuale italiana, caratterizzata da un sistema fortemente protezionistico che si è perpetuato a lungo, anche dopo la fine della regolamentazione. Il capitolo si apre con un breve riepilogo della storia del trasporto aereo in Italia e della deregulation, per analizzare di seguito le principali criticità del sistema aeroportuale, caratteristiche che si ritrovano su tutto il territorio e che hanno chiaramente condizionato anche la realtà sarda. Il quarto capitolo apre la seconda parte del lavoro, che si caratterizza per una maggiore specificità. Tale capitolo si focalizza precipuamente sull’impresa aeroportuale, partendo dalla liberalizzazione fino ad arrivare alla nascita dell’aeroporto come vera e propria azienda, che come tale non solo deve riuscire a differenziarsi da tutte le altre imprese, ma deve anche essere in grado di differenziare il proprio portafoglio di attività, affiancando a quelle più tradizionali, che producono ricavi di tipo aviation, anche quelle più moderne, particolari e singolari, legate a ricavi di tipo non aviation 1. In seguito vengono analizzati il contributo determinante che un aeroporto può apportare al tessuto sociale ed economico regionale e il circolo virtuoso che si instaura tra un 1

Cfr. Capitolo 4.

7


aeroscalo e il territorio che lo ospita. Infine, vengono illustrate le diverse fasi del marketing aeroportuale, uno strumento di cui nessuna impresa-aeroporto può fare a meno, e le più importanti teorie di pianificazione strategica aziendale, ovvero la Scuola di Harvard e la Resource Based Theory. Nel quinto capitolo viene analizzato il tema della continuità territoriale e il sistema aeroportuale sardo, costituito da tre aeroporti principali, Cagliari Elmas, Olbia Costa Smeralda e Alghero Fertilia, più due scali minori, Tortolì Arbatax e Oristano Fenosu, che al momento non sono operativi. Di seguito vengono analizzati i primi quattro aeroporti, illustrando la storia, i lavori portati avanti negli anni, l’aspetto attuale e i dati di traffico. Nell’ultima parte del capitolo si esaminano sia il contributo socio-economico e il possibile ruolo degli aeroporti minori nel sistema del trasporto aereo, sia l’attuale sviluppo del settore low cost in Sardegna. Infine, si analizza la mancanza di una sistematica integrazione tra i diversi mezzi di trasporto, e la carenza di strade e ferrovie moderne che permettano collegamenti organici, efficienti e rapidi tra i maggiori centri della Sardegna. L’ultimo capitolo si occupa nel dettaglio dell’aeroporto di Fenosu, partendo dalla sua storia e analizzando tutte le criticità legate al territorio e alla gestione dello scalo. Sono stati, infatti, esaminati i fattori che hanno causato il fallimento della Sogeaor e le diverse responsabilità degli enti pubblici e dei privati cui era stato assegnato il compito di elaborare un piano di sviluppo aeroportuale. Successivamente all’analisi dettagliata di tale progetto, sono state formulate diverse possibili proposte di sviluppo e integrazione dello scalo all’interno del sistema aeroportuale sardo, nessuna delle quali può però prescindere da un profondo ripensamento del ruolo di Fenosu nel contesto regionale

e

da

un’efficace

strategia

d’impresa

che

si

focalizzi

sulla

differenziazione e specializzazione dell’aeroporto di Oristano rispetto agli altri scali sardi.

8


1. L’evoluzione del trasporto aereo

1.1. Che cosa è il trasporto aereo Il trasporto aereo consiste nel trasferire persone e merci da un punto all’altro tramite un mezzo aereo. Le caratteristiche proprie del suddetto mezzo lo configurano come particolarmente adatto a soddisfare l’esigenza di mobilità dell’uomo che nasce dal bisogno, sempre più stringente, di spostarsi con maggiore frequenza e rapidità. Con la globalizzazione questo bisogno si è ulteriormente intensificato. Nella moderna società si assiste, infatti, a una progressiva scomparsa dei confini spaziali in nome della globalizzazione e dell’industrializzazione che coinvolgono rapidamente il mondo intero. Importante è anche la funzione sociale del trasporto aereo che favorisce le relazioni tra i popoli e permette la conoscenza di nuove lingue e culture. Anche la Comunità Europa ha riconosciuto questo aspetto rilevante del trasporto aereo rilevando come: In una società moderna la connettività è alla base della competitività economica, della coesione sociale e regionale e dello sviluppo culturale. Di conseguenza, non sono solo le esigenze economiche derivanti dalla globalizzazione a pilotare la crescente domanda di servizi di trasporto aereo, che è stimolata anche dall'evoluzione dei bisogni sociali e culturali 2. Caratteristica saliente del settore del trasporto aereo è la sua ciclicità che viene condizionata dal trend economico: la domanda di trasporto aereo cresce in corrispondenza delle fasi di espansione economica, mentre registra cali, o addirittura arresti, durante i periodi di stagnazione e recessione. 3 In particolare, si 2

COM (2006) 819, 24 Gennaio 2007, Un piano d'azione per migliorare le capacità, l'efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa, p. 2. 3 A.C. Pellicelli, Le compagnie aeree. Economia e gestione del trasporto aereo, Milano, Giuffré, 1996, p. 10.

9


è avuto modo di costatare che la contrazione del PIL induce una riduzione nella domanda del trasporto aereo. Il servizio del trasporto aereo si configura inoltre come capital, labour e technology intensive. Per sopravvivere all’interno dell’agone competitivo e acquisire una posizione stabile, le compagnie aeree e gli aeroporti devono compiere investimenti di grande portata. 4 Per i vettori l’acquisizione degli aeromobili costituisce una delle voci di spesa più importanti. Normalmente le compagnie aeree ricorrono all’indebitamento o al leasing che consiste nell’ottenere degli aeromobili in prestito dai soggetti specializzati (ovvero i costruttori), dietro il pagamento di un importo periodico. Per quanto riguarda gli aeroporti, le spese maggiori derivano dai costi della sicurezza e da quelli dell’organico necessario per una perfetta funzionalità dell’impresa. Il settore, infatti, si caratterizza anche come labour intensive poiché il costo del personale incide pesantemente sulla gestione finanziaria sia degli scali aeroportuali sia delle compagnie aeree. Infine, il trasporto aereo si caratterizza come un settore technology intensive. Infatti, sono continuamente necessarie nuove tecnologie per far fronte alle sempre più pressanti esigenze di safety and security, specialmente negli aeroporti. La prima fa riferimento alla sicurezza della progettazione, della costruzione e della manutenzione degli aeromobili e delle nuove apparecchiature installate presso ogni aeroscalo, nonché all'idoneità di tutto il personale specializzato. Il secondo termine fa riferimento «al complesso di misure volte a prevenire e contrastare atti d’interferenza illecita nei confronti del sistema di aviazione civile»5, sia in volo sia presso gli scali. In ragione dei costi sostenuti dalle compagnie aeree e dagli aeroporti, e delle economie di scala presenti nel comparto, il settore del trasporto aereo si presenta come un monopolio naturale 6. Il trasporto aereo si caratterizza per essere un servizio composito e allo stesso tempo coordinato, risulta altresì essere il prodotto d’innumerevoli attori che svolgono una serie di attività interconnesse, alcune simultanee, alcune propedeutiche ad altre. Tutte le attività land side e air side, integrate tra loro, costituiscono il servizio di trasporto aereo, ed è pertanto fondamentale che vi sia 4

F. Rotondo, La ricerca del valore nel settore del trasporto aereo. La prospettiva dei sistemi allargati, Milano, Giuffré, 2008, p. 167. 5 http://www.enac.gov.it/La_Regolazione_per_la_Sicurezza/index.html (Giugno 2012) 6 M. Riguzzi, L’impresa aeroportuale, Padova, Cedam, 1984

10


la massima coordinazione e integrazione tra le due componenti. I cosiddetti servizi land side attengono prevalentemente al traffico passeggeri. 7 In particolare, servizio di handling si configura come l’insieme delle operazioni che integrano le attività del vettore aereo in ambito aeroportuale. A causa della forte connessione esistente tra i diversi servizi, l’utenza non è sempre in grado di distinguere e di scindere le due componenti. Infine la struttura economica del settore del trasporto aereo si contraddistingue per la sua natura di oligopolio. Questa situazione porta gli attori dell’arena competitiva a confrontarsi maggiormente sulla differenziazione del proprio prodotto piuttosto che sulla leva del prezzo, poiché quest’ultima potrebbe generare instabilità all’interno del mercato. 8

1.2. La necessità di un sistema protezionistico – la regulation degli anni Quaranta

Lo sviluppo dell’aviazione civile inizia negli Stati Uniti negli anni ’20. Le società di trasporto aereo erano società private che godevano essenzialmente di un’ampia libertà di entrata e uscita dal mercato e completa autonomia per quanto riguarda la determinazione delle tariffe. Il servizio fornito dalle compagnie aeree era fortemente limitato, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Inoltre, le tariffe comminate erano così elevate da rendere l’aeromobile un mezzo di trasporto esclusivo. 9 Questa situazione perdurò immutata fino alla fine degli anni ’30 quando, all’uscita dalla Grande Depressione, si avvertì la necessità di un’autorità che regolasse il settore. Le motivazioni erano molteplici. In primo luogo, il settore del trasporto aereo era ritenuto un comparto strategico, data la sua stretta correlazione con il settore della difesa. Inoltre, il governo americano auspicava 7

I servizi di handling sono elencati in maniera specifica nella normativa 96/67/ CE del 15 Ottobre 1996, Accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità. 8 A. C. Pellicelli, op. cit., p. 29. 9 E. Valdani, D. Jarach, Compagnie aeree e deregulation. Strategie di marketing nei cieli senza frontiere, Milano, E.G.E.A., 1997, p. 3.

11


una crescita regolata e strutturata, all’interno di un settore ritenuto caotico 10, che non degenerasse nelle guerre di prezzo, i cui effetti potevano essere deleteri per l’ancora fragile economia statunitense. Infine, il trasporto aereo era ritenuto un servizio di pubblica utilità, perciò non poteva coincidere unicamente con gli interessi economici dei privati, ma avrebbe dovuto realizzare a un sistema aeroportuale integrato, che comprendesse anche le aree più remote del territorio statunitense e le rotte meno remunerative. La volontà del governo americano si esplicò nel Civil Aeronautics Act (C.A.A.) che vide la luce nel 1938. Il trattato si ispirava ad alcune norme precedentemente concepite per disciplinare il trasporto stradale e ferroviario. 11 Il CAB (Civil Aeronautics Board) era l’organo preposto all’applicazione dei principi del trattato. Al fine di ottenere una crescita e uno sviluppo ordinato del settore, il CAB cercò di escludere ogni possibilità di competizione tra le compagnie aeree impedendo, infine, l’entrata di nuovi competitors. Oltre a controllare l’entrata e l’uscita delle compagnie aeree nel settore e nei nuovi mercati, il CAB stabiliva anche le tariffe e gli eventuali sussidi per le compagnie aeree. Il risultato fu quello di creare un sistema estremamente distorto rispetto al regime di libera concorrenza. Uno dei momenti storici più importanti per il trasporto aereo è la Convenzione di Chicago del 1944. L’obiettivo principale era quello di affermare la libertà del traffico aereo, attraverso una politica che fosse condivisa universalmente. Gli stati firmatari del trattato furono più di cinquanta e questo non permise di trovare degli accordi che fossero largamente condivisi. Per questo motivo, oltre ad asserire nuovamente il principio di sovranità di ogni singolo Stato, si arrivò a definire dei punti cardine sui quali si sarebbe dovuto trovare un accordo. Questi punti cardine sono generalmente conosciuti come le libertà dell’aria. Per quanto riguarda le prime cinque libertà venne trovato un accordo e furono riconosciute dai trattati internazionali. Le nove libertà dell’aria sono le seguenti: -

First Freedom: consiste nel diritto di sorvolare il territorio di un altro Stato senza atterrare.

10

F. McGowan, P. Seabright, Deregulating European Airlines [1989], in Economic Policy, vol. 4, n. 9,1992, p. 286. 11 E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p.4.

12


-

Second Freedom: consiste nel diritto di atterrare in un altro Stato per ragioni tecniche, come per esempio il rifornimento.

-

Third Freedom: consiste nel diritto di sbarcare in un altro Stato passeggeri, posta e merci imbarcati nel territorio dello Stato al quale appartiene la compagnia aerea.

-

Fourth Freedom: consiste nel diritto di imbarcare in un altro Stato passeggeri, posta e merci destinati al territorio dello Stato al quale appartiene la compagnia aerea.

-

Fifth Freedom: consiste nel diritto di imbarcare in un altro Stato passeggeri, posta e merci destinati al territorio di un terzo stato e il diritto di sbarcare passeggeri, posta e cargo in un altro Stato provenienti da qualsiasi altro territorio.

-

Sixth Freedom: consiste nel diritto di esercitare il traffico tra due altri Stati attraverso il territorio dello Stato cui appartiene la compagnia di bandiera. Si tratta della combinazione fra la Third e la Fourth Freedom.

-

Seventh Freedom: consiste nel diritto di trasportare passeggeri, posta e merci tra i territori di due Stati diversi senza passare attraverso lo Stato cui appartiene la compagnia di bandiera.

-

Eighth Freedom: consiste nel diritto di esercitare il traffico tra due punti diversi di un altro Stato all’interno di un servizio che ha origine o termina nello Stato di provenienza della compagnia o in un terzo Stato. Questa libertà viene chiamata cabotaggio.

-

Ninth Freedom: consiste nell’effettuare un servizio di cabotaggio che inizia e termina esclusivamente all’interno di un altro paese. Questa libertà viene anche chiamata stand alone cabotage.

Durante la Conferenza di Chicago venne, inoltre, istituita l’International Civil Aviation Organization (ICAO), il cui obiettivo era di «assicurare alla cooperazione internazionale il massimo livello di uniformità nei regolamenti e negli standards per ciò che concerne le questioni dell’aviazione civile.»12 L’ICAO è un’agenzia delle Nazioni Unite.

12

http://www.icao.int/pages/foundation-of-icao.aspx. (Febbraio 2012).

13


Infine, nel 1945 all’Havana venne fondata L’International Air Transport Association, meglio conosciuta come IATA. Quest’ultima promuove la sicurezza e l’affidabilità dei servizi aerei. I membri fondatori della IATA erano cinquantasette e provenivano da trentuno nazioni, la maggior parte delle quali erano europee e nord americane. Oggi la IATA conta al suo attivo 240 membri provenienti da 126 nazioni sparse in tutto il mondo. Quest’organo è il diretto successore dell’International Air Traffic Association fondata nel 1919. 13 Questi principi ispiratori delle libertà del cielo e gli organismi deputati alla tutela del sistema di postulati che regolano il trasporto aereo perdureranno fino ad oggi. Tuttavia, negli Stati Uniti il malcontento nei confronti del regime protezionistico non tardò a farsi sentire. A metà degli anni ’70, i pilastri ispiratori della regulation iniziarono a vacillare. Complice di questo ripensamento fu la crisi petrolifera del 1973, che costrinse il CAB ad aumentare significativamente le tariffe. Quest’ultimo iniziò a venire aspramente criticato a causa delle forti limitazioni imposte all’ingresso di nuovi competitors e della politica, fortemente protezionistica, attuata a favore degli incumbents 14. Conseguentemente, lo stesso CAB si trovò obbligato ad accordare alcune concessioni alle compagnie aeree. In primo luogo, fu permessa l’entrata nel mercato a nuovi competitors. Venne inoltre prevista la possibilità per le compagnie aeree di effettuare degli sconti sulle proprie tariffe. Le conseguenze delle nuove disposizioni del CAB furono immediate. Gli sconti operati dalle compagnie aeree portarono accresciuti benefici per l’utenza e, di riflesso, sensibili aumenti del traffico aereo. Questa situazione sottolineò l’inadeguatezza della regulation e dei suoi fondamenti ispirativi. Sotto la pressione degli economisti, che ritenevano che il sistema protezionistico avesse fallito, il CAB nel 1976 iniziò progressivamente a rivedere alcune delle sue politiche, tenendo presente gli interessi dei consumatori. 15 Uno dei maggiori fautori delle nuove politiche liberaliste era il Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, la cui amministrazione diede nuove spinte verso la deregolamentazione del comparto. Il Presidente nominò a capo del CAB Alfred Kahn, che avrebbe dovuto concretizzare le nuove politiche prospettate 13

http://www.iata.org/about/Pages/history.aspx (Febbraio 2012). Cfr. R. Doganis, Flying Off The Course. The Economics of International Airlines, London, Routledge 2002 [1985]. 15 A.C. Pellicelli, op. cit., pp. 648, 649. 14

14


dall’amministrazione Carter. La spinta liberalista della nuova presidenza portò nel 1978 alla promulgazione dell’Airline Deregulation Act. La situazione oltreoceano non era difforme. Anche qui col tempo le norme e il sistema di regole che governavano il comparto del trasporto aereo si erano progressivamente modificate indirizzandosi verso un modello più moderno e liberale, aperto alla concorrenza e sempre più segnato dalla competizione fra le diverse compagnie di bandiera. Con la conferenza di Parigi nel 1919 era stata stabilita la possibilità per ogni singolo Stato di stipulare accordi bilaterali con altri Stati, accordi che avrebbero permesso di sorvolare reciprocamente le proprie regioni. La conferenza segnò l’inizio del regime protezionistico in Europa e la nascita delle compagnie di bandiera, aziende nelle mani dello Stato, impiegate per controllare un comparto ritenuto strategico e di un’importanza tale per cui non era possibile ipotizzare una politica di laissez-faire. 16 Il sistema di accordi bilaterali si mantenne immutato per lungo tempo. Scopo di questa rigida regolamentazione era favorire le compagnie di bandiera, le quali, in genere, erano le uniche ammesse a effettuare le tratte intereuropee. Le tariffe venivano stabilite da tutti e due i Governi ed entravano in vigore solo dopo essere state ratificate da entrambi (double approval). Durante questo periodo, i governi finirono con il preoccuparsi maggiormente delle sorti delle compagnie di bandiera, piuttosto che delle esigenze dell’utenza. La compagnia di bandiera, ritenuta strategica perché promuoveva l’immagine del proprio Stato nel mondo, veniva quindi tutelata attraverso un regime protezionistico altamente distorsivo. 17 Uno degli effetti più significativi di questo tipo di politica fu l’aumento delle tariffe. Negli anni ’70, anche in Europa iniziarono a manifestarsi i primi sintomi di malcontento, malesseri in parte causati dal protezionismo ancora imperante e in parte derivanti dal raffronto con la situazione in essere negli Stati Uniti, unico stato che al momento aveva già pensato e avviato il processo di deregulation. Infatti, le forti discrepanze tariffarie tra l’Europa e la potenza americana erano sotto gli occhi di tutta l’opinione pubblica che spingeva perciò verso una deregolamentazione del comparto che favorisse di conseguenza una maggiore 16

F. Rotondo op. cit., 2008, p. 176. F. Padoa Schioppa Kostoris, Struttura di mercato e regolamentazione del trasporto aereo, Bologna, il Mulino,1995, p. 12.

17

15


concorrenza, con l’opportunità per i passeggeri di avere a disposizione un più ampio ventaglio di compagnie aeree tra le quali scegliere, e delle tariffe più contenute. 18

1.3. La Deregulation negli Stati Uniti

Il sistema protezionistico vigente negli Stati Uniti generò una situazione di inefficienza generale. La politica gestionale delle compagnie aeree, che facevano affidamento sulla protezione e quindi anche sui sussidi dello Stato, da tempo era condotta in maniera superficiale, sfociando sovente in un enorme spreco di denaro pubblico. Le grandi compagnie aree americane, le majors, potevano inoltre contare su un sistema di assegnazione degli slot 19, che le vedeva favorite su tutti gli altri competitors. Tale regolamentazione prevedeva una serie di diritti e privilegi, chiamati grandfather’s rights, a favore delle compagnie aeree che dominavano da sempre il mercato aereo statunitense. Le innovazioni tecnologiche avevano in realtà permesso di contenere sensibilmente i costi operativi, ma le tariffe non furono mai diminuite a causa dell’inefficienza gestionale. Questi motivi, e altri più squisitamente economici, legati in particolare alla crisi petrolifera e soprattutto agli ideali liberisti del nuovo Presidente Carter, portarono a individuare come unica possibile via quella dell’abolizione del sistema protezionistico che stava stritolando il comparto del trasporto aereo. 20 Di conseguenza ci furono diverse riunioni del Congresso, durante le quali

vennero

decisi

gli

obiettivi

e le linee

guida della

deregolamentazione. Nell’ottobre

del

1978

questi

propositi

si

concretizzarono

nell’approvazione dell’Airline Deregulation Act (A.D.A.). L’A.D.A intendeva 18

A.C. Pellicelli, op. cit., p. 672. «La “banda oraria” (slot) è il permesso ad atterrare e decollare in un aeroporto coordinato ad una specifica data e orario e attiene alla possibilità di utilizzare l’intera gamma delle infrastrutture aeroportuali necessarie per operare un servizio aereo». http://www.enac.gov.it/La_Regolazione_Economica/Trasporto_Aereo/Bande_orarie_%28Slot%29/index. html (Febbraio 2012). Per ulteriori approfondimenti sull’assegnazione degli slot in Europa si rimanda anche al Reg. (CE) 21 Aprile 2004 n. 793, Norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità. 20 F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 185. 19

16


sostituire la politica protezionistica con una politica di libero mercato. L’idea era di rimediare alle inefficienze presenti attraverso la competizione. Questa infatti avrebbe generato tariffe inferiori che conseguentemente avrebbero portato a costi operativi più contenuti e a una gestione più oculata. Le aerolinee minori furono immediatamente favorevoli al nuovo sistema liberista, dal momento che i loro costi gestionali erano sensibilmente inferiori a quelli delle grandi majors. Contrari si dimostrarono invece i megacarriers e soprattutto il mercato finanziario, il quale aveva preconizzato le spietate guerre commerciali che avrebbero in seguito portato al fallimento di diverse compagnie aeree. 21 Con l’avvento della deregulation ogni compagnia che disponesse dei requisiti necessari poteva entrare e uscire dal settore, poteva decidere su quali rotte operare e, soprattutto, quali tariffe praticare. Il CAB non imponeva più alcun limite sulla tariffazione, per cui le compagnie avrebbero dovuto difendersi da sole dalle politiche aggressive delle concorrenti. In questo clima di liberalizzazione del mercato si scatenarono le prime fare wars, che ebbero come conseguenza il fallimento di alcune delle maggiori compagnie, impreparate a fronteggiare in tempi così ristretti l’urto di tanta agguerrita competizione. Fino alla metà degli anni ottanta l’A.D.A. aveva prodotto una lunga serie di effetti positivi e le risultanze economiche furono tali da consentire una notevole calo delle tariffe, che si ridussero fino a un 30% di quelle praticate antecedentemente. In conseguenza il traffico incrementò in modo considerevole e più dell’80% dei passeggeri poté avere accesso alle nuove tariffe ridotte. Le compagnie meno efficienti dovettero rivedere la propria politica gestionale ed entrarono nuovi concorrenti. Si calcola che dalle trentasei aerolinee in servizio nel 1978 si passò alle oltre 120 nel 1984. 22 Infine, si affermò un nuovo sistema di rotte, il cosiddetto hub & spokes. Letteralmente ‘fulcro’ e ‘raggi’, il sistema hub & spokes è costituito da uno scalo che è il fulcro del sistema e dove convergono la maggior parte dei voli dagli scali periferici, ovvero i raggi. Lo scalo principale si configura quindi come scalo intermedio nel quale i passeggeri cambiano aereo per raggiungere la propria destinazione finale. Con il sistema hub & spokes passeggeri provenienti da differenti voli, si ritrovano su unico volo 21 22

E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 6. F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 287.

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verso la loro destinazione finale. Tutto ciò, in linea di principio, permette alle compagnie aeree di sfruttare al meglio la capacità operativa dell’aeromobile e conseguentemente di contenere i costi. 23 Grazie alla deregulation, e alle sue ricadute positive sul settore, il traffico aereo si intensificò notevolmente, aumentando del 50% rispetto al 1978. 24 Tuttavia, dalla metà degli anni ottanta iniziarono a delinearsi gli effetti negativi

della

deregulation.

I profitti

delle

compagnie

aeree

calarono

drasticamente, così come anche la qualità dei servizi offerti. La congestione del traffico peggiorò significativamente nei grandi hub, sprovvisti delle necessarie infrastrutture idonee a smaltire in modo rapido ed efficiente il consistente flusso degli aeromobili in transito. Parimenti si andò delineando il problema della congestione aerea. La carenza di slot fu spesso uno dei fattori determinanti nei processi di fusione delle compagnie, sistema adottato sempre più frequentemente per ottenere ulteriori incrementi del numero di bande orarie a disposizione e poter quindi ostacolare l’accesso di nuovi competitors nei grandi hub. Tuttavia tali fusioni vennero attuate frequentemente con poca attenzione ai costi gestionali e alle conseguenti crisi di liquidità che ne sarebbero derivate. 25 A tal proposito, uno dei limiti della deregulation fu senza dubbio la carenza di una normativa che disciplinasse la condotta anticompetitiva di diverse compagnie aeree, compresa la pratica della fusione. 26 Alla metà degli anni ’80, infatti, iniziarono a verificarsi una serie di fusioni e acquisizioni dovute principalmente al fallimento di diverse compagnie aeree e alle strategie di consolidamento portate avanti dalle majors. In questo modo si accentuò ancora di più la condizione di oligopolio tipica del mercato. Basti pensare che dagli anni ’80 fino alla metà degli anni ’90 ci furono circa quindici acquisizioni, cinque fusioni e ben quindici fallimenti. 27 Ci fu, per così dire, una corsa all’acquisizione che coinvolse la maggior parte delle grandi compagnie, le quali non volevano perdere terreno nei confronti delle avversarie. Questa fase fu caratterizzata da scelte superficiali e poco attente che, in alcuni casi portarono le compagnie fino alla bancarotta. Infatti, delle oltre 23

A.C. Pellicelli, op. cit., p. 655. F. McGowan, P. Seabright, op.cit., p.289. 25 Cfr. F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 291. 26 Ivi, p. 285. 27 E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 15. 24

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centoventi compagnie, ne sopravvissero solamente ventisette. Le prime sette controllavano l’89% del mercato e le prime dodici il 97.3%. 28 Oltre alla concentrazione

dell’offerta

nelle

mani

di

pochi

vettori,

si

assistette

all’affermazione di oligopoli e monopoli anche all’interno dei maggiori hub statunitensi. Collegata al problema della congestione è pure la questione dei ritardi e dei bagagli smarriti che si risolverà, parzialmente, tramite l’introduzione da parte del Department of Transportation di resoconti obbligatori sulla qualità del servizio offerto. Infine, uno degli aspetti negativi più gravi fu il problema della sicurezza. I profitti delle compagnie erano costantemente in calo dal 1979, pertanto, non potendo far fronte ai continui e cospicui investimenti, vennero tagliati alcuni costi, molti dei quali riferibili però al mantenimento degli standard di sicurezza, che infatti calarono drammaticamente portando presto a un incremento degli incidenti. Nel mentre il CAB, i cui principali poteri furono trasferiti nel 1967 nelle mani del National Transportation Safety Board, fu progressivamente spogliato di tutti i suoi restanti poteri, fino al suo scioglimento nel gennaio del 1985. In conclusione, la deregulation ha da un lato favorito un calo delle tariffe, permesso una scelta più ampia da parte dell’utenza, consentito una gestione più oculata dei fattori critici e facilitato una maggiore competizione all’interno del mercato. D’altra parte, gli effetti negativi sono innegabili. Le fare wars hanno indebolito il sistema, causato il fallimento numerose compagnie e indotto una marcata concentrazione dell’offerta che ha portato alla creazione di un oligopolio che controlla tanto il sistema di rotte quanto il presidio degli aeroporti. Ciò è comprovato dall’esistenza di otto vettori che alla fine degli anni ’80 controllavano il 94% del mercato nazionale. 29 I profitti, sempre più marginali, hanno poi prodotto un sensibile calo della qualità, sia in termini di confort che di sicurezza, costringendo la FAA (Federal Aviation Administration) a intervenire più di una volta. Questa situazione ha portato a un ripensamento sui presupposti della regulation.

28

L. Howard, The Changing US Airline Picture, in Transportation Research Circular n. 329, Washington, 1988, p. 13. 29 A.C. Pellicelli, op. cit., p. 660.

19


1.4. La Deregulation nella Comunità Europea Come precedentemente accennato l’Europa aveva adottato un sistema fortemente protezionistico volto a proteggere la compagnia di bandiera nelle mani dello Stato e a controllare il trasporto aereo, settore ritenuto fortemente strategico da ogni paese. Questa situazione perdurò fino agli anni ’70 quando il malcontento iniziò a diffondersi tra l’opinione pubblica, malumori riferiti principalmente alle tariffe sensibilmente più elevate rispetto a quelle praticate negli Stati Uniti 30. Il Consiglio Europeo, da un lato, intravedeva nella deregulation la possibilità di risolvere gli annosi problemi che caratterizzavano il trasporto aereo in Europa 31. Dall’altro, attraverso la deregolamentazione e l’omologazione normativa del servizio aereo, ambiva a promuovere una maggiore integrazione in nome della Comunità. Questa volontà si scontrava con le aspirazioni dei governi nazionali, i quali erano particolarmente restii alla liberalizzazione del settore. Tuttavia si procedette in tal senso. Il primo passo verso la deregulation avvenne però molti anni più tardi con la promulgazione dell’Atto Unico Europeo nel 1986 a Parigi. L’atto Unico Europeo modificò parzialmente gli accordi dei Trattati di Roma (1957) che istituirono la Comunità Europea e il cui fine era quello di promuovere l’integrazione sovranazionale in diversi settori. 32 Fino a quel momento la concorrenza era pressoché inesistente in quanto venivano stipulati degli accordi bilaterali tra gli Stati, i cui beneficiari erano sostanzialmente le compagnie di bandiera, che in questo modo furono nelle condizioni di creare dei duopoli esclusivi. 33 Consapevole delle conseguenze non sempre positive che la deregulation aveva causato all’interno del mercato statunitense, la Comunità Europea decise di procedere per gradi e di evitare una deregolamentazione eccessivamente rapida. Si decise, quindi, di procedere per gradi, approvando nel giro di diversi anni

30

Ivi, p. 676. F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 187. 32 http://europa.eu/legislation_summaries/institutional_affairs/treaties/treaties_singleact_it.htm (Febbraio 2012) 33 E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 131. 31

20


svariati regolamenti, raggruppati in tre ‘pacchetti’, ognuno dei quali andava a integrarsi con gli altri. 34 Il Primo Pacchetto di riforme venne approvato nel dicembre del 1987 e non modificò il regime di accordi bilaterali esistente, ma stabilì nuovi principi per quanto riguarda le tariffe, introducendo delle ‘zone di flessibilità. Allo stesso tempo queste prime riforme offrirono la possibilità ai non flag carriers (i vettori non di bandiera) di operare sulle rotte internazionali creando le condizioni di avvio di un mercato concorrenziale. 35 Nell’estate del 1989 venne approvato il Secondo Pacchetto che, attraverso i tre regolamenti previsti al suo interno, aumentò ulteriormente le zone di flessibilità tariffaria, incrementò la capacità operativa a favore dei vettori stranieri e stabilì che gli Stati membri avrebbero dovuto autorizzare l’attività delle compagnie aeree nate sul proprio territorio purché dotate dei necessari requisiti tecnici. Inoltre, venne istituito il principio del double disapproval secondo cui le tariffe per essere sospese dovevano essere respinte da entrambi i governi. 36 Infine, a conclusione del Secondo Pacchetto, venne introdotto il cabotaggio, anche se limitato da una serie di restrizioni. 37 L’introduzione del cabotaggio, pur con i suoi vincoli, costituì una novità di primaria importanza nel disegno di integrazione comunitaria tracciato dall’Unione Europea. Nel 1992 venne infine approvato il Terzo Pacchetto con il quale si poneva fine al regime di accordi bilaterali che a lungo aveva caratterizzato il sistema europeo. Le norme principali contenute nel Terzo Pacchetto consentirono il libero accesso a tutte le rotte intracomunitarie tra Stati diversi, introdussero la facoltà di stabilire le tariffe da parte delle compagnie aeree senza dover chiedere il beneplacito dei governi, permisero ai vettori di poter esercitare la propria attività all’interno di tutta la Comunità, a condizione che gli Stati membri avessero rilasciato alle proprie compagnie la necessaria autorizzazione, e infine abolirono le differenziazioni tra voli di linea e non (voli charter). Il diritto di cabotaggio, essendo uno dei diritti più delicati, verrà liberalizzato gradualmente dal 1997 in avanti. In ultima analisi, grazie a 34

F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 188. R. Doganis, op. cit., p 56. 36 Ivi, p.59. 37 A.C. Pellicelli, op. cit., p. 684. 35

21


specifiche normative comunitarie venne fatta salva la possibilità per gli Stati membri di tutelare la propria compagnia di bandiera: qualora il regime di libera concorrenza fosse ritenuto lesivo degli interessi statali, la Commissione europea poteva aprire un’indagine in merito 38. In Europa tutto il processo di deregulation ha assunto una forma graduale, i tre pacchetti sono stati approvati nel corso di un esteso periodo temporale corrispondente a circa dieci anni 39. Sebbene la deregolamentazione avesse fra i suoi scopi anche la riduzione tariffaria, questa non è avvenuta omogeneamente in tutta la comunità, in quanto diverse rotte furono ancora operate per lungo tempo in regime di duopolio.

1.5.

Una

sintetica

comparazione

degli

esiti

della

deregulation negli Stati Uniti e in Europa Il processo di liberalizzazione condotto in Europa si ispira indubbiamente alla deregolamentazione avvenuta negli Stati Uniti. Tuttavia, le premesse che hanno portato alla deregulation sono in parte diverse, così come i rispettivi esiti. Nella Comunità la necessità più stringente non era di ordine economico, bensì politico. L’integrazione tra Stati non aveva un carattere unicamente economico, ma riguardava anche le altre sfere come quella politica, sociale e culturale. 40 Negli USA invece fu la situazione economica il vero propulsore del cambiamento. I vettori operanti in Europa,tranne poche eccezioni, mantengono dimensioni ridotte rispetto ai megacarriers statunitensi. È opportuno altresì sottolineare che la Comunità Europa non mirava a eliminare completamente la regolamentazione economica, ma ambiva alla creazione di un mercato dove vigesse, in linea generale, la libera concorrenza con

38

F. Padoa Schioppa Kostoris, op. cit., p. 108, F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 295. Tuttavia, anche nel mercato comunitario si è assistito ad alcuni fallimenti, fusioni e acquisizioni. Uno dei casi più noti è quello della Swissair, compagnia svizzera fallita all’indomani dell’undici settembre, che trascinerà verso la bancarotta anche la società belga Sabena, della quale possedeva il 49% del capitale. 40 E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p.139. 39

22


tutti gli effetti che questa avrebbe comportato 41. Inoltre è importante sottolineare il fatto che le compagnie di bandiera sono nelle mani dei rispettivi Stati, la qual cosa non avviene oltreoceano, dove le compagnie hanno generalmente un carattere privatistico. Il territorio statunitense è sensibilmente più vasto di quello europeo, ma la sua popolazione è assai inferiore. In Europa, di conseguenza, le distanze da coprire sono minori, la traversata è più breve e per le compagnie aeree questo significa un’incidenza maggiore dei costi fissi di decollo e atterraggio rispetto al costo totale del volo 42. Questa situazione concede la possibilità di sfruttare maggiormente altri mezzi di trasporto come il treno, la nave e l’automobile. Nella fattispecie europea pertanto i trasporti alternativi al volo sono effettivamente competitivi e sottraggono potenziali passeggeri al mercato aereo più di quanto non accada negli Stati Uniti. Tale tendenza andrà ad aumentare in futuro grazie alle linee ferroviarie ad alta velocità presenti oramai su tutto il territorio comunitario. Il sistema ferroviario è quindi un sistema avanzato, moderno ed efficiente se comparato con il sistema ferroviario statunitense. Tuttavia l’Europa versa in una condizione di insufficienza infrastrutturale, che rischia di portare alla saturazione gli aeroporti europei ben prima di quelli americani. A questo proposito, già nei primi anni ’90 la IATA ha manifestato la propria preoccupazione in merito alla capacità operativa dei maggiori hub europei. Succede inoltre che nel contesto comunitario la mano pubblica abbia ampiamente distorto il mercato concorrenziale, portando spesso alla creazione, da parte dei vettori, di oligopoli all’interno dei grandi hub. Un fattore che spesso viene sottostimato è l’importanza che riveste in Europa la presenza massiccia di compagnie che effettuano voli charter. Basti pensare che a metà degli anni ’90 i voli charter facevano registrare guadagni che si aggiravano intorno al 30% del fatturato totale del comparto ed effettuavano il 50% dei voli intracomunitari 43 Ne deriva che le compagnie charter riescano a sfruttare al meglio i propri aeromobili, sia in termini di voli effettuati quotidianamente che in termini di capacità operativa. Questa condizione ha 41

R. Zucchetti, O. Baccelli, Aeroporti e territorio. Conflitti e opportunità di sviluppo, Milano, Egea, 2001, p. 165. 42 F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 300. 43 Ivi, p. 297, E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p.143.

23


spinto conseguentemente i vettori tradizionali comunitari ad adeguarsi e difendersi dagli attacchi del segmento dei voli a basso costo. Nel mercato europeo si è registrata infatti una minore competizione e una presenza inferiore di competitors e tutto ciò ha contribuito a evitare le sanguinose fare wars che hanno invece caratterizzato la deregulation americana. Una delle caratteristiche che si registra nella deregolamentazione europea è la sua eccessiva pianificazione e la sua dipendenza da svariati organi, i quali godono di diversi poteri di controllo sul settore del trasporto aereo. Infatti il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri sono tutti organismi dotati di poteri di regolamentazione 44. Questa situazione non si registra nel mercato statunitense. Infine in Europa, ancor più che in America, è andata delineandosi una situazione di oligopolio imperfetto, in quanto il segmento dei voli internazionali, soprattutto quelli a lungo raggio, sono ancora per lo più esclusivamente nelle mani delle compagnie di bandiera a causa dell’insufficienza strutturale degli aeroporti e dell’ingerenza dello Stato nel sostenere i propri vettori. 45

1.6. Undici Settembre: le conseguenze per il trasporto aereo. Gli attacchi terroristici dell’undici settembre 2001 hanno rappresentato un evento di enorme portata con conseguenze drammatiche dal punto di vista sia economico che sociale. Gli Stati Uniti avevano da sempre percepito il terrorismo come un fenomeno presente soprattutto in Europa (IRA ed ETA) e in Medio Oriente 46. Nella storia del trasporto aereo si annoverano diversi episodi di attacchi terroristici che coinvolgono aeromobili adibiti al trasporto civile. Ciononostante, l’undici settembre costituisce un caso unico, in quanto, per la prima volta, l’aeromobile stesso si configura come arma terroristica. 47 L’aeromobile in sé non essendo mai stato usato come arma, non aveva mai 44

F. Padoa Schioppa Kostoris, op. cit., p 109. F. Rotondo, op. cit., 2008, p 195. 46 D. Jarach, Marketing aeroportuale. Gestire l’impresa-aeroporto nel nuovo millennio, Egea, Milano 2002, p. 133. 47 Association of European Airlines, Yearbook 2002, p. 4. 45

24


suscitato preoccupazioni di alcun genere e gli attacchi dell’undici settembre colsero i governi impreparati. Fin dai primi anni ’70 iniziarono a verificarsi attacchi terroristici e dirottamenti che evidenziarono la necessità di aumentare i sistemi di sicurezza. La Federal Aviation Administration decise, quindi, di rafforzare i controlli all’imbarco tramite dispositivi a raggi X destinati ai bagagli da stiva e metal detector destinati ai controlli sui passeggeri. 48 Tuttavia i controlli venivano effettuati sulla base della logica del risparmio e della velocità e di conseguenza le operazioni di sicurezza spesso si dimostrarono insufficienti. I successivi attacchi terroristici, basti pensare ad esempio alle drammatiche vicende della Pan American a metà degli anni ’80, denunciarono l’elevata superficialità delle misure di sicurezza e portarono ad una maggiore sensibilizzazione della F.A.A. Conseguentemente, si cercò di incrementare e migliorare una serie di parametri atti a garantire maggiori controlli e, soprattutto, una maggiore qualità di quest’ultimi. Nonostante ciò, tali propositi non furono concretizzati prima del crollo delle Twin Towers. Le conseguenze economiche degli attacchi furono drammatiche. Alcune aerolinee andarono in bancarotta e migliaia di persone persero, anche definitivamente, il posto di lavoro. Tuttavia, la perdita non interessò unicamente il comparto del trasporto aereo, coinvolgendo direttamente anche tutte le industrie che gli erano collegate, come ad esempio l’intero settore turistico che sprofondò in una crisi senza precedenti. Secondo un’indagine dell’Association of European

Airlines,

i

propri

membri

furono

costretti

a

licenziare

complessivamente circa 50.000 persone. Inoltre, si stima che coloro che persero il lavoro all’interno dell’azienda aeroporto furono fino a dieci volte tanto. Le perdite economiche furono inestimabili, L’AEA denunciò un calo di redditività pari al 7,1% rispetto all’anno precedente 49. Il traffico sulle rotte intereuropee diminuì dell’11.6% rispetto all’anno 2000. 50

Il crollo della

domanda fu istantaneo e i suoi effetti furono sensibilmente più duraturi rispetto a tutte le precedenti crisi del mercato. Significativa a tal proposito resta la situazione italiana che, come mostrano i dati forniti da Assaeroporti, mostra 48

F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 310. Association of European Airlines, op. cit., 2002, p. 4. 50 Ivi, p. 10. 49

25


inizialmente un trend comunque positivo che si attestava nel mese di agosto, sul traffico nazionale, su un + 1,2% e sul traffico internazionale in partenza dagli aeroporti italiani su un incremento del 3,4%, risultati questi che confermavano un lieve andamento positivo rispetto allo stesso periodo del precedente anno. Nei mesi di settembre e ottobre il crollo della domanda fu drammatico: il traffico nazionale fece registrare una diminuzione del 3,6% e il traffico internazionale arrivò a un -15,1% a settembre e a un -21,1% nel mese di ottobre. Nel periodo il calo maggiore si riscontra soprattutto nel traffico con destinazione extraeuropea, che fa registrare una diminuzione del 38,1%. 51 Chiaramente fu proprio negli Stati Uniti che si registrò la crisi più grave in conseguenza degli attacchi terroristici: i voli vennero sospesi per quattro giorni, al termine dei quali le perdite si assestarono intorno al 30 - 35% in meno del traffico aereo rispetto all’anno precedente. 52 Una delle immediate conseguenze degli attacchi fu la sfiducia nella sicurezza del mezzo aereo da parte dell’opinione pubblica. All’indomani degli attentati, il Congresso degli Stati Uniti promulgò la Public Law 107-71 con la quale si istituì il Transportation Security Administration, le cui funzioni attenevano principalmente alla «sicurezza su qualunque mezzo di trasporto»53. La stessa norma stabiliva una serie di nuove procedure e misure che dovevano essere implementate negli anni successivi. Le principali misure a bordo attenevano alla creazione di una porta rinforzata tra la cabina di pilotaggio e il resto dell’aeromobile e soprattutto l’impiego di agenti federali su ogni volo effettuato sul territorio americano 54. All’interno della cabina di pilotaggio veniva disposta l’installazione di videocamere che avrebbero permesso ai piloti di sorvegliare la cabina passeggeri. Vennero inoltre creati nuovi codici per la comunicazione con le torri di controllo e nuovi transponder protetti 55. Per quanto riguarda il sedime aeroportuale, le principali norme adottate disposero per l’impiego di agenti federali all’interno della zona aeroportuale e di moderne apparecchiature di screening per i passeggeri -comprensivi anche di 51

Dati Assaeroporti, http://www.assaeroporti.it/defy.asp Association of European Airlines, op. cit., 2002, p. 11 53 Public Law, 19 November 2001 n. 107–71, To improve aviation security and for other purposes p. 597. 54 Ivi, Sections 104, 105. 55 D. Jarach, op. cit., 2002, p. 135. 52

26


apparecchiature biometriche- e per i bagagli, questi ultimi chiamati Explosive Detection Systems 56. I controlli rigorosi, effettuati da agenti federali, poterono inoltre avvalersi di moderni database, contenti le principali informazioni utili sui passeggeri in transito negli aeroporti statunitensi. Altre norme riguardarono nello specifico maggiori restrizioni sul trasporto nel bagaglio a mano di alcuni oggetti ritenuti pericolosi (liquidi, oggetti affilati, materiali infiammabili e simili). Infine, precauzione non secondaria, venne disposta una distanza minima di sicurezza per i parcheggi auto. La legislazione americana istituì inoltre una tassa sulla sicurezza, la Security Service Fee, con lo scopo di ammortizzare i costi esorbitanti dovuti alle nuove norme di sicurezza. Tutti i passeggeri dei voli statali e stranieri in partenza dagli Stati Uniti venivano quindi assoggettati all’imposta 57. La situazione europea precedente all’attacco dell’undici settembre era analoga a quella statunitense ma veniva ulteriormente complicata da una normativa chiaramente non omogenea in quanto ciascuno Stato si era dotato di una

propria

regolamentazione.

Per

questa

motivo,

e

in

nome

di

un’armonizzazione generale sempre più integrata e vincolante, il principale obiettivo della Comunità fu di istituire norme comuni valevoli per tutti gli Stati membri. Il 16 dicembre 2002 il Consiglio dell’Unione Europea promulgò il regolamento 2320, col quale si dispose che ogni Stato membro dovesse dotarsi di un programma nazionale per la sicurezza dell’aviazione civile e che dovesse in merito assegnare ad un’autorità competente il compito di attuare tale programma. 58 Nell’allegato venivano esposti i criteri per la costruzione degli aeroporti e le modifiche da apportare a quelli giù in funzione, si stabiliva inoltre di istituire nuove politiche nell’assunzione del personale. Contestualmente furono incrementate le misure di sicurezza all’interno e all’esterno dell’aeroporto e in particolare quelle all’interno dell’aeromobile. In tal senso si deliberò affinché venissero adottati anche in Europa maggiori controlli sui passeggeri e i bagagli a mano e si approvò l’installazione di nuove apparecchiature per il controllo di entrambi. Il programma di sicurezza prescrisse 56

Public Law, Section 110. Ivi, Section 118. 58 Reg. (CE) 16 Dicembre 2002 n. 2320, Norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile, art. 5, comma 1, 2. 57

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inoltre che i passeggeri in arrivo e quelli in partenza fossero rigorosamente separati al fine di agevolare le verifiche ed evitare rallentamenti e disordini nelle fasi di controllo. In tema è utile ricordare che tale accorgimento non era stato previsto nella normativa statunitense. 59 Il sistema adottato non era certo privo di inconvenienti e i principali riguardavano soprattutto i ritardi dovuti a tournaround più lunghi e le restrizioni delle libertà personali dei passeggeri. Tuttavia furono ancora le aumentate richieste di sicurezza a imporre ulteriori restrizioni, norme che trovarono attuazione con i successivi regolamenti della Comunità Europea che modificarono ed integrarono il regolamento 2320/2002 60. Le nuove disposizioni in materia di sicurezza comportano tuttavia degli ingenti costi aggiuntivi sia per gli aeroporti sia per le compagnie aeree. Tale situazione permane, ancora oggi, irrisolta.

1.7. Il finanziamento della sicurezza Uno dei maggiori problemi legati alle nuove norme di sicurezza, adottate dopo gli attacchi terroristici dell’undici settembre, attiene infatti agli ingenti costi che queste comportano. Infatti, le nuove apparecchiature, l’addestramento del personale, l’incremento delle forze dell’ordine sono tutti fattori che sfociano in una consistente lievitazione dei costi. Consapevole del problema il governo americano ha disposto alcune sovvenzioni per un totale di 5 miliardi di dollari destinati alle aerolinee e agli aeroporti con lo scopo di finanziare le nuove disposizioni in materia di sicurezza. Inoltre sono stati messi a disposizione ulteriori fondi per l’acquisto di nuove e moderne tecnologie 61. In Europa la situazione è differente, in particolare perché non sono stati previsti aiuti di Stato per finanziare i nuovi assetti di sicurezza. Gli aeroporti, in molti casi, hanno trasferito il costo delle nuove apparecchiature e dei nuovi impianti sulle aerolinee, le quali si sono fatte carico degli ulteriori oneri di modo che questi non andassero a gravare sui consumatori, peraltro già scoraggiati dal 59

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 136. I regolamenti a cui si fa riferimento sono il n. 622 del 4 Aprile 2003, il n. 781 del 24 Maggio 2005 e il n.1546 del 4 Ottobre 2006. 61 Association of European Airlines, op. cit., 2002, p. 22. 60

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clima di insicurezza che vigeva all’indomani degli attacchi terroristici. Ciò ha evidentemente inciso e peggiorato la condizione nella quale versavano le compagnie aeree. Certamente l’industria aeronautica non può sottrarsi all’obbligo di impegnarsi e di finanziare la sicurezza nel settore del trasporto aereo, tuttavia sarebbe auspicabile che la Comunità Europea intervenisse in favore delle aerolinee addossandosi per sua parte un’opportuna percentuale dei costi. In effetti, come hanno sottolineato più volte l’Association of European Airlines, l’Airports Council International, la IATA, l’European Cockpit Association e l’European Regions Airline Association, gli attentati terroristici sono rivolti di per sé agli Stati e non alle compagnie aeree o agli aeroporti, inoltre proteggere i propri cittadini da simili eventi ed evenienze è un’attribuzione che dovrebbe stare in capo alla sicurezza nazionale e quindi ricadere nelle competenze dei singoli stati 62. Per tali ragioni è necessario implementare un piano di finanziamento comunitario che permetta di ripartire i costi sia sui governi europei che sull’industria aeronautica. 63 Benché l’organismo della Commissione, unitamente al Parlamento Europeo, si sia espresso a favore di tali urgenti provvedimenti, il Consiglio Europeo si è detto contrario. 64 Tuttavia rimane evidente che un accordo tra le parti favorirebbe la disponibilità di maggiori risorse necessarie per il finanziamento della sicurezza del trasporto aereo.

1.8. L’Open Skies Agreement, il Cielo Unico europeo, e le nuove prospettive A oggi sono passati più di dieci anni dall’attacco terroristico dell’undici settembre. In Europa, e non solo, nuovi e più stringenti accorgimenti sono stati assunti e nuove misure devono ancora essere adottate. Sono stati introdotti ulteriori limiti alla zona airside, il personale viene sottoposto a screening sempre 62

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 140. European Air Transport Industry Policy Paper on Civil Aviation Security, 2006, p. 1. 64 Association of European Airlines, op. cit., 2002, p. 22. 63

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più accurati, così come anche i passeggeri e i correlati bagagli a mano. Dal 2006 sono state introdotte norme più severe per quanto riguarda il trasporto di liquidi a bordo, norme che l’Unione Europea spera di poter abolire entro il 2013 grazie a moderni controlli capaci di individuare i liquidi potenzialmente pericolosi. 65 Purtroppo il problema del finanziamento della sicurezza è una questione ancora aperta, in quanto al momento è sempre l’industria aeronautica che sostiene l’impegno economico maggiore. Stati Uniti ed Europa stanno lavorando assieme per omogeneizzare le proprie misure di sicurezza, in modo tale che qualunque passeggero o carico imbarcato in Europa non venga nuovamente sottoposto a controlli del tutto simili in America e viceversa. I progetti futuri mirano inoltre a sviluppare nuove e più moderne tecnologie nel campo della sicurezza, affinché parte delle odierne misure, troppo intrusive e onerose in termini di tempo e di costi, possa essere modificata. Per quanto riguarda i rapporti tra Stati Uniti e Comunità Europea, assume notevole rilevanza l’Open Skies Agreement, un accordo sul trasporto aereo firmato dal Nord America e dagli Stati membri della Comunità. Lo scopo dell’accordo, adottato nel maggio del 2007, è quello di favorire la mobilità e promuovere la cooperazione nel settore del trasporto aereo. Nel trattato viene sancito il diritto per gli Stati membri della Comunità di operare voli verso e da qualsiasi punto degli Stati Uniti, ai quali vengono concessi i medesimi diritti e l’ulteriore possibilità di operare nelle rotte intereuropee 66. Un’ulteriore importante novità riguarda la partecipazione al capitale di aerolinee appartenenti all’altra parte contraente. Si rende infatti possibile la partecipazione di capitale straniero, purché non detenga la quota di maggioranza e non controlli de facto la compagnia straniera 67. Gli Stati membri si sono detti insoddisfatti da tale accordo, in quanto fortemente sbilanciato, permettendo da un lato agli Stati Uniti di operare su rotte intereuropee, e dall’altro precludendo tale possibilità alla Comunità Europea sul suolo statunitense 68. L’International Air Carrier Association (IACA) a questo proposito domanda un accordo che sia bilanciato e che dia pari opportunità alle 65

Association of European Airlines, News 2011, p. 2. Official Journal of the European Union, Air Transport Agreement, L. 134/4, Articolo n. 3, comma n. 3. 67 Ivi, Annex 4, Articolo n. 1, comma n. 1, 2, 4, 25 Maggio 2007. 68 IACA, EU-US Open Skies Deal: Not So Open for European Airlines, Press Release, 22 marzo 2007. 66

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parti contraenti. Per tale motivo, ha sollecitato l’inizio immediato della seconda fase dell’Open Skies Agreement, come testimoniato dalle parole espresse da Sylviane Lust, direttore generale della IACA: This agreement does not qualify as an ‘open sky agreement’ as it is a way off from the original plans for an Open Aviation Area trumpeted four years ago by the European Commission. The Commission’s shopping list for the second phase negotiations remains substantial while the US side has obtained everything it wanted in the first phase. A deal between the EU and US can only be balanced if it results in equal traffic rights for EU and US airlines in each other’s internal markets, identical ownership limits and control possibilities, as well as equivalent access to government traffic 69. Nel marzo del 2010 è stato raggiunto

un accordo sulla seconda fase

dell’Open Skies Agreement, il trattato è stato formalmente adottato il 24 giugno dello stesso anno. Tale accordo prevede minori restrizioni per quanto riguarda le rotte e le partecipazioni di capitale. Inoltre le parti hanno raggiunto nuove intese sui temi della sicurezza e affidabilità e soprattutto sulla delicata questione ambientale 70. Tuttavia, come sottolinea il direttore della IATA, è necessaria una maggiore collaborazione da parte degli Stati Uniti per quanto riguarda gli investimenti se si vuole giungere ad un accordo equo e definitivo 71. Altro tema estremamente importante in Europa è certamente la creazione del Cielo Unico Europeo. L’intenzione di creare un cielo unico dove «lo spazio aereo sia organizzato in base ai flussi di traffico piuttosto che ai confini statali»72 risale già agli anni ’60. Le prospettive future prevedono che entro il 2020 il traffico aereo raddoppierà 73, per tale ragione il progetto del Single Sky si prefigge come obiettivo quello di una più ordinata crescita del traffico e l’adeguamento delle misure di sicurezza attraverso una normativa comune. Nel 1989 la Commissione Europea aveva avanzato l’ipotesi di un centro europeo integrato per la gestione del traffico sotto la guida di Eurocontrol. 74 Il 10 marzo del 2004 il Parlamento e 69

http://www.euractiv.com/transport/eu-us-open-skies-agreement/article-167482 (Febbraio 2012). http://ec.europa.eu/transport/air/international_aviation/country_index/united_states_en.htm (Febbraio 2012). 71 http://www.centreforaviation.com/analysis/reaction-to-the-us-eu-open-skies-expansion-warm-in-the-uscool-elsewhere-23659 (Febbraio 2012). 72 http://www.eurocontrol.int/articles/viewpoints-single-european-sky, (Febbraio 2012). 73 Ibidem. 74 F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 321. 70

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il Consiglio Europeo adottano il primo pacchetto di regolamenti, denominato Single European Sky First Legislative Package (SES I), il quale comprende al suo interno quattro regolamenti: -

Il regolamento n. 549/2004, denominato “regolamento quadro” il quale prescrive i principi generali del Single European Sky.

-

Il regolamento n. 550/2004, che detta le disposizioni sulla fornitura dei servizi di navigazione aerea nel Cielo Unico Europeo.

-

Il regolamento n. 551/2004, che stabilisce l’organizzazione e l’uso dello spazio aereo.

-

Il regolamento n. 552/2004, che detta le disposizioni sull’interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo 75.

Lo scopo principale dei regolamenti è di omogeneizzare e integrare tutti i sistemi tecnologici dei singoli Stati membri all’interno di un unico sistema europeo. Il progetto, denominato SESAR (Single European Sky ATM Research), mira appunto a superare la frammentazione esistente in nome di un sistema più omogeneo e moderno. Le ricadute economiche sarebbero ingenti. Infatti, la capacità di traffico triplicherebbe, mentre i costi unitari verrebbero dimezzati, inoltre i coefficienti di sicurezza potrebbero aumentare fino a valori dieci volte maggiori e allo stesso tempo gli effetti sull’ambiente avrebbero un’incidenza 10 volte minore. Nei prossimi otto anni, grazie al progetto SESAR si calcola di conseguire un risparmio totale per il comparto del trasporto aereo pari a circa 40 miliardi di euro. Infine, la maggiore coordinazione ed efficienza dei sistemi nazionali produrrà come immediata conseguenza una riduzione dei ritardi e questo andrà a tutto vantaggio dei passeggeri, il cui risparmio si calcola intorno ai 13 miliardi di euro. 76 Tutto ciò avverrebbe grazie alla suddivisione dello spazio aereo comunitario in blocchi funzionali. Sulla scia del SES I, sono stati quindi emanati i seguenti regolamenti: -

Regolamento n. 2096/2005, che stabilisce requisiti comuni per la fornitura di servizi di navigazione aerea

75

http://www.enac.gov.it/La_Normativa/Normativa_internazionale/Normativa_europea/Regolamenti/inde x.html (Febbraio 2012). 76 http://www.enav.it/portal/page/portal/PortaleENAV/Home/ServiziEAttivita?CurrentPath=/enav/it/serviz i_attivita/attivita_internazionali/progetti_internazionali/sesar (Febbraio 2012).

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-

Regolamento n. 1794/2006, che istituisce un sistema di tariffazione comune per i servizi di navigazione aerea.

-

Regolamento n. 219/2007, relativo alla costituzione di un’impresa comune per la realizzazione del sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR) 77

Il secondo pacchetto normativo, il SES II, viene approvato il 26 giugno 2008 con la Comunicazione (2008) 389. La commissione europea da un lato riporta i risultati ottenuti fino a quel momento, dall’altro prende nota delle carenze ancora presenti nel sistema, organizzando le necessarie riforme in quattro pilastri: -

Primo pilastro: stabilire le prestazioni. Gli obiettivi del primo pilastro consistono nel migliorare le prestazioni del sistema di gestione del traffico aereo, facilitare l’integrazione della fornitura dei servizi e rafforzare la funzione di gestione della rete.

-

Secondo pilastro: pervenire ad un quadro normativo unico per la sicurezza, attribuendo maggiori poteri all’EASA (European Aviation Safety Agency).

-

Terzo pilastro: favorire l’ingresso di nuove tecnologie, soprattutto grazie all’implementazione del programma SESAR.

-

Quarto pilastro: migliorare la capacità di gestione a terra 78, mediante la costruzione di nuove infrastrutture aeroportuali e nuove piste nei principali aeroporti europei.

Il SES II fissa inoltre la scadenza per l’implementazione dei blocchi funzionali di spazio aereo, i FAB (Functional Airspace Blocks), al 4 dicembre del 2012. La realizzazione del Single European Sky è di estrema importanza per la Comunità Europea, infatti grazie ad esso sarà possibile salvaguardare l’ambiente, rafforzare le misure di sicurezza, migliorare le prestazioni nel settore del trasporto aereo, fornire un servizio adeguato ai passeggeri e risparmiare sui costi gestionali. Si calcola che la frammentazione del comparto generi una spesa di

77

Parzialmente modificato dal Regolamento (CE) 16 Dicembre 2008 n. 1361, Costituzione di un’impresa comune per la realizzazione del sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR). 78 COM (2008) 389.

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circa un miliardo di euro l’anno. 79 Indicative a questo proposito sono le parole del Segretario Generale dell’Association of European Airlines, Ulrich SchulteStrathaus:

When the airlines remind themselves that there are perhaps € 5 billion of potential annual efficiency gains tied up in the Single European Sky project, the eagerness with which they await the flow of benefits to begin is understandable, all the more so since those benefits also include a better service to the consumer, in terms of reduced delay, and a much reduced environmental impact […] For European airlines, their customers and indeed the environment, the Single Sky program is simply too important to be allowed not to materialize and too urgent to be left to suffer further delay80

79 80

Ivi, p. 7. Skyway n. 52 Summer & Autumn 2009, pp 37, 38.

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2. Le principali strategie d’impresa delle compagnie aeree 2.1 Il modello tradizionale full service La strategia d’impresa tradizionale portata avanti dalle majors mostrò ben prima della deregulation la sua inadeguatezza, mettendo in luce una serie di carenze e disfunzioni, le più evidenti delle quali ascrivibili primariamente alle inefficienze gestionali. Il mercato si caratterizzava allora per l’esistenza di un sistema fortemente protezionistico che tutelava e avvantaggiava le grandi compagnie di bandiera tramite ingenti sussidi. Tale sistema, se da un lato garantiva il monopolio ai vettori, dall’altro generava conseguentemente gravi inefficienze, dovute soprattutto ad un rilassamento nel controllo e nella gestione dei costi. I full service carriers seguivano il modello operativo fully connected network, ovvero il point-to-point, che si configura come un collegamento diretto tra due destinazioni 81. Attraverso il modello point-to-point, le compagnie di bandiera operavano su una moltitudine di rotte, alcune delle quali non erano minimamente remunerative e, al contrario, generavano costi aggiuntivi. Lo scopo principale dei vettori infatti era quello di espandere il proprio network il più possibile, effettuando sempre più collegamenti, benché questi non fossero sempre funzionali a un effettivo sviluppo commerciale dei vettori medesimi. Tale strategia era evidentemente dispendiosa per le compagnie di bandiera che pur ottenendo rilevanti sovvenzioni statali, non riuscivano di fatto a ricoprire i considerevoli costi che comportavano queste rotte, la cui operatività era 81

A. Cento, The Airline Industry: Challenges in the 21st Century, Berlino, Physica-Verlag, 2008, p. 29.

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mantenuta in vita solo per soddisfare un preminente interesse statale. Questo modello di servizio così eccessivamente capillare aveva però come immediata conseguenza un cospicuo aumento delle tariffe. Successivamente alla deregulation, i full service carriers diminuirono il prezzo dei biglietti della classe economy per contrastare l’ascesa dei vettori low cost e dei charter. Tuttavia tali misure non furono sufficienti a garantire il mantenimento delle posizioni e i vettori dovettero riconsiderare la propria politica strategica.

2.2. L’innovazione del modello low cost All’indomani della deregulation risultava evidente la necessità, ormai inevitabile, di un ripensamento delle politiche gestionali adottate fino a quel momento, scelte operate in un contesto di espansione incontrollata che aveva di fatto originato le gravi inefficienze che caratterizzavano la maggior parte delle compagnie aeree. In questo clima di riforma e incertezza strategica fecero il proprio ingresso nel panorama del trasporto aereo i low cost carriers. Tali vettori, che avevano iniziato ad operare come interstate alla fine degli anni ’60 82, intuirono le autentiche esigenze dei passeggeri e diedero vita ad un servizio del tutto nuovo destinato a rivoluzionare il settore del trasporto aereo. I vettori low cost basavano la propria strategia sul contenimento dei costi e perciò su un servizio essenziale e lineare, il cosiddetto no frill service, ovvero un servizio in cui tutti i costi superflui erano ridotti al minimo e molte prestazioni ancillari erano considerate degli optional. Questa nuovo approccio mise in discussione le politiche adottate fino a quel momento, restituendo parte del potere decisionale ai clienti. 83 Le strategie adottate per competere con i megacarriers e cambiare drasticamente il volto del settore del trasporto aereo sono molteplici. Per quanto riguarda il personale, i salari percepiti sono inferiori fino ad un 50% rispetto a quelli agli altri colleghi e allo stesso tempo i dipendenti lavorano circa il 40% in 82 83

E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 26. F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 219.

36


più 84. Le compagnie low cost inoltre incentivano il proprio personale alla massima efficienza attraverso una quota variabile di stipendio che può sfiorare il 40% e anche attraverso l’assegnazione di quote azionarie della compagnia 85. Questa politica di profit sharing - attuata soprattutto dalla Southwest Airlines, prime mover low cost negli Stati Uniti - unitamente alla quota variabile di stipendio favorisce una maggiore produttività del personale. Importante per la filosofia del low cost è anche la flessibilità dei dipendenti, capita spesso infatti che il personale di terra svolga anche le mansioni a bordo dei velivoli. Per ciò che riguarda l’aeromobile, solitamente ne viene adottato un solo tipo, ciò permette da un lato minori costi di addestramento del personale e dall’altro minori costi per la manutenzione e il ricambio dei componenti. Le compagnie aeree low cost di norma hanno una flotta estremamente giovane, gli aeromobili sono mediamente più nuovi rispetto a quelli utilizzati dai full service carriers. Una flotta più giovane significa soprattutto minori costi di manutenzione e poi maggiore sicurezza e meno inquinamento. Come precedentemente accennato, il servizio offerto è basato sulla logica del no frills, ogni optional (dai pasti al bagaglio eccedente) viene pagato a parte dal consumatore, che è libero di scegliere se e come usufruire di tali servizi. Questo modo di operare inoltre, diminuendo lo spazio necessario per il catering, aumenta quello disponibile per ulteriori sedili. A questo proposito, le compagnie low cost sono molto attente al load factor e cercano di utilizzare sempre alla massima capacità i propri aeromobili 86. Inoltre, molte aerolinee al fine di economizzare

il

tempo

delle

operazioni

di

imbarco

non

procedono

all’assegnazione diretta dei posti, lasciando la libertà di accomodazione direttamente nelle mani dei passeggeri. Infine, quasi mai è contemplata una classe business, ma esiste un’unica classe indifferenziata in ragione della prevalenza di leisure passengers. Tuttavia, negli ultimi anni si assiste ad una maggiore sensibilità del segmento business verso la componente del prezzo 87.

84

E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 26. European Low Fares Airline Association, Liberalisation of European Air Transport: The Benefits of Low Fare Airlines to Consumers, Airports, Regions and the Environment, Bruxelles, 2004, p. 5. 86 Ivi, p. 10. 87 Cfr. F. Rotondo, 2008, op. cit. 85

37


Per quanto attiene ai collegamenti, la strategia low cost fa registrare un deciso ritorno alle rotte point-to-point, ideali per una flotta standardizzata, e per le rotte a breve e medio raggio operate dai low cost carriers. Grazie a questa strategia è possibile ottenere load factors elevati e una minore complessità gestionale. Inoltre, il point-to-point può essere considerato il miglior tipo di sistema quando i costi marginali vengono ridotti al minimo e i costi fissi sono tenuti sotto controllo 88. Grazie a tali semplici misure è stato possibile ridurre i costi fino ad un 60% 89, in particolare sfruttando gli aeromobili al massimo delle loro prestazioni e disponendo l’utilizzo dei velivoli anche fino a undici o dodici ore di volo. Nell’ambito di questa politica gli aeroporti da utilizzare sono stati individuati negli scali minori e tale scelta presenta essa stessa svariati benefici. Gli aeroporti secondari infatti impongono tariffe minori alle compagnie aeree, ed essendo aeroporti periferici e poco congestionati si verificano ritardi più contenuti,

mentre

i

tempi

di

turnaround 90 diminuiscono

drasticamente.

Soprattutto grazie ai turnaround più rapidi, il cui tempo è stimato per queste compagnie intorno ai venticinque minuti contro i quarantacinque dei vettori tradizionali, è possibile effettuare giornalmente un maggior numero di voli. Importante è anche il rapporto che si viene a creare tra la compagnia aerea e l’aeroporto, che si configura non più come un semplice luogo di atterraggio e decollo degli aeromobili, o come luogo di imbarco e sbarco dei passeggeri, ma assume tutte le caratteristiche proprie di una vera azienda orientata al profitto. Gli aeroporti minori e periferici, grazie alle compagnie low cost, hanno l’opportunità di aumentare il proprio indotto e migliorare la propria visibilità sia a livello nazionale che internazionale. Alcuni studi condotti dal Boston Consulting Group hanno messo in evidenza le enormi potenzialità degli aeroporti regionali che riescono a stipulare accordi con i vettori low cost 91. Parimenti, la Commissione delle Regioni dell’Unione Europea ha riconosciuto l’utilità dei 88

A. Cento, op. cit., p. 29. P. Morell, Airlines within Airlines: an analysis of US network airline responses to low cost carriers, in Ninth Conference of the Air Transport Research Society, Settembre 2005, p. 304. 90 Il turnaround di un aeromobile consiste nel tempo di sosta a terra necessario per le operazioni di sbarco e imbarco dei passeggeri, rifornimento carburante, pulizie, trasporto del catering a bordo, carico bagagli, merci e posta. 91 Cfr. The Boston Consulting Group, Airports – Dawn of a New Era. Preparing for one of the industry’s biggest shakeups, April 2004. 89

38


collegamenti low cost per l’economia del territorio regionale e l’importanza che per questo motivo e per l’integrazione della Comunità Europea riveste la cooperazione tra compagnie aeree low cost e aeroporti regionali 92. Infine, altra pratica tipica dei vettori low cost consiste nella tecnica dello Yield Management, che destina una certa quota di biglietti ad ogni fascia di prezzo a seconda della domanda. L’obiettivo è la massimizzazione dei profitti che si ottiene applicando tariffe diverse in diversi periodi dell’anno, in diversi giorni settimanali e a seconda dell’orario del volo. L’intento è di allocare la massima capacità operativa per ciascun volo, in modo da ottenere il miglior saldo degli utili. Affinché la strategia dello Yield Management funzioni, sono necessari diversi requisiti. In primo luogo è indispensabile che la compagnia aerea sia in grado di attirare differenti fasce di clienti e di segmentarle a seconda dei prezzi e sotto questo profilo risulta inoltre necessaria un’ottima capacità operativa. In tal modo non vengono lasciati posti invenduti, né clienti a terra in caso di domanda eccessiva (overbooking) 93. Inoltre, come altro fattore fondamentale, è essenziale che il costo di un posto passeggero sia contenuto, così da attirare maggiormente la clientela più sensibile alla leva del prezzo. Il canale di distribuzione è un’altra componente importante della strategia di vettori low cost, che evitano i canali di vendita indiretti come i CRS (Computer Reservation System). Tali sistemi infatti comportano costi elevati, soprattutto per le compagnie che non li posseggono, e pertanto prediligono i canali diretti, facendo quindi largo uso dei call centers, dei distributori automatici di biglietti e, in tempi moderni, di internet. Infine, la maggior parte delle compagnie aeree low cost esternalizza i costi delle attività ancillari, la pratica, chiamata outsourcing, consiste nell’affidare a terzi lo svolgimento delle operazioni complementari al servizio del trasporto aereo come ad esempio le attività di handling. In definitiva, l’avvento del low cost ha cambiato le regole del gioco. Tutti gli attori contribuiscono alla funzionalità del processo, aggiungendo valore al servizio del trasporto aereo. Di fatto, ogni attore coinvolto, dagli stessi dipendenti agli aeroporti, dai clienti al territorio, deve sopportare alcuni 92

Cfr. Committee of the Regions, Own-initiative opinion on Low-cost airlines and territorial development, 17 giugno 2004. 93 A. C. Pellicelli, op. cit., p. 395.

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inconvenienti a fronte del ricavo di maggiori benefici 94. Oggi sono tante le compagnie low cost che crescono ad un ritmo sostenuto grazie alle innovazioni apportate e alla capacità di soddisfare i bisogni di una nuova clientela. In particolare,

le

compagnie

prime

mover

hanno

potuto

avvantaggiarsi

dell’impreparazione della concorrenza, mentre una molteplicità di vettori entrati successivamente non è riuscita ad affermarsi con egual fortuna sul mercato. Infatti, i consumatori sono spesso nuovi passeggeri, clienti potenziali che, in assenza di tariffe convenienti, non avrebbero forse usufruito del mezzo aereo 95. I benefici per i passeggeri si sono evidenziati quindi in una maggiore possibilità di scelta e in un maggior risparmio. L’avvento della nuova strategia operativa ha portato benefici anche al sistema aeroportuale con la nascita degli scali low cost, specializzati nell’accoglienza delle aerolinee a basso costo. Grazie all’utilizzo di aeroporti secondari anche i territori periferici hanno esperito nuovi flussi turistici e conosciuto rinnovati guadagni economici, derivati primariamente dal consistente aumento del traffico aereo e secondariamente dall’apertura di nuove imprese nella zona aeroportuale. In Europa il settore del low cost si è sviluppato in maniera straordinaria. Basti pensare che nel 2009 Ryanair, EasyJet e Airberlin trasportavano da sole centotrentanove milioni di passeggeri 96.

2.3. I prime movers del low cost: analogie e differenze tra Southwest Airlines e Ryanair La Southwest Airlines è stata la prima compagnia low cost di successo nel panorama statunitense dopo la deregulation. Nata nel 1967 con lo scopo di collegare le tre principali città texane Dallas, Houston e San Antonio, la Southwest Airlines offriva un servizio interstatale, di tipo no frills e con collegamenti point-to-point. Il vettore low cost dovette affrontare numerose battaglie legali e fu spesso costretto a combattere duramente per garantire la sua

94

Cfr. F. Rotondo, op. cit., 2008. European Low Fares Airline Association, op. cit., p. 8. 96 Enac, Evoluzione del traffico low cost europeo e nazionale, 18 maggio 2011, p. 13. 95

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stessa sopravvivenza 97. Dopo l’approvazione dell’A.D.A., la Southwest Airlines iniziò a operare con successo anche su altre rotte, estendendo prontamente il suo raggio d’azione al di fuori dei confini texani 98. La sua strategia, nel tempo rivelatasi vincente, si connota per l’uso di un solo tipo di aeromobile, per l’utilizzo di aeroporti secondari che permettono turnaround più veloci (prima dell’introduzione delle nuove misure di sicurezza avveniva in circa quindici minuti), per l’innovazione della prenotazione diretta da parte del cliente e soprattutto per l’importanza attribuita al senso di appartenenza dei dipendenti, alla fiducia fra le parti, alla collaborazione e all’informalità dell’ambiente lavorativo 99. Negli anni la compagnia texana è cresciuta notevolmente diventando la prima compagnia aerea low cost statunitense. La Southwest Airlines si distingue inoltre per la sua puntualità e per le minori lamentele dovute ai bagagli smarriti. Il vettore low cost dal 2005 ha dato vita ad una serie di progetti volti ad aumentare la popolarità e insieme promuovere la propria immagine. Infatti, partecipa a diverse iniziative umanitarie in tutto il mondo 100. L’anno successivo, secondo uno studio dell’Airline Quality Rating, la Southwest Airlines era il quarto vettore americano in termini di guadagni. Nel 2010 la compagnia americana ha fatto registrare un guadagno netto di 459.000.000 di dollari. Oggi la Southwest Airlines è la terza compagnia aerea americana dopo la Delta Airlines e l’American Airlines ed è la più grande compagnia aerea al mondo per quanto riguarda i voli nazionali. La Southwest Airlines rappresenta un esempio per tutte le compagnie low cost, a essa si sono ispirati i vettori europei come Ryanair e easyJet, tuttavia la strategia adottata dall’azienda è unica e differente da qualsiasi altra e perciò difficilmente replicabile. In Europa la prima compagnia aerea che ha fatto proprio il modello low cost è stata la Ryanair. La compagnia venne fondata nel 1985 e nel luglio dello stesso anno venne effettuato il primo volo da Waterford in Irlanda a Gatwick

97

E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 31. http://www.swamedia.com/channels/By-Date/pages/1979-to-1981 (Febbraio 2012). 99 A questo proposito sono interessanti alcune pubblicità utilizzate nelle politiche di recruitment del personale, una delle quali recita: “Welcome on board, this is the flight of your life. Southwest: not just a career, a cause. At Southwest Airlines you have the freedom to be creative, dress casually, and have fun on the job”. 100 http://www.swamedia.com/channels/By-Date/pages/1979-to-1981 (Febbraio 2012). 98

41


nei pressi di Londra. Quando nel 1986 la Ryanair ottenne l’autorizzazione a operare sulla rotta Dublino – Londra, si pose come obiettivo quello di fornire un servizio aereo a basso costo che da un lato fosse in grado di competere con i mezzi economici alternativi come il trasporto marittimo e su rotaia e dall’altro fosse in grado di spezzare il duopolio creato dalla British Airways, vettore di bandiera britannico, e l’Aer Lingus, vettore di bandiera irlandese. I prezzi imposti dalle due compagnie di bandiera erano sensibilmente più elevati rispetto a quelli stabiliti dalla Ryanair, inoltre la frequenza del servizio era insufficiente e non riusciva a soddisfare la domanda del mercato. La Ryanair attraverso una politica di prezzi contenuti e voli frequenti garantiva un servizio che si poneva in diretta concorrenza con i mezzi di trasporto alternativi 101. Nel 1986 la Ryanair arrivò a trasportare 82.000 passeggeri. Il successo ottenuto permise alla giovane aerolinea di ampliare sia la flotta che le rotte servite. Nel 1987 la compagnia lanciò quindici nuove rotte tra l’Irlanda e la Gran Bretagna e nel 1988 acquisì nuovi aerei in wet leasing 102 e introdusse una classe business e un frequent flyer program. Entrambe le iniziative non ottennero il successo sperato tanto da portare alla soppressione della business class e alla chiusura del programma frequent flyer 103. Nel 1990 la Ryanair, pur avendo un fatturato di quaranta milioni di sterline, aveva accumulato un debito pari a venti milioni perciò si delineò all’orizzonte la necessità di una ristrutturazione aziendale. Il 1991 fu uno degli anni più difficili per la compagnia irlandese, infatti a causa della Guerra del Golfo il numero di passeggeri calò drasticamente e la Ryanair si trovò sull’orlo del fallimento. I vertici optarono quindi per una riorganizzazione verso il modello low cost puro, ispirandosi al successo ottenuto oltreoceano dalla Southwest Airlines. Si decise di adottare un servizio di tipo no frills, eliminando i pasti e le bevande gratuite a bordo. Inoltre, venne utilizzato un solo tipo di aeromobile, il Boeing 737, da utilizzare su tratte point-to-point e si scelse di operare dall’aeroporto di Londra Stansted, più periferico e meno congestionato rispetto a quello di Londra Luton. Nel 1995 La Ryanair diventa il 101

F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 253. Nel wet leasing l’equipaggio è messo a disposizione dall’azienda che fornisce gli aeromobili, mentre nel dry leasing l’equipaggio è della compagnia aerea. 103 http://www.ryanair.com/it/about (Febbraio 2012). 102

42


primo vettore sulla rotta Dublino – Londra, scalzando il predominio della British Ariways e della Aer Lingus, grazie ai suoi 2.260.000 passeggeri trasportati. Il successo del vettore Ryanair è dovuto soprattutto all’assimilazione di una strategia puramente low cost che ha permesso ai ricavi aziendali di crescere del 300% annuo 104. Con la completa liberalizzazione delle rotte intereuropee, la Ryanair iniziò ad operare su nuove rotte in tutta la Comunità e nel 2000 aprì il proprio sito internet che diverrà il più grande sito di prenotazioni online in Europa. La compagnia irlandese, oltre ad aver fatto propria la politica della Southwest Airlines, è andata oltre delineando una nuova concezione della strategia low cost. Infatti, la Ryanair ha ridotto al minimo i costi aziendali aggiuntivi, ogni servizio considerato frill diviene fonte di guadagno per la compagnia. Non solo, ogni opportunità è considerata fonte di profitto per il vettore irlandese, basti pensare alla sua partnership con Skynews Weather -che ha permesso alla Ryanair di ottenere una visibilità senza precedenti, entrando nelle case di milioni di Europei- ai biglietti gratta e vinci venduti a bordo e alle lotterie che vengono continuamente bandite. Il sito internet, aperto nel 2000, non si configura più semplicemente come canale di vendita di biglietti aerei, ma ospita e sponsorizza un insieme di servizi, dagli hotel ai car rentals fino ai ristoranti, che contribuiscono ad accrescere enormemente il fatturato della compagnia irlandese. Nel 2005, vent’anni dopo la sua nascita, la Ryanair trasporta 37.769.000 passeggeri 105, gli aeromobili utilizzati sono i più nuovi al mondo, con una media di due anni di vita - in tal modo i costi di manutenzione sono estremamente contenuti e spesso la garanzia copre tutti i costi di manutenzione - la puntualità è uno dei punti di forza della compagnia la cui percentuale di bagagli smarriti è inferiore a quella dei competitors. Inoltre il customer service della Ryanair risulta essere uno dei migliori al mondo. Oggi il vettore irlandese è la più grande compagnia low cost in Europa, trasporta circa 76.000.000 di passeggeri, opera più di 1.400 voli giornalmente, collegando ventisette paesi europei tramite centosessanta destinazioni.

104 105

E. Valdani, J. Jarach, op. cit., p. 159. http://www.ryanair.com/it/about (Febbraio 2012).

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La compagnia aerea europea e quella americana, pur presentando evidentemente delle analogie, mostrano parimenti alcune significative differenze. Uno dei fattori che distingue maggiormente i due vettori attiene al diverso grado di attenzione che viene prestato alla componente umana. La Southwest Airlines tiene in alta considerazione il rapporto dell’azienda con i dipendenti, promuovendo l’immagine di un luogo di lavoro informale caratterizzato dalla fiducia e dall’attaccamento alle sorti dell’azienda. La Ryanair è al contrario un’azienda proiettata verso la massimizzazione del profitto, dove i dipendenti svolgono nel migliore dei modi il ruolo che viene loro assegnato. La compagnia irlandese ha sempre portato avanti una politica di espansione piuttosto aggressiva, come testimonia la sua storia, cercando di espandersi il più possibile e in tempi rapidi. L’espansione della Southwest Airlines è stata decisamente più graduale e controllata rispetto a quella della Ryanair. Inoltre, il vettore irlandese ha sviluppato una propria filosofia del low cost estremamente differente rispetto a quella del vettore statunitense. Infatti, negli ultimi anni i maggiori ricavi della Ryanair derivano da attività addizionali o supplementari a quella del trasporto aereo in senso stretto. Infine, una delle caratteristiche essenziali che differisce nei due modelli è certamente il tipo di contesto nel quale operano. Il mercato americano è infatti più grande e il settore del trasporto aereo è ormai maturo. In Europa il mercato ha minori dimensioni e soprattutto, essendo giunto alla deregolamentazione più tardi, è un settore ancora in forte crescita come dimostrano numerose ricerche effettuate sui paesi europei, Italia compresa 106.

2.4. La risposta dei full service alla strategia low cost La nascita dei vettori low cost e le politiche di prezzo aggressive da queste praticate spinsero i full service carriers ad adottare una serie di contromisure capaci di contrastare l’azione dei vettori a basso costo. In principio le compagnie tradizionali cercarono di evitare il confronto diretto, essendo consapevoli che un 106

Cfr. Commissione IX trasporti, poste e telecomunicazioni, Indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, 2009.

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confronto con i competitors avrebbe potuto determinare delle guerre di prezzo. Decisero pertanto di evitare la diretta concorrenza abbandonando le rotte e i segmenti della popolazione meno redditizi per focalizzarsi specificamente sulle rotte più remunerative e sulla fascia di popolazione maggiormente propensa a spendere qualcosa in più a fronte di un servizio di più elevato livello e di maggior accuratezza 107. Tuttavia questa strategia determinò l’abbandono di un numero significativo di rotte, tratte che cadevano per contro in mano ai competitors, i quali, provvisti di altre e più valide efficienze aziendali, vedevano così espandersi il proprio network e con questo la possibilità di contrastare ancora più efficacemente il predominio dei full service carriers. In questo i competitors non erano neppure obbligati a profondere particolari sforzi o ad attivare politiche commerciali ancora più aggressive, a loro era sufficiente applicare le già collaudate strategie di mercato per rendere tali rotte immediatamente remunerative o almeno capaci di sostenere adeguatamente i costi per il loro stabile mantenimento. In un contesto così delineato la situazione economica delle compagnie tradizionali continuò quindi a peggiorare, in parte perché andavano a ridursi le masse monetarie a disposizione e in parte perché con tale politica di contrazione del network tanti aeromobili restavano o poco utilizzati o addirittura fermi. A questo si aggiunga che per ragioni squisitamente sociali i vettori di bandiera venivano tradizionalmente utilizzati dai governi anche come «ricettacolo occupazionale»108 con conseguenti aggravi di costi che si riverberavano pesantemente nella gestione dei bilanci delle compagnie producendo disarmonie gestionali che sfociavano anche in dissesti finanziari. Per tali ragioni i full service carriers furono costretti a confrontarsi in maniera diretta con i vettori low cost, sviluppando altre e nuove strategie, alcune delle quali si dimostrarono più efficaci di altre.

107 108

E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 39. D. Jarach, op. cit., 2002, p. 11.

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2.4.1. L’inizio delle fare wars e le divisioni low cost dei megacarriers

Una delle prime strategie poste in essere dai vettori tradizionali consisteva nel confrontarsi con i diretti rivali usando l’arma del prezzo. Le compagnie full service non avrebbero potuto sostenere a lungo una tale strategia poiché l’unica soluzione adottata fu la diminuzione delle tariffe praticate, senza modificare le politiche gestionali e la propria filosofia commerciale. Convinti che il successo delle compagnie low cost fosse effimero, spesso i vettori tradizionali sottovalutarono la strategia dei competitors pensando di poter sostenere, almeno nel breve periodo, la medesima politica. Tale giudizio superficiale fu la causa di fallimenti e bancarotte. I full service carriers si resero presto conto che non sarebbe stato possibile sconfiggere i concorrenti con la sola arma del prezzo, ma si rivelava necessaria una ristrutturazione generale che avesse come obiettivo un sensibile abbattimento dei costi e un più deciso orientamento verso la filosofia del low cost. I network carriers decisero quindi di ridurre i propri costi operativi in modo tale da poter offrire tariffe inferiori a quelle praticate antecedentemente e che fossero allo stesso tempo competitive con quelle offerte dai low cost carriers. Si decise a questo modo di creare delle vere e proprie divisioni complementari low cost e la prima compagnia aerea che lanciò tale iniziativa fu la Continental Airlines che nel 1993 inaugurò la Continental Lite. L’iniziativa venne successivamente replicata da altre compagnie: in America la United Airlines fondò la Shuttle, la Delta Airlines fondò la Delta Express e in Europa la British Airways ha dato vita a Go Fly e la KLM a Buzz . Tuttavia, tali iniziative non ottennero il successo sperato: molte divisioni low cost americane furono costrette a ritirarsi dal mercato, mentre quelle europee vennero acquisite rispettivamente dalla easyJet e dalla Ryanair. Recentemente la Delta Airlines nel 2003 e la United Airlines nel 2004 hanno intrapreso nuovamente la strada delle sussidiarie low cost con le compagnie Song della Delta e Ted della United. Tali iniziative tuttavia non hanno riscosso il successo auspicato e hanno spesso conseguito risultati inferiori

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anche ai primi tentativi messi in atto 109. Infatti la Song ha cessato tutte le operazioni nel maggio del 2006 così come la Ted che è stata unificata nuovamente alla United Airlines nel gennaio 2009. Tra i nuovi accorgimenti adottati dai vettori tradizionali per le proprie sussidiarie low cost e ispirati al modello della Southwest Airlines, vi sono il catering a pagamento, l’utilizzo di un solo tipo di aeromobile e il suo maggiore sfruttamento, la riduzione dei salari per i dipendenti e i tagli dei costi operativi. Tuttavia, i salari stabiliti per i piloti e il personale di bordo sono rimasti significativamente più elevati rispetto a quelli determinati dai vettori a basso costo. Inoltre le compagnie low cost adottano una serie di accorgimenti che permettono di ottenere maggiori guadagni, come i tempi brevissimi di turnaround, l’utilizzo di aeroporti secondari, i posti all’interno dell’aeromobile che non vengono assegnati e la quota variabile di stipendio per i dipendenti unitamente alla politica del profitsharing. Tuttavia le compagnie americane, fino a questo momento, non sono riuscite a creare dei veri e propri offshoots, e spesso ciò ha generato confusione nei clienti riguardo la brand image del vettore. In conclusione, l’iniziativa delle sussidiarie low cost non è riuscita nei suoi intenti di generare utili, ridurre significativamente i costi operativi e contrastare l’avanzata delle compagnie a basso costo 110. Tutto questo nonostante l’impegno e la determinazione profusi dai network carriers che non sono riusciti a ottimizzare i propri costi operativi, mancando quindi di contrastare efficacemente l’avanzata dei competitors e mancando allo stesso modo di colmare il gap tra legacy carriers e low cost carriers.

2.4.2. La creazione del sistema hub & spokes

Una delle strategie più importanti, che avrebbe rivoluzionato parzialmente il settore del trasporto aereo, fu la decisione da parte dei full service carriers di intensificare e coordinare al meglio la propria struttura di rotte tramite la creazione del sistema hub & spokes. Tale struttura della rete si configura come la 109 110

P. Morell, op. cit., p. 309. Ivi, p. 324.

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principale contromisura adottata dalle compagnie full service. Come visto precedentemente, il sistema hub & spokes è costituito da uno scalo principale, l’hub, nel quale convergono tutti i voli dagli scali periferici, gli spokes. Il traffico viene diretto sull’hub che diviene un centro di smistamento dove passeggeri e merci

provenienti

successivamente,

dai

diversi

attraverso

un

spokes altro

fanno

volo,

la

scalo propria

per meta

raggiungere 111

.

Questa

configurazione della rete permette lo sfruttamento delle economie di scopo 112 e delle economie di densità 113. Il sistema hub & spokes consente inoltre un aumento dei load factors, una maggiore frequenza dei voli e l’apertura di un numero sempre maggiore di rotte. La nuova strategia permette altresì la creazione di specifici monopoli all’interno dell’hub, consentendo da una parte lo sfruttamento efficiente delle economie di densità 114, e dall’altra la creazione di un’efficace barriera all’entrata. Infatti, un aeroporto hub deve essere in grado di smistare un’ingente quantità di traffico nello stesso momento, favorendo quindi tutte le coincidenze tra i voli in arrivo e in partenza dall’hub stesso, operazioni che dovrebbero pertanto svolgersi in tempi molto stretti, anche se questo, di fatto, viene severamente limitato da un insufficiente numero di piste e di personale a disposizione. Le carenze infrastrutturali e umane portano inevitabilmente al sovrapporsi delle operazioni di volo e a conseguenti ritardi nelle partenze, la qual cosa aumenta con la continua apertura di nuove rotte, in un contesto di sovraffollamento che infine condurrà l’aeroporto alla completa saturazione 115. Per contro tuttavia la saturazione dell’aeroporto agisce come barriera all’entrata dei competitiors che vedono così restringersi le proprie possibilità di accesso verso l’acquisizione dei diritti nell’hub. Un’ultima considerazione attiene agli svantaggi che i consumatori spesso devono sopportare. Se da un lato il sistema hub & spokes permette lo sfruttamento di economie di scopo e di densità, i cui beneficiari maggiori sono i 111

A.C. Pellicelli, op. cit., p. 655. Le economie di scopo consistono nei risparmi ottenuti tramite la produzione congiunta di beni o servizi o tramite il perseguimento di obiettivi diversi attraverso gli stessi fattori produttivi. Cfr. S. Holloway, Straight and level. Practical Airline Economies, Aldershot, Ashgate, 2008 [1997]. 113 Le economie di densità sono legate alla riduzione del costo per il trasporto di un singolo passeggero a fronte di un aumento del traffico. Cfr. E. Valdani, D. Jarach, op. cit. 114 F. McGowan, P. Seabright, op. cit., pp. 327, 328. 115 F. Padoa Schioppa Kostoris, op. cit., pp. 52, 53. 112

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vettori, dall’altro i passeggeri devono sostenere la maggior parte dei disagi, legati soprattutto all’obbligo di doversi servire di più voli e, conseguentemente, impiegare più tempo per poter arrivare a destinazione. Questo disagio, già di per sé alquanto penalizzante, si somma inoltre alla più concreta possibilità di vedere smarriti i propri bagagli 116. Infine, i ritardi dovuti alla saturazione degli hubs sono notevolmente aumentati con l’introduzione delle nuove misure di sicurezza successive all’attacco dell’undici settembre che ha determinato nuovi e ulteriori disagi per i passeggeri 117.

2.4.3. I vantaggi determinati dai computer reservation systems

Negli anni ’60 le grandi compagnie aeree americane iniziarono a realizzare dei sistemi di prenotazione computerizzata, che inizialmente vennero ideati al fine di coordinare le attività dei vettori e gestire le prenotazioni più rapidamente e a costi più contenuti. Successivamente, compreso l’enorme potenziale, i CRS vennero implementati anche per le agenzie di viaggio che attraverso l’accesso ad un terminale potevano collegarsi con le banche dati delle aerolinee. Attraverso il canale CRS non solo era quindi possibile prenotare il viaggio aereo, ma anche accedere a tutta una serie di altri servizi complementari come hotel, car rentals e ristoranti. Dopo la deregolamentazione i maggiori CRS in America erano il sistema SABRE controllato dall’American Airlines e il sistema Apollo della United Airlines, mentre in Europa i principali sistemi erano Galileo e Amadeus e tali sono rimasti tutt’oggi. Con l’aumento del traffico e della competizione divenne necessario anche per le compagnie minori dotarsi dei CRS, i cui costi di sviluppo erano però difficilmente sostenibili, senza contare che le tariffe imposte dai gestori erano spesso molto elevate tanto da annullare in molti casi il vantaggio conseguito dai vettori che decidevano di servirsi di questi sistemi 118. I principali gestori di CRS, in un contesto di sempre più agguerrita concorrenza, cercarono allora di vendere il proprio prodotto a quante più agenzie di viaggio possibili, in modo da 116

F. McGowan, P. Seabright, op. cit., pp. 326, 327. P. Morell, op. cit., p. 304. 118 A.C. Pellicelli, op. cit., p. 140. 117

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aumentare la propria visibilità e recuperare parte dei costi legati allo sviluppo dei sistemi informatizzati. In quest’ottica le elevate tariffe stabilite dai gestori alle aerolinee competitors divenivano fonte di ingenti ricavi, avvantaggiando ulteriormente le majors a discapito delle piccole compagnie. Inoltre i gestori favorirono i propri vettori attraverso la tattica dello screen bias, che consisteva nel far apparire quest’ultimi ai primi posti della schermata telematica 119. Infatti, circa il 70 – 90% delle prenotazioni tramite CRS vengono tutt’ora effettuate sulla base dei risultati presenti nella prima pagina 120. In tal modo le aerolinee minori vennero ulteriormente penalizzate e i gestori dei CRS conquistarono maggiori vantaggi competitivi. Infine vennero adottate tattiche di distorsione e manipolazione dei dati, in modo tale da indurre le piccole compagnie a effettuare scelte strategiche errate. Tale scorretto comportamento, altamente distorsivo della libera concorrenza, venne poi limitato dalle norme emanate nel 1984 dal CAB, i cui dettami furono però insufficienti a disciplinare il settore dei CRS che, a tutti gli effetti, si stava configurando come un oligopolio a sé, difficilmente assoggettabile a una valida regolamentazione . Ulteriori norme, volte a prevenire gli screen bias, vennero approvate nel 1992 dal Department of Transportation (DoT). Nel contesto europeo la normativa venne introdotta dall’ECAC a partire dal 1989. Già a partire dai primi anni ’90 i CRS iniziarono a conoscere una crisi nel loro utilizzo dovuta sia ai costi eccessivi e non più sostenibili per le aerolinee, sia all’introduzione di una normativa efficace che preveniva indebite posizioni di vantaggio. Un’altra importante svolta relativa all’uso dei CRS riguarda l’implementazione delle nuove tecnologie, in particolare internet, che hanno permesso ai vettori di raggiungere direttamente il cliente e di essere direttamente contattati da quest’ultimo 121. Nello specifico, internet permette alle compagnie aeree tramite i propri siti la massima visibilità a costi altamente contenuti.

119

Cfr. E. Valdani, D. Jarach, op. cit. F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 311. 121 Ivi, p. 312. 120

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2.4.4. La fidelizzazione del cliente: i frequent flyer programs

Con l’avvento della deregulation e il drastico aumento della concorrenza, si fece sempre più pressante l’esigenza di una maggiore fidelizzazione del cliente. Molte compagnie decisero di dare il via a dei programmi diretti a creare e accrescere la brand loyalty, che fossero al contempo capaci di generare degli utili e potessero innalzare delle barriere all’entrata. Tali iniziative prendono il nome di frequent flyer programs e consistono essenzialmente nell’attribuzione di punti bonus per ogni miglio percorso volando con la compagnia aerea. Al raggiungimento di una determinata soglia di punti è possibile ricevere biglietti omaggio per tutte le destinazioni su cui opera l’aerolinea. Dati i bassi coefficienti di riempimento, l’intenzione delle compagnie era quella di offrire i posti invenduti ai clienti più fedeli. L’iniziativa era ed è tutt’ora rivolta principalmente ai clienti business i quali, per motivi di lavoro, si spostano più frequentemente. Per definizione i frequent flyer sono i passeggeri che prendono l’aereo almeno dodici volte all’anno. Negli anni ’80 i frequent flyer costituivano solo il 3% passeggeri, ma anche il 27% delle entrate 122. I programmi frequent flyer costituiscono delle barriere all’entrata per diversi motivi. Da un lato sono necessarie grandi quantità di denaro per sviluppare e gestire un programma di fidelizzazione, si calcola in media tra i due e i dodici milioni di dollari 123, dall’altra i passeggeri tenderanno a preferire i frequent flyer programs delle major in quanto offrono un più ampio ventaglio di mete tra le quali scegliere. Inizialmente l’avvio dei programmi frequent flyer è stata un successo, tanto da spingere tutte le compagnie aeree a dotarsi di un programma simile, tuttavia non mancano le conseguenze negative. La prima considerazione attiene al vantaggio ottenuto tramite i programmi frequent flyer, vantaggio iniziale conseguito soprattutto dai prime movers e venuto meno nel momento in cui tutte le compagnie si sono dotate dei propri programmi di fidelizzazione. Inoltre, i frequent flyer programs sono iniziative costose che nel tempo hanno peggiorato la situazione finanziaria delle compagnie aeree. Infatti, sempre più clienti si 122 123

E. Valdani, D. Jarach, op. cit., p. 77. Ivi, p. 80.

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avvalgono di tali programmi perciò spesso viene imbarcato un numero eccessivo di passeggeri frequent flyer con il risultato di ridurre i ricavi provenienti dai passeggeri comuni. Al fine di arginare tale problema le compagnie aeree hanno creato delle blackout dates e delle expiry dates, con le prime si impediva l’utilizzo dei biglietti omaggio durante l’alta stagione, con le seconde si abbreviava il periodo di validità di tali biglietti. Nonostante ciò, le perdite economiche per le compagnie sono ingenti, mentre i guadagni sono oramai virtualmente nulli. Per tale ragione c’è stato un ripensamento sulla reale efficacia dei frequent flyer programs, sebbene oggi nessun vettore abbia reali possibilità di sopprimerli autonomamente a meno che tale misura non sia contestuale anche per le altre compagnie.

2.4.5. La politica delle fusioni e delle acquisizioni

Una delle tattiche adottate successivamente dalle majors puntava alla fusione o all’acquisizione dei vettori più deboli. Obiettivi principali di tale strategia erano lo sviluppo, l’espansione del network di rotte, l’acquisizione degli slot della compagnia aerea incorporata e il consolidamento del proprio monopolio su uno specifico aeroporto 124. Inizialmente le fusioni e le acquisizioni sono state un fenomeno limitato ai propri confini geografici, come testimoniano le numerose fusioni e acquisizioni avvenute in America, dove alla fine degli anni ’80 le poche compagnie sopravvissute dominavano un elevato numero di hubs. Le mergers and acquisitions venivano supervisionate e approvate dal Department of Transportation (DoT), che fu sempre incline a concedere la necessaria autorizzazione. La situazione in America cambiò alla fine degli anni ’80, quando i poteri del DoT in materia di fusioni e acquisizioni vennero assunti dal Department of Justice 125. Negli anni ’90, iniziò una politica di espansione che mirava a oltrepassare i confini dei singoli stati, l’obiettivo principale era l’espansione del proprio network. In Europa il numero di fusioni e acquisizioni, benché 124 125

F. McGowan, P. Seabright, op. cit., p. 291. Ivi, p. 293.

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consistente, è stato inferiore a quello statunitense. Questa diversa caratteristica in parte potrebbe ascriversi al ritardo con cui in Europa si è pervenuti a una definitiva liberalizzazione del settore e in parte ad un mercato sostanzialmente più ristretto rispetto a quello americano. In questo senso la più grande società in Europa è la SAS (Scandinavian Airlines System), compagnia di bandiera della Danimarca, Norvegia, e Svezia, fondata nel 1946. La compagnia oltre ad aver acquisito, a partire dalla metà degli anni ’90, diversi vettori scandinavi è uno dei membri fondatori della Star Alliance, alleanza di aerolinee nata nel maggio del 1997. 126. La Star Alliance, la cui istituzione rientra nel quadro degli accordi strategici mondiali di cui fanno parte la maggioranza delle grandi società di trasporto aereo, è «la più grande alleanza di vettori aerei al mondo»127.

2.4.6. Le alleanze strategiche

Le alleanze strategiche si presentano sostanzialmente come accordi tra due o più vettori che mantengono la propria identità e condividono benefici e profitti derivanti da tali alleanze. Gli obiettivi di questa tipologia di accordi consistono principalmente in un maggiore coordinamento delle compagnie con conseguenti risparmi gestionali, con l’ottimizzazione del servizio e l’espansione dei vettori in nuovi mercati. Le alleanze strategiche formatesi possono suddividersi in due tipologie: alleanze strategiche con partecipazione azionaria e alleanze strategiche senza partecipazione azionaria 128. Gli accordi con partecipazione azionaria sono essenzialmente di due tipi: la joint venture e le più diffuse partecipazioni di minoranza. Le joint venture sono alleanze nelle quali il potere decisionale e i rischi vengono equamente suddivisi tra le parti. La joint venture di tipo equity definisce una nuova compagnia aerea, un diverso soggetto giuridico che sarà quindi indipendente dalle parti fondatrici. La joint venture di tipo non equity è un accordo tra le compagnie aeree per la gestione comune di alcune attività.

126

http://www.sasgroup.net/SASGroup/default.asp (Marzo 2012). http://www.staralliance.com/it/ (Marzo 2012). 128 A. C. Pellicelli, op, cit., p. 846. 127

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Le partecipazioni di minoranza sono più diffuse e consistono nella partecipazione di capitale in un’aerolinea straniera. L’obiettivo principale di questo tipo di accordo consiste nell’intensificare la propria presenza nell’hub del vettore partner 129. Tale tipo di accordo comporta numerosi rischi dal punto di vista finanziario, come dimostra l’accordo tra Swissair e Sabena, dove il fallimento di quest’ultima fu la diretta conseguenza della bancarotta di Swissair che deteneva il 49,5% del capitale di Sabena. Una delle recenti partecipazioni di capitale vede coinvolta la compagnia aerea italiana Alitalia. Infatti, nel gennaio del 2009 la compagnia AirFrance-KLM ha acquisito il 25% del capitale di Alitalia. L’intento di AirFrance-KLM è la creazione di un sistema multi-hub europeo costituito dall’asse Amsterdam – Parigi – Milano 130. Le due principali tipologie di accordo senza partecipazione azionaria sono il franchising e il codesharing. Con il franchising è possibile dar vita ad una collaborazione tra un vettore principale (franchisor) che mette a disposizione del carrier minore (franchisee) le proprie conoscenze e metodi gestionali. Attualmente tale pratica è piuttosto inconsueta. Largamente utilizzato è invece l’accordo codesharing attraverso cui un vettore commercializza i voli della compagnia affiliata come se fossero i propri. La pratica viene chiamata codesharing poiché i vettori applicano il proprio codice sulla tratta aerea, che è in realtà composta da due voli: il primo operato dal vettore precisato sul biglietto e il secondo dall’aerolinea affiliata che conduce i passeggeri alla destinazione finale. Le alleanze di questo tipo sono frequenti, ricordiamo la già citata Star Alliance con ventisette vettori membri in tutto il mondo, Oneworld che annovera venti compagnie aeree affiliate e Skyteam con quindici membri fra cui anche l’Alitalia a seguito dell’acquisizione di una quota di minoranza da parte di AirFrance-KLM 131. L’alleanza strategica Wings è stata sciolta nel 2004 a causa di alcuni conflitti interni tra i vettori membri, ciò conferma la durata generalmente medio - breve di tali alleanze. Nonostante l’ampio ventaglio di soluzioni e iniziative adottate, le majors americane ed europee non sono riuscite a porre freno al successo e all’avanzata 129

Ivi, p. 850. http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2009/01/alitalia-colaninnosinergie-air-france.shtml?uuid=fe43bebc-e0c8-11dd-920d-efa358f1ae05&DocRulesView=Libero (Marzo 2012). 131 Ibidem. 130

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delle compagnie low cost. Il precario equilibrio che si è venuto a creare ha condotto sia low cost carriers sia i legacy carriers a un ripensamento delle proprie strategie.

2.5. La convergenza dei modelli strategici La liberalizzazione del mercato e la conseguente possibilità di una maggiore concorrenza hanno originato una riconfigurazione strategica da parte dei vettori low cost. Tuttavia oggi gli effetti positivi di tale riconfigurazione, di cui hanno beneficiato le compagnie a basso costo, sembrano essersi esauriti. Il modello low cost ha colto impreparato il settore del trasporto aereo e grazie all’incapacità di un’adeguata e immediata risposta da parte dei legacy carriers ha conseguito per lungo tempo un notevole vantaggio competitivo. Con la successiva stabilizzazione del mercato i vettori tradizionali hanno dato vita a molteplici strategie per arginare l’espansione delle compagnie low cost e colmare il gap esistente. Alcune di queste strategie si sono dimostrante vincenti, altre sono state abbandonate o non generano più i vantaggi iniziali. Nell’ultimo decennio sono andate profilandosi una serie di problematiche che accomunano i diversi modelli strategici adottati dall’uno e dall’altro fronte, volti ciascuno a trovare delle soluzioni adeguate che permettano loro di sopravvivere nell’agone competitivo che è andato gradualmente intensificandosi. Uno dei nodi principali, che dovranno essere sciolti quanto prima, attiene al finanziamento delle nuove misure di sicurezza successive all’attacco dell’undici settembre. Tali misure, come già accennato precedentemente, sono finanziate in massima parte dagli aeroporti e dalle aerolinee che si fanno carico dei nuovi oneri per non gravare ulteriormente sui passeggeri e scoraggiando così la propensione a viaggiare in aereo. Tali oneri costituiscono una voce ingente dei costi gestionali sostenuti da compagnie e aeroporti. In questo senso si auspica un intervento statale volto a finanziare almeno una parte dei costi. Altro problema importante, che vede accomunati i due modelli strategici, è la crisi mondiale che il sistema economico sta recentemente attraversando. Infatti

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le recessioni economiche determinano sempre una forte contrazione nella domanda di trasporto aereo. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalla tipica ripresa che connota il trasporto aereo, che risulta di fatto sempre più lenta rispetto a quella che si verifica in altri settori industriali. Si stima che successivamente alla fine della crisi economica, il settore del trasporto aereo impieghi da dodici a diciotto mesi per riprendersi 132. Strettamente legata alla crisi economica è la questione del costo del petrolio. Oggi la quotazione del greggio è di 106.75 dollari al barile 133 e l’elevato costo del carburante è una variabile che incide pesantemente e in maniera negativa sulla gestione economica delle compagnie aeree. Ulteriore questione è la concentrazione dell’offerta nelle mani di poche compagnie. Questa è una caratteristica propria del mercato del trasporto aereo, peculiarità che implica una diminuzione dei vettori operanti e una maggiore concentrazione dell’offerta nelle mani di poche compagnie aeree. Con la deregolamentazione la competitività è aumentata e ha determinato un calo costante delle tariffe praticate dai vettori che, soprattutto nella fase iniziale della deregulation, si sono affrontati sulla leva del prezzo iniziando le sanguinose fare wars che caratterizzarono l’inizio della liberalizzazione. A causa del continuo aumento dei costi, dell’attuale crisi economica e non ultimo dell’elevato costo del carburante, tale politica che punta al ribasso dei prezzi è difficilmente praticabile e si renderà necessario un fisiologico aumento delle tariffe. Altra situazione preoccupante è la progressiva saturazione degli aeroporti. Questo problema non è di facile soluzione nel breve periodo in quanto comporterebbe dei considerevoli investimenti per ampliare notevolmente le strutture aeroportuali. La questione è problematica soprattutto in Europa, dove spesso le strutture aeroportuali sono nate senza una programmazione adeguata che tenesse in debito conto le necessità di espansione degli aeroscali. Negli Stati Uniti questo tipo di problema praticamente quasi non esiste, disponendo questi di ampi spazi per ampliare i propri sedimi aeroportuali. Differente è invece la situazione europea dove, soprattutto per quanto riguarda i city airport, esistono forti limitazioni, dovute in massima parte alle 132 133

A. C. Pellicelli, op. cit., p. 12. http://www.borsainside.com/servizi/quotazione_petrolio.shtm (Marzo 2012).

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restrizioni ambientali. I maggiori problemi attengono all’insufficienza delle piste aeree, all’inquinamento ambientale, all’insufficienza di slot e alla carenza di infrastrutture adeguate. Nello specifico, l’esigenza maggiormente sentita concerne l’ampliamento delle piste. Questa necessità è specifica di diversi aeroporti europei tra cui Atene, Barcellona, Francoforte, Amburgo, tutti gli aeroporti londinesi ad eccezione di Stansted, Madrid, Manchester, Monaco e Vienna. Il secondo problema maggiormente pressante riguarda l’inquinamento e i vincoli ambientali. In tal senso gli aeroporti europei che maggiormente ne risentono sono Amsterdam, Dusseldorf, Milano Malpensa, Oslo e Parigi Orly. Un’ulteriore questione, meno pressante, ma che necessita pur sempre di una soluzione, è relativa all’insufficienza degli slot, fattore questo che colpisce in massima parte gli aeroporti di Bruxelles, Nizza, Parigi Charles de Gaulle e Zurigo. Infine l’ultimo problema, che riguarda solo una minoranza di aeroporti ma che rappresenta una gravissima limitazione, è costituito propriamente dalla carenza delle infrastrutture aeroportuali. Il problema si è presentato ben evidente per gli aeroporti di Berlino Tegel, Lisbona e Roma Fiumicino 134. Tali particolari difficoltà investono in eguale misura le strategie concorrenziali dei low cost e dei legacy e vedono come diretta conseguenza un avvicinamento dei due modelli nonché il venir meno dei confini precisi tra le due filosofie principali. Taneja et al. hanno preconizzato la convergenza dei modelli strategici,

dovuta

soprattutto

alla

crescente

inadeguatezza

del

modello

tradizionale di fronte alle nuove sfide poste dal settore del trasporto aereo 135. Come già analizzato nei paragrafi precedenti, i legacy carriers hanno spesso tentato di adottare strategie simili a quelle dei vettori low cost, purtroppo con risultati non sempre soddisfacenti, a causa di un’incapacità nel far proprio lo spirito del modello a basso costo. Nonostante ciò, ultimamente si assiste a comportamenti più marcatamente low cost da parte dei vettori tradizionali. Importante è a tal proposito l’iniziativa di alcune compagnie di introdurre un servizio semplice e lineare nelle rotte a corto e medio raggio, servizio che risulta perciò privo di alcune prestazioni tipiche dei full service carriers come il catering gratuito o la presenza di una prima classe. Inoltre alcune compagnie 134 135

Association of European Airlines, 2002, p. 30. Cfr. N. K. Taneja, Simpli-Flying: Optimizing the Airline Business Model, Aldershot, Ashgate, 2004.

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aeree hanno optato per un canale di vendita diretto che, grazie al sito internet, oltre a offrire una maggiore visibilità permette di risparmiare notevolmente su alcune voci di costo. Un altro strumento che è stato recentemente adottato dai vettori full service è lo yield management che, come precedentemente esposto, permette di riservare ad ogni fascia di clienti un determinato numero di posti in base al periodo dell’anno, ai giorni della settimana e all’orario del volo. Infine, alcuni vettori tradizionali hanno introdotto per i propri dipendenti la quota variabile dello stipendio. Con la quota variabile una parte dello stipendio dei dipendenti è legata ai maggiori o minori profitti della compagnia 136. Anche sull’altro fronte si è assistito ad un cambiamento nelle strategie di alcuni low cost carriers, con particolari vettori che hanno iniziato ad adottare delle politiche commerciali tipiche e caratteristiche dei vettori tradizionali. In quest’ottica è possibile evidenziare la scelta di diverse compagnie di operare su alcuni scali principali, anche con rotte di tipo hub & spokes e strettamente connessa a tale iniziativa è il tentativo di servire rotte a lungo raggio, sebbene sia una scelta rischiosa e di non facile attuazione. Nel contesto di questa strategia di adeguamento si colloca la scelta di stipulare delle alleanze in codesharing con altre compagnie aeree 137, risoluzione che avvicina così il modello low cost a quello tradizionale. Tali cambiamenti sono stati introdotti soprattutto dalla Southwest, compagnia pioniera del low cost e ora capofila della convergenza strategica. Importante è anche l’accresciuta attenzione verso il segmento business, disposto sempre più a viaggiare con compagnie che offrono voli no frill, in cambio però di un servizio puntuale, caratteristica propria e peculiare del trasporto low cost. Le compagnie a basso costo stanno perciò operando alcuni cambiamenti in virtù del maggiore interesse dimostrato dal segmento business. Un altro segnale importante proviene dalla volontà di alcune compagnie di entrare nei circuiti dei CRS, novità importantissima e legata all’interesse manifestato per la fascia business. Infine, come suffraga uno studio della KPMG per l’ENAC 138, sempre 136

F. Rotondo, op. cit., 2008, p. 295. http://www.swamedia.com/channels/By-Date/pages/2005-to-2007 (Marzo 2012). 138 Enac, op.cit., p. 18. 137

58


piĂš compagnie optano per un low cost ibrido, ovvero un modello low cost che fornisce dei servizi che per alcuni aspetti hanno forti analogie con quelli offerti dal modello tradizionale. Gli esempi di maggior rilievo in Europa sono costituiti certamente dalla easyJet e dalla German Wings. Entrambe le compagnie mostrano un forte interesse per la classe business e non si concentrano esclusivamente sul segmento leisure. Entrambi i vettori utilizzano sia aeroporti secondari sia principali, a differenza della Ryanair che, utilizzando quasi esclusivamente i primi, ha sviluppato un modello low cost puro. Infine, la German Wings ha avviato un proprio frequent flyer program, soluzione giĂ adottata tempo addietro dalla Southwest. Ciononostante, le due compagnie ibride mantengono delle caratteristiche peculiari del modello a basso costo quale il catering a pagamento e i posti non assegnati. In conclusione, le sfide del nuovo millennio impongono a tutti i vettori un ripensamento su alcuni aspetti della propria strategia. La necessitĂ di un cambiamento ha condotto ad una convergenza sempre maggiore dei due modelli che integrano nella propria filosofia alcune caratteristiche della strategia avversaria.

59


3. Il sistema aeroportuale italiano 3.1. La storia del trasporto aereo in Italia

3.1.1. La situazione pre-deregulation

Antecedentemente alla deregulation il trasporto aereo in Italia, come nel resto d’Europa, si caratterizzava per l’esistenza di un sistema altamente protezionistico. La Conferenza di Parigi del 1919 affermò ancora una volta la sovranità dei singoli Stati sul proprio territorio e decretò, per quanto riguarda il trasporto aereo internazionale, la facoltà di ogni Paese di stipulare accordi bilaterali con altri Stati, tramite i quali sarebbe stato possibile trasportare passeggeri

verso

destinazioni

straniere.

Inoltre,

diede

vita

ai

regimi

protezionistici in tutta Europa e portò alla nascita di vere e proprie compagnie di bandiera, le quali per una molteplicità di ragioni, venivano strettamente controllate dagli Stati di appartenenza. Infatti, come già accennato, il settore del trasporto aereo era ritenuto strategico, soprattutto in virtù del suo stretto legame con l’aeronautica militare. Questa considerazione risulta ancor più vera per quanto riguarda l’Italia, i cui aeroporti in principio si configuravano essenzialmente come scali militari. In Italia lo Stato deteneva il controllo dell'unica compagnia di bandiera, l’Alitalia

Linee

Aeree

Italiane 139,

così

come

degli

aeroporti,

che

rappresentavano semplici approdi per il decollo e l’atterraggio degli aeromobili. Il vettore di bandiera manteneva saldamente il monopolio delle rotte principali 140,

139

Nel 1957 lo Stato decide per la fusione delle due principali compagnie italiane: Alitalia e LAI (Linee Aeree Italiane), dando vita alla compagnia di bandiera Alitalia – Linee Aeree Italiane. 140 Prima dell’inizio della deregolamentazione oltre all’Alitalia erano presenti alcune compagnie aeree italiane che operavano sulle rotte nazionali. Ricordiamo in particolare la SAM (Società Aerea Mediterranea) fondata nel 1928, la società fu assorbita in un primo momento da Ala Littoria e

60


operate tramite il sistema point-to-point, che collegava tra loro diverse destinazioni senza alcuna considerazione di natura economica. Infatti lo Stato, che possedeva e gestiva l’aerolinea di bandiera, se da una parte riteneva il trasporto aereo un settore strategico di grande rilevanza, dall’altra lo reputava anche un servizio pubblico, il cui compito era quello di collegare tra loro i diversi territori italiani, compresi quelli più remoti. Per quanto riguarda le rotte internazionali, l’Alitalia non operava in regime di monopolio, ma concorreva con le compagnie dei differenti Stati, creando così delle rotte duopolistiche, sulle quali erano ammesse a esercitare esclusivamente i vettori di bandiera. Per quanto riguarda gli aeroporti, le strutture operative presenti sul suolo italiano erano circa novanta prima della deregolamentazione, la maggior parte delle quali erano gestite dall’Aeronautica militare. Infatti, la storia degli aeroporti italiani si caratterizza sin dall’inizio per l’esistenza di numerosi campi di fortuna e di volo, molti dei quali vennero riconvertiti in strutture di tipo militare nei primi cinquant’anni del secolo scorso e nello specifico durante le due guerre mondiali. È da rilevare in questo senso il congruo numero di scali sorti tra il 1910 e il 1950, alcuni dei quali nati anche a seguito di bombardamenti aerei. Inoltre tra le due guerre e più precisamente nel 1923, con l’istituzione della Regia Aeronautica quale forza armata indipendente, l’Aeronautica Militare iniziò una massiccia opera di riconfigurazione e ristrutturazione degli scali aeroportuali italiani. Precedentemente alla deregulation circa due terzi degli aeroporti esistenti erano di tipo militare, i restanti si dividevano tra scali sia civili che militari e scali unicamente civili 141. Alcuni degli aeroporti militari operativi nella prima metà del secolo scorso furono poi completamente abbandonati sul finire dell’ultimo conflitto mondiale e solo recentemente si è manifestata la volontà di ristrutturare tali basi aeree al fine di aprirle al traffico merci e civile 142. Per quanto riguarda invece gli scali civili, questi iniziarono a svilupparsi soprattutto

successivamente da Alitalia per poi cessare totalmente la propria attività nel 1990; l’Ala Littoria, la prima compagnia aerea di linea italiana di proprietà dello Stato, fondata nel 1934 e fallita nel 1941; ricordiamo l’Itavia, fondata nel 1958 e ricordata soprattutto per i tragici eventi della strage di Ustica che portarono la compagnia al fallimento; infine la Panair, piccola compagnia aerea fondata nel 1979 e operativa fino al 2004. 141 http://www.assaeroporti.it/ e http://www.enac.gov.it/Home/ (Marzo 2012). 142 Questo è, ad esempio, il caso dell’Aeroporto Fenosu di Oristano. Cfr. Cap. 6.

61


durante il dopoguerra, non solo per merito delle riconversioni operate sugli aeroporti militari, ma anche grazie alla creazione di nuove strutture su tutto il territorio italiano. La deregolamentazione, iniziata nel 1987, ha cambiato il volto del trasporto aereo europeo e quindi anche italiano, introducendo numerosi cambiamenti non solo per le compagnie aeree ma anche per gli aeroporti che oggi non si configurano più come semplici avio superfici sulle quali è possibile decollare e atterrare, ma costituiscono delle vere e proprie imprese di business.

3.1.2. La deregulation e le conseguenze della liberalizzazione Come precedentemente illustrato, la deregulation in Europa avvenne tramite l’emanazione di tre pacchetti normativi che furono implementati durante un periodo di circa dieci anni, ovvero dal 1987 al 1997. Ogni pacchetto conteneva al suo interno dei regolamenti che trovano diretta applicazione all’interno degli Stati membri senza alcuna necessità da parte di questi ultimi di emanare atti legislativi nazionali al fine di recepire le norme comunitarie. Grazie ai regolamenti fu liberalizzato il settore del trasporto aereo, permettendo la nascita di un regime di libera concorrenza che comportò per gli Stati membri diverse e notevoli ricadute di tipo economico e strategico. L’Unione Europea dispose che tale nuovo regime concorrenziale fosse controllato e vigilato da organismi nazionali autonomi che furono quindi istituiti da ciascuno Stato. In Italia, l’organismo adibito a tali funzioni è l’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) che, istituito nel luglio del 1997 tramite D. Lgs. n. 250/97, regola, certifica, controlla e vigila il settore del trasporto aereo in Italia 143. Durante il processo di deregolamentazione lo Stato italiano approvò inoltre nuove e importanti disposizioni in materia di gestione aeroportuale, permettendo così l’ingresso anche di capitali privati. Nello specifico la normativa italiana attraverso la legge n. 537/93, articolo 10, comma 13, prevedeva l’istituzione entro il 1994 di «apposite società di capitali per la gestione dei 143

I poteri dell’Enac sono stati ampliati progressivamente come dimostra, ad esempio il D. M. 21 luglio 2009 (nel rispetto del Regolamento (CE) n. 300/2008) che designa l’Enac quale autorità responsabile del coordinamento e del monitoraggio dell’attuazione delle norme fondamentali comuni in tema di sicurezza dell’aviazione civile.

62


servizi e per la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti gestiti anche in parte dallo Stato»144. Fu inoltre stabilito che anche le regioni e gli enti locali interessati potessero partecipare alle società di capitali. La legge n. 537/93 venne adottata e integrata dal decreto legge n. 251/95 che facilitò il passaggio da una gestione diretta degli aeroporti da parte dello Stato a una di tipo privato, istituendo le suddette società e abrogando in ultima analisi la normativa che fino a quel momento prevedeva una partecipazione di tipo maggioritario da parte dello Stato e degli enti pubblici nel capitale delle società di gestione 145. Inoltre nel 1996, al fine di liberalizzare i servizi aeroportuali, la Comunità Europea dispose attraverso la direttiva 96/67/CE che negli aeroporti il cui traffico fosse superiore o pari a due milioni di passeggeri, o 50.000 tonnellate per quanto riguarda le merci, dovessero essere presenti almeno due società di handling, una delle quali

necessariamente indipendente

sia

dalla

società

di

gestione

dell’aeroporto, sia dal vettore principale dello scalo. In Italia la direttiva fu recepita tramite il D. Lgs. n. 18/99 che stabilì i requisiti d’accesso per la prestazione dei servizi a terra, prevedendo dal 2001che almeno uno dei prestatori di servizi fosse totalmente indipendente sia dall’ente di gestione che dai vettori che nell’anno precedente avevano trasportato più del 25% dei passeggeri o delle merci registrate nell’aeroporto 146. La suddetta norma venne successivamente integrata nel Codice della Navigazione tramite gli articoli 705 e 706. La direttiva europea del 1996 è stata quindi recepita nell’ordinamento italiano con tre anni di ritardo e ciò testimonia la difficoltà riscontrate in Italia nel separare nettamente la gestione dall’esercizio dei servizi 147. Il duplice obiettivo della norma consisteva nel privatizzare le società di gestione da una parte, e liberalizzare i servizi aeroportuali dall’altra.

144

Cfr. L. 24 Dicembre 1993 n. 537, art. 10, comma 13, Interventi correttivi di finanza pubblica. Cfr. D. L. 28 Giugno 1995 n. 251, Disposizioni urgenti in materia di gestioni aeroportuali, di trasporti eccezionali e di veicoli adibiti a servizi di emergenza, M. Alderighi, O. Baccelli, Il rapporto fra vettori ed aeroporti: analisi e valutazione del sistema di regolazione in Italia, in Società Italiana degli Economisti dei Trasporti - VIII Riunione Scientifica – Trieste 2006, p.4. 146 Cfr. D. Lgs. 13 Gennaio 1999 n. 18 articolo 4, comma 3, Attuazione della direttiva 96/67CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità. 147 G. Mastrandrea, Riflessioni giuridico - economiche su liberalizzazione e privatizzazione nel settore dei trasporti, in AA.VV., Trasporti e globalizzazione: materiali per una ricerca, Cagliari ISDIT, 2004, p. 78. 145

63


Infine, la tutela della concorrenza e del mercato è disciplinata tramite le norme sulle intese, sull'abuso di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione sono contenute nella legge n. 287/90. Nonostante l’approvazione delle disposizioni sopra elencate, il Piano generale dei trasporti e della logistica, approvato dal governo nel 2001, sottolinea il permanere di una mentalità di tipo monopolistico che impedisce così il pieno sviluppo di un regime di tipo concorrenziale 148. È necessario a questo proposito puntualizzare che in Italia, come in Europa, l’obiettivo delle liberalizzazioni non era una drastica e totale deregolamentazione del mercato del trasporto aereo, ma la creazione di un regime di libera concorrenza, sul quale era necessario vigilare come sottolinea lo stesso Ministero dei Trasporti e della Navigazione: E' compito dello Stato promuovere la relazione "virtuosa" concorrenza-competitività-crescita, avendo tuttavia ben ferma la convinzione che la liberalizzazione costituisce un mezzo e non un fine a sé stante, e che tale processo non produce automaticamente risultati positivi per l'interesse generale, ma va regolato con equilibrio e attentamente vigilato 149. La politica di liberalizzazione portata avanti dalla Comunità ha quindi interessato tutti gli Stati membri, Italia compresa, che si sono dovuti adattare rapidamente alla nuova filosofia economica e hanno dovuto affrontare senza indugi le conseguenze e le sfide che il processo di liberalizzazione ha comportato. Per ciò che concerne l’Italia nello specifico, la transizione da un regime di quasi monopolio a uno di libera concorrenza non è stata indolore, né di facile gestione, come dimostrano il quadro normativo italiano, privo di omogeneità e organicità, e l’attuale clima di incertezza entro il quale si muovono sia le compagnie aeree che gli aeroporti. Per quanto attiene agli scali è infatti da sottolineare la disomogeneità esistente dal punto di vista concessorio, gestionale, organizzativo, operativo e infrastrutturale, poiché soprattutto sotto il profilo amministrativo permane la coesistenza di gestioni di natura pubblica e di tipo privato. Le gestioni di natura pubblica che oggi si configurano sostanzialmente come società il cui capitale è riferibile in massima parte agli enti pubblici, 148

Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Lineamenti per la riforma e lo sviluppo del sistema italiano del trasporto aereo, Piano generale dei trasporti, ottobre 1999, Premessa, punto 1. 149 Ivi, punto 2.

64


incentivano spesso le compagnie aeree a operare nuovi collegamenti dal proprio aeroporto, favorendo in questo modo gravi distorsioni tra i vettori e danneggiando potenzialmente il settore aeroportuale italiano 150. Da questi presupposti è nata la necessità di un sistema che regolasse le gestioni aeroportuali, come è stato evidenziato più volte sia dall’ICAO che dalla IATA, e di una normativa che vincolasse i finanziamenti alle compagnie aeree da parte delle società di gestione. Nello specifico appariva fondamentale stabilire un sistema di tariffazione trasparente che non fosse discrezionale né fosse il risultato di un’allocazione inefficiente delle risorse. A tal proposito, era ed è tutt’oggi possibile che aeroporti simili per importanza e uguale mole di traffico stabiliscano tariffe assolutamente differenti senza che vi sia la possibilità materiale di verificare la natura dei costi gestionali. Le tariffe determinate dagli scali sia per i passeggeri sia per i vettori sono quindi poco trasparenti e spesso discrezionali. Al fine di tutelare i passeggeri e dare un’impostazione più equa al rapporto di potere esistente tra le società di gestione e le compagnie aeree, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), ha adottato la delibera 86/2000 che avrebbe dovuto riordinare la tariffazione dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva. L’obiettivo della delibera era di dare organicità alla normativa italiana e di poter verificare e qualificare i costi gestionali che determinavano le tariffe aeroportuali. La forte opposizione da parte di molte società di gestione ha causato un arresto dei lavori di riordino che sono stati ripresi nel 2005 con la legge finanziaria n. 248/2005. La nuova legge ha semplificato la normativa esistente, ha eliminato alcune consuetudini ritenute non più giustificabili e ha istituito dei meccanismi di penalizzazione per le società di gestione che non adottano un sistema di contabilità analitica che venga certificato da una società di revisione 151. La norma ha previsto inoltre l’obbligo per i gestori aeroportuali di eliminare qualsiasi tipo di royalty applicata alle compagnie aeree, come per esempio il catering e i servizi di security.

150 151

M. Alderighi, O. Baccelli, op. cit., p. 19. Ivi, p. 29.

65


La frammentarietà legislativa di tali interventi ha spesso generato degli effetti alquanto circoscritti che non si sono quindi tradotti nei cambiamenti auspicati dai legislatori 152. In definitiva si registra una mancanza di unitarietà nella normativa italiana che dovrebbe essere revisionata seguendo un approccio di tipo organico 153. Per quanto riguarda i vettori, anche in Italia si assiste al marcato sviluppo del modello low cost. Tale situazione ha comportato, e comporta tutt’ora, delle ricadute di tipo economico sia sui vettori tradizionali che sugli aeroporti. Infatti, da una parte le compagnie a basso costo, come è stato dimostrato da Barrett e da Francis et al., mettono in competizione gli aeroporti, soprattutto quelli minori, che cercano di attirare i vettori low cost attraverso incentivi diretti e sconti sulle tariffe di handling 154. Dall’altra parte, le compagnie a basso costo hanno messo in discussione, in Italia come nel resto d’Europa, il modello full service aggravando in alcuni casi le precarie condizioni economiche dei vettori tradizionali. Questo è quanto è accaduto all’Alitalia che, nata nel 1916, è stata per decenni la compagnia di bandiera dello Stato italiano. La deregolamentazione del mercato mise in luce fin da subito i problemi gestionali del vettore che si aggravarono nel 2001 dopo gli attacchi terroristici dell’undici settembre. La situazione della compagnia italiana peggiorò rapidamente nei cinque anni successivi, basti pensare che un’azione dell’Alitalia nel 2001 veniva quotata in Borsa 10 euro, mentre nel 2006 il suo valore crollò a 1,57 155. Per tali ragioni si decise di avviare la privatizzazione della compagnia che dopo diversi tentativi falliti, compreso l’accordo con AirFrance-KLM, iniziò nel settembre del 2008 quando la CAI (Compagnia Aerea Italiana), di proprietà di Intesa San Paolo, avanzò la proposta di rilevare Alitalia. Il processo di acquisizione si protrasse per lungo tempo a causa delle trattative tra la CAI e il governo italiano e, soprattutto,

152

M. Riguzzi, L’impresa aeroportuale, Padova, Cedam, 1984, p. 57. Cfr. F. Santoro, Politica dei Trasporti, Milano, Giuffré, 1977. 154 Cfr. S. Barrett, How do the demands for airport services differ between full-service and low-cost carriers, Journal of Air Transport Management, Vol. 10, 2004, pp. 33-39 e G. Francis, I. Humprheys, S. Ison, Airports perspectives on the growth of low cost airlines and the remodeling of the airport-airline relationship, in Tourism Management Vol. 25, 2004, pp. 507-514. 155 http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/alitalia-27/scalfari-colaninno/scalfaricolaninno.html (Marzo 2012). 153

66


delle forti resistenze dei sindacati 156. Infine il 12 dicembre dello stesso anno la CAI, avendo trovato un accordo tra le parti, acquisì Alitalia per 1,05 miliardi di euro ed esattamente un mese dopo nacque ufficialmente la nuova compagnia aerea

Alitalia

Compagnia

Aerea

Italiana 157.

Come

già

accennato

precedentemente, sempre nel gennaio del 2009 AirFrance-KLM acquistò il 25% del capitale della nuova Alitalia con la prospettiva di creare un multi-hub europeo. Tra il 2009 e il 2010 l’Alitalia ha ampliato il suo network grazie a nuove rotte interstatali e comunitarie, dando inoltre vita a diverse alleanze in codesharing con compagnie aeree extra europee. Nel febbraio del 2011 l’Alitalia ha comunicato di aver ampiamente superato l’obiettivo del dimezzamento delle perdite operative, registrando nell’anno 2010 un +14,1% nei ricavi e un +7,4% nel trasporto passeggeri 158. La crescita della compagnia aerea è dovuta agli ingenti sacrifici e soprattutto alle nuove politiche strategiche attuate nel 2010 sul piano internazionale e intercontinentale 159. Il vettore italiano si è impegnato anche in un rinnovamento della propria flotta che ora è tra le più moderne d’Europa con una media di 8,6 anni. Sono migliorati altresì il load factor che nel 2010 ha raggiunto il 70,5%, in crescita di 5,5 punti rispetto al 2009, e la puntualità dei voli che è stata dell’80%, in crescita di 6,6 punti rispetto all’anno precedente 160. La regolarità dei voli è arrivata al 99,5% e i bagagli disguidati sono stati dimezzati. L’Alitalia ha quindi superato in parte la crisi finanziaria, conseguendo fino a ora risultati soddisfacenti sotto diversi aspetti. Tuttavia nel marzo del 2012 la Ryanair sostiene di aver superato l’Alitalia per numero di passeggeri trasportati nel 2011. Infatti, la compagnia low cost dichiara di aver trasportato 28,1 milioni di passeggeri lo scorso anno, contro i venticinque del vettore italiano 161. Questi dati dimostrano l’ampio successo del modello a basso costo all’interno del contesto nazionale, un mercato che, come

156

http://www.corriere.it/economia/08_ottobre_31/alitalia_ultimatum_3ca1dd76-a747-11dd-90c500144f02aabc.shtml (Marzo 2012). 157 http://www.corriere.it/economia/08_dicembre_12/alitalia_passa_cai_bfe8e868-c859-11dd-a86900144f02aabc.shtml (Marzo 2012) 158 Comunicato stampa Alitalia, Airone, 25 Febbraio 2011, p. 1. 159 http://corporate.alitalia.it/it/Images/pr_25_02_2011_tcm6-39668.pdf p.1. (Aprile 2012). 160 Ibidem. 161 http://www.repubblica.it/economia/finanza/2012/03/06/news/ryanair_supera_alitalia-31032825/ (Marzo 2012).

67


dichiara il sale & marketing manager della Ryanair Melisa Corrigan, ha grandi potenzialità di crescita sia in termini di rotte che di passeggeri 162. In effetti, la marcata concorrenza dei vettori low cost è negli ultimi anni divenuta una delle caratteristiche peculiari del mercato italiano e grazie a essi si è resa possibile la notevole crescita di alcuni aeroporti come Bergamo e Pisa. Il successo del modello low cost in Italia è confermato dall’Istat che segnala un continuo calo nell’utilizzo delle compagnie italiane da parte dei passeggeri: si calcola che dal 2007 al 2010 il tasso di utilizzo dei vettori italiani sia diminuito del 42% 163. A fronte di questi dati c’è da riscontrare anche un aumento dei passeggeri che utilizzano compagnie a basso costo e che si attesta a un 44% del totale 164. È tuttavia opportuno evidenziare come anche in Italia la deregulation abbia prodotto, come dimostra anche la storia di Alitalia, dei miglioramenti, soprattutto per ciò che concerne l’attenzione ai costi gestionali che sono sensibilmente calati grazie a una politica più scrupolosa e oculata. Inoltre negli ultimi anni si è assistito ad un ampio ricorso allo strumento dell’auditing da parte delle autorità politiche che hanno così tracciato un quadro preciso delle criticità proprie del comparto nazionale grazie anche al contributo degli attori coinvolti nella filiera del trasporto aereo italiano.

3.2. Principali criticità del sistema aeroportuale italiano Uno dei lavori più scrupolosi condotto dal governo italiano al fine di evidenziare e porre rimedio alle diverse questioni irrisolte e peculiari del territorio

nazionale,

è

quello

portato

avanti

dalla

nona

commissione

parlamentare. L’indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, effettuata a partire dal marzo 2009 fino al febbraio del 2010, ha ampiamente utilizzato lo strumento dell’auditing, grazie al quale è stato possibile da un lato portare alla luce le problematiche del territorio nazionale, e dall’altro evidenziare una scarsa conoscenza da parte delle autorità competenti della situazione aeroportuale 162

http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/445285/ (Marzo 2012). Istat, Il trasporto aereo in Italia, anno 2010, febbraio 2012, p.1. 164 Ibidem. 163

68


italiana 165. A conclusione dell’indagine conoscitiva la commissione ha ritenuto di vitale importanza apprestare quanto prima un nuovo e moderno piano degli aeroporti che garantisca un ordinato e soprattutto coordinato sistema aeroportuale mediante la classificazione degli scali italiani, distinguendoli in base all’interesse nazionale (dai cinque milioni di passeggeri), regionale (da un milione fino a cinque milioni di passeggeri) e locale (sotto il milione di passeggeri)

166

. Inoltre,

si è fatta più stringente la necessità e l’improrogabilità di un’uniformazione delle concessioni aeroportuali per quanto riguarda il loro rilascio, nonché gli obblighi, i controlli e le sanzioni alle quali le società di gestione essere sottoposte. Nello specifico i controlli riguardano soprattutto i piani di investimento e le relative verifiche periodiche. 167 Nel corso dell’indagine conoscitiva la commissione ha avuto quindi modo di constatare una serie di criticità tipiche del sistema aeroportuale nazionale, alcune delle quali necessitano di un’immediata risoluzione, altre meno pressanti, ma non per questo meno importanti, che richiedono tempi più lunghi per il loro superamento. L’obiettivo dell’indagine è stato quello di indagare sullo stato di salute del sistema aeroportuale accelerandone così la riorganizzazione sia in chiave strutturale sia squisitamente gestionale. I temi trattati sono stati molteplici e hanno permesso di individuare le debolezze principali.

3.2.1. Mancata privatizzazione delle società di gestione

Intorno

alla

metà

degli

anni

Novanta,

sulla

spinta

della

deregolamentazione, e quindi dell’efficienza gestionale e del risparmio statale, la normativa italiana dispose alcune leggi che avrebbero dovuto guidare gli aeroporti verso una privatizzazione di tipo gestionale. Infatti, occorre precisarlo, gli aeroporti sono di proprietà dello Stato italiano, ovvero sono del demanio statale che li affida in gestione a società di capitale, spesso costruite ad hoc168. Lo scopo della legge n. 537/93, art. 10, comma 13 e del seguente decreto legislativo 591/95 era perciò quello di avviare una graduale privatizzazione della 165

Cfr. Commissione IX, op. cit., seduta 2, 11 marzo 2009, p. 7 e seduta 4, 31 marzo 2009, p. 3. Cfr. Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, 12 Febbraio 2010, pp. 38, 39. 167 Ivi, pp. 39, 40. 168 Commissione IX, op. cit., seduta 2, 11 marzo 2009, p. 19. 166

69


gestione aeroportuale. Tale progetto non si è concretizzato nei modi previsti poiché la maggior parte delle società di gestione presenti in Italia è composto da enti pubblici locali come regioni, province, comuni e camere di commercio, mentre i capitali di tipo privato costituiscono una minima parte 169. Tuttavia, questa situazione caratterizza non solo l’Italia, ma anche l’Europa, dove stenta a decollare un sistema di gestione puramente privato: a oggi le strutture interamente private costituiscono ancora una minoranza nel panorama europeo 170. In Italia lo Stato affida tramite concessione la gestione degli aeroporti, le società a cui vengono affidati sono solitamente costituite da enti pubblici, il cui operato viene costantemente sottoposto a controlli statali 171. Si tratta quindi di una sorta decentramento che lo Stato opera, non già di una vera e propria privatizzazione della gestione 172. Per ulteriore chiarezza è quindi opportuno operare una distinzione tra privatizzazione sostanziale, in cui è possibile riscontrare effettivamente un apporto sostanziale, e non solo formale, di capitale privato e privatizzazione formale, in cui il capitale azionario è essenzialmente di natura pubblica 173. In definitiva il sistema aeroportuale italiano è passato da un tipo di gestione statale diretta a una gestione di tipo indiretto, dove lo Stato, tramite lo strumento concessorio, affida la gestione dell’azienda-aeroporto ad apposite società 174. Le società di gestione controllate così dagli enti locali non si focalizzano principalmente sulla massimizzazione dei profitti dell’azienda aeroporto, ma si concentrano soprattutto sui benefici che il territorio locale può potenzialmente trarre dai collegamenti aerei 175. Infatti, queste società offrono spesso degli incentivi alle compagnie aeree - questo tipo di politica viene condotto principalmente a vantaggio delle compagnie low cost - per lo sviluppo di nuovi collegamenti effettuando, per esempio, sconti sulle tariffe aeroportuali. All’interno del regime di libera concorrenza, gli incentivi economici, finanziati 169

Basti pensare alla composizione societaria della SEA, dove l’84,56% del capitale è di proprietà del Comune di Milano, il 14,56% è della Provincia di Milano e solo lo 0,88% è in mano ad altri soci. Differente è invece la situazione di ADR, che è controllata per il 95,8% da Gemini S.p.A., per il 3% dagli enti locali e per l’1,2% da altri soci. 170 D. Jarach, op cit., 2002, p. 10. 171 M. Riguzzi, op. cit., p. 58. 172 Ivi, p. 64. 173 G. Mastrandrea, op. cit., p. 78. 174 C. Talice, L’assetto istituzionale dei trasporti in Italia, in Trasporti, vol. n. 17, 1979, pp. 128, 129. 175 D. Jarach, op. cit., 2002, p. 11.

70


con fondi regionali o provinciali, generano importanti distorsioni tra le aerolinee nel momento in cui i fondi pubblici vengono utilizzati per aprire nuove tratte sulle quali già opera un vettore concorrente 176. Questi episodi si verificano sempre più frequentemente tanto da divenire uno dei temi più importanti trattati dalle Camere nel corso dell’indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano. Questa situazione è stata rilevata anche dal presidente dell’Enac Vitto Riggio durante le interrogazioni parlamentari: «Non è possibile che l’aeroporto venga considerato come una specie di dependance dell’ente locale. L’aeroporto ha una funzione di sviluppo certamente più ampia del territorio che serve e deve essere gestito in modo industriale»177. Per

tali

motivi

le

autorità

competenti

auspicano

un’effettiva

privatizzazione delle società di gestione, affinché l’obiettivo primario non sia unicamente la promozione del territorio locale, ma anche la massimizzazione dei ricavi. A tal fine sarebbe opportuno trovare dei punti di incontro tra gli interessi regionali e locali e quelli dell’azienda- aeroporto, affinché gli obiettivi di entrambi possano integrarsi in un’unica strategia 178.

3.2.2. Assenza di una pianificazione territoriale strategica

Le gestioni aeroportuali a prevalenza di capitale pubblico, si sono quindi sempre preoccupate maggiormente del proprio territorio e della propria realtà locale piuttosto che dell’integrazione all’interno del contesto nazionale179. L’Italia si caratterizza dunque per una pianificazione strategica del territorio molto carente, che spesso non ha tenuto nel dovuto conto le esigenze sovraregionali, ma a queste ha anteposto le rivendicazioni del territorio locale e le aspirazioni campanilistiche di province e regioni. Tali questioni sono drammaticamente emerse nell’indagine conoscitiva parlamentare che a questo proposito stila un quadro molto preciso della situazione italiana. Sul suolo nazionale sono presenti circa cento aeroporti, ma meno della metà sono aperti al traffico commerciale di linea. È inoltre doveroso riportare 176

M. Alderighi, O. Baccelli, op cit., p. 19. Commissione IX, op. cit., seduta 2, 11 marzo 2009, p. 19. 178 R. Zucchetti, O. Baccelli, op. cit., p. 65. 179 D. Jarach, op. cit., 2002, p.11. 177

71


alcuni dati che testimoniano la dispersività del sistema aeroportuale nazionale. Infatti, al 2008 i primi venti aeroporti coprivano da soli il 94,76% del traffico passeggeri e solo i primi sette aeroporti superavano i cinque milioni di passeggeri annui 180. Secondo la relazione finale della Camera dei Deputati, l’Italia presenta un numero eccessivo di aeroporti e soprattutto -a differenza delle altre grandi nazioni europee come Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna- non possiede scali di notevoli dimensioni. Questa situazione è testimoniata dal fatto che a livello mondiale vengono considerati hub New York, Dallas, Hong Kong, Dubai e in Europa Londra, Francoforte, Parigi e Amsterdam. Né Roma, includendo anche Ciampino, né Milano, includendo tutti e tre gli scali lombardi, sono considerati hub a livello mondiale 181. L’Italia ha un numero eccessivo di scali aeroportuali anche in rapporto ai passeggeri trasportati annualmente il cui numero si attesta ben al di sotto della media europea 182, che vede l’Italia al quinto posto per numero di passeggeri trasportati, con una quota del 9,7% del trasporto europeo 183. Nel corso dell’indagine è altresì emersa una bassa propensione al volo degli Italiani, una situazione che, sebbene veda il Paese al di sotto della media europea con 138.856.530 passeggeri trasportati complessivamente nel 2010 184, ha anche dei risvolti positivi, in quanto il potenziale di crescita del trasporto aereo italiano è superiore a quello degli altri paesi europei, che si caratterizzano a questo proposito per un mercato più maturo 185. Appare tuttavia necessario incentivare la mobilità degli Italiani, poiché gli indici della mobilità aerea nazionale sono tra i più bassi dell’Europa a quindici 186. Il problema maggiore che si registra è quindi il numero eccessivo di scali dalle dimensioni ridotte, mentre sembrerebbe più opportuno disporre di un

180

Cfr. dati ISTAT Servizi Aerei 2008. Oggi gli aeroporti con almeno cinque milioni di passeggeri sono otto, ai primi sette si è infatti (Fiumicino, Malpensa, Linate, Orio al Serio, Venezia, Catania e Napoli) aggiunto lo scalo di Bologna che nel 2010 ha trasportato circa cinque milioni e mezzo di passeggeri (Dati ISTAT Servizi Aerei 2010). 181 Unioncamere camere di commercio d’Italia, Aeroporti: nell’alleanza con le low cost la chiave per lo sviluppo, comunicato stampa, 11 Febbraio 2010, p. 2. 182 Cfr. Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, 12 Febbraio 2010, tabelle 2, 3, 4 pp. 42 ss. 183 Istat, op. cit., p. 1. 184 Dati ISTAT, servizi aerei 2010, tavola 1. 185 Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, p 7. 186 Istat, op. cit., p. 9.

72


numero minore di aeroporti che però siano più grandi, moderni ed efficienti 187. È necessario aggiungere che la proliferazione delle aerostazioni non comporta solo elevati costi, sostenuti dallo Stato e dalle regioni, ma rischia anche di mettere in competizione gli scali limitrofi che spesso finiscono per cannibalizzarsi tra loro, ovvero si sottraggono clienti -sia aerolinee che passeggeri- a vicenda, indebolendo così ulteriormente il sistema aeroportuale nazionale 188. Il rischio maggiore che questa politica di continua proliferazione presenta è quello di pregiudicare lo sviluppo degli aeroporti già presenti sul territorio. La Comunità Europea ritiene che gli scali regionali siano molto importanti non solo per il trasporto nazionale, ma anche per quello europeo e, in quest’ottica, auspica un loro maggiore sviluppo, purché si rispettino le norme comunitarie per quanto riguarda gli aiuti di Stato 189. Inoltre, nella stessa comunicazione, la Comunità ha sottolineato più volte l’importanza di sfruttare al meglio gli aeroporti già esistenti, promuovendo anche un potenziamento delle infrastrutture presenti. Una delle soluzioni proposte dal parlamento, che venga anche incontro alle esigenze e ai bisogni delle regioni, è quella di addebitare ai gestori dello scalo i costi dei servizi che normalmente sono a carico dello Stato, qualora i nuovi aeroporti non rientrino in una programmazione condivisa Stato – Regione 190. Diventa quindi di primaria importanza effettuare un’analisi approfondita e scrupolosa del territorio, così da poter stabilire in maniera precisa e accurata le dimensioni del traffico e il potenziale bacino di passeggeri che l’aeroporto potrà attrarre.

3.2.3. Saturazione del sistema aeroportuale

Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda invece la saturazione del sistema aeroportuale, situazione che peraltro non è caratteristica della sola Italia ma costituisce un annoso problema in tutta Europa. La Comunità ha osservato che il traffico raddoppierà durante i prossimi vent’anni e l’insufficiente capacità 187

Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, p.7. Ibidem. 189 COM. (2006) 819, 24 Gennaio 2007, Un piano d’azione per migliorare le capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa, p. 5. 190 Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, 12 Febbraio 2010, p. 10. 188

73


aeroportuale potrebbe diventare il fattore più limitante del trasporto aereo europeo 191. Si prevede infatti che entro il 2025 più di sessanta scali in Europa saranno gravemente congestionati e i primi venti aeroporti saranno saturati per almeno otto/dieci ore al giorno 192. In questa situazione l’Italia si caratterizza per un marcato ritardo infrastrutturale che rischia di limitare il pieno sviluppo del trasporto aereo. Infatti, è vero che il Paese si caratterizza per un numero eccessivo di scali, ma come ha sottolineato in sede parlamentare il presidente dell’ENAV «non è il numero degli aeroporti a qualificare il traffico di una nazione, ma è la capacità di assorbimento del traffico in assoluto»193. Ciò significa che gli aeroporti italiani, in un futuro prossimo, potrebbero non essere più in grado di gestire l’aumentato volume di traffico aereo. In tal senso una delle situazioni più delicate si registra a Fiumicino dove manca un numero adeguato di piste, problema che peraltro è stato già riscontrato anche dall’AEA (Association of European Airlines), che sottolinea la gravità di questa carenza che rischia di causare in un breve periodo la completa saturazione dell’aeroporto. Infatti lo scalo di Fiumicino possiede unicamente due piste, mentre la maggior parte dei grandi aeroporti europei dispone di tre, quattro e, in alcuni casi, cinque piste: l’inadeguatezza delle strutture, e in particolare delle piste, è quindi evidente 194. Anche Malpensa presenta alcune carenze infrastrutturali che riguardano sia le piste sia gli impianti presenti nello scalo. L’hub milanese è stato progettato con due sole piste, chiaramente insufficienti per la mole di traffico che, nei progetti, l’aeroporto avrebbe dovuto sostenere. Quando questa insufficienza è diventata palese e si è pensato alla costruzione di una terza pista, il contesto ambientale era fortemente mutato. Infatti, proprio per questioni ambientali, i terreni attorno allo scalo sono stati bloccati e nel prossimo futuro l’aeroporto di Malpensa non potrà espandersi oltre certi limiti 195. La situazione dei restanti aeroporti non differisce da quella dei due maggiori scali italiani. 191

COM (2006) 819, 24 Gennaio 2007, p. 2, Cfr. Ecac and Eurocontrol, Challenges to Growth, 2004 Report, 01 Dicembre 2004. 192 Ivi, p.3. 193 Commissione IX, op. cit., seduta 5, 31 marzo 2009, p. 4. 194 Ivi, p. 5. 195 Cfr. D. Jarach, op. cit., 2002, p. 153.

74


Secondo le stime dell’ENAC nel 2020 ci saranno duecentotrentasette milioni di passeggeri, nel 2030 potrebbero aumentare ulteriormente di cento milioni e nel 2040 potrebbero arrivare a quattrocentotrenta milioni 196. La saturazione dei due aeroporti principali è stimata nel giro di pochi anni, da qui la pressante necessità di proseguire con i piani di sviluppo degli scali, che consentirebbero di assorbire così il futuro traffico prospettato dalle principali autorità in materia 197. Per tali ragioni l’ENAV ritiene più opportuno concentrare gli investimenti sul potenziamento degli aeroporti esistenti, costruendo nuove piste e migliorando le infrastrutture, piuttosto che utilizzare i fondi per la costruzione di nuovi scali 198. Legato

al

problema

della

saturazione

degli

aeroporti

è

quello

dell’assegnazione degli slots, o bande orarie. La normativa comunitaria prevede obbligatoriamente

l’assegnazione

preventiva

degli

slots

negli

aeroporti

coordinati, ovvero gli scali più congestionati e in Italia viene effettuata dall’associazione Assoclearance 199. Le bande orarie vengono stabilite tramite il principio del grandfather’s right, con il quale le compagnie mantengono gli slots precedentemente assegnati secondo il meccanismo del use it or lose it con il quale i vettori, se desiderano mantenere le bande orarie, devono utilizzarle almeno all’80% 200. In Italia, da una parte si assiste a una saturazione degli slots a Linate e a Fiumicino nelle ore di punta, tuttavia dall’altra molti aeroporti non sfruttano al meglio le bande orarie loro assegnate. Questa situazione, che riguarda anche il resto dei Paesi europei, ha spinto la Comunità a ipotizzare sia una possibile commercializzazione delle bande orarie da parte delle compagnie aeree che una modifica dell’art. 14 del regolamento sull’assegnazione degli slots 201. Tuttavia a oggi, tali ipotesi non si sono concretizzate, nonostante sia la Commissione Europea sia l’Autorità

196

Commissione IX, op. cit., seduta 5, 31 marzo 2009, p. 6. L’ENAC, la IATA, L’AEA e la Comunità Europea prospettano situazioni molto simili. 198 Commissione IX, op. cit., seduta 5, 31 marzo 2009, p. 7. 199 Gli aeroporti coordinati e a orario facilitato sono stabiliti tramite REG. 793/2004, art. 2, lettera “G” e “I”. 200 Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, 12 Febbraio 2010, p. 26. 201 Reg. (CE) 21 Aprile 2004 n. 793, Norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, modificato dal Reg. (CE) 18 Giugno 2009 n. 545, Norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità. 197

75


Garante della Concorrenza e del Mercato abbiano affermato la necessità di una revisione del principio del grandfather’s right 202.

3.2.4. Esiguità dei collegamenti intermodali Un altro aspetto particolarmente importante riguarda il collegamento e l’integrazione dell’aeroporto con le altre modalità di trasporto. Appare infatti cruciale garantire ai passeggeri collegamenti rapidi ed efficienti, che permettano quindi di raggiungere facilmente e in tempi brevi gli scali principali. In sede parlamentare è emersa una diffusa carenza di integrazione intermodale dell’aeroporto con la rete ferroviaria, stradale e autostradale. Attualmente infatti nessuno scalo possiede collegamenti diretti di tipo metropolitano e soltanto sei aeroporti sono collegati con la rete ferroviaria. È necessario precisare che nessuno scalo è collegato alla linea dell’alta velocità e che gli studi in merito riferiscono che ciò sarà possibile unicamente per due aeroporti 203. L’esiguità dei collegamenti è dovuta soprattutto alla mancanza di un’attenta e precisa pianificazione territoriale: in altre parole, non si è registrata una pianificazione integrata fra la costruzione della reti di trasporto, in particolare quella ferroviaria, e la costruzione degli aeroporti 204. Nello specifico, il trasporto su rotaie si pone da un lato come servizio complementare dello scalo aeroportuale, ma dall’altro si qualifica come modalità di trasporto concorrente all’aereo 205. Infatti il trasporto su ferro, specialmente l’alta

velocità,

può

migliorare

notevolmente

l’accessibilità

degli

scali

aeroportuali, ma può anche entrare in competizione con il trasporto aereo sulle rotte a breve raggio e comunque al di sotto dei cinquecento kilometri 206. La competitività del treno è confermata da collegamenti come Parigi - Lione, dove la Tgv ha sostituito i collegamenti aerei, e da diverse altre tratte aeree che, con 202

Assaeroporti, Analisi della sostenibilità economica e proposta per lo sviluppo della mobilità, 2006, p. 4 e pp 64, 65. Le dichiarazioni della Commissione Europea sono contenute nella COM. (2001) 370, 12 Settembre 2001, White Paper, European transport policy for 2010: time to decide, e quelle dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’Indagine conoscitiva 24. Dinamiche tariffarie del trasporto aereo passeggeri, 27 Aprile 2005. 203 Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, 12 Febbraio 2010, p. 16. 204 Ibidem. 205 R. Zucchetti, O. Baccelli, op. cit., p. 61. 206 Ivi, p. 65.

76


l’introduzione dell’alta velocità, hanno registrato una riduzione dei passeggeri aerei. Tra i benefici che i treni ad alta velocità apportano al sistema aeroportuale si può certamente includere il parziale decongestionamento degli scali nelle ore di punta e perciò, visti anche i problemi di saturazione esperiti dalle aerostazioni europee, l’integrazione fra trasporto aereo e ferroviario diventa un fattore cruciale 207. Per

queste

ragioni

diventa

fondamentale

un’accurata

e

precisa

pianificazione territoriale che tenga conto delle grandi opere infrastrutturali del Paese e dell’intera Europa e che quindi inserisca gli aeroporti in tale contesto. Solo così sarà infatti possibile estendere il bacino di passeggeri, che riusciranno in questo modo a raggiungere facilmente e in tempi brevi gli scali.

3.2.5.

Inadeguatezza

delle

tariffe

aeroportuali

e

mancato

rinnovamento dei contratti di programma La costruzione e l’ampliamento delle strutture all’interno del sedime aeroportuale spetta non già allo Stato, ma alle società di gestione che, tramite lo strumento concessorio, gestiscono l’aeroporto. Uno dei maggiori problemi attiene perciò al reperimento dei fondi necessari al miglioramento e al potenziamento delle infrastrutture. Tale problema è direttamente collegato all’adeguamento delle tariffe aeroportuali che in Italia risultano essere significativamente più basse rispetto alla media europea 208. Il settore aeroportuale italiano lamenta da tempo una bassa redditività che conseguentemente scoraggia l’ingresso di capitali privati e rende di difficile realizzazione i miglioramenti infrastrutturali programmati 209. In generale in Europa i livelli tariffari appaiono ormai inadeguati, come dimostra un recente studio dell’ACI Europe che rileva la necessità per le società di gestione di aumentare il proprio EBITDA 210. Le società italiane si trovano in una situazione ancor più grave poiché le tariffe aeroportuali nazionali risultano 207

Ivi, p. 62. Assaeroporti, op. cit., pp. 7, 31, 32, 33,34. 209 Ivi, p. 18. 210 Cfr. Airport Council International Europe, SH&E, Capital needs and regulatory arrangements. A survey of European airports, agosto 2006. L’EBITDA è il margine operativo al lordo degli interessi, delle imposte, degli ammortamenti e delle svalutazioni. 208

77


inferiori fino a un 49% rispetto a quelle europee 211, poiché sono ferme dal 2000 e non sono mai state adeguate al livello europeo. La situazione è tutt’ora immutata, benché l’adeguamento fosse previsto dalla normativa italiana con la legge n. 537/93, e inoltre non si è mai proceduto a un recupero dell’inflazione, anch’esso previsto dalla normativa con la legge n. 662/96. La condizione italiana è ulteriormente peggiorata con l’approvazione della legge n. 248/2005 sui requisiti di sistema, che riduce ulteriormente le tariffe aeroportuali praticate. Gli artt. 11 sexies e 11 terdecies hanno portato a una consistente diminuzione degli utili delle società di gestione e, dato che a una contrazione degli utili ne consegue anche un decremento dell’imponibile, hanno altresì ridotto il gettito fiscale dello Stato italiano. Si stima che la piena applicazione della legge sui requisiti di sistema comporti perdite pari a duecentoventitrè milioni di euro l’anno per il settore aeroportuale 212. Il CIPE con la delibera n. 86/2000 ha stabilito che le tariffe aeroportuali dovrebbero essere tali da remunerare i servizi offerti dalle società di gestione e le spese per gli investimenti da queste pianificati 213. La delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica fino a oggi non è stata attuata, comportando nel solo periodo 2000-2004 una perdita pari a settanta milioni di euro 214.Più recentemente le delibere del CIPE 38/2007 e 51/2008 introducono il principio del single till con portata retroattiva, «secondo il quale almeno il 50% del margine dell’attività commerciale va imputato a detrazione dei diritti aeroportuali»215. Le tariffe aeroportuali in Italia sono state recentemente aggiornate tramite il Decreto Ministeriale 21 luglio 2008 216. Come dimostrato dallo studio dell’Aci Europe in collaborazione con SH&E, l’adeguamento delle tariffe aeroportuali è una questione che riguarda non 211

Assaeroporti, op. cit., p. 7. Ivi, p. 43. 213 Cfr. Delibera CIPE 4 Agosto 2000 n. 86, Schema di riordino della tariffazione dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva. 214 Assaeroporti, op. cit., p. 38. 215 F. Rotondo, La riforma del settore aeroportuale italiano, gli effetti sulle compagnie e gli sviluppi futuri della regolamentazione, , in Rivista italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, III anno novembre e dicembre 2011, p. 4. La IATA fornisce una chiara definizione di che cosa sia il principio del single till: «Under the single till principle, airport activities (areonautical and commercial) are taken into consideration to determine the level of airport charges. By contrast, only aeronautical activities are taken into consideration under the dual till principle». http://www.iata.org/whatwedo/airportans/charges/Documents/Single_till.pdf (Aprile 2012). 216 Cfr. D. M. 21 luglio 2008, Aggiornamento dei diritti aeroportuali, allegato , p. 21. 212

78


solo l’Italia, ma anche, in misura minore, il resto dell’Europa. Per questi motivi la Comunità Europea, tramite la direttiva 2009/12/CE, ha disposto criteri comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali. La direttiva non contiene delle disposizioni specifiche, ma solo principi generali che attengono soprattutto alla non discriminazione tra gli utenti dell’aeroporto -evitando così trattamenti di favore nei confronti di determinate compagnie aeree- e alla trasparenza delle tariffe 217. La direttiva prevede altresì il principio di consultazione con il quale si stabilisce l’obbligo di una consultazione periodica tra il gestore dell’aeroporto e i vettori. Le disposizioni dovevano essere recepite dagli Stati membri entro il 15 Marzo 2011 e hanno valenza per tutti gli aeroporti di interesse comunitario, ovvero gli scali che superano i cinque milioni di passeggeri annui. Questa soluzione permetterebbe inoltre di liberalizzare il regime tariffario degli aeroporti a valenza nazionale e locale 218. In Italia la direttiva a oggi non è stata ancora adottata, benché il termine ultimo per il suo recepimento sia scaduto da più di un anno 219. Più recentemente il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha provveduto a un aggiornamento dei diritti aeroportuali tramite diversi decreti ministeriali, l’ultimo dei quali risale al novembre del 2011 220. La delibera del CIPE 86/2000, oltre alle indicazioni già illustrate in materia di diritti aeroportuali,

prevedeva anche l’attuazione dei Contratti di

Programma, ovvero i contratti che la società di gestione stipula con l’Enac e che «disciplinano il profilo tariffario, la realizzazione del piano degli investimenti e il rispetto degli obiettivi di qualità e di tutela ambientale»221. La lentezza e le difficoltà emerse nella stipulazione dei contratti di programma hanno indotto il legislatore a promulgare la legge n. 102/2009 che prevede una procedura semplificata di approvazione per gli aeroporti che hanno un traffico superiore ai dieci milioni di passeggeri l’anno (sostanzialmente per i due scali di Fiumicino e Malpensa). Infine, la legge finanziaria n. 191/2009 permette alle società di 217

Dir. (CE) 11 Marzo 2009 n.12, Diritti aeroportuali artt. 3, 7. Cfr. Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, p. 22. 219 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza. Recepimento della direttiva n. 2009/12/CE in materia di diritti aeroportuali, Bollettino edizione speciale del 9 Gennaio 2012, p. 11. 220 Cfr. D. M. 8 ottobre 2009, Aggiornamento dei diritti aeroportuali per l’anno 2009, allegato 1, p. 20; D. M. 4 ottobre 2010, Aggiornamento dei diritti aeroportuali per l’anno 2010, allegato 1, p. 10; D. M. 11 novembre 2011, Aggiornamento dei diritti aeroportuali per l’anno 2011. 221 http://www.enac.gov.it/La_Regolazione_Economica/Aeroporti/Contratti_di_Programma/index.html (Aprile 2012). 218

79


gestione di ottenere un’anticipazione sulle tariffe aeroportuali subordinata alla presentazione di un dettagliato e scrupoloso piano di sviluppo e di investimenti all’Enac 222.

3.3. Ulteriori peculiarità e problematiche del settore aeroportuale italiano I problemi che interessano il trasporto aereo italiano sono molteplici e, come appena visto, riguardano diversi ambiti. Ci sono tuttavia ulteriori criticità che contraddistinguono la situazione nazionale e che non possono essere trascurate. Una questione molto delicata riguarda le procedure di approvazione dei contratti collettivi che, secondo la Commissione parlamentare, dovrebbero essere semplificate 223. Sempre in ambito parlamentare è altresì emersa la necessità di stilare un unico contratto collettivo, poiché la stipula di differenti contratti rischia di generare distorsioni nel settore dell’handling aeroportuale. Sarebbe perciò più opportuno procedere all’elaborazione di un contratto collettivo che abbia valenza per tutti i soggetti che offrono servizi di handling e che garantisca così la parità tra tutti gli operatori 224. Una delle caratteristiche peculiari del sistema aeroportuale italiano è il dual hubbing e infatti sia Fiumicino che Malpensa sono aeroporti che nascono con una forte vocazione di hub primari. Questo dato è confermato dal fatto che Fiumicino

nel

2011

ha

trasportato

37.651.700

passeggeri

e

Malpensa

19.303.131 225. Per quanto riguarda le merci la situazione è capovolta: a Fiumicino sono transitate più di centosessantamila tonnellate di merci, mentre a Malpensa più di quattrocentotrentamila 226. Entrambi gli aeroporti sono quindi cruciali per l’economia del Paese, ma allo stesso tempo la strategia del dual hubbing risulta essere molto costosa sia per la nazione sia per le compagnie che 222

Cfr. L. 23 Dicembre 2009 n. 191, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010), comma 200 e 201. 223 Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, p. 24. 224 Ivi, pp. 29, 41. 225 http://www.anna.aero/european-airport-traffic-trends/ (Aprile 2012). 226 Dati ISTAT servizi aerei 2010, tabella 1.

80


come Alitalia decidono di servirsi di entrambi gli aeroporti principali 227. Tuttavia l’Italia non è il solo Paese europeo nel quale siano presenti due hub primari: infatti, se si escludono il sistema aeroportuale londinese e quello francese (poiché si tratta di sistemi aeroportuali cittadini che differiscono pertanto dalla situazione italiana), sia la Germania con i due hub di Francoforte e Monaco di Baviera che la Spagna con Madrid e Barcellona possiedono un ottimo sistema multihubbing 228. L’Italia presenta infine alcune complicazioni che indeboliscono sotto aspetti diversi il sistema aeroportuale.

3.3.1. Gli effetti provocati dalla riforma del titolo V della Costituzione

Il titolo V della Costituzione è stato riformato tramite legge costituzionale n. 3 nel 2001 e dispone all’articolo 117 che la potestà legislativa sia esercitata sia dallo Stato che dalle Regioni. Vengono altresì specificate le materie di legislazione esclusiva dello Stato e quelle di legislazione concorrente. L’articolo 117 stabilisce esplicitamente che i porti e gli aeroporti civili sono materia di legislazione sia dello Stato sia delle Regioni 229. Questo pone delle difficoltà non trascurabili per quanto riguarda l’organica pianificazione aeroportuale nazionale che potrebbe venire compromessa da progetti e ambizioni locali. Infatti, da una parte è vero che gli aeroporti locali aiutano l’economia locale e promuovo il turismo, ma d’altra parte è pur vero che la proliferazione degli aeroporti ha dato luogo a un sistema fortemente frammentato che viene indicato come una delle cause

principali

della

debolezza

del

sistema

aeroportuale

italiano 230.

Effettivamente le rivendicazioni campanilistiche hanno causato più di una volta l’apertura di scali che difficilmente riescono a sostenersi autonomamente e i cui bilanci sono spesso in perdita. Per queste ragioni una delle proposte avanzate in sede parlamentare è stata quella di mettere a disposizione delle regioni le competenze necessarie ad assumere decisioni più opportune e più 227

Cfr. D. Jarach, op. cit., 2002, p. 158. Nel 2011 l’aeroporto di Francoforte ha trasportato più di 56,4 milioni di passeggeri, Monaco ne ha trasportarti quasi 37, 8, mentre Madrid e Barcellona ne hanno trasportato rispettivamente più di 49, 6 e quasi 34,4. Cfr. http://www.anna.aero/european-airport-traffic-trends/ (Aprile 2012). 229 Cfr. Costituzione della Repubblica Italiana, Parte II , Titolo V, art. 117, comma 3. 230 Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, p. 8. 228

81


ponderate. A tal proposito esistono diversi elementi che i promotori di tali iniziative devono tenere presenti, quali la potenziale dimensione del traffico aereo, i servizi presenti sul territorio, i collegamenti con rete la stradale e ferroviaria, nonché la vicinanza ad altri aeroporti locali o regionali 231. Alla luce di queste considerazioni la necessità di una maggiore cooperazione e coordinazione tra lo Stato e le Regioni appare indispensabile 232.

3.3.2. L’esiguità dei poteri conferiti all’Enac

L’Enac è un ente pubblico non economico il cui compito è quello di regolare il settore aeroportuale e di certificare, vigilare e controllare che le norme adottate siano rispettate. L’indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano ha evidenziato la necessità di interventi più efficaci anche di tipo sanzionatorio da parte dell’Enac, provvedimenti che oggi non è possibile adottare a causa delle forti limitazioni che l’ente stesso riscontra nell’esercizio delle proprie funzioni. Infatti, da una parte il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che dispone di poteri di indirizzo e vigilanza, controlla ogni singolo atto approvato dall’ente nello svolgimento regolare dei compiti a questo assegnati 233. Dall’altra si palesa l’esigenza di dotare l’Enac di maggiori strumenti sanzionatori «nei confronti dei gestori aeroportuali, dei prestatori di servizi handling (land side e air side), delle imprese di costruzione, dei vettori aerei e delle imprese di manutenzione aeronautica […] 234». Si registra inoltre un’insufficienza nell’organico dell’ente, soprattutto per quanto attiene il personale tecnico specializzato, che potrà essere risolto solo attraverso un intervento di tipo normativo. In definitiva, appare quindi essenziale giungere a una revisione nonché a un rafforzamento dei poteri conferiti a Enac, dando così modo all’ente di svolgere le proprie funzioni in modo rapido ed efficiente. A questo proposito la Commissione ha avanzato l’ipotesi di

231

Ivi, pp. 12, 13. Ivi p. 17. 233 Ivi p.34. 234 Ibidem. 232

82


trasformare l’Enac in una Agenzia con forma giuridica di ente pubblico economico 235.

235

Commissione IX, op. cit., Proposta di documento conclusivo, p. 35.

83


4. L’azienda aeroporto 4.1. L’aeroporto come impresa business 4.1.1. Il concetto di aeroporto fino alla liberalizzazione del mercato del trasporto aereo

Per lungo tempo l’aeroporto è stato concepito esclusivamente come semplice luogo di decollo e atterraggio degli aeromobili. In origine i servizi offerti dagli scali consistevano essenzialmente in una serie di attività indifferenziate e omogenee, che quindi non differivano particolarmente dalle prestazioni offerte negli altri aeroporti. Questa situazione è rimasta immutata fino alla liberalizzazione del trasporto aereo, prima della quale gli scali aeroportuali non

venivano

considerati

come

imprese

ma

come

semplici

«facilities

infrastrutturali 236». A tal proposito è sintomatico che le analisi di mercato fossero svolte non già dagli scali ma dai vettori aerei, confermando così il ruolo secondario nel quale era stata relegata l’impresa-aeroporto 237. Inoltre le funzioni di marketing aeroportuale erano pressoché inesistenti, poiché sostanzialmente non veniva attribuita un’adeguata importanza alle relazioni con il pubblico e alle indagini conoscitive sulla clientela dello scalo. Questa situazione è progressivamente mutata con la liberalizzazione del trasporto aereo che ha interessato non solo i vettori, ma anche gli aeroporti. Infatti le conseguenze della deregulation, che ha completamente mutato le regole del gioco competitivo tra i vettori, si sono fortemente riverberate sulla gestione aeroportuale che è così passata da una sostanziale staticità al dinamismo proprio

236 237

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 30. Ivi, p. 33.

84


delle imprese di business 238. Con la deregolamentazione si è assistito non solo a una maggiore concorrenza tra i vettori aerei ma anche tra gli stessi aeroporti, che da allora, si prodigano per attrarre i clienti intermedi, ovvero le compagnie. attraverso politiche di natura commerciale.

4.1.2. La nascita dell’impresa-aeroporto: il marketing aeroportuale e le attività aviation related

La liberalizzazione ha quindi segnato la fine della staticità gestionale dell’aeroporto e nel contempo ha favorito la nascita di un mercato concorrenziale tra gli scali. Uno scalo non si configura più come un semplice fornitore di infrastrutture per il decollo e l’atterraggio degli aeromobili, ma con il tempo è divenuto un’impresa vera e propria, capace quindi di creare valore economico e di attrarre considerevoli risorse finanziarie 239. In conseguenza della natura di impresa dell’aeroporto e della necessità di attirare per questo motivo capitali e investimenti, si assiste alla nascita del marketing aeroportuale che risulta essere l’insieme di diverse attività che hanno come finalità quella di promuovere lo sviluppo e la crescita degli scali. Tra queste funzioni possono essere altresì annoverati i diversi incentivi che sono rivolti in massima parte ai clienti intermedi e che comprendono alleanze strategiche tra aeroporti e compagnie aeree, contributi economici ai vettori, sia per l’apertura di nuove rotte che per il mantenimento di quelle già in funzione, e sconti sulle tariffe di handling. Con la nascita dell’impresa-aeroporto si assiste a un’intensificazione della concorrenza tra scali, che attraverso gli incentivi e le promozioni attraggono verso sé le aerolinee anche a discapito degli altri scali. L’inasprimento della competizione e il numero sempre crescente di competitors hanno palesato la necessità di una differenziazione nell’offerta proposta dagli scali e di una precisa definizione della propria posizione all’interno del mercato 240. Il giusto posizionamento nell’arena appare quindi cruciale per qualunque azienda, che ha a disposizione un ampio ventaglio di scelte strategiche: 238

Ivi, p. 35. Cfr. F. Rotondo, op. cit., 2011, p. 1. 240 D. Jarach, op. cit., 2002, p. 40. 239

85


l’impresa-aeroporto può infatti decidere di operare come primary hub, secondary hub, regional airport, low cost airport oppure all-cargo airport. Ciascun modello implica chiaramente l’attuazione di politiche differenti: il primary hub è un aeroporto primario di rilevanza comunitaria come in Italia è Roma Fiumicino; il secondary hub ha un flusso di passeggeri inferiore al primary ed è uno scalo di rilevanza nazionale come oggi Linate; il regional airport si caratterizza per movimenti ancora inferiori rispetto al secondary hub, è un aeroporto meno congestionato e ha anch’esso rilevanza nazionale; il low cost airport è uno scalo minore, in cui il servizio è ridotto al minimo e attrae prevalentemente compagnie low cost, charter e vettori secondari; infine l’all-cargo airport si distingue per essere un aeroporto completamente dedicato al servizio merci. Nella nuova industria aeroportuale diviene cruciale trovare il corretto posizionamento all’interno del mercato, ma anche quantificare il potenziale bacino di utenza, ovvero la catchment area, e il tipo di clientela finale a cui prevalentemente l’offerta è rivolta. Un’attenta pianificazione risulta quindi indispensabile per sopravvivere nell’agone competitivo e conseguire risultati positivi in termini economici. Per quanto concerne i risultati economici, tradizionalmente i maggiori guadagni per l’impresa-aeroporto sono derivati dalle attività aviation related, ovvero la movimentazione di passeggeri e merci, considerate uno dei principali core business dell’impresa 241. Tali attività sono rivolte essenzialmente ai clienti intermedi (tutte le operazioni di tipo air side connesse con il traffico degli aeromobili) e ai clienti finali (tutte le operazioni di handling che siano rivolte ai passeggeri o alle merci) 242. Nello specifico, particolare importanza assumono i servizi di handling aeroportuale che si dividono al proprio interno in attività air side e land side. Le attività air side comprendono tutte le operazioni strettamente propedeutiche al volo quali l’assistenza alle operazioni in pista, la pulizia dell’aeromobile e i servizi si scalo, i rifornimenti di carburante e olio, la manutenzione dell’velivolo, tutte le operazioni aeree e la gestione degli equipaggi. Le attività land side comprendono più propriamente il controllo 241

Cfr. D. Jarach, L’impresa aeroporto. Il marketing come leva competitiva, Milano, Egea, 2012, e M. Riguzzi, op. cit. p. 44. 242 Cfr. A. M. Parroco, S. Volo, Customer satisfaction nell’impresa aeroporto, in Micro e Macro Marketing n. 1, Bologna, Il Mulino, aprile 2006, p. 75.

86


amministrativo e la supervisione a terra, l’assistenza ai passeggeri, ai bagagli, alle merci e alla posta e infine l’handling 243. L’attività di assistenza a terra ha costituito finora il core business dell’impresa-aeroporto, che oggi si è però arricchito di nuove attività che stanno assumendo sempre più rilievo in una prospettiva economica. Infatti, come già visto, l’offerta degli aeroporti non può più essere indistinta e identica: è divenuta necessaria una diversificazione che possa così incentivare i clienti intermedi a operare presso di essi. Attualmente l’industria aeroportuale si contraddistingue per la sua forte competitività, dovuta da una parte al moltiplicarsi degli scali, e dall’altra all’apertura di sempre più numerosi collegamenti ferroviari ad alta velocità. Questa intensa competizione ha comportato guadagni sempre minori per le imprese-aeroporto, che hanno dovuto spartire il mercato del trasporto con i nuovi competitors e che per tale ragione hanno offerto ingenti incentivi alle aerolinee e sconti sulle tariffe di assistenza a terra, riducendo così ulteriormente il proprio margine di profitto 244. In definitiva le mutate regole dell’arena competitiva pongono gli aeroporti di fronte a nuove sfide, ma anche a inedite e interessanti opportunità di crescita.

4.1.3. I nuovi business aeroportuali: le attività non aviation

Per lungo tempo l’impresa aeroportuale si è focalizzata su tutte le attività di tipo aviation, tralasciandone molte altre la cui rilevanza è andata crescendo con il tempo: si tratta di tutti i servizi di tipo non aviation che, come il nome stesso suggerisce, non sono direttamente rivolti ai clienti intermedi, ma hanno una natura più squisitamente commerciale. Le opportunità di guadagno offerte dalle attività non aviation related sono molteplici e sono tutte favorite dalla stessa struttura intrinseca dell’impresa-aeroporto. Negli scali aeroportuali infatti transita una moltitudine di potenziali consumatori nettamente superiore rispetto alla maggior parte degli altri esercizi. Inoltre, i passeggeri aerei sono più propensi a spendere rispetto a quelli degli altri mezzi di trasporto poiché è necessario trascorrere un notevole arco di tempo all’interno dell’aeroporto per 243 244

Cfr. Dir. (CE) 15 Ottobre 1996 n. 67, Allegato n. 1. Cfr. D. Jarach, op. cit., 2012.

87


effettuare i dovuti controlli 245. Nel mercato del trasporto aereo ogni scalo ha un proprio posizionamento anche per quanto attiene alla tipologia di utenti ed è su tale specifico target che l’impresa dovrà modellare la propria offerta. Vi sono molteplici attività non aviation related che possono essere adottate con la finalità di generare maggiori profitti e vengono raggruppate e suddivise in diverse categorie. -

Attività commerciali o retailing

Le attività commerciali vanno dalle più tradizionali alle più innovative e originali. Tra le più usuali vi sono i servizi di car rental, gli sportelli cambio valute e i bancomat, ma anche edicole, gioiellerie e negozi di souvenir. Vi sono poi anche servizi di ristorazione, parrucchieri, farmacie, internet point, servizi informativi e stand di promozioni. Tra i più innovativi e ancora poco impiegati, vi sono i servizi di advertising, ovvero i servizi di pubblicità che le società di gestione potrebbero

offrire tramite la

concessione di

spazi

all’interno

dell’aeroporto. Nonostante lo scalo sia, per le sue caratteristiche e per il tipo di clientela, un luogo ideale per le promozioni pubblicitarie, sovente le potenzialità economiche di questo servizio vengono sottostimate 246. -

Attività legate al turismo

Le attività legate al turismo sono molteplici e possiedono un enorme potenziale poiché comprendono diverse attività rivolte a una clientela di tipo leisure e nello specifico agli appassionati di aeronautica, interessati ad assistere alle varie attività che si svolgono nel sedime aeroportuale. In questo senso alcuni aeroporti hanno dato vita a servizi assolutamente inediti, ospitando all’interno del proprio sedime discoteche, cinema e spa, rivolti quindi non soltanto ai clienti tradizionali dello scalo, ma anche e soprattutto alla popolazione locale. Sulla scia di tali progetti, in Italia si registrano recentemente iniziative volte a valorizzare e a far conoscere le opere d’arte locali, collocandole all’interno dell’aeroporto. Anche la Commissione Parlamentare ha sottolineato l’importanza di ospitare opere d’arte all’interno degli scali italiani, sia per arricchire l’infrastruttura aeroportuale, che per promuovere l’arte e la cultura del territorio. 245 246

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 79. Ivi, cfr. D. Jarach, op. cit., 2012.

88


-

Attività congressuali

I servizi congressuali sono rivolti in massima parte a un turismo di tipo business e consistono nell’offerta per il mercato d’affari di sale conferenze e strutture simili all’interno del sedime aeroportuale. In questo contesto le società di gestione possono anche stipulare accordi strategici con le strutture ricettive attorno allo scalo. Il turismo d’affari è cruciale per gli aeroporti poiché i clienti business hanno una maggiore possibilità di spesa rispetto ad altre tipologie di passeggeri e offrendo loro sale per convegni o seminari all’interno del sedime aeroportuale, questo tipo di turismo potrebbe generare ingenti profitti. -

Attività immobiliari

Le attività immobiliari consistono nella pianificazione, progettazione e realizzazione di nuove strutture all’interno del sedime aeroportuale, nell’offerta di prodotti e servizi legati alla locazione degli spazi immobiliari e negli investimenti in project financing con operatori terzi per la realizzazione delle opere previste dal piano di sviluppo aeroportuale. -

Attività di consulting

Le attività di consulting sono tutti i servizi consulenziali che le società di gestione offrono ad altre società o individui. Si tratta sostanzialmente di conoscenze del tipo know-how per progettazioni o consulenze finanziarie 247. Oggi queste attività sono divenute sempre più decisive nell’assicurare ingenti profitti e perciò il potenziale economico dei servizi non aviation related non deve essere sottovalutato. Risulta importante a questo proposito rilevare le iniziative italiane, in particolare quelle di Roma e Milano, dove le rispettive società di gestione Adr e Sea, hanno intuito le notevoli opportunità di profitto che le attività non aviation related consentono 248.

247 248

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 96. http://www.adr.it/business , http://www.seamilano.eu/it (Aprile 2012).

89


4.1.4. I modelli emergenti degli scali low cost e commerciali

In un mercato deregolamentato e ipercompetitivo una delle sfide maggiori, come già visto, risulta essere quella di differenziare il proprio prodotto rispetto a quello offerto dalla concorrenza. Nel settore aeroportuale questa pratica non risulta di facile applicazione, ma allo stesso tempo appare essere una condicio sine qua non per conseguire profitti soddisfacenti. Tale situazione è presente anche sul territorio italiano ed è stata infatti portata alla luce anche durante l’indagine conoscitiva condotta dalla Camera dei deputati, quando durante una delle sedute Bruno Salvi, presidente dell’ASTRA (Associazione per la sicurezza nei trasporti), ha parlato della «mania italiana di fare di tutti gli aeroporti lo stesso

stabilimento

che

fornisce

lo

stesso

prodotto»249.

Risulta

quindi

fondamentale, riuscire a differenziare la propria offerta da quella della concorrenza, soprattutto quando i diretti competitors sono gli aeroporti limitrofi. A questo proposito due modelli di scalo aeroportuale che rompono con la tradizione sono sicuramente l’aeroporto commerciale e quello low cost. Nel modello commerciale l’obiettivo principale della società di gestione è la massimizzazione del profitto e per ottenerlo si ricorre a qualsiasi tipo di esercizio, anche non strettamente attinente con il trasporto aereo, ovvero le attività non aviation related

250

. Lo scopo è quindi quello di dare vita a un

aeroporto-centro commerciale, capace di calamitare grandi flussi di traffico che generano così notevoli profitti per lo scalo. Tale soluzione può rivelarsi vincente solo grazie alla proattività dei vertici manageriali della società di gestione ed essere realizzata solo in presenza di significative partecipazioni e investimenti di capitali privati 251. Un altro modello alternativo è costituito dall’aeroporto low cost. La deregulation ha dato la possibilità ai vettori a basso costo di affermarsi nel panorama del trasporto aereo e tale mutato contesto competitivo ha inciso significativamente anche sulla condizione degli scali. Sulla base del modello gestionale delle aerolinee, anche gli aeroporti low cost si concentrano su

249

Commissione IX, op. cit., seduta 8, 28 Aprile 2009. Cfr. D. Jarach, op. cit., 2012. 251 D. Jarach, op. cit., 2002, p. 76. 250

90


un’offerta assolutamente sobria, priva di fronzoli, elastica e in grado di adattarsi a diverse situazioni e capace quindi di generare notevoli risparmi gestionali. Anche questa offerta si prefigge come obiettivo la massimizzazione dei profitti, attraverso

però

il

contenimento

dei

costi.

A

differenza

dell’aeroporto

commerciale che rivolge i propri servizi al cliente finale, lo scalo low cost si focalizza sui clienti intermedi, soprattutto i vettori a basso costo, notevolmente interessati a usufruire delle contenute tariffe di handling offerte. Il risparmio conseguito sia dall’aeroporto che dalle aerolinee si riverbera di conseguenza sul passeggero che è quindi motivato a volare da quel determinato aeroporto, con quelle determinate compagnie, innescando così un circolo virtuoso per lo scalo e il territorio. Sul territorio europeo sono presenti diversi aeroporti low cost, come i due scali di Londra Stansted e Luton o più recentemente l’aeroporto belga di Charleroi. Uno degli esempi più significativi è certamente quello dello scalo marsigliese MP2, inaugurato nel 2006 a seguito della crisi gestionale attraversata dall’aeroporto principale della città e dovuta in parte all’apertura del collegamento ad alta velocità tra Marsiglia e Parigi. Le compagnie principali che volano dal nuovo scalo francese sono la Ryanir e la easyJet, attratte dalle economiche tariffe di handling

252

. L’MP2 si configura esattamente come uno

scalo low cost: il pavimento non è piastrellato, le canaline elettriche risultano scoperte e in vista, così come anche le tubature che non sono rivestite; all’interno della struttura non sono presenti i carrelli per portare i bagagli, né grandi negozi di shopping o punti ristoro. All’esterno gli aeromobili non sono parcheggiati perpendicolarmente, ma in parallelo: in questo modo i velivoli sono già in posizione di partenza e non necessitano dell’ausilio delle motrici per fare manovra 253. Tutto ciò si traduce in significativi risparmi gestionali sia per le compagnie aeree sia per i clienti finali. Le realtà dell’aeroporto commerciale e di quello low cost non costituiscono due modelli che si trovano agli antipodi, bensì possono integrarsi in un’unica filosofia e in questo senso un esempio emblematico è rappresentato dall’aeroporto di Bergamo – Orio al Serio. La storia dell’aeroporto bergamasco 252

http://www.mp2.aeroport.fr/ (Aprile 2012). http://www.professioneturismo.net/approfondimenti/marsiglia-quando-laeroporto-diventa-low-cost (Aprile 2012).

253

91


inizia come quella di tanti altri scali minori che si ritrovano a dover sopravvivere in un contesto altamente competitivo che vede in questo caso la presenza limitrofa di due scali tra i più importanti d’Italia, Malpensa e Linate. L’allora piccolo aeroporto di Orio al Serio non assicurava notevoli flussi di traffico ed era per lo più utilizzato da compagnie italiane minori come Air Sicilia, Meridiana, Air Dolomiti, Volare, oltre a essere impiegato per i voli charter. Con la deregolamentazione è divenuto possibile per le compagnie low cost provenienti da altri Paesi europei operare anche all’interno del territorio italiano, permettendo così agli aeroporti minori e periferici di crescere e, in alcuni casi, di prosperare. La Ryanair nel 2003 sceglie Orio al Serio come proprio hub dell’Italia nord-occidentale e in poco tempo lo scalo bergamasco inizia a sperimentare un boom di arrivi e partenze fino ad allora sconosciuto 254. In circa dieci anni l’aeroporto vede moltiplicarsi considerevolmente il proprio traffico, passando da un milione di passeggeri prima che la Ryanair iniziasse a operare a 8,5 milioni alla fine del 2011 255. Anche il ritorno economico per il territorio è imponente: la produzione legata al settore del trasporto aereo fattura oggi 2,5 miliardi di euro con una crescita del 785% rispetto alla situazione precedente all’ingresso di Ryanair e anche l’occupazione legata direttamente e indirettamente al comparto aereo è passata da tremilaseicento dipendenti ai diciottomila di oggi 256. Le infrastrutture turistiche e ricettive territoriali sono aumentate del 750% rispetto al 2002, così come è cresciuto il numero di attività commerciali legate all’intenso flusso turistico 257. Inoltre all’interno del sedime aeroportuale si trova oggi un importante centro commerciale, l’Orio Center, che attrae non soltanto i passeggeri in transito nello scalo (molti passeggeri, soprattutto i giovani turisti, arrivano a Orio al Serio con il primo volo del mattino per fare acquisti nel grande centro commerciale e ripartono la sera con l’ultimo volo disponibile), ma anche molti abitanti del bergamasco. L’aeroporto di Orio al Serio è oggi la quinta realtà aeroportuale

254

http://www.ryanair.com/it/about (Aprile 2012). http://www3.lastampa.it/focus/europa/sezioni/europa-che-funziona/articolo/lstp/439918/ 2012). 256 Ibidem. 257 Ibidem. 255

(Aprile

92


italiana per volumi di traffico dopo Fiumicino, Malpensa, Linate e Venezia e si configura come un vero e proprio hub low cost del Mediterraneo 258.

4.2. Gli scali aeroportuali e lo sviluppo del territorio Come accennato precedentemente con il caso di Bergamo – Orio al Serio, un aeroporto può effettivamente generare ingenti ritorni economici per il territorio creando nuovi posti di lavoro e favorendo la nascita di nuove attività legate direttamente e non al settore del trasporto aereo. Questo è quanto è successo a Bergamo, ma anche in molte altre regioni europee, come per esempio a Charleroi. Città belga che sorge al centro di un importante bacino carbonifero sfruttato per secoli e di recente completamente abbandonato, Charleroi si trova all’interno di un territorio economicamente depresso, che però ha ritrovato parte della sua vitalità grazie alle rotte operate dalla compagnia irlandese Ryanair, che ha iniziato la sua attività nell’aeroporto vallone nel 1997 259. Nel 2011 presso lo scalo di Charleroi, che è stato scelto a suo tempo come prima base continentale dalla Ryanair, sono transitati 5.901.000 passeggeri, rispetto ai 210.730 del 1998, primo anno di attività della compagnia low cost nell’aeroporto belga 260. La società di gestione ha come obiettivo quello di raggiungere i 6,5 milioni di passeggeri nell’anno 2012, conseguendo così un utile pari a 11,4 milioni di euro 261. Il successo dello scalo di Charleroi si è riverberato su tutto il territorio circostante e più in generale sulla regione della Vallonia, permettendo così una notevole ripresa dell’economia locale.

258

Ibidem. http://www.ryanair.com/it/about (Aprile 2012). 260 http://www.charleroi-airport.com/en/the-airport/statistics/index.html (Aprile 2012). 261 http://mefite.ice.it/settori/ViewNews.aspx?C=Logistica.aspx&Id_Notizia=28815&idMacro=384 (Aprile 2012). 259

93


4.2.1. Gli impatti economici determinati dalla presenza di uno scalo aeroportuale sul territorio

Un aeroporto, come si è visto, determina sempre delle ricadute economiche sul territorio che possono essere più o meno significative in relazione alla tipologia di scalo e alla sua catchement area, ovvero il bacino d’utenza. Gli impatti economici generati dalla presenza di un aeroporto all’interno di una realtà locale sono molteplici e di diversa natura e per tali ragioni è opportuno operare un distinguo tra i diversi effetti, anche per poterne meglio comprendere la portata.

- Impatti diretti Questo tipo di effetto fa riferimento all’impatto economico determinato in maniera diretta dalle attività svolte all’interno, ma anche all’esterno dell’aeroporto, quindi sono comprese all’interno di tale definizione tutti i servizi e le funzioni svolte dalle società di handling, compagnie aeree, dalle società di gestione, e da una pluralità di altri soggetti che svolgono attività direttamente collegate al settore del trasporto aereo. A questo proposito è chiarificatrice la definizione data della FAA (Federal Aviation Administration) su cosa si intenda e cosa comprendano gli impatti diretti: Some direct impacts, like airport employment, occur on site; others, like local production of goods and services for use at the airport, may occur off site. The distinguishing feature of direct impact is that it is an immediate consequence of airport economic activity. Strictly speaking, direct impacts should represent economic activities that would not have occurred in the absence of the airport 262. Il

maggiore

impatto

diretto

generato

da

un

aeroporto

consiste

nell’occupazione determinata all’interno dello scalo -connessa soprattutto alle compagnie aeree e alle società di gestione e di handling- e nelle aree limitrofi, legata in massima parte alle attività commerciali. Si calcola che in media oltre il 50% dell’occupazione diretta sia generata dalle compagnie aeree e dalle società

262

U.S. Department of Transportation, Federal Aviation Administration, Estimating the Regional Economic Significance of Airports, Washington 1992, p. 15.

94


di servizi di assistenza a terra, mentre il restante 48% è suddivisa in ordine decrescente tra gli operatori di trasporto a terra, gli operatori aeroportuali, i concessionari di servizi, le compagnie di trasporto merci e le agenzie di controllo 263. -

Impatti indiretti

Gli effetti indiretti sono determinati dalle attività off site, ovvero fuori dal sedime aeroportuale, ma che offrono dei servizi ai clienti dello scalo. Negli impatti indiretti rientrano tutte le spese effettuate nell’ambito regionale dai passeggeri, dagli equipaggi e più in generale dai soggetti che lavorano all’interno dell’aeroporto 264. Per quanto riguarda gli effetti indiretti la definizione della FAA recita così: Indirect impacts derive primarily form off site economic activities that are attributable to the airport. These activities include services provided by travel agencies, hotels, restaurants, and retail establishments. […] Indirect impacts differ from direct impacts in that they originate entirely off site. […] Like direct impacts, indirect impacts should theoretically represent economic activities that would not have occurred in the absence of the airport 265. -

Impatti indotti

Questo tipo di impatto economico è costituito essenzialmente dagli effetti moltiplicativi degli impatti diretti e indiretti e riguardano soprattutto i nuovi posti di lavoro generati e i rispettivi stipendi. La stessa FAA definisce gli effetti indotti come «multiplier effects of the direct and indirect impacts. These are the increases in employment and incomes over and above the combined direct and indirect impacts, created by successive rounds of spending»266. -

Impatti dinamici

Gli effetti dinamici o catalitici riguardano gli impatti economici generati dall’offerta

del

servizio

di

trasporto

e

si

riferiscono

sostanzialmente

all’occupazione e al valore aggiunto generato dalle imprese che, in conseguenza della nascita dello scalo, decidono di stabilire il proprio business nella zona 263

R. Zucchetti, O. Baccelli, op. cit., p. 15. Ivi, pp. 16, 17. 265 U.S. Department of Transportation, Federal Aviation Administration, op. cit., p. 16. 266 Ivi, p. 17. 264

95


aeroportuale. L’impatto dinamico è difficilmente misurabile in termini certi e per tale motivo non viene sempre riconosciuto da tutti gli studi: la FAA, per esempio, non elenca gli effetti dinamici tra i possibili impatti sul territorio conseguenti all’apertura di un aeroporto. Tuttavia, questi vengono presi in considerazione e studiati dall’Icao. -

Impatto globale

L’impatto globale è sostanzialmente rappresentato dalla somma degli effetti diretti, indiretti, indotti e dinamici. La distinzione tra i diversi tipi di impatti elencati è riconosciuta come valida dai maggiori organismi competenti, sebbene la FAA non prenda in considerazione quelli dinamici e l’Icao operi criteri diversi da quelli della FAA e dell’ACI Europe per definire gli effetti diretti e quelli indiretti. Nonostante alcune divergenze sulla definizioni, il quadro presentato dalla Federal Aviation Administration e dall’Airport Council International Europe può considerarsi esaustivo e funzionale allo studio degli impatti generati dalla presenza di un aeroporto sul territorio.

4.2.2. Le sinergie tra la crescita economica del territorio e lo sviluppo dell’aeroporto Gli aeroporti rappresentano oggi delle infrastrutture fondamentali, il cui sviluppo risulta essere essenziale per l’economia nazionale e regionale. Tra i mezzi i trasporto, e in particolare gli aeroporti, e il territorio esiste un particolare rapporto di interdipendenza che lega la crescita della regione al ruolo delle grandi infrastrutture di trasporto 267. Da un lato quindi, uno scalo efficiente può favorire lo sviluppo territoriale, e dall’altro un sistema economico che sia dinamico e produttivo rappresenta un fattore cruciale per il successo di un aeroporto. Quando uno scalo è in grado di diventare un’importante risorsa per il territorio e il secondo è capace di fornire al primo un bacino d’utenza sufficiente,

267

L. Tomberg, Le politiche di promozione del territorio «aeroportuale»: l’esperienza europea e il caso Malpensa, in Aeroporti e sviluppo regionale: rassegna di studi, a cura di A. Sinatra, Milano, Guerini e Associati, 2001, p. 91.

96


viene a determinarsi un circolo virtuoso tra l’aeroporto e il contesto locale e regionale. Infatti una maggiore accessibilità ai servizi aerei promuove lo sviluppo dell’economia territoriale, che a sua volta favorirà la crescita del trasporto aereo 268. I grandi scali generano valore all’interno del sistema economico su due diversi fronti: da una parte determinano la concentrazione di ingenti investimenti e la creazione di servizi strettamente legati all’impresa-aeroporto, dall’altra determinano lo sviluppo di attività economiche non legate in maniera diretta al trasporto aereo 269. Gli scali producono sul territorio un impatto difficilmente trascurabile, poiché creano occupazione e favoriscono prosperità e stabilità economica. Tali effetti, chiamati catalitici, sono legati primariamente a una maggiore accessibilità regionale che incentiva sia l’efficienza che la produttività. Gli scali sono quindi in grado di aumentare la visibilità territoriale, rendendo l’area aeroportuale più appetibile agli investimenti e alle localizzazioni di imprese che a propria volta determinano un incremento nelle capacità competitive locali 270. Il successo dell’aeroporto dipende d’altra parte anche dalle politiche di sostegno adottate dal contesto territoriale che deve essere capace di supportare l’azienda-aeroporto. Il settore dei servizi finanziari è certamente uno di quelli che più beneficia e si avvantaggia della vicinanza di uno scalo aeroportuale, la cui presenza consente una distribuzione rapida ed efficiente dei servizi, dei beni e delle merci, una maggiore apertura del mercato e un sostanziale incremento della competitività economica locale. Ciò è suffragato dall’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development) che ha stimato che più di un terzo del valore del traffico merci mondiale viene movimentato per via aerea 271. La presenza di un aeroporto può attrarre considerevoli investimenti di imprese sia nazionali che estere, favorire l’espansione delle attività già presenti sul territorio e generare un significativo flusso turistico, perciò il successo e la crescita dello

268

Airport Council International Europe, York Aviation, The social and economic impact of airports in Europe, gennaio 2004, p. 11. 269 Basti pensare alla differenze che intercorre tra i servizi di assistenza a terra, legati direttamente all’attività di trasporto aereo, e le imprese che scelgono di insediarsi nelle vicinanze dell’aeroporto per ragioni logistiche. 270 R. Zucchetti, O. Baccelli, op. cit., p. 31. 271 Airport Council International Europe, York Aviation, op. cit., p. 7.

97


scalo influiscono considerevolmente sulle scelte localizzative delle imprese e di conseguenza sullo sviluppo locale 272. Il trasporto aereo è quindi una componente cruciale e fondamentale della moderna economia, in assenza della quale molte regioni periferiche verrebbero parzialmente escluse dai processi di sviluppo economico. Uno studio dell’ACI Europe condotto in collaborazione con la York Aviation, ha stimato che per ogni milione di passeggeri gli aeroporti europei generano circa tremila posti di lavoro a livello nazionale (di cui mille diretti), duemila a livello regionale e più di millequattrocento nel contesto locale273. Questi dati forniscono un quadro generale della fondamentale importanza che gli scali rivestono nella promozione e nella crescita del territorio. A questo proposito è interessante il rapporto che si viene a creare tra lo scalo aeroportuale e le città che

successivamente

sorgono

nelle

sue

immediate

vicinanze.

Queste

conurbazioni, definite airport cities o aerovilles, ospitano al proprio interno attività commerciali e imprese legate all’aeroporto e ne sfruttano l’accessibilità internazionale 274. Un valido esempio di airport city è Dusseldorf, nel cui bacino sono localizzate circa cinquecento imprese giapponesi e più di quattrocento filiali di società multinazionali americane. Il giro di affari che potenzialmente uno scalo può sviluppare è quindi notevole e perciò l’attivazione del circolo virtuoso di crescita che si instaura tra aeroporto e territorio risulta fondamentale.

4.2.3. Il contributo dell’aeroporto nella promozione del turismo

Il servizio di trasporto aereo permette spostamenti rapidi sia per lavoro sia per turismo, un settore questo sempre più rilevante dell’economia mondiale e in continua espansione. Infatti secondo il World Travel and Tourism Council Taking accounts of its direct, indirect and induced impacts, travel and tourism total contribution in 2011 was US $ 6.3 trillion in GDP, 255 million jobs, US $ 743 billion in investment

272

O. Baccelli, La valorizzazione degli aeroporti come catalizzatori di nuove attività, in Aeroporti e sviluppo regionale: rassegna di studi, a cura di A. Sinatra, p. 120. 273 Airport Council International Europe, York Aviation, op. cit., p. 9. 274 O. Bacelli, op. cit., p. 121.

98


and US $ 1,2 trillion in exports. This contribution represented 9% of GDP, 1 in 12 jobs, 5% of investment and 5% of exports 275. Ciò che emerge è quindi l’importanza fondamentale che il settore turistico riveste, un comparto dell’economia mondiale che vede coinvolte diverse tipologie di servizi, da quelli alberghieri a quelli ristorativi, da quelli congressuali a quelli più propriamente commerciali. Esistono inoltre alcuni segmenti turistici in cui il trasporto aereo e in particolare la vicinanza di un aeroporto svolgono un ruolo cruciale, ovvero il turismo di massa, i viaggi di tipo business, i centri per conferenze e fiere e gli avvenimenti internazionali 276. Un grande scalo permette infatti l’organizzazione di grandi eventi di richiamo internazionale in grado di generare servizi turistici avanzati e di migliorare la visibilità e notorietà del territorio. Gli aeroporti risultano quindi essere fondamentali nello sviluppo del turismo mondiale e nazionale, soprattutto nel caso di regioni remote o difficilmente raggiungibili con mezzi di trasporto alternativi. Un esempio emblematico è quello della Gran Bretagna, dove il 70% dei turisti stranieri utilizza l’aereo per raggiungere l’isola 277. La situazione è simile per le isole greche di Corfù, Creta e Rodi, meta ogni anno di rilevanti flussi turistici, dove l’80% dei visitatori stranieri giunge tramite il mezzo aereo 278. Tuttavia, la crescita del traffico passeggeri di tipo leisure non è un’immediata e diretta conseguenza della presenza di un aeroporto sul territorio, ma si può realizzare esclusivamente attraverso un’organizzazione precisa dell’offerta e una pianificazione aeroportuale scrupolosa.

4.3. La pianificazione del marketing aeroportuale Il settore aeroportuale si trova oggi a dover affrontare una serie di questioni sorte in conseguenza del mutato contesto competitivo. L’incessante proliferazione degli scali, l’alta velocità ferroviaria, le videoconferenze e oggi il 275

http://www.wttc.org/research/economic-impact-research/ (Maggio 2012). O. Bacelli, op. cit. a cura di A. Sinatra, op. cit., p. 122. 277 Airport Council International Europe, York Aviation, op. cit., p. 42. 278 Ivi, p. 43. 276

99


recesso mondiale dell’economia sono alcuni aspetti cruciali di un cambiamento che minaccia la sopravvivenza stessa degli aeroporti nella loro accezione più tradizionale. Per queste ragioni oggi lo scalo come impresa deve necessariamente adottare un approccio market e customer oriented, attraverso una scrupolosa pianificazione aeroportuale. Il piano di marketing aeroportuale garantisce un’attenta analisi delle attività di commercializzazione e consente inoltre, attraverso una pratica organizzazione in quattro steps, un accurato controllo dei risultati.

4.3.1. Le diverse fasi della pianificazione

Essenzialmente il marketing aeroportuale consiste di quattro fasi precise e ben distinte: -

La diagnosi dello stato dell’arte

-

La definizione degli obiettivi da perseguire

-

L’attuazione degli obiettivi

-

Il controllo dei risultati

Diagnosi dello stato dell’arte La diagnosi dello stato dell’arte si presenta come una valutazione delle condizioni di salute del contesto ambientale e socio-economico nel quale l’impresa-aeroporto si trova a operare 279. Lo scopo di tale perizia è quello di definire in modo certo il posizionamento dell’impresa-aeroporto nell’agone competitivo sia nel passato sia al momento della diagnosi. L’analisi viene perciò scissa in due parti: una prima parte rispondente all’esigenza di dare un preciso collocazione all’impresa nel passato e una seconda parte funzionale al rilevamento dell’attuale posizione. Nella prima fase si analizzeranno precipuamente le variazioni a livello macroeconomico, sia di carattere politico che non 280, il raggiungimento degli obiettivi posti, le politiche strategiche adottate dai competitors e le relazioni con 279

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 115. Un mutamento macroambientale di carattere politico può essere per esempio, l’introduzione di una nuova direttiva da parte della Comunità Europea che disciplini una particolare materia del settore del trasporto aereo. Una variazione macroambientale che non ha carattere immediatamente politico può essere l’aumento del prezzo del petrolio. 280

100


i propri clienti. Si passa quindi alla seconda parte nella quale verranno analizzate specificatamente le eventuali ultime variazioni macroeconomiche, le politiche strategiche dei diretti avversari e infine sia il portafoglio dei servizi offerti ai clienti,intermedi e finali, che il portafoglio di questi ultimi 281. Definizione degli obiettivi di mercato Dopo un’attenta analisi della propria posizione nell’agone competitivo e dopo aver valutato le opportunità e le minacce del contesto entro cui si muove l’impresa, si passa alla definizione degli obiettivi. I traguardi che l’azienda si pone saranno da raggiungere in maniera graduale ed entro un determinato periodo temporale. Principalmente sono cinque gli obiettivi che l’impresa-aeroporto può decidere di intraprendere 282: -

La conquista di nuove quote di mercato, qualora l’obiettivo sia l’espansione all’interno dell’arena competitiva. Questa politica può essere perseguita, per esempio, tramite l’apertura di nuovi servizi.

-

Il consolidamento dell’attuale quota di mercato, qualora il mercato sia così maturo da propendere per una soluzione più conservativa. L’obiettivo sarà quindi ottenere dei risultati in linea con quelli già ottenuti nel passato.

-

La mietitura, qualora la situazione ambientale ed economica rendesse necessaria una razionalizzazione dell’offerta, riducendo i servizi frill e le sacche di inefficienza gestionale.

-

La liquidazione della quota di mercato di un determinato servizio detenuta dall’azienda, qualora non sia possibile operare un risanamento e una razionalizzazione delle spese. Questa decisione viene solitamente assunta in presenza di un forte deficit finanziario.

-

Il miglioramento delle performance reddituali, qualora l’obiettivo sia il risanamento dell’impresa attraverso politiche che non comprendano esclusivamente il taglio di costi ritenuti accessori.

281

Cfr. D. Jarach, op. cit., 2002. Il portafoglio dei servizi consiste nei diversi business o ASA in cui l’azienda è presente, quindi nel caso di un aeroporto potrebbero essere i servizi di retailing, real estate, handling e simili. Il portafoglio dei clienti consiste invece in un’analisi dei diversi tipologie di clienti target, siano essi aerolinee o passeggeri, quindi una valutazione di tipo qualitativo, ma anche di tipo quantitativo. 282 Cfr. D. Jarach, op. cit., 2002.

101


Attuazione degli obiettivi Una volta definita la strategia da intraprendere, si passa alla sua attuazione. Questa fase varia a seconda delle politiche adottate ma qualunque esse siano, risulta sempre fondamentale, al fine di conseguire gli obiettivi prefissi, stabilire un ragionevole periodo di tempo entro il quale operare i cambiamenti e un budget economico che andrà rispettato. Controllo dei risultati L’ultima fase, quella di controllo, è costituita da due parti distinte: la prima, chiamata gap analysis, risulta essere il confronto tra gli obiettivi definiti precedentemente e quelli raggiunti; la seconda parte è la definizione delle ipotesi di correzione conseguente all’analisi degli scostamenti e dovrà proporre soluzioni alternative a quelle adottate fino a quel momento.

4.3.2. Il marketing aeroportuale in Italia Come già precedentemente analizzato 283, la situazione aeroportuale italiana è caratterizzata da un quadro normativo sostanzialmente incerto che non ha giovato alle politiche strategiche delle varie società di gestione. In Italia si evidenza

inoltre

una

effettiva

sottostima

dell’importanza

e

soprattutto

dell’efficacia di un’attenta pianificazione aeroportuale e ciò ha in parte contribuito a delineare l’attuale condizione che vede un totale di circa cento aeroporti, di cui soltanto venti sono in grado di sviluppare un traffico soddisfacente. Gli aeroporti sorgono spesso all’interno del bacino d’utenza di un altro scalo, dando spesso luogo a fenomeni di cannibalismo che indeboliscono e frammentano ulteriormente il sistema aeroportuale nazionale. Inoltre risulta evidente che molti di essi non siano sorti all’interno di una programmazione e pianificazione condivisa tra lo Stato e la Regione, ma in molti casi hanno origine dalle rivendicazioni campanilistiche locali. In Italia manca quindi una vera politica di marketing capace sia a livello nazionale che locale di pianificare una

283

Cfr. Capitolo 3.

102


costruzione organica degli scali aeroportuali e delle infrastrutture necessarie, ma anche di quantificare in maniera certa l’entità di fondi da stanziare 284. In definitiva, si assiste sovente in Italia, anche in ambito regionale, a una sottovalutazione della rilevanza del marketing aeroportuale come strumento di progettazione: se tale situazione dovesse perdurare, potrebbe determinare in un futuro la progressiva marginalizzazione degli scali italiani dal mercato mondiale 285.

4.4. La pianificazione strategica aziendale La pianificazione della strategia e la gestione di quest’ultima appaiono ormai come pratiche indispensabili per qualunque impresa che voglia operare all’interno dell’arena competitiva mediante processi, metodologie e sistemi che siano validi. Le scuole di pensiero e le teorie in proposito sono molteplici e utilizzate nei più diversi settori economici. Il comparto aeroportuale, come già delineato, è un settore altamente competitivo nel quale le risorse tangibili e intangibili (competenze di tipo know-how) e le politiche messe in atto incidono significativamente sui risultati finali. Alcuni degli strumenti ritenuti finora più validi ed efficaci sono stati sviluppati dalla scuola di Harvard nel corso degli anni sessanta e settanta e dagli autori della Resource Based View dagli anni novanta a oggi 286.

4.4.1. La scuola harvardiana Tra gli anni cinquanta e settanta l’Harvard Business School ha progettato diversi modelli di gestione strategica che consentissero alle imprese di perseguire le politiche più adatte al proprio business. Secondo la scuola di Harvard è necessario operare un chiaro distinguo tra il pensiero, ovvero il processo della formulazione della strategia, e l’azione, ovvero il momento della sua 284

D. Jarach, op. cit., 2002, p. 63. Ivi, p. 130. 286 Cfr. G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, Milano, McGraw-Hill, 2008. 285

103


attuazione 287. Durante la prima fase, caratterizzata da un percorso conoscitivo e decisionale, è possibile per l’azienda servirsi di alcuni validi strumenti, primo fra tutti la SWOT analysis. SWOT è l’acronimo di quattro parole: Strengths (i punti di forza), Weaknesses (i punti di debolezza), Opportunities (le potenziali opportunità) e Threats (le potenziali minacce). Questo tipo di analisi risulta essere uno strumento altamente flessibile, in grado sia di fornire un quadro accurato della situazione che di individuare la strategia più confacente alle caratteristiche dell’impresa 288. La SWOT prevede diverse fasi: -

Inizialmente vengono raccolti tutti i dati e le informazioni disponibili sulla propria azienda e sui competitors.

-

Nello step conseguente si individuano le informazioni più rilevanti ai fini dell’analisi.

-

Successivamente viene utilizzata la matrice SWOT 289. I punti di forza e di debolezza possono essere ricondotti ai fattori endogeni

dell’impresa e in questa parte l’obiettivo che ci si prefigge è quello di indagare da una parte quali siano le capacità che distinguono l’impresa dai suoi competitors e come sfruttarle, e dall’altra quali siano le debolezze intrinseche per poterle così eliminare. Le opportunità e le minacce sono invece considerati fattori esogeni e in questo caso l’analisi mira a portare alla luce le opportunità che possono avvantaggiare l’azienda e le minacce che devono essere eluse o fronteggiate in maniera efficace 290. Tuttavia, benché il suo valore come modello di gestione strategica sia indiscusso, la SWOT analysis presenta non pochi limiti. Infatti specialmente nell’odierno mondo economico, risulta estremamente difficile conoscere tutta la realtà di un’azienda attraverso un’unica matrice divisa in quattro punti fondamentali: il modello rischia di portare a un irrigidimento strategico e quindi decisionale. Inoltre «people who use SWOT might conclude that they have done an adequate job of planning and ignore such sensible things as defining the firm’s

287

Cfr. K.R. Andrews, The Concept of Corporate Strategy, Illinois, Homewood, 1971. http://www.businessballs.com/swotanalysisfreetemplate.htm (Maggio 2012). 289 G. Invernizzi, op. cit., p. 86. Si veda tabella 4.1. 290 Ibidem. 288

104


objectives or calculating ROI291 for alternate strategies 292». La SWOT presenta anche diversi problemi di natura applicativa: innanzitutto le informazioni e i dati sulla concorrenza di cui l’azienda è in possesso potrebbero essere incompleti o insufficienti, secondariamente l’analisi dei risultati ottenuti può essere è estremamente soggettiva, infine è possibile che alcuni fattori esogeni siano sconosciuti all’impresa 293. Nondimeno, la SWOT analysis rimane uno dei capisaldi della formulazione e della gestione strategica e può essere facilmente integrata con altri modelli analitici come per esempio il PEST, un’analisi quantitativa di tipo Politico, Economico, Sociale e Tecnologico che valuta nello specifico le condizioni del mercato e dei competitors 294. Fondamentale al superamento di alcuni limiti insiti nel pensiero della scuola di Harvard è stato il contributo di Richard Normann che sul finire degli anni settanta teorizzava una gestione strategica che fosse innanzitutto un processo di apprendimento continuo, superando così la separazione tradizionale tra pensiero e azione, due elementi che nell’interpretazione di Normann si intrecciano necessariamente 295. Infine appare utile a tal proposito ricordare anche il pensiero di Henry Mitzenberg che negli stessi anni propone una distinzione tra i diversi tipi di strategia. Esiste infatti una strategia deliberata, ovvero quella che viene elaborata dai vertici aziendali, una strategia realizzata, ovvero quella che effettivamente viene implementata e infine vi sono le strategie emergenti, ovvero tutte quelle che si sviluppano gradualmente durante tutto il processo strategico e che modificano la strategia deliberata in quella che poi verrà concretamente realizzata 296.

291

ROI letteralmente significa Return On Investment e consiste nell’indice di redditività del capitale investito in una data azienda. C. T. Hongren, L. Gary, L. Sundem, W. O. Stratton, Programmazione e controllo, Milano, Pearson Paravia Mondadori, 2007, p. 375. 292 J.S. Armstrong, Don’t do SWOT: A Note on Marketing Planning, in ManyWorlds, 2004. 293 G. Invernizzi, op. cit., p. 87. 294 http://www.businessballs.com/swotanalysisfreetemplate.htm (Maggio 2012). Per un approfondimento sulle diverse combinazioni di analisi tra la SWOT e la PEST si rimanda a M. Armstrong, A Handbook of Human Resource Management Practice, 11th edition, London, Kogan Page 2008. 295 Cfr. R. Normann, Management of Growth, Wiley, New York, 1977. 296 Cfr. H. Mitzenberg, Patterns in Strategy Formation, in Management Science n. 24, 1978.

105


Tabella 4. 1 Esempio di matrice utilizzata per la SWOT analysis

Internal

Positive

Negative

Strengths

Weaknesses

Capacità tecnologiche Vantaggi competitivi Risorse, competenze, personale Esperienza, conoscenza Riserve Finanziarie Aspetti Innovativi Localizzazione geografica Qualificazioni, certificazioni Processi e sistemi informatici integrati Impresa leader Canali di distribuzione Fedeltà del cliente Qualità del prodotto

Mancanza di capacità Gap Tecnologico Assenza di competitività Reputazione negativa Problemi finanziari Scarso accesso al canale di distribuzione Scarsa fedeltà clientelare Qualità insufficiente del prodotto

Factors

External Opportunities

Threats

Factors Sviluppi nel mercato Vulnerabilità dei competitors Sviluppi tecnologici Innovazioni Cambiamenti politici Nuovi potenziali mercati Sviluppo di nuovi prodotti Mercati di nicchia Partnerships Cambiamenti nelle tendenze di mercato Cambiamenti nelle preferenze dei clienti Nuovi canali di distribuzione

Stabilità politica Cambiamenti politici Leggi restrittive sull’ambiente Intenzioni note dei competitors Nuove tecnologie Stagionalità del mercato Cambiamenti nelle tendenze del mercato Cambiamenti nelle preferenze dei clienti Aumento delle tasse

106


4.4.2. La Resource-Based View La Resource-based view si sviluppa nei primi anni novanta, benché sia possibile rintracciare elementi riconducibili a tale teoria già alla fine degli anni cinquanta, quando Penrose asseriva che l’impresa è un portafoglio composto sia da risorse sia da competenze che se ben sviluppate possono portare alla realizzazione di maggiori profitti 297. Nel 1984 Birger Wernerfelt affermò che la migliore strategia competitiva si fonda sulle risorse interne dell’azienda 298. Negli anni novanta Prahalad e Hamel sostennero che l’impresa fosse costituita da un insieme di competenze e che alcune di queste, chiamate core competencies, fossero cruciali per lo sviluppo di prodotti chiave, i core products, indispensabili a loro volta per la creazione di beni finiti 299. La teoria resource-based si fonda quindi sul fatto l’azienda è un portafoglio di risorse e competenze uniche che rendono tale l’impresa stessa, e ancora sul fatto che il vantaggio competitivo ottenuto da un’azienda è dato dalla diversa dotazione di risorse e competenze e dall’indispensabile capacità di gestire entrambe 300. Fra gli studiosi che hanno apportato maggiori contributi alla ResourceBased Theory vi è certamente Robert Grant che nel 1991 asseriva che le risorse e le competenze fossero alla base del vantaggio competitivo 301. Le risorse si dividono tra tangibili e intangibili: le prime attengono alle attività finanziarie, agli immobili, agli stabilimenti e alle materie prime, mentre le seconde si riferiscono alle capacità di know-how, alla reputazione dell’impresa e alle tecnologie e sua disposizione 302. Secondo Grant un’impresa è in grado di ottenere un vantaggio competitivo quando riesce a coniugare scientemente le competenze aziendali con i fattori critici di successo. Le risorse e le competenze che si dimostrano più utili in questo processo sono quelle distintive che riescono a generare valore, che sono allo stesso tempo rare e difficilmente imitabili e che 297

Cfr. E. Penrose, The Theory of the Growth of the Firm, New York, Oxford University Press, 1959. Cfr. B. Wernerfelt, A Resource-Based View of the Firm, in Strategic Management Journal 5, n. 2, aprile - giugno 1984, pp. 171-180. 299 Cfr. C.K. Prahalad, G. Hamel, The Core Competence of the Corporation, in Harvard Business Review, maggio – giugno 1990. 300 G. Invernizzi, op. cit., p. 203. 301 R. Grant, The Resource-Based Theory of Competitive Advantage: implications for strategy formulation, in California Management Review, 1991, p. 114. 302 R. Grant, Contemporary Strategy Analysis. Concepts, techniques, applications, Oxford, Blackwood, 1995, pp. 130 – 133. 298

107


possono essere utilizzate consapevolmente dall’azienda. Affinché vengano ritenute distintive le risorse e le competenze devono rispondere a diversi canoni: -

Acquisibilità: riguarda la possibilità per l’impresa di acquisire determinate risorse e competenze e mantenerle al suo interno.

-

Durevolezza: riguarda la durata della peculiarità delle risorse e competenze aziendali.

-

Trasferibilità: riguarda la possibilità che i competitors possano acquisire le risorse e competenze distintive di un’impresa.

-

Replicabilità: riguarda la possibilità che le risorse e competenze distintive vengano replicate all’interno di altre aziende 303.

Infine, secondo Grant il vantaggio competitivo può essere acquisito in due modi: attraverso il contenimento dei costi o tramite la differenziazione. Nel primo caso l’impresa offre un medesimo servizio o un prodotto del tutto simile rispetto a quello delle altre aziende, ma a un costo inferiore; nel secondo caso invece si offre un servizio o un prodotto unico, differente da quello della concorrenza, che il cliente sarà disposto a pagare a un prezzo maggiore 304. Uno dei vantaggi modelli sopra elencati è che sono applicabili in qualsiasi contesto economico e perciò anche nel settore aeroportuale è possibile perseguire strategie economiche aziendali atte al raggiungimento di un vantaggio competitivo.

303 304

Ivi, pp. 142 – 148. Ivi, p. 171.

108


5. Il sistema aeroportuale sardo 5.1. Breve storia del trasporto aereo in Sardegna Fin dall’Ottocento collegare la Sardegna con il resto della penisola è stata un’impresa nella quale si sono cimentate diverse generazioni e agli inizi del secolo successivo il sogno di costruire un ponte ideale sul Tirreno prese forma grazie al trasporto aereo. Infatti dopo la prima guerra mondiale vi furono svariati tentativi di avviare un regolare servizio tra la Sardegna e l’Italia, ma nella maggior parte dei casi tali iniziative non furono mai concretizzate 305. La situazione, peraltro non dissimile nel resto d’Italia, mutò nell’aprile del 1928 quando venne inaugurato il primo volo tra Elmas e Ostia, operato dalla Sam - Società Aerea Mediterranea fondata nel marzo dello stesso anno- con un idrovolante Savoia Marchetti 55, capace di trasportare 8 persone con 15 kili di bagaglio ciascuno. 306 La tratta, che univa finalmente la Sardegna alla penisola, costava circa trecento lire e aveva una durata di circa due ore, un arco di tempo piuttosto ridotto soprattutto se confrontato con gli interminabili viaggi sulle navi. Il successo dell’iniziativa fu immediato, tanto da indurre ad aumentare la frequenza dei collegamenti che in principio erano bisettimanali e che l’anno successivo divennero giornalieri. Nel 1929 i voli effettuati dalla Sam da e per la Sardegna furono seicentocinquantasette e i passeggeri più di cinquemila, un risultato straordinario rispetto all’anno precedente quando i voli furono solo 140 e i viaggiatori circa un migliaio 307. Nell’ottobre del 1934 la Sam chiuse per confluire nel 1935, insieme a tutte le aviolinee italiane esistenti all’epoca, nell’Ala Littoria, la prima compagnia 305

Questo è il caso per esempio della società Soro, fondata da Enrico Soro nel 1926 e che avrebbe dovuto assicurare i voli da e verso l’isola con un velivolo pilotato da Ernesto Campanelli, motorista oristanese di Francesco de Pinedo durante la prima guerra mondiale al quale è stato intitolato l’aeroporto Fenosu di Oristano. Cfr. G. Gherardini, Dal Savoia Marchetti alla tecnologia del jet, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2004. 306 Ivi. 307 Ivi.

109


aerea di linea di proprietà dello Stato italiano. In quegli stessi anni la Elmas – Ostia era la rotta che trasportava in assoluto più passeggeri in Italia, sopravanzando anche la Milano – Roma che ne trasportava circa mille in meno 308. La tratta prosperava di anno in anno,

affrancando così la Sardegna

dall’isolamento: finalmente «i sardi superavano in volo la distanza millenaria tra la costa laziale e l’isola dei nuraghi»309. Nel 1940 l’Italia entrò in guerra, un conflitto che la Sardegna pagò a caro prezzo: Elmas divenne un aeroporto di passaggio per gli aerei dell’aeronautica militare, i voli civili furono sempre più rari e infine le rotte verso la penisola furono completamente soppresse 310. L’interruzione di ogni tipo di collegamento sia aereo che marittimo non giovò all’isola e al suo già fragile tessuto industriale ridotto definitivamente a brandelli dalla guerra mondiale. In una situazione chiaramente critica per la Sardegna nacquero da un’iniziativa tutta isolana la compagnia marittima Sardamar e quella aerea Airone, che operava da Monserrato e che fu il primo vettore italiano del dopoguerra. Tuttavia, ben presto sorsero altre aerolinee come la Lai e l’Alitalia, capaci di esercitare forti pressioni politiche che indussero la piccola compagnia sarda a unirsi con altre aviolinee italiane per poter meglio sostenere il confronto. Infatti sia la Lai che l’Alitalia erano sostenute entrambe al 40% dall’Iri e al 40% da capitale straniero (della Twa statunitense per la Lai e della Boac inglese per l’Alitalia), mentre l’Airone, non potendo contare su questi ingenti capitali, nel 1947 decise di confluire assieme alla Sisa, alla Transadriatica e alla ALI in un’unica compagnia aerea, la ALI-Flotte Riunite 311. La vita del nuovo vettore fu drammaticamente breve poiché, a meno di due anni dalla sua fondazione, il 4 maggio 1949, un Fiat G.212 appartenente all’aviolinea si schiantò sulla basilica di Superga. La tragedia di Superga segnò la fine della ALI-Flotte Riunite e con essa anche quella della compagnia sarda Airone. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta il trasporto aereo in Sardegna fu assicurato dall’Alitalia, dall’Ati, dall’Itavia e dal nascente vettore Alisarda. La giovane compagnia aerea isolana fu fondata nel 1963 per volontà del principe 308

Ivi. Ivi. 310 Cfr. D. Sanna, Un ponte d’aria sul Tirreno, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003. 311 Cfr. G. Gherardini, op. cit., aprile 2004 e http://www.timetableimages.com/ttimages/av1.htm (Maggio 2012). 309

110


Karim Aga Khan con lo scopo di promuovere lo sviluppo del turismo nella Costa Smeralda. L’attività dell’aviolinea ebbe inizio nel 1964 dalla base di Olbia Venafiorita e il suo successo fu straordinario: nel 1969, dopo pochi anni di attività, l’Alisarda riuscì a trasportare più di ventimila passeggeri 312. Con l’incremento del traffico turistico la compagnia poté permettersi di acquistare nuovi aeromobili e aprire nuove rotte, compresa la Olbia - Cagliari. La situazione per il vettore sardo rimase immutata fino al 1991, anno in cui i vertici aziendali decisero di cambiare la ragione sociale di Alisarda in Meridiana, nome che meglio si addiceva a una compagnia che non operava più in un contesto esclusivamente sardo, ma si stava aprendo anche ad altre rotte nazionali. Nel 2006 infine la Meridiana ha rilevato la società italiana Eurofly, dando vita così nel febbraio del 2010 a Meridiana Fly, la seconda compagnia aerea italiana dopo l’Alitalia 313.

5.2. La continuità territoriale La continuità territoriale è una norma prevista dalla Comunità Europea che, in deroga ai principi comunitari di divieto di aiuti di Stato, prevede agevolazioni

tariffarie

rivolte

agli

abitanti

di

territori

geograficamente

svantaggiati, ovvero remoti e periferici, e ha come scopo quello di garantire il servizio di trasporto, solitamente aereo e/o marittimo, per i cittadini (talvolta anche per le merci) di tali regioni. La continuità territoriale è disciplinata dalla Comunità tramite il Reg. (CE) 24 Settembre 2008 n. 1008, Norme per la prestazione di servizi aerei nella Comunità, articolo 16 (già articolo 4 del Reg. (CE) 23 Luglio 1992 n. 2408, Accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie) 314. Il processo di assegnazione delle rotte avviene in due fasi. Durante la prima fase i vettori possono decidere di operare il servizio secondo le condizioni imposte e senza alcun tipo di rimborso. Nel caso in cui nessun vettore accetti gli 312

Cfr. G. Gherardini, op. cit., aprile 2004. http://www.meridiana.it/it/chisiamo/index.aspx (Maggio 2012). 314 http://www.enac.gov.it/La_Regolazione_Economica/Trasporto_Aereo/Continuit-13-_territorialeOneri_di_servizio_pubblico/index.html (Maggio 2012). 313

111


oneri previsti, eventualità che accade nella maggior parte dei casi, si procede a una gara d’appalto tramite la quale le rotte vengono assegnate in regime di esclusiva per un periodo massimo di 4 anni 315 . La Comunità prevede anche una compensazione finanziaria per i vettori che operano in regime di esclusiva: Lo Stato membro interessato può compensare un vettore aereo selezionato […] che soddisfi i requisiti di onere di servizio pubblico […]; tale compensazione non può superare l’importo necessario per coprire i costi netti sostenuti per la prestazione dell’onere di servizio pubblico, tenendo conto dei conseguenti ricavi ottenuti dal vettore aereo e di un margine di profitto ragionevole 316. Poiché la continuità territoriale è una norma prevista dalla Comunità Europea, diversi Stati, oltre all’Italia, hanno usufruito di tali agevolazioni soprattutto per collegare le isole più remote. Basti pensare alla Francia con la Corsica, al Portogallo con le isole Azzorre e con Madeira e alla Spagna con le Canarie. Vi sono poi una serie di altri Stati che fanno uso della continuità aerea tra cui l’Irlanda, il Regno Unito, la Germania e la Svezia 317. Per quanto riguarda l’Italia, gli oneri di servizio pubblico vengono applicati tra la Sardegna e la penisola e tra le isole minori siciliane e l’Italia, non viene quindi sfruttata tra quest’ultima e la Sicilia. Per quanto riguarda la Sardegna, il sogno della continuità territoriale iniziò negli anni Ottanta, quando l’Ati concesse una riduzione tariffaria del 30% su tutte le rotte da e per l’isola 318. Poiché questa politica si rivelò essere particolarmente onerosa per la compagnia, le tariffe furono scontate solamente per gli abitanti della Sardegna e per gli immigrati, escludendo così tutti gli altri cittadini italiani. Con l’avvento della deregulation il quadro mutò profondamente 319: le compagnie aeree non potevano più godere delle sovvenzioni statali, considerate a tutti gli effetti aiuti di Stato pregiudizievoli e distorsivi della libera concorrenza. 315

Se il territorio è particolarmente remoto e periferico l’onere di servizio pubblico è imposto per cinque anni. Cfr. Reg. (CE) 24 Settembre 2008 n. 1008, Norme per la prestazione di servizi aerei nella Comunità, art. 16, comma 9. 316 Ivi, art. 17, comma 8. 317 Cfr. G. Gherardini, Un primo passo verso la continuità territoriale, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 318 Cfr. G. Gherardini, op. cit., aprile 2004. 319 Cfr. Reg. (CE) 23 Luglio 1992 n. 2408, Accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie.

112


In uno scenario in cui i vettori dovevano scegliere i collegamenti da operare solamente in base ai criteri di economicità commerciale, le tratte meno redditizie furono abbandonate, privando in questo modo gli abitanti delle regioni più svantaggiate di importanti collegamenti e soprattutto del fondamentale diritto alla mobilità contemplato dalla stessa Comunità Europea 320. Data la grave situazione venutasi a creare, il Parlamento e il Consiglio Europeo integrarono nel Regolamento n. 2408/92/CE l’articolo 4 che prevedeva l’imposizione di una continuità territoriale che garantisse un regolare servizio di interesse pubblico in quelle zone geograficamente svantaggiate, che i vettori, seguendo unicamente il principio di economicità commerciale, non avrebbero altrimenti servito. Nel mentre l’Ati, non ricevendo più alcuna sovvenzione da parte dello Stato, diminuì gradualmente la riduzione tariffaria applicata fino a quel momento per i voli da e per la Sardegna, fino alla totale eliminazione nel 1995. In Sardegna quindi la deregulation non produsse gli effetti positivi attesi, ma diede vita a un duopolio da parte delle due maggiori compagnie aeree, l’Alitalia e la Meridiana, che si spartirono le rotte sarde ostacolando l’ingresso di nuovi competitors 321. Per questi motivi il 17 maggio del 1999 venne approvata la legge 17 Maggio 1999 n. 144, Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali, che all’articolo 36 (Continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali) dava attuazione all’articolo 4 del regolamento 2408/92/CE 322 e successivamente venne bandita la gara internazionale per l’assegnazione delle rotte in regime di continuità. Nell’ottobre le due compagnie aeree Meridiana e Volare fecero ricorso al Tar del Lazio contro l’Enac, responsabile secondo i due

320

http://www.enac.gov.it/La_Regolazione_Economica/Trasporto_Aereo/Continuit-13-_territorialeOneri_di_servizio_pubblico/index.html (Maggio 2012). 321 Questa situazione mutò nel maggio del 1999 quando la piccola compagnia aerea Volare fece il suo ingresso nei cieli sardi tentando di spezzare il duopolio Alitalia – Meridiana, attraverso uno sconto del 23% sulle tariffe aeree e ulteriori agevolazioni per i residenti. L’ingresso dell’aerolinea Volare costituì certamente una conquista per la Sardegna che poté quindi contare su un più grande ventaglio di possibilità tra le quali scegliere. Cfr. G. Gherardini, op. cit., aprile 2004. 322 Cfr. 17 Maggio 1999 n. 144, Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

113


vettori di aver condotto una gara d’appalto viziata da diversi e gravi errori 323. Il Tar si pronunciò nel dicembre dello stesso anno, confermando la validità del principio della continuità territoriale e decretando una semplice revisione delle tariffe pubblicate sul bando. Anche all’interno della Regione Sardegna le voci discordi non mancarono, infatti secondo alcuni l’introduzione dell’onere di servizio pubblico era indispensabile per l’isola e i suoi abitanti, per altri tale principio ristabiliva de facto una situazione di monopolio da parte della compagnia, o di oligopolio nel caso di più vettori, vincitrice della gara internazionale che avrebbe operato in regime di esclusiva sulle rotte soggette a continuità territoriale. Dopo i primi anni le proteste contro tale sistema di continuità aerea furono molteplici. Da un parte le compagnie denunciarono una sottostima da parte dello Stato dei costi previsti, del numero di voli necessari e della percentuale di passeggeri aventi diritto a beneficiare delle agevolazioni tariffarie. Dall’altra le associazioni dei consumatori, ma anche diversi politici sardi, protestarono contro il regime di monopolio che sulle tratte in continuità territoriale (ovvero tutte le rotte operate dai tre principali aeroporti isolani verso Roma e Milano e viceversa) non lasciava alcuna scelta ai residenti sardi 324. È da rilevare inoltre che solamente gli abitanti dell’isola potevano accedere alle agevolazioni e unicamente per le due destinazioni di Roma e Milano.

Ulteriori

e

importanti

questioni

riguardavano da una parte le tariffe applicate ai non residenti che in alcuni casi erano, e sono tutt’ora, inferiori rispetto a quelle riservate agli isolani che usufruiscono delle agevolazioni, e dall’altra la drastica diminuzione dei passeggeri sulle rotte in continuità territoriale durante mesi estivi, riduzione accusata specialmente dallo scalo di Olbia

325

. Infine i sindacati e le associazioni

dei consumatori denunciarono, quale conseguenza dell’entrata in vigore della continuità territoriale, il progressivo ridimensionamento e in alcuni casi la soppressione di voli verso destinazioni per le quali gli oneri di servizio pubblico non erano contemplati.

323

Cfr. G. Gherardini, Un primo passo verso la continuità territoriale, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 324 Cfr. G. Gherardini, Monopolio o libera concorrenza?, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003. 325 Ivi.

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Per tali ragioni nel novembre del 2004, tramite decreto del Ministero dei Trasporti, si decise di dare attuazione a un nuovo regime relativo alla continuità aerea. Il sistema prevedeva diciotto rotte, integrando così anche altre città italiane che andavano a costituire con le precedenti un unico pacchetto che doveva essere accettato integralmente da parte dei vettori interessati e senza alcun tipo di compensazione 326. Questa decisione diede immediatamente luogo a una serie di ricorsi al Tar, che nel marzo del 2005 annullò parzialmente il decreto. Nel dicembre dello stesso anno, tramite i decreti ministeriali n. 35 e n. 36 concernenti gli oneri di servizio pubblico, il regime di continuità territoriale venne riformato, stabilendo gli oneri di servizio pubblico per sedici rotte che comprendevano, oltre ai già citati aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate, anche quelli di Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Torino e Venezia. Il nuovo sistema prevedeva inoltre tariffe agevolate anche per i non residenti in Sardegna. 327 In seguito, nell’aprile del 2007 la Commissione Europea tramite decisione n. 332 chiese all’Italia l’immediata cancellazione del nuovo regime tariffario in quanto contrario al Trattato europeo poiché discriminatorio nei confronti delle compagnie aeree. In particolare il nuovo sistema di oneri di servizio pubblico prevedeva delle agevolazioni anche per i non residenti in Sardegna, mentre secondo la Commissione Europea i vettori non sono obbligati a offrire tali riduzioni tariffarie a tutti coloro che sono nati in Sardegna, ma solamente agli abitanti dell’isola. La Commissione infatti riferisce al punto sessanta della Decisione 2007/332/CE che: «una misura siffatta agevola perlopiù i cittadini europei di nazionalità italiana rispetto ai cittadini di altre nazionalità. Essa può essere considerata pertanto come prima facie discriminatoria basata sulla nazionalità e pertanto contraria al trattato»328. Conseguentemente il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con il decreto del 3 luglio 2007 n. 87-T ha rettificato la disposizione del 29 dicembre n. 35, prevedendo le agevolazioni

326

Atto della Camera, seduta n. 628, interpellanza urgente 2-01482, presentata da Giulio Calvisi, 8 maggio 2012. 327 Cfr. D. M. 29 Dicembre 2005 n. 35, Imposizione degli oneri di servizio pubblico e D. M. 29 Dicembre 2005 n. 36, Imposizione degli oneri di servizio pubblico. 328 Decisione 23 Aprile 2007, n. 332, Imposizione di oneri di servizio pubblico su talune rotte in provenienza e a destinazione della Sardegna, punto 60.

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tariffarie per i soli residenti in Sardegna e unicamente verso gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate 329. Infine il decreto del 9 marzo 2009, in accordo con quanto stabilito dalla Commissione Europea, ha definitivamente individuato le categorie di passeggeri a cui viene riservata la continuità aerea, includendo tra i beneficiari, oltre ai residenti nell’isola, anche i portatori di disabilità, tutti i giovani compresi tra i due e i ventuno anni, gli anziani over settanta e tutti gli studenti universitari fino al compimento del ventisettesimo anno di età 330. Altro importante provvedimento all’interno del quadro della continuità territoriale è certamente costituito dalla legge n. 296/2006 che all’articolo 1 comma 837 prevede che «le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuità territoriale»331 siano trasferite in capo alla Regione Sardegna. In seguito, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tramite nota n. 0052194 del 23 dicembre 2009, ha delegato il presidente della Regione Autonoma della Sardegna a individuare i contenuti degli oneri di servizio. I decreti ministeriali 11, 12 e 13 del 14 gennaio 2011, Sull’imposizione di oneri di servizio pubblico sui collegamenti aerei da e per gli scali della regione Sardegna, hanno così definito le tariffe da applicare e le rotte da effettuare in regime di continuità territoriale a decorrere dal 27 marzo 2012. Oltre ai collegamenti con gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate, le nuove tratte comprendevano anche gli scali di Bari, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Torino, Venezia e Verona. Inoltre anche lo scalo di Tortolì veniva incluso nel quadro degli oneri di servizio pubblico con le rotte verso Roma Fiumicino e viceversa e da Milano Linate e viceversa. Tuttavia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha disposto la revoca delle suddette disposizioni tramite il decreto del 15 febbraio 2011, prevedendo

inoltre

la

proroga

del

precedente

regime

di

continuità.

329

Il D. M. 29 dicembre 2005 n. 35, Imposizione degli oneri di servizio pubblico , è stato definitivamente abrogato tramite D. M. 1 agosto 2008, n. 117-T. 330 Atto della Camera, seduta n. 628, interpellanza urgente 2-01482, presentata da Giulio Calvisi, 8 maggio 2012. 331

Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), articolo 1, comma 837. Al comma 840 la medesima legge stabilisce inoltre che «per gli anni 2007, 2008 e 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite di cui al comma 837 rimangono a carico dello Stato».

116


Successivamente tramite decreto ministeriale del 29 novembre 2011, si è disposto che gli oneri di servizio fossero applicati per i soli tre aeroporti principali dell’isola e unicamente per le destinazioni di Roma Fiumicino e Milano Linate. In ottemperanza a tali dettami la Regione Sardegna, con la legge regionale n. 25 del 2 dicembre 2011, ha approvato le «Norme per la copertura finanziaria della continuità territoriale aerea»332. Le nuove regole avrebbero dovuto avere decorrenza dal 25 marzo 2012. Come stabilito dal regolamento n. 1008/2008/CE, nel mese di febbraio di quest’anno la Regione Sardegna ha indetto la gara internazionale per l’assegnazione delle tratte in continuità territoriale, ma alla scadenza del bando, fissata al termine di due mesi dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, nessuna compagnia ha deciso di partecipare 333. Il giorno antecedente alla scadenza del bando sia la Meridiana che l’Alitalia hanno fatto sapere tramite comunicato che non sono interessate a questo tipo di continuità territoriale che rischierebbe di creare per le compagnie una perdita che si aggirerebbe intorno ai venti milioni di euro l’anno 334. La diserzione della gara internazionale, di cui non esistono precedenti all’interno della Comunità, è attualmente al vaglio del Consiglio Europeo, al quale la Regione Sardegna, tramite l’assessore regionale ai trasporti Christian Solinas, ha proposto tre differenti soluzioni: la prima sarebbe quella di riproporre il bando così come era stato presentato in precedenza; la seconda sarebbe quella di avviare trattative private con chi fosse interessato a operare in regime di continuità; la terza sarebbe quella di dar vita a una flotta sarda dei cieli 335. L’Unione Europea nel mese di aprile ha fortemente sconsigliato quest’ultima eventualità: l’ipotetica aerolinea sarda dovrebbe infatti reggersi unicamente sui propri guadagni e non potrebbe essere in alcun modo finanziata dalla Regione, poiché tali sovvenzioni risulterebbero essere a tutti gli effetti aiuti di Stato 336. Pertanto Bruxelles raccomanda una soluzione alternativa, quale una trattativa di tipo privato, chiamata procedura d’emergenza, con le compagnie

332

Regione Autonoma della Sardegna, Legge Regionale 2 dicembre 2011, n. 25. La Nuova Sardegna, Continuità territoriale, compagnie in fuga, 12 Aprile 2012. 334 La Nuova Sardegna, L’ad Gentile: perderemo 20 milioni all’anno, 12 Aprile 2012. 335 La Nuova Sardegna, Giunta regionale all’attacco: flotta sarda nei cieli, 13 Aprile 2012. 336 La Nuova Sardegna, La Flotta dei cieli sconsigliata dall’Unione Europea, 25 Aprile 2012. 333

117


aeree interessate e allo stesso tempo l’apertura di una nuova gara internazionale per l’assegnazione delle rotte in regime di continuità territoriale 337. Il 23 maggio, dopo interminabili trattative, si è infine giunti a una soluzione che permette alla Regione Sardegna di salvare l’imminente stagione estiva: la continuità territoriale rimarrà immutata, almeno per gli abitanti dell’isola, fino al mese di ottobre. I non residenti non potranno beneficiare delle tariffe agevolate, tuttavia potranno usufruire della generale riduzione dei prezzi estivi prospettata dall’aumento dell’offerta 338. Nei mesi a seguire la Regione bandirà una nuova conferenza di servizio per stabilire i criteri della prossima gara internazionale. In definitiva, quella della continuità territoriale è una storia tormentata fin dalla sua nascita, che vede contrapporsi da una parte la Regione Sardegna, i suoi abitanti e il loro inalienabile diritto alla mobilità, sancito anche dall’Unione Europea, e dall’altra le compagnie aeree che, in quanto imprese, sono interamente proiettate verso la logica del profitto. In questa situazione il regime degli oneri di servizio pubblico tiene in scacco la Regione, che sarebbe inoltre disposta a compensare la compagnia vincitrice del prossimo bando con cinquantasei milioni di euro provenienti dai fondi regionali. Tali risorse provengono dai contributi di tutti i cittadini sardi, compresi coloro che non usufruiscono del mezzo aereo. Oggi il libero mercato, alla luce della pluralità di vettori che solcano i cieli sardi, potrebbe essere una soluzione meno dispendiosa e più efficace per la Regione Sardegna di quanto non lo sia attualmente la continuità territoriale, considerato anche che spesso i biglietti a prezzo pieno di alcune compagnie, non necessariamente le aerolinee low cost, risultano più economici di quelli a tariffa agevolata. Appare quindi più che doveroso che in un contesto economico in continuo cambiamento ci sia da parte della Regione un attento esame delle logiche di costo e delle strategie di mercato attuali.

337 338

La Nuova Sardegna, Continuità aerea, sarà trattativa privata, 26 Aprile 2012. La Nuova Sardegna, Continuità territoriale, avanti così fino a ottobre, 24 maggio 2012.

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5.3. Gli aeroporti della Sardegna Il sistema aeroportuale sardo è composto da cinque aeroporti, tre principali Cagliari Elmas, Olbia Costa Smeralda e Alghero Fertilia e due minori Tortolì Arbatax e Oristano Fenosu. Ognuno di essi è caratterizzato da una propria storia e da individuali peculiarità da analizzare nel dettaglio. In Sardegna agli inizi del nuovo secolo si è dato avvio a un’importante opera di ristrutturazione, ammodernamento e riqualificazione dei principali scali che ha permesso al trasporto aereo regionale di assumere un volto nuovo e certamente più consono all’attuale mole di traffico. Ognuno di questi aeroporti è caratterizzato da un ruolo ben preciso all’interno del sistema sardo 339.

5.3.1. L’aeroporto di Cagliari Elmas La prima aerostazione del capoluogo sardo fu costruita nel 1937 tra le due guerre mondiali, una storia che ricalca quella di tanti altri aeroporti italiani. In quello stesso anno lo scalo è stato intitolato al pilota sottotenente Mario Mameli, caduto sopra i cieli dell’Abissinia durante la prima guerra mondiale. Nel marzo del 1958, circa vent’anni più tardi, fu inaugurata la nuova aerostazione che ospitò i passeggeri in transito da Cagliari fino al 1980, quando è entrato in funzione il terzo aeroscalo, che purtroppo si rivelò fin da subito insufficiente a contenere la mole, seppur ridotta, di traffico. Oggi l’aeroporto si presenta come una struttura sufficientemente moderna -compirà 10 anni nel 2013- e capace di gestire il traffico che ogni anno vi transita. Infatti nel 2003 si sono conclusi i lavori, iniziati del 1998, che hanno portato alla nascita della nuova aerostazione, un progetto ambizioso chiamato dalla stessa società di gestione, la Sogaer, “Elmas 2010” (data fino alla quale, secondo i canoni internazionali, lo scalo era da considerarsi una struttura di eccellenza) 340. L’aeroporto, per il cui progetto furono inizialmente stanziati cento 339

Per quanto riguarda l’aeroporto di Oristano Fenosu, si rimanda al capitolo 6. La nuova aerostazione è stata potenzialmente in grado di erogare un servizio di eccellenza (livello A/B) fino al 2010 e sarà in grado di offrire un servizio pienamente sufficiente (livello C) fino al 2020. Cfr. G. Gherardini, La “Città dell’aria” è finalmente una realtà, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2002. 340

119


miliardi di vecchie lire, è stato finanziato al 50% dall’Unione Europea e dal Ministero del Tesoro con i fondi destinati alle regioni svantaggiate341. Originariamente l’aerostazione poteva contare su un’estensione di trentatremila metri quadrati, mentre oggi la superficie si aggira intorno ai novantamila e la struttura può ospitare un traffico passeggeri pari a quattro milioni, più del doppio rispetto all’impianto precedente 342. L’odierna aerostazione è costruita su tre differenti livelli, il primo è costituito dall’aerea arrivi, al secondo sono presenti l’area check in e l’ala imbarchi, mentre al terzo piano si trovano gli uffici amministrativi 343. Nello specifico, al primo livello vi sono sia gli arrivi nazionali che internazionali, un bar e alcuni dei servizi oggi più comuni all’interno di un’aerostazione come le poste, una filiale della Banca di Cagliari, il pronto soccorso, diversi car rental e un internet point. Al secondo piano sono presenti bar e paninoteche, una gelateria, una parafarmacia, un’edicola, uno sportello della BNL e uno della Banca di Sassari, due sale vip e una galleria commerciale che comprende al suo interno diversi negozi. Infine il terzo livello comprende oltre che gli uffici della So.G.Aer. e degli enti pubblici, anche un ristorante panoramico e un business center 344. Infine gli ultimi lavori hanno interessato la zona esterna dove è stata costruita una vasta area che oggi può ospitare fino a novecento parcheggi in superficie e altri mille nel multipiano, inoltre il manto della pista d’emergenza è stato riparato e il piazzale di sosta per gli aeromobili è stato ampliato 345. Uno dei prossimi interventi, indispensabili per un aeroporto principale come quello di Elmas, consiste nel collegare in maniera rapida ed efficiente la cosiddetta città dell’aria con la stazione ferroviaria cagliaritana, tale progetto, non ancora avviato, è al vaglio della Regione 346.

341

Cfr. G. Gherardini, Trasporto aereo e continuità territoriale, in Sardegna Industriale, editoriale gennaio 1999. Precedentemente l’aerostazione aveva già subito interventi di ampliamento che portarono il sedime aeroportuale da undicimila a trentatremila metri quadrati. 342 Ivi. 343 Cfr. G. Gherardini, Lo stato dei lavori nell’isola, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 344 Comunità Europea, Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Enac, So.G.Aer. S.p.A., Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Cagliari, Progetto “Cagliari – Elmas 2010”, Febbraio 1996, http://www.aeroportodicagliari.com/ (Maggio 2012). 345 Cfr. G. Gherardini, op. cit., aprile 2002, G. Gherardini, Faticoso decollo per Elmas 2000, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003. 346 Cfr. G. Gherardini, Faticoso decollo per Elmas 2000, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003.

120


La società che gestisce l’aeroporto di Cagliari Elmas è la So.G.Aer. S.p.A., nata nel 1990 dall’iniziativa dell’allora presidente della Camera di Commercio di Cagliari, Sandro Usai 347. Oggi i maggiori azionisti della So.G.Aer. sono la Camera di Commercio di Cagliari che possiede il 94,4% del capitale, la S.F.I.R.S. S.p.A. che partecipa con il 3,4% e il Banco di Sardegna S.p.A. con l’1,1%. Il restante 1,1% del capitale è suddiviso in ordine di importanza tra la Regione Autonoma della Sardegna, la Meridiana S.p.A., la Camera di Commercio di Oristano, il Consorzio Sardegna Costa del Sud, l’Associazione Industriali delle Provincie della Sardegna Meridionale, la Confapi Sardegna, la Aironjet S.r.l. e la Fima S.p.A. 348 Il gruppo So.G.Aer. è suddiviso al suo interno in due società: la Sogaerdyn S.p.A. partecipata al 100% dalla Sogaer, e la Sogaer Secuirty S.p.A. di cui la Sogaer possiede il 70% del capitale. La Sogaerdyn S.p.A., nata nel 1997, si occupa dei servizi di handling per i passeggeri e gli aeromobili, mentre la Sogaer Security S.p.A. nel 2000 ha sostituito la Polizia di Stato nell’attività di controllo dei bagagli a mano e dal 2002 ispeziona anche i bagagli in stiva 349. Nell’aeroporto di Cagliari nell’anno 2011, nonostante il perdurare della crisi economica, sono transitati 3.700.000 passeggeri, dato che conferma quanto era stato prospettato nel 1998, quando si diede inizio ai lavori 350. Sempre nello stesso anno lo scalo del capoluogo ha registrato un aumento del 7,4% dei passeggeri nazionali e dell’8,2% di quelli internazionali rispetto all’anno precedente. In generale rispetto al 2010, nell’anno 2011 si è assistito a un aumento del traffico passeggeri pari a 7,4% 351. Per quanto riguarda l’anno in corso da gennaio a marzo sono transitati complessivamente 594.000 passeggeri, più i circa 301.500 del mese di aprile 352. La società di gestione dell’aeroporto dichiara che i risultati finora conseguiti sono complessivamente in linea con quelli registrati l’anno passato 353.

347

Ivi. http://www.sogaer.it/societa/profilo/ (Maggio 2012). 349 Ivi. 350 http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=12&anno=2011&lingua=it (Maggio 2012). 351 Ivi. 352 http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=3&anno=2012&lingua=it (Maggio 2012), cfr. Cagliari Airport Sogaer, Traffico passeggeri Aeroporto di Cagliari 2012, maggio 2012. 353 Cfr. Cagliari Airport Sogaer, op. cit. 348

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Infine, per quanto riguarda le compagnie aeree, le tredici aerolinee che volano dallo scalo di Cagliari sono l’Air Dolomiti, l’Air Nostrum, l’Air One, l’Air Vallée, l’Alitalia, la British Airways, l’easyJet, la Helvetic.com, la Ltu, la Lufthansa, la Meridiana Fly, la Ryanair e la TUIfly354. La maggior parte dei vettori che operano da e per Cagliari sono aerolinee tradizionali, benché siano parimenti presenti tre compagnie low cost e una compagnia charter.

5.3.2. L’aeroporto di Olbia Costa Smeralda L’aeroporto di Olbia Costa Smeralda, nato nel 1974, prese il posto di Venafiorita, lo storico scalo di Olbia. L’aeroscalo di Venafiorita sorse nel 1927, anch’esso tra le due guerre mondiali, e ospitava i voli dell’Ala Littoria sulla tratta Ostia – Olbia – Cagliari 355. Durante la seconda guerra mondiale, lo scalo divenne una struttura prettamente militare e i voli civili vennero sospesi per essere ripresi dal vettore sardo Airone soltanto dopo la fine delle ostilità 356. Nel 1964 il principe Karim Aga Khan, avendo fondato l’anno precedente l’aerolinea Alisarda, fece della piccola aerostazione di Venafiorita il proprio aeroporto, nonché base della neonata compagnia aerea 357. Il successo del vettore e delle rotte da esso operate fu tale che dopo dieci anni si rese necessario costruire una nuova struttura più idonea a ospitare l’aumentato traffico passeggeri. Nacque così l’aeroporto di Olbia Costa Smeralda. Nel 1998 lo scalo di Olbia, come tutti i principali dell’isola, fu soggetto a un’intensa opera di ammodernamento e ristrutturazione che conferì alla struttura aeroportuale l’aspetto odierno. Per questo progetto l’Unione Europea stanziò quaranta miliardi di vecchie lire e l’Enav circa cinquanta, fondi che furono poi integrati da successivi investimenti da parte della Regione Sardegna 358. I lavori hanno interessato sia il fronte della sicurezza sia quello puramente strutturale: il progetto

“Olbia

2002”

ha

infatti

permesso

l’acquisizione

di

nuove

354

http://www.aeroportodicagliari.com/compagnie_che_volano_su%20_cagliari.htm (Maggio 2012). Cfr. G. Gherardini, op. cit., 2004. 356 Ivi. 357 Ivi, http://www.aeroportodiolbia.com/ (Maggio 2012). 358 Cfr. G. Gherardini, Costa Smeralda: un aeroporto di livello europeo, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003, G. Gherardini, lo Stato dei lavori nell’isola, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 355

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apparecchiature, l’estensione del piazzale per la sosta degli aeromobili, così come del parcheggio per l’utenza, la costruzione di ulteriori hangar, e infine l’ampliamento e la riqualificazione dell’aerostazione. L’aeroporto è stato dotato di due nuove parti, un’ala è dedicata alla zona arrivi e l’altra alle partenze. I lavori sono terminati alla fine del 2003 e oggi l’estensione dell’aerostazione di Olbia è triplicata con gli attuali quarantamila metri quadrati ed è in grado di ospitare al suo interno oltre due milioni di passeggeri 359. La società di gestione dell’aeroporto di Olbia è la Geasar S.p.A., nata nel 1985 e operativa dal 1989, anno in cui il Ministero dei Trasporti l’ha incaricata di gestire lo scalo. Nel 2004 la società di gestione ha ottenuto l’affidamento dell’aerostazione di Olbia tramite regime concessorio quarantennale. Il gruppo Geasar è costituito prevalentemente da Meridiana che possiede il 79,9%, seguono poi la Camera di Commercio di Sassari con il 10%, la Camera di Commercio di Nuoro con l’8%, la Regione Autonoma della Sardegna con il 2% e il Consorzio Costa Smeralda con lo 0,2% 360. Nell’anno 2011 presso l’aeroporto Olbia Costa Smeralda sono transitati 1.874.700 passeggeri, il 13,9% in più rispetto all’anno 2010 361. Nello specifico, il traffico nazionale ha registrato un 13,3% in più e quello internazionale un 16,9% rispetto all’anno precedente 362. Per l’anno 2012, nei primi tre mesi a Olbia sono transitati 123.800 passeggeri 363. Infine, per quanto riguarda le compagnie aeree, i vettori che volano dall’aeroporto di Olbia Costa Smeralda sono numerosi e i principali sono: l’Adria Airways, l’Aigle Azur, l’Air Alps, l’Air Berlin, l’Air Dolomiti, l’Air Italy, l’Air Malta, l’Air Mediterranée, l’Air One, l’Air Vallée, l’Alitalia, l’Astraeus, l’Atlantic Airways, l’Austrian Airlines Group, la Blue Panorama, la Brussels Airlines, la Centralwings, la Croatia Airlines, la CSA, la Darwin Airlines, l’Eastern Ariways, l’easyJet, l’Edelweiss, la Farnair Switzerland, la Finnair, la FlyOnAir, la Hamburg International, la Helvetic, l’Iberia, l’Intersky, l’Italy Airlines, la Jet2.com, la Jetairfly, la Lufthansa, la Meridiana Fly, la Niki, la 359

Cfr. G. Gherardini, lo Stato dei lavori nell’isola, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000, P. Argenti, Una nuova strategia per gli aeroporti sardi, in Sardegna Industriale, editoriale giugno 2007. 360 http://www.geasar.it/ita/chi_siamo/geasar-spa (Maggio 2012). 361 http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=12&anno=2011&lingua=it (Maggio 2012). 362362 Ivi. 363 http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=3&anno=2012&lingua=it (Maggio 2012).

123


Norwegian, la Regional, la Siberia Airline, la Smart Wings, la Spanair, la Swiss International Air Lines, la Tarom, la Transavia Airlines, la Volotea, la Welcome Air e la Wind Jet 364.

5.3.3. L’aeroporto di Alghero Fertilia L’aeroporto di Alghero Fertilia nacque nel 1938, tra le due guerre, ed essendo all’epoca una struttura militare durante la seconda guerra mondiale venne dotato di una prima pista in terra battuta. Lo scalo, fortemente voluto dal generale di squadra aerea Pietro Pinna Parpaglia, poteva potenzialmente ospitare anche i voli civili, poiché in quel periodo alcuni idrovolanti già operavano tra il lido di Ostia e Porto Conte 365. Tuttavia, fu necessario aspettare fino al 1947, anno di apertura dello scalo all’aviazione civile. Agli inizi degli anni Sessanta venne costruito un hangar adibito ad aerostazione per i voli civili, che vennero trasferiti in un vero terminal solamente nel 1971. In quegli stessi anni, per il successo riscosso dell’aeroporto, Alghero venne definita «la porta d’oro del turismo sardo»366. Tuttavia, fra i tre aeroporti principali della Sardegna, Alghero è certamente quello più legato a un traffico di tipo essenzialmente stagionale dal quale non sembra riuscire ad affrancarsi totalmente 367. Con l’inizio del nuovo millennio anche Alghero, così come Cagliari e Olbia, ha avviato i propri progetti di ammodernamento e riqualificazione dello scalo aeroportuale. L’aeroporto ha ricevuto sovvenzioni da parte della Comunità Europea grazie alla delibera del Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) che ha reso disponibili quaranta miliardi di vecchie lire per la ristrutturazione dello scalo e la costruzione di nuovi impianti 368. Le opere civili sono state molteplici a partire dagli impianti meccanici ed elettrici,

364

http://www.geasar.it/ita/aeroporto/compagnie-aeree-page0011 (Maggio 2012). Cfr. G. Gherardini, Rinasce Fertilia, porta d’oro del turismo sardo, in Sardegna Industriale, editoriale Aprile 2003 366 Ivi. 367 Ivi. Diversi sono i motivi che relegano lo scalo algherese a un ruolo minore, tra questi vi è senz’altro la carenza di collegamenti di tipo stradale e ferroviario con le principali città sarde e con i due maggiori aeroporti di Cagliari e Olbia. 368 Cfr. G. Gherardini, Lo stato dei lavori nell’isola, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 365

124


fino al nuovo smistamento bagagli e soprattutto ai controlli di sicurezza 369. I lavori sono stati condotti in base alle previsioni del traffico sull’aeroporto, che nel 1999 prospettavano per il 2010 un milione e quattrocentocinquantamila passeggeri, analisi che non si discostano dall’odierna realtà 370. L’aerostazione è stata inaugurata sul finire del 2003 e oggi l’aerostazione consta di quarantamila metri quadrati di superficie all’esterno dei quali trovano spazio circa novecento posti auto, aree di sosta aggiuntive per gli aeromobili, mentre all’interno vi sono dei nuovi padiglioni che ospitano servizi commerciali e salette vip 371. All’interno dello scalo sono infatti presenti bar, diversi negozi di shopping e souvenir, ristoranti, uffici postali e istituti di credito, un ammodernamento finanziato dalla Regione Sardegna con quattro miliardi e dallo Stato con quindici miliardi di vecchie lire 372. Lo sviluppo dello scalo algherese è legato in massima parte al vettore Ryanair che ha fatto di Alghero la propria base in Sardegna. La compagnia irlandese ha de facto favorito un aumento dei flussi turistici, ma ciò è avvenuto grazie a cospicue sovvenzioni da parte della società di gestione, e quindi della Regione Sardegna, in favore della Ryanair 373. Tali finanziamenti non solo non giovano al libero mercato e in particolare alla società che gestisce l’aeroporto, ma soprattutto tengono quest’ultima in scacco, poiché non ha altro modo per alimentare in maniera consistente i flussi di traffico verso il proprio aeroporto 374. La società di gestione dell’aeroporto di Alghero è la So.Ge.A.Al. S.p.A. che nacque nel 1994 su iniziativa della Provincia di Sassari che mirava al rilancio dell’economia del territorio tramite lo sviluppo dello scalo algherese, un progetto condiviso con la Regione Sardegna, la SFIRS, la Camera di Commercio di Sassari e i comuni di Sassari e Alghero 375. Nel 1995 il Ministero dei Trasporti e della Navigazione concesse alla SoGeAAl la gestione dei servizi di handling e l’anno successivo, avendo ricevuto l’autorizzazione di Civilavia, oggi Enac,

369

Cfr. G. Gherardini, Tre nuovi scali per il decollo dell’economia, in Sardegna Industriale, editoriale Aprile 1999. 370 http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=12&anno=2011&lingua=it (Maggio 2012). 371 Cfr. G. Gherardini, Rinasce Fertilia, porta d’oro del turismo sardo, in Sardegna Industriale, editoriale Aprile 2003. 372 Cfr. G. Gherardini, Lo stato dei lavori nell’isola, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 373 Commissione IX, op. cit. 11 Marzo 2009. 374 Cfr. La Nuova Sardegna, Ryanair: “la UE mette a rischio i piccoli aeroporti”, 15 Maggio 2012. 375 http://www.aeroportodialghero.it/sogeaal/sogeaal.asp (Maggio 2012).

125


iniziò le operazioni. Tuttavia per ottenere da parte dell’Enac la concessione quarantennale dell’aeroporto, la società di gestione dovette aspettare fino al 2007. Nel 2010 la SoGeAAl ha subito un riassetto societario, poiché gli Enti pubblici della Provincia di Sassari, della Camera di Commercio di Sassari e dei comuni di Sassari e Alghero non hanno aderito alla ricapitalizzazione della società, lasciando così la SoGeAAl nelle mani della Regione Autonoma Sardegna che possiede l’80,20% del capitale e della S.F.I.R.S. S.p.A. che ne detiene il 19,80% 376. Per quanto riguarda il traffico, lo scorso anno nell’aeroporto di Alghero sono transitati 1.514.250 passeggeri, facendo registrare un aumento complessivo del 9,1% rispetto al 2010 377. Nel 2011 si è inoltre assistito a un incremento dei passeggeri nazionali pari all’11,2% e di quelli internazionali che si assesta intorno al 5% rispetto all’anno precedente

378

. Nei primi tre mesi del 2012, i

passeggeri in transito sono stati 224.160, un dato positivo se confrontato con la realtà olbiese, dove però non è presente la compagnia aerea Ryanair 379. Tuttavia, i primi mesi del nuovo anno denunciano anche un drastico calo delle presenze rispetto allo stesso periodo del 2011: infatti a gennaio si registra un meno 2,1%, a febbraio si arriva addirittura a un meno 15,5% che si stabilizza nel mese successivo intorno al meno 6,2% 380. Per ciò che concerne le compagnie aeree, come già visto, la Ryanair è il principale vettore dell’aeroporto, ove sono tuttavia presenti altre tredici aerolinee tra vettori italiani ed esteri. Sullo scalo algherese sono presenti le seguenti compagnie: l’Air One, l’Alitalia, l’Atlantic Airways, la Bmibaby, l’easyJet, la German Wings, la Jet Time, la Malmo Aviation, la Regional, la Smart Wings, la Thomsonfly, la TUIfly Nordic e la Volotea 381. Molte di queste sono compagnie low cost, anche se non mancano anche i vettori tradizionali.

376

http://www.aeroportodialghero.it/sogeaal/composizione.asp (Maggio 2012). http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=12&anno=2011&lingua=it(Maggio 2012). 378 Ivi. 379 http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=3&anno=2012&lingua=it (Maggio 2012). 380 http://www.aeroportodialghero.it/sogeaal/statistiche.asp (Maggio 2012). 381 http://www.aeroportodialghero.it/voli/compagnie.asp (Maggio 2012). 377

126


5.3.4. L’aeroporto di Tortolì Arbatax L’aeroporto di Tortolì, nato per far fronte alle esigenze della vicina cartiera di Arbatax, era dotato di un pista in erba che venne bitumata e allungata nel 1975, quando lo scalo veniva principalmente utilizzato dai privati. Dieci anni più tardi, nel 1985, l’imprenditore oristanese Corrado Corrias chiese e ottenne l’affidamento della struttura con l’intenzione di collegare tramite una sua piccola compagnia aerea privata l’aeroporto ogliastrino con la capitale 382. I voli così effettuati dall’Air Sardinia collegarono Tortolì con Roma fino al 1990, anno di chiusura dello scalo per fallimento. Tre anni più tardi l’Aliarbatax acquistò la struttura aeroportuale, ottenendo inoltre quindici miliardi di vecchie lire dalla Regione Sardegna per la ristrutturazione dello scalo, per la costruzione di un’adeguata aerostazione, della torre di controllo, di un’area di sosta per gli aeromobili e infine per l’allungamento della pista a millecinquecento metri 383. L’Aliarbatax mirava alla realizzazione di sinergie operative con i restanti aeroporti sardi, in particolare con lo scalo di Oristano, che avrebbe così assicurato a entrambi i piccoli aeroscali sufficienti flussi di traffico non solo durante la stagione estiva, ma anche nel periodo invernale. Nei primi anni di attività, nonostante la mancata concretizzazione del progetto che prevedeva il collegamento aereo da Oristano a Tortolì, il piccolo aeroporto ogliastrino fece registrare cifre da record, quando nel 1998 raggiunse i 44.700 passeggeri 384. La Regione, intraviste le potenzialità, mostrò fin da subito il suo interesse per Tortolì, manifestando l’intenzione di acquistare una quota di maggioranza dell’Aliarbatax. I propositi espressi rimasero tali fino a quando nel dicembre del 2002 il Consorzio Industriale di Tortolì e Arbatax acquistò il 70% della società 385. Dopo alterne vicende e lunghi periodi di crisi, per l’aeroporto si sono dischiuse nuove opportunità quando nel 2007 il Consorzio Industriale è riuscito a ottenere un finanziamento da parte della Comunità Europea per un importo 382

Cfr. G. Gherardini, Nuove prospettive per lo scalo di Tortolì, in Sardegna Industriale, editoriale Aprile 2003. 383 Ivi. 384 Cfr. G. Gherardini, Lo stato dei lavori nell’isola, in Sardegna Industriale, editoriale maggio 2000. 385 Cfr. G. Gherardini, Nuove prospettive per lo scalo di Tortolì, in Sardegna Industriale, editoriale Aprile 2003.

127


complessivo di 3.171.000 euro 386. Questo fondi sono stati utilizzati dalla società di

gestione

per

l’allungamento

della

pista,

l’acquisizione

dell’idonea

strumentazione per l’assistenza al volo e l’ampliamento del parcheggio 387. La nuova struttura può contenere un traffico di circa cinquecentomila passeggeri, ben al di sopra delle attuali capacità dell’aeroporto che in media ne trasporta quarantacinquemila all’anno 388. Oggi Tortolì si configura prettamente come scalo stagionale, facendo quindi registrare la maggior parte del traffico nei mesi che vanno da maggio a ottobre 389. La società di gestione dello scalo è la Ge.Ar.To., un gruppo privato costituito al 100% dall’Arbatax S.p.A. Nel novembre del 2008 la società di gestione è stata posta in liquidazione a causa delle continue perdite registrate che l’Arbatax S.p.A. non aveva intenzione di continuare a ripianare 390. La Regione si è mostrata più volte interessata all’acquisizione della Gearto, ma a distanza di circa tre anni la situazione non è mutata, nonostante la delibera del 2 febbraio del 2010 espliciti ufficialmente l’impegno regionale ad acquisire la struttura e rilevare la società di gestione 391. Nell’aprile del 2012 la Regione ha infine deliberato per fare di Tortolì un aeroporto di terzo livello e per costituire una nuova società di gestione che in un primo momento sarà totalmente pubblica con un contributo da parte della Provincia di Nuoro, la Camera di Commercio di Nuoro e il Comuni di Tortolì, di cui Arbatax è frazione 392. L’aeroporto di Tortolì Arbatax non compare più tra gli scali indicati da Assaeroporti, pertanto gli unici dati disponibili sono quelli forniti dall’Istat per l’anno 2010, quando lo scalo ha fatto registrare tredicimilacinquecento presenze 393. Le compagnie aeree che operano nell’aeroporto, per lo più vettori charter a parte qualche eccezione, sono l’Air Dolomiti, l’Air Vallée, l’Austrian Airlines, la Darwin Airlines, la Meridiana Fly e la Skyworks 394.

386

Cfr. P. Argenti, op. cit., maggio 2007. Ivi. 388 Ivi. 389 Cfr. Sardegna Industriale, Dall’8 agosto partono i collegamenti di Meridiana Fly da e per Tortolì, 5 Agosto 2011. 390 La Nuova Sardegna, In liquidazione la società Gearto, 4 Novembre 2008. 391 La Nuova Sardegna, Ultimatum alla Regione per l’aeroporto, 01 Marzo 2012. 392 La Nuova Sardegna, Ultimi dettagli per l’aeroporto, 20 Aprile 2012. 393 Dati Istat, servizi aerei 2010. 394 http://www.aeroportotortoliarbatax.it/sito/compagnie_aeree/compagnie_aeree.asp?x=0 (Maggio 2012). 387

128


5.4. Il contributo degli aeroporti minori nel sistema del trasporto aereo Gli aeroporti minori, come in Sardegna quelli di Tortolì Arbatax e Oristano Fenosu, si caratterizzano per flussi di traffico ridotti e generalmente ospitano l’aviazione generale o quella regionale. I piccoli aeroscali svolgono certamente un ruolo di nicchia all’interno del più ampio contesto del trasporto aereo nazionale e per tale motivo risulta cruciale riuscire a individuare con precisione la tipologia di utenza da servire. Per le aerostazioni che ospitano l’aviazione regionale si prospetta da una parte la possibilità di effettuare dei voli tra il proprio aeroporto e un altro, anch’esso secondario, e dall’altra quella di creare dei collegamenti con un hub principale 395. Le destinazioni possibili, partendo da uno scalo di piccole dimensioni, sono essenzialmente tre: la capitale dello Stato, che può essere sia la destinazione finale che quella intermedia, un grande hub nazionale o europeo, nel caso della Sardegna potrebbe essere Milano, oppure un collegamento di tipo stagionale, considerati i notevoli flussi turistici che interessano l’isola nel periodo estivo 396.

Per quanto concerne l’aviazione generale, le maggiori

opportunità per il territorio derivano certamente dalle attività indotte, come quelle legate alla ristorazione, a tutte le strutture ricettive e alle scuole di pilotaggio e paracadutismo. Nello specifico caso di un’isola sia l’aviazione generale che quella regionale possono permettere lo sviluppo di un tipo di turismo di fascia medio - alta 397. Il Parlamento Europeo in una recente risoluzione afferma che benché non sia possibile fornire una definizione univoca e universalmente accettata di “trasporto regionale”, questo sia estremamente importante per la sostenibilità economica delle regioni periferiche e in particolare delle isole 398. D’altra parte appare necessario evitare un’inutile proliferazione di piccoli scali aeroportuali, che rischiano di essere inutilizzati o di essere gestiti in modo inefficiente 395

R. Zucchetti, O. Baccelli, op. cit., p. 54. Ivi. 397 Ivi, pp. 59, 60. 398 Risoluzione del Parlamento Europeo 10 Maggio 2012, n. 2196, Futuro degli aeroporti regionali e dei servizi aerei nell’Unione Europea, punti A, D. 396

129


generando costi aggiuntivi per il territorio e gli enti pubblici. Per tali ragioni il Parlamento Europeo auspica un maggiore sviluppo e integrazione del trasporto pubblico, specialmente di quello ferroviario e viario 399. L’intermodalità e il trasporto aereo regionale risultano essere fondamentali non solo per la mobilità degli abitanti delle regioni periferiche, ma anche per lo crescita del comparto turistico, un settore di estrema importanza per molti Stati Europei. Pertanto l’Europa incoraggia la promozione dei collegamenti tra gli aeroporti regionali e quelli principali 400. Tuttavia nella risoluzione si osserva anche che la costruzione di nuovi scali di tipo regionale dovrebbe basarsi su un’analisi costi – benefici e che gli investimenti da parte del settore pubblico dovrebbe essere proporzionali ai volumi di traffico che l’aeroscalo è in grado di sviluppare 401. Infine, posto che gli aeroporti regionali svolgono un ruolo di vitale importanza per la coesione territoriale e lo sviluppo sociale ed economico, non dovrebbero tuttavia generare debito pubblico, come spesso accade, ma dovrebbero sostenersi autonomamente 402. In definitiva secondo l’Unione Europea, gli aeroporti regionali dovrebbero svolgere una funzione di supporto agli hub principali, dovrebbero quindi essere utilizzati per dirottare il traffico in eccesso e decongestionare così gli scali maggiori, permettendo al tempo stesso di preservare la posizione di leadership di questi ultimi 403.

5.5. Il sistema aeroportuale sardo e la filosofia del low cost

Nel contesto sardo è possibile individuare come scalo prettamente low cost l’aeroporto di Alghero Fertilia che su tredici aerolinee presenti ne ospita otto a basso costo, più una che opera voli di tipo charter. La differenza è palese se si

399

Ivi, punto 2. Ivi, punti 8, 9, 10, 22. 401 Ivi, punti J, K. 402 Ivi, punti 17, 29. 403 Ivi, punto 28. 400

130


confronta la realtà algherese con quella cagliaritana dove su altrettante 13 compagnie aeree solamente tre sono low cost. Il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno espresso forti critiche in merito alle politiche condotte dalle aerolinee a basso costo che operano dagli aeroporti regionali. Infatti, come accennato precedentemente, in molti scali minori è presente una situazione di monopolio che la compagnia aerea sfrutta per imporre le proprie condizioni che nella maggior parte dei casi risultano essere antieconomiche per i piccoli aeroporti 404. Inoltre, la rigorosa politica del bagaglio a mano unico, operata principalmente dai vettori a basso costo, ha determinato un drastico calo delle vendite all’interno degli scali, che vedono così ridursi ulteriormente i propri profitti. I guadagni derivanti dalle attività commerciali sono fondamentali per l’impresa aeroporto, soprattutto per quelle minori che destinano una considerevole parte delle entrate alla sovvenzione delle compagnie low cost 405. Per tali ragioni lo stesso Parlamento Europeo ritiene che le condizioni imposte dai vettori a basso costo costituiscano una violazione del diritto della concorrenza e un abuso di posizione 406. Recentemente la città di Cagliari ha ospitato il quinto Congresso internazionale del diritto aeronautico, il cui tema principale verteva sul settore dei voli low cost. Un dato emerso dal convegno è stato indubbiamente la distorsione della competitività causata dalle sovvenzioni pubbliche a favore delle aerolinee a basso costo che, con le pratiche messe in atto, frammentano ulteriormente una prestazione che dovrebbe al contrario essere unitaria407. L’assessore regionale ai trasporti, Christian Solinas, intervenuto durante il congresso, sostiene che il sistema regionale sardo necessiti sia del settore tradizionale sia di quello low cost, di cui vengono messe in discussione esclusivamente le pratiche altamente lesive dei diritti degli aeroporti e dei passeggeri 408.

404

Ivi, punto E. Ivi, punto F. 406 Ivi, punto 13. 407 http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=18343&iso=96&is=7 (Aprile 2012). In particolare ci si riferisce a tutte le spese supplementari che i clienti devono sostenere, a partire dalle recenti tasse sulle transazioni effettuate online, fino a quelle imposte per i bagagli in eccesso. 408 Ivi. 405

131


5.6. L’assenza di un’organica intermodalità in Sardegna La mancanza di una diffusa e integrata rete di trasporti caratterizza molte regioni periferiche europee, come lo stesso Parlamento ha evidenziato denunciando l’inadeguatezza della viabilità stradale e ferroviaria, nonché l’esiguità dei collegamenti con gli aeroporti e da questi ai centri urbani 409. Spesso infatti gli scali non tengono conto dell’ubicazione delle arterie stradali principali, così come queste ultime nella propria pianificazione non considerano la presenza degli aeroporti. Tale problema riguarda anche la Regione Sardegna che, in modo particolare, vive una situazione di profonda arretratezza sul piano dei trasporti terrestri che penalizza sia gli abitanti sia gli aeroporti e che interessa sia il trasporto su gomma che quello su ferro. Il mancato sviluppo della rete viaria e ferroviaria pregiudica infatti la mobilità interna degli abitanti dell’isola e rende difficoltoso l’accesso agli scali aeroportuali.

5.6.1. Il trasporto ferroviario Il trasporto su ferro in Sardegna risente sia di una rete ferroviaria senescente a scartamento ordinario, con binario unico e non elettrificata che fu costruita sul finire del 1800, sia di treni che sono per la più parte ormai obsoleti e mal funzionanti 410. La densità ferroviaria regionale -in Sardegna il sistema ferroviario principale comprende quattrocentotrentasette kilometri di linea- è di 18 m/Km², mentre la media italiana è di 55: ciò significa che la rete ferroviaria sarda è circa ⅓ rispetto a quella nazionale 411. Inoltre, rispetto ad altri mezzi come auto o pullman, il treno fa registrare tempi di percorrenza di molto superiori che in alcuni casi possono arrivare anche al doppio del tempo impiegato da una vettura. Altro fattore penalizzante risulta essere l’esiguità di collegamenti tra il nord e il sud dell’isola e nello specifico tra Cagliari e Olbia, linea classificata come fondamentale, e tra Cagliari e Sassari, classificata come complementare. Per quanto riguarda invece la tratta fra le due città campidanesi di Cagliari e 409

Risoluzione del Parlamento Europeo 10 Maggio 2010, n. 2196, op. cit., punti 25, 26. Cfr. G. Gherardini, op. cit., Aprile 2002. 411 Ivi. 410

132


Oristano, i collegamenti ferroviari possono essere ritenuti sufficienti, anche se spesso non soddisfacenti. In definitiva le maggiori criticità del sistema ferroviario sardo sono legate alla difficoltà del tracciato ormai obsoleto, alla disomogeneità degli attuali convogli, all’inadeguatezza dei nodi di traffico e della maggior parte delle stazioni, e soprattutto agli scarsi collegamenti con le principali arterie stradali 412.

5.6.2. Il trasporto stradale Il sistema stradale sardo soffre di problemi analoghi a quello ferroviario che concretamente impediscono una moderna ed efficiente viabilità. La rete statale consta di 3.065 kilometri, quella provinciale di 6.229 e quella comunale di 40.457 413. Recentemente, grazie alle imponenti opere di ammodernamento e di messa in sicurezza, una parte della S.S. 131, nello specifico il tratto fra Sanluri e Bauladu, è divenuto strada extraurbana principale di categoria B. Al termine dei lavori in corso anche la parte della S.S. 131 che collega Cagliari a Sanluri diverrà strada extraurbana principale e permetterà così ai centri abitati che si trovano lungo questo tratto, il più importante dei quali è costituito dalla città di Oristano, di raggiungere in tempi rapidi Cagliari e quindi anche l’aeroporto di Cagliari Elmas. Tuttavia la situazione isolana si presenta come una delle peggiori d’Italia, poiché la Sardegna rimane priva di autostrade e può unicamente contare su una rete viaria di cinquanta kilometri ogni cento kilometri quadrati di superficie414. Un ulteriore elemento gravemente penalizzante è costituito dall’esiguità dei collegamenti trasversali che uniscono la parte occidentale e quella orientale dell’isola, una limitatezza dovuta in parte alla presenza della catena montuosa del Gennargentu, che rende tortuose e di difficile percorrenza le strade di collegamento. Anche nel caso del trasporto stradale le maggiori criticità attengono ai tracciati complessi, ai conseguenti estenuanti tempi di viaggio, all’insufficienza delle infrastrutture presenti e alla mancanza di una vera 412

Ivi. Ivi. 414 Cfr. C. Mannoni, Un fondo unico per tutte le modalità di trasporto, in Sardegna Industriale, editoriale gennaio 2001. 413

133


integrazione con il trasporto ferroviario 415. In definitiva in Sardegna, come indicato anche dall’ex Presidente della Sogeaor, Giorgio Gaviano, «le asperità del territorio, con la sola esclusione del Campidano, comportano sicuramente un maggiore dispendio di risorse per realizzare e potenziare i raccordi intermodali con gli aeroporti»416.

415 416

Cfr. G. Gherardini, op. cit., aprile 2002. Appendice, intervista del 28 Giugno 2012.

134


6. L’aeroporto di Oristano Fenosu 6.1. Storia dell’aeroporto di Fenosu Fenosu nacque nel 1930 come scalo militare in un periodo in cui per legge ogni provincia doveva obbligatoriamente dotarsi di un proprio aeroporto. Con la fine del conflitto il piccolo scalo venne abbandonato, relegato al ruolo di semplice campo di fortuna senza alcuna valenza strategica o economica. La situazione rimase immutata fino agli anni sessanta, quando il Consorzio Industriale avviò la ristrutturazione dell’aeroscalo. Tuttavia il progetto, che comprendeva anche l’allungamento della pista a milleduecento metri, non fu mai concretizzato. Nel 1996, trent’anni più tardi, la Provincia di Oristano ottenne dal Ministero dei Trasporti due miliardi di vecchie lire per l’ampliamento, la ristrutturazione e la riqualificazione di Fenosu, fondi che vennero utilizzati per l’allungamento e l’allargamento della pista rispettivamente a milleventitrè metri, per la costruzione di una torre di controllo, di un’aerostazione adeguata e di una recinzione per il sedime aeroportuale, costituito attualmente da centotrentasei ettari 417. Nel 2002 la Provincia stanziò altri cinque miliardi di vecchie lire per l’ulteriore allungamento della pista e per l’avvio dei lavori di ricostruzione, che non vennero avviati poiché le strutture già presenti, nonostante l’approvazione da parte dell’Enac, furono giudicate dall’ente stesso inadeguate e non funzionali al decollo e atterraggio dei velivoli 418. Nello stesso anno il Ministero dei Trasporti concesse la gestione dello scalo alla So.Ge.A.Or., il cui azionista di maggioranza è la Provincia di Oristano con il 74,10% del capitale. Gli altri soci sono il Comune di Oristano con l’11,72%, la Camera di Commercio di Oristano con l’8,16%, la Regione Autonoma della Sardegna con il 3,29%, il Consorzio per il 417

Cfr. G. Gherardini, Fenosu: uno scalo strategico per i collegamenti regionali, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003. 418 Ivi.

135


Nucleo di Industrializzazione dell’Oristanese con il 2, 48% e infine la Sfirs con lo 0,25% 419. L’anno successivo la Regione Sardegna tramite la finanziaria regionale del 2003, destinò a Fenosu cinque milioni e centosessantamila euro con i quali furono infine ultimati i lavori di riqualificazione del piccolo aeroporto. Infine nel 2006, in seguito alla conclusione delle opere che hanno permesso di allungare la pista fino a raggiungere gli attuali milletrecento metri, lo scalo di Fenosu è stato inserito nella categoria ICAO 2C 420.

Con i fondi ricevuti dalla Regione, la

società di gestione commissionò la Tecno Engineering 2C s.r.l. di elaborare un piano di sviluppo aeroportuale che si divideva in tre fasi 421: -

Fase zero: dal 2004 al 2009 che comprende i primi lavori di costruzione dei parcheggi nella zona antistante l’aerostazione, del raccordo tra la pista e il piazzale, e dell’impianto antincendio. Inoltre è previsto un primo ampliamento del piazzale di sosta degli aeromobili, l’illuminazione della pista e la messa a norma della recinzione aeroportuale 422.

-

Fase Uno: dal 2010 al 2014 che prevede la costruzione delle vie di circolazione, della strada perimetrale di servizio e di ispezione, di un’area destinata alle esercitazioni dei Vigili del Fuoco, di un’aerostazione in grado di ospitare fino a duecentomila passeggeri e di un ulteriore ampliamento del piazzale di sosta. Inoltre sono previsti successivi investimenti per l’illuminazione ausiliaria per il movimento e le manovre degli aeromobili, per l’adeguamento della torre di controllo e per la realizzazione del tratto di viabilità esterna di accesso al sedime 423.

-

Fase Due: dal 2015 a 2020 che comprenderà l’acquisizione dei terreni circostanti per l’allungamento della pista dagli attuali milletrecento a milleottocento metri, l’ulteriore allargamento del piazzale di sosta per gli

419

http://www.sogeaor.it/it/details.asp?IDPages=17&IDParent=16&Level=16 (Maggio 2012). Il 5 Maggio del 2012 il Comune di Oristano è uscito dalla società di gestione della Sogeaor, lasciando la sua quota al socio di maggioranza, la Provincia di Oristano. La Regione e la Sfirs appaiono come soci virtuali, in quanto non hanno partecipato alla ricapitalizzazione, né alle ingenti spese sostenute soprattutto dalla Provincia di Oristano e della Camera di Commercio di Oristano. 420 Nella classifica dell’ICAO il numero attiene alla lunghezza della pista e la lettera alla larghezza e alle vie di rullaggio. Per fare un rapido confronto, basti pensare che l’aeroporto di Cagliari è classificato 4D. 421 Cfr. Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di Sviluppo Aeroportuale, Stima previsionale dei costi d’intervento, revisione n. 4, 2007. 422 Ivi, pp. 3, 4, 5. 423 Ivi, p. 7.

136


aeromobili, la recinzione del nuovo sedime aeroportuale e la sistemazione delle fasce di sicurezza. Inoltre è prevista la costruzione del nuovo tratto della strada perimetrale di servizio e di ispezione, dei parcheggi per gli operatori dello scalo, di un hangar destinato ai Vigili del Fuoco, degli Uffici per il personale della Sogeaor, di una taxiway e del nuovo tratto di viabilità esterna di accesso al sedime aeroportuale 424. Di fatto a oggi è stata implementata con successo esclusivamente la fase zero. Lo scalo, denominato da molti «l’aeroporto degli sprechi»425, concretamente non produce alcun reddito, e gli stessi azionisti devono provvedere a ripianare le ingenti perdite societarie 426. Infatti dal 2001 al 2007 sono avvenute tre ricapitalizzazioni

la

prima

da

settecentomila

euro,

la

seconda

da

cinquecentosettantamila euro e la terza da settecentomila euro e dal 1994 al 2008 si calcola che lo scalo sia costato circa diciotto milioni di euro, undici dei quali sono stati investiti nella struttura 427. Il bilancio del 2007 si è chiuso con un passivo di settecentomila euro ripianati come sempre dagli azionisti che si trovano davanti a una situazione disastrosa, dovendo gestire uno aeroporto che a fine 2008 ha accumulato debiti per circa tre milioni di euro 428. Secondo le stime oltremodo ottimistiche effettuate per l’anno 2009, sull’aeroporto sarebbero dovuti transitare quarantamila passeggeri che cinque anni più tardi, ovvero tra soli due anni, dovrebbero diventare circa centomila429. Il Piano di Sviluppo Aeroportuale appositamente redatto prevedeva che il traffico generato sullo scalo di Fenosu, una volta conclusa la fase uno dei progetti, avrebbe potuto raggiungere nel 2020 i quasi duecentocinquantamila passeggeri all’anno 430. All’epoca l’ex presidente della società di gestione, vista la previsione del traffico, manifestò la volontà di istituire un volo giornaliero per Roma e uno

424

Ivi, p. 9, cfr. G. Gherardini, Fenosu: uno scalo strategico per i collegamenti regionali, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003, Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, relazione generale, revisione n. 5, 2008, p. 50 425 La Nuova Sardegna, Dal 2009 a Fenosu si vola per davvero, 09 Agosto 2008. 426 Cfr. P. Argenti, op. cit., 2007, cfr. Appendice, intervista del 28 Giugno 2012. 427 La Nuova Sardegna, Tutti i numeri del flop di Fenosu, 21 Maggio 2009. 428 La Nuova Sardegna, Dal 2009 a Fenosu si vola per davvero, 09 Agosto 2008, La Nuova Sardegna, Tutti i numeri del flop di Fenosu, 21 Maggio 2009. 429 La Nuova Sardegna, Tutti i numeri del flop di Fenosu, 21 Maggio 2009. 430 Ivi.

137


trisettimanale per Milano. I fatti, tuttavia, mostrarono una realtà ben diversa con i soli settecento passeggeri atterrati a Fenosu nel 2009 431. Nella primavera del 2010 l’Enac ha dichiarato l’agibilità e la conformità dell’aeroscalo, rilasciando nel maggio dello stesso anno tutte le licenze e le certificazioni per l’esercizio dell’attività aeroportuale, nonostante l’aeroporto fosse privo di tutti i sistemi per il volo strumentale 432. Il tre giugno del 2010 è decollato il primo volo di linea da Fenosu diretto all’aeroporto di Brescia Montichiari con un Fokker 50 della compagnia Denim Air che opera in wet leasing 433. Nel luglio dello stesso anno l’Enac in collaborazione con l’Enit, l’Ente Nazionale del Turismo, ha presentato un piano di sviluppo degli aeroporti minori per il triennio 2010-2012, grazie al quale i primi sedici aeroporti in graduatoria hanno ricevuto una parte dei trentacinque milioni di euro stanziati dagli enti per tale progetto di ristrutturazione 434. Fenosu si è classificato secondo insieme a Lampedusa e alle spalle del solo aeroporto di Roma Urbe, ricevendo quindi circa due milioni di euro da utilizzare per il rilancio dello scalo 435. Gli interventi finali della fase zero così finanziati sono stati portati a termine dopo lunghi ritardi, ma alla fine dell’anno hanno prodotto i risultati sperati: nel mese di dicembre dall’aeroporto di Fenosu sono transitati duemilacinquecento passeggeri, un dato che ha ulteriormente incoraggiato la società di gestione a perseguire sulla strada intrapresa 436. Anche il segretario regionale del sindacato oristanese si era detto ottimista sul futuro dell’aeroporto: I costi dello scalo di Fenosu sono irrisori e assolutamente compatibili con i ricavi dalle attività di servizio aeroportuale che nello scalo oristanese non sono ancora stati attivati. In ogni caso

431

Ivi. La Nuova Sardegna, Fenosu, finalmente il Fokker decolla. È il primo volo di linea dopo vent’anni, 4 Giugno 2010. 433 Ivi. Ciò significa anche che a nessuna compagnia interessava operare i voli da Oristano che sono partiti solamente grazie gli aerei della Denim Air che la Sogeaor, attraverso la società FlyOristano appositamente creata, affitta utilizzando denaro pubblico, prevalentemente della Provincia. Cfr. La Nuova Sardegna, Fenosu, il Fokker resta a terra, l’Enac ha bloccato il primo volo, 19 Maggio 2010. 434 Il Sole 24 Ore, Aeroporti minori, accordo Enac – Enit per il rilancio, 07 Luglio 2011. 435 Ivi. 436 La Nuova Sardegna, È mancato il sostegno della politica locale, 17 Gennaio 2011. Nel mese di dicembre la Sogeaor ha anche applicato alcuni sconti sui prezzi dei biglietti, che in quel mese costavano tanto quanto un biglietto acquistato per la partenza da Cagliari con continuità territoriale, cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012. 432

138


i benefici per il territorio sarebbero ben superiori, non solo per la provincia ma per l’intero centro Sardegna 437. Nonostante ciò lo scalo per decollare avrebbe avuto bisogno anche del sostegno regionale, che aveva dato la propria disponibilità finanziaria a condizione che la Sogeaor adottasse una gestione finanziaria più attenta e oculata 438.

Inoltre

la

Regione

Sardegna

si

era

detta

favorevole

alla

ricapitalizzazione finanziaria della Sogeaor, che avrebbe però dovuto presentare un piano industriale che fosse verificato e approvato 439. Inoltre, le stesse analisi sul bacino aeroportuale e il potenziale traffico passeggeri che lo scalo sarebbe stato in grado di sviluppare non si basavano su dati certi, ma del tutto sperimentali e ottenuti sia in base ai passeggeri della provincia di Oristano che ogni anno, partendo dagli altri aeroporti isolani, usufruivano del servizio di trasporto aereo, sia in base ai flussi turistici registrati sul territorio provinciale440. Sulla vitale importanza del piano richiesto dalla Regione si era espresso anche il Partito Democratico oristanese: L'aeroporto non può reggersi sul volo passeggeri per Fiumicino […]. L'unico modo per sopravvivere è che si sviluppi un piano industriale affinché l’aeroporto possa: diventare polo di riferimento per l'aviazione generale, rappresentare un'alternativa di scalo conveniente per il traffico merci-postale, sviluppare, nel sedime aeroportuale, un'area dedicata al settore manutentivo per i velivoli di classe medio - bassa, offrirsi come centro formativo per alcune professionalità del mondo aeronautico, proporsi per scalo di attività di protezione civile 441. Effettivamente una delle soluzioni più consone per il piccolo scalo oristanese potrebbe proprio essere la creazione di uno scalo merci, si potrebbe inoltre costruire un centro per la manutenzione degli aeromobili, una scuola per la formazioni dei piloti e una per quella dei paracadutisti, una realtà che un tempo era presente e che aveva fornito ottimi riscontri economici. Sarebbe poi possibile adibire Fenosu a scalo per la protezione civile, essendo in una posizione

437

Intervista rilasciata dal segretario generale del sindacato oristanese, Antioco Patta, alla Nuova Sardegna, 24 gennaio 2011. 438 La Nuova Sardegna, Niente soldi: l’aereo rimane a terra, 28 Gennaio 2011. 439 La Nuova Sardegna, Fenosu, si alza in volo la delusione, 12 Marzo 2011. 440 Cfr. Appendice, intervista del 28 Giugno 2012. 441 La Nuova Sardegna, Stop ai voli se domani non arrivano i soldi, 25 Gennaio 2011.

139


strategica, al centro della Sardegna e raggiungibile anche dai luoghi più remoti in meno di due ore 442. Nel frattempo, il 27 gennaio del 2011, la compagnia Denim Air ha sospeso tutti i voli da e per l’aeroporto di Oristano a causa dello stato di insolvenza della società di gestione (la cifra ammonta a circa seicentocinquantamila euro)443. L’unico soggetto in grado di salvare l’aeroporto era ed è tutt’ora la Regione che a oggi, nonostante le pressanti richieste della Provincia e della società di gestione, non ha aderito alla ricapitalizzazione che avrebbe così portato a un aumento della quota societaria regionale, che sarebbe passata dal 5% (compresa la trascurabile quota della Sfirs) al 30% 444. Il 31 marzo del 2011 l’aeroporto ha chiuso, non potendo permettersi il rinnovo del contratto per i quaranta dipendenti al suo servizio. Tale impossibilità per la Sogeaor deriva in parte dall’essersi esclusivamente affidata alle promesse mai mantenute dalla Regione, con le quali quest’ultima si impegnava concretamente per salvare lo scalo. Indubbiamente la società ha commesso diversi e gravi errori, non gestendo al meglio la situazione e affidandosi a previsioni non sempre affidabili, ma appare doveroso riconoscere che Cagliari sembra aver volontariamente ignorato le delibere sottoscritte con le quali si stanziavano congrui finanziamenti per lo start up delle attività a Fenosu e per l’avvio dei voli low cost: una somma che si aggira intorno ai dieci milioni di euro 445. Nel mese di aprile dello scorso anno, dopo la scadenza del termine ultimo per la ricapitalizzazione della società di gestione alla quale nessuno dei soci ha partecipato, il presidente della Regione Sardegna, durante una visita a Fenosu, ha dichiarato l’impossibilità per l’aeroporto di continuare a vivere in questo modo, individuando nella mal gestione della Sogeaor una delle cause principali del dissesto finanziario dello scalo e proponendo al tempo stesso delle alternative che escludono i voli di linea, ma aprono nuove e interessanti prospettive per

442

Cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012. Ibidem. 444 La Nuova Sardegna, Fenosu, si alza in volo la delusione, 12 Marzo 2011. 445 La Nuova Sardegna, Fenosu chiude tra l’indifferenza, 27 Marzo 2011. 443

140


l’aeroscalo oristanese che potrebbe ospitare l’aviazione generale e il trasporto merci, ma anche la protezione civile e la scuola di polizia 446. Il mese successivo la società di gestione ormai agonizzante è entrata in liquidazione, dopo aver accumulato, secondo i revisori dei conti, un debito pari a circa cinque milioni di euro 447. Sono stati inoltre nominati due liquidatori, il commercialista oristanese Alberto Annis e l’avvocato milanese Antonio La Cava che si stanno attualmente occupando delle procedure di liquidazione 448. A luglio dello scorso anno l’assemblea dei soci della Sogeaor ha espresso la volontà di salvare la società: l’unica soluzione, come prospettato dal presidente della Provincia Massimiliano De Seneen, è «quella di una ricapitalizzazione della società sino al massimo consentito dalla legge, ovvero centotrentamila euro di capitale più due milioni e duecentomila euro di passivo, successivamente attivare una procedura concorsuale e pubblicare un bando per la manifestazione d’interesse da parte dei privati per una gestione privata dello scalo»449. Nel novembre del 2011 l’assemblea dei soci della Sogeaor ha approvato l’assestamento di bilancio e a pochi giorni di distanza il consiglio regionale, benché la Regione si fosse astenuta dalla ricapitalizzazione, ha approvato l’inserimento di Fenosu nel nuovo piano regionale dei trasporti e nel programma delle infrastrutture strategiche sarde 450. Tuttavia a causa di numerosi rinvii e imprevisti burocratici, la delibera per lo stanziamento dei fondi alla Sogeaor, che nel mentre sono passati da due milioni e duecentomila euro a un milione e trecentottantamila, è stata approvata solamente pochi mesi fa, il 3 maggio 2012 451. Il giorno 30 del mese è stata anche presentata in tribunale l’istanza di fallimento da parte dei liquidatori della società, ma come ha precisato anche il commercialista Alberto Annis «i soci hanno tutto il tempo per rimediare, impegnando con le relative delibere e determine, il denaro necessario per presentare la proposta di concordato preventivo che bloccherebbe subito la 446

La Nuova Sardegna, «Così Fenosu non può più vivere», 16 Aprile 2011, La Nuova Sardegna, Una realtà che rischia l’oblio, 04 Maggio 2011. 447 La Nuova Sardegna, Oristano, in liquidazione la Sogeaor che gestiva l’aeroporto di Fenosu, 25 Maggio 2011. 448 La Nuova Sardegna, Sogeaor verso la liquidazione, 25 Maggio 2011. 449 Intervista rilasciata dal presidente della giunta provinciale, Massimiliano De Seneen alla Nuova Sardegna, 29 Luglio 2011. 450 La Nuova Sardegna, L’aula vota il sì per Fenosu, 29 Novembre 2011, La Nuova Sardegna, Il consiglio regionale vota a favore di Fenosu, 30 Novembre 2011. 451 La Nuova Sardegna, Fenosu, nuovi fondi ma il pessimismo regna in Provincia, 4 Maggio 2012.

141


procedura fallimentare» 452. Attualmente i curatori fallimentari stanno preparando il bando per la manifestazione di interesse da parte di imprenditori privati che siano disposti a rilevare le quote della società di gestione 453.

6.2. Le criticità legate all’aeroporto e al territorio Le criticità legate all’aeroporto di Fenosu e alla società di gestione sono molteplici. Tra i problemi legati alla struttura aeroportuale vi è certamente la pista, lunga milletrecento metri e larga trenta con fasce di sicurezza, denominate strip, larghe quaranta metri e presenti su ogni lato per tutta la lunghezza della runaway. La pista per essere allungata necessita della deviazione della strada provinciale Oristano – Palmas Arborea, che inoltre costeggia il sedime aeroportuale da entrambi i lati, impedendone l’ulteriore ampliamento. Per la deviazione della strada provinciale e l’ampliamento della pista sono necessari ingenti risorse, di cui la Sogeaor attualmente non dispone.

452 453

La Nuova Sardegna, La Sogeaor non è spacciata, 30 Maggio 2012. Ivi.

142


Figura 6. 1 Planimetria dell’aeroporto “Ernesto Campanelli� di Oristano Fenosu

Considerate le attuali condizioni della pista, gli unici aerei in grado di atterrare a Fenosu sono: -

Gli ATR 42 da quarantaquattro posti

-

Gli ATR 72 da sessantasei posti

-

I Bae Jetstream 31 da diciannove posti

-

I Beechacraft 1900 da diciannove posti

-

I Dash 8-300 da cinquantadue posti

-

I Dornier 328 turboprop/jet da trentadue posti

-

Gli Embraer EMB 120 Brasilia da trenta posti

-

I Fokker 70 da settanta posti

-

I Fokker F27 friendship da trentasei posti

-

I Fokker F 50 da cinquanta posti

-

I Let 410 da quindici posti

-

I Piaggio P180 Avanti da nove posti

-

I Saab 2000 da cinquanta posti

143


-

Saab 340 da trentacinque posti 454

Le compagnie aeree low cost come Ryanair e easyJet utilizzano Airbus e Boeing che, potendo trasportare circa 180 passeggeri, necessitano di una pista lunga almeno duemila metri 455. Gli aeromobili che possono operare su una runaway come quella presente a Fenosu normalmente presentano un’offerta annuale medio – bassa e sono adatti a operare su rotte a breve raggio 456. Per queste ragioni gli unici tipi di voli che possono essere operati in tali condizioni sono i charter e, in alcuni casi, i voli di linea regionali. I vettori a basso costo non utilizzano aerei da cinquanta posti, poiché non sono economici, né permettono congrui ritorni finanziari, rendendo così poco conveniente operare da questi aeroporti. Per ampliare la pista sono necessari ingenti risorse finanziarie che gli enti provinciali e comunali non sono in grado di garantire senza il contributo della Regione che si è più volte ufficialmente impegnata a garantire il proprio sostegno economico alla Sogeaor, ma nonostante ciò non ha onorato le promesse fatte, bocciando definitivamente il progetto di allungamento della pista che permetterebbe l’atterraggio di aeromobili di più grandi dimensioni, come quelli utilizzati dai vettori low cost. L’aerostazione può ospitare al massimo della sua capacità circa cinquanta passeggeri al suo interno 457, perciò affinché gli aeromobili in grado di trasportare fino a centonovanta passeggeri possano atterrare a Fenosu, oltre alla pista bisognerebbe ampliare anche l’infrastruttura che dovrebbe accoglierli: un lavoro che richiederebbe ulteriori risorse da parte della Provincia. Presso la struttura sono assenti attività di retailing, non vi sono negozi di souvenir o sportelli per il cambio valuta, e soprattutto non sono presenti né bar, né pizzerie o tavole calde. Come analizzato precedentemente, i ricavi di tipo non aviation sono fondamentali per qualunque società di gestione e rappresentano ormai una notevole parte dei guadagni complessivi dell’impresa-aeroporto. L’assenza di tali

454

Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, relazione generale, revisione n. 5, 2008, p. 51. 455 http://www.boeing.com/ (Giugno 2012), http://www.airbus.com/ (Giugno 2012). 456 Si ricorda che l’aeroporto di Fenosu è appartenente alla categoria ICAO 2C: ciò significa gli aeromobili autorizzati ad atterrare non possono avere una lunghezza superiore ai 27,5 metri. 457 Cfr. G. Gherardini, Fenosu: uno scalo strategico per i collegamenti regionali, in Sardegna Industriale, editoriale aprile 2003.

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servizi costituisce un fattore estremamente penalizzante per l’azienda che può portare alla chiusura dell’esercizio. Gli enti pubblici interessati concordano sul ruolo strategico dell’aeroporto di Fenosu e sulla sua importanza per il territorio, ma vi è discrepanza su quello che dovrebbe essere il ruolo del piccolo scalo oristanese, considerato da alcuni adatto a ospitare i voli di linea, secondo altri i charter e per altri ancora solo l’aviazione generale. Questa incertezza potrebbe discendere dall’assenza di una rigorosa pianificazione strategica che, come hanno rilevato gli stessi revisori dei conti nel maggio dello scorso anno, ha inciso pesantemente sui risultati finali 458. Infatti durante i controlli è emerso che la Sogeaor non ha mai adottato strumenti di pianificazione e di controllo economico, in altre parole programmi istituiti per il periodico controllo della situazione finanziaria. Inoltre, sempre secondo i revisori, manca sia un business plan che sia adeguato attento e preciso, sia un qualsiasi

tipo

di

organizzazione.

Infine

all’interno

del

consiglio

di

amministrazione della società di gestione non è presente l’indispensabile figura di un direttore generale che sia anche esperto nel campo aeronautico 459. Un altro aspetto molto importante riguarda il conflitto d’interesse al centro del quale si trova la figura dell’ex consulente della Denim Air che al tempo stesso svolgeva da una parte l’attività di consulente strategico, coordinatore delle attività aeroportuali e dei rapporti con la compagnia aerea, e dall’altra l’attività di rappresentante della stessa compagnia aerea nell’ambito delle trattative con la società di gestione 460. Gli stessi vertici della Sogeaor ammettono che durante la fase di redazione del Piano di Sviluppo Aeroportuale ci siano stati diversi e gravi errori e che gli studi condotti sulla catchment area non siano stati sempre precisi, né concordi sui flussi di traffico che si sarebbero potuti sviluppare 461 Gli enti pubblici, e in particolare la Provincia, stanno attualmente cercando una soluzione che eviti il fallimento della società di gestione e con essa dell’aeroporto di Fenosu, per il quale sono stati spesi dagli enti provinciali più di sette milioni di euro 462. Tuttavia, nonostante la volontà espressa dai soci, al 458

La Nuova Sardegna, Fenosu, non c’è neppure un business plan, 20 Maggio 2011. Ivi. 460 Ivi. 461 Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, relazione generale, revisione n. 5, 2008, p. 42. 462 La Nuova Sardegna, Fenosu, nuovi fondi ma il pessimismo regna in Provincia, 4 Maggio 2012. 459

145


momento non vi è alcun tipo di organizzazione e di pianificazione sul futuro dell’aeroporto: attualmente non è stato redatto un piano di gestione, né l’aeroporto è stato inserito in un progetto di rilancio del territorio o un piano industriale a lungo termine. Senza un’attenta pianificazione anche quest’ultimo tentativo di salvare lo scalo potrebbe non essere sufficiente per scongiurarne il definitivo fallimento. Importante sembra anche il ruolo che la Regione Sardegna ha assunto in tale vicenda, poiché la società di gestione e i restanti enti pubblici coinvolti hanno denunciato a più riprese la sua totale assenza e il disinteressamento mostrato in riferimento ai problemi del territorio oristanese e soprattutto dell’aeroporto di Fenosu. Quello che la Sogeaor e la Provincia lamentano non è semplicemente il mancato stanziamento dei fondi promessi e deliberati per lo scalo di Oristano, quanto il trattamento impari che si è verificato tra i due aeroporti minori dell’isola. Infatti, gli enti pubblici provinciali e comunali sostengono che l’aeroporto di Tortolì, pur configurandosi anch’esso come aeroscalo minore a traffico prevalentemente stagionale, abbia ricevuto ingenti finanziamenti dalla Regione, mentre tutte le richieste economiche dello scalo di Fenosu siano state ignorate 463. Tale presa di posizione può essere spiegata alla luce dell’assenza di un’attenta e scrupolosa pianificazione sia strategica che economica da parte della società di gestione. Infatti, come già accennato, la Sogeaor era sprovvista degli indispensabili strumenti di controllo e di pianificazione finanziaria. Gli enti pubblici locali sostengono invece che la Regione non abbia voluto stanziare ulteriori denari pubblici per l’allungamento della pista e il risanamento della società di gestione perché a Cagliari al momento si sta procedendo alla stesura di un piano ragionale dei trasporti che, come rilevato dall’ex presidente della società di gestione, «tarda a vedere la luce»464. Per quanto riguarda il territorio, la provincia di Oristano, nata nel 1974, ha un’estensione di 2.630,60 kilometri quadrati, rappresentando quasi l’11% della superficie totale isolana, e i suoi 166.250 abitanti costituiscono quasi il 10%

463 464

Cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012. Ivi, intervista del 28 Giugno 2012.

146


della popolazione sarda 465. Nel 2009 la forza lavoro era costituita da 59.780 unità, di cui l’82% rappresentato da lavoratori e il restante 17% in cerca di occupazione 466. Prima della crisi mondiale che ha severamente interessato anche il tessuto imprenditoriale sardo, la provincia di Oristano contava al suo interno 14.580 imprese, che rappresentavano solamente il 10,4% del totale delle unità sarde 467. Inoltre il valore aggiunto pro-capite provinciale è inferiore di seicento euro rispetto a quello sardo e di cinquemilanovecentottanta rispetto a quello italiano, mentre il reddito pro-capite provinciale è inferiore di circa un migliaio di euro rispetto quello sardo e di cinquemilacinquecento euro rispetto a quello italiano 468. Da questi dati emerge che nel quadro regionale l’oristanese si attesta come una delle zone più depresse in termini economici e tale situazione si riverbera anche nella scarsa capacità turistica presente sul territorio 469. Le strutture ricettive infatti sono presenti per lo più nella zona costiera e in prossimità dei maggiori centri abitati. 470 Il livello di densità territoriale è quindi basso e comunque inferiore a quello delle restanti provincie, con una prevalenza di strutture alberghiere a due o tre stelle e la quasi totale assenza di centri congressi e conferenze. 471 Non sono infatti presenti alberghi di lusso a cinque stelle, mentre ve ne sono dieci a quattro stelle, venticinque a tre stelle, quindici a due stelle e due a una stella, per un totale di tremilatrecento posti letto 472. Inoltre su settantotto comuni presenti nella realtà provinciale circa venticinque non possiedono alcuna struttura ricettiva 473. La maggiore capacità si registra a Oristano e ad Arborea dove è presente il villaggio vacanze dell’Ala Birdi che comprende anche un Horse Country e un golf club 474. Nel territorio sono anche presenti diverse strutture extra alberghiere, come agriturismi e bed & breakfast

465

http://demo.istat.it/pop2011/index1.html (Giugno 2012) Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, Business Plan, revisione n. 2, 2009, p. 9. 467 Ivi, p. 11. 468 Ivi, pp. 15, 17. 469 S.I.L. –Patto territoriale di Oristano, Analisi iniziale del turismo e dell’ambiente della Provincia di Oristano, dicembre 2004. 470 Fatta esclusione per il Comune di Terralba, il più grande della Provincia dopo Oristano, che presenta una capacità turistica inferiore se confrontata con gli altri grandi centri urbani provinciali. 471 S.I.L. – Patto territoriale di Oristano, op. cit., p. 5. 472 Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, relazione generale, revisione n. 5, 2008, p. 40. 473 S.I.L. – Patto territoriale di Oristano, op. cit., p. 5. 474 Sul territorio è inoltre presente il golf e country club di Is Arenas (Comune di Narbolia). 466

147


che rappresentano quasi il 90% dell’offerta ricettiva 475.

Infatti tra villaggi

turistici e campeggi nell’oristanese si trovano circa quindici strutture, più duecentocinquanta bed & breakfast e venti servizi di altro tipo, per un totale di circa seimilacinquecento posti letto 476. In totale nella provincia di Oristano sono presenti circa trecentoquaranta strutture ricettive per un totale di quasi diecimila posti letto: un valore che si attesta al di sotto rispetto a quello espresso dalle altre provincie sarde. Il flussi turistici seguono un andamento fortemente stagionale che registra il culmine durante la stagione estiva e il minimo durante i primi mesi dell’anno, benché nel periodo del Carnevale il territorio offra diversi eventi culturali interessanti e molto importanti, come per esempio la Sartiglia.

6.3. Il Piano di Sviluppo Aeroportuale Il Piano di Sviluppo Aeroportuale di Oristano Fenosu è stato redatto dalla Tecno Engineering 2C s.r.l. di Roma su commissione della società di gestione Sogeaor. Il piano si è occupato negli anni sia dell’ampliamento infrastrutturale dell’aeroporto sia di studiare gli attuali flussi di traffico e così prevedere quelli futuri. Lo studio ha previsto diversi ipotetici scenari che dipendono in larga parte dall’attuazione delle varie fasi di sviluppo, legate in buona parte ai finanziamenti provinciali, regionali, italiani ed europei. Secondo le stime effettuate nel 2008 dal Gruppo CLAS - un’azienda che si occupa di ricerca e consulenza finanziaria della cui professionalità si è avvalsa la Tecno Engineering 2C- nel 2027, ipotizzando un tasso di crescita stabile dal 2011 in poi del 4,26%, i passeggeri in transito sugli aeroporti sardi saranno circa 13.441.700 477. Tale previsione, dato il riscontro più che positivo con i dati del 2011, potrebbe non discostarsi affatto dalla futura realtà. Il Piano di Sviluppo Aeroportuale individua inoltre l’alto grado di accessibilità dell’aeroporto di Fenosu e per tale motivo ritiene che il

475

S.I.L. – Patto territoriale di Oristano, op. cit., p. 5 Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, relazione generale, revisione n. 5, 2008, p. 40. 477 Tecno Engineering 2C s.r.l., op. cit., 2009, p. 40. 476

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bacino d’utenza possa espandersi in futuro all’intera Sardegna 478. In ragione di tali considerazioni lo studio ritiene che l’apertura al traffico aereo commerciale dell’aeroporto di Oristano Fenosu possa rappresentare un importante motore per lo sviluppo socio-economico dell’aerea e in particolare un importante supporto per la crescita della vocazione turistica della Provincia di Oristano in modo da equipararla ai livelli di altre zone della Sardegna come per esempio le zone di Alghero e della Costa Smeralda 479. Gli ipotetici scenari previsti sono cinque: -

Scenario A: viene realizzata solamente la fase zero delle opere in programma e nel periodo di riferimento 2010-2027 l’aeroporto sarebbe in grado di accogliere esclusivamente l’aviazione generale, senza riuscire ad attrarre alcun traffico commerciale, dunque il suo bacino di attrazione sarebbe in questo caso nullo 480. Secondo tale scenario il traffico sull’aeroporto di Fenosu si attesterebbe stabilmente sulle duemila unità annue, un flusso che potrebbe generare meno di quattrocentomila euro di ricavo all’anno (considerando anche le attività non aviation che a Fenosu non sono mai state implementate) a fronte di una spesa annua di 1.143.521 per i soli costi di gestione 481. Nel periodo di riferimento 2010-2027 i ricavi ammonterebbero a poco più di cinque milioni di euro, mentre i costi si aggirerebbero intorno ai 18.589.195 482. Quindi utilizzando il metodo del Valore Attuale Netto Finanziario, l’esercizio al termine del periodo preso in considerazione si ritroverebbe in perdita per quasi tredici milioni e cinquecentomila euro 483. Lo scenario A prevede quindi l’impossibilità di destinare l’aeroporto di Fenosu unicamente all’aviazione generale, anche in presenza di un finanziamento di natura pubblica.

-

Scenario B: vengono realizzate le fasi zero e uno dei lavori programmati e nel periodo 2015-2027 e, a conclusione delle opere di ampliamento e

478

Tecno Engineering 2C s.r.l. op. cit. 2008, p. 10. Ivi, p. 41. 480 Tecno Engineering 2C s.r.l., op. cit., 2009, p. 42. 481 Ivi, pp. 45, 53. 482 Ivi, p. 57. 483 Ibidem. Il metodo del Valore Attuale Netto Finanziario (VANF) calcola la redditività complessiva di un investimento tramite la differenza tra i costi e i ricavi conseguiti. Il valore attuale dei flussi di cassa vengono attualizzati sulla base del tasso di rendimento. 479

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costruzione, l’aeroporto si presenterebbe come uno scalo minore di carattere prettamente stagionale con esigui collegamenti e aeromobili la cui grandezza sarebbe limitata dalla lunghezza della pista. Il bacino d’attrazione, prima nullo, si allargherebbe così a una piccola parte della provincia di Oristano 484. Secondo le stime effettuate dal Gruppo CLAS nel 2015, con la fine della fase uno, l’aeroporto sarebbe in grado di sviluppare un

traffico

pari

esponenzialmente

a

154.370

fino

a

passeggeri raggiungere

che nel

aumenterebbero 2020

circa

duecentoquarantanovemila passeggeri e più di trecentotrentatremila nel 2027 485. Secondo lo scenario B, l’aeroporto presenterebbe ancora diversi limiti, primo fra tutti la pista di milletrecento metri che non permette l’atterraggio di Airbus o Boeing, perciò la competitività dello scalo sarebbe marginale e consentirebbe di effettuare collegamenti giornalieri con Roma e Milano e pochi altri collegamenti settimanali a breve raggio verso città italiane ed europee 486. Le stime presentano una situazione in perdita fino al 2015, quando si inizierebbero a registrare i primi risultati positivi per la società di gestione, ricavi ai quali vanno tuttavia sottratti i 10.487.190 euro utilizzati per la conclusione dei lavori previsti della fase uno e per le ulteriori spese tecniche e generali 487. I ricavi si aggirerebbero perciò intorno ai 37.570.571 euro, mentre i costi complessivi sarebbero 49.661.370 euro, dunque l’esercizio sarebbe in perdita per più di dodici milioni di euro 488. Anche lo scenario B mostra un’insufficienza finanziaria, in questo caso attribuibile soprattutto ai costi d’investimento iniziali. -

Scenario B Bis: l’unica differenza con lo scenario B è rappresentata dall’apertura dello scalo al traffico civile a partire dal 2009 e nei soli mesi estivi, nei quali si registrano flussi più consistenti, per permettere così la

484

Ivi, p. 42. Ivi, p. 45. 486 Ibidem. 487 Ivi, pp. 51, 54. 488 Ivi, pp. 58, 59. 485

150


realizzazione delle restanti opere infrastrutturali della fase uno 489. In questo caso sarebbe stato possibile ottenere risultati soddisfacenti nel periodo 2010-2014, dopo il quale il traffico passeggeri si sarebbe allineato con quello ipotizzato nello scenario B 490. Le stime tuttavia presentano un possibile ricavo di trentanove milioni e centoquarantamila euro a fronte di costi che supererebbero i cinquanta milioni, perciò il valore attuale netto finanziario sarebbe uguale a -10.861.097 euro 491. Lo scenario B Bis presenta quindi una perdita finanziaria minore rispetto a quello B, tuttavia appare insufficiente per garantire la sopravvivenza dell’aeroporto. -

Scenario C: vengono ultimate tutte le opere delle fasi zero, uno e due entro il 2020, perciò già a partire dal 2021 non vi sarebbero più limiti di natura infrastrutturale e l’aeroporto potrebbe quindi sfruttare appieno tutta la domanda del bacino di attrazione, che andrebbe a espandersi all’intera provincia di Oristano, includendo anche la parte sudoccidentale della provincia di Nuoro 492. Lo scenario C delinea una situazione di stasi fino al 2020, anno in cui si concluderebbero definitivamente i lavori di ampliamento e dotazione infrastrutturale che permetterebbero quindi di aprire lo scalo non più esclusivamente all’aviazione generale, ma finalmente anche a quella commerciale. Dal 2021 sarebbe infatti previsto un flusso di traffico che dovrebbe quasi sfiorare le seicentomila unità che andrebbero ad aumentare progressivamente fino al 2027, quando si arriverebbe a 971.940 passeggeri 493. Secondo lo scenario C, la società di gestione rimarrebbe in perdita fino al 2021, quando verrebbe aperto l’aeroporto ai voli di tipo commerciale che permetterebbero un notevole aumento dei ricavi, che sarebbero tuttavia insufficienti per appianare i debiti contratti con la realizzazione della fase due: il passivo ammonterebbe infatti a 16.853.926 euro 494. In definitiva, nel 2027 i ricavi arriverebbero a sfiorare i

489

Ivi, p. 42. Ivi p. 45. 491 Ivi p. 59. 492 Ivi, p. 42. 493 Ivi, p. 46. 494 Ivi pp. 51, 55. 490

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quarantotto milioni di euro, ma i costi gestionali sarebbero più di sessantacinque milioni e mezzo e dunque il Valore Attuale Netto Finanziario sarebbe pari a -17.544.700 euro 495. -

Scenario C Bis: l’ultimo scenario differisce da quello C unicamente per il fatto che gli ultimi lavori che porterebbero alla conclusione definitiva delle opere verrebbero svolti nei mesi invernali, nei quali l’aeroporto rimarrebbe chiuso al traffico commerciale 496. Secondo lo scenario C Bis, l’aviazione generale avrebbe avuto l’uso esclusivo dello scalo fino al 2009, in concomitanza con l’ultimazione della fase zero, mentre dal 2010 al 2020 Fenosu avrebbe operato come scalo stagionale aperto ai voli di linea unicamente durante i mesi estivi, cosicché durante l’inverno sarebbero state ultimate i lavori di ampliamento. 497 In questo modo nel periodo 2006-2020 i costi di gestione sarebbero stati parzialmente ammortizzati dai ricavi, tuttavia insufficienti per generare degli utili, ma che nel 2027 (alla fine quindi del periodo preso in esame) avrebbero ridotto la perdita finanziaria a soli 5.861.270 euro, un passivo che si sarebbe potuto ripianare negli anni successivi 498. Nel piano di sviluppo aeroportuale viene precisato che questo scenario sarebbe stato possibile unicamente nel caso in cui le fasi uno e due fossero state finanziate da enti pubblici per almeno una quota del 40% 499.

Alla luce dell’analisi effettuata, il best case scenario che si profilava all’orizzonte era certamente il C Bis, che avrebbe comportato una perdita modesta, se confrontata con quella prospettata dalle restanti ipotesi. Certamente per concretizzare questo progetto, come segnalato dal Gruppo CLAS e dalla Tecno Engineering 2C s.r.l., era indispensabile sia il pieno sostegno, anche economico, del settore pubblico che non poteva essere costituito esclusivamente dalla Provincia di Oristano, sia un certo sviluppo turistico ed economico della provincia che è venuto a mancare e che tutt’ora è carente nel territorio

495

Ivi p. 61. Ivi, pp. 42, 43. 497 Ivi, p. 46. 498 Ivi p. 61. 499 Ibidem. 496

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oristanese 500. Infine, benché dalle analisi di mercato sia emerso che la maggior parte dei volumi di traffico non siano dati dagli spostamenti della popolazione locale ma dal traffico incoming, il progetto aveva comunque previsto di poter sfruttare delle agevolazioni tariffarie derivanti dalla continuità territoriale 501.

6.4. Ipotesi sul mancato decollo dell’aeroporto I fattori che hanno ostacolato maggiormente lo sviluppo dell’aeroporto di Fenosu sono essenzialmente due: da una parte il ruolo della Regione con tutte le conseguenze che questo comporta e dall’altra la notevole disorganizzazione che ha caratterizzato gli enti pubblici che hanno partecipato alla società di gestione. Tuttavia devono essere tenuti in considerazione anche i fattori esterni alle amministrazioni e che riguardano più propriamente il territorio sardo e in particolare quello della provincia di Oristano. Come già analizzato precedentemente, l’aeroporto di Fenosu è dotato di una pista di milletrecento metri, il cui ampliamento a millecinquecento, con finanziamenti concessi dall’Enac, dovrebbe avvenire principalmente per motivi di sicurezza. Affinché gli airbus o i boeing delle compagnie low cost possano atterrare, a Fenosu è necessaria una pista di duemila metri o almeno di milleottocento. L’Enac sarebbe disposta a finanziare l’ulteriore allungamento della runaway anche per motivi commerciali ma, da quanto emerso dalle interviste effettuate, la Regione Sardegna osteggerebbe tale progetto 502. Questo potrebbe essere motivato da una conseguente concorrenza che lo scalo di Fenosu potrebbe indirettamente innescare con l’aeroporto di Cagliari, sottraendogli una piccola fetta di mercato. Più verosimilmente è possibile che la Regione non approvi l’allungamento della pista, date le attuali condizioni dell’aeroporto stesso. Infatti anche l’aerostazione, progettata per accogliere circa cinquanta passeggeri, appare assolutamente inadeguata per i centocinquanta o centonovanta passeggeri che sbarcherebbero con un aeromobile di tipo low cost. 500

Tecno Engineering 2C s.r.l., op. cit, 2008, p. 41. Ivi, p. 34. 502 Cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012. 501

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Inoltre mancano i servizi principali quali bar, negozi di shopping o souvenir, edicole, ristoranti, pizzerie o tavole calde. In queste condizioni l’aeroporto non può reggersi sulle proprie forze, né sui propri guadagni. Infatti in questo modo i ricavi non aviation sarebbero virtualmente inesistenti ed è probabile che la Regione non sia disposta a stanziare continuamente delle sovvenzioni per ripianare l’attuale e futura situazione della società di gestione. D’altra parte i servizi mancanti nell’aerostazione di Fenosu sarebbero potuti essere finanziati almeno in parte dalla Regione, soprattutto nella fase di avvio 503. Infatti l’aeroporto è stato operativo per soli sei mesi, un periodo di vita troppo breve per poter generare degli utili, considerata anche la mancanza di ricavi non aviation. Cagliari avrebbe potuto destinare dei fondi per l’avvio di servizi basilari come una tavola calda e un’edicola, permettendo così allo scalo di avere dei ritorni economici, seppur esigui, con i quali sarebbe stato possibile saldare almeno una parte delle spese. Infatti, secondo l’avvocato Giorgio Gaviano, ex presidente della Sogeaor, uno degli errori commessi dagli enti provinciali coinvolti della società di gestione è stato quello di sostenere il capitale di una società che, costituita per la gestione, ha invece dovuto realizzare le opere infrastrutturali, pur se necessarie all’avvio dello scalo. Sicuramente la concessione di contributi da parte dei diversi enti finanziatori finalizzati alla realizzazione delle opere avrebbero determinato un cammino più semplice ed una situazione finanziaria della società più equilibrata 504. I costi gestionali di un aeroporto sono ingenti, soprattutto nella fase di start up, e una delle voci di spesa più rilevanti è costituita certamente dal personale a terra, che a Fenosu consisteva in circa quaranta dipendenti. Secondo i vertici della società il personale non poteva essere ulteriormente ridotto se si voleva garantire un servizio minimo, infatti ogni figura all’interno dell’aeroporto di Fenosu era indispensabile e dunque doveva essere retribuita. Gli stipendi dei dipendenti sarebbero dovuti essere pagati con i ricavi di tipo non aviation che non ci sono mai stati poiché anche attualmente mancano tutti i servizi essenziali

503 504

Ibidem Ivi, intervista del 28 Giugno 2012.

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che si sarebbero potuti impiantare con un aiuto regionale 505. Più che la mancanza di volontà, alla Regione ha potuto lo scetticismo, la sfiducia e i più che ragionevoli dubbi sul progetto e il futuro dello scalo. Lo scetticismo e i dubbi sulla fattibilità del rilancio dell’aeroporto di Fenosu non sono stati chiaramente placati, né rassicurati dalla mancanza di organizzazione vigente all’interno della Sogeaor e degli enti pubblici che ne detengono le quote societarie. Appare infatti che per iniziare le attività nello scalo oristanese si siano notevolmente accelerati i tempi, senza attribuire il giusto peso alle diverse dinamiche in atto e ad alcune situazioni che in seguito si sono profilate all’orizzonte. Infatti si è deciso di dare inizio alle operazioni nonostante la mancanza di servizi considerati ormai essenziali per l’utenza, ma anche e soprattutto per la sopravvivenza stessa dell’aeroporto. L’impazienza e le lacune sotto il profilo di un’adeguata programmazione ed organizzazione dell’attività hanno inoltre determinato un mancato coinvolgimento dei privati che avrebbero potuto giocare un ruolo determinante nella sorti, ormai segnate, dello scalo. Difatti grazie alle iniezioni di capitale da parte dei privati è possibile che oggi l’aeroporto non si sarebbe trovato in liquidazione, una situazione determinata dalla decisione iniziale dei soci pubblici di non coinvolgere i privati fino al completamento delle opere infrastrutturali, una scelta che con l’avvio della gestione operativa ha quindi determinato in parte il fallimento dello scalo 506. Sono inoltre mancate le sinergie con le altre provincie, in particolare, con Nuoro. Effettivamente i collegamenti tra la parte sud occidentale della provincia di Nuoro e la città di Oristano risultano essere relativamente brevi ed efficienti se comparati con quelli che uniscono il Marghine e la parte meridionale del Nuorese alle città di Olbia e Alghero 507. Considerando quindi sia i collegamenti stradali che quelli ferroviari, si avrebbe avuto tutto l’interesse a creare un accordo tra le provincie di Oristano e Nuoro. La Camera di Commercio di Nuoro detiene inoltre l’8% del capitale della Geasar, perciò una partecipazione nel capitale della Sogeaor, anche con una quota minoritaria, sarebbe stata possibile e di fondamentale importanza per Fenosu. Purtroppo tale progetto, pur essendo stato preso in esame dalla società di gestione che aveva peraltro contattato in prima 505

Ibidem, Ivi, intervista del 24 Aprile 2012 Cfr. Appendice, intervista del 28 Giugno 2012. 507 Ibidem. 506

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persona l’ente provinciale nuorese e la Camera di Commercio di Nuoro, non si è mai concretizzato, così come è sfumato l’accordo di flysharing con l’aeroporto di Tortolì per un tratta Oristano-Tortolì-Roma e una Oristano-Tortolì-Milano, che avrebbe potuto permettere la sopravvivenza di entrambi gli aeroporti 508. La volontà di accelerare i tempi ha inoltre condotto alla stesura di un piano di sviluppo aeroportuale che non ha convinto e ha lasciato scontenti anche gli stessi enti che partecipavano alla società di gestione, come nel caso della Provincia. La realtà dello scalo di Fenosu mostra inoltre una forte divergenza tra gli studi condotti sulla catchment area dell’aeroporto da una parte e il concreto bacino d’utenza e la reale evoluzione dei flussi di traffico dall’altra 509. Infatti secondo gli studi condotti dalla Tecno Engineering 2C l’aeroporto, ultimando i lavori della fase uno, sarebbe riuscito nel 2015 a sviluppare un traffico pari a quasi centocinquantacinquemila passeggeri 510. Fenosu è stato e continua a essere il sogno della città di Oristano e della sua provincia, un’ambizione che, tuttavia, deve essere accompagnata da sufficienti volumi di traffico, affinché possa realmente concretizzarsi e non si tramuti in una frustrata aspirazione campanilistica. È infatti venuta a mancare un’attenta e precisa pianificazione strategica ed economica, poiché gli strumenti necessari per il periodico controllo finanziario erano completamente assenti. Le idee e i progetti per il futuro dello scalo oggi sono presenti, sebbene non vi sia certezza di chi li concretizzerà, né di come, né dei mezzi che verranno utilizzati. Al momento non è dato sapere neanche quale sarà l’imminente destino dell’aeroporto di Oristano Fenosu. Per quanto riguarda il territorio, come precedentemente analizzato, il settore turistico oristanese risente di una grave carenza di servizi ricettivi, che in alcuni paesi sono del tutto assenti. La Sogeaor aveva puntato essenzialmente su due tipi di turismo: quello golfistico e quello termale 511. Nella provincia sono infatti presenti tre campi da golf, uno a Oristano, uno a Narbolia presso la pineta di Is Arenas e uno ad Arborea presso il villaggio turistico Ala Birdi, e una struttura termale a Fordongianus. Inoltre nelle vicinanze sono presenti anche le terme di Sardara che, pur ricadendo nella provincia di Cagliari, distano da 508

Ibidem, Ivi, intervista del 24 Aprile 2012. Cfr. sottocapitolo precedente, cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012. 510 Tecno Engineering 2C s.r.l., op. cit., 2009, p.45. 511 Cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012, intervista del 28 Giugno 2012. 509

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Oristano poco più di quaranta kilometri. Purtroppo la mancanza di sufficienti strutture ricettive impedisce di sviluppare appieno l’offerta turistica che si potrebbe orientare inoltre verso un turismo di tipo archeologico, con i siti di Tharros e di Neapolis, che da Oristano distano rispettivamente venti e trentacinque kilometri circa. Infine è necessario considerare l’esiguità dei collegamenti tra l’aeroporto e la città di Oristano, e tra lo scalo e la stazione dei treni e quella dei pullman. La costruzione di un polo intermodale che possa unire i diversi mezzi di trasporto è sempre stato uno degli obiettivi dell’amministrazione provinciale, un proposito che purtroppo non si è mai concretizzato e che ha notevolmente penalizzato lo scalo di Fenosu, dove non era presente neanche il servizio taxi 512.

6.5. Il futuro dell’aeroporto di Fenosu tra speranze e incertezze L’imminente destino dell’aeroporto di Fenosu dipenderà certamente dai privati e dalla loro volontà di investire su una realtà in questo momento agonizzante e che finora non ha prodotto i risultati sperati. A breve verrà pubblicato il bando per la manifestazione di interesse per la rilevazione delle quote societarie, che scongiurerebbe così il definitivo fallimento dello scalo di Oristano. Intanto l’Enac ha deciso di escludere dal Piano Nazionale degli Aeroporti sia Fenosu che Tortolì poiché, come ha spiegato lo stesso presidente dell’Enac, Vitto Riggio, i due aeroporti «sono inattivi e senza traffico» 513. Questa decisione non risolleva le sorti dello scalo, e anzi potrebbe costituire un ulteriore deterrente per tutti quei privati che fossero interessati all’acquisizione della Sogeaor. Qualunque sia il destino che attende l’aeroporto di Fenosu, sarà necessaria una decisa svolta non solo nella gestione, ma anche nei futuri progetti, affinché lo scalo possa decollare o quanto meno iniziare a muovere i primi passi. I progetti ipotizzabili e concretizzabili sono diversi. 512 513

L’Unione Sarda, Sviluppo col fiato corto, 10 Giugno 2012. La Nuova Sardegna, L’Enac boccia l’aeroporto prima del vertice decisivo, 08 Giugno 2012.

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In Sardegna gli aeroporti di Cagliari e Alghero tendono spesso a trascurare il settore dell’aviazione generale, che tuttavia potrebbe costituire una grande risorsa per lo scalo di Oristano. Per aviazione generale si intendono tutti i voli che non siano militari e di linea e per questo motivo al suo interno sono comprese diverse categorie, le più importanti delle quali sono il turismo, gli Aeroclub, e i charter. L’aeroporto di Oristano potrebbe quindi dedicarsi all’aviazione generale, come anche suggerito dall’ex Presidente della Sogeaor, Giorgio Gaviano, grazie alla sua posizione baricentrica, anche in ragione dell’assenza di grandi superfici inutilizzate presso gli scali principali dell’isola, spazi che invece non mancano a Fenosu 514. Tale posizione all’interno del sistema aeroportuale sardo potrebbe essere acquisita attraverso forme di collaborazione con gli scali di Cagliari e Alghero, assorbendo così il traffico di aviazione generale dei due aeroporti, che nel 2011 si è attestato rispettivamente sulle cinquemila e mille unità 515. Per quanto riguarda il progetto dell’Aeroclub, che ha avuto il merito di riscoprire l’aeroporto di Fenosu, potrebbero essere istituite sia una scuola di volo che una di paracadutismo, integrando così l’offerta turistica. Infine anche il settore charter potrebbe contribuire ad una rinascita dello scalo, con l’attivazione di voli stagionali nel periodo maggio-settembre verso Roma e Milano, dato che la maggior parte dei turisti italiani che visita la provincia oristanese proviene dalla Lombardia, dal Piemonte e dal Lazio 516. In futuro, se l’iniziativa dovesse ottenere il successo sperato, il network potrebbe essere esteso anche a qualche Paese estero, nello specifico potrebbe essere attivato un volo stagionale per la Germania e uno per la Francia, che insieme alla Svizzera costituiscono i primi tre Paesi di provenienza dei turisti stranieri nella provincia di Oristano 517. I voli potrebbero essere attivati anche durante i periodi invernali in stretta coincidenza con le più importanti manifestazioni storico culturali della provincia e delle zone limitrofe come, per esempio, la Sartiglia. Un altro settore importante che potrebbe essere ospitato dall’aeroporto di Fenosu, come ribadito anche dai vertici della Sogeaor, è certamente quello dei

514

www.siloristano.it (Giugno 2012), cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012. http://www.assaeroporti.it/ViewPasseggeriProg.asp?mese=12&anno=2011&lingua=it (Giugno 2012). 516 S.I.L. –Patto territoriale di Oristano, Analisi iniziale del turismo e dell’ambiente della Provincia di Oristano, dicembre 2004, p. 24. 517 Ivi, p.25. 515

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servizi della protezione civile 518. Il corpo forestale, già presente nello scalo, potrebbe essere affiancato dal servizio dei Vigili del Fuoco, che potrebbero trarre vantaggio dalla posizione centrale di Fenosu per raggiungere rapidamente anche i luoghi più remoti dell’isola. Inoltre sarebbe possibile destinare una parte dello scalo anche al SSUEm, il Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza medica, per le stesse ragioni sopra elencate 519. Infine una parte dell’aeroporto potrebbe essere dedicato alla Scuola di Polizia di Oristano, che avrebbe così la possibilità di dotarsi finalmente di una propria scuola di volo. Altra interessante ipotesi avanzata dai vertici societari è quella di destinare un’area dello scalo al settore manutentivo degli aeromobili 520. La manutenzione dei velivoli viene attualmente effettuata soprattutto presso gli aeroporti di Cagliari e Olbia, che tuttavia denunciano una grave carenza di spazio, poiché la maggior parte della superficie disponibile è dedicata all’aviazione commerciale.

Attraverso

accordi

economici

sarebbe quindi

possibile dirottare questo importante servizio su Fenosu, decongestionando gli aeroporti più importanti da una parte e permettendo allo scalo di Oristano di sopravvivere tramite l’integrazione del settore manutentivo nella propria offerta di servizi. Infine altro settore di importanza strategica è quello delle merci che dovrebbe però essere analizzato nel dettaglio. Infatti la maggior parte del traffico tra la Sardegna e il Continente avviene via mare e più del 58% delle merci trasportate è rappresentato da prodotti petroliferi, mentre solo il 42% è costituito da prodotti secchi 521. In generale il traffico merci via aerea in Sardegna riveste un ruolo marginale, con un totale di circa settemilatrecento tonnellate di merce movimentata nell’anno 2007, la maggior parte della quale ha come destinazione l’aeroporto di Cagliari 522. Gli aeroporti di Olbia e Alghero nel 2007 hanno trasportato complessivamente il 31% delle merci da e per la Sardegna, mentre il restante 69% è stato movimentato dallo scalo di Cagliari Elmas.

518

Cfr. Appendice, intervista del 24 Aprile 2012, intervista del 28 Giugno 2012. Cfr. Ivi, intervista del 24 Aprile 2012. 520 Cfr. Ibidem, 521 Tecno Engineering 2C s.r.l., Aeroporto di Oristano Fenosu, Piano di sviluppo aeroportuale, relazione generale, revisione n. 5, 2008, pp. 16, 17. A tale statistica contribuisce certamente il ruolo della società Saras Raffinerie Sarde S.p.A. che si occupa della raffinazione del petrolio presso la località di Sarroch. 522 Ivi, p. 18. 519

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In definitiva nessuna delle singole opzioni a disposizione dello scalo può essere attuata singolarmente, ma è necessario che Fenosu diversifichi il proprio prodotto rispetto agli altri aeroporti sardi, puntando su un ampio ventaglio di possibilità e offrendo servizi specializzati per i diversi settori dell’aviazione generale e per i vari organi nazionali che lo scalo potrebbe eventualmente ospitare. Tale strategia di diversificazione di più ampio respiro potrebbe permettere la sopravvivenza di Fenosu e la sua ripresa economica.

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Considerazione Conclusive Come accennato all’inizio del presente lavoro, il settore del trasporto aereo si caratterizza come capital, labour e technology intensive,poiché innanzitutto sono necessarie ingenti risorse finanziarie per l’avvio e il mantenimento delle attività aeroportuali, in secondo luogo perché il costo del personale incide pesantemente sulla gestione finanziaria dell’impresa-aeroporto, e infine perché l’osservanza degli alti standard di safety & security richiede l’impiego di tecnologie sempre più avanzate e sofisticate 523. Il comune denominatore delle diverse caratteristiche del settore aeroportuale è dunque il capitale, la cui ampia disponibilità risulta essere cruciale per una sana gestione dell’impresa. L’aeroporto si qualifica infatti come una vera e propria azienda che necessita perciò di strumenti di controllo economico e di pianificazione finanziaria al pari di qualsiasi altra impresa 524. La storia del trasporto aereo italiano ha mostrato l’enorme difficoltà incontrata nel processo di affrancamento da un sistema protezionistico altamente distorsivo della libera concorrenza, che nel lungo periodo non ha certamente giovato alla salute finanziaria delle compagnie aeree e degli scali aeroportuali. Tuttavia il trasporto aereo si caratterizza anche come una risorsa pubblica che permette ai cittadini del mondo di esercitare l’inalienabile diritto alla mobilità sancito anche dall’Unione Europea 525. Per questo motivo è necessario che gli Stati si assicurino che ogni territorio, perfino quello più remoto, possa usufruire di un servizio tanto importante, sia da un punto di vista sociale che economico, come quello aereo. In Italia il caso della Sardegna è chiaramente uno dei più emblematici, data la distanza dell’isola dal continente e la modesta popolazione presente sul territorio regionale, che hanno reso la regione un mercato poco appetibile per le compagnie aeree. Gli oneri di servizio pubblico previsti dall’Unione Europea hanno permesso di garantire il regolare servizio di trasporto aereo da e per l’isola attraverso i tre aeroporti principali di Cagliari, Olbia e 523

Cfr. Introduzione. Cfr. Capitolo 4. 525 Cfr. Capitolo 3. 524

161


Alghero 526. I restanti scali minori di Tortolì e Oristano presenti sul territorio regionale negli anni passati hanno fatto registrare un traffico minimo, che ne ha causato la chiusura e per quanto riguarda il secondo, oggetto della presente analisi, la messa in liquidazione. Durante la fase dei lavori di costruzione, di ampliamento e di start up dell’attività, l’aeroporto di Oristano Fenosu si è affidato sostanzialmente ai finanziamenti stanziati dagli enti provinciali e comunali, fondi chiaramente insufficienti per garantire la futura autonomia economica dell’aeroporto. La Sogeaor, ovvero la società di gestione di Fenosu, la Provincia di Oristano, il Comune e la Camera di Commercio di Oristano hanno spesso denunciato il disinteresse per le sorti dell’aeroporto e lo scetticismo dimostrati più volte dalla Regione Sardegna, che non si è finanziariamente impegnata nel rilancio dello scalo oristanese, pur avendo firmato diverse delibere per lo stanziamento di ingenti risorse mai pervenute e destinate a Fenosu. La società di gestione, come dimostra anche il Piano di Sviluppo Aeroportuale, si era ampiamente affidata alle possibili sovvenzioni economiche regionali per il completamento delle opere e l’inizio delle operazioni dall’aeroporto, ma l’attività è durata solamente sei mesi a causa dei debiti contratti dalla Sogeaor e della mancanza dei fondi regionali tanto attesi e mai concretamente ottenuti. È possibile che la situazione finanziaria della società di gestione e le remore della Regione Sardegna sullo stanziamento delle risorse pattuite abbiano una causa comune, ovvero una gestione poco attenta, accurata e organica da parte della Sogeaor. Infatti i revisori dei conti, subentrati dopo la messa in liquidazione della società di gestione, hanno riscontrato la mancata adozione di efficaci ed efficienti strumenti di pianificazione e controllo finanziario, così come la carenza all’interno del consiglio di amministrazione di incisive figure decisionali che fossero anche esperte del settore aeronautico. Il business plan redatto dalla Tecno Engineering 2C, all’analisi dei revisori, è risultato impreciso e insufficiente e gli studi sui possibili flussi di traffico non trovano un effettiva corrispondenza nella situazione attuale 527.

526 527

Cfr. Capitolo 5. Cfr. Tecno Engineering 2C s.r.l., op. cit., 2009.

162


Indubbiamente vi è stata una certa impazienza da parte degli enti pubblici che ha portato a una apertura forse prematura dello scalo oristanese, non ancora dotato dei necessari servizi basilari in grado di garantire dei ricavi di tipo non aviation che avrebbero potuto risollevare notevolmente le sorti di Fenosu. Non sono state attivate sinergie con i privati, né con altri enti pubblici, iniziative che avrebbero potuto permettere la sopravvivenza dell’aeroporto. Infatti, se da una parte risulta fondamentale riuscire ad attirare capitali privati, dall’altra è certamente essenziale ricercare sinergie all’interno del proprio territorio e anche con quelli limitrofi, come nel caso della Provincia di Nuoro, che avrebbe potuto partecipare con una quota minoritaria alla società di gestione, e dei voli in flysharing verso Roma e Milano con fermata intermedia presso l’aeroporto di Tortolì. Probabilmente lo scalo di Fenosu, come ribadito anche dall’ex Presidente della società di gestione Giorgio Gaviano, avrebbe dovuto puntare fin da subito verso soluzioni alternative che non lo ponessero in competizione con gli aeroporti più grandi, e in particolare con Cagliari, ma in accordo con questi avrebbe potuto offrire una serie di servizi qualificandosi in questo modo come scalo complementare e integrandosi all’interno del sistema aeroportuale sardo 528. Le soluzioni che sono state prospettate sono molteplici. Vi è infatti la possibilità di destinare lo scalo all’aviazione generale, quindi agli aerei privati da turismo, ai charter, che in Europa costituiscono una fetta importante del mercato, e all’Aeroclub che fonderebbe una scuola di volo e una di paracadutismo. Sarebbe inoltre possibile dedicare l’aeroporto ai servizi, in particolare a tutti quelli della Protezione Civile e quindi ai Vigili del Fuoco, al Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza medica e alla Polizia di Stato, che potrebbe usufruire dello scalo di Fenosu per le proprie esercitazioni. Sempre per quanto riguarda il comparto dei servizi si potrebbe destinare un’area dell’aeroporto al settore manutentivo degli aeromobili, proponendosi, in accordo con Cagliari e Olbia, come scalo specializzato nella manutenzione. Infine c’è anche il trasporto aereo delle merci che, benché in Sardegna rappresenti un settore marginale, potrebbe essere integrato all’interno di una più ampia offerta di servizi. Le possibilità prospettate non si annullano l’un l’altra ma con un ulteriore ampliamento del sedime 528

Cfr. Appendice, intervista del 28 Giugno 2012.

163


aeroportuale e della pista, opere già previste dal Piano di Sviluppo Aeroportuale, potrebbero armoniosamente convivere e integrarsi. Al momento sull’aeroporto non vi sono certezze. A breve i curatori fallimentari pubblicheranno un bando di interesse per l’acquisizione da parte dei privati delle quote societarie della Sogeaor, sperando che il settore privato sia interessato all’aeroporto. L’avvocato Giorgio Gaviano rimane ottimista sulle prospettive dello scalo oristanese, ritenendo che tutt’ora che «sussistano le condizioni per il mantenimento dello scalo oristanese adeguandolo alle finalità oggi emergenti non solo come modello low cost, ma per i servizi e le merci»529. Tuttavia al momento non vi sono progetti per il futuro, né è possibile sapere se per Fenosu ne esisterà uno in cui gli aeroplani che solcano il cielo prenderanno il posto dell’attuale stato di semiabbandono. L’unica certezza sembra essere la mancanza di un accordo tra la Regione e la stessa società di gestione che insieme avrebbero potuto trovare delle soluzioni alternative che non implicassero la chiusura o il fallimento dell’aeroporto oristanese.

529

Ibidem.

164


Appendice Intervista orale all’avvocato Giorgio Gaviano, 24 Aprile 2012. 1. Secondo lei è possibile che la Regione Sardegna non veda di buon occhio la nascita di un vero e proprio aeroporto a Oristano? Credo che non vedere di buon occhio l’aeroporto di Oristano sia un cattivo modo di pensare, perché Fenosu non può entrare in concorrenza con gli altri aeroporti della Sardegna, però può in realtà svolgere un ruolo sussidiario di compensazione di tutti quei servizi che sono carenti negli altri aeroporti o che questi svolgono a costi più elevati come per esempio il settore delle merci. Rendendo l’aeroporto di Oristano funzionale a tale settore, diventerebbe possibile distribuire le merci più facilmente in tutta la Sardegna, senza influenzare minimamente quella che è l’operatività degli altri scali. Bisogna vedere se la Regione ne terrà conto perché alcune volte nelle delibere compare questo indirizzo, ma per far sì che diventi una realtà lo scalo deve essere funzionale. Chiaramente tenuto conto dei costi, tenere lo scalo aperto con quaranta dipendenti per poter gestire solo uno o due aerei di linea non ha senso. Diversamente sarebbe se Oristano acquisisse questa funzione sussidiaria nel trasporto merci e nei i servizi come ad esempio la protezione civile e il 118: Oristano ha tanto spazio per questi servizi. Se il 118 deve andare a Sassari ora l’elicottero parte da Cagliari e i costi da sostenere sono enormi. Non parliamo poi dell’antincendio, se l’aereo partisse da Oristano per raggiungere qualunque parte della Sardegna costerebbe la metà. Uno dei problemi di cui soffrono gli aeroporti della Sardegna, ma che Oristano potrebbe risolvere, è quello delle manutenzioni. Per esempio, Meridiana opera queste manutenzioni a Olbia però non sono attrezzati come spazi. Se a Oristano dovessero fare un hangar non si crea alcun fastidio e il servizio porterebbe determinati benefici all’aeroporto.

165


2. Ma non c’era già un servizio antincendio a Oristano? C’era ma l’anno scorso l’hanno voluto spostare a Olbia. A Oristano hanno anche finanziato i soldi per realizzare una piazzola di sosta per l’elitanker, il più grande elicottero che ci sia in Sardegna. È un servizio importante. Purtroppo in questo momento la programmazione della regione, nonostante i vari piani regionali e dei trasporti, non trova interessanti queste proposte. 3. Come mai la camera di commercio di Nuoro ha una quota nella società di gestione dell’aeroporto di Alghero e non si è creato questo contatto con Oristano, nonostante ci siano tanti comuni della parte sudoccidentale della provincia di Nuoro che graviterebbero più verso la provincia di Oristano per facilità di trasporti che su quello di Olbia? Non si è ricercato questo accordo a Oristano? È la Camera di Commercio di Oristano che se ne sarebbe dovuta occupare e la Camera di Commercio sta facendo una politica pessima in questo settore. Sono anni che non partecipa alla ricapitalizzazione della società o alle sue sorti, quando invece la Camera di Commercio di Cagliari fino a poco tempo fa aveva il 90% della società, anche se adesso ne ha venduto una metà ed è scesa al 47%. La Camera di Commercio di Nuoro ha mostrato tutto l’interesse possibile nell’aeroporto di Fenosu, ma la Camera di Commercio di Oristano li ha ignorati. Il problema è che non è possibile gestire queste società in termini politici, vanno gestite in termini economici e pratici. Quella dell’aeroporto sarebbe stata una società in grado di decollare tranquillamente se solo avessero fatto quello che io avevo prospettato: invece di dare un contributo alla società, la provincia avrebbe potuto dare un contributo a tutti gli Oristanesi che decidevano di partire dall’aeroporto di Oristano, dieci euro per esempio, però la società in quel modo vive e non si commette nulla di illecito. 4. La Regione ha puntato molto sull’aeroporto di Alghero, ha investito e sta investendo tanto, basti pensare alla società di gestione Sogeaal, perché non è accaduto lo stesso con Fenosu? La Regione dice che non può entrare con quote di maggioranza nella società di gestione di Fenosu, dice che verrebbero considerati aiuti di Stato. 166


Allora perché nell’aeroporto di Alghero la Regione tramite la Sfirs ha acquistato il 90% della società? 5. E i fondi stanziati per Tortolì? La Regione ha deliberato l’acquisto dell’aeroporto di Tortolì. L’aeroporto di Tortolì è privato, però la Regione ha deliberato per il suo acquisto. L’accordo non è ancora definito, stanno ancora decidendo tutto. L’intenzione della Regione è comunque quella di comprare l’aeroporto, sebbene quest’anno anche Tortolì non sia riuscito ad aprire. 6. Perché puntare su Tortolì e non investire anche su Fenosu? Anche i finanziamenti per l’aeroporto di Tortolì potevano andare bene per noi. Gli aerei che avevamo a Oristano erano piccoli, potevano partire da Fenosu, facevano tappa a Tortolì e collegavano i due aeroporti con Roma e Milano. Gli aerei sono piccoli è vero, però così ci sarebbero stati cinque o dieci passeggeri in più. Tutto questo si sarebbe dovuto concretizzare tanto è che era fra le proposte avanzate di fronte alla cabina di regia, un’organizzazione che sarebbe servita per il coordinamento dell’attività degli aeroporti dell’isola. Noi eravamo inseriti appieno in questa cabina, ma a un certo punto hanno cambiato la gestione e non se n’è fatto più nulla. Le decisioni sono state assunte dall’Assessore ai Trasporti e chiaramente per Oristano non c’è stato nulla da fare. Fenosu è incluso nel piano dei trasporti, la Regione ha deliberato che lo scalo non avrebbe chiuso, aveva deliberato dieci milioni di euro. 7. Ma questi fondi hanno subito delle riduzioni, giusto? Alla fine non ce li hanno proprio dati, sono lì sulla carta e basta. Questo modo di fare fa parte della politica regionale, dicono che devono rivedere le cose. 8. L’aeroporto di Fenosu si trova in una zona strategica al centro della Sardegna, vicinissimo alla statale 131, la posizione sarebbe ottima almeno per il trasporto merci. Il polo intermodale è molto importante, le strade sono tutte vicine, c’è anche il porto. Però ci sono troppi interessi delle società e della politica che

167


segue queste vicende. Basti pensare alla compagnia di navigazione sarda, ci sono dei passivi stratosferici, loro li stanno nascondendo, ma ci sono. I costi del nolo di queste navi è pazzesco e la continuità viene concessa solo per Cagliari e Porto Torres. È stata giustamente avanzata la proposta di concederla a qualunque porto della Sardegna, tutti i porti devono avere le stesse agevolazioni e lo stesso vale per gli aeroporti. Perché hanno escluso Oristano dalla continuità territoriale? 9. Secondo lei c’è quindi un atteggiamento perlomeno ostruttivo da parte della Regione Sardegna? Sì, ma se facessero qualche cosa almeno, invece no, c’è indifferenza totale. Recentemente c’è stata l’assemblea dei soci per prendere provvedimenti sulle sorti di Fenosu e la Regione non è venuta. È venuto solo un rappresentate della Sfirs e ha votato contro, ha detto che non approvava il piano di liquidazione della società e peraltro senza alcuna motivazione. Dalla Regione dicono che ci devono pensare loro a queste cose, ma se tardiamo ancora un po’ le opere che sono state create e che sono costate 6 milioni di euro non necessiteranno più di una normale manutenzione. Eppure è come se nulla fosse. 10. Il vecchio progetto di allungare ulteriormente la pista per far atterrare i jet e i gli aerei low cost è del tutto tramontato o c’è ancora qualche possibilità? I finanziamenti per l’allungamento della pista a millecinquecento metri ci sono, sono lì fermi alla Regione, sono fondi che ci ha concesso l’Enac e sono assegnati alla società di gestione per l’allungamento della pista e soprattutto per la sua messa in sicurezza. Se noi vogliamo fare la pista a milleottocento metri avremo

avuto

l’ostruzione

della

Regione,

quindi

ci

siamo

presi

i

millecinquecento metri, poi la pista di trecento metri si potrebbe anche allungare in futuro. 11. Ma in quel punto passa la strada provinciale Oristano - Palmas Arborea, giusto? La deviazione è già prevista dal progetto. Dovendo allungare la pista con i relativi costi, deviare quel piccolo tratto di strada non costa poi tanto. La pista è approvata fino 2.200 metri, ma poi ci sono stati tanti errori.

168


12. Ma se la pista fosse portata a 1.800 l’idea del low cost a Oristano sarebbe impossibile? Con 1.800 metri atterrano tutti. La Ryanair ha aerei che hanno tutti bisogno di una pista da 1.800 metri. 13. È possibile che la Regione, sapendo con una pista più lunga a Fenosu potevano atterrare anche altri aeromobili con altro flusso di passeggeri, abbia fatto un po’ di ostruzionismo onde evitare che questa situazione potesse concretizzarsi? Il finanziamento a 1.500 metri della pista è dell’Enac e siamo riusciti a ottenerlo solo ed esclusivamente per motivi di sicurezza. Il finanziamento è stato concesso per quel motivo, se noi diciamo che ci serve per far sbarcare passeggeri, per far atterrare degli aerei, l’Enac ci dà tranquillamente i fondi, ma è la Regione che non vuole che vengano utilizzati per quel tipo di ampliamento. Questo significa perdere quello che è già stato fatto. Perdere un patrimonio del genere è una sciocchezza. Dicono che possiamo fare solo lo scalo merci e va bene, ma se continuiamo così e non facciamo nulla tanto vale che chiudiamo. 14. Che ruolo può avere l’aeroporto di Oristano in tutto ciò? A mio giudizio Oristano deve specializzarsi negli altri settori, come i servizi. Il settore passeggeri è un’altra cosa. Vero è che bisognerebbe offrire al centro Sardegna l’opportunità di essere collegata con i maggiori aeroporti che sono Roma e Milano. 15. Anche prendendo in esame la parte sud occidentale della provincia di Nuoro, quella parte che graviterebbe sicuramente più su Oristano, l’idea di uno scalo passeggeri è definitivamente accantonata? Il bacino in realtà c’è. Noi avevamo prenotato trentotto charter con partenza da Oristano, tutti aerei di modeste dimensioni. In Sardegna siamo più di un milione e seicentomila passeggeri, ed è anche vero che in estate arrivano i turisti. Dagli studi che ci sono risulta che una media di trenta passeggeri parte giornalmente dalla provincia di Oristano per andare a Roma. Partire da Cagliari

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comporta anche dei costi: pensiamo alla benzina, al viaggio, alla sveglia alle quattro del mattino. 16. Quindi avevate già le idee chiare sul volume di traffico passeggeri che c’era quando avete iniziato? I dati erano quelli dei passeggeri oristanesi che partivano dagli aeroporti di Cagliari o Alghero. Per noi sarebbe stata importante la continuità territoriale che dovrebbe essere presente dappertutto. Perché quelli dell’oristanese devono partire da Cagliari, da Alghero o da Olbia? Perché una linea che parte da Oristano per Pisa, come avevamo deciso di fare, non può usufruire della continuità territoriale facendo venire così, perché no, anche passeggeri da Cagliari? Se la linea è comoda non vedo il problema. Questa è stata una scelta della Regione. Ci è stato detto che la continuità territoriale non ce l’avrebbero concessa. L’abbiamo riproposta anche nelle ultime sedute del Consiglio di Amministrazione e la risposta è stata un no e la giustificazione è che Oristano è a meno di novanta kilometri da Cagliari e quindi non avrebbe avuto senso. 17. E questa scelta era basata su presupposti legislativi o no? Hanno tentato di dire che era la Comunità Europea che lo imponeva, siamo andati a vedere la regolamentazione in proposito e non ci sono norme del genere. 18. E non è possibile proporre un ricorso? Bisogna vedere quanto costa. Da poco è stata fatta una legge con la quale si prevede la costruzione di 18 campi di golf in Sardegna. Il problema è che i campi per convenienza devono essere collocati entro un raggio di quaranta kilometri dagli aeroporti. Se a Oristano non c’è un aeroporto, allora non avremo un campo da golf e invece i campi saranno tutti intorno ad Alghero, a Olbia e a Cagliari.

170


19. Alla luce di queste considerazioni l’ostruzionismo attuato da Cagliari si rivela alquanto palese. Pare quindi che ci sia stata una concentrazione di poteri forti che sono andati contro Oristano. Sicuramente c’è stata un’opposizione, il presidente della Regione ha fatto delle dichiarazioni che hanno esplicitato la mancanza della volontà regionale a investire su questo progetto. 20. Quindi si sono trincerati dietro motivazioni pretestuose per non far decollare Oristano perché forse poteva infastidire Cagliari? È possibile, basta pensare che nei sei mesi di attività dell’aeroporto hanno viaggiato da Oristano qualcosa come dodicimila passeggeri, non sono molti, ma neanche pochi. E questo era solo il primo periodo, noi siamo partiti senza fare alcuna pubblicità, le persone non sapevano neanche dove fosse Fenosu, perché questa è la realtà. L’aeroporto non è stato pubblicizzato da nessuno, ma i passeggeri sono arrivati comunque e il flusso stava aumentando sempre più. Le prospettive quindi erano buone. 21. Cambiando un attimo argomento, quali erano i vostri slot? Ci sono state alcune parti che hanno voluto accelerare i tempi di apertura, qualcuno ha forzato la mano. Gli slot chiaramente erano già stati presi un anno prima, c’è un mercato Europeo per questo. Secondo l’orario che ci era stato assegnato, dovevamo essere alle 11 del mattino a Roma, ma la nostra puntualità era ottima, non avevamo mai un ritardo, tanto che alla fine ci hanno concesso di partire alle 8 del mattino da Oristano. Ci avrebbero dato anche lo slot delle 7 e mezzo, invece poi abbiamo chiuso. 22. Quindi alla fine una delle limitazioni più assolute rispetto all’attivazione dei voli passeggeri è stata la mancanza della concessione della continuità territoriale Certo. Parlo solo dei costi di aviazione: il personale di terra e la sicurezza vanno pagati da quello che guadagna l’aeroporto a terra, mentre il volo viene pagato dal costo dei biglietti stessi.

Noi siamo arrivati a

dimostrare che

nell’ultimo mese di attività, avendo fatto delle promozioni e applicando i prezzi 171


della continuità territoriale, l’aereo era sempre pieno e in quel mese e mezzo i costi erano compensati. Però c’erano anche i costi del personale di terra. A Fenosu non c’è un negozio, non c’è un’edicola, non c’è un bar, da dove arrivano i soldi? Quindi i costi li pagavamo per intero noi, però c’è da considerare che stavamo appena iniziando, ecco perché la necessità di un contributo in fase di avvio, che alla fine sulla carta c’è ma concretamente non c’è ancora stato. 23. Perciò senza questa palese avversione cagliaritana e con gli enti che potevano dare invece questi contributi ingenti, Fenosu sarebbe stata comunque nelle condizioni di essere in liquidazione? Semplicemente non ci sarebbe stata la riduzione del capitale sociale. 24. C’è stata un po’ di fretta nel voler partire subito? Senz’altro, soprattutto c’è stata un’assenza dei finanziamenti quando siamo partiti. Un ristorante a Fenosu sarebbe servito, ci sarebbero andati i passeggeri e magari anche i dipendenti, ma non c’erano i soldi per aprirlo. 25. Tutto il settore del comparto politico amministrativo della provincia è realmente consapevole della crescita economica che può apportare un aeroporto al tessuto produttivo della provincia? Può darsi che ci fossero alcuni non documentati sulle opportunità che poteva dare un aeroporto e che per molti fosse solo un vanto avere uno scalo, però la realtà è che il contributo l’aeroporto l’ha dato ed è innegabile. L’assessore al turismo della provincia ha dichiarato che nel mese di agosto del 2010 il turismo nella provincia di Oristano è aumentato dell’8% e questo incremento non era giustificato da altri fattori. Noi avevamo puntato su un paio di opportunità come Arborea, Sardara, Fordongianus, un turismo di tipo golfistico e termale. Non c’era più l’opportunità di far viaggiare gli aerei di linea, va bene, però c’erano i charter, che sono comunque importanti. 26. Quel’era la reale situazione finanziaria debitoria della società? Noi avevamo un passivo di tre milioni, perché ci siamo mangiati il capitale sociale. Il debito si è mangiato tutto il capitale sociale che va

172


ricostituito. I motivi li abbiamo visti sono molteplici. Pensiamo ai Vigili del Fuoco: se lo scalo è di quinto livello i Vigili del Fuoco se li deve pagare la società di gestione, se l’aeroporto diventa di sesto livello vengono invece pagati dallo Stato. A mio avviso dovrebbero agevolare più gli aeroporti piccoli di quelli grandi. Noi eravamo al quinto livello e avevamo 20 Vigili del Fuoco che facevano i turni e anche loro andavano pagati, se invece li avesse pagati lo Stato sarebbe stato diverso. D’altra parte non è che gli altri aeroporti siano tutti in attivo. L’aeroporto di Alghero è in passivo, stava fallendo come noi e la Regione ha liquidato ben nove milioni di debito. Quelli sono debiti che sono stati contratti all’avvio. Lo sviluppo quindi è possibile anche per noi, ma dovrebbe aiutarci la Regione. 27. Secondo lei, data la situazione corrente e la liquidazione, chi potrebbe essere interessato ad acquistare questo aeroporto? Io sono convinto che l’aeroporto indipendentemente da tutto può reggersi senza grandi aiuti, a condizione che si dedichi a fare questi servizi che abbiamo visto. Se la Regione fa la sua parte, l’aeroporto si può mantenere da solo. L’aviazione generale potrebbe essere tranquillamente funzionale.

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Intervista scritta all’avvocato Giorgio Gaviano, 28 Giugno 2012. 1. Lei è stato presidente della Sogeaor in un periodo in cui l’aeroporto di Fenosu è stato sviluppato e attrezzato per il traffico commerciale, passeggeri e merci. Quale era al momento della sua nomina la situazione generale di Fenosu e il livello della infrastrutture rispetto al piano di sviluppo aeroportuale prospettato nel maggio del 2003? Al

momento

della mia nomina i

lavori

previsti

nella

fase di

infrastrutturazione iniziale del Piano di Sviluppo Aeroportuale (la cosi detta fase zero) erano in via di ultimazione. Rimanevano infatti da realizzare ed attivare gli impianti e soprattutto le procedure per i voli notturni e l’ampliamento della stazione aeroportuale. Tutte le opere realizzate consentivano nelle ore diurne l’utilizzo dello scalo per i diversi servizi, passeggeri, antincendio, polizia di stato e 118, con i limiti propri derivanti dalla lunghezza della pista e della tipologia dello scalo. 2. Quale era al momento dell’avvio del progetto la situazione finanziaria di Sogeaor? In base a tale situazione finanziaria e al modello operativo commerciale utilizzato (charter in wet leasing)

che autonomia si prospettava

nella sostenibilità dei voli per le tratte aeree operate? La situazione finanziaria della Sogeaor era particolarmente delicata in quanto si è andati avanti nella realizzazione ed attivazione dello scalo con le disponibilità del capitale sociale, peraltro assai limitate, e con pochi finanziamenti degli enti competenti. Il modello operativo commerciale utilizzato doveva ritenersi del tutto sperimentale in quanto si era privi di dati certi circa l’afflusso dei passeggeri e sulla validità delle scelte operate per le diverse tratte operate. La sperimentazione, che ha dato i suoi frutti ed indicazioni positive, sarebbe dovuta continuare proprio alla luce dei risultati ottenuti. La mancata corresponsione

dei contributi assegnati ha determinato la sospensione delle

attività.

174


3. In questo progetto di ampliamento delle funzioni dell’aeroporto, unitamente alla Amministrazione Provinciale, sono stati coinvolti il comune di Oristano e la camera di commercio; vi è stata nello specifico piena concordanza sul modello aeroportuale da realizzare e più in particolare identità di vedute nella proposizione di uno scalo passeggeri a Fenosu? Sono stati coinvolte anche le altre istituzioni ed enti quali la Regione sarda ed il Consorzio Industriale e la Società finanziaria regionale e tutti sono stati concordi sulla base dei piani predisposti ed approvati. Il servizio passeggeri a Fenosu doveva essere, per forza di cose, limitato all’essenziale per il bacino di utenza interessato anche se si è potuto accertare che per tutta la Sardegna centrale sussistevano aspettative di rilievo dalla funzionalità dello scalo. 4. Lo sviluppo dell’aeroporto era una aspirazione generale della popolazione e del contesto economico-territoriale e l’avvio dello scalo era comunemente individuato come un fattore indispensabile per la crescita e la promozione del economica della provincia. Lei ritiene, all’odierno stato dei fatti, che l’aeroporto conservi ancora questa importante funzione di promozione e sviluppo del territorio o diversamente esso rappresenti un costo non sostenibile per una piccola provincia come di fatto è quella oristanese? L’aeroporto di Oristano tuttora deve essere ritenuto fattore indispensabile per lo sviluppo del territorio del centro Sardegna sotto i diversi aspetti, soprattutto se integrato nel sistema aeroportuale sardo che deve collegare tutta la Sardegna con le altre destinazioni e garantire il trasporto delle merci e lo svolgimento dei servizi in modo più funzionale di quanto ora non avvenga. 5. Sempre rispetto al rapporto costi/ricavi, nel piano di sviluppo aeroportuale predisposto nel 2003, è stato di fatto condotto uno studio attento e ponderato sui possibili volumi di traffico merci e passeggeri, tenendo conto che l’aeroporto di Cagliari dista meno di cento chilometri e che la provincia di Nuoro non poteva fornire a Fenosu volumi di traffico soddisfacenti considerato che recapita sia verso l’aeroporto di Tortolì che verso l’aeroporto di Olbia? Gli studi effettuati hanno dimostrato la validità della scelta di realizzare un aeroporto ad Oristano, oltre tutto già esistente come pista. Oristano deve 175


essere considerato un aeroporto complementare rispetto a Cagliari anche per i numerosi problemi che lo scalo del capoluogo presenta non potendo soddisfare contemporaneamente le esigenze di un elevato traffico passeggeri e delle merci mentre tutto il Nuorese gravita più facilmente su Oristano che non sugli altri scali. 6. In questo contesto le Amministrazioni promotrici erano consapevoli di dover sostenere notevoli oneri finanziari necessari però a garantire la sopravvivenza dell’aeroporto al fine di mantenere nel territorio un così efficace strumento di crescita e promozione economica? Ritengo che le Amministrazioni promotrici fossero senz’altro consapevoli degli oneri finanziari necessari per garantire la sopravvivenza dell’aeroporto. Credo anche che le stesse abbiano commesso un errore nel sostenere il capitale di una società che, costituita per la gestione, ha invece dovuto realizzare le opere infrastrutturali, pur se

necessarie all’avvio dello scalo. Sicuramente la

concessione di contributi da parte dei diversi enti finanziatori finalizzati alla realizzazione delle opere avrebbero determinato un cammino più semplice ed una situazione finanziaria della società più equilibrata. 7. Per quanto riguarda propriamente la società di gestione di cui Lei era presidente, ritiene che il personale fosse adeguatamente dimensionato in rapporto alle limitate funzionalità dell’aeroporto? O diversamente sarebbe stato possibile avviare l’attività con un numero inferiore di operatori conseguendo così apprezzabili risparmi gestionali? Le figure professionali necessarie per la gestione di un aeroporto sono espressamente previste dalla legge e non possono essere derogate, sia per garantire la sicurezza che la funzionalità dello scalo. Per cercare di risparmiare in questa fase di avvio la società ha stipulato convenzioni part time con dipendenti di altri aeroporti isolani che hanno prestato la loro collaborazione proprio per venire incontro alle difficoltà operative di un nuovo aeroporto aperto al traffico commerciale.

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8. Sempre in tema di risparmi gestionali come mai si è optato per la formula charter in wet leasing, certamente più onerosa per la società rispetto al diretto coinvolgimento di un vettore anche low cost? In fase di avvio il coinvolgimento di vettori low cost è risultato assai difficile per le incertezze derivanti dalla mancanza di dati certi che qualunque operatore vorrebbe avere prima di decidere una qualsiasi intrapresa. 9. Non vi è stato al momento dell’avvio un generale clima di entusiasmo e di diffuso ottimismo che ha forse distorto l’analisi e il giudizio dei promotori e della società di gestione sulle reali potenzialità dello scalo e sulle sue possibilità di decollo e di successo? Il clima di entusiasmo era naturale dal momento che si concretizzava una aspirazione che il territorio reclamava giustamente da trenta e passa anni ma si era consci delle difficoltà che si andavano ad incontrare per cui già si predisponevano

gli

opportuni

adeguamenti

in

termini

di

operatività

e

specializzazione. Il pretestuoso mancato inserimento dello scalo di Fenosu nella continuità territoriale ed i problemi economici del periodo oltre che il taglio dei contributi regionali già deliberati hanno compromesso la situazione rendendo difficile ogni operatività. 10. In particolare avevate speranza che potesse ripetersi per Oristano il boom turistico indotto ad Alghero dalla presenza dell’aeroporto o diversamente avevate consapevolezza delle caratteristiche peculiari di quel territorio e dell’importanza di avere comunque vicina una città già popolosa come Sassari? La speranza di agevolare il boom turistico era logica soprattutto tenendo conto delle peculiarità del territorio che dispone di risorse specifiche quali le terme e gli impianti golfistici tra i migliori in assoluto che sono utilizzate da una utenza che si muove quasi esclusivamente col mezzo aereo. Il bacino di popolazione delle province di Oristano e Nuoro compensano la popolazione di Sassari e dintorni. 11. Alla luce dell’attuale situazione ritiene ancora valido il progetto di uno scalo interamente realizzato con capitale pubblico e senza il sostegno e il

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coinvolgimento di partnership da parte degli operatori economici locali? In particolare sia al momento di costituzione della società di gestione che in seguito non si è pensato di coinvolgere maggiormente e in maniera più decisa i privati? Non ho mai ritenuto che la gestione dello scalo debba

dipendere

esclusivamente dal capitale pubblico. Al contrario sono convinto che il coinvolgimento del privato, locale o non, possa essere un vantaggio per una visione più imprenditoriale ed una maggiore capacità operativa. La scelta inizialmente effettuata dai soci pubblici di non ammettere la partecipazione dei privati fino al completamento delle opere infrastrutturali poteva avere una giustificazione che sicuramente è venuta a cadere con l’avvio della gestione operativa. E’ necessario attualmente far partecipare in misura determinante i privati alla gestione della società. 12. Ritiene inoltre che sia stato garantito il giusto sostegno economico e anche politico da parte dell’Amministrazione regionale nella realizzazione e soprattutto nelle fasi di avvio e di primo mantenimento della struttura? In definitiva ritiene che le provvidenze economiche siano state congrue e tempestive e, nello specifico, ritiene che la partecipazione azionaria della regione e delle sue collegate,(riferendoci per esempio a Sogeaal di Alghero, dove la Regione detiene complessivamente il 100% del capitale azionario), sia stata sufficiente o al contrario, che i capitali apportati dalla regione siano stati incongrui rispetto all’esigenza di realizzare e mantenere attivo uno scalo che avrebbe potuto contribuire ad una fase di rinascita del territorio? Purtroppo il sostegno economico e politico della RAS, dopo l’iniziale finanziamento di alcune opere infrastrutturali, è venuto meno sia per non aver partecipato all’adeguamento del capitale sociale tanto che la rappresentanza in seno alla società si è ridotta sempre più e sia per non aver mantenuto gli impegni deliberati per la fase di avvio e sia perché nessuna iniziativa ha adottato per il mantenimento in esercizio dell’aeroporto di Oristano. Si può concludere che la partecipazione della RAS è stata incongrua sotto i diversi aspetti. 13. Alla luce di quanto sopra ritiene che l’Amministrazione Regionale abbia creduto fino in fondo nella bontà e nella fattibilità del progetto di

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riqualificazione dello scalo o non ci siano state viceversa remore e resistenze per l’attuazione del progetto oristanese che avrebbe effettivamente sottratto volumi di merci e passeggeri al più accreditato aeroporto di Cagliari? Sicuramente l’Amministrazione regionale ha avuto delle remore e resistenze per lo scalo oristanese in attesa di definire e rendere operativo un piano regionale dei trasporti che tarda a venire alla luce. Nelle more i provvedimenti adottati prendono in esame situazioni contingenti dei singoli scali, privilegiando quelli maggiormente accreditati. 14. In Sardegna sono presenti altri quattro aeroporti oltre allo scalo di Fenosu. Lei crede che il traffico passeggeri sardo giustifichi la presenza di cinque scali nell’isola o pensa che sarebbe più opportuno potenziare e migliorare i raccordi intermodali tra gli aeroporti e le città tramite collegamenti su ferro e gomma? Mi risulta che in Corsica, isola più piccola della Sardegna e con un numero

di

abitanti

inferiore,

siano

presenti

7

aeroporti

operativi.

Indipendentemente dal numero di passeggeri che in Sardegna per la vocazione turistica possono solo aumentare, le asperità del territorio, con la sola esclusione del Campidano, comportano sicuramente un maggiore dispendio di risorse per realizzare e potenziare i raccordi intermodali con gli aeroporti. 15. Nella progettazione dello scalo passeggeri di Fenosu è stata esaminata la possibilità di attuare una sinergia con la provincia di Nuoro per la realizzazione di un aeroporto comune, considerato che la parte sud occidentale della provincia nuorese per trasporti e collegamenti risulta afferente più verso Oristano che non verso Olbia o Tortolì? Tale possibilità è stata non solo esaminata ma anche ipotizzata operativamente con il coinvolgimento degli operatori della provincia e della camera di commercio di Nuoro direttamente nella società di gestione. 16. A suo giudizio crede ancora che esistano le condizioni e le possibilità anche economiche per il mantenimento di uno scalo passeggeri a Oristano così come è stato inizialmente concepito? Oppure ritiene che tale possibilità esista

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ancora ma solo a patto di promuovere una trasformazione radicale dello scalo verso un modello low cost puro? Ritengo che sussistano le condizioni per il mantenimento dello scalo oristanese adeguandolo alle finalitĂ oggi emergenti non solo come modello low cost, ma per i servizi e le merci.

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Ringraziamenti Vorrei ringraziare innanzitutto il mio relatore, il professor Federico Rotondo, che mi ha seguito scrupolosamente nella stesura della mia tesi di laurea dall’inizio alla fine ed è stato sempre cortese e disponibile. Ringrazio altresì il mio correlatore, il professor Antonio Pinna, che nonostante i numerosi impegni riesce sempre a trovare un attimo per ogni studente. Ringrazio infinitamente anche l’avvocato Giorgio Gaviano, ex presidente della Sogeor, senza il cui contributo non sarei riuscita a terminare il mio lavoro. Lo ringrazio per la sua grandissima disponibilità e gentilezza. Un ringraziamento speciale va a tutti i miei amici, quelli storici e quelli nuovi, quelli di Terralba e quelli conosciuti a Sassari, che hanno seguito da vicino il mio percorso e mi sono stati accanto in tutti in questi anni. Il ringraziamento più grande va sicuramente alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto e mi è stata vicino in ogni momento, aiutandomi a raggiungere questo importante traguardo. Dedico infine un ringraziamento speciale anche ad Alessio che mi è stato sempre accanto e ha seguito in tutti questi anni il mio percorso di studi, sostenendomi sempre pazientemente, aiutandomi nei momenti di sconforto e gioendo con me delle mie vittorie.

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